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Personaggi Biblici B

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Personaggi Biblici "B"
Balaam era un indovino che troviamo citato a partire dal capitolo 22 del libro dei Numeri. Nel racconto in questione, egli viene chiamato dal re di Moab a maledire il popolo di Israele, ma per ben tre volte Dio glielo impedisce, così che Balaam non può fare altro che benedirlo abbondantemente, provocando l'ira del re che lo aveva "ingaggiato".
Esistono due diversi racconti su Balaam nella Bibbia:
* Balaam e Balak, che contiene una breve storia collaterale che racconta dell'episodio di Balaam ed il suo asino.
*Balaam ed i Madianiti.
Balaam e Balak
La principale storia di Balaam ha luogo nel tempo del soggiorno degli Israeliti nella piana di Moab, ad est del fiume Giordano, alla fine di quarant'anni di peregrinazione nel deserto, poco dopo la morte del sommo sacerdote Aronne, fratello di Mosè, e del successivo attraversamento del Giordano. Gli Israeliti hanno già sconfitto due re dal lato occidentale del Giordano: Sihon, re degli Amorriti, e Og, re di Bashan. A ragione di questo Balak, re di Moab, si allarma, e invia gli anziani di Moab e dei Madianiti presso Balaam, figlio di Beor, per indurlo a raggiungerlo e ad aiutarlo maledicendo Israele. Il posto dove si trova Balaam viene spiegato semplicemente come "presso il suo popolo" nel testo masoretico, anche se sia il Pentateuco samaritano, sia la Vulgata, che la Peshitta lo identificano con Ammon, cosa che viene accreditata da molti studiosi moderni.
Balaam risponde ai messi di Balak di attendere il giorno seguente per sapere cosa gli dirà Dio, il quale infatti gli appare e gli impone di non andare. Gli anziani tornano da Balak e gli riferiscono quanto accaduto. Allora egli manda nuovamente altri anziani per convincerlo, questa volta più influenti, promettendo a Balaam grandi ricchezze. Balaam, come prima, fa soggiornare gli anziani in attesa di ciò che Dio gli dirà. Nella notte Dio appare a Balaam al quale dà il permesso di andare "...ma farai ciò che io ti dirò." Balaam allora, la mattina seguente, sella l'asina (considerata nel II millennio una cavalcatura d'onore) e parte con gli anziani di Moab.
Alla partenza di Balaam si accende l'ira di Dio (qui la contraddizione sembra indicare un cambio di tradizione - jahvista), cosicché appare l'angelo del Signore con in mano la spada per ostacolare il suo cammino. L'asina, l'unica a vedere l'angelo, cerca di deviare la strada per tre volte, mentre Balaam, infuriato ed ignaro, comincia a percuotere la ciuchina che, a causa dell'impedimento dell'angelo, rifiuta di muoversi. A questo punto l'asina riceve miracolosamente il potere di parlare e si lamenta del trattamento ricevuto dal suo padrone.
«Che ti ho fatto perché tu mi percuota già per la terza volta?». 29 Balaam rispose all'asina: «Perché ti sei beffata di me! Se avessi una spada in mano, ti ammazzerei subito». 30 L'asina disse a Balaam: «Non sono io la tua asina sulla quale hai sempre cavalcato fino ad oggi? Sono forse abituata ad agire così?». Ed egli rispose: «No».»
(Dialogo tra Balaam e la sua asinella, in Numeri 22:28)
Allora Dio concede anche a Balaam di vedere l'angelo, che lo informa che il comportamento dell'asinella è stata l'unica ragione che lo ha trattenuto dall'ucciderlo una volta per tutte. Balaam immediatamente si pente, domanda se deve tornare indietro, ma l'angelo gli ordina di proseguire "...ma dirai soltanto quello che io ti dirò".
Croniche di Norimberga
Balak allora incontra Balaam a Kiriat-Cusot; allora si recano negli "alti luoghi di Baal" e offrono sacrifici su sette altari, cosa che provocherà che Balaam riceva una profezia da Dio, che lui riferirà a Balak. Giunto al dunque, e nonostante il suo mentore gli intimi il contrario, la profezia benedice Israele; Balak si lamenta incessantemente, ma Balaam gli rammenta che lui può soltanto pronunciare le parole che Dio pone nella sua bocca; dunque Balak lo porta su un altro "luogo elevato" sulla Pisgah, per provare a maledire di nuovo Israele. Si costruiscono altri sette altari in quel luogo e si eseguono sacrifici su ciascuno. Nonostante tutto Balaam pronuncia un'altra profezia che benedice Israele.
Balaam finalmente viene riportato a Peor da Balak, ora veramente frustrato, e dopo i sette sacrifici lì eseguiti decide di non cercare di fare incantesimi, ma invece osserva il Popolo d'Israele dal picco. Lo spirito di Dio discende e travolge Balaam e gli consegna una terza profezia positiva su Israele. La furia di Balak sale al punto di minacciare Balaam, ma Balaam meramente gli offre una predizione sul suo fato. Balaam allora rivolge lo sguardo sui Keniti e sugli Amaleciti e proferisce due ulteriori predizioni sul futuro. Alla fine Balak e Balaam proseguono per le proprie vie, ciascuno verso la rispettiva casa... per il momento. Il libro del Deuteronomio 23:3-6 fa una sintesi di questi eventi e inoltre afferma che gli Ammoniti si erano associati ai Moabiti. Giosuè, nel suo discorso di addio, menziona questo passo del Pentateuco.
Balaam ed i Madianiti
Neemia, Michea, e Giosuè proseguono nel racconto storico di Balaam, il profeta maledicente, che consiglia ai Medianiti come portare il disastro sugli Israeliti seducendo la loro gente. Questo è in accordo con gli eventi della Eresia di Peor, registrata nei Numeri dopo il racconto di Balaam e Balak. Molto dopo, durante la guerra contro i Madianiti, anch'essa nei Numeri, Balaam è citato in un elenco di Madianiti uccisi dagli ebrei come vendetta per la faccenda di Peor.
 
