Personaggi Biblici G
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È una regina di Israele,
moglie di Acab, citata nella Bibbia.
Storia
Nella Tanakh Gezabele è una regina dell'antico Israele, la
cui storia è narrata in 1 Re. Fu una principessa fenicia, figlia
di Ithobaal (o Et-Baal) re di Sidone, che sposò Acab, re di
Israele. Era dotata di una personalità molto forte e nel racconto biblico si ha
l’impressione che fosse lei a gestire il potere e a dominare il marito, che
regnerà dall’869 all'850 circa a.C. Il fine politico di Acab con il matrimonio
doveva essere quello di allearsi con potenti vicini fenici per staccare
definitivamente il regno di Israele da quello meridionale di Giuda. Era
necessario dargli un’identità religiosa nuova che impedisse ai cittadini di
continuare a far riferimento solo al tempio di Gerusalemme, capitale del regno
di Giuda.
Così mentre Acab continua ad atteggiarsi formalmente devoto anche a Yahweh,
Gezabele introduce in Israele il culto del dio fenicio Baal ("Signore”),
nomina 450 sacerdoti del nuovo dio e stermina quelli di Yahweh. Contro il nuovo
culto Dio manda il profeta Elia, che con potenti miracoli convince il
popolo che i sacerdoti di Baal sono dei ciarlatani e devono essere uccisi. La
posizione dei sovrani però era solida e la successione garantita da Acazia,
figlio maschio della regina. Nella Bibbia, inoltre, è narrato l'episodio
dell'uccisione di Nabot, organizzata senza scrupoli da Gezabele con false
testimonianze di reato, per compiacere lo sposo, che ambiva a possedere una
vigna confinante alle sue proprietà.
Dopo la morte di Acab, in battaglia contro i nemici, Gezabele rimane vedova
e suo figlio Acazia sale sul trono di Giuda. In seguito alla morte di Acazia, a
causa di una caduta, sale sul trono Ioram che aveva sposato Atalia figlia
di Gezabele. Ioram rimane vittima del colpo di stato promosso dal
generale Ieu, sostenuto dai sacerdoti e Atalia divenne la prima regina del
regno di Giuda. Ma Ieu aveva un conto in sospeso con Gezabele che era andata a
rifugiarsi a Izreel. Quando la regina seppe che Ieu stava arrivando a palazzo
con l'esercito, capì di essere la prossima vittima. Coraggiosamente, Gezabele
si truccò gli occhi, si abbigliò e si acconciò i capelli e si mise di vedetta
presso un'alta finestra (secondo libro dei Re 9,30). Da lì ebbe il coraggio di
insultare Ieu, mentre passava nella strada sottostante, chiamandolo anziché
sovrano, “assassino del suo signore”. Subito i suoi stessi servi,
all'incitazione di Ieu "Chi è con me?", per ingraziarsi il nuovo re,
la scaraventarono giù dalla finestra del palazzo, facendola morire. Il suo
corpo fu lasciato temporaneamente insepolto all'aperto, per spregio. Quando
andarono a recuperarlo, lo trovarono parzialmente mangiato dai cani, come aveva
predetto il profeta Elia.
Nuovo
Testamento
Nell'Apocalisse di Giovanni è chiamata Gezabele una profetessa della
città di Tiatira, accusata di indurre i membri della chiesa locale a
sacrificare agli idoli e a commettere atti impuri (Ap 2,20).
Gherson è il
nome d'un personaggio della Bibbia, figlio primogenito di Mosè e Sefora.
Nato in terra di Madian, quando il padre fuggì dall'Egitto,
venne chiamato Gherson proprio a sottolineare l'esilio paterno: il nome Gherson viene
tradizionalmente interpretato infatti come "straniero".
Di lui parla il libro dell'Esodo,
durante l'episodio della malattia di Mosè. Quando il profeta venne colpito da
un grave male, poiché non circonciso,
la moglie Sefora eseguì su Gherson l'operazione rituale e dopo pose sul pene di
Mosè il prepuzio del figlio, simulando la circoncisione per salvarlo dalla
collera divina.
Si parla ancora di Gherson nel libro dei Giudici,
dove si cita suo figlio Gionata e si fa riferimento alla discendenza levitica
di un sacerdote idolatra; si può notare, a seconda della versione biblica, come
a Gherson sia attribuito come padre Mosè oppure Manasse - un re empio, citato
ad esempio in 2Re21.
Come notano gli esegeti dell'interconfessionale Bibbia
TOB - concordemente con quelli della Bibbia di Gerusalemme e
quelli della Bibbia Edizioni Paoline - la versione ebraica
"legge Manasse, però
con una n sospesa,
posta cioè al di sopra della linea del testo.
Offesi dall'idea che un sacerdote
idolatra potesse discendere da Mosè, alcuni copisti hanno introdotto una n per suggerire la lettura Manasse (re empio, cf 2Re21)
piuttosto che Mosè".
Giaele (in ebraico "stambecco della Nubia") è un personaggio del libro dei Giudici.
