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Delegati Pontifici del Santuario di Pompei

Il Santuario > Pompei tra Cronaca e Storia

*Mons.Giuseppe Formisano - 1°Delegato
1° Vescovo del Santuario di Pompei
Dal Vescovo di Nola, Monsignor Giuseppe Formisano, ad oggi, ben quindici Prelati si sono susseguiti, con diverse modalità, nella responsabilità giuridico-ecclesiastica del Santuario di Pompei.
Di seguito l’elenco dei Vescovi-Prelati e Delegati Pontifici.

Vescovo di Nola.
Nato a Torre Annunziata il 16 aprile 1811, fu nominato Vescovo il 16 maggio 1855.
Consacrato il successivo 7 ottobre, morì il 6 gennaio 1890.

*Card.Raffaele Monaco La Valletta - 2° Delegato
2° Vescovo del Santuario di Pompei
Nacque a l’Aquila il 23 febbraio del 1827 da Domenico e da Maria Maddalena De Felici-Umani.
Fu ordinato sacerdote il 22 settembre del 1849, a soli 22 anni!
La sua vita fu una continua ascesa nella burocrazia ecclesiastica. Lo dimostra il lungo elenco degli innumerevoli titoli e uffici a lui assegnati: “Vescovo di Ostia e Velletri, Decano del Sacro Collegio, Penitenziere Maggiore, Prefetto della S. Congregazione Cerimoniale, Segretario della S.R.V.
inquisizione, Arciprete della Patriarcale Basilica Lateranense, Gran Priore Commendatore del Sovrano Militare Ordine di Malta.
Il Card. La Valletta fu grande amico di Bartolo Longo e devoto della Vergine di Pompei.
Nominato Primo Protettore del Santuario di Pompei il 28 marzo 1890, ne prese possesso nel maggio successivo.
Egli, quando il Santuario di Valle di Pompei, sottratto alla giurisdizione del Vescovo di Nola, fu donato alla Santa Sede, fu nominato   Vicario Pontificio di Papa Leone XIII per il Santuario di Pompei dal 13 marzo 1894.
Morì ad Agerola (Napoli, Arcidiocesi di Amalfi) il 14 luglio del 1896.
I suoi resti mortali furono trasferiti a Roma e sepolti nel cimitero del Verano.
Lettera di P. Leone XIII al Card. Monaco La Valletta, Vicario generale di Roma,26-6-1878. + Leone XIII
In mezzo alle ragioni   L’insegnamento religioso nelle scuole pubbliche di Roma -  26 giugno 1878
Signor Cardinale,
In mezzo alle ragioni di letizia e di conforto che fino dai primordi del Nostro Pontificato avemmo in gran numero, per le non dubbie significazioni di riverenza e di affetto che Ci giunsero da ogni parte del mondo, non Ci mancarono gravi amarezze per le condizioni generali della Chiesa sottoposta quasi da per tutto a fiera persecuzione, e per quello che vedevamo accadere nella stessa Città di Roma centro del cattolicismo e Sede augusta del Vicario di Cristo. Qui una stampa senza freno e giornali intesi del continuo a combattere col sofisma e col dileggio la fede, ad impugnare le sacre ragioni della Chiesa e a menomarne l’autorità; qui templi di Protestanti sorti coll’oro di società bibliche anche nelle vie più popolose quasi ad insulto; qui scuole, asili ed ospizi aperti all’incauta gioventù coll’apparente filantropico intendimento di giovarla nella coltura della mente e nei suoi materiali bisogni, ma col vero scopo di formarne una generazione nemica della religione e della Chiesa di Cristo. E quasi tutto ciò fosse poco, per opera di coloro che per debito di ufficio son tenuti a promuovere i veri interessi della romana cittadinanza, fu testé decretato il bando del Catechismo cattolico dalle Scuole municipali. Provvedimento riprovevole, che viene a togliere anche quest’argine all’eresia e all’incredulità irrompente, e lascia aperta la via ad un nuovo genere di straniera invasione, tanto più funesto e pericoloso dell’antico, quanto più direttamente
mira a rapire dal cuore dei Romani il prezioso tesoro della fede e dei frutti che ne derivano. Questo novello attentato alla religione e alla pietà del Nostro popolo Ci riempie l’animo d’un vivo e pungente rammarico e Ci costringe di scrivere a Lei, Sig. Cardinale, che fa le Nostre veci nello spirituale governo di Roma, la presente lettera sul doloroso argomento, per richiamarcene altamente in faccia a Dio e agli uomini.
E qui fin dal principio, in virtù del Nostro pastorale ministero, Ci è d’uopo tornare alla mente di ogni cattolico il dovere gravissimo, che per legge naturale e divina gl’incombe d’istruire la sua prole nelle soprannaturali verità della fede, e il debito che in una città cattolica stringe coloro che ne reggono le sorti ad agevolarne e promuoverne l’adempimento. E mentre in nome della Religione alziamo la Nostra voce a tutela dei suoi più sacri diritti, vogliamo altresì che si rilevi quanto questa improvvida deliberazione sia contraria al vero bene della stessa società.
Certamente non si saprebbe immaginare qual pretesto abbia potuto consigliare una tale misura, se non forse quella irragionevole e perniciosa indifferenza in fatto di religione, nella quale ora si vorrebbe che crescessero i popoli. Fino ad ora la ragione e lo stesso naturale buon senso insegnò agli uomini di mettere da parte e fuori di uso ciò che in pratica non avesse fatto buona prova, o per mutate condizioni fosse diventato inutile. Ma chi potrà affermare, che l’insegnamento del Catechismo non abbia fatto fin qui buona prova? Non fu il religioso insegnamento che rinnovellò il mondo, che santificò e ringentilì in mezzo agli uomini le scambievoli relazioni, che fece più delicato il senso morale, ed educò quella coscienza cristiana, che reprime moralmente gli eccessi, riprova le ingiustizie, ed innalza i popoli fedeli sopra tutti gli altri? Si dirà forse che le condizioni sociali dell’età che corre lo hanno reso inutile e nocivo? Ma la salute e la prosperità dei popoli non ha sicura tutela fuori della verità e della giustizia, delle quali la presente società sente così vivo il bisogno, e alle quali il Catechismo cattolico conserva pienamente intatti i loro sacri diritti. Per amore pertanto dei frutti preziosi, che già si raccolsero e giustamente si sperano da quell’insegnamento, non che bandirlo dalle pubbliche scuole, vi si dovrebbe anzi promuovere a tutto potere.
E questo esige altresì la natura del fanciullo e la condizione tutta speciale, in cui viviamo. Non si può a nessun patto rinnovare sopra il fanciullo il giudizio di Salomone e dimezzarlo con un taglio irragionevole e crudele tra la sua intelligenza e la volontà: mentre si prende a coltivare la prima, fa d’uopo avviare la seconda al conseguimento degli abiti virtuosi e dell’ultimo fine. Chi nell’educazione trascura la volontà, concentrando tutti gli sforzi alla coltura della mente, giunge a fare dell’istruzione un’arma pericolosa in mano dei malvagi. È l’argomento della mente che si aggiunge al malvolere e sovente alla possa, contro cui non si può fare alcun riparo.
E la cosa apparisce così chiara, che la riconobbero, sebbene a prezzo di contraddizione, quelli medesimi che vogliono escluso dalla scuola l’insegnamento religioso: i quali non limitano i loro sforzi alla sola intelligenza, ma li estendono anche alla volontà, facendo insegnare nelle scuole un’etica che chiamano civile e naturale, ed avviando la gioventù all’acquisto delle virtù sociali e cittadine. Ma oltre che una morale così fatta non può guidare l’uomo all’altissimo fine destinategli dalla divina Bontà nella visione beatifica di Dio, neppure ha forza bastevole sull’animo del fanciullo per educarlo a virtù e mantenerlo saldo nel bene, né risponde ai veri e sentiti bisogni dell’uomo, il quale è animale religioso nel modo che è animale socievole, e nessun progresso di scienza può mai
svellergli dall’animo le radici profondissime di religione e di fede. Perché dunque, per educare a virtù i cuori dei giovanotti, non valersi del Catechismo cattolico nel quale si rinvengono i semi più fecondi il modo più perfetto di una santa educazione? L’insegnamento del Catechismo nobilita ed innalza l’uomo nel suo proprio concetto, conducendolo a rispettare in ogni tempo sé medesimo e gli altri. È grande sventura che molti di quelli, i quali sentenziano il Catechismo ad uscire dalle scuole, abbiano posto in dimenticanza, o non considerino quello che il Catechismo appresero nell’età infantile. Altrimenti sarebbe loro assai facile l’intendere come l’insegnare al fanciullo, che egli uscì dalle mani di Dio, frutto dell’amore che Questi liberamente gli pose; che tutto quanto si vede è ordinato per lui Re e Signore del creato; ch’egli è sì grande e tanto vale, che l’Eterno Figlio di Dio per riscattarlo non isdegnò di prendere la sua carne; che del sangue dell’Uomo-Dio è bagnata la sua fronte nel battesimo; che delle carni dell’Agnello divino si alimenta la sua vita spirituale; che lo Spirito Santo dimorando in lui come in vivo suo tempio gli infonde vita e virtù affatto divina; è lo stesso che dargli impulsi efficacissimi a custodire la qualità gloriosa di figliuolo di Dio e ad onorarla col virtuoso contegno. Comprenderebbero altresì ch’è lecito di aspettarsi ogni gran cosa da un fanciullo, il quale nella scuola del Catechismo apprende di essere destinato ad un fine altissimo nella visione e nell’amore di Dio; che è fatto accorto a vegliare del continuo sopra sé stesso, e confortato con ogni maniera di aiuti a sostenere la guerra che gli fanno nemici implacabili; che viene addestrato ad essere docile e soggetto, imparando a venerare nei genitori l’immagine del Padre che sta nei cieli, e nel Principe l’autorità che viene da Dio e da Dio prende la ragione di essere e la maestà; che è tratto a rispettare nei fratelli la divina somiglianza che brilla sopra la stessa sua fronte, ed a riconoscere sotto le misere apparenze del povero il medesimo Redentore; che è salvato per tempo dai dubbi e dalle incertezze per beneficio del cattolico magistero, che i titoli di sua infallibilità ed autenticità porta scolpiti nella sua divina origine, nel fatto prodigioso del suo stabilimento sulla terra, nella copia dei frutti dolcissimi e salutari che arreca. Finalmente intenderebbero che la morale cattolica, munita del timore del castigo, e della certa speranza di altissimi premi, non corre la sorte di quell’etica civile, che si vorrebbe sostituire alla religiosa; ne avrebbero mai preso la funesta risoluzione di privare la presente generazione di tanti e sì preziosi vantaggi, col bandire dalle scuole l’insegnamento del Catechismo.
