Orfanelli/e
Il Santuario > Pompei tra Cronaca e Storia
*Vincenza, la trovatella di Roseto Valfortore
Articolo del 1888 - La Vergine del Rosario e la trovatella di Roseto Valfortore
Non sono ancora cinque anni, che un mattino per tempo entrava nella Chiesa di Roseto Valfortore una povera donna, nominata Maria…, la quale aveva il santo e lodevole costume di ascoltare la messa dell’aurora per poi attendere alle sue faccende. E apprestatasi all’altare della Vergine del Rosario alla incerta luce dell’alba, vide sulla predella come un rotolo di cenci. Credutolo brano di stracci lo scostò con il piede. Ma avvertito un certo peso, fu mossa a vedere che cosa vi si contenesse. E svolto quei cenci, vi trovò una bella bambina, a cui fu posto il nome di Vincenza. Ne ebbe cuore la buona donna, che era pur madre, di abbandonare la meschina creatura, la quale trovata ai piedi dell’Altare della Madonna, pareva a Lei che la Madonna stessa a Lei la presentasse. E sebbene poverella, e carica di cinque figlioletti, se la recò a casa, la nutrì con il suo latte e se la tenne a propria figlia.
Dopo cinque anni le venne udito che a questa Valle del Rosario si ponevano in salvo le orfanelle abbandonate, e disse: - La Madonna del Rosario mi diede questa bambina: sento oggi che la Madonna del Rosario mi diede questa bambina: sento oggi che la Madonna del Rosario ha aperto una casa alle Orfanelle nella sua Valle di Pompei; io non faccio torto a questa creatura se la restituisco a Chi me l’ha data.
E la bambina Vincenza forma oggi un nuovo fiore trapiantato nel mistico roseto della Vergine di Pompei.
Un’Orfanella che non ha ancora tre anni! – Di questo secondo Rosario di beneficenza fa parte un’altra bambina di Napoli, la quale non ha ancora l’età di tre anni.
Si è fatta eccezione per l’età a questa bambina, poiché il caso è degno di eccezione. Questa creaturina, insieme con sua sorella a sei anni era rimasta sola in mezzo alla via, dopo la morte della Madre. Ed una giovane napoletana, vedova, più povera di esse, punta nel cuore di quel caso spietato, le aveva raccolte per carità presso di lei: ma per guardarle e guidarle tutto il giorno, non poté più recarsi a lavorare e vivere di pane almeno: onde tutte e tre pativano la fame. Il benemerito Padre Carlo Rossi ha trovato modo di collocare la Vedova al servizio di onesta famiglia. Il Vice-Sindaco della Sezione Pendino, egregio Cav. Ruggiano, si è adoperato di collocare la fanciulletta più grande; e la bambina, che non ha tre anni, l’abbiamo noi ricoverata nell’Arca di Rifugio, sotto il manto della Vergine di Pompei!
*Erminia ed Ermelinda: altre due Orfanelle abbandonate di Napoli
A compiere il numero di 30 orfanelle, cioè la seconda Corona di carità che adorna la fronte verginale della Madre degli afflitti in questa sua Valle, mancavano due altre gemme: e la Città di Napoli le ha presentate.
Erminia ed Ermelinda, povere fanciulle, prive del bacio materno, vivevano con una zia anch’essa poverissima. In questo mese di Settembre la meschina è stata scacciata sulla via perché non poteva pagare la pigione. Visto un giorno mancare affatto il pane a lei ed altre due creature, desolata, piglia, per mano le due fanciulle, e vanno diritto alla Questura Centrale, ed ivi le lasciò, allegando non potere sostentare pure sé stessa.
Il Rev. Sac. D. Errico Marano, saputo il triste caso, venuto in Valle a predicare la Domenica, narrò l’accaduto, e nonostante che non vi fosse in questo nascente Orfanotrofio più un posticino da occupare, né alcun letto, il giorno seguente entrambe erano qui raccolte.
E con queste può dirsi compiuto il secondo Rosario di beneficenza, ed il primo Capitolo della Storia della Carità in Valle di Pompei.
Ecco, che nel giorno della sua festa in questo anno la regina dei fiori eterni vedrà circondato il suo Trono di Valle di Pompei da una doppia corona di figlie, che innalzeranno con profumi dell’incenso la voce della preghiera dell’innocenza,
*Carmela e Gilda, le mie zie Orfanelle
Sono Paolino Papa, nipote delle due Orfanelle di cui allego la foto scattata negli anni ’20, quando furono ospiti degli Istituti di Pompei.
Nel mese di febbraio 2014, Carmela Papa ha lasciato morendo, all'età di 93 anni, una piccola somma di denaro per ogni suo nipote. Gilda era morta negli anni ’50.
Io, Paolino, offro con tutto il cuore la mia quota al Santuario di Pompei in ringraziamento per quanto fatto per le mie zie durante la loro permanenza all'Ospizio Femminile, e anche perché zia Carmela ne sarebbe stata contenta.
Con gratitudine e devozione.
Paolino Papa – Marigliano (NA)
*Domenico Pullano - il primo figlio di carcerato raccolto in Valle di Pompei
È da tre anni che il nostro cuore non posa, preso da un ardente impulso che lo muove alla pietà. Nel maggio del passato anno più non mi ritenni di significare ai miei amici ed associati cotesto sentimento nuovo che occupandomi il cuore, lo torturava ineffabilmente; e misi fuora per le stampe quel programma della nuova Opera che intitolai: “Un voto del cuore”.
Il cuore in vero non sa restarsene inoperoso, e mentre che la mente affatica a maturare concetti di perfezionamento dell’Opera, esso batte e batte e non posa. Vedevamo nella nostra fantasia fra quelle mura, che si edificheranno fra breve, entrare a centinaia fanciulli reietti da tutti, laceri, deserti, odiatori, forse, dei loro fratelli ed odiati; li vedevamo uscirne valenti artefici, educati ed atti al bene, amatori dei fratelli più avventurati e ricambiati di pari affetto; ma la impazienza del nostro cuore non si acchetava.