Un breve episodio del libro dei Giudici narra come Sisara, il giovane generale del re di Cazor, nemico degli israeliti, fosse battuto da Barac, come vaticinato dalla profetessa Debora: egli fuggì e credette di trovare asilo nella tenda di Eber, che riteneva alleato del suo sovrano. Giaele, moglie di Eber, gli offrì la sua ospitalità e gli diede da bere, ma dopo che Sisara si fu posto a dormire gli conficcò un picchetto nella tempia; poi andò incontro a Barac e gli mostrò il nemico abbattuto.
Conoscendo la sacralità di cui è investito presso gli orientali l'ospite straniero, ci si potrebbe stupire - e soprattutto scandalizzare - dell'episodio. Ma il cantico di Debora, che pure accenna a una natura nobile di Sisara, molto premuroso verso l'anziana madre, tende essenzialmente a esaltare la temerarietà di Giaele; non può esserci salvezza per chi come Sisara venera dèi fasulli (“Sia benedetta fra le donne Giaele [...] così periscano tutti i tuoi nemici, Signore”).
La figura di Giaele è rievocata da Alessandro Manzoni in Marzo 1821: " Quel [Dio] che in pugno alla maschia Giaele / Pose il maglio ed il colpo guidò."
Nel 1921 il compositore italiano Ildebrando Pizzetti portò a termine la propria opera Debora e Jaele, traendo spunto per il libretto dalla vicenda biblica. L'opera venne rappresentata per la prima volta al Teatro alla Scala il 16 dicembre 1922.
Giaele e Sisara
In questa tela, ancora una volta, Artemisia Gentileschi raffigura una delle terribili eroine dell'Antico Testamento: si tratta di Giaele, la cui storia è narrata nel Libro dei Giudici. Dopo aver attirato nella propria tenda Sisara, il generale cananeo sconfitto dal popolo d'Israele, lo uccide nel sonno conficcandogli un picchetto della tenda nel cranio.
La scena dipinta da Artemisia non riproduce i toni tragici del racconto biblico; al contrario, essa è pervasa da un'atmosfera calma, che potrebbe, alla prima impressione, sembrare quasi idilliaca, quando si guardi il guerriero che giace sdraiato in un sonno ristoratore e par quasi che appoggi il capo sul grembo di una deliziosa fanciulla, vestita con un elegante abito di seta gialla e con i capelli ramati raccolti in una ricercata acconciatura.
Solo guardando le braccia scoperte e le mani della fanciulla ci si accorge che - armata di picchetto e martello - sta per colpire l'inconsapevole generale, che aveva creduto nella sua ospitalità. Il viso di Giaele è calmo, come di chi si accinge a un'azione consueta, né si coglie nella leggerezza dei gesti lo sforzo necessario ad assestare un colpo di eccezionale violenza.
Manzoni (in Marzo 1821) tratteggia la scena con due soli ben più drammatici versi: «Quel [Dio] che in pugno alla maschia Giaele / Pose il maglio ed il colpo guidò.»
Nulla vi è nella scena che assomigli alla tragedia della Giuditta che decapita Oloferne degli Uffizi, pur essendo le due tele pressoché contemporanee, cosa che ridimensiona il giudizio sulla pittrice ansiosa di sublimare sulle tele l'oltraggio della violenza carnale subita. Sisara è immaginato da Artemisia come un uomo giovane ma fisicamente poco attraente, al contrario di altri pittori, come Mattia Preti, Jacopo Vignali o Gregorio Lazzarini, che nel rappresentare l'episodio biblico dotano il personaggio di belle fattezze.
Giasone è stato un sacerdote ebreo antico, sommo sacerdote del Tempio di Gerusalemme nel II sec. a.C.
Esponente della famiglia sacerdotale degli Oniadi, lo storico Giuseppe Flavio scrive che il suo nome era originariamente Gesù ma, essendo un sostenitore della corrente del Giudaismo ellenistico, assunse quello greco di Giasone. La sua vicenda è riportata nel Secondo Libro dei Maccabei.
Dante Alighieri lo cita nella Divina Commedia come esempio lampante di simonia, paragonandolo a Papa Clemente V (Inf. XIX, 85-87).
Biografia
Giasone era fratello del sommo sacerdote Onia III, il quale era fortemente legato alle tradizioni ebraiche e le difendeva contro le infiltrazioni culturali ellenistiche. Già Simone, un funzionario del Tempio, era entrato in rotta con lui e aveva cercato di accattivarsi le simpatie dei governanti siri, consigliandogli di attingere dal tesoro del Tempio, da lui dipinto come favoloso.
Invano Onia aveva cercato di dissuadere Eliodoro, inviato dal re Seleuco IV, dal depredare il Tempio, ma il 2° Libro dei Maccabei riferisce che Eliodoro fu comunque costretto a desistere dall'apparizione di un cavaliere dorato. Simone allora cercò di incolpare Onia dell'accaduto, accusandolo di essere stato lui stesso ad opporsi con la forza all'inviato del re. Mentre Onia stava recandosi dal re per chiedere un intervento pacificatore, Seleuco morì e salì al trono Antioco IV Epifane.
