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Personalità Illustri di SMCV

Sr.Domenicane > Case in Italia > Città di SMCV
L’Avv. Alberto Martucci, nacque nella nostra cittadina il 5 giugno 1899, da Alfonso, Segretario comunale, e da Giuseppina Della Valle.
Svolse gli studi presso il liceo locale e conseguì la maturità nel 1917. Partecipò alla Grande Guerra col grado di sottotenente d’artiglieria; fi decorato con medaglia di bronzo e ricevette la promozione al grado di tenente.
Ritornato a casa, si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza presso l’Università di Napoli e si laureò nel 1922. Fece pratica forense, presso i più stimati avvocati sammaritani dell’epoca, nel campo civile che presto abbandonò per dedicarsi completamente al Diritto Penale ricevendo notevoli apprezzamenti anche da parte di illustri colleghi in ambito locale e nazionale.
Nel 1934 fu libero docente di Diritto e Procedura Penale presso l’Università di Napoli.
Durante il periodo fascista, si tenne lontano dalla politica. Al termine del 2^ Conflitto Mondiale, aderì al Partito Socialista, e ne ricoprì la carica di Segretario Provinciale.
Diresse la sezione provinciale del Comitato di Liberazione Nazionale; nel 1946 si candidò per la costituente e nel 1948 alla camera. Ma per le incomprensioni con i dirigenti nazionali del Partito, poco dopo si dimise da ogni carica, dedicandosi solo alla sua professione.
Purtroppo, qualche anno dopo, nel 1956, appena cinquantasettenne, venne a mancare.
Le sue morali e culturali furono fatte proprie dal figliolo Alfonso che proseguendo nel cammino tracciato dal genitore lo ha degnamente superato nel sapere giuridico.
Dovrei, qui, ripetere le lodi con cui, lo stimato Fulvio Palmieri, nei “Ricordi di S. Maria C.V. – pag. 28” celebrò la figura dell’Avv. Martucci. Mi astengo e rimando alla lettura di quel testo.
(Autore: Salvatore Fratta)

Nel Casale di Capua, in quel tempo denominato Villa S. Maria Maggiore, ultimo di numerosissima prole (da 18 a 21 figli) Alessio Simmaco nacque il 21 ottobre 1684, da Lorenzo, farmacista, e da Margherita Battaglia che purtroppo si spense pochi giorni dopo averlo dato alla luce. Il cognome originale, come risulta dai documenti parrocchiali, era Mazzuoccolo; ingentilito e trasformato in Mazzocchi, successivamente.
Compì i suoi primi studi aiutato dal padre e dai fratelli maggiori e nel 1697, appena dodicenne, entrò nel seminario arcivescovile di Capua dove restò circa tre anni.
Conosciute le sue innate doti e straordinarie capacità, dai suoi superiori venne trasferito al seminario di Napoli, e in questo nuovo ambiente apprese, con notevole facilità, le lingue latina, greca, ebraica, e formò la sua straordinaria conoscenza in campo teologico.
Pertanto gli fu affidata la cattedra di Teologia e Sacre scritture all’Università di Napoli. Fu, inoltre, autore di importanti studi filologici, archeologici e storici. Trascorse la vita dedicandosi esclusivamente agli studi, tanto da rinunciare alla carica vescovile e a quella
Cardinalizia. Fu conosciuto ed apprezzato dai maggiori esponenti della cultura italiana ed europea, e nominato membro di prestigiose accademie. Fra le sue importanti opere, tutte scritte in latino, si ricorda quella in cui descrive l’Anfiteatro Campano e per la prima volta la storia dell’antica Capua: “In mutilum Campani Amphitheatri titulum, alias nonnullas Campanas inscriptiones, Commentarius”, edita a Napoli nel 1727.
Seguirono altre opere, fra cui: Dissertazioni Tirreniche; Commentario sul Calendario Napoletano; Commentario sulle Tavole Eracleensi.
Spesso, il Mazzocchi veniva a S. Maria con la carrozza trainata da due cavalli per i quali aveva fatto approntare, nel palazzo natio, divenuto di sua proprietà, e nei pressi del pozzo, una vasca per la loro abbeverata. La vasca in forma ovale è costituita da due soli blocchi di calcare e reca la seguente iscrizione in cinque righe:
        EQUIS. VECTORIBUS. SUIS, PIENTISSIMI
AEGROTUS. HERVS. EORUM, OPERE FREQVENTISSIME. ADIVTVS
ET. PERNICITATE. RECREATVSAQVARIUM. HOC. ET. VICINUM. APTIVS. EQVILE
GRATUS. RESTITVIT
Trad.: Ai suoi cavalli, che (lo trasportano, a cui è molto affezionato, l’ammalato padrone frequentemente aiutato dalla loro opera e ritemprato dalla (loro) sveltezza, questo abbeveratoio e, in modo più idoneo, la vicina stalla, riconoscente fece restaurare.
Ma quando venne a conoscenza del fatto che i canonici del Duomo di S. Maria avevano dato fuoco a vecchie carte e pergamene scritte anche in caratteri gotici, caratteri, forse, non conosciuti dagli stessi, si dispiacque così tanto da proporsi di non venire più nel suo paese, preferendo risiedere presso il domicilio napoletano, dove si spense il 12 settembre 1771.
Riposa nella Cappella di Santa Restituta nel Duomo di Napoli dove, collocato alla sinistra dell’ingresso del sacro edificio. È conservato un suo busto, opera di Giuseppe Sammartino, (Autore del Cristo Velato nella Cappella Sansevero).
Il 28 aprile del 1914 anche Santa Maria Capua Vetere dedicò all’insigne studioso un’erma bronzea simile, posizionata su di un pilastro nel lato sinistro della navata principale del Duomo.
(Autore: Salvatore Fratta)