E malgrado le speranze riposte nell’anelato avvenire, non abbiamo saputo, non abbiamo potuto aspettare: a volte l’impulso prepotente dell’animo rivela la disposizione della Provvidenza.
Così, prima ancora che si gettino le fondamenta di un’Opera che è frutto di un ardente slancio di carità, abbiamo già accolto il primo infelicissimo “figlio di carcerato”.
Qui basti sapere ch’egli è un vispo fanciullo di nove anni appena; si chiama Domenico, ed è nativo della forte terra di Calabria, ferace d’ingegni, già scuola e di civiltà alla rimanente Italia.
Ma in quel giorno abbiamo noi voluto raccogliere le primizie dell’Opera? Fu nella festa del glorioso S. Giuseppe, nel 19 marzo 1891.
(Autore: Bartolo Longo)
*Giovina e Nunziatina Canzanelli - due delle prime 10 Orfanelle
Alle care Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei.
Sono Antonietta Stile di Torre del Greco. Vorrei far conoscere ai lettori di questa rivista la storia di due delle prime dieci Orfanelle che il Beato Bartolo Longo riunì nell’Istituto da Lui fondato. Si chiamavano Giovina e Nunziatina Canzanelli (nella foto).
A Torre del Greco, nella zona dei Cappuccini, abitava un Vescovo, Mons. Antonio Scotti, che non era del luogo, ma nato a Napoli nel 1837, era stato Vicario e poi Vescovo della Diocesi di Benevento.
Nel 1898 l’anziano presule si ritirò a vita privata e scelse Torre del Greco, luogo salubre per la sua salute. Però era solo, non aveva parenti che gli potessero far compagnia o badare alla casa così si rivolse all’Orfanotrofio di Pompei e ospitò le due signorine a casa sua.
Il Vescovo le curò come figlie e alla sua morte, avvenuta l’11 giugno 1919, lasciò loro una dote che avrebbe permesso ad entrambe di vivere abbastanza bene.
Giovina morì durante la II guerra mondiale, Nunziatina ha goduto di una più lunga vita. Noi la chiamavamo “a Signurina Monsignore”. Era sempre con il sorriso sulle labbra, disposta ad aiutare tutti, specie i bambini, amava molto cantare, si prestava tanto per la nostra parrocchia di “Sant’Antonio Brancaccio”.
Con il passare degli anni si ammalò e, all’età di 90 anni fu affidata alle Suore della Divina Provvidenza dove, ultranovantenne, il 3 novembre 1976, morì.
Un caro saluto.
(Antonietta Stilke -Torre del Greco – Napoli)
*Antonio Coviello
Il compimento della Scuola dell’obbligo impose anche a me, come a tanti altri ragazzi, il complesso problema: quale indirizzo dare ai miei studi successivi.
Bastarono pochi giorni per convincermi a prendere una decisione che destò tanta meraviglia e forse anche curiosità nei miei compagni e nelle loro famiglie. Mi iscrissi all’ Istituto Tecnico per le Arti Grafiche. Due fattori avevano condizionato positivamente la mia scelta: uno emotivo, l’altro razionale.
Figlio di un rotocalcografo che aveva lavorato nelle officine grafiche volute da Bartolo Longo, volevo seguire le orme di mio padre, affascinato dall’arte tipografica; vedevo, poi, una forte espansione in questo settore tecnologico.
Vivono ancora i ricordi, dopo circa trenta anni; le ampie sale, i banchi di composizione, le macchine meravigliose che nell’apparente monotonia dei movimenti, stampavano senza posa cartoline, immagini, almanacchi, libri con sorprendente velocità. E poi la guida affettuosa degli impareggiabili maestri Elia Pirollo, Alberto Sicignano e tanti, tanti altri… Una sana e completa educazione umana e professionale favorirono un buon inserimento nel mondo del lavoro.
*Biagio Cuomo
Ho 17 anni e sono ospite delle Opere Pompeiane da ben 132 anni. Quando mia madre mi portò a Pompei, ne avevo appena 5. Ho frequentato un anno di asilo e la prima elementare all’Istituto “Sacro Cuore”, le altre quattro classi all’Istituto “Assunta Ponzo”, con le suore. Ora sto al Bartolo Longo e frequento il terzo anno di Addetto alla Manutenzione di Elaboratore Elettronico. Sono sei anni che vivo in questo Istituto e fra pochi mesi, dopo l’esame di qualifica, tornerò in famiglia. È un momento che attendo con ansia ma anche con trepidazione. Talvolta mi sorprendo a sognare la vita che condurrò fuori dell’Istituto, la libertà, la famiglia, le serate con gli amici; ma come un tarlo sento un’infinita tristezza: lasciare gli Educatori che con pazienza e amore paterno mi hanno seguito, educato e fatto diventare uomo; lasciare gli amici con cui ho vissuto le esperienze gioiose e tristi per ben dodici anni, come si può dimenticare tutto ciò? Sono sicuro che la fede in Dio e la fiducia nella SS. Vergine, che sento profondamente radicate in me, mi daranno la forza necessaria per affrontare la vita.