Qui entrò in scena Giasone, che promise 440 talenti d'argento in cambio del sommo sacerdozio, oltre a 150 come extra, se gli fosse stata concessa l'autorità di erigere e controllare un ginnasio e altre istituzioni nello stile della polis greca a Gerusalemme.
Antioco accettò, rompendo in tal modo con la linea politica di suo padre, re Antioco III, che aveva concesso ampie autonomie in materia religiosa ai sudditi ebrei, fra cui il diritto di nominare secondo le leggi della Torah le autorità religiose. L'autore del testo dei Maccabei, in generale fortemente ostile al Giudaismo ellenistico, descrive quindi Giasone come esempio di empietà e falsità.
Giasone fu sommo sacerdote tra il 175 e il 171 a.C. In occasione dei giochi quinquennali in onore di Eracle presso Tiro, egli inviò trecento dramme per destinarle a sacrifici religiosi, ma i latori le utilizzarono per altre spese. Più tardi mandò Menelao, fratello di quel Simone che era entrato in contesa con il sacerdote Onia, e questi offrì altri soldi per ottenere il sommo sacerdozio al posto di Giasone.
Quest'ultimo fu quindi scalzato e lasciò la città santa, rifugiandosi nell'Ammanitide. Ancora nel 168 a.C. tentò di recuperare il potere perduto con un colpo di mano militare, facendo una strage dentro Gerusalemme, ma l'azione si risolse in un fallimento e lui fu costretto nuovamente alla fuga, finendo i suoi giorni da esule a Sparta.
Gionatan, o Gionata (dall'ebr. Yonathàn o Yehonathàn, dal significato "YHWH ha
dato") è un personaggio biblico, figlio maggiore e favorito del
re Saul, avuto da Ahinoam figlia di Ahimaaz. Si distinse, durante il regno
del padre, per il coraggio indomito sia in occasione della sconfitta della
guarnigione filistea a Gabaa, sia nella nuova vittoria riportata a Micmas.
È noto soprattutto per il profondo amore che lo legò al futuro re Davide e
per l'aiuto che gli diede nelle circostanze più pericolose.
Un
personaggio storicamente esistito?
Come nel caso di suo padre Saul e dello stesso re Davide, anche per il
principe Gionatan le fonti storiche si rivelano del tutto insufficienti.
Nessuna fonte extra-biblica parla di questi personaggi della storia arcaica
di Israele, e gli stessi testi biblici non mostrano grande coerenza: i
capitoli 8 e 10 del primo libro di Samuele sembrano
testimoni di una tradizione contraria al primo re di Israele, Saul, e alla sua
famiglia, mentre i capitoli 9 e 11, probabilmente più antichi, sono favorevoli
a Saul e alla sua discendenza. Il testo originale dei capitoli seguenti, poi,
sembra essere stato alterato da giunte successive e rielaborazioni
stratificate.
La tradizione biblica è comunque unanime nel presentare la tesi che
Israele, contrariamente agli altri popoli della regione, non ebbe in origine un
re; l'istituzione monarchica sarebbe stata la reazione allo stimolo di
necessità esterne: l'attacco concentrico dei Filistei e degli Ammoniti.
Il regno di Saul, primo re di tutte le tribù di Israele, fu probabilmente
di breve durata, e nel contesto di questo breve regno si potrebbe essere
segnalato il valore del principe ereditario Gionatan, che sarebbe poi morto in
battaglia insieme con il padre.
Il racconto
biblico
Gionatan è menzionato per la prima volta nella Bibbia quale
valoroso comandante di mille guerrieri, nei primi anni del regno di Saul (1Sam
13,2): a quel tempo poteva avere almeno vent'anni. Durante gli anni della sua
formazione poteva aver sentito l'influenza del padre che, fino al momento di
essere scelto quale re, aveva manifestato modestia, ubbidienza e rispetto per
le disposizioni divine.
Con i suoi mille uomini male armati, Gionatan conquistò la vittoria contro
la guarnigione filistea di Gabaa. In risposta, il nemico si radunò a Micmas.
Segretamente Gionatan e il suo scudiero si allontanarono da Saul e dai suoi
uomini raggiungendo l'avamposto nemico. Con quest'azione Gionatan manifestò il
proprio valore e la capacità di ispirare fiducia in altri, pur riconoscendo la
direttiva di Dio, visto che per agire attese un segno divino. I due intrepidi
combattenti abbatterono da soli venti filistei, cosa che provocò un aspro
combattimento, con la vittoria finale di Israele.
Mentre era in corso il combattimento, Saul avventatamente maledisse con un
giuramento chiunque avesse mangiato prima della fine della battaglia. Gionatan,
che non ne sapeva nulla, mangiò un po' di miele selvatico. Più tardi, di fronte
a Saul, Gionatan non cercò di sottrarsi alla morte per adempiere il voto del
padre. Tuttavia fu redento dal popolo, consapevole che quel giorno Dio era con
lui.
