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Personaggi Biblici N

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Naama è una figura femminile menzionata un'unica volta nella Bibbia ebraica, in corrispondenza del verso Genesi 4.22.
Discendente dalla stirpe di Caino, era figlia di Lamech e Zilla e l'unica femmina. Tubal-cain era suo fratello, mentre Iubal e Iabal erano i suoi fratellastri, figli di Ada, altra moglie di Lamech.
Teoria
Gordon Wenham affermò che il motivo della sua menzione biblica rimane oscuro, mentre R.R. Wilson suggerì che il narratore intendeva semplicemente offrire una genealogia equilibrata osservando che entrambe le mogli di Lamech avevano avuto due figli.
Il primo midrash ebraico Genesis Rabbah (23.3) identificò la Naama figlia di Lamech e sorella di Tubal-cain con la moglie di Noè, che perpetuò la stirpe di Caino dopo il diluvio universale, come attestato anche dal commento di Rashi al verso di Genesi 4:22; altre tradizioni ebraiche, invece, associano la sua figura con il canto.
La Naama menzionata nella Bibbia è una discendente di Caino. Tuttavia un midrash medievale nomina una Naama della stirpe di Seth quale moglie di Noè, nome condiviso con la figlia di Enoch, nonno di Noè.
Il teologo del XVII secolo John Gill avanzò l'ipotesi secondo la quale Naama avrebbe dovuto essere identificata con la moglie di Cam, il secondogenito di Noè.
Tubal-cain è considerato il primo fabbro della storia dell'umanità, mentre i suoi fratellastri Iabal e Iubal sono stati rispettivamente classificati come gli inventori della pastorizia e della musica.
A Nahamma fu attribuito l'invenzione della filatura e della tessitura.
Secondo la tradizione occultistica Naama (che in ebraico significa "bella", "piacente") sarebbe stata una figura femminile di eccezionale avvenenza, una delle quattro madri di creature demoniache, insieme ad Agrat, Mahalath e Lilith: il Sefer ha-Zohar narra che si sarebbe accoppiata con gli angeli caduti Azael e Azazel per generare demoni. Concubina del demone Samael, custode delle prostitute, da una relazione incestuosa con il fratello Tubal-cain avrebbe generato il demone Asmodeo.
Nell'ebraico moderno Naamah è usato come nome femminile.
Naama fu una delle settecento mogli e concubine del re Salomone, citate in 1 Re 11:1-5.
Secondo 1 Re 14:21-31 e 2 Cronache 12:13, Naama diede alla luce Roboamo, erede del re Salomone. Di stirpe ammonita, fu l'unica straniera fra le matriarche della Samaria e del Regno di Giuda, nonché l'unica delle mogli di Salomone ad essere menzionata nella Bibbia ebraica, privilegio riservato in genere alle madri e in particolare alle genitrici dei primogeniti eredi al trono.
Nella letteratura
La moglie di Salomone è menzionata anche nel Bava Kamma 38b come la protagonista di un monito divino a Mosè, che ricevette ordine di non muovere guerra agli Ammoniti, adoratore del dio pagano Molech, poiché il loro popolo avrebbe dato i natali a Naama.
Secondo il romanzo Divrei Y'mai Naamah di Aryeh Lev Stollman pubblicato da Aryeh Nir/Modan a Tel Aviv, Naama fu una principessa di Ammon, nell'odierna Giordania, che all'età di quattordici anni fu accolta a Gerusalemme per diventare la sposa del re Salomone e iniziatrice della sua progenie, in traduzione ebraica con il titolo.
Naaman (che significa "piacevolezza") è stato un generale arameo di Ben-Hadad II al tempo di Ioram, re di Israele. È menzionato nel capitolo 5 del secondo dei Libri dei Re della Tanakh. Secondo il racconto, era ammalato di tzaraath.
