Vai ai contenuti

Personaggi Biblici R

Con Gesù > Personaggi Biblici
Personaggi Biblici "R"
Raab (ebraico: Rachav, il cui significato probabilmente è "ampia" o "larga") è un personaggio biblico menzionato nelle Sacre Scritture per la prima volta dal libro di Giosuè. Fu una locandiera della città cananea di Gerico che sarebbe vissuta nel XV secolo avanti Cristo (data, secondo alcune cronologie bibliche, della caduta di Gerico) e che aiutò a rischio della sua vita e di quella della sua famiglia due spie israelite dando loro alloggio nella sua casa ed assistendole fino alla loro fuga. Successivamente, secondo il Vangelo di Matteo, sposò Salmon, diventando antenata di Davide, o Giosuè stesso, secondo alcune fonti rabbiniche.
La storia di Raab nel libro di Giosuè
Secondo il racconto biblico di Giosuè 2:1-23 dopo la morte di Mosè che aveva accompagnato il popolo israelita dall'Egitto alla Terra Promessa, Giosuè mandò in esplorazione a Gerico due spie israelite prima della conquista di quella città cananea. Giungendo a Gerico le due spie trovarono alloggio nella casa di Raab. I due ospiti furono però da alcuni riconosciuti come israeliti, cosa che fu riferita al re di Gerico.
Mentre gli inviati di Giosuè si trovavano ancora presso di lei, il re le ordinò di consegnarli ai suoi emissari. Decisa a salvarli, la donna usò un sotterfugio, sviando gli emissari: affermò che non erano in casa, essendo usciti sul far della notte. Appena gli uomini del re si diedero a inseguirli, Raab nascose le due spie sulla terrazza fra steli di lino accatastati.
Raab dichiarò a quelle due spie che sapeva che il loro Dio aveva assegnato il paese a Israele, riconoscendo quindi il Dio di Israele come l'unico e vero Dio in opposizione ai falsi dèi pagani. Poiché il Signore avrebbe consegnato Gerico al suo popolo, li pregò di intercedere per risparmiare lei e la sua famiglia nel momento in cui gli israeliti avrebbero conquistato la città. Le spie giurarono sulla loro stessa vita che lo avrebbero fatto.
Raab li fece calare con una corda dalla finestra mettendoli in salvo: la sua casa infatti era addossata proprio al muro di cinta. Raccomandò loro di restare nascosti sulla montagna per tre giorni finché gli abitanti di Gerico avessero desistito dal loro inseguimento. Prima di partire, i due uomini le suggerirono di legare alla sua finestra una cordicella di filo scarlatto che avrebbe segnalato la sua casa agli Ebrei quando fossero entrati in città.
Al momento della presa della città, così come descritto dal racconto biblico in Giosuè 6:23, 25, Giosuè mandò le stesse spie ospitate da Raab alla ricerca di lei e dei componenti della sua famiglia. Conquistata, la città fu completamente incendiata. Da quel momento Raab abitò in mezzo ad Israele. Dio ricompensò la sua fede non solo risparmiandole la vita insieme alla sua famiglia; avvenne infatti che Raab, con lo sposare in seguito un israelita, Salmon figlio di Nacson (Rut 4:21), divenisse trisavola del Re Davide, dalla cui discendenza sarebbe nato il Messia.
Negli scritti successivi
Raab è citata nella epistola agli ebrei (ca 61 d.C.). Al capitolo 11 versetto 31, Raab è citata come esempio di fede, unica donna insieme a Sara, moglie di Abramo (versetto 11) in un elenco di uomini fedeli (versetto 32) come Gedeone, Barac, Sansone, Iefte, Davide e Samuele. Giacomo d'altronde al versetto 25 del capitolo 2 della sua lettera (62 d.C.) cita Raab per le sue opere quali l'ospitalità incondizionata e l'essersi schierata dalla parte giusta, nascondendo e agevolando la fuga degli emissari di Giosuè. Anche gli scritti rabbinici ne fanno una figura positiva per virtù e bellezza e la considerano sposa di Giosuè.
Se secondo Paolo, a Raab fu risparmiata la vita terrena per effetto della fede, Giacomo 2:25 riporta il sacrificio di Isacco e il tradimento di Raab come esempio della giustificazione per opere in forza dell'obbedienza al Signore.
In entrambi i passi, Raab è chiamata come la prostituta, parola che nel Nuovo Testamento si trova riferita soltanto a lei ed alla Bestia dell'Apocalisse.
Raab nella linea di discendenza diretta del Messia
Raab cambiò vita e divenne una fedele adoratrice di Dio nonché un'antenata del Messia. Secondo il racconto del primo capitolo del Vangelo secondo Matteo, Raab di Gerico si colloca sulla linea diretta della discendenza di Gesù, il Messia atteso dal popolo d'Israele. Al versetto 5 e 6 del primo capitolo di Matteo, Raab (moglie di Salmon) fu la madre di Boaz che sposò poi Rut. Dal matrimonio nacque Obed che generò Iesse ovvero il padre del re Davide avo di Giuseppe marito di Maria.
Raab fu davvero una prostituta?