I testi biblici descrivono quindi Gionatan come un guerriero coraggioso,
abile e potente. Di lui e di Saul si dice che erano “più veloci delle aquile” e
“più potenti dei leoni”. Gionatan, in particolare, era anche un esperto arciere
e le sue doti potevano averlo reso particolarmente caro a Saul.
L’incontro
con Davide
Davide e Gionatan, dalla
"Somme le Roy" (1290), manoscritto miniato francese, British Museum
Davide era stato introdotto alla corte del re Saul affinché suonasse per
lui, dal momento che lo spirito di Dio aveva lasciato il re ed era
stato sostituito da un cattivo spirito, cosa che Gionatan poteva aver notato.
Benché giovane, Davide era “un uomo potente e valoroso, e uomo di guerra”; Saul
"lo amava molto" e ne fece il suo scudiero.
La speciale amicizia di Gionatan per Davide iniziò poco dopo che questi
uccise Golia. Quell'intrepida azione a difesa del suo popolo dovette
commuovere Gionatan. Sentendone parlare da Davide stesso, "la medesima
anima di Gionatan si legò all'anima di Davide, e Gionatan lo amava come la sua
propria anima" (1Sam 18,1).
I due guerrieri "conclusero un patto d'amicizia. Gionatan capiva che Davide aveva lo spirito di
Dio" (1Sam 18,3). Il figlio di Saul, dunque, non fu invidioso di Davide
considerandolo un rivale, come fece suo padre; anzi il suo rispetto per il modo
in cui Dio dirigeva gli avvenimenti fu un esempio per il suo giovane amico.
Gionatan non assecondò il desiderio di Saul di uccidere Davide, ma avvertì
quest'ultimo e cercò di intercedere per lui. Quando Davide fu costretto a
fuggire, Gionatan si incontrò con lui e strinsero un patto in cui anche Davide
si impegnava a proteggere lui e la sua casa (1Sam 19,1-20,17).
Un'altra volta Gionatan parlò di Davide al proprio padre, e ciò quasi gli
costò la vita perché in uno scatto d'ira Saul scagliò una lancia contro il suo
stesso figlio. Come da accordo, Gionatan e Davide s'incontrarono in un campo
dove apparentemente il figlio del re era andato per esercitarsi nel tiro con
l'arco. I due amici rinnovarono il loro vincolo d'affetto e “si baciavano l'un
l'altro e piangevano l'uno per l'altro” (1Sam 20,41; cfr. Gen 29,13;45,15 e At 20,37).
In seguito Gionatan poté incontrare per l'ultima volta Davide a Ores e
“rafforzare la sua mano riguardo a Dio”; anche in quell'occasione rinnovarono
il loro patto (1Sam 23,16-18).
Nella battaglia contro i Filistei, Gionatan combatté fino alla morte: morì
lo stesso giorno di due suoi fratelli e del padre. I Filistei ne appesero i
cadaveri alle mura di Bet-San. Ma valorosi uomini di Iabes-Galaad li
tirarono giù e li seppellirono a Iabes. Davide pianse amaramente la morte
dell'amico e compose per Saul e Gionatan un canto funebre intitolato
"canto dell'arco" (2Sam 1,17-27). Il re Davide mostrò una
speciale benignità per il figlio zoppo di Gionatan, Merib-Bàal (o
Mefiboset), che aveva cinque anni quando il padre morì: in seguito gli diede un
posto permanente alla propria tavola. La discendenza di Gionatan continuò per
diverse generazioni.
Il legame tra
Davide e Gionatan nel dibattito su religioni e omosessualità
«Il pubblico ministero Charles Gill chiese ad Oscar Wilde:
«Che cos'è “l’Amore che non osa pronunciare il proprio nome”?». La risposta di
Wilde provocò un grande applauso – e qualche fischio: «L’Amore che non osa
pronunciare il proprio nome in questo secolo, è la forte affezione di un uomo
più maturo per uno più giovane, come
quella che ci fu tra Davide e Gionatan, come quella
che Platone rese il vero fondamento della propria filosofia, e come
quella che voi trovate nei sonetti di Michelangelo e Shakespeare.
È quella profonda affezione spirituale che è tanto pura quanto perfetta.»
"Jonathan Lovingly Taketh His Leave of David" (Gionata si congeda
con amore da Davide), di Julius Schnorr von Carolsfeld
La Bibbia utilizza alcune espressioni molto forti, per descrivere il legame
che univa Gionatan e Davide (per esempio, sulla bocca di Davide: «Gionatan, tu
mi eri molto caro, e l'amore tuo per me era più meraviglioso dell'amore delle
donne», 2Sam 1,26). Per questo motivo, il racconto di Davide e
Gionatan (come d'altra parte quello di Rut e Naomi, quello
del centurione e del suo giovane servo guarito da Gesù, e pochi
altri) hanno suggerito ad alcuni commentatori che nella Bibbia troverebbero
posto due linguaggi differenti sul tema dell'omosessualità: il linguaggio
inflessibile dei testi legali (i codici di purezza nel Levitico e le
prescrizioni etiche di Paolo), e il linguaggio più umano di narrazioni
"storiche" che esaltano o per lo meno ammettono un amore omosessuale.