Il dott. Carlo Gallozzi nacque a S. Maria Capua Vetere il 26 marzo 1820, da Girolamo originario di Cassino. Dopo aver frequentato le scuole nella città natale si iscrisse alla facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Napoli e nel 1841, appena ventunenne, conseguì la laurea che gli permise di lavorare presso l’Ospedale dei Pellegrini.
In questo nosocomio, si prodigò senza risparmio, nel soccorrere i feriti negli scontri durante i moti napoletani del maggio 1848.
Il 7 aprile 1861 venne eletto alla Camera dei Deputati per il collegio di S. Maria Capua Vetere, ma nel marzo del 1863 si dimise da questo incarico.
Successivamente, insegnò Clinica Chirurgica presso l’Università di Napoli, dal 1862 al 1866 anno in cui fu nominato direttore della Clinica Chirurgica dell’Ospedale di Gesù e Maria, succedendo a Ferdinando Palasciano.
Nel 1883 fondò la Società Italiana di Chirurgia; nel 1894 venne nominato vicepresidente dell’Accademia medico chirurgica di Napoli.
Il 29 novembre 1891 fu nominato senatore del regno, e qualche anno più tardi, nel1902 venne nominato Rettore dell’Università di Napoli.
Fu cittadino di integra moralità e di spirito liberale. Si distinse come consigliere comunale di Napoli. Numerose furono le onorificenze attribuitegli: Ufficiale e poco dopo Commendatore dell’Ordine della Corona d’Italia; Cavaliere dell’Ordine del SS. Maurizio e Lazzaro, e nel 1901 Commendatore dello stesso Ordine.
Morì a Napoli l’11 febbraio 1903, lasciando molte e interessanti pubblicazioni sulla scienza medica.
(Autore: Salvatore Fratta)

Nei pressi si trova anche il palazzo in cui venne alla luce, il 4 dicembre 1853, Errico Malatesta, tenuto a battesimo dal Dott. Gaetano Miraglia.
Il padre, Federico, era nativo di Napoli; la mamma, Lazzarina Rastoin, era di origine marsigliese. Errico nacque nella nostra città, perché in essa il genitore aveva una attività legata, sembra, alla concia delle pelli, Nel 1868 la famiglia si trasferì a Napoli, ed Errico, quindicenne, compì i suoi studi presso un collegio dei Padri Scolopi.
Successivamente, si iscrisse all’Università di Napoli alla Facoltà di Medicina e frequentò i corsi per tre anni, ma poi abbandonò gli studi per dedicarsi completamente alla politica.
Visse a S. Maria “proprio nell’epicentro temporale della storia risorgimentale sammaritana, che non poté non incidere sul suo immaginario di ragazzo colmo di Spartaco e di Garibaldi, come riconobbe espressamente”.
Aveva fatto suoi gli ideali politici mazziniani, e fu “uno dei più grandi, tenaci, e fedeli apostoli di libertà, di emancipazione, di fraternità, che la storia tra Ottocento e Novecento ricordi, noto e studiato in tutto il mondo”.
Morì a Roma il 20 luglio 1932.
(Autore: Salvatore Fratta)

 
Nel 1925, una via fu intitolata a Gaetano Cappabianca, ricco possidente considerato uno fra i maggiori benefattori della città, nato a S. Maria di Capua nel 1849 da Federico e da Luisa Saraceni figlia di Gaetano Saraceni.
 
