Vie Storiche - A
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*Via Achille Grandi *Via Albana *Via Alberto Martucci *Via Alcide de Gasperi *Via Alessio Simmaco Mazzocchi *Corso Aldo Moro *Via Anfiteatro *Via Antonio Curri *Via Antonio Gramsci *Via Antonio Tari *Via Arco Felice *Via Augusto Pierantoni *Via A. Costa *Via A. Curbi
All’incrocio
formato da via Saraceni, Via Cappabianca, via Melorio, procediamo per il
secondo tratto della antica via Albana.
Poco
dopo l’incrocio, sulla destra, si incontra, un grande caseggiato di proprietà
dei coniugi Giuseppe Fiorillo (S. Maria Maggiore 1800 – 1875) e Rosa Lucarelli
(S. Maria Maggiore 1803 – 1887), ricchi possidenti nati e vissuti nella nostra
città.
Costoro
nel 1875 destinarono tutti i loro beni, oltre al caseggiato anche 15 moggia di
terreno, per la fondazione di un pio istituto ospitasse i ragazzi orfani della
città: i maschi fino a 15 anni e le femmine fino a 25 anni. Inoltre, dopo la
suddetta età, si doveva assicurare un lavoro ai ragazzi ed una dote alle
ragazze.
Nel
1884 la sig. Rosa, designò il Comune quale amministratore dell’Istituto e
qualche anno dopo, nel 1887, il Municipio di S. Maria C. V. accettò il vincolo
testamentario.
Fu
designata la Commissione preposta a tale incombenza e come Presidente venne
eletto l’avv. Pasquale Matarazzi.
Successivamente,
il primo maggio 1893, il Cardinale Alfonso Capecelatro, arcivescovo di Capua,
chiamò Madre Serafina del Sacro Cuore, fondatrice dell’Istituto delle Suore
degli Angeli, a gestire l’Orfanotrofio che divenne così la prima casa dell’Ordine.
Dismesso
l’orfanotrofio, i locali divennero proprietà del Comune che vi trasferì buona
parte dei suoi uffici.
(Nota:
Madre Serafina del Sacro Cuore, al secolo Clotilde Micheli, nacque a Imer
(Trento), nel 1849. Il 2 agosto 1867, mentre era raccolta in preghiera, le
apparve la Madonna che le chiese di fondare un nuovo Istituto religioso con il
preciso scopo di adorare la SS. Trinità e di essere particolarmente devoto alla
Madonna ed agli Angeli visti come modelli perfetti, sempre pronti alla
Adorazione e al servizio di Dio. Nel cortile dell’Istituto è visibile, tuttora,
una statua raffigurante un Angelo.
Dopo
un lungo peregrinare fra varie città italiane, la giovane Clotilde giunse ad
Alife nel casertano. Da qui arrivò a Caserta e poco dopo si ritirò a Casolla
insieme ad altre quattro giovani donne e con esse formò il primo gruppo di
suore la cui vestizione avvenne nel 1891.
Nel
1899, a Faicchio (BN) fu aperta una casa che divenne l’Istituto di formazione
della Congregazione.
In questa casa Suor Maria Serafina si spense il 24 marzo
1911 ed ivi venne tumulata. La causa per la beatificazione è stata avviata nel
1990.
(Autore: Salvatore Fratta)
*Via Alessio Simmaco Mazzocchi
Provenendo dal rione S. Andrea, pochi metri dopo aver superato il passaggio a livello, si incrocia via Avezzana.
Sulla sinistra, nell’angolo di un palazzo (ex proprietà Santillo) si apre una piccola stanza, protetta da una cancellata, che contiene un altare e, adiacente ad esso, si nota una mezza colonna di marmo, sulla cui sommità è posta una Croce, anch’essa di marmo.
Questa colonna, un tempo intera, era posizionata al centro dell’incrocio e venne rimossa, verso il 1870, perché intralciava il traffico.