E diciamo bandire, poiché il temperamento preso di apprestare l’istruzione religiosa solamente a quei fanciulli, pei quali i genitori ne faranno espressa domanda, è del tutto illusorio. Non si riesce infatti a capire come gli autori della malaugurata disposizione non si siano avveduti della sinistra impressione, che deve fare sull’animo del fanciullo il vedere posto l’insegnamento religioso in condizioni cosi diverse dagli altri. Il fanciullo che per essere stimolato ad uno studio diligente ha bisogno di conoscere l’importanza e la necessità di ciò che gli viene insegnato, quale impegno potrà avere per un insegnamento, verso del quale l’autorità scolastica si mostra o fredda od ostile, tollerandolo a malincuore? E poi, se vi fossero (come non è difficile a trovarne) genitori che o per malvagità di animo, o molto più per ignoranza e negligenza, non pensassero a chiedere per i loro figli il benefizio dell’istruzione religiosa, resterebbe una gran parte di gioventù priva dei più salutari documenti, con estremo danno non pure di quelle anime innocenti, ma della stessa civil società. E stando le cose in tali estremi, non sarebbe un dovere di chi presiede alla scuola rimediare all’altrui malizia o trascurando? Sperando vantaggi senza dubbio men rilevanti, si pensò testé di rendere obbligatoria per legge l’istruzione elementare, costringendo anche con multe i genitori ad inviare i loro figli alla scuola: ed ora come si potrebbe aver cuore di sottrarre ai giovani cattolici l’istruzione religiosa, che indubitatamente è la più salda guarentigia di sapiente e virtuoso indirizzo dato alla vita? Non è crudeltà pretendere che questi fanciulli crescano senza idee e sentimenti di religione, finché sopravvenuta la fervida adolescenza si trovino in faccia a lusinghiere e violente passioni, disarmati, sprovveduti d’ogni freno, colla certezza di venire travolti nei lubrici sentieri del delitto? È una pena pel Nostro cuore paterno vedere le lagrimevoli
conseguenze di quella sconsigliata deliberazione: e la Nostra pena s’inacerbisce, considerando che oggi sono più che mai forti e numerosi gli eccitamenti ad ogni sorta di vizi. Ella, Sig. Cardinale, che per l’alto suo ufficio di Nostro Vicario seguita da vicino lo svolgimento della guerra che nella nostra Roma si muove a Dio ed alla Chiesa, sa bene, senza che Noi ci tratteniamo a parlarne lungamente, quali e quanti siano i pericoli di pervertimento che incontra la gioventù: dottrine perniciose e sovversive di ogni ordine costituito, audaci e violenti propositi a danno e scredito d’ogni legittima autorità; finalmente l’immoralità, che senza ritegno procede sviatamente per mille vie a contaminare gli occhi ed a corrompere i cuori. Quando questi e somiglianti assalti si danno alla fede ed al costume, ciascuno può farsi ragione quanto opportunamente siasi scelto il momento per cacciare dalle pubbliche scuole la religiosa educazione. Si vuole per avventura con queste disposizioni, invece di quel popolo romano, che per la sua fede si celebrava in tutto il mondo fin dai tempi apostolici, ed era fino ai nostri giorni ammirato per l’interezza e la religiosa coltura dei suoi costumi, formare un popolo senza religione, dissoluto, e condurlo così a condizione di barbaro e di selvaggio? Ed in mezzo a questo popolo, con insigne slealtà pervertito, come potrebbe il Vicario di Gesù Cristo, il Maestro di tutti i fedeli, veder riverita la suprema sua autorità, tener con onore l’augusto suo Seggio, e attendere rispettato e tranquillo alle incombenze del suo Pontificai ministero? Ecco, Sig. Cardinale, la condizione, che in parte Ci si è già fatta e che Ci si apparecchia nell’avvenire, se Iddio pietoso non vorrà porre un limite a questo incalzare di attentati, l’uno più riprovevole dell’altro.
Ma finché la Provvidenza per i suoi giudizi adorabili lascia che duri questa prova, se non è in Nostro potere di mutare la condizione delle cose, è però debito Nostro di fare ogni sforzo per addolcirla, e perché tornino meno sensibili i danni. Quindi è d’uopo, che non pure i Parrochi raddoppino di diligenza e di zelo nell’insegnamento del Catechismo, ma che si supplisca con nuovi ed efficaci mezzi al vuoto che si fece per colpa altrui. Non dubitiamo che il clero di Roma neppur questa volta verrà meno ai sacri doveri del suo sacerdotal ministero, e si adoprerà con le cure più affettuose a preservare la romana gioventù dai pericoli che minacciano la sua fede e la sua  moralità. Siamo certi altresì che le cattoliche Associazioni, fiorenti in questa Città con tanto profitto della religione, concorreranno con tutti i mezzi posti nelle loro mani alla santa impresa d’impedire, che quest’alma Città, perdendo il carattere sacro ed augusto di religione e l’invidiato vanto di essere la città santa, addivenga vittima dell’errore e teatro d’incredulità.
Ed Ella, Sig. Cardinale, colla sagacia e colla fermezza, onde va adorna, procuri che si accrescano gli oratorii e le scuole, dove si raccolgano i giovanotti per essere istruiti intorno alla santissima Religione cattoCard. Raffaele Monaco La Valletta Primo Delegato di S.S.Leone XIII per il Santuario di Pompeilica, nella quale per insigne grazia del cielo son nati. Cerchi, secondo che già si fa con buon frutto in qualche chiesa, che virtuosi e caritatevoli Laici, sotto la vigilanza di uno o più Sacerdoti, prestino l’opera loro per insegnare il catechismo ai fanciulli; e procuri che i genitori siano dai rispettivi Parrochi esortati ad inviarvi i loro figliuoli, e che sia loro ricordato anche il dovere, che a tutti incombe, di esigere nelle scuole pei proprii figli l’istruzione religiosa. Gioveranno altresì i catechismi agli adulti da stabilirsi nei luoghi, che si crederanno più acconci, affine di mantener sempre vivi negli animi i salutari ammaestramenti, che appresero sin da fanciulli. Non lasci giammai di rinfuocolar la pietà, e di avvivare sempre meglio l’impegno dei Sacerdoti e dei Laici, ponendo loro sott’occhio l’importanza dell’opera, i meriti che si acquisteranno presso Iddio, presso Noi, e presso l’intera società. Faccia altresì loro intendere, che Noi Ci studieremo di tenere nella dovuta considerazione i più operosi.
Non Ci sfugge da ultimo che a riuscire meglio nel Nostro intendimento occorre anche il sussidio dei mezzi materiali, i quali non rispondono in proporzione ai bisogni. Ma se Noi costretti a vivere dell’obolo dei fedeli, posti essi stessi in grandi angustie per i tempi che corrono torbidi e luttuosi, non potremo largheggiare quanto vorrebbe il Nostro cuore, non lasceremo però di fare tutto quel più che Ci sarà consentito, per istornare il danno che dalla negletta educazione religiosa viene prima al fanciullo, e poi alla stessa civile società.
Del resto a tutti i disegni e sollecitudini Nostre è necessario mandare avanti l’invocazione del divino aiuto senza del quale è vana ogni speranza di riuscimento felice. Ci rivolgiamo pertanto a Lei, Sig. Cardinale, raccomandandole caldamente che esorti il popolo romano ad innalzare a Dio Signor Nostro fervide preghiere, che in questa santa Città mantenga intera la luce della fede cattolica, che pretenderebbero d’oscurare o spegnere affatto le sette ereticali accolte ad onore, e l’empietà, cospiranti insieme a rovesciare la fermissima Pietra, contro la quale, siccome è scritto, le porte dell’inferno non prevarranno. Nel cuore dei Romani è antica la devozione verso l’Immacolata Madre del Salvatore; ma adesso, incalzando vieppiù il pericolo, ricorrano e più spesso e con ardore più intenso a Lei, che schiacciò il serpe e vinse tutte le eresie. Nei giorni che riconducono la memoria solenne dei gloriosi Apostoli Pietro e Paolo, si prostrino riverenti nelle loro Basiliche, e li scongiurino ad intercedere presso Dio per la Città che santificarono del proprio sangue, e che lasciarono depositario delle loro ceneri, quasi a pegno della loro incessante protezione. Facciano dolce violenza di suppliche ai celesti patroni di Roma, i quali o col sangue, o colle opere del ministero apostolico, o coi santi esempi rendettero più ferma nel cuore dei loro Padri la fede che si vorrebbe strappare dal seno dei figli; e Dio si muoverà a pietà di noi, ne lascerà che sia fatta ludibrio di uomini malvagi la sua religione.
Intanto riceva, Sig. Cardinale, l’Apostolica Benedizione, che dall’intimo del cuore impartiamo a Lei, al clero, ed a tutto il Nostro dilettissimo popolo.
Dal Vaticano, li 26 Giugno 1878.
*Lettera In mezzo alle ragioni sull’insegnamento religioso nelle scuole, [Al Signor Cardinale Monaco La Valletta, Vicario generale di Roma], 26 giugno 1878