Con testamento del 21 luglio 1908, stilato poco prima della sua morte, don Gaetano aveva destinato un ingente patrimonio, comprendente fra l’altro anche 133 moggia di terreni, oltre al palazzo sopradetto e all’ameno giardino posizionato dall’altro lato della strada noto come villa Cristina, per l’istituzione di un Asilo per Ciechi e Sordomuti poveri d’ambo i sessi, cittadini di S. Maria, delle sue frazioni, e di comuni limitrofi, quali ad esempio Curti, Macerata, Casapulla, Casagiove, ecc.
 
L’economato, l’assistenza e la cucina potevano essere affidate alle suore di qualsiasi ordine, ma l’Asilo venne gestito dalle suore di S. Anna, l’ordine consigliato dal Cappabianca.
 
Il 12 marzo del 1909, il Comune di S. Maria C. V. assunse l’amministrazione dell’Istituto.
 
Il 29.12.1911, l’Asilo, con Regio Decreto n° 121, venne nominato Ente morale.
 
Nel 1916 durante la Prima Guerra Mondiale, il nostro Comune istituì un campo di raccolta per profughi istriani e dalmati, che vennero ospitati anche nel palazzo Cappabianca.
 
A partire dallo stesso anno 1916, oltre al ricovero e all’istruzione, il Comune istituì appositi laboratori di falegnameria, calzoleria e sartoria, come chiesto dal Cappabianca nel suo testamento, per avviare i ricoverati ad un’arte o un mestiere, affrancandoli, così, dall’ozio e rendendoli utili a loro stessi ed alla società.
 
Nel 1940 l’Asilo fu trasformato in Complesso Scolastico speciale per persone cieche e sordomute. Successivamente, nel 1952, venne parificato a scuola pubblica e nel 1962 le strutture scolastiche furono potenziate con servizi audiologici.
 
Negli anni successivi, essendovi ormai pochi ospiti, l’edificio fu destinato ad altri scopi sociali e nel 1981 le funzioni ed il patrimonio dell’Opera Pia furono trasferiti al Comune.
 
L’anno seguente, il caseggiato ospitò un Istituto Magistrale Parificato. Infine venne chiuso per restauri tuttora in corso.
 
Sulle pareti dell’atrio dell’Istituto sono sistemate due lapidi.
 
La prima a ricordo di Gaetano Cappabianca:
 
GAETANO CAPPABIANCA
 
ANIMA GENEROSA
 
CUORE ARDENTE DI CARITA’ CRISTIANA
 
TUTTO IL SUO COSPICUO PATRIMONIO
 
DESTINO’ A SOLLIEVO DELLE SVENTURE
 
QUESTO SONTUOSO EDIFICIO
 
CHE GIA’ ACCOLSE
 
IL MUNIFICIO BENEFATTORE
 
OGGI OFFRE TRANQUILLO RINCOVERO
 
A QUELLI
 
CHE SONOIMMERSI NELLA NOTTE PERPETUA
 
E QUELLI
 
CHE HANNOIL LABBRO SUGGELLATO ALLA PAROLA
 
A RICORDO
 
GLI
 
AMMINISTRATORI
 
POSERO
 
La seconda per ricordare il presidente dell’Istituto Gaetano Caporaso:
 
IN QUESTO ASILO
 
DALLA FONDAZIONE PER CINQUE LUSTRI
 
PRESIDENTE
 
SAGGIO PATERNO
 
GAETANO CAPORASO
 
LUCI E ARMONIA D’AMORE
 
DIFFONDENDO
 
REDESWSE LA SVENTURA
 
FACENDOLA SORRIDERE ALLA VITA
 
AD ESALTAZIONE ED ESEMPIO
 
NEL XXII NOVEMBREMCMXLI – XX
 
IL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
 
DELIBERO’ QUESTO RICORDO
 
(Autore: Salvatore Fratta)