Alcuni, in particolar modo gli ebrei tradizionalisti, negano che Raab fosse veramente una prostituta nel senso comune della parola. Questa tesi risale a Flavio Giuseppe, che nelle "Antichità Giudaiche" afferma che Raab era una locandiera e non parla affatto di prostituzione. Dato che nell'antichità le locande operavano anche come bordelli, un identico biasimo morale avvolgeva entrambe le professioni. Perciò anche se Raab non avesse esercitato la prostituzione direttamente (fatto che evidentemente nessuno potrà mai verificare), il solo fatto che lei o la sua famiglia avessero una locanda basta a spiegare come mai sia nel testo ebraico sia nella traduzione greca dei LXX Raab sia stata designata con vocaboli molto espliciti. Il termine ebraico zonàh implica sempre una relazione illecita, sia in campo sessuale che in senso figurativo in campo spirituale.
Quando il termine si riferisce ad una donna immorale viene sempre tradotto come prostituta. Lo stesso vale per il vocabolo greco "pornè". Il fatto che Raab fosse una locandiera è molto verosimile perché spiega in modo banale come mai le due spie ebree avessero preso alloggio presso di lei. Anche studiosi moderni seguono la tesi di Giuseppe Flavio. Ad esempio Mary J. Evans afferma che Raab era una locandiera, una persona dotata di accortezza politica, intelligenza, grande coraggio e acutezza spirituale.
Gerico di Canaan perché votata alla distruzione?
Ma quale fu l'ambiente in cui visse Raab a Gerico? La storia biblica rivela che la popolazione delle città cananee, Gerico compresa, conquistate dagli israeliti furono tutte votate alla distruzione.I cananei adoravano molti dèi fra cui il principale Baal ma anche Anat ed Astoret. Dèi sanguinari ed immorali che influenzavano la personalità e il comportamento dei loro adoratori. Del culto fallico praticato dai cananei l'archeologo William Foxwell Albright osserva: Nel suo momento peggiore [...] l'aspetto erotico del loro culto dovette sprofondare a livelli estremamente sordidi di degradazione sociale. Un'altra delle pratiche degradanti delle popolazioni cananee (sebbene su questo punto non vi sia accordo tra gli studiosi) era il sacrificio dei bambini in offerta ai loro dèi pagani. Merrill F. Unger scrive: Scavi eseguiti in Palestina hanno portato alla luce mucchi di cenere e resti di scheletri infantili in cimiteri adiacenti ad altari pagani, a conferma della diffusione di questa crudele e abominevole usanza Un'altra fonte inoltre specifica: I cananei praticavano il culto dandosi all'immoralità come rito religioso in presenza dei loro dèi; quindi assassinavano i loro primogeniti come sacrificio a quegli stessi dèi. Sembra che in gran parte il paese di Canaan fosse divenuto una specie di Sodoma e Gomorra a livello nazionale [...] Una civiltà così abominevole, sordida e brutale aveva ancora il diritto di esistere? [...] Gli archeologi che scavano fra le rovine delle città cananee si chiedono perché Dio non le abbia distrutte prima.
La distruzio0ne biblica di Gerico e le indagini
Secondo la Bibbia Gerico fu la prima città cananea a ovest del Giordano conquistata dagli israeliti (Nu 22:1; Gsè 6:1, 24, 25). La città è stata identificata con Tell es-Sultan (Tel Yeriho), circa 22 km a ENE di Gerusalemme. Il sito è stato ripetutamente scavato dagli archeologi, anche con l'obiettivo di verificare se esistevano tracce che potessero confermare il racconto biblico.
A Gerico furono compiuti scavi nel corso di tre diverse spedizioni (1907-1909; 1930-1936; 1952-1958). Ognuna delle tre spedizioni ha pubblicato dei dati arrivando però a conclusioni diverse circa la storia della città e in particolare circa la data della sua eventuale conquista da parte degli israeliti. Ad ogni modo si può dire che una comparazione dei risultati presenta il seguente quadro generale: Durante il secondo millennio a.C., la città subì una terribile distruzione o una serie di distruzioni, e rimase praticamente disabitata per generazioni. John Garstang, direttore di una spedizione inglese a Tell es-Sultan tra il 1929 e il 1936, scoprì che quella che riteneva una delle città costruite sul luogo aveva subìto violenti incendi e le sue mura erano cadute. Egli identificò questa città con la Gerico del tempo di Giosuè e ne fece risalire la distruzione al 1400 a.E.V. circa.
Anche se alcuni sono d'accordo con le conclusioni di Garstang, altri sono di diversa opinione. L'archeologo G. Ernest Wright ha scritto: Si è scoperto che le due mura che cingevano l'antica città, che Garstang... ritenne distrutte dal terremoto e dal fuoco al tempo di Giosuè, risalivano al III millennio e rappresentano solo due delle circa quattordici mura o parti di mura diverse costruite successivamente in quell'epoca. Molti pensano che poco, o nulla, rimanga della Gerico esistente al tempo di Giosuè, poiché precedenti scavi compiuti sul posto hanno rimosso quello che poteva essere rimasto dal tempo della distruzione. Come ha osservato Jack Finegan: Ora sul posto non rimane alcuna evidenza in base alla quale cercare di determinare la data in cui Giosuè può aver preso Gerico.
