Glorie dell'Ordine Domenicano
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*Architettura *Attività *Il Fondatore *Il governo dell'Ordine *La famiglia Domenicana *La fondazione dell'Ordine *La spiritualità Domenicana *L'abito Domenicano *L'Ordine dei frati predicatori *Primi sviluppi *Stemma dell'Ordine Domenicano *Tutti i Santi dell'Ordine Domenicano
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I frati domenicani si riferivano a ferree regole architettoniche fin dalla
loro costituzione. Si iniziò con redigere le Consuetudines (1216), quindi le Institutiones (1220) e infine
le Constitutiones (1228).
In queste veniva detto che I nostri
frati abbiano conventi modesti e umili; i loro muri, senza contare il solaio,
non devono superare i dodici piedi di altezza (4,5 m) e col solaio venti (m
6,60).
Il tetto della chiesa potrà raggiungere anche i
trenta piedi di altezza (m 11,40), ma, eccezion fatta per quello del coro e
delle sacrestia, non dovrà essere fatto a volta.
Tutto doveva essere realizzato in base alle norme, che prevedevano l'uso di
materiali non pregiati e di schemi semplici, come venne indicato dal Capitolo
generale nel 1252: “Evitare tutto
ciò che sa di superfluo e di lusso e badare invece che la costruzione sia
funzionale e duratura, nel rispetto della povertà che si addice all'Ordine”.
Nel 1375 la regola viene ancora meglio espressa: Semplici e modesti siano gli edifici delle
nostra abitazioni. Né ricercatezza né superfluo nelle nostre case in materia di
sculture pitture pavimenti o quant'altro possa compromettere la nostra povertà.
Chi contravviene in questo campo è punito con pena annessa a colpa più grave.
Il più antico dei monasteri domenicani è quello di Bologna, che si rifà a
un'architettura monastica sullo stile degli ordini più antichi, come quello
cistercense.
I domenicani si dedicano principalmente al tradizionale ministero della predicazione (sia
con la parola che con lo scritto) che si concretizza in varie forme: missioni
popolari, ritiri spirituali, corsi di formazione religiosa,
comunicazione sociale, insegnamento, studio, ricerca scientifica e culturale,
editoria.
I frati sono coinvolti nell'animazione della religiosità popolare e
devozionale. Propagano particolarmente le devozioni al nome di Gesù e del rosario (attraverso
la promozione confraternite, congressi).
I principali centri di studio sono la Pontificia Università San
Tommaso d'Aquino, eretta a Roma nel 1580, trasformata in ateneo Angelicum nel 1909 e decorata
del titolo di Pontificia Università da papa Giovanni XXIII (motu
proprio Dominicanus ordo del 7 marzo 1963), che comprende le
facoltà di teologia, filosofia, diritto canonico e scienze sociali; l'università
di Santo Tomás a Manila, fondata dai domenicani spagnoli nel 1611 e
considerata una delle più prestigiose istituzioni accademiche in Asia; l'École biblique di Gerusalemme,
fondata nel 1890 per iniziativa di Marie-Joseph Lagrange.
Gli studiosi domenicani hanno esercitato una notevole influenza su tutta la
riflessione teologica della seconda metà del XX secolo: i teologi
"progressisti" Marie-Dominique Chenu, Yves Congar e Edward
Schillebeeckx parteciparono e diedero un importante contributo al Concilio
Vaticano II.
I frati domenicani stampano e dirigono numerosi periodici a carattere
scientifico, culturale o popolare.
Il generalato di Vincent Jendel (1850-1872) diede impulso al lavoro missionario dell'ordine
e tale opera acquisì sempre maggiore importanza nei primi decenni del XX
secolo, con la riorganizzazione delle province dell'ordine. I domenicani
svolsero un intenso apostolato in Cina (Fujian) ma vennero espulsi
nel 1946.