Nello spazio tra vicolo ed il Palazzo Di Monaco, sotto il dominio spagnolo prima e sotto i Borbone poi, avevano luogo le esecuzioni capitali dei condannati con la decapitazione per i nobili, mentre la forca era riservata ai plebei.
Nella piazza, le ultime condanne furono eseguite nel 1826. Gaetano Matarazzi, di circa trent’anni, laureato in medicina, non riuscendo a fuggire per tempo, si nascose nel sottotetto fra alcune balle di stoppa alle quali i sanfedisti minacciavano di dare fuoco, mentre affondavano le loro acuminate baionette nel cumulo.
Per sua fortuna, non venne scoperto salvandosi così da sicura morte, ma per la gran paura i suoi capelli divennero improvvisamente tutti bianchi.
(Autore: Salvatore Fratta)

Nacque a Carinola il 16 luglio 1803, figlio di Tommaso e Mastrominico Maria. Dopo aver vinto il concorso per esattore e cassiere indetto dal Comune, si trasferì a S. Maria. Contrasse matrimonio con la sig.ra Vittoria Merola, dalla quale ebbe due figlie: Luisa e Giuseppina.
La primogenita, Luisa, sposò Federico Cappabianca e da loro nacque Gaetano, futuro fondatore dell’Istituto per Ciechi e Sordomuti.
La seconda, Giuseppina, andò sposa a Giovanni Peccerillo, ed i loro figli Francesco, Pasquale e Gaetano furono gli eredi che provvidero a pagare le rendite destinate al Mendicicomio, mentre la figlia Vittoria, donò i suoi beni ai Fratelli Carissimi per la realizzazione di una scuola.
Gaetano Saraceni, ricco possidente terriero, dopo la morte della moglie avvenuta nel 1878, mise a disposizione buona parte dei suoi averi, per realizzare opere di carità a beneficio della città che lo aveva ospitato e dei cittadini che versavano in condizioni economiche disagiate.
Oltre ad essere il cassiere del Comune di S. Maria, fu membro della Commissione dell’Ospedale S. Giuseppe, spesso da lui finanziato, e nel 1881 ne divenne il Presidente. In precedenza era stato amministratore del Conservatorio dell’Angelo Custode e nel 1877 fu nominato presidente e mantenne la stessa carica anche quando il Conservatorio confluì in quello di Santa Teresa.
A sue spese venne eretta la Chiesa degli Angeli Custodi, situata sul corso Garibaldi; a sue spese fu sistemato il pavimento in marmo del Duomo, a sue spese venne fondato un orfanotrofio nella vicina S. Prisco. Infine, destinò un caseggiato di sua proprietà, sito in via Albana, nel vicolo che oggi prende il nome di Vivo “Mendicicomio”, al ricovero di venticinque ospiti che già da tempo venivano assistiti a sue spese.
Nel 1893, con testamento redatto dal notaio Giuseppe Di Rienzo, dispose che questo suo caseggiato, composto da un piano terraneo e da un primo piano, dopo la sua morte, fosse usato esclusivamente come Ospizio per il ricovero di persone povere ed inabili al lavoro, e fosse amministrato dal Municipio di S. Maria C.V. A sostegno di questa sua pia iniziativa destinò la somma di lire settemila, la cui rendita doveva servire per il mantenimento dei poveri ricoverati, vincolando gli amministratori ad affidare gli ospiti all’assistenza delle Suore dell’Ordine Figlie di S. Anna.
Gaetano saraceni morì il 15 marzo del 1894; i funerali si svolsero nella chiesa da lui fatta costruire.
Nella seduta consiliare del 20 marzo del 1894; il Comune accettò il testamento e deliberò di intitolare al Saraceni il primo tratto della via Albana, dall’incrocio di via Avezzana fino all’incrocio di via Melorio, di porre una lapide nell’atrio del palazzo municipale e di collocare un busto nella sala principale dell’Ospizio sul cui portone una iscrizione incisa nel marmo così tramanda:
A’ POVERI
CHE DAGLI ANNI O DA MALFERMA SALUTE
FURONO FATTI INABILI AL LAVORO
GAETANO SARACENI
LA CUI BENEFICENZA VINCE OGNI ELOGIO
APRI’ QUESTO ASILO
MOSTRANDO COME IL MIGLIO USO DELLE RICCHEZZE
STA NEL SOVVENIRE AI BISOGNOSI
MDCCCLXXXIX
Nel 1911 una epidemia di colera colpì anche la nostra città e nel cortile del mendicicomio venne istallato un capannone per ospitare gli ammalati.
(Nota: Le epidemie di colera, dovute soprattutto alle scarse condizioni igieniche, erano frequenti in quei tempi. S. Maria ne fu colpita nel 1837, 1854, 1866, 1887, 1911. Oltre al mendicicomio, furono adibiti a lazzaretti: la Masseria dei Quattro Santi, all’inizio della via omonima, così detta perché sulla facciata presentava quattro nicchie in cui erano affrescate figure di santi; ed una palazzina presso i Quattordici Ponti.
Negli anni successivi, l’ospizio ricevette altri lasciti costituiti da terreni e rendite e svolse il suo ruolo fino al 1970 circa. Poi, divenuto fatiscente, dovette essere abbandonato.
Venne ristrutturato per la ferrea volontà delle suore della Pietrasanta.
Nel giugno del 2009, nei locali ripristinati, è stato inaugurato un pensionato per anziani.
(Autore: Salvatore Fratta)