Riassumendo quanto già descritto nel paragrafo precedente, i passi che
narrano del rapporto tra Davide e Gionatan sono:
* 1Sam 18,1-4: il primo incontro e la nascita – improvvisa e inattesa – del
legame,
* 1Sam 19,1-7: Gionatan scopre il desiderio di suo padre di
eliminare Davide e tenta di intercedere a favore dell'amico,
* 1Sam 20: l'incontro dei due nella campagna; al centro del brano, i versetti
20,12-17, con il giuramento di alleanza tra Davide e Gionatan,
* 1Sam 23,15-18: un nuovo giuramento di alleanza tra Davide e Gionatan;
Gionatan prende coscienza che sarà Davide a regnare dopo Saul; addio tra i due,
* 1Sam 31,2: morte di Gionatan al Gilboa e 2Sam 1,17-27:
il lamento di Davide per Saul e Gionatan,
* 2Sam 9,1-12: la fedeltà di Davide al suo giuramento, con la protezione
accordata al figlio di Gionatan.
Nei due libri di Samuele, Gionatan è sicuramente una figura
secondaria, rispetto ai due “giganti” antagonisti Saul e Davide. Eppure anche
la vicenda di Gionatan ha dei connotati tragici, come quella del padre:
Gionatan è l'alleato di Davide nella sua lotta contro Saul, però è anche il
figlio dello stesso re Saul (e già in 1Sam 13,2-3 era stato
presentato come combattente valoroso); destinato a diventare prima o poi re al
posto del padre, Gionatan al contempo è sempre più consapevole che invece sarà
Davide a regnare al posto suo. L'amicizia tra il principe che non diventerà mai
re e il pastore già prescelto per il trono (Davide è già stato unto
segretamente da Samuele) avrà un costante tono tragico, fino al momento
della morte di Gionatan.
Quale interpretazione dare del legame tra i due? Nell'esegesi del testo,
lungo i secoli, i modi di leggere questo rapporto si sono polarizzati in due
direzioni:
* una è l'esaltazione dell'affetto, del sentimento che lega Davide e Gionatan
(che sia amicizia, amore disinteressato, attrazione erotica,)
* l'altra è l'esaltazione dell'aspetto politico, dell'unione tra i due come
alleanza fedele e leale.
Di fatto, è indispensabile ricordare che l'omosessualità, intesa come
“orientamento sessuale caratterizzato da attrazione sentimentale e/o sessuale
tra individui dello stesso sesso” non era conosciuta esplicitamente, né poteva
esserlo, dagli autori della Bibbia, fossero essi di lingua ebraica o greca,
singoli scrittori o “comunità scriventi”, Israeliti appartenenti all'ortodossia
ebraica, Ebrei messianici seguaci di Gesù di Nazareth o persino – se ce ne sono
stati tra gli autori del Nuovo Testamento – pagani convertiti al cristianesimo.
La Bibbia parla non di persone omosessuali, bensì di “atti sessuali tra
maschi”, e lo fa sempre in termini espliciti di condanna. Anzi, il rifiuto
degli atti omosessuali, insieme con l'accettazione della schiavitù e
l'ammissione della pena di morte, è probabilmente uno dei casi più
significativi di temi eticamente sensibili che attraversano più o meno immutati
l'Antico e il Nuovo Testamento.
È ovvio che nel mondo mediorientale antico esistessero anche esperienze di
rapporti di amore tra due uomini o due donne, ma senza dubbio queste relazioni
venivano interpretate facendo ricorso a categorie diverse da quello dell'amore
erotico tra uomo e donna: spesso uno dei linguaggi cui si ricorreva era quello
dell'amicizia.
In definitiva, è una impresa assai ardua pronunciarsi con sicurezza sulla
natura del rapporto tra Davide e Gionatan, ma è estremamente improbabile che
gli autori del testo biblico pensassero ad un amore omosessuale, poiché non
disponevano delle categorie culturali per identificarlo.
D'altronde, l'ipotesi che il “vero” re Davide storicamente esistito fosse
omosessuale o bisessuale e innamorato di Gionatan, ma che la Bibbia
avesse cercato di nascondere questa relazione trasformando il loro amore in
amicizia (e tra l'altro non ci sarebbe neanche riuscita molto bene perché
lascerebbe trasparire la realtà storica), ipotesi sostenuta per esempio
da Massimo Consoli, si scontra con il limite che l'unica fonte che
parli del re Davide è proprio la Bibbia, tra l'altro in testi redatti molti
secoli dopo le vicende che narrano. Pertanto, una divisione tra un
"Davide storico" e un "Davide della Bibbia" risulta priva
di senso, in quanto il primo dei due è del tutto evanescente se si prescinde
dal testo biblico che abbiamo a disposizione.
Il racconto
biblico
Lia, sua madre, quando partorì disse (Gn 29,35): "Questa volta loderò il Signore",
e lo chiamò "Giuda", cioè lodato.
Adulto, Giuda ebbe molti figli. Giuda prese Tamar come moglie per
suo figlio Er, ma questi si rese odioso al Signore e venne fatto morire.