Secondo una leggenda ebraica, il Faraone egizio aveva tre consiglieri per aiutarlo a prevenire una potenziale rivolta ebraica: Jethro, Job, e Balaam. Jethro consiglia la conciliazione, Job si astiene, e Balaam consiglia di schiavizzare i Giudei.
*Balaam e l’asinella
Nella Bibbia, libro dei Numeri, Balaam ha una asinella che ha il potere di vedere gli angeli e di parlare, dicendo le lodi di Dio.
Mentre gli animali parlanti sono una caratteristica comune di leggende e religioni nel folklore mondiale, l'unico altro caso presente nell'Antico Testamento è quello del serpente nell'Eden. I commentatori giudei classici, come Saadia Gaon, e Maimonide, insegnavano che un lettore non dovrebbe prendere questa parte della storia alla lettera. Piuttosto, essi spiegavano, dovrebbe essere letta come una testimonianza delle esperienze profetiche, che vengono vissute come sogni, o visioni, e di conseguenza, in effetti l'asinella non aveva parlato. Il rabbino Joseph H. Hertz, uno dei più grandi commentatori biblici ebraici del XX secolo, scrisse che questi versi:
«Rappresentano la continuazione sul piano subconscio del conflitto mentale e morale nell'anima di Balaam; e l'apparizione nei sogni e la somarella parlante non sono altro che un ulteriore avviso a Balaam perché non si faccia traviare per via dell'avarizia e finisca per violare i comandamenti di Dio»
(Rabbino Joseph H. Hertz, XX secolo)
Punti di vista simili sono sostenuti da studiosi cristiani come E. W. Hengstenberg e altri, anche se alcuni, ad es. Voick, considerano che la storia dell'asina parlante debba essere figurativa; l'asina ragliò, e Balaam tradusse questi suoni in parole.
Secondo la moderna critica testuale, circa il 90% degli studiosi biblici che sostengono l'ipotesi documentaria, questa porzione del racconto è diversa rispetto alla versione jahvista della storia. A loro parere, gli jahvisti deliberatamente considerano che l'asina abbia parlato realmente, e che l'intero episodio sia stato congegnato per deridere Balaam. Evidentemente agli jahvisti non piacevano i profeti non-Giudei, e il loro testo è molto più aspro verso Balaam rispetto a quello degli elohisti. Mentre i paragrafi che subito precedono questo episodio sembrano di matrice elohista, questo trattamento spiega perché Dio, in sogno, dica a Balaam di recarsi con i principi alla corte di Balak, e successivamente, in apparente contraddizione, invii un angelo per evitare che Balaam si rechi da Balak assieme ai principi.
Secondo una leggenda popolare giudaica, 10 cose vennero create per ultime il sesto giorno, alla fine della Creazione, proprio prima dell'alba del settimo giorno, in cui Dio riposò.
In ebraico בָּלָק, Bālāq, era un re di Moab descritto nel Libro dei Numeri della Bibbia ebraica dove sono narrati i suoi trascorsi con il profeta Balaam.
Nella Bibbia
Nel capitolo precedente dei Numeri, gli Israeliti, in cerca della Terra Promessa in seguito al loro Esodo dall'Egitto, avevano sconfitto i Cananei in un luogo chiamato Hormah, così come gli Amorrei e il popolo di Basan, e poi si avvicinarono a Moab. La narrazione biblica sottolinea le paure del popolo di Moab, che era spaventato" e terrorizzato. Le loro paure sembravano riguardare le dimensioni della popolazione israelita e il conseguente esaurimento delle risorse che ci si sarebbe potuti aspettare se gli fosse stato permesso di occupare le terre moabite.
Balak provò a ingaggiare Balaam allo scopo di maledire la comunità israelita immigrante nel suo territorio. Durante il suo viaggio per incontrare i principi di Moab, Balaam viene fermato da un angelo del Signore dopo aver percosso il suo mulo. Dice all'angelo che tornerà a casa e ammetterà il suo peccato; l'angelo lo istruisce di andare all'incontro ma dire ciò che gli verrà suggerito. Secondo Numeri 22:2 e il Libro di Giosué 24:9, Balak era il figlio di Zippor.