 
A S. Maria è ubicato il palazzetto dove vide i natali la religiosa Giulia Salzano, nata il 13 ottobre 1846 da Diego, capitano dei Lancieri di Ferdinando II, e da Adelaide Valentino.
Rimasta orfana del padre in tenera età, venne affidata alle Suore della carità del Regio Orfanotrofio di S. Nicola la Strada, dove restò fino all’età di 15 anni.
 
Nel 1865 si trasferì con la famiglia a Casoria e avendo conseguito il diploma magistrale, insegnò nella scuola comunale della cittadina.
Dopo una vita ad istituire varie opere religiose fondò, a Casoria, l’Istituto delle “Suore Catechiste del Sacro Cuore”, oggi operante in varie parti del mondo.
Si spense il 17 maggio 1929. Proclamata beata il 27 aprile 2003 da Papa Giovanni Paolo II, è stata dichiarata Santa il 17 ottobre 2010 da Papa Benedetto XVI. Viene ricordata da una lapide posta sulla facciata della casa natale.
 
(Autore: Salvatore Fratta)

Nel secondo e più ampio cortile del suddetto edificio, si aprono alcuni locali in cui si svolse l’operosa vita lavorativa di Leopoldo Cappabianca. Nato a S. Maria Capua Vetere nel 1904, giovanissimo, appena diciassettenne, si impegnò in politica animato da idee socialiste, tanto che fu tra i primi nel 1921 ad aderire al Partito Comunista.
Prese parte agli scontri tra fascisti e socialcomunisti, avvenuti in piazza Mazzini il 18 settembre 1922, e per questo venne arrestato passando così circa due anni in carcere.
Venne poi assolto nel processo concluso nel luglio del 1924. Purtroppo con questo precedente, venne considerato un sovversivo pericoloso, tanto è che ogni qualvolta il Duce usciva da Roma per recarsi ina un qualsiasi parte d’Italia, Leopoldo Cappabianca veniva relegato nelle patrie galere.
Per poter sopravvivere mise su una officina meccanica molto attrezzata, ed un impianto di galvanizzazione e cromatura. Fra i primi, se non il primo, in Terra di Lavoro.
Il 5 ottobre 1943 fu tra i promotori del fatto d’armi con cui i cittadini di S. Maria cacciarono via i soldati tedeschi di stanza nella nostra cittadina. Del suoi intrepido coraggio fu testimone il Ten. Mario Scarlato a cui, per lo stesso fatto d’armi, il Municipio di S. Maria Capua Vetere, nel 1992 conferì la cittadinanza onoraria.
Il tenente Scarlato nel suo “5 ottobre 1943” così scrive: “Io non cesserò mai di elogiare il virile comportamento di Leopoldo Cappabianca che, con calma addirittura singolare, accovacciato dietro il paracarro allo sbocco della via sulla piazza (via de Simone), sorvegliava i movimenti del nemico lanciando bombe nella direzione del monumento ove si tenevano ben celati gli unni.
Io stesso fui ad un certo momento trascinato dal sangue freddo con cui questo magnifico combattente teneva testa agli avversari…”.
Nel 1945, Leopoldo si iscrisse alla locale sezione del Partito Comunista, e venne eletto consigliere comunale in varie occasioni, (1947-52; 1970-80). Visse del suo lavoro e fu sempre un galantuomo e un maestro di vita. Morì il 18 agosto 1983.
(Autore: Salvatore Fratta)