*Michele Curtis
Quando mi è stato chiesto di preparare una testimonianza della mia vita vissuta all’ombra delle Opere del Beato Bartolo Longo ho avuto immediatamente una fortissima titubanza poiché mi è sembrato a dir poco impossibile poter mettere su carta una esperienza di vita così unica, così intensa, così rara. Mi tornano subito in mente i bei tempi trascorsi e mi rivedo poco più che cinquenne in un edificio che è grande e che allora mi sembrò addirittura enorme. L’età è molto triste. Non ricordo se anche mio fratello pianse, Io sì. Dopo un po’, come succede a tutti i bambini del mondo, mi ero abituato. La compagnia non mancava di certo. Ricordo che il numero medio degli alunni alle elementari era superiore a 40. In seconda siamo arrivati addirittura a 51! Numeri da far rizzare i capelli sul capo agli attuali insegnanti delle scuole elementari. Eppure tutto funzionava in maniera perfetta, quasi militaresca. Sì, militaresca perché in fondo senza quel pizzico di rigore, mandare avanti un complesso con oltre 350 ragazzi non era impresa facile. Eppure i Fratelli delle Scuole Cristiane ci riuscivano egregiamente e ci siamo così ritrovati con un’ottima educazione e preparazione sia scolastica che religiosa.
Ci mancava, è vero, la libertà ma l’amore e la pazienza dei Fratelli ci faceva dimenticare anche questa.
Il trinomio Madonna di Pompei, Bartolo Longo e Fratelli delle Scuole Cristiane ha marcato indelebilmente tutti noi. Tutto ciò che abbiamo ricevuto nessuno potrà mai cancellarlo.
Ora, a pochi giorni dal Natale mi ritrovo a rimpiangere quei bellissimi canti in latino che intonavamo in cappella durante la novena. Che gioia e che eccitazione ci prendeva tutti in quel periodo. Come dimenticare i preparativi, gli addobbi, i trasparenti, il presepe! Era una grande famiglia che festeggiava il Grande Avvento. Poi veniva il carnevale, la Pasqua, il saggio, le gite, ecc. Effettivamente i momenti di relax non mancavano.
Tutto era vissuto intensamente e con un coinvolgimento generale. Vorrei chiudere ma mi corre l’obbligo di ricordare la Divina Provvidenza. In tutte le vicissitudini della mia vita, anche le più tragiche, ho potuto constatare che la mano invisibile di Dio è presente e mi ha saputo offrire un valido aiuto che mi ha consentito di continuare a credere e lottare.
Che dire allora dopo tutto ciò se non un grandissimo “grazie” a Colei che è stata la protettrice sia di Bartolo Longo che delle sue Opere? Un grazie altrettanto grato a Colui il quale con la sua abnegazione e la sua incrollabile fede ha trasformato la città di Pompei in testimonianza vivente di Fede e di Carità.
E infine un grazie ancora ai Fratelli delle Scuole Cristiane che per noi “maschietti” sono stati gli artefici materiali di un così grande miracolo della “carità fraterna”.
*Vincenzo D’Aniello
Entrai nelle Opere pompeiane all’età di tre anni e da allora sono stato cresciuto con amore e passione da educatrici ed educatori che mi hanno trattato come un figlio.
Quando la disgrazia colpì la mia famiglia ho avuto la fortuna di essere stato tolto da un ambiente che forse avrebbe pregiudicato il mio futuro e all’ombra del Santuario sto godendo di tante possibilità che nessuno mi avrebbe mai potuto offrire.
Ho frequentato la scuola dell’obbligo e quindi il corso professionale per apparecchiatori elettronici, conseguendone la qualifica.
Avrei dovuto già lasciare l’Istituto ma la generosità dei Superiori mi sta consentendo di frequentare la scuola per infermieri professionisti che mi permetterà, a Dio piacendo, di dedicare la mia vita a favore delle persone malate e sofferenti, ricambiando l’amore che ho ricevuto a Pompei.
Come nella vita di ogni ragazzo, ci sono stati dei momenti difficili di ribellione contro tutto e tutti ma il tatto, l’intelligenza, la sensibilità e soprattutto l’amore dei miei educatori mi hanno aiutato, anche talvolta con severità, a superare le difficoltà. I sette anni trascorsi al Bartolo Longo sono volati via; la serenità con la quale si svolgono le varie attività culturali, religiose, ricreative va a tutto merito dei Fratelli delle Scuole Cristiane che incessantemente e pazientemente ci seguono cercando di intuire e provvedere ad ogni nostra esigenza.
Il beato Bartolo Longo lottò a lungo per avere i “Fratelli” nel suo Istituto e mai intuizione è stata più indovinata, perché penso che sia difficile se non impossibile trovare persone che fanno della loro vita una missione a favore dei ragazzi con i quali condividono tutti i momenti della giornata.
Di tutto quello che ho ricevuto rendo grazie alla SS. Vergine e spero di poter un domani con la mia vita testimoniare e mettere in pratica gli insegnamenti e la formazione ricevuti.
La Storica Divisa
Sembrerebbe anacronistico parlare di divisa in un tempo in cui essa viene rifiutata perché “massificante”.
Però l’uniforme è un necessario distintivo per i membri di un determinato gruppo e può esercitare il suo fascino: più spesso negli “spettatori” che nei “portatori”.
Le istituzioni pompeiane non fanno eccezioni a questa abitudine sociale ed hanno sempre avuto una loro divisa.
Ne vedete illustrate tre che rappresentano, grosso modo, l’evoluzione del vestito dell’Orfanotrofio nei Cento anni di vita.
La prima è degli inizi e reca linee evidenti di abito religioso, forse ispirato alla foggia delle Suore del tempo.
La mantelletta, di sicuro aiuto nel periodo invernale, e la Corona del Rosario, ricordo costante all’Orfano e al visitatore della Casa ospitante.
La seconda è più “giovanile” ma sempre ambientata in un preciso periodo storico, ormai chiuso, che va dalla prima guerra mondiale agli anni 60.
Alcuni piccoli dettagli distinguevano la divisa delle Orfane da quella delle Figlie dei carcerati.
Motivi pedagogici ed esigenze didattiche hanno fatto superare anche questa distinzione nell’abito creando di tutte le alunne una sola famiglia.
Oggi non è così rigida nei colori e nei disegni e si adegua molto più velocemente ai gusti ed esigenze attuali.
La scuola di taglio e cucito è stata una costante necessità dell'Orfanotrofio femminile: imparare un mestiere ed essere autosufficienti per la confezione di biancheria e vestiti erano le motivazioni di fondo per tale attività.