Quando una giovane schiava ebrea rivelò alla moglie che un profeta in Samaria avrebbe potuto curare il suo padrone, Naaman ottenne una lettera da Ben-Hadad e si recò con questa da Joram. Il re di Israele sospettò di questo come di un disegno malvagio contro di lui e si stracciò le vesti.
Quando il profeta Eliseo seppe questo, mandò a chiamare Naaman.
Naaman fu successivamente guarito dalla lebbra immergendosi sette volte nel fiume Giordano, secondo la parola di Eliseo. Naaman inoltre rinunciò a Rimmon dopo essere stato guarito grazie ad Eliseo. Naaman è inoltre citato nel capitolo 4 del Vangelo secondo Luca nel Nuovo Testamento.
Nabot di Izreel è la figura centrale di una storia dell'Antico Testamento (1 Re 21,1-16.
Secondo la storia, Nabot era il proprietario di un terreno sul versante orientale della collina di Izreel. Descritta come una vigna, sembra essere stato tutto ciò che egli possedeva e si trovava vicino al palazzo di Acab, re di Samaria, il quale la desiderava per "usarla come orto" (probabilmente come giardino cerimoniale per il culto di Baal).
Il re prometteva un congruo compenso o un pagamento adeguato al valore; Nabot, tuttavia, aveva ereditato la terra da suo padre, e, secondo la legge ebraica, non poteva alienarla. Di conseguenza, si rifiutò di venderla al re.
Acab divenne profondamente abbattuto per non essere in grado di acquisire la vigna. Tornato al suo palazzo, crollò in depressione, si sdraiò sul suo letto, con la faccia al muro e si rifiutò di mangiare.
Sua moglie, Gezabele, dopo aver appreso il motivo della sua depressione (dopo averlo esortato a tornare al suo ruolo dicendo ironicamente: "Sei tu il re o no?"), gli promise che avrebbe ottenuto la vigna per lui.
Per fare ciò, complottò per uccidere Nabot in un processo-farsa: scrisse lettere contraffatte agli anziani e ai capi di Izreel dicendo di istituire un digiuno e di far accusare Nabot da due persone inique; di condannarlo e di farlo lapidare. Quando tutto ciò fu fatto, Gezabele disse ad Acab che Nabot era morto e che poteva prendere possesso della vigna come erede legale.
Come punizione per questa azione, il profeta Elia visitò Acab mentre era nella vigna, pronunciando una condanna su di lui. Acab si umiliò alle parole di Elia e fu di conseguenza risparmiato, mentre la distruzione profetizzata colpì invece suo figlio Ioram.
Nabucodonosor II (642 a.C. ca – 562 a.C. ca) è stato un sovrano babilonese.
Regnò dal 604 a.C. fino alla morte, avvenuta nel 562 a.C.
Noto in antichità per essersi dedicato alla ristrutturazione di Babilonia, pavimentando strade, ricostruendo templi e scavando canali, è famoso invece ai posteri per essere accreditato alla costruzione dei Giardini Pensili, una delle sette meraviglie del mondo antico, e per aver distrutto il tempio di Salomone, causando la prima deportazione del popolo ebraico, meglio conosciuta come Esilio babilonese. È inoltre menzionato nel Libro di Daniele e in altri testi della Bibbia.
Il nome accadico, Nabû-kudurri-uur, significa “O Nabu, proteggi il mio primogenito!”; in un'epigrafe, Nabucodonosor si designa come suo prescelto.
Alla sua figura si ispirò Giuseppe Verdi per il Nabucco (1842).
L’ascesa e le vittorie
Si dimostrò un valido condottiero ancor prima di divenire re: nel 605 a.C. sconfisse l'esercito egiziano presso Karkemish causandone gravi perdite, inseguì i superstiti che si diedero alla fuga e li uccise. Alla morte del padre Nabopolassar, subito dopo tale battaglia, tornò a Babilonia (agosto-ottobre del 605 a.C.) per ascendere al trono ed esservi incoronato ufficialmente (aprile del 604 a.C.). Nei suoi primi dieci anni di regno, quasi annualmente, compì estese campagne militari nella zona di Hattu e fece raccolte di pesanti tributi che usò poi per finanziare le sue campagne militari e per l'edificazione delle famose e imponenti opere di difesa e di abbellimento della città di Babilonia.