Molti archeologi, inoltre, influenzati dal lavoro che Kathleen Kenyon svolse negli anni '50, si convinsero che all'epoca dell'invasione israelita Gerico non esistesse più. Sostenevano, infatti, che la città fosse stata distrutta ben più di un secolo prima. Perciò, il racconto biblico di Giosuè e di Raab perse ogni credito.
Successivamente, però, Bryant G. Wood, archeologo dell'Università di Toronto (Canada), riesaminò i reperti di Gerico. In un numero del New York Times, dichiarò che la conclusione a cui era giunto è che la dottoressa Kenyon ha cercato il vasellame di tipo sbagliato, e nei luoghi sbagliati, e che i reperti sono in effetti in notevole accordo con la Bibbia.
Il dott. Wood menzionò uno strato di cenere spesso un metro in cui abbondavano frammenti di vasellame e di mattoni provenienti dal crollo di un muro e travi, tutti anneriti come da un incendio esteso a tutta la città. I frammenti di ceramica erano stati datati al 1410 a.C., con uno scarto possibile di 40 anni. Questo sarebbe in buon accordo con il periodo in cui, secondo la cronologia biblica, potrebbe essersi svolta la conquista di Gerico (XV-XIII secolo). Gli scavi inoltre rivelarono che le case dell'antica Gerico avevano abbondanti scorte di grano nei depositi. La Bibbia indica che Gerico cadde poco dopo il raccolto primaverile e senza un lungo assedio che la costringesse alla fame. (Giosuè 3:14-16).
Nel 1981 il prof. John J. Bimson prese di nuovo in esame la distruzione di Gerico. Studiò attentamente le rovine della Gerico distrutta mediante il fuoco — secondo Kathleen Kenyon — a metà del XVI secolo a.E.V. Secondo Bimson non solo quella distruzione collimava col racconto biblico della distruzione della città compiuta da Giosuè, ma il quadro archeologico di Canaan nel suo insieme collimava alla perfezione con la descrizione biblica di Canaan relativa al tempo dell'invasione israelita.
Pertanto affermò che la datazione archeologica è errata avanzando l'idea che quella distruzione ebbe luogo a metà del XV secolo a.E.V., all'epoca di Giosuè. Tale metodo storico-critico (espressione usata per descrivere lo studio della Bibbia che indaga su dettagli come l'autore, la fonte del materiale e l'epoca in cui fu scritto ciascun libro) secondo molti osservatori dimostra la veracità del racconto biblico su Gerico associato alla storia di Raab.
Raab nella Divina Commedia
Dante cita Raab nella Divina Commedia (Par, c. IX, vv. 112-126), affermando che, coll'aiuto al condottiero ebraico Giosuè nella conquista della città, si meritò la salvezza eterna. Si trova nel cielo di Venere, dove fu assunta prima di ogni altra anima, e di quel cielo è la più luminosa.
Rachele è una personalità biblica, presentata nel libro della Genesi.
È la figlia minore di Labano, e quindi parente di Abramo, sorella di Lia, e favorita del patriarca Giacobbe, di cui diventerà seconda moglie.
Rachele e Giacobbe sono cugini (Labano è il fratello di Rebecca, madre di Giacobbe).
Da Giacobbe avrà due figli, due dei dodici progenitori delle tribù di Israele: Giuseppe e molti anni in seguito Beniamino, morendo subito dopo il parto.
La tomba di Rachele si trova a Betlemme, in Giudea (dal 1995 amministrata dall'Autorità Nazionale Palestinese in attesa di uno status definitivo dopo essere stata sotto amministrazione israeliana) racchiusa dal muro israeliano è raggiungibile solo da parte israeliana.
Significato del nome
Il nome Rachele significa "mite come una pecorella", cioè “la mitezza di Dio”, per cui, secondo la tradizione, i figli di Giacobbe e Rachele avrebbero dato origine agli allevatori di ovini. Un'altra interpretazione lo traduce come "pecora di Dio": tutti i nomi ebraici che terminano in 'ele', come anche Daniele, Gabriele, Emmanuele ed altri, hanno 'Dio' come suffisso (dall'ebraico EL contrazione di Eloah, Dio).
Nell’Antico Terstamento - L'incontro con Giacobbe
Giacobbe si trovava presso un pozzo nella terra di Carran perché era diretto da Labano suo zio per prendere moglie secondo il desiderio di suo padre Isacco. Mentre attendeva di abbeverare le bestie giunse Rachele che portava ad abbeverare il bestiame del padre. Giacobbe fu subito colpito da Rachele, l'aiutò ad abbeverare il bestiame e piangendo si palesò come suo parente in quanto figlio di Rebecca sorella di Làbano.