Infanzia e prima giovinezza

La famiglia Monaco-La Valletta. – Era oriundo di Sacco (diocesi di Capaccio-Vallo, Caputaquen, prov. di Salerno). Sacco è un bel paesino a 600 metri s/m, a 100 Km. da Salerno, e a 14 Km dalla stazione di Capaccio Roccadaspide (linea Napoli-Reggio C.), ed è particolarmente rinomato per la frazione celeberrima di Paestum.
Nell’albero genealogico della famiglia Monaco-La Valletta, oltre a parecchi magistrati e capitani, va annoverato proprio quel famoso Giovanni Parisot de la Valette che fu eletto nel 1557 Maestro supremo dell’Ordine Gerosolimitano di Malta, e che in pratica diede il nome a La Valletta, capitale di Malta. La nipote fu data in isposa a Carlo Monaco; e Giovanni Alfonso Monaco, insegna per pietà a sapere, fu elevato alla sede episcopale di Marsico.
(Nota 1) – Vale la pena di spendere qualche parola su questa figura passata alla "grande storia" specie dell’isola di Malta. Giovanni Parisot De La Vallette nacque nel 1494 da nobile famiglia. Entrato nell’Ordine dei Cavalieri di Malta, divenne ben presto, per il suo valore, "il terrore degli infedeli". Nel 1557, fu eletto Gran Maestro dell’Ordine, e fu proprio sotto il suo governo che l’Ordine stesso riuscì a impadronirsi, in soli 5 anni, di cinquanta galee turche e di un rilevante numero di navi minori. Proprio a motivo di queste gravi perdite, il gran sultano Solimano, deciso a sottomettere Malta, inviò contro la medesima la sua flotta di 159 navi e di 30.000 soldati. L’assedio del 1565 durò ben quattro mesi, ma alla fine i turchi furono costretti a toglierlo, avendo perduto ben 20.000 uomini, cioè due terzi dei combattenti. L’Europa tutta applaudì all’eroismo di Giovanni Parisot De La Vallette perché, proprio per il suo coraggio e per il suo valore, aveva impedito ai turchi di spingersi ulteriormente verso le regioni mediterranee dell’Europa. Giovanni Parisot morì a Malta il 21 agosto 1580, a meno di nove anni dalla celeberrima battaglia di Lepanto (7 ottobre 1551).

Il padre e la madre

Il nostro Raffaele nacque a l’Aquila il 23 febbraio 1827, da Domenico, Cavaliere dei Real Ordine di Francesco I e Regio Consigliere del Tribunale Napoletano della Suprema Giustizia, e Procuratore generale del Re presso la Gran Corte Civile degli Abruzzi in Aquila (prima che fosse chiamato a Napoli per sedervi tra i Consiglieri della Suprema Corte). La mamma era la N.D. Maria Maddalena De Felici-Umani, figlia di illustri Patrizi di Chieti. Il padre è ricordato come magistrato illuminato e integerrimo, e la madre era di santi costumi: lo dimostrerà in particolare quando, ancora molto giovane, rimarrà vedova con ben cinque figli a carico.
Come si è detto Raffaele Monaco-La Valletta nacque a l’Aquila. Ecco l’estratto di nascita, desunto dai Registri del Municipio Aquilano (N. d’ordine 57 dei nati);
"… Angela Tulli di anni 56 di professione levatrice… ci ha presentato un bambino… ed ha dichiarato che lo stesso è nato da Donna Maddalena De Felici di anni 29, di professione proprietaria… E dal Signor Domenico Monaco di anni trentanove, di professione Consigliere della Suprema Corte di Giustizia, Procuratore Generale del re presso la Gran Corte di Giustizia, Procuratore Generale del Re presso la Gran Corte Civile degli Abruzzi sedente in Aquila…, in Aquila…, nel giorno 23 di Febbraio 1827, alle ore 7 di notte, nella casa di abitazione del suddetto Sig. Monaco". (L’atto firmato regolarmente, non è sottoscritto dalla levatrice "che ha detto di non saper scrivere").
Il bambino fu battezzato il giorno seguente. Eccone l’atto di Battesimo, desunto dai registri di Battesimo della Cattedrale di S. Massimo de L’Aquila (vol. VIII: 1818-25?: anno 1827, f. 75, e non f.57, come affermato dal Pietrapaoli);
"Anno Domini, millesimo octingentesimo vigesimo septimo.
Die vigesima tertia Februarii. Aquilae. Taphael, Nuntius, Maximus, Justus, Amatus filius legittimus et naturalis D.ni Dominici Monaco Neapolit. Consiliaritus (sic) Supremae Curiae Justitiae. Procurator Generalis Regis, apud Magnam Curiam Civilem trium Aprutiorum, et Donae Mariae Magdalenae de Felice (sic) Umani Theat-(in)-ae uxoris, baptizatus fuit a Rndo Curato Perilli in hac Cathedrali, eumque de sacro Fonte levavit Angela Tulli, fuitqueobstetrix. Ser, Om: (- Servatis omnibus de jure servandis?)".
Non deve trarre in inganno la citazione del solo mgiorno della nascita, poiché la data del battesimo è apposta dopo, così: "Die vigesimo quarto (sic) Februarii RAPHAEL NUNTIUS". E tale data fu anche annotata nei Registri dei Nati, dopo le parole più sopra riportate.
Raffaele era il terzo di cinque figli: eccoli in ordine di età: Gaspare, Concetta, Raffaele, Maria e Francesco.
Fin da piccolo, corrispondendo in particolare alle attenzioni materne, Raffaele dimostrò una spiccata inclinazione alla vita di pietà e di studio.

Gli Studi

Manifestatasi subito con chiarezza la sua singolare intelligenza, Raffaele, all’età di 8 anni fu mandato a studiare a Napoli, nel Collegio del Salvatore. Ma qui rimase un paio di anni, a motivo della morte dell’amato genitore, verificatasi appunto quand’egli aveva 10 anni. La madre desolata, rimasta sola con i cinque figli a carico, si diede tutta alla loro educazione religiosa e civile con animo dolce e forte: una educazione imperniata su tre parole: "religione-virtù-studio". Raffaele in particolare dimostrava di corrispondere alle cure materne, dimostrandosi oltremodo attaccato alla Chiesa, e immunizzandosi contro le dottrine erronee.
Con la morte del marito, Donna Maria Maddalena, si spostò con i figli e tornò nel suo palazzo avito di Chieti: il palazzo De Felice-Humani, attiguo alla chiesa della SS. Trinità.
A Chieti, Raffaele passò a frequentare il Real Collegio Teatino (l’attuale Convitto "G.B. Vico", già dei Padri Scolopi, e nel quale aveva studiato e poi anche insegnato S. Pompilio M. Pirotti). Nel Collegio Teatino, con assiduità, solerzia e gran profitto, Raffaele studiò per diversi anni lettere classiche, filosofia e matematica; con quotidiane ripetizioni e con pubbliche esercitazioni accademiche si addestrò per un anno nelle discipline filologiche e filosofiche. In tutto questo tempo, per l’esimia onestà e integrità di vita, per l’esemplare probità di costumi e per la sua squisita mitezza, si cattivò in maniera duratura gli animi amanti della vera virtù e il loro affetto. Rifulse insomma quale astro di prima grandezza.
Nel Real Collegio di Chieti
Il giovanotto rimase nel Real Collegio di Chieti fino ai 17 anni ed ebbe come compagni di scuola, tanto per fare qualche nome, Vincenzo Zecca (1832-1915), che poi sarà avvocato, studioso di storia, studioso di storia chietina e socio di diverse Accademie; e Silvino Olivieri (1827-1855), patriota e figura di spicco del Risorgimento italiano.
Ecco come lo Zecca ricorda il suo antico contubernale" nel Real Collegio di Chieti: Sostenendo il La Vallette i pubblici esami di "letteratura superiore", comparso inaspettatamente in aula il Card. Della Genga, accompagnato dall’Arcivescovo Mons. Saggese, il giovane alunno, tra la meraviglia generale, rivolse prontamente il saluto dell’Atteso all’illustre ospite con un distico estemporaneo.
Sacerdote secondo il cuore di Dio giovinezza (Capitolo II)
Vocazione al sacerdozio
Sentendosi fortemente inclinato al sacerdozio, vincendo le opposizioni dei suoi, volle passare a Roma per vestire l’abito clericale e avviarsi così al Sacerdozio: si sarebbe così realizzato un suo vivo desiderio che covava nel suo cuore fin dagli anni infantili.
Entrò nella Pontificia Accademia dei Nobili Ecclesiastici oggi "Pontificia Accademia Ecclesiastica"".
Frequenterà intanto la Pontificia Università Gregoriana, ove si adottorerà brillantemente in filosofia e teologia, e poi passerà anche alla "Sapienza", ove si adottorerà anche in "Utroque Iure". Poi vedremo come darà pubblica prova del suo sapere nientemeno che alla presenza del Sommo Pontefice Pio IX. Il 15 novembre 1852, in qualità di membro dell’Accademia Teologica Romana.

