*Capo XIV - I primi raggi del pensiero divino sull'Opera Pompeiana
Libro Ottavo - pag. 471
Oramai era giunto l’ora in cui i disegni
della Misericordia di Dio intorno al Santuario di Pompei dovevano svelarsi in
tutto il mondo.
Mentre il pensiero dell’uomo si era
limitato alla speranza d’una modesta chiesa per il bene spirituale di poche
centinaia di contadini d’una Valle povera, squallida e sperduta: il pensiero
dell’Altissimo abbracciava i dolori e i bisogni d’una sterminata moltitudine di
anime, sparse in ogni angolo della terra, e decretava un tempio sontuoso e
degno di glorificare la potente Regina delle Vittorie.
La prova evidente l’abbiamo desunta dallo
studio di talune note che scrivemmo in quei primi tempi, e ci arreca anche oggi
meraviglia il veder fiorire e moltiplicarsi allora grazie e prodigi
straordinari in città diverse e nella medesima ora.
Abbiamo la ventura di possedere un elenco
di ben Cinquantasette grazie largite dalla nostra potente Regina nello scorcio
di quell’anno 1879: di esse, quarantotto a signori di Napoli, e nove a persone
di città lontane.
Di queste ultime, una a Francavilla
Fontana, alla Signora Clementina Forleo Brayda moglie del Signor Nicola de’
Baroni Argentina.
Un’altra in Roma, alla gentile fanciulla
Ida Souvan, e fu la prima che la Vergine di Pompei concedesse nella città
capitale del Cristianesimo, come andremo esponendo.
La terza in Foggia, alla Marchesa
Celentano.
La quarta in Cerignola, della medesima
Provincia di Foggia, alla Signora Angela Rosa Cirillo, vedova Paliero, che
offrì lire 50.
L’altra in San Severo (Capitanata) al
Signor Giuseppe Damiano, che ottenne varie grazie e segnatamente la guarigione
di suo figlio, onde spedì l’offerta di lire 62: ben misera cosa, se si tiene
presente l’attuale valore della moneta, ma che per noi rappresentava non
piccola provvidenza, quando gli immensi lavori procedevano quasi col ricavato
della famosa iscrizione di un soldo al mese.
Finalmente, la più meravigliosa, in Oria,
Provincia di Lecce, con l’apparizione della SS. Vergine di Pompei seguita da
guarigione istantanea, nella cospicua famiglia dei Signori Martini.
Nel medesimo tempo incominciò la nostra
misericorde Regina a manifestare i raggi della sua potenza in Lombardia.
Troviamo infatti notata al 15 Agosto 1879 la prima grazia in Cremona alla
nobilissima Principessa Elena di Soresina Vidoni, per la conversione di un
moribondo: e la seconda alla Contessa Carolina Mocenico Soranzo.
Parimenti in Milano il giorno 28 del
medesimo mese di Agosto, otteneva una bella grazia Suor Giuseppina Brambilla,
Suora della Carità do Lovere (Fondazione della Venerabile Bartolomea
Capitanio): quella Suora Brambilla che fu la prima e la più grande propagatrice
della divozione dei Quindici Sabati del Rosario in Lombardia, onde molti
ottennero segnalati favori del Cielo.
Troviamo notato tra gli altri nomi, quello
della Signorina Adele Perinoti di Milano, con la sua offerta, per grazia
ricevuta.
2 – In
Napoli
Napoli fu la prima città ad essere
benedetta e a provare l’effetto delle celestiali misericordie della Vergine di
Pompei, perché fu la prima sia per il numero dei fedeli e divoti, sia per la
generosa ed entusiastica gara che divampò nei cuori delle più elette e nobili
famiglie, per vedere al più presto portato a termine il suo Santuario.
Ricordiamo che quando cominciavano appena
a sorgere le mura del Tempio, era uno spettacolo commovente assistere
all’intervento devoto e fervoroso delle più aristocratiche famiglie napoletane
cattoliche, nelle feste annuali. Il compiacimento di quella vista cresceva al
pensare che quelle dovevano affrontare non lievi disagi, non essendovi a quei
tempi nessuno degli attuali e molteplici mezzi di trasporto, ed essendo ancora
Valle di Pompei una vera landa desolata.
Sembra di vedere ancora, in quei giorni di
festa, intorno alla nascente Chiesa, le lunghe file e i gruppi di carrozze
signorili, venute da Napoli, da Capodimonte, da Posillipo, da Portici, da S.
Giorgio a Cremano ed altri luoghi circonvicini. Spesso per ripararsi dal sole
non c’era che una semplice tenda, , e non poche volte avvenne pure che le
famiglie intervenute fossero colte da fenomenali i indimenticabili acquazzoni.