Balak inizialmente conferì con i suoi alleati di Madian al fine di bloccare l'insediamento israelita, prima di inviare i suoi anziani (insieme agli anziani madianiti) a scagliare la maledizione di Balaam su di loro. I Madianiti sembrano essere stati localizzati insieme ai Moabiti - secondo il Targum Jonathan, in quel momento erano un'alleanza di popoli e quindi avevano un interesse comune nel prevenire l'insediamento israelita nell'area.
Dopo che la sua missione con Balaam per maledire gli israeliti fallì, Balak decise di allearsi con i Madianiti per radunare le loro donne per indurre gli uomini israeliti all'adulterio.
Altre fonti che descrivono in dettaglio la storia di Balak sono:
- Numeri 22-24
- Giudici 11:25 - Questa è l'unica volta nella Bibbia in cui Balak non è menzionato in diretta connessione con Balaam.
- Micah 6:5
Secondo il Pulpit Commentary, Balak sembra essere menzionato per nome in un papiro conservato nel British Museum.
Nella Cabala ebraica
Lo Zohar, il testo base della Cabala, offre un'interpretazione speciale del fatto che Balak sia "Il Figlio di Zippor ". In ebraico "Zippor" (ציפור) significa "uccello". Secondo lo Zohar, questo non era il nome del padre di Balak, ma piuttosto si riferiva a un uccello magico di metallo che Balak usava. Come racconta lo Zohar, tale uccello aveva una testa d'oro, una bocca d'argento e ali di rame mescolate con argento, e il suo corpo era d'oro; una volta che l'uccello era costruito, andava posto durante il giorno in una finestra di fronte al sole e durante la notte in una finestra di fronte alla luna, mentre bruciava incenso di fronte ad esso per sette giorni e sette notti.
Di conseguenza, l'uccello avrebbe iniziato a parlare e predire ciò che stava per accadere. Solo i maghi più abili potevano costruire un simile uccello. Balak, il più grande mago della sua epoca, ce l'avrebbe fatta.
L'uccello era sempre appollaiato sulla spalla di Balak e gli sussurrava all'orecchio, e perciò era soprannominato "Figlio dell'uccello". Lo Zohar racconta inoltre che l'uccello pronunciò parole di profezia nell'orecchio di Balak e lo avvertì di non mettersi contro i Figli di Israele, e predisse anche la dura punizione in serbo per lui e per i Moabiti. Tuttavia, Balak perseverò nel modo sbagliato e fu punito esattamente come l'uccello aveva predetto.
Etimologia
Esistono varie etimologie proposte per il nome Balak, tutte a che fare con i bambini o "sprecare, distruggere". Il nome Balak si dice che derivi dal verbo ebraico scarsamente usato balaq, "sprecare" o "devastare" (Isaia 24: 1, 3; Geremia 51: 2). Non ci sono derivazioni di questo verbo oltre a questo nome.
È stato un principe dell'impero neo-babilonese, che governò quale reggente del padre, il re Nabonide, tra il 552 a.C. e il 543 a.C. Baldassar è anche un personaggio biblico, apparendo come ultimo re di Babilonia, secondo il resoconto biblico del capitolo 5 del libro di Daniele, prima della conquista persiana. È famoso per il banchetto profanatore del vasellame sacro del tempio di Gerusalemme durante il quale apparve una mano che scriveva sul muro la condanna e la fine di Babilonia e del suo regno.
Nel racconto biblico
Nel libro di Daniele Baldassar viene presentato come "figlio di Nabucodonosor", il re babilonese che aveva conquistato Gerusalemme e distrutto il regno di Giuda, i cui abitanti furono deportati in Mesopotamia (Esilio babilonese). Alla fine della guerra era stato anche raso al suolo e depredato il Tempio di Salomone.