L’ascesa verso il sacerdozio

All’età di 19 anni, nel giugno 1845, dopo un anno e 4 mesi di "noviziato" (il noviziato consisteva nel portare l’abito clericale), chiese al Card. Pollidori, Segretario della S. Congregazione del Concilio, di essere ammesso alla prima Tonsura, senza aver compiuto il servizio triennale del citato "noviziato". Unitamente alla 1 Tonsura il La Vallette avrebbe voluto ricevere anche i primi due Ordini minori. Il data 16/2/1846, il Card. Prefetto chiese all’Arcivescovo Saggese il da farsi, e il Saggese concesse la licenza. Stando ai patti concordati, era necessario anche il regio exequatur, e lo si ebbe. Trovandosi il La Valletta "per diporto" a Tivoli, chiese al Card. Polidori di ricevere la tonsura e i primi due Ordini dal Vescovo di Tivoli. Ricevette la licenza richiesta nel settembre 1846; nell’Archivio della Curia di Chieti, nella busta delle Ordinazioni del La Valletta, mancano però le testimoniali (forse mai inviate).
Con le "dimissorie" di Mons. Saggese, ricevette gli altri due Ordini minori il 12/3/1848 da Mons. Giuseppe Canali, Vicegerente e suffraganeo del Card. Patrizi, nella sua cappella privata a Roma.
Intanto, il La Valletta aveva frequentato con profitto per un triennio gli studi universitari nel Collegio Romano della Compagnia di Gesù e aveva conseguito il Baccalaureato.
Prima di essere ammesso al Suddiaconato (in base all’ultimo concordato tra la S. Sede e il Regno delle due Sicilie), l’accolito La Valletta presentò la nota del suo stato patrimoniale, omologato dal Tribunale civile di Chieti in data 2/5/1848, e ascendente a un reddito annuo di circa 80 ducati.
Fu ordinato Suddiacono dall’Em.mo Card. C. Patrizi, Vicario di S.S. Pio IX, il 17 giugno 1848, Sabato delle Tempora di Pentecoste, nella Basilica Lateranense, con le dimissorie dell’Arcivescovo Mons. Saggese. Le testimoniali dell’Ordinazione furono spedite il 27 giugno successivo.
Fra le testimoniali favorevoli all’Ordinazione Diaconale c’è quella del Presidente dell’Accademia dei Nobili Ecclesiastici "de Urbe", Giuseppe Caridoni, dell’8-3-1849; quella del Parroco di S. Maria sopra Minerva "De Urbe" P. Egidio Pellicciaja O.P., del 24 febbraio 1849 (il La Valletta fu promosso al Diaconato nella Basilica Lateranense da Mons. Giovanni Francesco Cornetti, Arcivescovo tit. di Nicodemia, il 24 marzo 1849, Sabato "Sitientes".
Per poter essere ammesso all’Ordinazione Presbiteriale, il La Valletta dovette chiedere la dispensa, per l’impedimento di età, di mesi 7 e di giorni 2. La richiesta della dispensa fu rivolta al S. Padre, che si trovava a Gaeta, e in essa si fa riferimento al fatto che il giovane diacono era stato da poco onorato da S. Santità col titolo di "Cameriere segreto soprannumerario" (difatti, la domanda è sottoscritta "Monsignor Monaco la Vallette").
Nella domanda si allude alla data dell’Ordinazione, fissata per il Sabato delle Tempora "post Crucem", cioè per il 22 sett. (Cadendo la Pasqua in quell’anno 1849 il giorno 8 aprile); si adducono come motivi: "il fervore di sua divozione, la consolazione dei Parenti, e la necessità di utilità della Chiesa di detta Città di Chieti)". La domanda fu esaurita con Rescritto pontificio, spedito da Gaeta (ove, come si dirà, il Papa si era rifugiato dopo i famosi moti rivoluzionari) il 18 luglio 1849; il documento è firmato dal Card. Altieri. La stessa domanda ottenne il regio "exequatur" da Napoli il 28 luglio 1849; l’exequatur è sottoscritto dal Duca di Avena.
Il difficile inizio del Pontificato di Pio IX
Erano tempi difficili, in particolare per la nostra Italia: spirava un’aria di "novità", che presentava qualcosa di pauroso e si nascondeva sotto le parvenze di amor di patria (a volte sincero, ma a volte anche falso e atto a coprire autentiche magagne d’ogni genere). Il 16 giugno 1846 era salito sul trono di Pietro il Card. Mastai-Ferretti col nome di Pio IX.
Agli "Osanna" – proprio come per Gesù – subito fecero seguito i "Crucifige". E, nel novembre 1848, il Papa, in incognito dovette riparare a Gaeta, dove lo raggiunse il giovanissimo Mons. Monaco-La Valletta (aveva poco più di 21 anni!); era Cameriere segreto di S.S., ma ancora sacerdote bensì solamente diacono.
La Valletta era incaricato presso il Papa di una missione segreta; perciò preferì raggiungere il Papa a Gaeta passando non per Terracina, ma per Rieti. Qui, i "rivoluzionari", vistolo in abito clericale, gli chiesero ragione del viaggio e già si erano accinti a perquisirlo; ma, viaggiando con la Valletta il conte Mignatelli, su garanzia di questi, fu lasciato libero di proseguire il viaggio: così si raggiunse prima l’Aquila e poi si proseguì per Gaeta.
Il Papa a Gaeta accolse il giovane "monsignorino" con paterna benedizione e, da allora, non lo dimenticherà più.
La lettera testimoniale dell’Ordine del Diaconato fu rilasciata dall’Em.mo Card. Costantino Patrizi, dalla sede del Vicariato di Roma, in data 4 settembre 1849. In questa lettera c’è un particolare molto interessante al nostro studio; si legge, infatti: "Essendosi allontanato da Roma per raggiungere la sua città, desiderando ardentemente di ascendere al Sacerdozio, nulla osta, per quanto dipende da Noi, che sia elevato a detto Ordine Sacro della qual promozione lo reputiamo degno". Era il nulla osta per l’Ordinazione a Chieti.
Nell’incarto del S.S. Ordini del La Valletta, c’è pure che il Diacono ha esercitato l’Ordine nella Messa solenne del 18 settembre 1849.
Siamo a soli 4 giorni dall’’ Ordinazione Sacerdotale; giorni di attesa spasmodica, ma soprattutto di preghiera ardente e accorata: Che io possa essere, Signore, un Santo Sacerdote, un sacerdote secondo il Tuo Cuore! Cuore Immacolato di Maria, mi affido a Te!

L’Ordinazione Sacerdotale in Chieti

Esattamente quando, da chi e dove fu ordinato Sacerdote D. Raffaele Monaco La Valletta? A prima vista, sembrerebbe facile rispondere, ma la realtà non è così, perché nel suo fascicolo delle Ordinazioni manca qualcosa, ma è possibile arrivare ugualmente a una felice conclusione.
Il "Pastor Bonus" era la facoltà di poter celebrare la S. Messa, facoltà che veniva conferita a qualche giorno dalla S. Ordinazione.
Ora, essendo stato ordinato il La Valletta il Sabato delle Tempora "post Crucem" (Tempora di Settembre, dopo la festa della Esaltazione della S. Croce), e cadendo la Pasqua del 1849 all’8 aprile, detto sabato era il 22 Settembre.
Quindi, Mons. D. Raffaele Monaco La Valletta fu ordinato Sacerdote il 22 Settembre 1849, e ricevette la facoltà di celebrare il 28 successivo.
Era Arcivescovo il santo Mons. Giosuè M. Saggese, del SS. Redentore; a lui, per quanto ci è dato di sapere, ordinava con solennità nella chiesa cattedrale di S. Giustino; l’Ordinazione dovette quindi avvenire in Cattedrale, Compagni di Ordinazione del La Valletta furono: D. Carlo Cristini,di Archi; D. Giacinto Martone, di Vasto; e D. Carlo de Simeonibus, di Taranta T.

Il suo Papa, il suo Vescovo, il suo Parroco

Il La Valletta prestò il suo servizio sotto diversi Papi e Vescovi, e anche, nei primi anni del suo Sacerdozio, alle dipendenze di alcuni ottimi Sacerdoti. E tutti, indistintamente, nutrirono per lui sentimenti di profonda stima e di grande ammirazione.
Ma il "suo Papa" fi particolarmente Pio IX; "suo Vescovo" fu Mons. Giosuè M. Saggese; e il "suo Parroco" fu D. Giuseppe Cerella.
Appena ordinato Sacerdote, il La Valletta, si diede alle opere di ministero con grande zelo e pietà. Coltivò in particolare il predicare, studiandosi di trovare non già frasi a effetto, ma parole semplici, che, scendendo nel cuore, lo conquistano.

*Card.Camillo Mazzella 3° Delegato
3° Vescovo del Santuario di Pompei
Era gemello del Vescovo di Bari, Ernesto; nacque a Vitulano in provincia di Benevento il 10 febbraio 1833.
Fu educato dai Padri Gesuiti ed a soli 22 anni fu ordinato sacerdote.
A ventiquattro anni vestì l’abito di S. Ignazio.
Insegnò filosofia e Sacra Teologia sin in Italia che in Francia dove rimase fino al 1866 e, dopo il rientro a Roma, fu inviato negli Stati Uniti come insegnante di Teologia con la carica di Prefetto Generale degli Studi.
Fu molto apprezzato e benvoluto da Leone XIII il quale lo volle a Roma come Prefetto Generale degli Studi nell’Università Gregoriana. Il 7 giugno 1886 lo creò Cardinale.
Dopo la morte del Card. Raffaele Monaco La Valletta, che avvenne il 14 luglio del 1896, il Santo Padre, il 26 agosto del 1896, (ne prese possesso il successivo 15 settembre) lo nominò successore Vicario Pontificio del Santuario di Pompei, consacrandolo poi nel 1897, Vescovo di Palestrina.
Bartolo Longo chiese al nuovo protettore Cardinale Mazzella “di erigere canonicamente nell’Orfanotrofio la Congregazione Regolare delle Figlie del Rosario di Pompei, sotto la regola del Terz’Ordine della Penitenza di S. Domenico, ma con statuti speciali opportuni ai loro ministeri di carità, secondo i bisogni di questo luogo, di questo Santuario, di questo popolo”.
Il Card. Mazzella occupa un ruolo di primo piano avendo fatto da tramite con la Santa Sede per l’istituzione della Congregazione delle Suore volute da Bartolo Longo.
Egli firmò i decreti di erezione della Congregazione delle “Figlie del Rosario di Pompei” e del Noviziato.
Esse adottarono le stesse regole delle Suore Domenicane del Terz’Ordine della Congregazione del SS. Rosario negli Stati Uniti d’America da lui fondate nel 1888 e di cui era protettore.
Ebbe cura anche dell’Ospizio dei Figli dei Carcerati riferendone al Papa in maniera edificante.
“Si compiacque di benedire egli stesso la nuova Cappella di detto Ospizio, dove ogni anno ritornava a celebrarvi la S. Messa, specialmente in occasione della festa di S. Giuseppe Calasanzio.
Il 26 marzo del 1900, morì a Roma (da più parti è riportato, maggio).