Rivalità con Lia
Lia aveva gli occhi smorti (dal pianto, Bibbia C.E.I. del 2008), mentre Rachele era bella di forma ed avvenente di aspetto e fece subito colpo su Giacobbe, il quale pur di averla, si sottomise al servizio del padre Làbano per sette anni credendo alle sue parole: "Preferisco darla a te piuttosto che a un estraneo. Rimani con me". Poi Giacobbe disse a Làbano: "Dammi la mia sposa perché il mio tempo è compiuto e voglio unirmi a lei". Ma Làbano diede un banchetto e concesse a Giacobbe l'altra figlia Lia (o Lea in ebraico) la quale aveva occhi sofferenti, giustificandosi sul fatto che l'usanza imponeva di dare la figlia maggiore prima della più piccola e poi aggiunse: "Finisci questa settimana nuziale e ti concederò anche Rachele per altri sette anni al mio servizio".
Giacobbe per amore di Rachele accettò. L'usanza del popolo non era la poligamia, ma che lo sposo prendesse in moglie la figlia maggiore (Genesi 29:26), che con il tardare degli anni rischiava di non poter più avere figli e ciò era motivo di disonore (Gn 30:13). Vedendo che Lia riceveva poche attenzioni, il Signore la rese fertile e Lia concepì un figlio, mentre Rachele rimaneva sterile.
Entrambi gli eventi sono attribuiti all'opera mediatrice del Signore: Rachele era resa sterile (Genesi 30:2), come anche Sara e Rebecca. In accordo con Tykva Frymer-Kensky, l'infertilità delle matriarche ha il duplice effetto di mostrare quanto sia importante la nascita di un figlio, e quanto siano stati speciali Abramo, Isacco, e Giuseppe; e quanto il concepimento sia opera di Dio, e della sua grazia, per quanto dopo un atto di naturale unione di carne fra due sposi. Stesse considerazioni valgono nel Nuovo Testamento per Elisabetta, che concepisce in tarda età il più grande fra i nati di donna.
Lia ebbe cinque figli: Ruben, Simeone, Levi, e Giuda (Genesi 29:32-35), e Issaccar (Genesi 30:16-17: Giacobbe si coricò con Lia e Dio la esaudì concedendole di partorire un figlio).
Solo in un secondo momento il Signore concesse a Rachele di partorire due figli: Giuseppe, e alcuni anni dopo, Beniamino (Genesi 35, ricordata da Ger 31:15).
Nascita di Giuseppe
La rivalità tra Rachele e Lia era grande e, come era usanza del tempo, si combatteva sul numero dei figli. Esse non erano disposte a dare alla luce dei figli (non per loro scelta). Pur di dargli una discendenza, Lia diede a Giacobbe la sua schiava Zilpa in moglie, la quale partorì due figli: Gad ed Aser. Ma in seguito il Signore si ricordò anche di Rachele e la rese feconda ed ella concepì e partorì un figlio dicendo "Dio ha tolto il mio disonore" chiamandolo Giuseppe.
Nascita di Beniamino e morte di Rachele
«Dio scomparve da lui, nel luogo dove gli aveva parlato. 14 Allora Giacobbe eresse una stele, dove gli aveva parlato, una stele di pietra, e su di essa fece una libazione e versò olio. 15 Giacobbe chiamò Betel il luogo dove Dio gli aveva parlato. 16 Poi levarono l'accampamento da Betel. Mancava ancora un tratto di cammino per arrivare ad Efrata, quando Rachele partorì ed ebbe un parto difficile. 17 Mentre penava a partorire, la levatrice le disse: «Non temere: anche questo è un figlio!». 18 Mentre esalava l'ultimo respiro, perché stava morendo, essa lo chiamò Ben-Oni, ma suo padre lo chiamò Beniamino.
Così Rachele morì e fu sepolta lungo la strada verso Efrata, cioè Betlemme. 20 Giacobbe eresse sulla sua tomba una stele. Questa stele della tomba di Rachele esiste fino ad oggi» Gli esegeti della École biblique et archéologique française (i curatori della Bibbia di Gerusalemme), concordemente a quelli dell'interconfessionale Bibbia TOB, notano nel racconto biblico la presenza di due tradizioni che giudicano discordanti sul momento della morte di Rachele: la prima, sopra citata, al capitolo 35 e la seconda invece al capitolo 37 dove "il racconto deve seguire un'altra tradizione che poneva più tardi la morte di Rachele e la nascita di Beniamino (v 3 e 43,29)" La tomba di Rachele è meta di devozione da 1700 anni, localizzata nel IV secolo fra Betlemme e Gilo.
Dopo aver unto Saul nel nome del Signore, Samuele gli indica di recarsi alla tomba a Selsa sul confine con Beniamino in Zelzach (1 Samuele 10:2, unico riferimento biblico alla tomba di Rachele).
Nel Cristianesimo
Il personaggio biblico Rachele è divenuto il simbolo delle madri afflitte per le disgrazie che affliggono il popolo ebraico; è citato anche nel Nuovo Testamento, come simbolo delle madri inconsolabili per la strage degli innocenti da parte di Erode che cercava di uccidere Gesù Bambino:
«Un grido si è udito in Rama, un pianto e un lamento grande: Rachele piange i suoi figli e rifiuta di essere consolata, perché non sono più. »
Culto
È patrona delle madri che hanno perso un figlio. Santa Rachele viene festeggiata il 30 settembre. Viene festeggiata anche il 24 dicembre, in cui si ricordano gli Antenati di Gesù.
