Vie Storiche - c
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All’incirca
negli stessi spazi occupati oggi dal Corso Garibaldi, correva uno dei
“cardines” (o cardo) della antica città. Procedeva da Nord verso Sud,
attraversava l’intera città, e metteva in comunicazione il decumano maggiore
formato dalla via Appia, (oggi c. so A. Moro) con il foro del Popolo, per poi
giungere alla porta di via Campana.
L’esistenza
del cardo fu confermata durante la costruzione del Corso. Vennero alla luce
alcune pareti affrescate e frammenti di pavimento musivo, ruderi pertinenti ad
alcune abitazioni romane ubicate presso l’antica via.
Ulteriori
prove si ebbero, circa un secolo dopo, nel 1952. Il Prof. Alfonso de
Franciscis, nelle notizie di Scavi (pag. 301 e segg.), diede notizia del
ritrovamento del pavimento in mosaico di una abitazione databile intorno al I
sec. d.C. ubicata all’incrocio di c.so Garibaldi e c.so Umberto I, sul lato
sud-est.
Il
cardo, svolse la sua funzione fino alla distruzione di Capua antica da parte
dei Saraceni, avvenuta nell’841. La città fu mal ridotta. Gli edifici pubblici
rasi al suolo, le abitazioni saccheggiate, incendiate e distrutte; la
popolazione, fuggita o resa schiava; perduta per sempre la memoria dei
rispettivi proprietari: questo il quadro desolante di Capua, la città emula di
Roma.
Trascorsero
appena quindici anni, quando fu dato inizio alla fondazione della nuova Capua,
adoperando quel mare di rovine. Per il continuo saccheggio delle macerie,
utilizzate per rassodare il terreno e per l’innalzamento di edifici pubblici e
privati, là dove prima sorgevano fabbricati, si aprirono vasti spazi, ed in
essi, livellati e liberati dai detriti, vennero impiantati orti e giardini per
il fabbisogno degli abitanti dei tre casali, in cui si divise l’antica
metropoli. Si determinò, così, la totale scomparsa di edifici pubblici e
privati, di molte strade della antica città e del cardo stesso.
Dalle
strade di Capua, oggi restano riconoscibili i tracciati di solo tre cardi, oggi
conosciuti con i nomi di via Albana, Corso Garibaldi, via d’Angiò e di tre
decumani:
a) la via parallela, che nel
1871 venne denominata Torre: da via Albana arrivava fino alla Torre di S.
Erasmo, edificata sull’antico Campidoglio;
b) la via parallela, che nel
1871 venne denominata Torre: da via Albana arrivava fino alla Torre di S.
Erasmo, edificata sull’antico Campidoglio;
c) ed infine via Vetraia: in
origine, con via M. Fiore, essa costituiva un unico asse viario, e
fiancheggiando il Foro arrivava fino a via Albana.
Nei
secoli successivi, i nuclei familiari giunti al seguito dei vari conquistatori,
edificarono nuove abitazioni su quelle vestigia sepolte e sconosciute,
occupando anche gli spazi di molte vie cittadine e dell’antico cardo.
Per
gli stessi motivi, anche lo spazio in cui gli studiosi vogliono vedere il Foro
del Popolo, o l’antica Seplasia, conosciuto, poi, come Piazza del Mercato,
modificò i suoi confini.
Scomparso
il cardo, per raggiungere la piazza si percorrevano le altre strade che in essa
confluivano:
-
Il tratto del decumano minore: oggi noto come via vetraia che con via d’Angiò
collegava il Foro con la via Appia.
-
Il tratto del decumano minore che, partendo dalla via Albana giungeva fino al
Foro (oggi via M. Fiore).
-
Il tratto del cardo oggi noto come via Mazzocchi. Questa strada, nei pressi di
piazza mercato, divenne strettissima, perché, nel 1319, occupando anche buona
parte del cardo stesso, era stata edificata la chiesa angioina di S. Lorenzo.
Il
nuovo assetto territoriale restò immutato per alcuni secoli, e solo verso la
fine del Cinquecento o nei primi anni del Seicento, tale viabilità venne
modificata, probabilmente, per il notevole, intenso e caotico traffico dei
carri, adibiti al trasporto di tutto ciò che era necessario alla vita
cittadina, che confluivano verso l’area utilizzata per il mercato settimanale.
Il
percorso, si sviluppò tagliando quasi diagonalmente i tre decumani formati: 1) dalla via Appia (ex via S. Gennaro,
oggi Porta di Giove): 2) da via Torre
(oggi via Fratta); 3) da via M. Fiore.
Dalla
via Appia (oggi via Porta di Giove) attraversando spazi ormai privi di
abitazioni come piazza S. Pietro, si giungeva fino a piazzetta Immacolata.