*Antonietta Della Valle - 1987
Sono Antonietta, da 48 anni faccio parte di questa grande famiglia del Santuario. All’età di 8 anni ero rimasta sola nella mia casetta: i miei genitori erano morti e il mio unico fratello già lontano da molti anni. Il sindaco di Castel Morrone, si interessò al mio caso e decise di condurmi nell’Istituto di Pompei.
Ricordo ancora con grande emozione quel 28 maggio 1938: “La Mamma celeste” mi accoglieva nella sua Casa, che il Beato Bartolo Longo aveva fatto costruire per dare a noi orfani una famiglia.
Entrata in questa oasi mariana, ero felice di vivere fra tante “sorelline”, amavo molto la vita comunitaria. Ma dopo due mesi si manifestarono i primi sintomi di una malattia di nervi, per la quale ogni cura fu inutile. Devo alla bontà e alla comprensione delle mie Suore se riuscii con grande sforzo a completare le scuole elementari. A 13 anni, per consentirmi maggiore libertà e cure più intense, mi trasferirono nell’infermeria esterna, la cosiddetta “Casina”.
Lontana dalle mie amiche, riassaporai le amarezze della solitudine, ma trovai tanta comprensione ed affetto da parte dei Prelati: Mons. Rossi, Mons. Celli, e soprattutto Mons. Di Pietro, in seguito anche da Mons. Signora, i quali ogni giorno venivano nel giardino per recitare il breviario e trattenersi con noi. Madre Cecilia Pignatelli, Superiora dell’Istituto, lasciava la scuola a mezzogiorno per venire a rendersi conto del nostro stato di salute. Ebbene, nonostante fossi circondata da tante premure, non ero felice. L’unico sollievo lo trovavo nella piccola Cappella dove frequentemente mi appartavo; era lì che trovavo forza e coraggio per andare avanti.
Il mio “esilio” nella Casina durò 10 anni.
Riammessa tra le mie amiche mi sentii rinata, mi accolsero fra loro come una sorella maggiore e l’affetto scambievole si cimentò a tal punto che ancora oggi, dopo tanti anni, ci scriviamo e scambiamo inviti che spesso riescono anche a realizzarsi. Così, nel tempo, la nostra amicizia nata nella casa della Madonna si allarga e si conferma sempre più. Oggi sto vivendo un’esperienza nuova e molto bella nell’Ufficio Beneficenza. Collaboro con Mons. Raffaele Matrone che si interessa alla vita degli Istituti e alle ammissioni di tante bambine e bambini che, come me, hanno bisogno di una casa, di una famiglia. In questo lavoro spero di poter fare qualcosa per quanti nella vita sono stati segnati dalla sofferenza e dal dolore e soprattutto testimoniare il mio affetto e la mia riconoscenza a quanti mi sono stati vicini. (Antonietta Della Valle)
*Boccia Consiglia - 1987
Era il 27 aprile del 1976 quando morì mia madre, e insieme a lei anche le mie speranze: così sembrava all’inizio, e avevo solo 9 anni. Rimasta sola – ero la più grande – dovetti accudire mio padre e tre fratelli e anche se inesperta dovetti imparare a fare da mamma e ad assumermi la responsabilità della casa.
Furono giorni duri e nonostante tutti i miei sforzi per essere una buona donnina di casa, ero solo una bambina. Tutto intorno sembrava buio, quando d’improvviso sembrò che il sole volesse di nuovo splendere sulla nostra casa.
Venimmo a conoscenza dell’esistenza degli Istituti Pompeiani e mio padre decise di affidarci alle Suore di Pompei, fondate da Bartolo Longo. Così giunsi in mezzo ad altre bambine più o meno provate come me, da dolori e privazioni grandi. Ma c’erano tante brave Suore che colmarono con l’affetto il vuoto dei nostri cuori e mi aiutarono ad inserirmi in questo nuovo ambiente dove sono cresciuta e maturata.
Ho 19 anni e ne ho trascorsi 10 in questo Istituto a me tanto caro. Ora ho nel cuore tanti desideri e progetti che spero potrò realizzare grazie agli aiuti ricevuti.
Ho conseguito il Diploma di Scuola Magistrale e quello di dattilografia; attualmente mi preparo per il concorso di Scuola Materna ed occupo il mio tempo libero rendendomi utile all’Istituto ed aiutando le più piccole.
Sono veramente contenta e mi ritengo fortunata per essere cresciuta a Pompei in questo Istituto, in mezzo a tante Suore, che si sono prodigate e sacrificate per me e dalle quali ho imparato a vivere, capire, pregare, sperare e amare.
Gli Istituti fondati dal Beato Bartolo Longo sono ancora oggi segno vero di carità e di promozione umana verso tanti bambini bisognosi. Un doveroso grazie, quindi, al Beato Fondatore, alle Suore, e ai Benefattori che con il loro aiuto ci danno la possibilità di essere come tutti gli altri ragazzi, fiduciosi nel domani, sicuri e preparati per la vita.
Alla Regina del Rosario rivolgo la mia preghiera per tutti quelli che hanno contribuito a rendermi una persona felice. (Boccia Consiglia)
*Gina Verdossi – 1987
Sono nata a San Paulo del Brasile il 2 novembre 1959. Sono la prima di quattro figli: Franca, Enzo e Adele, nati da genitori di origine italiana. A San Paulo eravamo soli ed emarginati, la gente del luogo ci teneva a distanza. Ma la nostra famiglia era unita da un grande bene. La felicità è durata poco, finchè un giorno è venuto a mancarci l’adorabile presenza di nostro padre. Sì, lo adoravo tanto! Da quel triste 15 settembre 1965, è cresciuto dentro di me ed insieme a me un vuoto incolmabile. Dopo soli due mesi, con i miei fratelli e mia madre, distrutta dal dolore e dalla sofferenza, siamo stati rimpatriati ed affidati alle cure di alcuni zii a Cava dei Tirreni.