*L’Eminentissimo Cardinale Mazzella a Valle di Pompei
Poiché siamo soliti menzionare dei principali personaggi che pervengono in questa Valle rallegrata dalle opere di arte e dal sorriso delle grazie di Maria; sarebbe per noi una colpa se non facessimo speciale menzione della venuta qui dell’Eminentissimo Cardinale Mazzella lustro vivente dell’inclita Compagnia di Gesù.
Egli giunse qui il 28 Agosto 1888, celebrò la santa messa all'Altare Privilegiato della Vergine, e con grande compiacenza e benevolenza visitò tutte le nostre opere, e si trattenne con noi l’intera giornata onorando la sua presenza la nostra casa: Con la faccia sempre serena, nunzia della pace del suo cuore, sempre buono, sempre umile in tanta dignità, ci disse fino all'ultimo momento parole di conforto e di incoraggiamento. Amorevole specialmente verso i bambini, li accarezzava, mostrando così la sua principale vocazione. E intorno alle nostre macchine tipografiche faceva delle utili osservazioni, ponendole al confronto di quelle, assai più perfette, dell’America. Si separò da noi con l’abituale suo sorriso di bontà e di compiacenza, lasciandoci nell'animo indelebile la memoria di quel giorno che non cadrà giammai dalla nostra memoria

(B.L.)

Dalle prime attività pastorali ai più alti incarichi – (Capitolo III)
Prime attività pastorali nella Parrocchia della SS.ma Trinità

Giovane, anzi novello Sacerdote, così lo ricorda Antonio Brunetti, mentre spiegava la pagina del Vangelo del buon grano e della zizzania, seduto su una modesta sedia di paglia accanto all’altare maggiore della chiesa parrocchiale della SS. Trinità.
Era modesto nel vestire, raccolto nell’incedere e, pur avendo a disposizione carrozze, preferiva andare quasi sempre a piedi.
Umanissimo con tutti, provava compassione per i difetti degli altri, e tolleranza per le altrui opinioni. Da ottimo seguace di Cristo Gesù, si distingueva in quella particolare forma di carità che
è il perdono: al riguardo, è rimasto memorabile l’atteggiamento assunto con un suo parente di Napoli, che aveva cercato di minare la fortuna e all’onore suo e della sua famiglia: quando seppe che questo parente era in fin di vita, corse ad abbracciarlo prima che morisse, ne pianse la morte, e cercò di adoperarsi con grande generosità in favore degli orfani figli. Una caratteristica lo contraddistingueva: la profonda umiltà.

Durante il colera del 1854

Ritroviamo quasi per caso il La Valletta a Chieti nel 1854, in seno ai familiari, riparati da Napoli proprio allo scopo di sottrarsi al colera. Ma ecco che questo si manifestò anche a Chieti, e mietè un gran numero di vittime.
D. Raffaele si diede anima e corpo a servizio dei poveri ammalati: fu tutto zelo e carità, sotto la sferza del sole di luglio e finanche nelle ore di notte, aiutando nell’opera pastorale lo zelante Parroco D. Olindo Lannutti. Dinanzi alle pressanti raccomandazioni della mamma, che lo esortava vivamente ad aver riguardi per la sua salute e magari a largheggiare con soccorsi materiali, egli si schermiva con un amorevole sorriso.

C’era a Chieti, in quell’anno, una giovane forestiera di rara bellezza, ma di pessimi costumi; anch’essa fu colta dal morbo crudele, ed era rimasta in casa quasi abbandonata da tutti. Quando la notizia giunse all’orecchio di Mons. Monaco-La Valletta, egli, senza pensarci due volte, forse tra lo stupore, se non proprio fra lo scandalo delle persone… dabbene, entrò nella sua casa, diventata un tugurio e non si diede pace finchè non l’ebbe riconquistata a Cristo e non l’ebbe confortata con i Santi Sacramenti.

Fu tale e tanto
L’ardore apostolico che profuse nell’assistenza spirituale e materiale degli ammalati, anche nei più squallidi tuguri, che non riuscì a sottrarsi egli stesso al morbo. Guarito chiese di rimanere presso i suoi a Chieti per dedicarsi quasi esclusivamente alla istruzione religiosa del popolo. Ma il Papa lo richiamò a Roma nominandolo suo Prelato domestico e Apprendista presso la Congregazione degli affari ecclesiastici straordinari. Al seguito del Card. Patrizi, fu inviato ad assistere al Battesimo dello sventurato Napoleone III; fu in quella circostanza che l’Imperatrice volle che proprio lui le spiegasse il tenore della Bolla pontificia invitale, e l’Imperatore lo decorò con la qualifica di Ufficiale della Legion d’onore.
Poco dopo, fu nominato Canonico della Basilica Liberiana (S. Maria Maggiore) e più tardi Canonico Vaticano.
Intanto, sempre più si andavano manifestando le sue non comuni doti di dottrina, di pietà, e di prudenza. La sua pietà era tenerissima, viva, sincera; specialmente la sua devozione alla Madonna era filiale e affettuosa, edificante. Per essere fedele alle sue pratiche di pietà, sottraeva il tempo al riposo notturno.

Le mirabili ascese De La Valletta

Sarebbe veramente troppo lungo soffermarci su tutte le mirabili ascese perciò prima le elencheremo tutte in ordine cronologico dal 1852 al 1896 8anno della sua santa morte), e poi ci soffermeremo a considerarne alcune.
1852 (15 nov.): il La Valletta difende le tesi teologiche dinanzi al Papa Pio IX.
1859 (25 genn.): a soli 32 anni, viene nominato Pro-Assessore della S. Congregazione dell’Inquisizione.
1859 (1° febb.): ne riceve il Breve apostolico relativo.
1859 (20 dic.): è nominato Assessore della stessa WS. Congregazione.
1868 (13 mar.): il La Valletta ha solo 41 anni! S.S. Pio IX crea e pubblica Mons. Raffaele Monaco La Valletta "del clero teatino" Assessore della S. Congregazione per l’Inquisizione, Cardinale dell’Ordine dei Preti.
1869 (30 giu.): è nominato <protettore degli Olivetani
1870 (2 nov.): è nominato Segretario dell’Ufficio delle Suppliche e dei Memoriali
1873 (29 mar.): è Abate commendatario dell’Abbazia Sublacense dei Santi Benedetto e Scolastica.
1873 (8 ag.): è nominato Protettore dell’Ordine dei Frati Cappuccini e del Collegio Polacco de Urbe.
1874 (12 gen.): Nominato Arcivescovo per le mani di S.S. Pio IX.
1876 (29 nov.): è Protettore dei Cistercensi.
1876 (21 dic.): è nominato Vicario di S.S. per la città di Roma, con le solite facoltà. Il 22 dicembre successivo, ne riceve il relativo Breve apostolico; in tal modo succedeva al Card. Patrizi, al cui segui8to era stato.
1877 (4 genn.): è nominato Protettore dell’Almo Collegio Capranica.
1878 (7 feb.): è proprio lui, il Card. Monaco La Valletta a dare al clero e al popolo il triste annunzio della morte di S.S. Pio IX.
1878 (19 feb.): con altri 60 Cardinali, entra in Conclave, per eleggere il successore di Pio IX. Nel 1° scrutinio, il Card. Monaco-La Valletta ottiene 4 voti; nel 2° ancora 4 più 1 "in accessu". Nel 3° scrutinio (in cui il La Valletta aveva ottenuto due voti) viene eletto Papa il Cardinale Gioacchino Pecci, Camerlengo di Santa Madre Chiesa e Vescovo di Perugia, che assume il nome di Leone XIII. Il 3 successivo, Leone XIII fu solennemente incoronato con la tiara pontificia proprio per le mani del Card. Monaco-La Valletta.

1880 (27 feb.): È nominato Camerlengo del S. Collegio.
1884 (12 feb.): È nominato Penitenziere Maggiore.
1884 (15 feb.): Segretario della Santa Congregazione dell’Inquisizione.
1884 (24 mar.): Vescovo di Albano.
1884 (nov.): Leone XIII accetta la rinunzia alla commenda dell’Abbazia di Subiaco: È nominato Protettore della Pontificia Accademia dei Nobili Ecclesiastici.
1885 (4 mar.): Arciprete della Patriarcale Basilica del Laterano.
1888 (29 mar.): Perdurando l’infermità del Card. Howard, viene nominato. Amministratore della diocesi di Frascati.
1888 (24 apr.): È nominato Protettore dei Camilliani.
1888 (18 lug.): È nominato Archivista del Concilio Vaticano.
1889 (1 mar.): È prefetto della S. Congregazione Cerimoniale.
1889 (24 mag.): Vescovo di Albano, Ostia e Velletri, nello stesso giorno gli si concede il pallio.
1889 il La Valletta diventa Decano del S. Collegio.
1890 (28 mar.): È nominato Primo Protettore del Santuario della Madonna del Rosario di Pompei; ne prende possesso per mezzo di Mons. Alessandro Carcani il 13 aprile successivo.
1894 (18 giu.): È nominato Gran Protettore del Sovrano Ordine di Malta e suo rappresentante presso la S. Sede.
1896 (14 lug.): Muore in Agerola (Napoli, archid. Di Amalfi). I suoi resti mortali vengono trasferiti a Roma e sepolti nel Cimitero del Verano.
Ordinazioni Episcopali compiute dal Card. Monaco La Valletta
Eccettuati, forse, i Papi, solo pochi, pochissimi Cardinali e Vescovi hanno ordinato tanti Vescovi quanti ne ordinò il Card. Monaco La Valletta. Ne sono in tutto un centinaio, novantotto per l’esattezza.