Rebecca è un personaggio biblico. È la moglie di Isacco, nipote di Abramo e la madre di Giacobbe ed Esaù. La sua storia è raccontata nel libro della Genesi.
Personaggio biblico
Rebecca il cui nome in ebraico «Ribqah» ha il significato di ‘corda’ e in senso figurato «che avvince con la sua bellezza», compare per la prima volta nel Libro della Genesi al cap. Qui mentre attendeva, che le donne e le fanciulle come di consueto, a sera venissero ad attingere l’acqua, il servo pregò il Signore di dare un segno per riconoscere la futura sposa di Isacco.Rebecca divenne incinta a 60 anni. Al parto nacquero due gemelli, il primo fu Esaù e il secondo Giacobbe. Per tradizione Rebecca, considerata fra le figure sante e benedette della Bibbia, viene ricordata il 23 settembre, giorno della celebrazione anche di un’omonima martire spagnola del I secolo.
Morta la sua consorte Sara, Abramo si prodiga a cercare una moglie per suo figlio Isacco. Questo compito lo affiderà a un suo servo, Eliezer, che giunge alla prossimità di un pozzo che si trova nella città di Arran e dove incontra una giovane donna dal nome Rebecca, che si rivelerà essere figlia di Betuel, figlio ultimogenito di Nacor, fratello di Abramo, e Milca, moglie di Nacor. Essa successivamente lo presenterà alla sua famiglia e a suo fratello Labano.
Alla fine sceglie di seguire il servo e di diventare sposa del cugino Isacco (cfr. Genesi 24). Per un lungo periodo di tempo Rebecca rimane senza eredi, ma successivamente porta alla luce due gemelli.
La sua gravidanza sarà difficile in quanto i gemelli che porta in grembo si rivoltano l'un contro l'altro, segno premonitore della discordia che nascerà tra di loro e fra le nazioni che discenderanno dagli stessi (cfr. Genesi 25,21-23). Da Rebecca nascono Esaù, primogenito, e Giacobbe (cfr. Genesi 25,24-26).
In seguito Rebecca aiuta il figlio prediletto Giacobbe ad usurpare (con pieno diritto perché Esaù in un'occasione vendette la sua primogenitura al prezzo di una zuppa di lenticchie (cfr. Genesi 25)) presso il padre Isacco la benedizione riservata al primogenito e che doveva toccare al fratello Esaù (cfr. Genesi 27).
Alla sua morte Rebecca è sepolta a fianco del marito nella tomba dei Patriarchi ad Hebron.
Nel Talmud, Rebecca è considerata progenitrice del popolo ebraico (attraverso Giacobbe) e del popolo romano (attraverso Esaù): i due figli si urtano e combattono nel suo grembo, prefigurando la futura inimicizia che dividerà i due popoli.
Culto
Santa Rebecca è ricordata dalla Chiesa cattolica il 23 settembre.
Letteratura
Dante Alighieri la cita nelle anime beate del XXXII Canto del Paradiso, insieme a Giuditta e a Sara.
Regina di Saba è un'espressione antonomastica che si riferisce a una specifica sovrana del regno di Saba, citata nella Bibbia (primo libro dei Re, e nel secondo libro delle Cronache), nel Corano e nel Kebra Nagast.
Nei testi biblici e nel Corano non viene mai chiamata per nome, ma solo come Regina di Saba o Regina del Sud. Per la tradizione etiope il suo nome era Machedà, mentre alcune fonti arabe la chiamano Bilqis (talvolta trascritto Balkiyis).
Viene ricordata come regina ricchissima; nella Bibbia, fa visita a Salomone per metterne alla prova la grande saggezza.
Secondo il Kebra Nagast, che racconta più estesamente delle vicende della regina, il sovrano etiope Menelik I era figlio di Machedà e Salomone.
Da un punto di vista storico, la questione se la regina di Saba sia realmente esistita è controversa. La regina di Saba viene citata da Gesù in alcuni racconti evangelici (Matteo 12:42 e Lu 11:31): «La regina del meridione sarà destata nel giudizio con gli uomini di questa generazione e li condannerà; perché essa venne dai confini della terra per udire la sapienza di Salomone, ma, ecco, qui c'è più di Salomone».
Il racconto biblico
Secondo la Bibbia, la divina regina della terra di Saba venne a conoscenza della grande saggezza del re d'Israele, Salomone, e si mise in viaggio verso la sua terra portando con sé come doni spezie, oro e pietre preziose. La regina fu colpita dalla saggezza e dalla ricchezza di Salomone e pronunciò una preghiera al Dio di Salomone, che la ricambiò con molti doni e con "qualsiasi cosa desiderasse", fino a quando la regina non tornò nel suo regno.
Gli esegeti del cattolico Nuovo Grande Commentario Biblico ritengono che la visita della regina di Saba a Salomone sia "una leggenda popolare, ma può avere un nocciolo storico in una visita da parte di una delegazione commerciale araba"; secondo il racconto biblico, tra i doni che la regina portò a Salomone vi furono centoventi talenti d'oro, ovvero ben oltre le due tonnellate di oro, una quantità inverosimile.