Il nuovo re Baldassar dunque, nel corso di un banchetto, inebriato dal vino, dà l'ordine di far portare il vasellame sottratto dal Tempio per usarlo per mangiare e brindare alla gloria dei suoi dei. All'improvviso compare una mano priva di corpo, che scrive sulla parete delle parole enigmatiche e poi si dissolve.
Il messaggio recita "mene mene tekel u-parsin" Baldassar, spaventato, ordina ai profeti e sapienti della sua corte di spiegargliene il significato, promettendo a chi ne sarà in grado di rivestirlo di porpora, ricoprirlo di oro e farne il "terzo uomo del regno". Nessuno riesce nell'intento, fino a quando la madre di Baldassar gli suggerisce di convocare l'esule ebreo Daniele, il quale si era distinto per saggezza già durante il regno del predecessore.
Daniele spiega che il messaggio proviene direttamente da Dio, sdegnato per il comportamento sacrilego e l'idolatria di Baldassar, e gli annuncia che i giorni del suo regno sono contati, che lui è stato giudicato e che il regno di Babilonia sarà spartito tra Medi e Persiani. Baldassar mantiene la parola data e ricompensa Daniele. Quella stessa notte il re finisce ucciso e, come predetto da Daniele, Babilonia viene conquistata da Dario, re dei Medi e dei Persiani.
L'interpretazione del messaggio lasciato dalla mano al banchetto di Baldassar è tutt'oggi discussa, ma sembra vada intesa come un gioco di parole in lingua accadica, tradotto in ebraico. Le parole indicano delle unità di misura e valute diffuse nell'antico Medio Oriente: "mene" sta per mina, "tekel" per siclo, "peres" (da "u-parsin") sta per "mezza mina", da qui l'interpretazione offerta da Daniele: "contati (i giorni di Baldassar), pesato (il valore di Baldassar), diviso (il suo regno, tra Medi e Persiani)". "U-parsin" potrebbe anche voler alludere a "Persia".
Storicità
La reale esistenza e la regalità di Baldassar sono state ampiamente contestate dalla critica razionalista dei secoli scorsi soprattutto a causa di alcune affermazioni ritenute errate del Libro di Daniele (fino alle ricerche archeologiche degli anni venti unica fonte di notizie) che afferma il fatto che fosse Re di Babilonia e figlio di Nabucodonosor.
La festa di Baldassar, di John Martin
Studi più recenti hanno potuto dare una certa luce alla figura di Baldassar facendola uscire dal mito in cui era avvolta. La cronologia della dinastia Caldea è stata ricostruita alla luce dei documenti e dei ritrovamenti archeologici: questi indicano i tre successori di Nabucodonosor dopo la sua morte avvenuta nel 562 a.C. in Anvil-Marduk, Nargal-Shar-Usur, Labashi-Marduk; quest'ultimo avrebbe perso il trono usurpato da Nabonide (Nabu-na'id) che non apparteneva alla dinastia ma proveniva probabilmente dal nord del regno.
Dai documenti via via tradotti si intravede il fatto che Nabonide fosse autore di stranezze religiose alterando notevolmente la tradizione fino al punto di stabilirsi per svariati anni nell'Oasi di Teima, nel nord dell'Arabia lasciando il governo di Babilonia proprio a Bel-Shar-Usur (Baldassar), la cui madre era figlia di Nabucodonosor (da cui l'epiteto di figlio secondo l'uso semitico) che quindi sarebbe stato coreggente.
Questa ricostruzione spiegherebbe perché il libro di Daniele riporta la promessa da questi fatta a Daniele di costituirlo terzo del regno (e non secondo) se questi avesse interpretato le parole della scritta sul muro.