Fonti archeologiche narrano della sua conquista di Ascalona, nel suo primo anno di regno (novembre-dicembre 604 a.C.). Distrusse la città e se ne tornò a Babilonia nel gennaio-febbraio del 603 a.C.
Durante il suo secondo anno di regno assediò un'altra città, ma lacune nella fonte non permettono di comprendere di quale si tratti. Dopo circa 3 anni del suo dominio, nel 601 a.C., Nabucodonosor fece del regno di Giuda, retto dal re Ioiakim, un suo Stato vassallo. Forte di questo vassallaggio, che non lo avrebbe stretto fra due fuochi nemici, attaccò l'Egitto. Gli Egiziani lo seppero per tempo e prepararono una forte controffensiva, ma l'esito fu ugualmente disastroso per entrambi gli eserciti. Nabucodonosor dovette tornare quasi sconfitto in patria. Durante il suo sesto anno di regno (nella prima parte del 598 a.C.) compì poi un'incursione contro i Paesi dell'Arabia, e ne ricavò un considerevole bottino.
Nell'ottobre del 597 a.C., domò la ribellione di Ioiakim, suo vassallo da tre anni. Probabilmente, proprio all'inizio dell'assedio dei babilonesi, lo stesso Ioiakim morì (dopo undici anni di regno) e gli successe il figlio Ioiachin. Nabucodonosor conquistò Gerusalemme nel gennaio-febbraio del 597 e fu artefice della prima deportazione del popolo ebraico (marzo 597). Fra i deportati in quell'occasione vi furono, oltre allo stesso neo-re Ioiachin, il profeta Daniele, allora giovanissimo, e i notabili della città. Dopo aver messo Mattania, zio di Ioiachin, sul trono di Gerusalemme con il nome di Sedechia, Nabucodonosor II tornò a Babilonia (Gerusalemme e il suo tempio, stavolta, furono risparmiati).
Domò poi con mano ferma una ribellione, anche militare, in Babilonia, durante il suo decimo anno di regno, trucidando di sua mano molti dei militari ribelli e rendendosi perciò un re fortemente apprezzato. Conquistò anche Tiro (dopo aver distrutto Gerusalemme nell'ottobre del 587 a.C.) in seguito a un assedio durato 13 anni (forse nel 586/585-572 a.C.). Alla fine il re di Tiro si arrese, ma lasciò senza bottino di guerra il re babilonese e si rifugiò con i beni della città sulla parte isolana, che sarà poi conquistata solo più tardi da Alessandro Magno. In una successiva campagna contro l'Egitto (probabilmente tra il 567 e il 566 a.C.), nel domare una nuova ribellione di Tiro, poté rifarsi del bottino perso in occasione del precedente assedio. Sappiamo che tra le file dell'esercito di Nabucodonosor combattevano anche mercenari greci, tra cui Antimenida, fratello del famoso poeta lirico Alceo.
La distruzione di Gerusalemme
Rappresentazione cristiana dell'11º secolo d.C. sulla distruzione di Gerusalemme da parte di Nabucodonosor II (Beatus von Urgell), miniatura manoscritto apocalittico)
A seguito di una ennesima rivolta del Regno di Giuda, che aveva stretto un patto d'alleanza con gli Egizi durante il governo di Sedecia, nominato governatore di Gerusalemme nove anni prima dallo stesso Nabucodonosor II, i Babilonesi assediarono nuovamente la loro capitale Gerusalemme. L'accerchiamento si protrasse fino all'undicesimo anno di regno di Sedecia. Un tentativo d'intervento dell'alleato egizio a favore di Giuda fu vanificato. I babilonesi tolsero solo momentaneamente l'assedio, respinsero in Egitto l'esercito che veniva in soccorso, e ripresero l'assedio, che si concluse nel 587 a.C. con l'apertura di una breccia nelle mura e la conseguente distruzione del Tempio e delle mura della città, nel 18º anno di regno di Nabucodonosor.