La regina di Saba riappare in Matteo 12:42 e in Luca 11:31, dove Gesù afferma che lei e gli abitanti di Ninive il giorno del Giudizio universale sorgeranno per condannare gli ebrei che lo hanno rifiutato.
Nel Cantico dei cantici, conosciuto anche come Cantico di Salomone, alcuni hanno voluto trovare riferimenti interpretabili come prova dell'amore tra Salomone e la Regina di Saba.
Leggende ebraiche posteriori
Lo storico ebreo Giuseppe Flavio enfatizza il suo amore per l'apprendimento. Le dà il nome di Nikaule, supponendo che ci sia una connessione con la regina Nitocri descritta da Erodoto.
Altre leggende ebraiche sostengono che il regalo che promise Salomone («qualsiasi cosa desideri») sia concretamente una relazione amorosa, e grandi sforzi sono stati fatti studiando gli enigmi che la regina propone al re per testare la sua saggezza.
Il racconto coranico
Neanche il Corano menziona il nome della Regina di Saba, malgrado alcune fonti arabe la chiamino Bilqis. La storia è simile a quella della Bibbia. Cambia il punto di partenza: è Salomone che viene a conoscenza del regno di Saba perché il suo popolo venera il Sole. Dopo aver minacciato una guerra, il re d'Israele riceve la regina di Saba che adotta la religione ebraica.
Recentemente, alcuni studiosi arabi hanno ipotizzato che Saba non si trovi in Yemen, come sostengono alcune fonti, ma nel nord ovest dell'Arabia Saudita, in una colonia commerciale fondata dai regni arabi del sud. Gli scavi archeologici hanno confermato l'esistenza di queste colonie, che possedevano le stesse caratteristiche della madrepatria, ma ancora non è stato scoperto nulla su Bilqis.
Racconto etiope, il libro Kebra Nagast
La visita della regina di Saba al re Salomone; dipinto di Sir Edward John Poynter.
Secondo la testimonianza di questo antico documento sacro (IV-VI secolo d.C.), la famiglia imperiale etiope discende direttamente dall'incontro amoroso tra il Re Salomone e la Regina di Saba, chiamata Machedà secondo la tradizione africana. Il libro epico etiope dei Re, il Kebra Nagast, contiene la storia di Machedà e dei suoi discendenti: riporta di come Salomone abbia incontrato la Regina (evento documentato anche nella Bibbia, 1 Re 10, 2 Cr 9) e abbia avuto un figlio da lei, il primogenito, incoronato Re con il titolo di Menelik I, primo imperatore d'Etiopia. La testimonianza del Kebra Nagast riporta di come Menelik abbia trafugato l'Arca dell'Alleanza da Gerusalemme all'Etiopia, ove probabilmente si trova tuttora.
È stato provato che le antiche comunità etiopi erano formate da una popolazione semita, emigrata attraverso il Mar Rosso dall'Arabia meridionale, mescolatesi con i locali abitanti non semiti. Inoltre, l'antico regno etiope di Axum ha governato anche una parte dell'Arabia meridionale che comprendeva lo Yemen fino alla nascita dell'Islam nel VII secolo. Per di più, l'amarico e il tigrino, le due principali lingue dell'Etiopia, sono lingue semitiche.
Come prova della relazione tra Arabia ed Etiopia si hanno anche molti reperti archeologici e alcune iscrizioni nell'antico alfabeto della penisola arabica meridionale.
Persistenza nell’età medievale
Giovanni Boccaccio, nell'opera De mulieribus claris, e la scrittrice Christine de Pisan, nell'opera Il Libro delle Città delle Dame del 1404, proseguono con la tradizione avviata da Giuseppe Flavio, attribuendo alla regina il nome Nicaula. La Regina di Saba appare frequentemente nelle carte nautiche medievali di tradizione maiorchina o più in generale iberica.
Ritrovamenti archeologici
Il 9 maggio 2008 è stato diffuso un comunicato dell'Università di Amburgo secondo cui un'équipe tedesca, guidata dall'archeologo Helmut Zeigert, avrebbe scoperto i resti del palazzo della leggendaria "regina di Saba".
Le rovine ritrovate presso Dungur (Etiopia) e collocate sotto i ruderi del palazzo di un re cristiano, erano quelle di un palazzo databile intorno al X secolo avanti Cristo.
I pareri del mondo accademico sono, tuttavia, discordanti.
In particolare il professor Siegbert Uhlig, capo dell'unità di ricerca degli studi etiopi, ha affermato: «Ziegert non ha discusso le sue ipotesi con alcun collega che avesse lavorato nel campo degli studi etiopi o in quello dell'archeologia africana. Zeigert non è un membro dell'Unità di Ricerca. I membri ed il capo dell'Unità di Ricerca degli Studi Etiopi dell'Università di Amburgo considerano l'identificazione pubblicata non scientificamente provata».
Secondo Ricardo Eichmann, direttore del Dipartimento dell'Oriente dell'Istituto Archeologico Germanico di Berlino, attivo nella ricerca storica di fonti attendibili circa la regina di Saba, fino ad oggi non ci sono prove della sua reale esistenza.