Dai racconti di Berosso, babilonese e sacerdote di Marduk, è possibile intravedere anche l'ostilità della classe sacerdotale nei riguardi di Nabonide, il re del periodo in oggetto fino alla caduta di Babilonia, colpevole proprio di avere abbandonato la città, di non aver più celebrato la Festa del Nuovo anno e la famosa processione di Babilonia, di avere introdotto divinità estranee al culto babilonese e di aver trasferito il suo interesse a Teima facendone la sua dimora, secondo alcuni, per sedici anni.
Il re Nabonide stesso si vanta, nel documento cuneiforme denominato Iscrizione di Nabonide di essere un restauratore di Templi e di culti, associandosi idealmente a quanto fatto in passato a Babilonia da Nabucodonosor II.
Benaiah è un nome comune nella Bibbia ebraica.
Etimologia
Nell'etimologia del nome, la prima parte di Benaiah deriva dalla radice-verbo בנה (bambino), che è un verbo ebraico comune che significa "costruire" La seconda parte di Benaia, figlio di Jehoiada.
Il Benaiah più famoso nella Bibbia è il figlio di Jehoiada, che proveniva dalla città della Giudea meridionale di Kabzeel.
Benaiah era uno degli uomini potenti di re Davide, comandante della 3ª divisione dell'esercito a rotazione; (2Re 23,20; 1Cronache 27,5). Aiutò Salomone figlio di Davide a diventare re, uccise i nemici di Salomone e servì come capo dell'esercito di Salomone. Su istruzione di Salomone fu responsabile della morte di Adonia (3Re 2,25), Ioab (3Re 2,34) e Simei (3Re 2,46).
Era a capo dei Cheretei e dei Peletei. Diversi versetti in 3Re 1 chiarire che Benaiah era strettamente legato al partito di Salomone ed escluso dalla fazione di Adonia. È menzionato anche in 2Re 8,18, 23,20-23, 30 e 1Cronache 27,5-6.
Betsabea significa "settima figlia" o "figlia del giuramento" era dapprima la moglie di Uria l'Ittita e più tardi del re Davide, cui partorì tre figli, il secondo dei quali fu Salomone e il terzo Natan. La Bibbia parla di lei soprattutto nel Secondo libro di Samuele e nel Primo libro dei Re.
Betsabea era la figlia di Eliam (Samuele 2 11:3, citato come Ammiel in Cronache 1 3:5). Un certo Eliam è menzionato in Samuele 2 23:34 come figlio di Achitofel, che viene definito "Ghilonita".
Narrano le Sacre Scritture che un giorno il re Davide, passeggiando sulla terrazza del suo palazzo, vede Betsabea fare il bagno. Anche se è a conoscenza che ella è moglie di Uria, uno dei suoi soldati attualmente impegnato in guerra, s'invaghisce di lei, la fa portare nel suo palazzo e la mette incinta. Davide richiama Uria dalla guerra affinché egli dorma con la propria moglie, ma il soldato si rifiuta di dormire a casa propria e giacere con la donna mentre i suoi uomini patiscono in guerra. Il piano di Davide di far credere che sia Uria il padre del bambino fallisce. Perciò il re comanda al suo generale Joab di sferrare un attacco e ordina di mettere Uria in prima fila. Uria muore durante l'attacco e Davide è libero di prendere in moglie Betsabea.
A questo punto interviene il profeta Natan, inviato da Dio, che rimprovera Davide di aver causato la morte di Uria per poter prendere in moglie Betsabea. Davide si pente del male fatto e chiede perdono al Signore. Dio perdona Davide anche se il figlio nato da Betsabea, come castigo, muore dopo pochi giorni. Dopo questo figlio, morto prematuramente, Davide e Betsabea ne hanno un secondo, Salomone, che diventa il prediletto di Davide e gli succederà sul trono, un terzo, Natan (chiamato così in onore dell'omonimo profeta e che sarebbe stato l'unico altro sopravvissuto delle guerre fratricide dei figli di Davide oltre a Salomone, del quale prese le parti fin dall'inizio).
Nella cultura di Massa
Arte