L’avvocato Nicola Nicolini era di origine abruzzese. Proveniva da Tollio paese in provincia di Chieti, dove nacque il 30 settembre 1772.
Giunse a Santa Maria con la famiglia nel 1809 dopo l’istituzione del Tribunale ed essendo considerato una persona integerrima e colta da Gioacchino Murat fu nominato Procuratore Regio del nuovo Tribunale, il primo ad assumere tale ruolo. Successivamente occupò la carica di Presidente della Cassazione di Napoli. Durante il regno di Ferdinando II di Borbone fu ministro della Giustizia.
Insegnò diritto e procedura penale nella Università di Napoli. Opera sua furono il codice penale e il codice di procedura penale.
Morì a Napoli il 2 marzo 1875.
Suo pronipote fu Fausto Nicolini, nato nel 1879, allievo di Benedetto Croce, con cui formò un sodalizio importante per la cultura napoletana del primo novecento.
Fu direttore della rivista “Napoli Nobilissima”, Accademico dei Lincei, e autore di molte opere su Giambattista Vico. Si spense nel 1965.
(Autore: Salvatore Fratta)

Quinto figlio di Antonio e Concetta Stroffolino, facoltosi possidenti, nacque a S. Maria C. V. nel 1876. Dopo aver frequentato le scuole superiori presso il seminario vescovile di Capua, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Napoli, laureandosi a pieni voti.
Attratto da un notevole interesse per la politica, nelle elezioni comunali del 1920, venne eletto consigliere e fece parte delle giunte guidate, nel periodo 1920-21, dal sindaco Avv. Pasquale Troiano e, dal 1922 al 1927 e per effetto del R.D. 2 giugno 1927 divenne il primo podestà della città restando in carica fino al 1934, senza farsi mai coinvolgere in beghe politiche.
Appena eletto Sindaco, elargì la somma di Lire 200.000 per i restauri nell’anfiteatro Campano e per tanto, da parte della giunta comunale, ricevette una pergamena di riconoscimento.
Il 27 giugno 1926, venne inaugurato il monumento ai Caduti della Grande guerra. Fra le personalità che intervennero alla cerimonia vi fu il principe Umberto II, giunto in treno, debitamente accolto dal sindaco Fratta, dal prefetto e da tutte le altre autorità civili e religiose e fra esse l’arcivescovo Cosenza che benedisse il monumento.
Sempre nel 1926, la città venne fornita di un autocarro, unico nella provincia, per innaffiare le strade cittadine che in tal modo venivano tenute sempre pulite.
Grazie alle larghe vedute di questo Sindaco, la nostra città migliorò il suo aspetto. Il corso Garibaldi venne abbellito con la messa a dimora sui marciapiedi le piante di oleandri che rimasero in sito fino agli anni 70. Inoltre, si impegnò per l’ampliamento del Riformatorio e del tribunale.
Nel 1927 fece realizzare il campo sportivo, concedendo, per tale scopo, il terreno comunale del soppresso cimitero.
Nel 1928, chiese ed ottenne l’aggregazione dei piccoli comuni limitrofi, S. Prisco, Curti, Casapulla, S. Tammaro, che riacquistarono la propria autonomia nel 1946.
Il 13 maggio 1929, il podestà Fratta, assieme alle maggiori autorità ed al popolo, accolse il Cardinale Ascalesi, di Napoli, che, in occasione del Primo Congresso Eucaristico dell’Arcidiocesi di Capua, era venuto a visitare la Chiesa Collegiale della nostra città.
Nel 1930 fece dare inizio ai lavori per la sistemazione dell’edificio scolastico e del convento degli Angeli Custodi che divenne il Liceo fra i più nobili della provincia, e di cui abbiamo già raccontato.
Nello stesso anno, la principessa Maria Josè del Belgio, da poco moglie del principe ereditario Umberto II, giunta nella nostra città, fu invitata a visitare il Mitreo, recentemente scoperto. Al rifiuto della principessa di scendere nel sito tramite una scala a pioli, l’Avv., ferito nell’orgoglio di sindaco e di sammaritano, fece costruire, a proprie spese, l’ingresso e la scala di accesso al monumento.
Una lapide posta su di una parete dell’ingresso al monumento ne dà testimonianza.
Nel 1939, nominato Senatore del Regno, non potette assolvere alle funzioni della carica per l’avvento della II Guerra Mondiale.
Fu presidente dell’amministrazione Provinciale di Napoli; e successivamente presidente dell’Opera Nazionale Maternità e Infanzia (ONMI).
A causa dei continui dissidi con i politici locali, Pasquale Fratta lasciò la città e si ritirò a vivere a Napoli.
Comunque, è bene sottolineare, mai nessuno riuscì ad insidiare la stima che il popolo sammaritano gli accordava, apprezzandolo per la signorilità per la sua competenza. L’oculata amministrazione, il suo assoluto disinteresse, il suo senso sociale. Unico suo scopo fu il benessere della città. Scrive su di lui Fulvio Palmieri: “Definendolo semplicemente un galantuomo, gli daremmo la patente di signore illuminato ma non democratico e invece fu anche tale pur soggiacendo all’ordine di uno Stato dittatoriale e peggio”, (op. citata pag. 98)
Per queste sue inconfondibili caratteristiche, venne insignito della medaglia d’oro e del diploma d’onore da parte delle autorità dell’epoca.
Il 24.04.1956 alla presenza degli avv. G. Fusco e C. Maffuccini fece redigere dal notaio Umberto Caporaso un atto di donazione con cui istituì un “Ente avente scopi culturali e di beneficenza e fra essi anche l’obbligo di corrispondere annualmente la somma di L. 50.000 al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di S. Maria C. V. per l’istituzione di un premio da assegnarsi ad un giovane avvocato, di età non superiore ai 32 anni che si sia distinto per cultura e probità professionale. Volendo cominciare a dar vita a detto Ente, ha deciso di donare allo stesso un titolo di rendita del capitale nominale di L. 1.000.000…” (tratto dall’atto notarile).
L’Ente fu denominato “Fondazione Avv. P. Fratta”. Lo statuto della fondazione venne redatto per notar U. Caporaso in data 27.10.1956 e registrato il 13.11.1956 al numero 835.
Il riconoscimento giuridico della “Fondazione avv. Pasquale Fratta” fu firmato il 13 febbraio 1957 dal Ministro di Grazia e Giustizia, Giovanni Gronchi, registrato alla Corte dei Conti il 29.03.1957 ed inserito nella Raccolta Ufficiale delle leggi e decreti della Repubblica Italiana.
Pasquale Fratta si spense nel 1969 nella sua dimora napoletana. Riposa nel cimitero della sua città natale.
La vedova, n.d. baronessa Amalia Ventriglia, nel suo testamento dispose, quale lascito per la Fondazione, la somma di 80 milioni di lire. Gli interessi bancari annuali derivanti da questa somma, sono destinati ai giovani studenti della città che versano in disagiante condizioni economiche.
(Autore: Salvatore Fratta)