Possiamo infine asserire che il numero
delle famiglie aristocratiche, che portavano il loro concorso, fu tale che, da
principio, il nuovo Santuario veniva chiamato la Chiesa dei Signori.
Questo slancio di fede fu premiato con
innumerevoli grazie, come si desume dalle relazioni di quel tempo.
Rileviamo infatti dalle memorie di quel
tempo che, nel mese di Aprile 1879, la marchesina Mariannina Brancia abitante
alla Cisterna dell’Olio, offriva L. 25 per grazia ricevuta.
Nel giorno 25 Maggio, il Sig. Battistino
Ravel, per ringraziamento di evitata operazione d’una fistola lagrimale nell’occhio
di sua moglie, conforme a promessa fatta alla Vergine di Pompei, c’invita L.
127,50.
Il 12 Giugno, la bambina Maria Giardullo
offriva, in segno di grazia ricevuta, il suo braccialetto di oro e lire cinque.
Il giorno seguente Cristina Varrazzi, cameriera nel Vico Volpicelli a S. Chiara
N. 2, offriva da sua parte Lire 7 ed un voto di cera.
Nel mese di Luglio ci pervennero quattro
offerte da quattro famiglie, tra cui la Sig.na Elisa Marra (in Via S.
Pantaleone N. 8) per grazia ricevuta da una sua amica, offriva un laccetto con
breloque di oro.
Il 15 il Signor Ettore Maldarelli inviava
due sterline in oro.
Nel medesimo giorno il Signor Francesco de
Lieto, abitante a Palazzo Cito al Museo, offriva una Teca di argento e L. 55.
Il 22 la marchesa di Lauriano, ci faceva
pervenire, per grazia ottenuta, un paio di cerchioni di oro.
Il giorno 15 Settembre, la Signora
Giovannina Muti offriva per ringraziamento alla vergine di Pompei lire 50, più
una pianeta e una lampada di argento da servire per la Festa del Rosario che
era per celebrarsi in valle di Pompei il 19 del prossimo mese di Ottobre.
Il giorno 25 la Signora Luisa Azzariti
nata Fumaroli, abitante in via Costantinopoli N. 104, veniva in Valle di Pompei
a ringraziare la vergine e offriva L. 100.
Il 29 la Marchesina Imperiali di Latiano,
sposa dell’esemplare giovane Marchese Camillo Imperiali, veniva in Valle di
Pompei per ringraziare la Madonna, ed offriva L. 100.
Il 30 la Signora Teresina Correale Giusso
(Resina) offriva uno spillo di oro.
Nel medesimo giorno la Duchessa di C. per
grazia ricevuta L. 200.
3 – La
prima grazia in Francavilla Fontana, nella casa del Sig. Nicola dei Baroni
Argentina. Settembre 1879.
Francavilla Fontana, spaziosa e ricca
città del leccese, risveglia sempre nell’animo mio profonda e tenera
commozione. Essa può dirsi per me una seconda patria. Per l’affetto e tanti e
tanti amici di quel caro paese e per la fiducia che io aveva in non poche
persone pie e generose, io mi recai colà il giorno 25 Marzo del 1876, prima
ancora d’intraprendere qualsiasi giro in altre città per raccogliere offerte
per la cristianizzazione della valle di Pompei, e prima ancora che si fosse
benedetta solennemente la prima pietra del Tempio.
La mia grande speranza non fu delusa. Tra
i molti che vollero concorrere alla mia opera incipiente, vi fu il preclaro
giovane, Nicola de’ Baroni Argentina, già mio antico compagno nel collegio dei
Padri delle Scuole Pie, letterato di forti studi e di grande cultura.
Io non mancai di fargli un
particolareggiato racconto dell’abbandono in cui giaceva questa Valle e dello
stato miserando in cui versavano i suoi contadini per la grande ignoranza
religiosa, e di manifestargli il pensiero che aveva di far sorgere un tempio
dedicato alla regina delle Vittorie, di fronte ai ruderi dell’Anfiteatro e
della pagana Pompei.
Alle mie parole quel nobile e pio giovane
si accese siffattamente d’entusiasmo nell’animo suo, che, non pago dell’offerta
che mi largì, quel giorno 25 Marzo nell’elenco dei primi Francavillesi, volle
qualche tempo dopo veniva di persona qui, con la sua ottima consorte, Signora
Clementina Forleo Brayda a visitare la terra in cui io lavoravo per la gloria
di Dio e della Madre sua Divina.
A quei tempi, per fare opera di santa
propaganda, avevamo fatto stampare una immaginetta della Madonna di Pompei, in
nero, economica ma punto bella e attraente. Con tutto ciò la figurina era
andata a ruba, e per mezzo di essa si destava nei cuori la fede e si ottenevano
non poche celestiali consolazioni. All’immaginetta usavamo accoppiare una
piccola medaglia, in numero ben limitato.