Assieme ad Eva, Betsabea era quasi l'unica donna la cui immagine in stato di nudità poteva essere giustificata facilmente e abitualmente nell'arte cristiana, e pertanto è una figura importante nello sviluppo del nudo nell'arte medioevale. Anche se a volte è raffigurata vestita in altri punti della sua storia, la raffigurazione più comune, sia nell'arte medioevale che in quella successiva, era quella di Betsabea al bagno, come è chiamato formalmente il tema artistico che mostra Betsabea che si fa il bagno, osservata dal re Davide. Questo poteva essere mostrato con vari gradi di nudità, a seconda della posa e della posizione di vesti o asciugamani. Una delle collocazioni più comuni nel quindicesimo secolo, forse sorprendentemente, era nelle miniature che illustravano un libro delle ore, un libro di preghiere personale, che aveva superato il salterio come tipo di libro di devozione più popolare per i laici. In particolare, questo era il caso in Francia.
Nell'arte il soggetto è uno dei più comuni del topos del "Potere delle donne". Essendo un'opportunità per presentare un gran nudo femminile come fulcro di un dipinto di storia, il soggetto era popolare dal Rinascimento in poi. Talvolta sono rappresentate le domestiche di Betsabea o i "messaggeri" inviati da Davide, e spesso un Davide in lontananza che guarda dal suo tetto. A volte i messaggeri sono confusi con lo stesso Davide, ma la maggior parte degli artisti seguono la Bibbia e tengono Davide a distanza in questo episodio. Non sono rare le opere nelle quali la donna viene presentata come una seduttrice, consapevole di essere osservata.
Tra gli artisti che hanno dipinto questo episodio si citano Hans Memling, Rembrandt van Rijn (che dipinse la celebre versione conservata al Louvre), Artemisia Gentileschi, Sebastiano Ricci e Jean-Léon Gérôme. Esiste inoltre un quadro di Paolo Veronese che potrebbe ritrarre Betsabea, anche se si è pensato che questa scena possa essere tratta piuttosto dalla storia di Susanna, narrata nel Libro di Daniele (anche in quest'ultima la protagonista viene spiata mentre si fa il bagno).
Letteratura
La storia biblica ha altresì ispirato delle opere letterarie, come l'opera teatrale David and Bethsabe dello scrittore teatrale inglese George Peele (1588). Il racconto è citato nel romanzo Via dalla pazza folla di Thomas Hardy (1874), la cui protagonista si chiama proprio Bathsheba Everdene. Esistono poi molti romanzi storici sulla storia di Davide che raccontano anche questa vicenda, come L'armonia segreta di Geraldine Brooks.
Musica
- Nella celebre canzone Hallelujah del cantante Leonard Cohen si cita Betsabea, anche se non viene nominata, nel verso "You saw her bathing on the roof / Her beauty and the moonlight overthrew ya" ("L'hai vista che si lavava sul tetto/ La sua bellezza e il chiaro di luna ti hanno abbattuto").
- La canzone Dead dall'album Doolittle dei Pixies (del 1989) raffigura la lussuria di Davide nei confronti di Betsabea, la gravidanza causata dal loro adulterio e il decesso di Uria. Betsabea e Uria sono citati per nome.
- Mad About You, una canzone dall'album di Sting del 1991 The Soul Cages, esplora l'ossessione di Davide per Betsabea dal punto di vista del primo.
- David and Bethsheba dall'album Bottom of the Sea dei Brown Bird è una riscrittura della storia dal punto di vista di Davide.
Bezaleèl è un personaggio del libro dell'Esodo. Fa parte della tribù di Giuda ed è noto per aver costruito l'arca dell'Alleanza.
Secondo le scritture fu ispirato da Dio per la costruzione del Tabernacolo, o Mishkan: egli fu «riempito dello spirito di Dio» affinché avesse «saggezza, intelligenza e scienza in ogni genere di lavoro»; lavorò assieme a Ooliab.
La Cabala ebraica afferma che Dio guidava contemporaneamente la sua Chokhmah e le sue mani nell'opera.
 