Secondo la tradizione, la colonna voleva segnalare il luogo ove San Pietro, accompagnato da S. Prisco, proveniente da Napoli, essendo sbarcato a Pozzuoli, aveva accompagnato per la prima volta a Capua.
Nota: Lo sbarco a Pozzuoli è riportato negli Atti di Pietro. San Pietro proveniva da Cesarea Marittima, città e porto di Israele fondata da Erode il Grande tra il 25 a. C. ed il 13 d. C. Da Pozzuoli si sarebbe recato a Napoli dove avrebbe predicato e celebrato fuori le mura della città presso un’ara. Sul luogo fu eretto un tempietto conosciuto nei primi tempi come Ara Petri, ristrutturato ed ampliato nel XII sec. E conosciuto, oggi, con il nome di S. Pietro ad Aram. Da Napoli, infine, l’Apostolo giunse a Capua e dopo qualche giorno di permanenza in città, proseguì per Roma seguendo la via Appia.
Altri studiosi ritengono che S. Pietro, invece, proveniente da Antiochia, sia sbarcato a Brindisi ed abbia raggiunto Capua seguendo la via Appia.
Superato l’incrocio, si imbocca via Mazzocchi. Nel Settecento, la strada faceva parte della Platea della Croce e il primo tratto di strada, che giungeva fino alla piazza Maggiore, aveva appunto come nome: Via della Croce, ed era “una delle vie principali del Comune dove abitano gran numero di cittadini ed ove sono grandiose abitazioni…”.
(Casiello – Di Stefano – S. Maria C. V. pag, 103) Venne denominata via Mazzocchi nel 1871; anno in cui il Comune modificò l’intitolazione di molte strade.
Qualche centinaio di metri dopo l’incrocio, sulla destra si trova la chiesetta di San Nicola di Bari sede dell’omonima Congregazione.
A lato della cappella si apre il vicolo Mazzocchi, un tempo, vicolo di S. Nicola. In una delle abitazioni di questo vicolo, nel 1884, nacque lo scultore Raffaele Uccella.
Apprese i primi rudimenti dell’arte nella scuola serale aperta dal Comune sul finire del secolo XIX. Frequentò l’Istituto delle Belle Arti di Napoli e fu allievo dello scultore napoletano Achille D’Orsi e, nel 1910 circa, collaborò, con questo suo maestro, alla realizzazione del monumento dedicato a Umberto I, re d’Italia, che si può ammirare in una piazza di via Nazario Sauro sul lungomare di Napoli.
Raffaele Uccella fu artista di grande sensibilità, uomo libero e ribelle che coltivò numerosi interessi culturali e le sue composizioni ottennero positivi giudizi da parte di tanti critici e principalmente da un altro grande scultore dell’epoca: Vincenzo Gemito.
Morì nel 1920, in seguito ad una malattia contratta durante la 1^ Guerra Mondiale e cui aveva partecipato, sul fronte del Pasubio, col grado di sottotenente degli Alpini.
Donate dagli eredi, alcune sue opere sono raccolte presso il Museo Provinciale Campano di Capua.
Poco dopo s’incontra il Palazzo Merola, oggi conosciuto come “Palazzo Mazzocchi”.
Probabilmente, negli spazi dove venne eretto il palazzo, erano ubicate alcune più modeste abitazioni (in esse nacque A. S. Mazzocchi) e solo verso la fine del Seicento o il principio del secolo successivo fu costruito il palazzo, forse, su progetto o disegno dell’architetto napoletano Ferdinando Sanfelice.
In origine, era un fabbricato ad un solo piano con due ingressi uno sul vicolo adiacente e uno sulla strada principale dove si apre un portale a tutto sesto abbellito da stucchi barocchi. La facciata al primo piano mostra, alternativamente, balconi e finestre sormontati da timpani arcuati. Nei primi anni del Novecento fu sopraelevato e il secondo piano si ottenne rialzando di poco il sottotetto e trasformando i finestroni esistenti in finestre e balconi anch’essi sistemati in successione alternata.