Quando venne il Barone Argentina in
Pompei, ne avevamo ancora qualcuna, e con grande piacere ci affrettammo ad
offrirne una a lui e una alla sua compagna.
Venne il Settembre del 1879.
La notte degli 11, la cara e rispettabile
famiglia del mio amico in Francavilla Fontana era immersa in grande
desolazione.
In una camera di quella casa, posta in Via
del Carmine, lì ove due giorni innanzi la Signora Clementina Forleo Brayada era
stata allietata dalla nascita di un figlioletto, regnava ora un triste
silenzio, interrotto a quando a quando da voci fioche e lamentevoli. Quella
giovane madre era martoriata da dolori strazianti per grave complicazione di
mali sopraggiunti e che quasi le facevano smarrire la ragione.
Le persone che l’assistevano erano
dominate dal più profondo sgomento.
Più affranto degli altri era l’affettuoso
consorte che guardava con occhi pieni di lagrime la culla ancora infiorata in
cui dormiva il neonato bambino, ed il letticciuolo dove riposava un’altra sua
figlioletta di due anni, due povere anime innocenti che forse fra breve non
avrebbero più goduto dei baci materni.
I medici avevano in quella sera
coscienziosamente dato il loro giudizio, che la scienza non aveva più altri
mezzi da somministrare. L’unica crisi favorevole sarebbe stata forse l’apparir
del sudore, ma per quanti rimedi si apprestassero, il benefico sudore non
appariva.
La perpetua intanto, anche in tale stato,
non si dimenticava della Vergine del Rosario di Pompei. Ne aveva letto i
prodigi, le si era sovente raccomandata, e nella Chiesa nascente là, a Pompei,
essa l’aveva visitata ed aveva avuto sin d’allora il pensiero di farsi scrivere
quale benefattrice. Forse nessuno più di lei conobbe in quel punto quanto fosse
pericoloso il suo stato: nessuno forse più di lei poteva sentire amore alla
vita, ch’era presso a finire! ...
Nel silenzio tristissimo e profondo che le
regnava intorno e nel mare delle sofferenze in cui si sentiva immersa, la buona
signora si volse nell’intimo del suo cuore alla SS. Regina del Rosario.
D’un tratto, come presa da viva
ispirazione, chiamò il consorte:
- Porgimi! – gli dice con tono risoluto –
la mia medaglia, la medaglia della Madonna che ebbi a Valle di Pompei!
- E dove posso frugare a quest’ora –
rispose il marito, - per ritrovarla? Ti darò invece la mia, che porto addosso –
e gliela diede.
La sofferente con fede la prese e la baciò
ardentemente. Poi come ristorata da interna ed arcana forza esclamò:
- Recitiamo le Litanie della Madonna! Ed
ella stessa rispondeva alle preci con voce chiara e distinta.
Ed ecco, giunti che furono alle ultime
invocazioni, l’inferma si sente come risorta, come libera dal peso del male e
delle sofferenze che la schiacciavano, e come fuor di sé per la gioia, grida:
- “La Madonna mi ha fatto la grazia!”.
La grazia infatti erasi ottenuta. Apparve
il benefico sudore di cui oramai non si aveva più speranza. I dolori
scomparvero, la febbre declinò, e un sonno tranquillo sopraggiunse a
rinfrancare la povera puerpera.
Al terzo giorno contro tutte le umane
previsioni e contro tutti i giudizi dei medici, che indubbiamente aspettavano l’aumento
della febbre, l’inferma, signora Clementina Forleo Brayda, si levava dal letto
completamente ristabilita.
Con suprema gioia di due famiglie e di
molti amici, veniva ella ridonata ai suoi teneri bambini ed al suo diletto
sposo, che vedevano così fugato il letale malore, mercé la Medaglia benedetta
della Vergine SS. di Pompei.
Questo fatto fu scritto di proprio pugno,
nell’attestato a noi trasmesso, dal pio e colto marito della medesima signora
Clementina.
E quando nel Settembre del seguente anno
1880, ci recammo a Francavilla Fontana, udimmo nuovamente ripetere dalla loro
bocca tra il giubilo e la venerazione di tutta la famiglia, il fatto prodigioso
e ne riportammo, come attestato di gratitudine, una offerta straordinaria per
la fabbrica della casa della Madonna.
4 – La
prima grazia in Roma - Ida Souvan
Due cari gemelli, Arturo e Ida, rendevano
meno dura la vita di esilio ai due coniugi cristiani, Carlo Souvan e Fanny
Ravel abitanti in Roma, in Via del Babbuino N. 52.