Eravamo bisognosi di tutto, e dopo un anno l’unica decisione saggia da parte dei parenti è stata quella di portarci a Pompei negli Istituti assistenziali. Ciò avvenne il 27.9.1966. Il momento del distacco da mia madre è stato per me come quello del distacco da mio padre. Troppe esperienze dure per una bambina di soli sette anni!
Ho frequentato la scuola elementare all’Istituto Sacro Cuore. Le Suore che mi accudivano mi sono state di grande esempio, inculcandomi sani principi morali, ma soprattutto il grande senso della preghiera, la quale mi è sempre di conforto. Nel mese di settembre del 1971 mi sono trasferita all’Orfanotrofio femminile, dove sono rimasta per altri nove anni. Qui, il senso del dovere e lo studio approfondito hanno fatto maturare dentro di me un grande senso di responsabilità e ancor di più quello della preghiera, l’unica mia vera amica e compagna nei piccoli momenti di crisi, tipici di ogni fanciulla.
Le Suore mi sono state tutte amiche ed io ho colto da ciascuna di esse la parte migliore. Oggi posso dire di essere in grado di vivere la mia vita in modo giusto e corretto, nonostante le mille avversità.
Ho conseguito il Diploma di Scuola Magistrale e grazie ai consigli delle Suore e di coloro che mi sono stati vicino ho partecipato ad un concorso statale e con l’aiuto di Dio l’ho superato.
Mi è costato molto allontanarmi dalla Casa della Madonna, ma era anche giusto.
Oggi insegno nella Scuola Materna Statale di Pompei, in Via Nolana, ho un’indipendenza economica, amo i bambini perché mi danno grandi soddisfazioni, ma nono riesco a dimenticare quegli anni felici vissuti con le Suore e con tante altre ragazze. Tutte avevano un passato triste, sofferto; ma nessuna amava parlarne, si pensava solo al futuro, si facevano grandi progetti, si sperava in un avvenire sereno e tranquillo, fiduciosi nella Provvidenza divina. Tutto questo per me si è realizzato.
Ringrazio innanzi tutto la Madonna e poi il nostro caro papà, il Beato Bartolo Longo, la cui immagine mi ritorna sempre cara.
A tutti coloro che mi hanno aiutato a superare le difficoltà della vita, un grazie sincero ed una quotidiana preghiera. (Gina Verdossi)
*La riconoscenza di un’ex orfanella
Sono un’assidua lettrice della vostra rubrica “Grati alla Madonna e al Beato Bartolo Longo”. Sono un’ex orfanella accolta nel Santuario di Pompei e, per questo, mi sento ancora figlia delle Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario, che mi hanno educato con tanto amore. Tra l’altro ricordo con gioia la recita del Rosario dinanzi al Quadro della Vergine Santissima. Ancora oggi continuo a recitare quella preghiera ogni giorno. Nella mia vita, la Madonna mi ha sempre aiutato, mi ha protetto, mi ha assistito nella quotidianità della famiglia e del lavoro.
Proprio in ambito lavorativo, ho avuto di recente grosse difficoltà. Con l’intenzione di superare questi problemi, ho chiesto aiuto a Maria Santissima e al Beato Bartolo
Longo. Ogni giorno, appena riprendevo il mio servizio, mi rivolgevo a loro con un pensiero intenso e fiducioso affinché tutto procedesse al meglio. Ebbene ho ottenuto la grazia di superare ogni ostacolo tornando alla normalità e alla serenità. Nel corso della mia vita ho più volte sperimentato la vicinanza di Maria e del Beato ottenendo un aiuto più grande dell’altro. Oggi continuo a pregare e chiedo tante benedizioni per i miei figli, in particolare per la loro serenità, per la salute, perché ottengano un lavoro definitivo che tanto aspettano. (Un’ex orfanella)
*Luisa Garofalo – 1987
All’età di un anno persi papà. Mia madre rimase sola con sei figli da crescere. Non era certo una cosa facile perché il lavoro non le permetteva di stare con noi.
Dopo alcuni anni, mia madre, consigliata dal Parroco del paese, decise di portarmi a P
Pompei in uno degli Istituti fondati dal Beato Bartolo Longo. Ricordo con velata tristezza il giorno che mia madre mi accompagnò, ma quando restai in compagnia di tutte le bambine della mia età il mio cuore si illuminò.
Tutte erano ansiose di conoscermi e fare amicizia con me. Fui contenta perché qui trovai un clima familiare, anche se qualche volta litigavamo, cosa comprensibile tra bambine della stessa età. Così tra giochi e scuola crebbi. Gli anni passavano e mi trovai tra i banchi della Scuola Media.
All’ultimo anno, come tutte le mie amiche, dovetti prendere una decisione sul tipo di scuola che avrei dovuto frequentare successivamente.
Sentivo che le lingue mi affascinavano e il mio desiderio di frequentare il Liceo linguistico cresceva sempre più con il passare del tempo. Ne discussi con la Superiora.
Ella ne parlò con i rispettivi Superiori i quali acconsentivano alla mia proposta solo nel caso in cui fossi stata promossa brillantemente.
A scuola ero in gamba e conseguii la terza media con ottimi voti. La cosa era andata e non potete immaginare la mia gioia quando mi fu detto un sì ufficialmente. Mi iscrissi quindi al Liceo linguistico, sembrava quasi un sogno ma ben presto mi accorsi della necessità di dover studiare con impegno.
Ora frequento il secondo anno e spero un giorno di poter indossare la divisa da hostess e fare il mio primo volo.
Mi ritengo fortunata perché nessuna delle mie amiche fin’ora aveva potuto frequentare una scuola esterna.