Vicario e Consigliere del Papa – (Capitolo IV)
Il Card. Monaco la Valletta e il Santuario della Madonna del Rosario di Pompei

Uno degli onori più alti tributati al card. Monaco La Valletta – che lui stesso considerò come una benigna degnazione della Vergine Santissima e come dono particolare del grande Papa del Rosario Leone XIII (1878 – 1903) fu l’essere stato nominato, con Breve pontificio, Primo Cardinal Protettore del nuovo Santuario di Pompei, occorre precisare che il Cardinale Monaco La Valletta fu nominato non Amministratore Apostolico, ma Protettore.
Sarà Mons. Carcani, Vicario del La Valletta, a difendere l’Avv. Bartolo Longo con una lettera, che è il più bell’elogio che si possa fare dello stesso. Nella lettera del 31.10.1890 Mons. Carcani attesta pubblicamente la piena soddisfazione per il gran bene spirituale e temporale che si compie nel Santuario (l’Avv. B. Longo aveva già speso un milione e mezzo, e per il solo organo del
Santuario £ 120.000: somma veramente ingente per quei tempi!). Nella stessa circostanza, veniamo a sapere che, per il mantenimento del Santuario e delle opere annesse, occorrevano 90.00 lire annue.
Evidentemente, il Card. La Valletta non si limitò al titolo… onorifico di Protettore. Basterebbe qui ricordare che, devotissimo com’era della Vergine SS. del Rosario, ne consacrò il novello Tempio a Pompei, ne incoronò solennemente la sacra immagine, e si diede a prorogare mirabilmente il culto. Ed oh! Quante volte si recava a Pompei – non appena glielo consentiva qualche pausa fra i molteplici incarichi – per effondere il suo cuore di figlio ai piedi dell’augusta Regina delle Vittorie! Con l’animo pieno di emozione profonda, a volte recitava il Rosario tutto intero dinanzi alla venerata Immagine. E si può ben asserire che questo avvenne fino agli ultimi giorni della sua vita. E fino all’ultimo ritenne come una delle sue più ambite fortune e come una delle grazie più segnalate aver incoronato la S. Immagine della Madonna del Rosario di Pompei.
Il Cardinale Monaco La Valletta morrà, dopo aver pregato con affetto e devozione filiale, dinanzi alla Madonna del Rosario. Nessuna meraviglia, quindi, se sarà lo stesso Bartolo Longo a voler la stampa dei tre elogi funebri che si tennero dopo la sua santa morte.

Il Valletta, Vicario di S.S. per la città di Roma e le scuole cattoliche

Il La Valletta fu Vicario di S.S. per la città di Roma, sotto il pontificato di Pio IX prima e poi sotto quello di Leone XIII. Fu nominato Vicario di S.S. Pio IX il 21 dicembre 1876, succedendo così al Card. Patrizi. A dire quanto arduo gli si parasse dinanzi il compito, basterà ricordare che erano passati sei anni da quel fatidico 20 settembre 1870, quando, presa Roma, finì in pratica il potere temporale del Papa.
Fu proprio in qualità di Vicario di S.S. che rifulsero le sue esimie doti di discernimento, di sapienza, di energia, di mitezza e soprattutto di consumata prudenza.
Fu proprio lui, il Card. La Valletta, che incoronò il Sommo Pontefice Leone XIII il 3 marzo 1878, e, specialmente da allora, divenne il suo consigliere e il suo confidente. Fu a lui, sempre in qualità di suo Vicario per la città di Roma, che Leone XIII inviò una famosa lettera sugli ostacoli frapposti all’insegnamento religioso, e sulle scuole cattoliche, proprio mentre si diffondevano quelle eterodosse. La lettera è del 1879.
Il Papa aveva saputo rivolgersi a chi di dovere non solo perché il La Valletta era il suo Vicario, ma anche perché, in questa linea di sostegno alle scuole cattoliche, egli si porrà in primissima fila. Infatti, Vescovo suburbicario di Albano nel 1884, e poi, nel 1889, anche ad Ostia e di Velletri, con energia ed entusiasmo, il La Valletta si diede a istituire scuole di catechismo specialmente per i fanciulli, come pure si diede molto da fare per la formazione dei chiamati al Sacerdozio. La maggior parte del suo peculio personale lo mise a disposizione delle scuole e per il restauro e la decorazione delle chiese.
Il Consigliere del Papa
Il Card. Monaco La Valletta divenne Decano del S. Collegio dei Cardinali nel 1889, con la morte dell’Em.mo Card. Sacconi.
In veste di Decano, fu vicinissimo a Papa Leone per consigliarlo e, perché no? per sollevarlo, prodigandosi in suo favore nel modo migliore possibile, tanto è vero che l’immortale Sommo
Pontefice ebbe sempre per lui sentimenti di stima incondizionata e di profonda riconoscenza. In realtà, i momenti erano tristi: gli attacchi al Papato erano continui; il Pontificato era sguarnito d’ogni presidio terreno. Il "Santuario" violato e deserto, i Capi di Stato avversari o sospettosi, buoni stanchi9 e depressi. Ma, forse, pochi Papi, più e meglio dell’inerme Leone XIII, affermarono il prestigio del Papato nel mondo. E a quest’opera gigantesca contribuì non poco il nostro Card. Monaco La Valletta.

Le Opere

Teologo, ma soprattutto pastore d’anime, già discepolo prediletto del celeberrimo P. Perrone S. J. E resosi famoso per i suoi sbalorditivi progressi negli studi, - modesto com’era, non pubblicò che un solo volume di scritti. Rimangono però documenti della sua saggezza e della sua dottrina i due "Sinodi" di Albano e Velletri, alcune Lettere Pastorali e Notificazioni, e in particolare ben dieci volumi di "Collettanee", scritte tutte di suo pugno e conservate presso la S. Congregazione per la Fede (ex S. Ufficio), e di tal valore da essere paragonati a quelle sullo stesso argomento dell’immortale Benedetto XIV.

L’Abruzzesità del de La Valletta

Il Cardinale La Valletta ci teneva molto ad essere abruzzese e del clero chietino: diremmo se ne faceva un vanto. E lo dimostrava in tutte le circostanze. Faceva sempre grande festa nel ricevere gli abruzzesi e si informava sempre di luoghi e di persone ch’erano rimaste sempre presenti alla sua memoria e ancor più al suo cuore; e lo faceva con un tal senso di familiarità da mettere sempre a suo agio l’interlocutore, il quale spesso dimenticava di trovarsi dinanzi a una grande personalità.
Quale esempio del suo amore all’Abruzzo. Fu merito del La Valletta se la sede vescovile dell’Aquila
fu elevata alla dignità di sede arcivescovile. Fu lui a riaprire al culto la restaurata chiesa cattedrale, sotto l’arcivescovato dei Vicentini.
Fu il La Valletta il relatore presso la S. Congregazione dei Riti per "la concessione e l’approvazione della Messa e dell’Ufficio propri di S. Giustino, Vescovo e Confessore, Cittadino e Patrono principale della città e diocesi di Chieti.
Né dimenticò mai La Valletta di essere "parrocchiano della SS. Trinità" e, come il pittore Donato Teodoro, anch’egli parrocchiano della SS. Trinità, aveva un debole per la raffigurazione delle Tre Persone Divine, così il La Valletta, oltre alla sentita devozione per il Mistero dei Misteri, fu sempre molto legato alla Congrega della SS. Trinità dei pellegrini di Chieti, legata fin dalle origini con la omonima di Roma, voluta da S. Filippo Neri: infatti, anche da Cardinale, volle iscriversi alla Congrega romana della SS. Trinità, nell’archivio della Curia di Chieti, se ne conserva il documento rilegato in marocchino rosso.

Morto, parla ancora nelle sue Opere – (Capitolo V)
La santa fine

Un male terribile cominciò a molestarlo nel 1893. Nonostante tutto, non ci fu giorno in cui il Cardinale non celebrasse il Divin Sacrificio, magari facendosi aiutare dal nipote Mons. Settimio Caracciolo. Era una grazia grande che aveva chiesto alla Madonna, e che, come vedremo, otterrà in pieno: potere celebrare fino all’ultimo giorno della sua vita.
Affranto dal male che l’opprimeva, volle recarsi in ritiro presso il santo monte della Verna, ove S. Francesco aveva ricevuto le sacre stimmate: non si faceva illusioni sulla sua fine e voleva prepararsi all’incontro con lo Sposo divino nel silenzio e nel raccoglimento. Era rimasto lì un bel po’ di tempo, edificando tutti. I medici poi gli prescrissero l’aria libera dei campi e gli suggerirono di passare ad Agerola, presso Amalfi. E lui obbedì, ma volle passare prima per Pompei, allo scopo di mettersi totalmente fra le mani della Madonna, e per ottenere da Lei, "augusta Regina delle vittorie", forza e coraggio; tornò a chiedere con ardore alla Vergine Santa – e lo fece chiedere anche dalle orfanelle – di chiudere la vita dopo aver celebrato fino all’ultimo la S. Messa.
Secondo le prescrizioni mediche, il pio Cardinale era ad Agerola il 2 luglio 1896, festa della
Visitazione di Maria SS.ma. Fu proprio l’illustre cittadina di Agerola a beneficiare degli ultimi raggi di quell’inclito sole che ormai volgeva al tramonto.
Ad Agerola, affranto dal male, che però riusciva così bene a nascondere, ricevette tutti fino all’ultimo, senza dar mai segni di noia o di fastidio, bensì si raccomandava caldamente alla preghiera di tutti. Sapeva talmente reprimere i suoi dolori che nessuno mai poteva immaginare una fine così imminente.
Il 13 luglio, vigilia della sua santa morte, aveva ricevuto la visita dell’Arcivescovo di Amalfi, Mons. Enrico De Dominicis, e di una rappresentanza del Capitolo Cattedrale di quella città. Anche se la visita fu breve, fu improntata a viva cordialità, e i visitatori, avvinti dalla sua "pastoralità", formularono per lui i più fausti voti augurali, promettendo particolari preghiere al glorioso Patrono S. Andrea Apostolo.
Senonchè, del tutto inaspettata, dopo alcune ore, doveva giungere la triste nuova che, il 14, il Cardinale era passato a miglior vita.
Dopo aver celebrato per l’ultima volta con singolarissima devozione il Santo Sacrificio e dopo aver recitato per l’ultima volta, dinanzi all’immagine della Vergine di Pompei il S. Rosario – "O Rosario benedetto di Maria, a te l’ultimo bacio della vita che si spegne!" – con un’agonia durata solo pochi minuti, il Card. Monaco La Valletta, qual fulgido sole, tramontava in una cornice di luce indefinibile, che man mano andava sfumando. Nell’altro versante della storia, o meglio nella Beata Eternità, c’era la Beata Vergine che gli andava incontro sorridendo per presentarlo Essa stessa al suo Divin Figlio Gesù.
Le solenni esequie si svolsero ad Agerola, nella chiesa di S. Lazzaro, alla presenza delle massime autorità religiose, civili e militari, e furono ufficiate dall’Arcivescovo Mons. De Dominicis.
L’orazione funebre fu tenuta dal Can. Salvatore Porpora.