Religione e lavori pubblici
Abbellì il tempio di Marduk e quelli di numerose altre divinità babilonesi. L'immagine d'oro che eresse nella Pianura di Dura (pochi chilometri a sud-est della Grotta di Macpela) era forse indirettamente dedicata a Marduk, ma certamente voleva esaltare la sua brama di fama e gloria (Daniele 4, 29-30). Inoltre faceva molto affidamento sulla divinazione per decidere le sue mosse strategiche. A prescindere da questo, nel libro di Daniele (4, 31-34), il re Nabucodonosor decise di convertirsi all'Ebraismo, diventando voto al Dio degli Ebrei, inoltre scrisse anche un capitolo della Bibbia, Daniele 4.
Molta importanza sembra che fosse data da Nabucodonosor al leone, come simbolo di forza probabilmente, osservabile nelle diverse raffigurazioni simboleggiate da una falce (simbolo anche del Leone) tenuta in mano. Figure di tale animale sono evidenziate dai bassorilievi dei 120 leoni a dimensione naturale, lunghi 2,3 metri (60 per ogni lato) che sono sui muri della via della processione dell'Akitu, la via principale di Babilonia alla quale si accedeva dalla famosa porta di Ishtar, restaurata e conservata nel Pergamonmuseum di Berlino.
A Nabucodonosor II si deve anche il restauro di Babilonia e il completamento delle sue famose mura di difesa (iniziate da suo padre Nabopolassar) che la resero la città più fortificata dell'antichità. Sotto il suo regno furono realizzati anche i giardini pensili, una delle sette meraviglie del mondo antico, come regalo alla regina Amytis, originaria della Media. Si tratta di un tentativo di comunicare con le divinità, studiando appunto le stelle, e rappresentavano il "sentirsi piccoli" di fronte al divino.
Nabucodonosor II nella Bibbia
Secondo la Bibbia, durante il suo regno Nabucodonosor avrebbe perso il senno e si sarebbe ritirato a vivere nella natura selvaggia come un animale, per poi riprendersi sette anni dopo. Probabilmente invece si tratta di un riferimento all'ultimo dei re di Babilonia, Nabonide. Come che sia, numerosi teologi hanno interpretato questa vicenda in diversi modi: Origene vide la metamorfosi come una rappresentazione di Lucifero, l'angelo caduto. Jean Bodin e Filippo Cluverio lo videro come un cambiamento sia fisico che spirituale, a differenza di Tertulliano, che lo circoscrisse solo alla sfera fisica.
L'opinione maggiormente diffusa (anche se non confermata da fonti storiche) fu quella sostenuta in primis da San Girolamo, secondo cui il vanaglorioso re sarebbe diventato pazzo proprio nel momento in cui si vantava, in adempimento di un sogno fatto un anno prima e di cui il profeta Daniele gli aveva dato l'interpretazione.
Nadab e Abiu sono i due primi figli di Aronne, il primo sommo sacerdote ebraico, e di sua moglie Elisabetta, e furono tra i primi sacerdoti di Israele (Es 6: 23; 28:1.
In Es24:9-10, assieme al padre, a Mosè e ad altri settanta anziani, Nadab e Abiu vedono il Signore sul monte Sinai; successivamente, come narrato in Lv10:1-22, i due offrono a Dio in sacrificio un "fuoco illegittimo", contravvenendo alle sue istruzioni, e per tale motivo il Signore li consumò all'istante con il fuoco.