Secondo la legge del levirato Tamar avrebbe dovuto unirsi al cognato,
i figli nel caso avuti sarebbero stati considerati discendenza di Er. Così fu:
Tamar si unì ad Onan ma questi, ogni volta che si univa alla moglie
del fratello, disperdeva il suo seme a terra.
Onan venne fatto morire da JHWH per
via delle sue azioni. Giuda quindi, temendo per la vita del suo terzo figlio,
Sela, mandò Tamar dai consuoceri promettendo di richiamarla quando Sela avesse
raggiunto l'età adulta.
Quando venne il momento e Giuda non chiamò Tamar, questa decise di agire
per ottenere la discendenza che era sua di diritto. Si travestì da prostituta e
si unì con Giuda, che non la riconobbe. Tamar si fece dare in pegno del
pagamento il bastone e il cordone di Giuda ma, quando Giuda cercò di pagare e
recuperare il pegno, non trovò nessuna prostituta.
Tamar rimase incinta di due
gemelli, Perez e Zerach. Giuda, quando ebbe notizia che la nuora era
incinta e che si era prostituita, all'inizio voleva condannarla al rogo ma,
quando gli vennero presentati il bastone e il bordone, dovette ammettere
che ella è più giusta di me.
Giuda ebbe un ruolo anche nella storia di Giuseppe, il penultimo
fratello (Giacobbe ebbe infatti dodici figli). Invidiosi del fatto che
Giuseppe fosse l'ultimo ma il più amato di tutti i figli di Israele, i suoi
fratelli vollero ucciderlo. Ruben, il primogenito, si oppose consigliando
di chiuderlo in un pozzo. Giuda invece, opponendosi anche lui al fratricidio,
consigliò di venderlo a dei mercanti come schiavo, e così fu.
Nonostante questi peccati, in punto di morte Giacobbe, benedicendo tutti i
suoi figli, diede a Giuda (e a Giuseppe) l'augurio migliore (vedi
citazione Gn 49,8 12 sulle speranze
messianiche).
Benedizione
del padre Giacobbe
«A
te, Giuda, tributeranno omaggio i tuoi fratelli, la tua mano sarà sulla cervice
dei tuoi nemici, si prostreranno a te i figli di tuo padre, Tu, Giuda, sei un
leoncello quando torni, o figlio mio, dalla preda. Allorché egli se ne sta
chino, coricato come un leone, chi oserebbe farlo alzare?
Lo scettro non si
dipartirà da Giuda né il bastone del comando di tra i suoi piedi fino a che
verrà Shiloh/il Messia verso il quale convergerà l'ossequio dei
popoli. Egli lega alla vite il suo puledro ed alla vite pregiata il figlio
della sua asina; lava il vestito nel vino ed i panni nel sangue dell'uva. Ha
gli occhi rossi per il vino e bianchi i denti per il latte»
Benedizione
di Mosè
«...
Ascolta, o Signore, la voce di Giuda e conducilo al suo popolo; la sua mano
contenderà per lui e gli sarà di aiuto nell'avversa fortuna.
Giuditta è un personaggio biblico, eroina del popolo ebraico. Il suo nome deriva dall'ebraico ("lodata" o "ebrea", Yəhudit), ed è la forma femminile del nome Giuda.
Le imprese di Giuditta sono narrate nel libro omonimo che fa parte dei testi deuterocanonici, ovvero esclusi dal canone della Religione Ebraica (e pertanto considerati apocrifi dalle Chiese Protestanti), ma accettati come canonici dalla Chiesa Cattolica e da quella Ortodossa.
Dante Alighieri la cita nelle anime beate del XXXII Canto del Paradiso, insieme a Sara ed a Rebecca:
«Ne l’ordine che fanno i terzi sedi, siede Rachel di sotto da costei con Bëatrice, sì come tu vedi. Sarra e Rebecca, Iudìt e colei che fu bisava al cantor che per doglia del fallo disse Miserere mei»
Racconto biblico
Il libro dice che Giuditta liberò la città di Betulia assediata dagli Assiri del re Nabucodonosor. Della sua bellezza si invaghì Oloferne, loro generale, il quale la trattenne con sé al banchetto; vistolo ubriaco, Giuditta gli tagliò la testa con la sua stessa spada e poi ritornò nella città. Gli Assiri, trovato morto il loro condottiero, furono presi dal panico e facilmente messi in fuga dai Giudei.
La storicità di tale personaggio biblico è molto dubbia, così come è errata la descrizione storica degli eventi data dallo stesso Libro di Giuditta che - secondo gli esegeti della École biblique et archéologique française (i curatori della Bibbia di Gerusalemme), concordemente ad altri studiosi cristiani - è caratterizzato da "un'indifferenza totale nei confronti della storia e della geografia" Ad esempio, Oloferne è un nome di origine persiana e Nabucodonosor, che viene detto regnasse a Ninive sugli Assiri, in realtà regnò tra il 605-562 a.C. sui Babilonesi e al suo tempo Ninive era già stata distrutta (nel 612 a.C.) da suo padre Nabopolassar; inoltre, il ritorno dall'Esilio babilonese - che avverrà solo sotto Ciro il Grande nel 538 a.C. - viene descritto come già accaduto.