È un personaggio della Bibbia (Antico Testamento, Genesi).
 
Era la serva della seconda moglie di Giacobbe, Rachele, la quale a differenza della sorella maggiore Lia, madre di Ruben, Simeone, Levi e Giuda, non aveva ancora dato figli al marito.Nella Genesi si racconta dunque che diede al marito la propria serva Bila come concubina e Bila diede a Giacobbe due figli, Dan e Neftali (Genesi 30).
 
In seguito Ruben perse la primogenitura a causa dei rapporti avuti con Bila.
 
Bithia, in ebraico Batya (letteralmente "figlia di Dio"), è un personaggio dell'Esodo, secondo la narrazione del Midrash (il testo biblico infatti non riferisce il suo nome). È la madre adottiva di Mosè, la principessa egizia che lo trovò sulle rive del Nilo.
 
Nella Bibbia e nel Midrash
 
Nel racconto biblico è definita come figlia del faraone senza essere mai chiamata per nome. Il Midrash la chiama Bithia per la compassione con la quale salvò Mosè dal fiume Nilo. Viene descritta come una donna pia e affettuosa, che voleva ripulirsi nel Nilo dall'idolatria egiziana.
Viene menzionata nel libro delle Cronache (1, 4:18) come moglie di Mered, della tribù di Giuda, identificato nel Midrash come Caleb, uno dei dodici esploratori mandati nella terra promessa. Il Midrash riferisce inoltre che Bithia non fu colpita da nessuna delle dieci piaghe e fu l'unica primogenita a non rimanere uccisa nella decima.
 
Nell’Islam
 
Nel Corano, Bithia è chiamata moglie del faraone, nel hadith viene denominata Asiyah, una delle quattro “donne migliori”
 
Nei Film
 
Nella cinematografia viene spesso ritratta come sorella del faraone, per mostrare meglio la relazione parentale fra Mosè e la famiglia reale. Nel film I dieci comandamenti (1956) è ritratta come figlia di Ramses I e sorella di Sethi, il faraone che amerà Mosè come un figlio e vorrà farlo suo erede. Il marito è morto prematuramente, lasciandola senza figli.
È descritta come una donna compassionevole ed eroica che lascia tutto per seguire il sogno del figlio adottivo, seguendolo perfino nell'Esodo deserto. Prende parte alla prima Pasqua, celebrata prima della partenza. Abbandona il comodo posto nella sua lettiga per aiutare gli israeliti più deboli durante la traversata del mar Rosso.
Quando Ramses ordina ai suoi carri di inseguire gli ebrei, Bithia cerca di fermarli. Il suo futuro marito, Mered, la dissuade però da quest'azione eroica ma suicida. Quando gli egiziani vengono travolti dai flutti del mare, Bithia si addolora per la loro morte e viene confortata da Mered, una reazione senza dubbio più umana di quella narrata dall'Esodo di Miriam e delle altre donne che ballano e cantano per la loro morte.
 
Nel film d'animazione Il principe d'Egitto, Bithia è la moglie di Sethi e la madre di Ramses.
 
Booz (o Boaz) è un personaggio biblico del Libro di Rut.
 
Fu il secondo marito di Rut, bisnonno in linea diretta del re Davide e quindi parte della genealogia di Gesù (Matteo 1,5-6).
 
Quando Rut giunse vedova a Betlemme insieme alla suocera Noemi, Booz diede aiuto a Rut, che spigolava nel suo campo (Rut 2,8-9 e successivamente la sposò, nonostante fosse una moabita. La loro unione fu benedetta dagli anziani della città (Rut 4,11-12) e il figlio che nacque loro, Obed, generò Iesse, padre di Davide.
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