*Card.Giuseppe Antonio Ermenegildo Prisco - 4° Delegato

4° Vescovo del Santuario di Pompei

Nacque alle falde del Vesuvio, a Boscotrecase (Na), l’8 settembre del 1833 da Ludovico e da Colomba Federico. Divenne sacerdote nel 1856. Fu notato e stimato dall’Arcivescovo di Napoli che lo volle professore di filosofia al Liceo Arcivescovile. Rinunciò, per obbedire ai suoi principi di uomo amante della verità e libertà di pensiero, alla cattedra universitaria nel 1860.
Fu nominato , per volere di Leone XIII, canonico della Cattedrale di Napoli, dell’ordine dei presbiteri, il 4 luglio 1886, e lo stesso Papa, il 30 novembre del 1896, lo creò Cardinale di S.R.C.
Il 24 marzo del 1898 fu nominato Arcivescovo di Napoli ed il 29 maggio ordinato Vescovo. Morì il 4 febbraio del 1923, a Napoli. Nella sua lunga vita, si interessò a moltissime fondazioni ed iniziative di carattere intellettuale.
Infatti, fondò l’Accademia di Scienze e Lettere (1899), l’Accademia di S. Pietro in Vincoli (1912); sua fu l’iniziativa della pubblicazione degli “Atti dell’Accademia Scientifico-Letteraria S. Pietro in Vicoli” (1914) Ripristinò la Cattedra della Somma di S. Tommaso d’Aquino nel Liceo Arcivescovile di Napoli. Fondò, inoltre, scuole di religione e appoggiò le iniziative per l’incremento di “Associazioni Operaie”.
Si interessò alle scoperte del mondo scientifico e fu il primo Vescovo che si adoperò per far conoscere le caratteristiche del Radium, elemento che fu oggetto di attenzione, conferenze ed esperimenti, nel Liceo Arcivescovile. Mostrò doti di grande umanità e solidarietà in occasioni di calamità naturali catastrofiche, quali il terremoto Calabro-Siciliano, l’incendio del Monte di Pietà, l’eruzione del Vesuvio del 1906, durante il colera (1910) e, non da ultimo, durante il periodo bellico.
Fu nominato Vicario di Papa Leone XIII per il Santuario di Pompei il 6 aprile del 1900, a seguito della morte del Card. Camillo Mazzella e fece il suo ingresso a Pompei il 29 aprile del 1900. Sostituito da Mons. Augusto Silj il 20 febbraio 1906, morì a Napoli il 4 febbraio 1923.

*Card.Augusto Silj - 5° Delegato

5° Vescovo del Santuario di Pompei
Nacque a Calcara di Ussita, nella provincia di Macerata, il 9 luglio 1846.
Nominato Delegato Straordinario della Santa Sede, il 10 febbraio 1906, ne prese possesso il 20 febbraio successivo.
Nominato Vescovo il 22 dicembre 1906, fu consacrato il 13 gennaio 1907, con il titolo di Arcivescovo tit. di Cesarea del Ponto.
Nominato Cardinale nel Concistoro del 15-18 dicembre 1919.
Prelato Domestico di Papa Pio X   il 20 febbraio 1906, dopo che il Venerando Commendatore Bartolo Longo ebbe rassegnate le sorti di tutti gli Istituti da lui fondati nelle mani del Santo Padre, Mons. Augusto Silj, a nome della Santa Sede, assumeva il governo dell’Opera Pompeiana.
Egli continuò con spirito mirabile di sapienza e di carità, l’opera grande dell’insigne fondatore, di colui che è stato in Italia l’uomo della  Madonna e della Provvidenza, Il Comm. Bartolo Longo, per il
quale Mons. Silj ebbe sempre la più deferente ed affettuosa amicizia”.
Il 17 dicembre 1919 fu elevato all’alta dignità di Cardinale assumendo il titolo di Santa Cecilia dal Santo Padre Benedetto XV, che nel 1920 lo nominava suo Vicario per la Basilica Pontificia Pompeiana.
Da porporato fece il suo ingresso in Valle di Pompei il 15 febbraio 1920.
Ebbe cura particolare per la Congregazione delle Figlie del Rosario di Pompei, all’Ospizio Educativo per i Figli dei Carcerati.
Il 13 gennaio 1907 Mons. Silj fu promosso dal Santo Padre Pio X Arcivescovo titolare di Cesarea del Porto (Kayseri in Turchia).
“Durante il suo governo fu progettato e costruito il monumentale Campanile, la Canonica per il Clero del Santuario; furono ampliati gli Istituti di beneficenza, si costruì l’edificio per accogliere le Figlie dei Carcerati.
Di quest’ultima opera non vide il compimento: morì, a Roma, il 27 febbraio del 1926.

Dagli scritti del Beato Bartolo Longo
“In questi mesi la Storia del Santuario di Pompei ha scritto un’altra fra le sue tante pagine gloriose.
Mons. Augusto Silj, il prelato prudente e pio preposto da Sua Santità alla generale direzione delle Opere pompeiane (…), dopo un anno di sapiente governo di questa Valle, era elevato all’altissimo ufficio di Elemosiniere Pontificio ed era contemporaneamente nominato Arcivescovo di Cesarea del Ponto. (…)
Avremmo voluto ricevere solennemente in Valle di Pompei il Delegato Pontificio, divenuto Arcivescovo, al ritorno da Roma. (…)
Sarebbe stata una festa spontanea ed universale della Pompei cristiana all’illustre Presule, che col suo spirito equanime, caritatevole e mite ha, in così breve, tempo conquistato i cuori di tutti.
Ma la modestia dell’insigne Prelato, (…), gemma della sua mitra pastorale ci impedì di dargli questo attestato di grato e riverente omaggio che era nella nostra coscienza e nel nostro cuore.”

(Bartolo Longo)

*Mons.Carlo Cremonesi - 6° Delegato
6° Vescovo del Santuario di Pompei
Era nato a Roma, il 4 novembre del 1866, figlio di Giovanni e di Maddalena Foglietti. Fece il suo
ingresso in Pompei in qualità di Primo Prelato, fu affiancato nel difficile compito dal Vicario che era Mons. Vincenzo Celli. Queste le più significative notizie relative alla sua vita, tratte dal volume: “Pompei il Campanile Monumentale” di Nicola Avellino. “Alunno del Seminario Romano, fu ordinato sacerdote il 1° giugno 1890. Insegnò al Collegio Urbano di Propaganda Fide.  Cameriere Segreto. Prelato Domestico e Prelato della Camera Apostolica.   
Nel 1909 fu promosso segretario dell’Amministrazione Pontificia delle Opere di Religione in Vaticano.  Nel 1921 Papa Benedetto XV lo nominò Elemosiniere Segreto; l’8 Gennaio 1922 fu ordinato Arcivescovo Tit. di Nicodemia (Izmit in Turchia).  IL 20 Marzo 1926 fu nominato Delegato Pontificio prese possesso della “Praelatura Nullius” di Valle di Pompei il 22 maggio successivo e nel Maggio (8.5.1926) dello stesso anno, Primo Prelato di Pompei.
Il 23 Gennaio 1927 prese possesso canonico della Prelatura Nullius.  Il 28 Settembre 1928 si dimise dal mandato perché gravato da altri incarichi, il Papa accettò le sue dimissioni il 28 settembre 1928.  Nel Concistorio del 16 Dicembre 1935 fu creato Cardinale da Pio XI.  
Morì il 25 Novembre 1943 nella Città del Vaticano e fu sepolto nella Basilica di San Lorenzo in Lucina”

(Prof. Nicola Avellino)