Sul soffitto dell’androne è visibile uno stemma nobiliare, ancora in buono stato e di buona fattura, raffigurante un albero ed un uccello, appartenente probabilmente alla casata di chi fece costruire la nobile dimora. All’interno, il fabbricato gode di un ampio cortile dove è sistemato un abbeveratoio per i cavalli. In una parete è murata un’epigrafe di epoca romana. In questi spazi nacquero: Alessio Simmaco Mazzocchi e Antonio Tari. Per ricordare i due importanti personaggi, nel 1855 il Comune pose sulla facciata due iscrizioni marmoree. La prima, sulla sinistra del portone, dedicata ad A. Simmaco Mazzocchi. Recita:
IN QUESTA CASA IL 21 OTTOBRE 1684
NACQUE
ALESSIO SIMMACO MAZZOCCHI
ARCHEOLOGO E FILOLOGO SOMMO
PER LA SUA DOTTRINA E PER LE SUE SCOPERTE
PROCLAMATO MIRACOLO
IL MUNICIPIO
LIETO DI TANTA GLORIA
A PERENNE RICORDO ED ESEMPIO
IL 29 APRILE 1885
QUESTA LAPIDE POSE
La seconda, a destra del portone, incorniciata da un ramo di alloro, fuso in ghisa, presenta un bassorilievo raffigurante il profilo del filosofo Antonio Tari. Così tramanda:
IN QUESTA CASA
DOVE UN SECOLO INNANZI ERA NATO A. S. MAZZOCCHI
NACQUE IL 1 LUGLIO 1809
ANTONIO TARI
CRITICO FILOSOFO ARTISTA
CHE INNOVANDO DALLA CATTEDRA I PRINCIPI NAZIONALI DELL’ARTE
ISPIRÓ AI GIOVANI IL CULTO DEL BELLO
I DISCEPOLI GLI AMICI I CONCITTADINI
IL 15 NOVEMBRE 1885
QUESTA MEMORIA POSE
Quasi
al centro di via Martucci, alle spalle del Teatro Garibaldi, una strada è
intitolata ad Antonio Curri.
Quando,
nel 1992, fu iniziata la costruzione dei fabbricati che insistono lungo il suo
lato destro, si rinvennero le strutture di un grande ambiente absidato in “opus
reticulatum”, con copertura a volta, che gli esperti hanno datato fra la fine
del II ed il I sec. a.C.
Un
secondo ambiente presenta opere di ristrutturazione che arrivano fino al II
sec. d.C.
(Nota: Opus Reticularum, opera reticolata. Questa tecnica muraria
prevedeva l’inserimento in una parete di blocchetti di tufo a forma piramidale
con base quadrata, accostata obliquamente in modo da creare un reticolo).
Negli
ambienti al di sotto del complesso furono rinvenuti: un forno foderato con una
doppia fila di lastre in terracotta privo della parte superiore e due fornaci
di più modeste dimensioni, forse adatte alla produzione di piccoli oggetti,
che, sembra, sono state funzionanti per un periodo compreso tra i primi decenni
del I sec. e la fine del II sec. d.C.
Si
è ritenuto che negli ambienti citati sia stata operante una officina per la
lavorazione del bronzo”. Infatti, in essi sono state scoperte numerose matrici
in terracotta per la fusione, “a cera persa”, di vari componenti quali anse,
piedi, manici ecc. adattabili alle situle, al vasellame di bronzo e ai lebeti,
cioè alle produzioni metallurgiche capuane famose nel mondo antico, tanto che
Catone consigliava “di comperare recipienti di bronzo a Capua”.
Infatti,
proprio nel II sec. a.C., Capua impone come centro di una importante industria
per la lavorazione del ferro e del bronzo e i suoi prodotti raggiungono
addirittura le popolazioni scandinave e quelle dell’Europa centro-orientale.
In
un’area adiacente sono stati rinvenuti i resti di due “domus”, di età
imperiale, dotate, nei loro giardini, ognuna di una fontana di cui una
polilobata e l’altra semicircolare.
(Autore: Salvatore Fratta)