Domenico di Guzmán in un affresco del Beato Angelico al convento di San Marco a Firenze (oggi Museo nazionale di San Marco)
Il fondatore nacque nel 1170 a Caleruega, in Castiglia, da Felice di Guzmán e Giovanna d'Aza, membri della piccola nobiltà: il nome di Domenico gli venne imposto in onore del santo abate del monastero di Silos. Dopo aver studiato teologia a Palencia, entrò nel capitolo regolare che serviva nella cattedrale di Osma, di cui divenne sottopriore.
Nel 1203 accompagnò il vescovo Diego d'Acebo in una missione diplomatica per conto di Alfonso VIII di Castiglia presso Valdemaro II di Danimarca. Durante il viaggio di andata, attraversando la Linguadoca, Domenico ebbe modo di rendersi conto della grande diffusione dell'eresia catara in quella regione: a ottobre, presso Tolosa, riuscì a convertire il proprietario della taverna dove avevano trovato alloggio e, secondo Jean-Baptiste Henri Lacordaire, fu proprio in quell'occasione che Domenico iniziò a concepire l'ordine che avrebbe fondato.
Conclusa la missione in Danimarca, insieme al suo vescovo, ottenne da papa Innocenzo III il permesso di unirsi ai legati papali (i cistercensi Arnaldo di Cîteaux e Pietro di Castelnau) che predicavano tra i catari in Linguadoca.
Poiché i "perfetti" catari conducevano una vita povera, austera e casta, avevano una profonda conoscenza delle Sacre Scritture e predicavano con semplicità, viaggiando a piedi a due a due percorrendo i villaggi, le loro dottrine, inizialmente diffuse soprattutto tra i nobili e la borghesia, stavano penetrando anche nelle classi popolari: contro la diffusione del catarismo l'azione missionaria dei vescovi (maggiormente attenti all'amministrazione dei beni terreni), del clero secolare (culturalmente impreparato) e dei monaci cistercensi (tradizionalmente dediti più alla vita contemplativa che alla predicazione) non aveva ottenuto successi.
Domenico si rese conto che una delle maggiori ragioni del successo del catarismo tra i ceti umili, naturalmente mal disposti verso il lusso e la ricchezza del clero, era la propaganda pauperistica: il fondatore decise, quindi, di organizzare comunità di predicatori viventi in povertà e li mandò a predicare a due a due tra i catari.
Il capo dell'ordine è il Maestro generale dell'Ordine dei predicatori,
che detiene il potere esecutivo: egli viene eletto dal
Capitolo generale con un mandato di nove anni (fino al 1804 la carica era a
vita).
Pur presiedendo il Capitolo generale, il maestro è soggetto alla sua
autorità, è tenuto ad applicarne i decreti e può essere da esso deposto.
Il Capitolo generale, composto dai rappresentanti di tutto l'ordine,
detiene la suprema autorità legislativa: tale organismo, convocato e
presieduto dal maestro, si riunisce triennalmente e ne fanno parte tre
rappresentanti di ogni provincia (il priore provinciale, un definitore e un suo
socio).
La sede del Maestro dell'ordine e della curia generalizia è presso il
convento di Santa Sabina all'Aventino, in piazza Pietro d'Illiria a Roma.
Amministrativamente, l'ordine è diviso in province, governate da un priore
provinciale eletto con mandato quadriennale dal Capitolo provinciale, che si
riunisce ogni quattro anni ed è composto dai rappresentanti dei frati della
provincia; i singoli conventi sono retti da un priore conventuale eletto con
mandato triennale dal Capitolo conventuale. I priori provinciali e conventuali,
pur essendo eletti, non possono essere deposti dai rispettivi capitoli (tale
facoltà è riservata al superiore del livello più alto).
Oltre che dai frati (chierici e cooperatori), che costituiscono il primo
ordine domenicano, la famiglia domenicana è composta dalle monache (secondo
ordine) e da un composito terz'ordine a cui appartengono suore,
membri di istituti secolari, fraternità laicali e sacerdotali.