Mosè raccomandò ad Aronne e ai suoi due figli superstiti, Eleazaro e Itamar, di non portare il lutto, permettendolo invece al resto della comunità; Eleazaro e Itamar presero il posto di Nadab e Abiu come sacerdoti.
Natan è un personaggio biblico, ultimo dei tre figli nati a Gerusalemme dal re d'Israele Davide e da Betsabea; omonimo del profeta Natan, era fratello minore di Salomone.
Nathan significa «Dio ha dato», quindi «dono».
Nathan è menzionato come figlio di David in II Samuele 5,14[2], e I Cronache 3,5 e 14,4. Si fa cenno alla sua stirpe in Zaccaria 12,12.
È implicito che sia sopravvissuto alle guerre fratricide dei figli di Davide avendo preso le parti del fratello Salomone.
Nel Nuovo Testamento, la genealogia di Gesù secondo il Vangelo di Luca risale a Davide attraverso la discendenza di Nathan, mentre secondo il Vangelo di Matteo la suddetta linea di sangue passa attraverso Salomone.
L'esoterista austriaco Rudolf Steiner ha spiegato questa diversa genealogia presente nei due vangeli con l'effettiva esistenza di due bambini Gesù, uno dei quali, quello salomonico, omaggiato dai Re Magi come rappresentante della linea regale di Davide, superati i dodici anni sarebbe morto facendo confluire il suo spirito nel Gesù nathanico, infondendovi la propria sapienza.
Nebaioth o Nebaiòt (Ebraico נְבָיוֹת) è un personaggio biblico, primogenito di Ismaele, a sua volta figlio di Abramo e della schiava egiziana Agar. Il suo nome compare anche, assieme a quello del fratello Kedar, come quello di una delle dodici tribù arabe elencate in Genesi 25:13 e 1 Cronache 1,29-31 e con lo stesso significato nelle fonti assire e nelle profezie del trito-Isaia (Is 60:7).
Neemia, indicato anche come Nehemia o Nechemya; "Conforto di Yahweh" o "Yahweh ha confortato".è stato un politico ebreo antico, governatore della Giudea persiana sotto Artaserse I di Persia (465-424 a.C.)
È la figura centrale del Libro di Neemia, che descrive la sua opera di ricostruzione di Gerusalemme durante il periodo del Secondo Tempio. È profeta di Dio (Geova).
La maggior parte degli studiosi ritiene che Neemia sia una figura storica e che le parti del Libro di Neemia scritte in prima persona siano storicamente attendibili.
Biografia
Figlio di ebrei deportati a Babilonia in occasione dell'esilio del 586, nacque certamente a Babilonia, dove con la sua abilità riuscì a raggiungere un alto grado, e divenne coppiere di Artaserse I nella corte persiana di Susa. Probabilmente era eunuco; certamente laico. Quanto egli fece lo mostra animato da vivo zelo per le istituzioni nazionali e religiose del giudaismo.
Saputo che le condizioni materiali e morali degli ebrei già rimpatriati a Gerusalemme ai tempi di Ciro il Grande erano pessime, egli, ottenuto il permesso dal re, si recò a Gerusalemme munito di ampi poteri governativi (445 a. C.).
Una volta giuntovi, comprese che la necessità più urgente, per proteggere la comunità ebraica dalle possenti e ostili tribù vicine, era quella di ricostruire le mura della città. Rianimato il popolo ormai sfiduciato, e messolo subito al lavoro sotto la sua personale direzione, le mura furono compiute in 52 giorni.
Assicurata questa protezione all'esterno, Neemia provvide con sistemi altrettanto energici al ripopolamento della città, alla compattezza nazionale degli abitanti, e al rinvio di mogli straniere che erano entrate a far parte della comunità di Gerusalemme; in un'adunanza tenuta in queste occasioni fu letto pubblicamente un esemplare della Torāh o Legge.