Sento quindi il dovere di ringraziare per tutto ciò la Vergine SS. E il Beato Bartolo Longo che mi hanno dato la forza, giorno dopo giorno, e guidata per la giusta via.
Desidero anche ringraziare il Vescovo, Mons. Domenico Vacchiano, Mons. Raffaele Matrone e Mons. Baldassarre Cuomo, le Suore e tutti i Benefattori che attraverso il loro aiuto mi hanno permesso di realizzare il mio piccolo ma grande desiderio. (Luisa Garofalo)
*Rosetta Speciale – 1987
Sono Rosetta, mi trovo qui in questo Istituto dal novembre del 1954 e ricordo come fosse ora il viaggio in treno dal mio paese, Sassano in provincia di Salerno, e l’entrata in questo Istituto con la mia sorella più grande, perché morta mamma il nostro papà non poteva mantenere tre figli, a solo 27 anni.
La Madonna mi voleva qui nella sua Casa e permise che io nascessi la notte del 31 ottobre, quando le orfane passarono dal vecchio al nuovo Orfanotrofio.
Ancora mi trovo qui, ho il Diploma di Licenza media, di dattilografia e di ricamo, che per me è molto importante e sono orgogliosa di aver imparato l’arte del ricamo che mi è utile in molti momenti.
Svolgo il mio lavoro nella Segreteria Generale del Santuario, un lavoro che mi dà modo di conoscere e capire tutti i problemi attuali, tramite le migliaia di lettere che i benefattori scrivono. Posso ben testimoniare che ancora oggi noi orfani viviamo esclusivamente con le sole offerte dei cari benefattori e io ne conosco parecchi (sia pure a distanza); ho imparato i loro nomi e la loro calligrafia e li sento appartenenti alla stessa Famiglia.
I miei Superiori non mi fanno mancare niente; i sacerdoti del Santuario sono per me più che amici dei fratelli. E che dire delle Suore Domenicane, Figlie del Rosario che continuano con amore quest’Opera meravigliosa? Sono per noi come tante mamme e ognuna di noi cerca in molte di loro una sorella maggiore o magari una vera amica. Le cose più belle io le ho scritte nel cuore, sono stata privilegiata in tanti modi; ho perfino la mia bicicletta che mi è di grande aiuto non solo per fare delle passeggiate ma anche per espletare piccoli servizi a chi ne ha bisogno: è un regalo dei miei Superiori.
Perché sono rimasta qui? Mi chiederete. Non so dirvelo! Andare via e lasciare tutto non ne ho il coraggio e poi qui ci sono ancora altre orfane più grandi di me, come Angelina, così dolce e premurosa, Carolina la “nonna”, Caterina, attenta a tutti i miei problemi come una “mamma”, Natalizia, la mia Natalona, la compagna di ogni momento che mi vuole veramente bene e Antonietta, la mia “gemella”. (Rosetta Speciale)
*Sr. Maria Ersilia Tambasco - 1987
All’età di 5 anni, in soli tre giorni, persi entrambi i miei genitori. Fui costretta ad andare presso uno zio che si prese cura di me. Alla sua decisione di volermi portare a Pompei seguì una mia reazione non estremamente positiva ma lui, quasi con accento profetico, mi disse: “Andrai a Pompei e diventerai Suora”.
Ora sono 45 anni da che ho vestito l’abito delle Suore Domenicane di Pompei. Mi sentii chiamata alla Vita Consacrata già in giovanissima età e rifiutai pertanto tutte le buone occasioni per andar via dall’Istituto. La Madre Direttrice, dopo le scuole elementari, volendo valorizzare le mie capacità, mi diede l’incarico di assistente per una sezione di bambine più piccole. Dopo sono stata insegnante nella Scuola Materna, mansione che non ho mai lasciato e che ancora esercito con i più piccoli all’Istituto Sacro Cuore. Chi meglio di me può comprendere e dare affetto a questi bimbi innocenti che come me e peggio di me hanno fatto la triste esperienza del dolore? Un grazie di tutto cuore vada alla Madonna, al Beato Bartolo Longo, a tutti i Superiori e Benefattori che mi hanno aiutato e sostenuto in questi non pochi anni. (Sr. Maria Ersilia Tambasco)
*Sr. Maria Rosalia Giannotti - 1987
Nel 1952 sono stata accolta a Pompei, dalla lontana Calabria, perché orfana di mamma e papà.
Con la morte di papà, avvenuta quando avevo appena sei mesi, mia madre si impegnò con tutte le proprie forze ad accudire me e gli altri quattro piccoli indifesi fratelli. Il dolore della perdita di papà e il lavoro più intenso furono successivamente la causa della sua prematura dipartita da questa vita all’Altra. Rimanemmo con la nonna materna e il suo amore per la figlia che aveva perso si riversò su di noi che ne eravamo il ricordo più palpabile.
Intanto crescevo, ma non mi andava di restare continuamente chiusa in casa. Un giorno era la domenica delle Palme, sono scappata da casa percorrendo a piedi scalzi alcuni chilometri. Verso sera ho bussato ad una porta per chiedere rifugio e mi ha accolto una signora che non conoscevo. Le vie della provvidenza sono davvero infinite!
Questa signora, Maria Angela Salerno, era la Presidente dell’Azione Cattolica del luogo e proprio nel momento in cui bussavo alla sua porta stava leggendo il Periodico “Il Rosario e la Nuova Pompei”. Dopo avermi fatto rinfrescare mi riaccompagnò a casa dicendomi che mi avrebbe aiutata e avrebbe fatto del tutto per portarmi a Pompei.
Dopo aver preparato i documenti, il 28 ottobre 1952, la Madonna mi ha “aperto” le porte della sua casa. Finalmente ero al sicuro!
Dopo pochi mesi mi raggiungeva a Pompei Pina, una delle mie sorelle. A Pompei ho trovato veramente cuori aperti all’amore. Ho trovato le Suore che hanno cercato di rendermi meno triste la vita, mi hanno accudita, mi hanno fatto da mamma.