Il monastero femminile di Notre-Dame de Prouille, istituito da Domenico nel
1205, costituisce la prima vera fondazione domenicana (il primo convento
maschile venne fondato a Tolosa solo nel 1215): le monache domenicane
vivono in clausura e si dedicano alla vita contemplativa; attraverso la
preghiera e la penitenza cooperano all'apostolato dei frati, delle suore e dei
laici domenicani.
I laici desiderosi di legarsi all'ordine ebbero il loro statuto nel 1285
dal maestro generale Munio di Zamora. I laici sono organizzati
in fraternite: tra i membri più noti Bartolo Longo (fondatore
del santuario di Pompei), Pier Giorgio Frassati (membro
della FUCI, morto ventiquattrenne) e gli uomini politici Giorgio La
Pira e Aldo Moro.
La formazione di comunità di terziari ha dato vita ai terziari regolari,
cui si collegano le numerose diverse congregazioni femminili domenicane sorte
nei secoli: le suore domenicane operano nel campo dell'educazione, della
pastorale e nelle missioni.
Tra le congregazioni più numerose, le suore
di carità domenicane della Presentazione della Santa Vergine, fondate nei
pressi di Tours da Marie Poussepin, le religiose
dell'Annunziata, fondate a Vic da san Francesco Coll Guitart, la
congregazione statunitense del Santo Rosario di Adrian
(Michigan), le
missionarie di San Domenico e del Rosario e le Domenicane
di Santa Caterina.
Vi sono anche congregazioni, di più modeste dimensioni, che
hanno la loro sede principale in Italia: quella di San Tommaso d'Aquino, delle
Missionarie della Scuola, della Beata Imelda, di Santa Maria
dell'Arco e di San Domenico.
Nel 1205 il vescovo di Tolosa, Folco, donò a Domenico il Monastero
di Prouilhe, presso Fanjeaux, che lo destinò a ospitare una comunità di donne convertite dal catarismo
desiderose di abbracciare la vita religiosa: il monastero di Prouille fu il
centro dell'apostolato di Domenico per il successivo decennio.
Tra il 1213 e il 1214, a Fanjeaux, prese forma l'idea di dare inizio a un
nuovo ordine e nella primavera del 1215 il vescovo Folco diede il primo
riconoscimento ecclesiastico alla comunità di Domenico, approvata come
fraternità di predicatori per la diocesi di Tolosa.
Pierre Seila, ricco cittadino di Tolosa, mise a disposizione della missione
di Domenico i suoi beni e la propria abitazione, presso la quale il fondatore
radunò i suoi primi sei compagni. Come luogo di culto, la comunità ottenne
da Folco la chiesa di San Romano.
Nel 1215 Domenico accompagnò il vescovo Folco a Roma, dove doveva
celebrarsi un concilio, e chiese a papa Innocenzo III l'approvazione
della sua fraternità e la conferma dei beni che gli erano stati donati. Poiché,
dopo il IV concilio Lateranense, vigeva il divieto di fondare nuovi ordini
religiosi, il pontefice impose a Domenico di adottare una regola già esistente:
nel 1216 Domenico scelse la regola di sant'Agostino, alla quale aggiunse
degli statuti ispirati a quelli dei canonici di Prémontré.
Il 22 dicembre 1216 papa Onorio III, da poco succeduto a Innocenzo
III, emanò la bolla Religiosam
vitam, mediante la quale approvò la comunità di Domenico come compagnia
di canonici regolari posta sotto la protezione della Sede Apostolica; con
una seconda bolla del 21 gennaio 1217 il pontefice riconobbe l'originalità del
carisma di Domenico e approvò la sua fraternità come ordine religioso, detto
dei frati predicatori.San Domenico riceve il rosario dalla Vergine: dipinto di Guido Reni
È un ordine di predicatori, caratteristica principale è la predicazione per la salvezza delle anime. Oggetto focale della predicazione domenicana è la figura di Cristo redentore, causa meritoria della salvezza umana: il carattere cristocentrico di tale spiritualità è dimostrato dalla devozione dei frati per la passione di Gesù (uno dei principali promotori della pratica della Via Crucis fu il domenicano Alvaro da Cordova, che l'introdusse nel convento di Cordova) e per l'Eucaristia (Tommaso d'Aquino compose l'ufficio liturgico per la festa del Corpus Domini).