Il Dott. Pietro Morelli, benemerito medico condotto nato, nel 1821, nel nostro comune.
Durante gli anni in cui esercitò la professione, il dott. Morelli fu l’esempio del medico che, dedicandosi alla cura dei poveri e degli infermi con competenze e carità cristiana, vive pienamente la sua missione, soccorrendo la popolazione sofferente con ogni mezzo.
Infatti, nel 1855, con il collega dott. Gaetano Miraglia, attese alla fondazione dell’Ospedale S. Giuseppe, a quell’epoca ubicato in via Albana.
Nel 1866, il Morelli venne premiato con medaglia d’oro come medico vaccinatore benemerito. Infatti, durante l’epidemia del colera che aveva investito la nostra cittadina, nell’agosto dell’anno precedente, si era prodigato fino al limite delle sue forze.
La sua morte avvenne nel 1891.
Fu proclamato il lutto cittadino e pochi giorni dopo dal Comune gli fu conferita l’onorificenza di cittadino benemerito e venne deliberata la dedica della strada.
(Autore: Salvatore Fratta)

Nel vicolo Mazzocchi, un tempo, vicolo di S. Nicola, in una delle abitazioni di questo vicolo, nel 1884, nacque lo scultore Raffaele Uccella.
Apprese i primi rudimenti dell’arte nella scuola serale aperta dal Comune sul finire del secolo XIX. Frequentò l’Istituto delle Belle Arti di Napoli e fu allievo dello scultore napoletano Achille D’Orsi e, nel 1910 circa, collaborò, con questo suo maestro, alla realizzazione del monumento dedicato a Umberto I, re d’Italia, che si può ammirare in una piazza di via Nazario Sauro sul lungomare di Napoli.
Raffaele Uccella fu artista di grande sensibilità, uomo libero e ribelle che coltivò numerosi interessi culturali e le sue composizioni ottennero positivi giudizi da parte di tanti critici e principalmente da un altro grande scultore dell’epoca: Vincenzo Gemito.
Morì nel 1920, in seguito ad una malattia contratta durante la 1ª Guerra Mondiale a cui aveva partecipato, sul fronte del Pasubio, col grado di sottotenente degli Alpini.
Donate dagli eredi, alcune delle sue opere sono raccolte presso il Museo Provinciale Campano di Capua.
(Autore: Salvatore Fratta)