Ho trascorso anni felici e belli con le mie compagne e mia sorella, tra studio, gioco, lavoro e preghiera. A 16 anni ho cominciato a pensare alla mia vita futura; sentivo forte l’amore per i fratelli, particolarmente per i più bisognosi: Pensavo spesso: che cosa mi sarebbe potuto accadere se fossi rimasta nel mondo sola, senza una guida, un sostegno? Guardavo alle mie compagne più piccole, ammiravo le Suore che si prodigavano per noi, sentivo dentro di me una spinta a continuare l’opera di Bartolo Longo. Pensavo: avevo trovato a Pompei anime generose pronte ad aiutarmi, perché non imitarle? Sentivo pure forte il desiderio di mettere su famiglia, ma ho scelto di più, l’Unico Amore capace di soddisfare veramente l’animo umano. Le anime consacrate non sono destinate ad un amore settoriale come avviene nella vita matrimoniale, ma ad una fecondità spirituale sconfinata che abbraccia l’intera umanità.
Felice, ho abbracciato questo stato di vita: sono Suora dal 1965 e ho offerto il mio contributo sia negli Istituti di Pompei, sia in altri luoghi ove la Congregazione delle Suore fondate da Bartolo Longo ha nel tempo assunto altri impegni.
Ora mi trovo a Santa Maria Capua Vetere, insegno nella Scuola Primaria, faccio la catechesi agli adolescenti, guido la Liturgia, porto Gesù ai malati e lavoro con i giovani. (Sr. Maria Rosalia Giannotti)
Anno dopo anno, la catena delle Opere Pompeiane, strenuamente volute e sostenute dai coniugi Longo, contro tutte le avversioni e prevenzioni anticlericali di quei tempi, ha già cento anelli.
Il primo anello della istituzione dell’Orfanotrofio, porta la data dell’8 maggio 1887, ed il Beato Bartolo Longo scriveva: "… nel mese delle rose e dei fiori ebbe principio l’opera salvatrice di anime innocenti abbandonate, delle povere orfanelle, cioè d’ogni parte d’Italia, sorse l’Orfanotrofio della Vergine di Pompei".
(Arch. B. Longo, Bozze di stampa. Fasc. n° 33)
Il primo anello della istituzione dell’Orfanotrofio, porta la data dell’8 maggio 1887, ed il Beato Bartolo Longo scriveva: "… nel mese delle rose e dei fiori ebbe principio l’opera salvatrice di anime innocenti abbandonate, delle povere orfanelle, cioè d’ogni parte d’Italia, sorse l’Orfanotrofio della Vergine di Pompei".
(Arch. B. Longo, Bozze di stampa. Fasc. n° 33)
*Le Quindici Orfanelle del Rosario di Pompei
Il numero di Quindici è già compiuto. Noi inaugurammo il nostro Orfanotrofio nel p. p. Maggio, e stabilimmo che ne dovevamo raccogliere Quindici, come simbolo dei Quindici misteri del Rosario di Maria. Ancora non finiva l’Ottobre, sacro alla Corona della Madre di Dio, e già vedemmo adempiuto il nostro desiderio. Ma noi non ci siamo arrestati al numero di quindici, e pensando che la misericordia di Maria ha larghe braccia, che prende ciò che si rivolve a Lei, ne abbiamo aggiunto al numero stabilito qualche altra che non abbiamo potuto rifiutare per le condizioni in cui versava di abbandono e di pericolo. Vogliamo sperare che la Vergine santa seguirà a benedire, come finora ha benedetto, quest’opera tanto benefica, quest’opera tanto benefica e tanto gradita al suo materno Cuore, perché concorre al bene morale e sociale di tante abbandonate e povere creaturine, che raccolta all’ombra del suo patrocinio, si vanno educando a religiosa ed a civiltà.
(Bartolo Longo)
Con questa istituzione i coniugi Longo intendevano raccogliere attorno al trono della Madonna, una schiera di fanciulle innocenti ed infelici, affinché trovassero quella protezione che il mondo gli negava, in tal modo ben si addiceva a don Bartolo quanto sta scritto nel Salmo 9: "A te furono lasciati in retaggio i poveri; tu sarai il soccorritore degli orfanelli".
Nel programma delle feste del 1887, faceva presente che una città cominciava veramente ad esistere quando oltre la Chiesa, e tutte le opere necessarie alla vita civile, vi prospera la beneficenza: "Una beneficenza che raccogliendo chi era privo di vitto e di dimora, fosse come il germe della salutare carità cristiana, Preghiera, Lavoro, Carità, ecco le tre forze vivificatrici della città; e poiché le due prime vibrano costanti nella rinata Pompei, era uopo che anche la terza facesse sentire i suoi dolcissimi effetti" (Calend. Sant. Di Pompei, 1896, p. 98).
Le origini dell’Orfanotrofio, risalgono come innanzi detto, al lontano 1887, giorno della Incoronazione della Vergine del SS. Rosario, ed in quel giorno venne accolta anche la prima orfanella, Maria, una veneziana.
Successivamente ne furono accolte altre quattro: Caterina da Napoli, Stella da Nola, Agnese da Boscoreale, Maria da Scafati.
Il giorno 2 ottobre 1887, giorno della recita della Supplica, le orfanelle erano già 15 e di esse cinque fecero la prima comunione.
Crebbero di Anno in anno e nel 1891 fu ricoverata una bambina di tre anni, Luca Palma, nata nelle carceri di Potenza il 26 marzo 1888 da ignoti genitori.
Sin dalla fondazione dell’Orfanotrofio, consigliata ai Fondatori anche dal Servo di Dio P. Giuseppe M. Leone, Redentorista, insieme alle orfanelle furono ricoverate anche le figlie di carcerati, infatti, alcune furono ammesse sin dal 1891; la prima fu Margherita Tedesco.