Perché avvenga la predicazione importante nella vita dei frati domenicani è lo studio e la preghiera, sia individuale sia corale: si trasmette quanto si è contemplato. Altra caratteristica importante è la vita comunitaria.
Peculiare è anche la devozione mariana in quanto Maria nel cristianesimo è la madre della Parola di Dio fatta carne; tale devozione era forte già nel fondatore ed è stata propagata da Pietro da Verona attraverso la creazione di numerose confraternite; i domenicani Alano de la Roche e Jacob Sprenger furono tra i principali promotori della pratica del Rosario (o salterio della Beata Vergine) e tale devozione ebbe un notevole impulso sotto il pontificato del papa domenicano Pio V, che la collegò alla vittoria sui turchi a Lepanto.
I domenicani, particolarmente padre Marie-Jean-Joseph Lataste, promossero l'inserimento del nome di san Giuseppe nel canone della messa e spinsero papa Pio IX a proclamarlo patrono della Chiesa universale.
Ebbero un ruolo importante anche nella diffusione della devozione per le anime del Purgatorio: la pratica delle tre Messe in suffragio da celebrarsi il 2 novembre, divenuta prassi universale nella Chiesa cattolica, ebbe origine nel XV secolo nel convento domenicano di Valencia.
Numerosi i frati domenicani elevati all'onore degli altari: oltre al fondatore, Raimondo di Peñafort, terzo maestro generale dell'ordine; il martire Pietro da Verona; i teologi e dottori della Chiesa Tommaso d'Aquino e Alberto Magno; i missionari Giacinto e Luigi Bertrando; Vincenzo Ferreri, invocato come taumaturgo; il vescovo di Firenze Antonino; papa Pio V (Michele Ghislieri).
L'abito del fondatore era quello dei canonici del capitolo di Osma,
costituito da una tonaca bianca con cappa e cappuccio
appuntito nero; anche la particolare tonsura "ad aureola"
di Domenico era quella dei canonici di Osma ed era diversa da quella del clero
secolare e dei monaci. Nel 1216 anche i frati che lo seguivano adottarono
lo stesso abito e la stessa particolare tonsura.
L'abito era completato da una cintura di cuoio stretta
in vita alla quale i frati portavano appesi alcuni oggetti di uso quotidiano; i
frati conversi, che generalmente erano di bassa estrazione sociale e
analfabeti, portavano anche una sorta di corona di perle per contare le
preghiere (da cui, probabilmente, deriva l'uso dei domenicani di portare la
corona del rosario alla cintura)
In seguito, all'abito venne aggiunto uno scapolare bianco,
arricchito dai pontefici di varie indulgenze, che divenne anche segno
distintivo dei terziari secolari domenicani; ai piedi, diversamente dai francescani,
portavano calzature chiuse.
L'abito domenicano, alla fine di questo rapido percorso evolutivo, risultò
composto da tonaca e scapolare bianchi, cappa e mantello neri, cintura di cuoio
con la corona del rosario pendente da un lato. Tale foggia rimase immutata nei
secoli anche a causa di una leggenda diffusasi nel Medioevo che
faceva risalire l'adozione di tale abito a un evento miracoloso: l'abito,
secondo questa tradizione, sarebbe stato mostrato al beato Reginaldo
d'Orléans dalla Vergine, apparsagli per guarirlo a seguito delle
preghiere di Domenico.
Nel 1968 venne abolita la tonsura e ai maestri provinciali venne data
facoltà di concedere ai frati il permesso di indossare anche abiti secolari
fuori dai conventi.
L'Ordine dei frati predicatori (Ordo fratrum praedicatorum) è un istituto religioso maschile di diritto pontificio; i frati di questo ordine mendicante, detti comunemente domenicani, pospongono al loro nome la sigla O.P.