Nacque in S. Maria Maggiore il 25 dicembre 1772 da Giuseppe e da Rosa Scognamiglio Borghese. Il loro matrimonio fu allietato, inoltre, dalla nascita di Giovanni, Michele, Francesco, Luigi, Raffaele e Giovanna. La loro signorile dimora era in via Vetraia.
Vito Nicola intraprese gli studi di medicina presso l’Università di Napoli e, subito dopo la laurea, entrò a far parte, come ufficiale medico, dell’esercito borbonico.
Per le sue qualità e per la sua esperienza, divenne il medico personale del re Ferdinando IV e di tutta la sua famiglia, seguendo i reali quando, lasciata Napoli durante l’occupazione francese, dimorarono in Sicilia.
Inoltre fu anche medico del genero del re, Luigi Filippo re di Francia, che nel 1809 aveva sposato Maria Amelia di Borbone, e con la moglie, aveva seguito la famiglia reale in Sicilia.
Ferdinando IV, poi noto come Ferdinando I delle Due Sicilie, riconoscente per la devozione dimostrata, lo nominò Cavaliere del Reale e Militare Ordine di S. Giorgio, ordine istituito il 1° gennaio 1819 dal sovrano al suo ritorno a Napoli.
Successivamente, il dott. Melorio prestò la sua opera di medico anche ai sovrani Francesco I e Ferdinando II, rispettivamente figlio e nipote di Ferdinando IV.
Morì a Napoli il 29 dicembre 1856. Venne sepolto nel Convento dei Padri Alcantarini di S. Maria Maggiore. Quando il pio luogo venne trasformato in Carcere femminile, la salma venne traslata nel nuovo Cimitero della città.
Una lapide posta nell’atrio dell’ospedale ricorda per intero la sua vita:
(Trad: - A Vito Nicola Melorio, di Giuseppe e Rosa Scognamiglio Borghese, nato a S. Maria Maggiore di Capua l’ottavo giorno prima delle calende di Gennaio (25 dicembre) 1772, maestro fra i medici, da Ferdinando I Borbone fino ad oggi medico chirurgo della famiglia reale e primo ufficiale consigliere della salute di Luigi Filippo re dei Francesi dimorante a Palermo, decorato con la croce di S. Giorgio e con medaglia di bronzo, che moltissime Accademie di Napoli e di Nazioni straniere elessero socio.
Egli, famoso per sentimenti religiosi, stabilì una cospicua parte dell’eredità per un ospizio da edificare nella sua città natale e al quale donò la sua biblioteca e gli strumenti della sua arte. Morì alla età di ottantaquattro anni e quattro giorni (29 dicembre 1856). I fratelli Michele, Francesco e Luigi, sopraffatti dalle lacrime, innalzarono un monumento nel 1858”.
Nello stesso androne dell’Ospedale Melorio è conservata una iscrizione su marmo che ricorda le virtù e il lavoro di Giovanni Melorio, fratello di Nicola, morto il 23 settembre 1835, distintosi in fisica e matematica, colonnello del genio, direttore del regio ufficio topografico, presidente della commissione di architetti che restaurarono il porto di brindisi. Quasi di fronte all’Ospedale si può ammirare un villino di proprietà Barca.
Esso è la prima costruzione in cemento armato eseguita nel 1926 da maestranze venete, su progetto dell’ing. Domenico Morelli.
Proseguendo, si giunge al quadrivio formato con l’attuale via Kennedy. Sull’angolo sinistro, appena superato l’incrocio, durante gli scavi effettuati per la sistemazione di alcuni impianti, (acqua, gas, elettricità), venne alla luce un tratto selciato di una antica strada romana che, verosimilmente, si dirigeva verso il tempio Patturelli.
La strada attuale si innalza di qualche metro sull’antica e, continuando, raggiunge il complesso dell’ex Carcere Minorile, sistemato nell’antico convento di S. Bonaventura.
(Autore: Salvatore Fratta)

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