Nel 433 Neemia rientrò alla corte di Susa; ma più tardi tornò ancora una volta a Gerusalemme (un po' prima del 424), per eliminare vari abusi, che nel frattempo si erano diffusi nella comunità, che sorvegliava anche da lontano. Nulla si sa della sua fine.
Nimrod personaggio biblico, fu secondo la Genesi 10,8-12 re dello Shinar (Mesopotamia) - per quanto storicamente non risulti tra i re mesopotamici - e figlio di Kus (Cush) o Etiopia, figlio di Cam, figlio di Noè. Era inoltre grande cacciatore e fu il primo fra gli uomini a costituire un potente regno. Il nucleo iniziale del regno fu Babele, insieme ad alcune altre città, ma poi si spostò ad Assur dove fondò Ninive. In seguito si sposò con la propria madre Semiramide, che dopo la sua morte dichiarò che lui era diventato il dio sole Baal. Secondo alcuni ebrei Nimrod venne ucciso da Esaù, figlio di Isacco e fratello di Giacobbe.
Significato del nome
Gli scritti rabbinici fanno derivare il nome Nimrod dal verbo ebraico maràdh, il cui significato va ricercato in ribellarsi. Nel Talmud babilonese (Erubin 53a) si legge: "Perché, allora, fu chiamato Nimrod? Perché istigò il mondo intero a ribellarsi (himrid) alla Sua sovranità [di Dio]".
Nimrod e la torre di Babele
La Genesi non fa altri riferimenti a Nimrod, ma forse il fatto che il suo regno fosse inizialmente attorno a Babele e probabili notizie riferite da fonti andate perdute hanno contribuito ad attestare la tradizione che gli attribuisce l'idea di costruire la torre di Babele.
D'altronde secondo il racconto biblico di Genesi capitolo 10, il regno di Nimrod includeva le città di Babele, Erec, Akkad e Calne, città del Paese del Sinar. La tradizione ebraica giunge alla conclusione che probabilmente fu sotto la direttiva di Nimrod che ebbe inizio Babele e la sua torre.
Lo scrittore ebraico Giuseppe Flavio infatti scrive: «[Nimrod] trasformò gradatamente il governo in una tirannia, non vedendo altro modo per sviare gli uomini dal timor di Dio, se non quello di tenerli costantemente in suo potere. Disse inoltre che intendeva vendicarsi con Dio, se mai avesse avuto in mente di sommergere di nuovo il mondo; perciò avrebbe costruito una torre così alta che le acque non l'avrebbero potuta raggiungere, e avrebbe vendicato la distruzione dei loro antenati.
La folla fu assai pronta a seguire la decisione di [Nimrod], considerando un atto di codardia il sottomettersi a Dio; e si accinsero a costruire la torre...ed essa sorse con una velocità inaspettata.»
Secondo Genesi 11,1-4, gli uomini, contravvenendo al disegno divino che voleva che popolassero l'intera Terra, decisero di fermarsi tutti in un luogo: "Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra". Per aver voluto restare uniti in un solo luogo, piuttosto che per il tentativo di "toccare il cielo", vennero puniti con la confusione delle lingue che, secondo Genesi 11,9, è anche all'origine del nome Babele.
Nimrod cacciatore in opposizione a Dio
Secondo il racconto biblico e secondo alcuni studiosi, Nimrod non può essere considerato un semplice cacciatore di animali. Dopo la costruzione della Torre di Babele, Nimrod secondo il racconto di Genesi 10: 11,12 e Michea 5:6, estese i suoi domini all'Assiria dove costruì Ninive, e Rebor - Ir e Cala e Resen fra Ninive e Cala: questa è la gran città. Poiché il nome dell'Assiria deriva evidentemente da quello di Assur figlio di Sem, Nimrod nipote di Cam, deve aver invaso il territorio semita. Sembra che Nimrod sia divenuto un eroe o un potente, così come lo definisce Genesi 10:8, non solo come cacciatore di animali, ma anche come violento guerriero.