L'ordine sorse agli inizi del XIII secolo in Linguadoca a opera dello spagnolo Domenico di Guzmán con il fine di lottare contro la diffusione del catarismo, la più importante eresia medievale: Domenico e i suoi compagni scelsero di contrastare le dottrine eretiche sia attraverso la predicazione sia attraverso l'esempio di una severa ascesi personale, vivendo in povertà e mendicità.
Poiché per confutare le dottrine eterodosse era necessario che i predicatori, oltre a essere esemplarmente poveri, avessero anche una solida preparazione culturale, i conventi domenicani divennero importanti centri di studi teologici e biblici: appartennero all'ordine alcuni dei più importanti teologi medievali, come Tommaso d'Aquino e Alberto Magno.
La forma di vita di Domenico e dei suoi compagni venne approvata solennemente da papa Onorio III con le bolle del 22 dicembre 1216 e del 21 gennaio 1217. Le principali finalità dell'ordine sono la propagazione e la difesa del cattolicesimo mediante la predicazione, l'insegnamento e la stampa.
Dopo l'approvazione ufficiale del papa, il 15 agosto 1217 Domenico mandò sette dei suoi frati a Parigi per studiare, predicare e fondare un convento, altri quattro frati in Spagna, tre a Tolosa e due a Prouille, per la direzione spirituale delle monache. Lasciata Roma, tra il maggio 1218 e il luglio 1219 Domenico fu impegnato in un viaggio attraverso l'Italia, la Francia meridionale e la Spagna, durante il quale accolse numerosi membri nell'ordine e fondò i conventi di Bologna, Lione, Segovia, Montpellier, Bayonne e Limoges.
Quelle di Bologna e Parigi, sedi universitarie, divennero le comunità più forti e influenti dell'ordine: Domenico assunse personalmente la guida del convento di Bologna e inviò come superiore a Parigi Reginaldo d'Orléans; morto Reginaldo, gli succedette Giordano di Sassonia, futuro maestro generale.
Il 17 maggio 1220 si aprì a Bologna il primo capitolo generale dell'ordine, che emanò leggi sulla predicazione, sullo studio, sulla povertà, sull'organizzazione dei conventi, sui poteri di maestro e capitolo generali.
Concluso il capitolo, Domenico fu inviato in Lombardia come responsabile di una missione papale; tornato a Roma, si occupò della fondazione di nuovi conventi a Siena, Metz, Spira, Lund, Amiens, Piacenza e Sigtuna. Il secondo capitolo generale si riunì a Bologna il 30 maggio 1221 e decretò la divisione dell'ordine in province.
Dopo un nuovo viaggio in Lombardia, Domenico si ammalò e morì a Bologna il 6 agosto 1221. L'ordine contava circa trecento frati e una ventina di conventi, organizzati in otto province e sparsi tra Francia, Italia, Spagna, Germania e Scandinavia, mentre si preparavano fondazioni in Ungheria, Polonia e Inghilterra.
Come richiesto dal Concilio Lateranense IV i frati dovettero adottare una regola preesistente; optarono quindi per quella agostiniana, tradizionalmente attribuita a sant'Agostino. A essa, regola fondamentalmente generica, accorparono una serie di leggi chiamate costituzioni, le quali regolarono e diedero forma organica all'intero ordine. Particolarmente famose e oggetto di studio giuridico per la forma di elevata democrazia, sono state spesso utilizzate come modello per altre costituzioni, soprattutto quelle dei futuri comuni.
Durante il Medioevo molti domenicani si dedicarono all'adattamento delle dottrine aristoteliche alla teologia cristiana. I più eminenti furono in particolare Sant'Alberto Magno e San Tommaso d'Aquino. Molti domenicani ricoprirono compiti di rilievo e spesso erano membri di quest'ordine a formare i tribunali dell'Inquisizione. Per il loro zelo vennero soprannominati anche Domini canes («cani del Signore»).