Percorrendo poi pochi metri di via Torre (oggi via Fratta) e svoltando poi
sulla sinistra, si realizzò un nuovo percorso che successivamente fu conosciuto
prima come Via dell’Angelo Custode, oggi come via Gallozzi.
Lo
scopo era duplice: percorrere più agevolmente il cammino nei due sensi di
marcia e far risparmiare tempo a quanti dovevano andare o ritornare dalla
piazza del Mercato alla suddetta via Appia, importante via di transito che
metteva in comunicazione il casale di S. Maria di Capua con paesi vicini e
lontani.
Con
l’insediamento del Tribunale, e l’arrivo di giudici, avvocati, notai e
personale. Pertanto, nella prima metà dell’800, si avviarono i primi studi su
come sviluppare il tessuto urbano della città.
Fra
le necessità primarie, vi era anche quella di snellire il rilevante, e a volte
pericoloso, traffico dei mezzi usati per trasportare le merci fino al mercato.
Infatti, per raggiungere la piazza del Mercato, i carri dovevano percorrere
strade strette e non molto agevoli, e ciò poteva arrecare danno a chi
transitava per strada. Inoltre, il rumore prodotto dal loro continuo passaggio,
dava notevole fastidio sia nelle prime ore del giorno per l’andata che nelle
ore pomeridiane per il ritorno. Insomma, non era proprio rilassante vivere
nelle vicinanze di queste vie di transito. Nacque, allora, l’idea di aprire una
più moderna strada, congiungendo, direttamente la via Appia, il cosiddetto “Real
Camino che da Caserta porta a Capua” con il centro della città.
La
possibilità di recuperare spazi per la costruzione della strada, di nuove
civili abitazioni ed edifici pubblici, veniva data dagli ampi giardini
retrostanti le poche abitazioni che insistevano lungo via Appia, via Torre e
piazza Mercato, giardini, in cui, oltre a piante di fiori, venivano coltivate
anche numerose piante di agrumi. In verità, tutti i palazzi signorili della
città erano dotati di giardini con piante dello stesso genere, tanto che nei
giorni della fioritura delle zagare, un gradevole e delicato profumo si
diffondeva nell’aria.
Era
una particolarità della nostra città, conosciuta, in quei tempi ormai lontani,
con l’appellativo di città giardino.
Espropriati
palazzi e giardini, si iniziò la costruzione della nuova arteria considerata
opera al passo coi tempi e strada principale di S. Maria Maggiore, adatta a
realizzare il previsto sviluppo della città. Il progetto venne stilato dagli
architetti Domenico Cecere e Giacomo del Carretto.
Il lavoro fu eseguito in
breve lasso di tempo ed il Corso venne inaugurato, su sua concessione, col nome
del Re, il 4 ottobre del 1859, giorno onomastico del sovrano borbonico
Francesco II. Dopo poco più di un anno, il nome venne sostituito con quello di
G. Garibaldi. Alla nuova arteria, i cittadini diedero il nome di “rettifilino”.
Lungo i suoi lati, da famiglie benestanti, vennero innalzati diversi palazzi.
I
lavori per la costruzione del corso iniziarono con l’abbattimento di una parte
del palazzo Cusano – Tartaglione che si affacciava su piazza Mercato e con l’esproprio
del retrostante giardino che si estendeva in profondità occupando una notevole
area.
Il
suddetto palazzo perse buona parte del corpo di fabbrica e del cortile interno.
La parte demolita venne, poi, ricostruita con i balconi che si aprono lungo il
Corso. Il cortile, dapprima molto ampio, risultò dopo, molto piccolo.
Dall’altro
lato della strada, all’incrocio con piazza mercato si innalza il palazzo
Morelli, che apre il suo ingresso sul corso Garibaldi offrendo alla vista ben
sette balconi per ognuno dei due piani, mentre sulla piazza incidono solo
quattro balconi per piano.
Nel
cortile interno sono sistemati diverso ambienti adibiti originariamente ad
ospitare carrozze e cavalli. Il giardino di questo palazzo si trovava a destra
del portone e confinava con le scuole elementari. In questo spazio venne
costruito, negli anni sessanta del Novecento, un fabbricato moderno che ospita,
tutt’oggi, il Banco di Napoli.
Sul lato est della piazza si apre via Carlo Gallozzi. Il dott. Carlo Gallozzi nacque a S. Maria Capua Vetere il 26 marzo 1820, da Girolamo originario di Cassino.
Morì a Napoli l’11 febbraio 1903, lasciando molte e interessanti pubblicazioni sulla scienza medica.
Il Comune di S. Maria, il 10 marzo 1913, deliberò di intitolargli la strada, sostituendo il suo più antico nome degli Angeli Custodi.