Biografia
Durante il suo regno fu vassallo di re Tiglatpileser III d'Assiria.
Il regno di Rezin finì attorno al 732 a.C. quando Tiglathpileser saccheggiò Damasco ed annesse Aram. Secondo la Bibbia, il sacco di Damasco fu istigato da re Acaz di Giudea e terminò con l'esecuzione di Rezin (secondo libro dei Re, 16:7-9).
L'esecuzione di Rezin non è né confermata né smentita dalle prove raccolte.
Secondo il secondo libro dei Re, Rezin si alleò con Pekah, figlio di Remaliah, contro Acaz. La sconfitta dei due re viene promessa ad Acaz nella profezia di Emmanuele (Isaia 7:14), legata alla nascita di un bambino che sarebbe stato un infante, forse l'erede reale di Acaz, Ezechia, quando sarebbe successo.
Rizpà, romanizzato anche come Rispa, è un personaggio femminile della Bibbia. Fu la figlia di Aià e una delle concubine di Saul dal quale concepì Armonì e Merib-Bàal.
Etimologia
La parola Rizpà può probabilmente derivare dal verbo ebraico "tizzone ardente", "pietra infuocata") Nella Septuaginta greca il suo nome è ρεσφα (trasl: resfa). È menzionata in 2 Samuele 3:7 e in 2 Samuele 21:8-11.
Nella Bibbia
Rizpà veglia nella notte quieta sui corpi in disfacimento dei figli (William Turner, 1812)
Alla morte di Saul, Abner fu accusato di essersi unito con Rizpah. La lite con Is-Bàal, l'erede di Saul, portò alla defezione di Abner da Davide (2 Samuele 3:17-21), alla caduta di Is-Bàal e alla riunificazione dei due regni di Israele sotto l'unica corona di Davide, che già era a capo di quello Giuda.
Durante la prima metà del regno di David a Gerusalemme, Israele fu colpito da una grave carestia di tre anni. Si credeva che questa calamità fosse conseguenza delle azioni di Saul contro i Gabaoniti, che erano i superstiti non ebrei del popolo di amorita. Quando Davide chiese ai Gabaoniti quale fosse la riparazione da loro desiderata, essi risposero che null'altro avrebbe potuto compensare i torti di Saul se non la morte di sette dei suoi figli.
Davide consegnò loro i due figli di Rizpà e cinque dei figli di Merab, la figlia maggiore di Saul, che questi diede in sposa al nobile Adriele. I Gabeoniti li uccisero e appesero i loro cadaveri nel santuario di Gabaa In seguito Rizpà prese dimora su una roccia di Gibaa e per cinque mesi rimase ad osservare i corpi sospesi dei suoi figli, per impedire che fossero divorati dalle bestie e dagli uccelli rapaci, finché il re Davide non gli diede una degna sepoltura nella tomba di famiglia a Zela dove riposavano anche i resti di Saul e Gionata.
Nella letteratura
Il rabbino britannico Jonathan Magonet disse che Rizpà era come «ogni madre che vede i suoi figli morire prematuramente per la ragione di Stato, siano essi in tempo di pace o in tempo di guerra. Tutto ciò che le resta è preservare la dignità della loro memoria e continuare a vivere per rendere testimonianza testimoniare e chiedere conto ai governanti del mondo».
Rut è un personaggio della Bibbia ebraica e dell'Antico Testamento cristiano. La sua storia è raccontata nel libro che da lei prende il nome.
Rut è una delle cinque donne menzionate nella genealogia di Gesù presente nel Vangelo secondo Matteo, insieme a Tamar, Raab, la "moglie di Uria" (Betsabea), e Maria.
Racconto Biblico
Secondo il racconto biblico, Rut era una donna moabita che aveva sposato un israelita. Infatti, nel tempo in cui i giudici governavano le tribù d'Israele, ci fu una carestia. A causa della crisi, Elimelech, un uomo proveniente dal Betlemme, dovette trasferirsi nel Moab con sua moglie Noemi e i suoi figli Maclon e Chilion. Dopo la morte di Elimelech i suoi due figli sposarono due donne moabite: uno sposò Orpa e l'altro Rut. Passarono circa dieci anni prima che anche Maclon e Chilion morissero.
Quando Noemi seppe che la carestia in Giudea era finita, decise di tornare a casa e disse alle sue nuore di tornare alle case delle loro madri e risposarsi. All'inizio sia Orpa che Rut si rifiutarono di lasciarla, ma poi Orpa ritornò a malincuore dal suo popolo, lasciando Noemi e Rut.
In seguito, Noemi e Rut raggiunsero Betlemme all'inizio del periodo della raccolta dell'orzo. A Betlemme viveva un parente di Elimelech, Booz (o Boaz), e Rut decise di lavorare presso il suo campo e di spigolare insieme ai suoi mietitori. Quando Booz giunse nel campo, egli chiese chi fosse quella giovane donna arrivata da poco e poi le disse di non andare altrove, ma di continuare a spigolare nel suo campo. Quando Rut gli chiese perché egli fosse così gentile con una straniera, Booz le rispose che sapeva già quanto fosse stata leale con Noemi. Giunta l'ora del pasto, Booz invitò Rut a mangiare con lui e ordinò ai suoi mietitori di non rimproverarla, ma di lasciare qualche orzo in più che lei potesse spigolare. Rut così continuò a spigolare nel campo di Booz per tutta la raccolta dell'orzo e del grano.