Essi furono tra i principali ordini che operarono un notevole rinnovamento religioso, filosofico e culturale nel panorama europeo del XII secolo, insieme ai francescani, seppure talvolta in competizione con quest'ultimi. Tra i loro interessi vi fu anche l'alchimia, in quanto appartenente al campo della filosofia naturale, con atteggiamenti diversificati nei suoi confronti.
«I primi alchimisti medievali furono proprio francescani e domenicani, poiché essi trovavano nell'alchimia gli aspetti che più li interessavano: per i domenicani era una teoria naturalistica nella quale erano compresi e spiegati sia i termini fisici che quelli metafisici. I francescani insegnavano un'alchimia che era quasi la continuazione della vita ascetica e contemplativa e strumento del rinnovamento spirituale del mondo.»
Breve storia di uno Stemma
Fino a qualche decennio fa si riteneva che gli Ordini religiosi, le Diocesi, i Prelati, i Capitoli delle cattedrali avessero iniziato ad usare gli stemmi verso la metà del Duecento, circa un secolo dopo che i nobili avevano incominciato ad alzare le loro armi gentilizie.
Non si considerava, invece, che in Terra Santa l’ araldica dei vessilli, degli scudi e dei sigilli degli Ordini religioso-monastici era già in piena fioritura fin dal principio delle Crociate.
L’Antico ed il Nuovo Testamento, la Patristica, i legendaria dei Santi, la liturgia hanno offerto, nei secoli, alla Chiesa i temi più svariati per i suoi simboli, destinati a divenire figure araldiche.
Quasi sempre tali simboli alludono a compiti pastorali o di apostolato degli istituti della Chiesa, sia secolari che regolari, oppure tendono ad indicare la missione del clero, o richiamano antiche tradizioni di culto, memorie dei Santi patroni, pie devozioni locali.
Così gli Ordini religiosi, le Diocesi, le Curie episcopali, i Capitoli delle cattedrali possedevano già, prima che nascesse l’araldica, proprie figure sacre, istintive ed allusive.
Infatti, parliamo di figure sacre, allegoriche ed emblematiche, per la Chiesa, in quanto non si potrebbe blasonare con i termini scudo o arme, risultando interdetti agli Ecclesiastici l’ appartenenza a milizie e l’ uso delle armi.
Analizziamo, di conseguenza, il simbolo presente nello Stemmi dell’ Ordine dei Frati Predicatori (Domenicani).
L’Ordine dei Frati Predicatori (Domenicani), che ha per "scopo la propagazione e difesa della fede tra i fedeli e gl’ infedeli, con la predicazione,
l’ insegnamento scolastico e la stampa" , venne fondato da San Domenico di Guzman agli albori del secolo XIII e ottenne l’ approvazione apostolica nel 1216.
La blasonatura dello stemma della Religione Domenicana è: Di bianco, cappato, alzato di nero, caricato del cane corrente al naturale, ingollante una torcia fiammeggiante posta in sbarra, timbrato di una corona all’antica attraversato da un decusse formato da un gambo di giglio in banda fiorito e fogliato al naturale e da una palma di martirio in sbarra al naturale, il tutto sormontato da una stella di 8 punte d’oro.
Il bianco per il Frate domenicano è segno, simbolo di purezza e di castità, mentre il nero, di rinuncia e di penitenza.
Ma, oltre che nello stemma, tali smalti sono presenti anche nell’abito religioso dei Domenicani, essendo, da sempre, il saio di bianco ed il mantello di nero.
La stella, per la tradizione domenicana, è simbolo di predestinazione e segno personale di San Domenico, poiché si narra che, nel giorno del battesimo, la madrina vide risplendere una fulgida stella sulla fronte del Santo.
Il giglio è invece simbolo di integrità e moralità, mentre
la palma rappresenta, come ideale, il martirio.
San Domenico, infatti, avrebbe desiderato, nel predicare agli infedeli, nella fattispecie i Cumani, conseguire il martirio.