La Cyclopædia of Biblical, Theological, and Ecclesiastical Literature di M'Clintock e Strong a tal proposito osserva: «Che la potente caccia non si limitasse agli animali è evidente dalla stretta connessione con l'edificazione di otto città... Ciò che Nimrod fece come cacciatore fu il preludio di ciò che fece poi come conquistatore. Fin dall'antichità caccia ed eroismo erano particolarmente e naturalmente associati...
Anche i monumenti assiri raffiguravano molte scene di caccia, e la parola è spesso impiegata in riferimento a campagne militari... Pertanto caccia e battaglia, che nello stesso paese in epoche successive furono così intimamente legate, potrebbero essere qui associate o coincidere. Il senso allora sarebbe che Nimrod fu il primo a fondare un regno dopo il diluvio, per unificare la frammentaria autorità patriarcale e consolidarla sotto di sé come unico capo e signore; e tutto questo in opposizione a Jahvè, trattandosi di una violenta ingerenza del potere camitico in territorio semita».
Nimrod della Divina Commedia
L'associazione fra Nimrod e la torre di Babele, pur non affermata in Genesi, era ampiamente consolidata al tempo di Dante. Egli, infatti, nella Divina Commedia e nel De vulgari eloquentia incolpa esplicitamente Nimrod (che egli chiama Nembrot) di aver causato la confusione delle lingue. Per esemplare contrappasso, Nembrot è punito con l'impossibilità di comunicare, parlando un linguaggio comprensibile solo a lui, e non potendo comprenderne altri. Il poeta, inoltre, fa di Nembrot un gigante (celebre il paragone fra la sua testa e la Pigna di San Pietro in Vaticano), secondo la versione biblica dei Settanta.
Nel canto XXXI dell'Inferno, Virgilio risponde alle incomprensibili parole di Nembrot («Raphèl maí amècche zabí almi») con parole altrettanto incomprensibili per Nembrot, chiamandolo «anima confusa». Poi dice a Dante:
«questi è Nembrotto, per lo cui mal coto
pur un linguaggio nel mondo non s'usa.
Lasciànlo stare, e non parliamo a vòto,
ché così è a lui ciascun linguaggio
come 'l suo ad altrui, ch'a nullo è noto.»
Noemi, o Naomi, è una personalità biblica, la cui vicenda è narrata nel Libro di Rut.
Noemi era sposa di un uomo chiamato Elimelech (lett. "giudice, magistrato di Dio"), e madre di due figli, Maclon e Chilion, entrambi Efratei. Al tempo dei Giudici di Israele, per sfuggire ad una carestia, la famiglia si trasferì nelle campagne di Moab, dove Noemi rimase presto vedova. I figli sposarono due donne moabite, Orpa e Rut, poi dopo circa dieci anni anch'essi morirono.
Noemi si trovò dunque sola, in terra straniera, insieme alle due nuore. Cambiò il suo nome in Mara (dall'ebraico Marah che significa "amareggiata, infelice", in opposizione a Noemi che significa "gioia, letizia") dopo la morte del marito e dei due figli.
Poi, sentendo dire che la carestia era cessata, decise di ritornare a Betlemme e congedò le nuore, non volendo che esse si sentissero costrette a seguirla: Orpa restò in Moab, mentre Rut scelse con forza di non abbandonare la suocera.
Giunte a Betlemme, Noemi permise a Rut di fare la spigolatrice di orzo nel campo di un certo Boaz: egli era un loro parente, della famiglia di Elimelech, e questo avrebbe garantito una certa tranquillità alla giovane donna, che infatti incontrò i suoi favori e ne divenne la sposa. Noemi fu poi la nutrice di loro figlio, Obed, il futuro padre di Iesse, padre di Davide.
Culto
È venerata come Beata dalla chiesa cattolica, e la sua memoria ricorre il 14 dicembre. Ciò nonostante, non vi è traccia di una venerazione particolare, nemmeno a livello locale.
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