Anche la città di Betulia - al centro della narrazione - nonostante le precisazioni topografiche e benché sia presentata come città in posizione strategica per il controllo dell'accesso verso la Giudea risulta inesistente e il tragitto compiuto dall'esercito di Oloferne è una "«sfida» alla geografia" della regione, che era evidentemente sconosciuta all'autore del resoconto.
Golia (in ebraico Goliyāṯ, che significa: "passaggio", "rivoluzione") era un soldato filisteo, fedele capo nelle truppe del sovrano Achish di Gat, acerrimi nemici di Israele. Viene definito un campione dei Filistei, menzionato nella Bibbia e famoso, secondo la versione data dal Primo libro di Samuele, per la sua battaglia con Davide, il futuro re giudeo, che sarebbe avvenuta alla prima metà del X secolo a.C.
Golia nel Primo libro di Samuele
Il gigante Golia e la sua battaglia contro Davide vengono descritte nel Primo libro di Samuele 17. Ecco come viene presentato questo guerriero che, a prima vista, sembra invincibile:
«Dall'accampamento dei Filistei uscì un campione, chiamato Golia, di Gat; era alto sei cubiti e un palmo. Aveva in testa un elmo di bronzo ed era rivestito di una corazza a piastre, il cui peso era di cinquemila sicli di bronzo. Portava alle gambe schinieri di bronzo e un giavellotto di bronzo tra le spalle. L'asta della sua lancia era come un subbio di tessitori e la lama dell'asta pesava seicento sicli di ferro.» (1Samuele 17,4-7, su laparola.net.)
Davide solleva la testa mozzata di Golia, illustrazione di Gustave Doré
Il racconto continua raccontando la sfida che Golia rivolge all'esercito di Saul. Nessuno degli ebrei osa accettarla, eccetto il giovane Davide: «Davide disse a Saul: Nessuno si perda d'animo a causa di costui. Il tuo servo andrà a combattere con questo Filisteo.» (1Samuele 17,32, su laparola.net.)
Infine il testo racconta come Davide lo abbatte con la fionda e con una pietra, e la decapitazione del suo cadavere:
Golia nel Secondo libro di Samuele
Il Secondo libro di Samuele, seguendo una diversa tradizione rispetto al Primo libro di Samuele, riporta che Golia fu ucciso da Elcanan, figlio di Iair di Betlemme:
«Ci fu un'altra battaglia contro i Filistei a Gob; Elcanan, figlio di Iair di Betlemme, uccise Golia di Gat: l'asta della sua lancia era come un subbio di tessitori.» (2Sam 21,19, su laparola.net.)
Gli esegeti dell'interconfessionale Bibbia TOB - nel precisare che il Secondo libro di Samuele "situa a Gob (Guibbetôn?) la vittoria riportata su Golia di Gat da un prode di Davide, chiamato Elcanan" - ritengono quindi "che si sia voluto identificare con Golia, vittima di Elcanan, un filisteo anonimo abbattuto da Davide in un combattimento singolo. Oppure si è attribuito a Davide, amplificandola, la prodezza compiuta da Elcanan"; anche gli esegeti del "Nuovo Grande Commentario Biblico" concordano come "il nucleo storico è amplificato e accreditato a Davide in 1Sam17; proprio come nella maggior parte delle storie, si ascrive, anche oggi, all'autorità regnante il merito delle decisioni politiche importanti o delle gesta compiute dai suoi sudditi". Tale tradizione - secondo gli studiosi della École biblique et archéologique française (i curatori della Bibbia di Gerusalemme), concordemente con quelli della Bibbia Edizioni Paoline - è la più antica: "2Sam 21,19 attribuisce la vittoria su Golia a uno dei prodi di Davide [Elcanan]; questa tradizione sembrerebbe la più antica. La tradizione primitiva del c 17 [in 1Sam] parlava solo di una vittoria di Davide su un avversario anonimo, «il Filisteo»".
Un racconto di Elcanan è riportato anche nel Primo libro delle Cronache - successivo di oltre un secolo ai libri di Samuele - dove si sostiene che questi uccise Lacmi, in fratello di Golia (1Cro20,5). La maggioranza degli studiosi, anche cristiani, ritiene che sia stata volontà dell'autore del brano 1Cro20,5 di attribuire ad Elcanan l'uccisione del fratello di Golia - invece che di Golia stesso, come nel Secondo libro di Samuele - al fine di evitare un disaccordo con il Primo libro di Samuele, dove si dice sia stato Davide ad uccidere Golia.
Famiglia
La Bibbia fa riferimento ad un fratello di Golia, tal certo Lacmi, ucciso da Elcanan figlio di Iair in un'altra guerra contro i Filistei (Primo libro delle Cronache, cap. 20 vers. 5). La tradizione ebraica dà a sua madre il nome di Harapa, identificandola con ‘Orapah, moglie di Kilyon del Libro di Rut.