Bartolo Longo su Il Rosario e la Nuova Pompei portava a conoscenza dei benefattori tutto di questa nuova istituzione, che non aveva rendita alcuna e sovvenzioni né da Municipi, né da Province, né da Ministeri, ma solo la carità quotidiana e privata degli Associati.
Il sostegno materiale non venne mai meno sia da personalità religiose e laiche, sia da moltissimi ignoti benefattori, e non solo in denaro, ma tutto quello che era necessario al mantenimento dell’Opera. Anche numerosi medici e clinici illustri offrirono la loro opera; così anche farmacisti e droghieri non furono da meno. L’Avvocato commentava questa continua disponibilità come il "miracolo quotidiano della carità".
Nel programma delle feste del 1887, faceva presente che una città cominciava veramente ad esistere quando oltre la Chiesa, e tutte le opere necessarie alla vita civile, vi prospera la beneficenza: "Una beneficenza che raccogliendo chi era privo di vitto e di dimora, fosse come il germe della salutare carità cristiana, Preghiera, Lavoro, Carità, ecco le tre forze vivificatrici della città; e poiché le due prime vibrano costanti nella rinata Pompei, era uopo che anche la terza facesse sentire i suoi dolcissimi effetti" (Calend. Sant. Di Pompei, 1896, p. 98).
Le origini dell’Orfanotrofio, risalgono come innanzi detto, al lontano 1887, giorno della Incoronazione della Vergine del SS. Rosario, ed in quel giorno venne accolta anche la prima orfanella, Maria, una veneziana.
Successivamente ne furono accolte altre quattro: Caterina da Napoli, Stella da Nola, Agnese da Boscoreale, Maria da Scafati.
Il giorno 2 ottobre 1887, giorno della recita della Supplica, le orfanelle erano già 15 e di esse cinque fecero la prima comunione.
Crebbero di Anno in anno e nel 1891 fu ricoverata una bambina di tre anni, Luca Palma, nata nelle carceri di Potenza il 26 marzo 1888 da ignoti genitori.
Sin dalla fondazione dell’Orfanotrofio, consigliata ai Fondatori anche dal Servo di Dio P. Giuseppe M. Leone, Redentorista, insieme alle orfanelle furono ricoverate anche le figlie di carcerati, infatti, alcune furono ammesse sin dal 1891; la prima fu Margherita Tedesco.
Bartolo Longo su Il Rosario e la Nuova Pompei portava a conoscenza dei benefattori tutto di questa nuova istituzione, che non aveva rendita alcuna e sovvenzioni né da Municipi, né da Province, né da Ministeri, ma solo la carità quotidiana e privata degli Associati.
Il sostegno materiale non venne mai meno sia da personalità religiose e laiche, sia da moltissimi ignoti benefattori, e non solo in denaro, ma tutto quello che era necessario al mantenimento dell’Opera. Anche numerosi medici e clinici illustri offrirono la loro opera; così anche farmacisti e droghieri non furono da meno. L’Avvocato commentava questa continua disponibilità come il "miracolo quotidiano della carità".
Le spese che si sostenevano per l’Orfanotrofio erano ingenti, e Bartolo Longo non mancava di annotare e registrare tutto con severa scrupolosità. Nel Calendario del 1894, pubblicazione iniziata nel 1889, Bartolo Longo scriveva: "… hanno il pasto tre volte al giorno! E ciò che è più meraviglioso, nel corso di sette anni non vi fu mai un sol giorno, in cui ad esse fosse mancato non il pane, ma la minestra, anzi la colazione tanto necessaria nell’età infantile".
“Sono venuta a Pompei per visitare la famosa cittadina con la sua arte, il suo Santuario, le Opere di beneficenza annesse.
Gli Istituti che ospitano gli alunni sono maestosi e belli, ma quello che c’è dentro è qualcosa che mi ha lasciato commossa e pensosa. Un allegro vociare mi ha attirato verso l’Orfanotrofio femminile: come in un mondo di sogno ho visto le piccole della Scuola dell’Infanzia, simili a fiori delicati, allegre, curate, pulite, serene, giocare con la loro Suora.
Poi un atrio immenso, luminoso e accanto la Cappella dove ho trovato tante Suore in preghiera. Sono le Suore fondate dal Beato Bartolo Longo che assistono, educano, istruiscono, formano le ospiti.
Candide nell’abito, angeliche nella voce e nell’atteggiamento mi hanno incantato!
Il grande edificio è caldo, allegro, vivo.
Ho incontrato alcune ragazze con le quali mi sono soffermata a parlare.
Sono tutte ragazze provate dal dolore, con un’angoscia immensa; ma sono serene e contente perché vivono con le loro Suore. Così si sono espresse: “Le Suore sono come le mamme: vivono con noi; ci educano, ci fanno crescere, ci curano, ci consolano, ci vogliono molto bene. Ci preparano per la società, per la famiglia, per il lavoro. Come avremmo fatto se non avessimo avuto la fortuna di incontrare queste anime generose, che dimenticano se stesse per noi?
Molte volte siamo irriconoscenti, nervose, infastidite dai loro buoni consigli, annoiate dalla vita monotona, ma esse, sempre buone, pazienti, gentili, fanno di tutto per renderci felici. Pregano, lavorano, soffrono senza umana ricompensa, liete di aiutare tutti quelli che soffrono o hanno bisogno di aiuto”.
Alcuni hanno un concetto sbagliato della “Suora” e azzardano giudizi sballati.
Solo conoscendole, osservandole mentre lavorano, pregano; mentre vivono le loro giornate nel silenzio, nell’umiltà, nel sacrificio, si può capire qual è la loro alta missione e che “cuore d’oro” esse hanno.
Quelle che io ho avvicinato mi hanno fatto vivere, per un po’, in un mondo bello, buono, generoso. Molta parte dell’umanità dovrebbe essere riconoscente e grata a queste “Anime Consacrate”.