Quei due bambini sembravano due angioletti
per la vaghezza delle loro forme e destavano meraviglia e ammirazione, perché più
savii che nol permettere l’età infantile di sei anni e stretti d’un vicendevole
e tenero affetto. L’affettuosa loro madre spendeva tutta se stessa nelle cure
più amorevoli, assidue e diligenti per coltivare la mente e il cuore delle sue
belle creaturine.
Ma la felicità non dura su questa terra!
Un crudele morbo, la scarlattina,
accompagnata da tifo ed altri ausiliari di morte, che infierivano contro i
pargoletti in Roma, nell’Aprile del 1879, penetrò nella pacifica e lieta casa
dei Souvan e spezzò bruscamente dal tenero stelo il bel fiore della vita di
Arturo, strappando senza pietà alle braccia della tenerissima madre quel vago
angioletto.
Sarebbe impossibile descrivere lo strazio
di quei due genitori. La disperazione li avrebbe certamente vinti, se l’animo
loro non fosse stato fortemente sorretto dalla fede^
A questa fede si aggiungeva un fortissimo
amore e divozione alla Vergine Madre di Dio e questo amore e questa fede salvò
da disperazione e da novella catastrofe l’addolorata famiglia di Carlo Souvan.
Quasi non bastasse all’esacerbato spirito
quel primo inenarrabile dolore, il Signore volle mettere a più dura prova quei
buoni e virtuosi genitori.
Non era infatti sedato ancora il pianto
per l’amara perdita del diletto figlio Arturo, quando la povera sorellina Ida
anch’ella fu attaccata dallo stesso ferale, inesorabile morbo. I medesimi sintomi,
le stesse sofferenze: febbre violenta, gonfiore al capo, sordità, congestione
progressiva alla spina dorsale, tutto prediceva una seconda catastrofe, una
novella più acuta spada al cuore dei desolati genitori.
Pareva che i due spiriti gemelli creati a
un’ora belli e puri dalla mano purissima di Dio, e nati insieme a respirare la
vita dei mortali in iscambievole amore, non potessero restar tra loro per lunga
ora disgiunti.
Il biondo e gentile viso di Ida mostrava
negli affanni dell’agonia le ansie dello spirito anelante di raggiungere il suo
Arturo nel celeste soggiorno. Come fare? A chi ricorrere, esauriti tutti i
mezzi umani della scienza e dell’arte?
In quel buio di pensieri e di agitazioni
senza posa, un raggio di luce balenò alla mente annebbiata dell’infelice madre.
Appare al suo pensiero la speranza dei naufraghi, la Mattutina Stella. Fu un
baleno, che squarcia la profonda caligine di una notte oscura, e addita il
porto non lontano.
Senza porre più tempo in mezzo, la buona
madre spicca un dispaccio telegrafico ai suoi parenti in Napoli:
Signor Battistino Ravel – Piazza S. Carlo
N. 35 – Napoli.
Si preghi la vergine di Pompei che mi
salvi la povera Ida dalla morte!
FANNY RAVEL
Nel momento che questo telegramma giungeva
nella casa dei Signori Ravel, io medesimo colà mi trovava, e forse non senza
una preordinazione divina. A leggere forse non senza una preordinazione divina.
A leggere quell’annunzio doloroso e all’udire i teneri fatti della famiglia di
Roma, fui mosso a compassione per quegli afflitti. Cercai prima di confrontare
la buona famiglia di Battistino, mio amico, e di infervorarla alla fiducia in Maria;
poi, seguendo una buona e felice ispirazione, spedii per posta, a Roma, una
copia del mio piccolo libro intitolato Storia, Prodigi e Novena alla SS.
Vergine del Rosario di Pompei, con una immaginetta.
Quando l’addolorata madre, la Signora
Fanny Ravel, in Roma, vide in sua casa, divenuto albergo di lutto e di gemiti,
giungere il libro dei prodigi di Maria, lo accolse come venuto dal Cielo,
siccome un pegno di protezione della Regina delle misericordie e animata da
viva fede, e da fervida speranza, esclamò:
- Oh, la mia Ida, no, non morrà! La
Vergine benedetta di Pompei mi farà la grazia! Ecco il suo pegno!
Più col cuore che con le labbra quindi si
rivolse alla madonna di Pompei, cominciando la prodigiosa Novena per impetrare
le grazie nei casi disperati.
E dal Cielo infatti la grazia non tardò a
discendere e a ravvisare qual celeste rugiada, quella pianta inaridita.
Ida fu salva.
Testimoni principali: - CARLO SOUVAN,
padre di Ida – FANNY RAVEL, madre della stessa – SILVA ICARD, avola – ROSALIA MASTURZO
nata RAVEL – PAOLINA RAVEL – GENNARO CAMPANILE – CRISTINA CAMPANILE nata RAVEL.
BATTISTA RAVEL – GIULIA SOUVAR.
(Autore: Bartolo Longo)