Paralleli islamici
Golia viene citato nel Corano nella sūrat al Baqara, versetto 251, col nome arabo di Ğālūt. Il Corano è abbastanza sbrigativo e riassume l'intera guerra con i filistei in soli tre versi. Il Corano cita l'uccisione di Ğālūt (Golia) da parte di Dāwūd (Davide) che segna l'ascesa al trono del sovrano. Ğālūt viene elevato dal Corano 2, 2:249 a comandante delle truppe.
Gomer era il figlio maggiore di Jafet (e della linea Jafetica), e padre di Ashkenaz, Rifat e Togarma, secondo la "Tavola delle Nazioni" della Bibbia (Genesi 10).
Gomer è anche menzionato nel Libro di Ezechiele 38: 6 come alleato di Gog, il principe della terra di Magog.
Il nome ebraico Gomer si riferisce ai Cimmeri, che dimorarono nell'attuale Russia meridionale, "oltre il Caucaso", e attaccarono l'Assiria alla fine del VII secolo a.C. Gli assiri li chiamavano Gimmerai; il re cimmero Teushpa fu sconfitto da Asarhaddon d'Assiria tra il 681 e il 668 a.C.
Interpretazioni
Flavio Giuseppe pose Gomer e i "Gomeriti" nella Galazia anatolica: "Poiché Gomer fondò quelli che i Greci ora chiamano Galati, ma furono poi chiamati Gomeriti." La Galazia infatti prende il nome dagli antichi Galli (Celti) che vi si stabilirono. Tuttavia, il successivo scrittore cristiano Ippolito di Roma nel c. 234 assegnò a Gomer il ruolo di antenato dei Cappadociani, vicini dei Galati. San Girolamo (c. 390) e Isidoro di Siviglia (c. 600) seguirono l'identificazione di Flavio Giuseppe con Galati, Galli e Celti.
Secondo il trattato Yoma, nel Talmud, Gomer è identificato come "Germamya".
Nel folklore islamico, lo storico persiano Muhammad ibn Jarir al-Tabari (c. 915) racconta una tradizione persiana secondo cui Gomer visse fino all'età di 1000 anni, notando che questo record era uguale a quello di Nimrod, ma era insuperabile da chiunque altro menzionato nella Torah.
I Cimbri erano una tribù stabilita nella penisola dello Jutland in Germania (oggi Danimarca) nel ca. 200 a.C., che nell'antichità erano variamente identificati come cimmeri, germanici o celtici. In tempi successivi, alcuni studiosi li collegarono ai Gallesi e ai discendenti di Gomer. Tra i primi autori a identificare Gomer, i Cimmeri e i Cimbri, con il nome endonimo gallese, Cymri, fu l'antiquario inglese William Camden nella sua Britannia (pubblicato per la prima volta nel 1586). Nel suo libro del 1716 Drych y Prif Oesoedd, anche l'antiquario gallese Theophilus Evans postulò che i gallesi discendevano dai cimmeri e da Gomer; a questo seguirono numerosi scrittori successivi del XVIII e XIX secolo. Questa etimologia è considerata falsa dai moderni linguisti, che seguono l'etimologia proposta da Johann Kaspar Zeuss nel 1853, che deriva Cymry dalla parola brittonica *Combrogos ("connazionale").
Nel 1498 Annio da Viterbo pubblicò frammenti noti come Pseudo-Berosso, ora considerato un falso, sostenendo che i registri babilonesi avevano dimostrato che Comero Gallo, cioè Gomer figlio di Iafet, si era stabilito per la prima volta a Comera (in Italia) nel decimo anno di Nimrod in seguito la dispersione dei popoli. Inoltre, Tuiscon, che Pseudo-Berossus chiama il quarto figlio di Noè, e dice che governò per primo in Germania/Scizia, fu identificato dagli storici successivi (ad esempio Johannes Aventinus) con Ashkenaz, figlio di Gomer.
Discendenza
Tre figli di Gomer sono menzionati in Genesi 10, vale a dire Ashkenaz, Rifat (scritto Difat in I Cronache) e Togarma
I discendenti di Ashkenaz furono originariamente identificati con gli Sciti (Ishkuza in assiro), poi dopo l'XI secolo, con la Germania. Gli Aschenaziti, ovvero gli ebrei originari dell'Europa centrale, prendono il nome dal termine ebraico medievale Ashkenaz, che stava ad indicare la valle del Reno.
Rifat è associato da Flavio Giuseppe alla Paflagonia, mentre secondo alcuni scrittori successivi fu l'antenato dei popoli Celti. Alcune edizioni della cronaca irlandese Lebor Gabála Érenn fanno di Rifat l'antenato degli Irlandesi, sebbene questo ruolo sia più spesso ricoperto da Magog, il fratello di Gomer.
Le antiche cronache armene e georgiane elencano Togarma come l'antenato di entrambi i popoli che originariamente abitavano la terra tra il Mar Nero e il Mar Caspio e tra due montagne inaccessibili, il Monte Elbrus e il Monte Ararat, rispettivamente. Secondo i registri khazari, Togarma era considerato l'antenato dei popoli di lingua turca.