Alla fine del raccolto, di notte, quando Booz stava crivellando l'orzo nell'aia, Noemi consigliò a Rut di lavarsi e ungersi, andare all'aia e, una volta che Booz si fosse addormentato, di scoprire i suoi piedi e restare lì. Rut fece esattamente quanto le fu detto. A mezzanotte Booz si alzò e Rut gli chiese di proteggerla, in quanto era il goel di suo marito, ovvero il parente più vicino che potesse proteggere i suoi diritti. Booz le disse, tuttavia, che c'era un parente più prossimo al quale chiedere.
Il mattino successivo, Booz andò a parlare con il parente alle porte della città e disse a Noemi che questo avrebbe riscattato il terreno in vendita di Elimelech. Il parente si rifiutò di sposare Rut tramite un levirato e quindi Booz poté acquistare il terreno e sposare la giovane vedova. I due ebbero un figlio, Obed, che divenne il padre di Iesse, a sua volta padre del re Davide.
Interpretazione religiose
Ebraismo
La gentilezza di Rut, come notato da Booz nel libro biblico, viene vista nella tradizione ebraica come un raro esempio di gentilezza da parte di una moabita nei confronti degli ebrei: infatti, è scritto nella Torà (Deut. 23:5) che i moabiti non erano gentili nei confronti degli israeliti.
Secondo alcune interpretazioni ebraiche del libro biblico, i rabbah, Rut era la sorella di Orpa e il loro padre era Eglon, il re di Moab; secondo la stessa interpretazione Eglon era il figlio del re Balak. Tamar Meir, un membro del Jewish Women's Archive, afferma che il fatto che Rut e Davide discendano da questi due re sia una sorta di "ricompensa" per loro. Secondo lo stesso testo Rut non si sarebbe convertita con il suo matrimonio con Maclon, contraddicendo il resto della letteratura rabbinica, secondo la quale Rut si convertì formalmente al giudaismo con il suo matrimonio con Maclon ma avrebbe realmente accettato la fede solo in seguito.
Flavio Giuseppe riteneva che il libro di Rut fosse storico e lo citò nella sua opera Antichità giudaiche. Yitzhak Berger ipotizza che il piano di Noemi fosse che Rut seducesse Booz così come Tamar e le figlie di Lot hanno sedotto dei membri della famiglia più anziani per dare alla luce la sua prole. Al momento cruciale, tuttavia, Rut avrebbe abbandonato il tentativo di seduzione e avrebbe richiesto un'unione legale e permanente con Booz.
Cristianesimo
Katharine Doob Sakenfeld sostiene che Rut è un modello di gentilezza amichevole (chesed in ebraico) poiché agisce così da aiutare gli altri. Nonostante potesse rimanere nella terra dei Moabiti, Rut decise di accompagnare sua suocera nella terra degli Israeliti, di spigolare nei campi e di sposare Booz, anche se non era obbligata. Barry Webb fa notare come Rut abbia avuto un ruolo fondamentale nella riabilitazione di Noemi.
Rut è venerata il 16 luglio come matriarca nel calendario dei santi della chiesa luterana–Sinodo del Missouri.
Luogo di pellegrinaggio
Ad Ebron è situato un luogo ritenuto dalla tradizione la tomba della moabita. All'inizio del diciassettesimo secolo Francesco Quaresmio riferiva che i turchi e i popoli dell'Oriente ritenevano che la struttura contenesse al suo interno le tombe di Iesse e Rut. Secondo Moše Šaron, l'associazione del sito con Rut è molto tarda e inizia solo nel diciannovesimo secolo. Ogni anno il luogo viene visitato da molta gente, soprattutto per la Festa delle Settimane, una festività ebraica nella quale si legge spesso il libro di Rut.
Nella cultura di massa
Rut è una delle cinque eroine dell'Ordine della Stella dell'Est, un ordine massonico.
Il poeta inglese John Keats cita Rut nella sua "ode a un usignolo" come una donna isolata e addolorata che lavora faticosamente in esilio. Lo scrittore francese Victor Hugo scrisse una poesia intitolata Booz addormentato (Booz endormi) basandosi sulla storia biblica.
Molti artisti si sono ispirati alla figura di Rut nel corso dei secoli, come Francesco Hayez, Julius Schnorr von Carolsfeld, Antonio Cortina Farinós e William Blake, che raffigurò per due volte la partenza della vedova con sua suocera Noemi.
Rut è stata interpretata da Elana Eden nel fim La storia di Ruth di Henry Koster (1960): in questa pellicola la donna è inizialmente una sacerdotessa pagana del dio moabita Chemoš che successivamente si converte all'ebraismo. Sherry Morris l'ha interpretata nel film The Book of Ruth: Journey of Faith del 2009.
Torna ai contenuti