Il cane rappresenta poi la fedeltà al messaggio evangelico, mentre
la fiaccola simboleggia la diffusione della Parola di Dio tra i fedeli e gl’ infedeli, per opera di San Domenico e dei Suoi figli spirituali, i Frati Predicatori.
Il cane con la fiaccola è legato, infine, ad un racconto.
Si narra, infatti, che la madre di San Domenico, al momento del parto, abbia avuto la visione di un cane, con una fiaccola fiammeggiante tra le fauci, correre, illuminando tutto il mondo.
Ma i Frati di San Domenico, i Domenicani Domini canes, sono anche i cani del Signore, ossia i difensori della verità che azzannano gli eretici e difendono il gregge di Cristo.
A completamento dell’analisi del simbolo domenicano, ne ricordiamo anche
il motto: "Laudare, Benedicere, Praedicare".
L’istituzione di questa festa, dedicata a tutti i Santi Gusmani, risale al 1674.
Essa fu richiesta dal Cardinale Domenicano Vincenzo Maria Orsini, futuro Papa Benedetto XIII, al Pontefice Clemente X, da cui aveva ricevuto la porpora, e che fu Protettore specialissimo dell’Ordine Domenicano.
Questa solennità parve molto opportuna al Pontefice, perché, osservava “se volessimo dare ad ognuno dei suoi Santi figli il giorno proprio, bisognerebbe formare per loro soli un nuovo calendario”.
Il Santo Patriarca Domenico, in una magnifica visione che svelò a lui le arcane bellezze del cielo, poté vedere i suoi figli e le sue figlie, Beati e Santi, sotto il manto di Maria, facendo sussultare di gioia il suo cuore di padre.
I suoi figli hanno magnificamente attuato il Santo ideale da lui attinto al cuore stesso del Redentore, nelle lunghe notti insonni: ideale fatto di contemplazione, amante della prima Verità, per parteciparne poi in sovrabbondanza alle anime prive di luce e d’amore.
Dottori, Apostoli.
Martiri, Vergini meravigliose.
Ed oltre a questi figli aureolati dalla Chiesa, tanti altri, impossibile da numerare, il cui nome nessuna cronaca ci ha tramandato, che però seppero gioiosamente camminare sulla via da lui tracciata e raggiungere la stessa gloria dei loro grandi confratelli e che insieme con loro indicano a noi, quaggiù, la via.
(Autore: Franco Mariani – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Essa fu richiesta dal Cardinale Domenicano Vincenzo Maria Orsini, futuro Papa Benedetto XIII, al Pontefice Clemente X, da cui aveva ricevuto la porpora, e che fu Protettore specialissimo dell’Ordine Domenicano.
Questa solennità parve molto opportuna al Pontefice, perché, osservava “se volessimo dare ad ognuno dei suoi Santi figli il giorno proprio, bisognerebbe formare per loro soli un nuovo calendario”.
Il Santo Patriarca Domenico, in una magnifica visione che svelò a lui le arcane bellezze del cielo, poté vedere i suoi figli e le sue figlie, Beati e Santi, sotto il manto di Maria, facendo sussultare di gioia il suo cuore di padre.
I suoi figli hanno magnificamente attuato il Santo ideale da lui attinto al cuore stesso del Redentore, nelle lunghe notti insonni: ideale fatto di contemplazione, amante della prima Verità, per parteciparne poi in sovrabbondanza alle anime prive di luce e d’amore.
Dottori, Apostoli.
Martiri, Vergini meravigliose.
Ed oltre a questi figli aureolati dalla Chiesa, tanti altri, impossibile da numerare, il cui nome nessuna cronaca ci ha tramandato, che però seppero gioiosamente camminare sulla via da lui tracciata e raggiungere la stessa gloria dei loro grandi confratelli e che insieme con loro indicano a noi, quaggiù, la via.
(Autore: Franco Mariani – Fonte: Enciclopedia dei Santi)