*Mons.Antonio Anastasio Rossi - 7° Delegato
7° Vescovo del Santuario di Pompei
Nacque  a Milano il 18 Luglio 1864.
Per il Santuario di Pompei Sua Ecc. Rossi è un personaggio di grande importanza, a lui si deve la maestosa opera di ampliamento della Basilica. (1935-1939).
Patriarca di Costantinopoli. Delegato Pontificio e Prelato di Pompei dal 27 Settembre del 1928.
Realizzò, inoltre, altre opere imponenti quali la sistemazione della Scuola Pontificia, ampliò l’Ospizio per i Figli dei Carcerati, trasformando ed adeguando ai tempi la Scuola Tipografica e le officine che prima erano ubicate presso l’Ospizio.
Si interessò alla vita ed alla sistemazione contrattuale degli operai dipendenti del Santuario.
Fece costruire la “Casa del Pellegrino” e il “Sacro Cuore”; fondò la “Casa Famiglia” e le colonie estive di “Cattori” e “Villa Filangieri”.
Volle che i Padri Redentoristi si stabilissero definitivamente a Pompei.
Fu un vero continuatore e interprete del pensiero del Beato Bartolo Longo e restò a Pompei fino alla data del 29 Marzo del 1948, quando morì all’età di ottantaquattro anni.
*Il Convegno
L'Arcivescovo Antonio Anastasio Rossi instancabile erede di Bartolo Longo
Si è ricordata a Pompei la figura di colui che fu Prelato nella città mariana dal 1928 al 1948. Dopo gli  anni della sua formazione a Roma, il sacerdozio a Pavia, il ministero episcopale ad Udine, a Pompei diede compiutezza all'impegno del Fondatore, potenziando le Opere di carità e promuovendone la spiritualità di vita, con l'avvio del processo di beatificazione e canonizzazione.
"Antonio Anastasio Rossi. Erede e continuatore delle Opere di Bartolo Longo. Il Ministero Pastorale Pompei dal 1928 al 1948" è il titolo di un convegno tenutosi, nella casa del Pellegrino del Santuario, lo scorso 20 ottobre.
Quella di Rossi, Arcivescovo-Prelato di Pompei per vent’anni, è stata una figura straordinaria di pastore e la conoscenza della sua figura è essenziale per comprendere a pieno sia la storia del Santuario mariano e delle sue Opere sociali sia quella della stessa città nuova fondata dal beato Bartolo Longo. "Oggi – ha detto, in apertura, l’Arcivescovo Tommaso Caputo – la nostra Basilica non sarebbe un meraviglioso centro della spiritualità mariana mondiale senza Antonio Anastasio Rossi.
E senza questo grande prelato, cosa sarebbe stato delle Opere di carità, volute dal beato Bartolo Longo, in cui fu il primo successore? Nel ricordare la sua esperienza pastorale, Monsignor Rossi ci
parla ancora e traiamo insegnamenti utili a vivere l’attualità. Di certo c’insegna il coraggio e la capacità di non fermarsi al contingente, ma di guardare verso l’avvenire".
Rossi, nato a Milano il 18 luglio 1864, fu ordinato sacerdote a Roma nel 1887. Dal 1888 al 1910 svolse il ministero sacerdotale a pavia fino a quando Papa Pio X non lo nominò arcivescovo di Udine, diocesi che guidò fino al 1927. In quell’anno fu nominato Patriarca di Costantinopoli da Papa Pio XI, che l’anno successivo lo volle Prelato e delegato pontificio a Pompei, dove svolse il suo servizio per vent’anni fino alla sua scomparsa, il 29 marzo 1948. "Non erano tempi facili – ha ricordato Monsignor Caputo – non solo per la seconda Guerra mondiale, che porterà morte e devastazione ovunque, ma anche per la miseria e l’analfabetismo, diffusi soprattutto nel Meridione d’Italia. Come Bartolo Longo, però, l’Arcivescovo Rossi si affidò a Dio, invocò l’intercessione della Madonna, credette e sperò contro ogni ragione umana. La sua fiducia nel Padre e nella Vergine Maria fu ben riposta. Un esempio è l’ampliamento del Santuario. Soldi ce n’erano pochi ed anche questo accomunava il Prelato al Beato Bartolo Longo. I pellegrini però erano tanti, sempre di più, migliaia.
La Basilica non riusciva ad accoglierli tutti ed era necessario renderla più capiente e bella. Nel numero di luglio-agosto 1933 de "Il Rosario e la Nuova Pompei", Monsignor Rossi si mosse in prima persona e firmò un appello perché tutti dessero anche solo un contributo minimo per i lavori di ristrutturazione. Il 6 maggio 1939, si poté procedere alla consacrazione della Basilica rinnovata. La fede ha alimentato la speranza. Fede e speranza hanno reso possibile un’opera che sembrava impossibile".
La figura di Rossi, però, era davvero poliedrica e l’analisi dei relatori ha riguardato anche aspetti politici, sociali, urbanistici, editoriali. Il Sindaco di Pompei, Pietro Amitrano, ha messo in evidenza l’esempio "caparbio" di Mons. Rossi, unico in grado, in quel difficile momento storico, di prendere in consegna l’eredità di Bartolo Longo.
Il Patriarca poteva limitarsi a mantenere tutto com’era, da buon amministratore, ma era uomo dinamico, fattivo, dotato di capacità di saper guardare il futuro. E fa tanto per le Opere di carità, Suor Isabella Speciale, religiosa delle Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei, e Fratel Rodolfo Meoli, religioso dei Fratelli delle scuole Cristiane, raccontano, citando cifre e fatti, come Rossi abbia rafforzato e ingrandito le Opere consentendo di accogliere un numero sempre più alto di bambini ed adolescenti orfani, figli di carcerati, disagiati.
A comprovare i contenuti della relazione, i dati riferiti agli anni che intercorrono dal 1928 al 1948, analizzati attraverso una prima indagine statistica da Mons. Ciro Cozzolino, ex alunno degli istituti pompeiani e oggi sacerdote. Carmine Tavarone, docente di Storia dell’Arte e dirigente
scolastico, ha ricordato come il Patriarca sia stato il grande ideatore dell’ampliamento della Basilica, iniziato nel 1933 e conclusosi nel 1939.
Il professore ha accompagnato la sua relazione con immagini rare d’archivio, offrendo una lettura meticolosa dei vari aspetti di quella ristrutturazione, che mai andò a condizionare le celebrazioni. I lavori furono organizzati in maniera tale che le Messe e tutti i riti si continuassero a officiare nel tempio mariano. Monsignor Rossi, come rilevato dall’architetto Michele Varone, responsabile dell’ufficio tecnico del santuario, fu capace di scelte coraggiose, promuovendo l’ampliamento e la costruzione di nuove strutture per le Opere sociali, ma anche interventi urbanistici che interessassero la Città, che divenne comune nel marzo 1928, poco prima che il Prelato facesse ingresso nella nuova Chiesa particolare.
Monsignor Pietro Caggiano, vicepostulatore della Causa di Beatificazione e Canonizzazione di Bartolo Longo, si è, invece, soffermato sul ruolo che l’Arcivescovo ebbe come promotore dell’iter che nel 1980 portò alla beatificazione del Fondatore del Santuario.
Monsignor Rossi fu infaticabile tanto che ricevette incarichi importanti dalla Santa Sede anche fuori dal territorio di Pompei. Lo ha ricordato il sacerdote pompeiano, don Domenico Arcaro, soffermandosi sul ruolo di visitatore apostolico, che il Patriarca ricoprì, tra l’altro, a Patti (ME) ed Oropa (BI). Alla base di un impegno così totalizzante vi è una profonda spiritualità. Rossi è uomo di preghiera, che si fa azione concreta, un dato che emerge dalla relazione di Monsignor Pasquale Mocerino, Rettore della Basilica mariana, che ne ha ricordato il ruolo di organizzatore del Congresso eucaristico nazionale e di guida, sulla scia di Bartolo Longo, del movimento "assunzionista", che aveva la finalità di vedere riconosciuto dal Papa il dogma dell’Assunzione di
Maria. Nella realizzazione di ogni obiettivo Rossi si servì del periodico "Il Rosario e la Nuova Pompei", la cui lettura, come chiarito dal giornalista Giuseppe Pecorelli, consente di rievocare la cronaca di quegli anni difficili.
Al sociologo e docente Claudio Spina sono state affidate le conclusioni dell’incontro, durante il quale, grazie agli interventi di Monsignor Ennio Apeciti, rettore del Pontificio Seminario Lombardo, e del Professore Francesco Barra, docente di Storia moderna all’Università di Salerno, sono stati ricordati anche gli anni in cui Rossi si formò a Milano e Roma, fu sacerdote e Pavia e Arcivescovo ad Udine (dell’episcopato in Friuli ha parlato Monsignor Sandro Piussi, responsabile dell’Ufficio per i Beni Culturali, dirige gli Archivi e le Biblioteche Diocesane e del Seminario Arcivescovile di Udine, in una relazione inviata al convegno). Spina si è soffermato sulla assoluta originalità dell’episcopato del Patriarca, sacerdote e vescovo di profonda fede e di grande passione civile.
(Autore: Michele Cantisani)

*Mons.Roberto Ronca - 8° Delegato
8° Vescovo del Santuario di Pompei
Nacque a Roma il 23 febbraio 1901.
Divenne sacerdote nel 1928; ordinato Vescovo l'11.7.1948 ed in pari data nominato Delegato Pontificio e Prelato di Pompei.
Ingegnere.
Arcivescovo titolare di Lepanto (Naupaktos in Grecia), fu Prelato di Pompei dal 14 agosto 1948 al 1955.
Il Comune di Pompei il 9 dicembre 1952 gli conferì la Cittadinanza Onoraria come riconoscenza per aver promosso e realizzato importanti opere di carattere religioso, civile, ed economico-sociale.
Tra le opere da lui volute qui a Pompei, si ricordano:

* Crociata Mariana (per la pia pratica della recita del Rosario).

* Asili al centro ed in periferia.

* Scuole ed oratori con annesse cappelle.

* Ricostruì l'Ufficio Postale.

* Ottenne la fermata alla Stazione di Pompei di tutti i treni diretti e rapidi.

* Ottenne di far costruire la strada circumvallazione (attuale Via Mazzini a Pompei).

* Si occupò dell'acquedotto; acquistò una sorgente a Gragnano, la "Forma" e la canalizzò a Pompei.

* Studiò e fece redigere il Piano Regolatore del Comune di Pompei.

* Le costruzioni realizzate durante la sua permanenza a Pompei furono: "Grande Albergo del Rosario" con annessa "Casa degli esercizi spirituali" e l' "Orfanotrofio Femminile".

* Avviò la costruzione dell'IPSI.

*  Fondò il Pontificio Seminario "Bartolo Longo".

*  Rifece l'organo del Santuario.
Morì a Roma il 25 settembre 1977.

Mons. Roberto Ronca: una figura da approfondire
In un interessante saggio lo studioso Giuseppe Brienza offre una particolare lettura della complessa figura del presule, Vescovo di Pompei negli anni che vanno dal 1948 al 1955. L’Autore ha il merito di far emergere dall’oblio la complessità della sua opera, che incontrò, in ugual misura, estimatori e detrattori.
Lo studioso Giuseppe Brienza, cultore della Storia Moderna e Contemporanea della Chiesa e delle altre Confessioni Cristiane presso l’Università La Sapienza di Roma, ha pubblicato, all’interno della rivista "Annali Italiani", un interessante saggio su Mons. Roberto Ronca, Vescovo di Pompei dal ’48 al ’55.
Nel contributo "Mons. Roberto Ronca e l’alternativa alla DC", l’Autore analizza tutti gli aspetti dell’intensa vita del Presule, nato a Roma nel 1901. Dopo la Laurea in ingegneria entrò nel seminario e fi ordinato sacerdote nel 1928. Fu, poi, Rettore del Seminario Romano Maggiore.
Assistente della FUCI, Organizzatore dell’ente assistenziale "Aiuto Cristiano", che, dopo la II Guerra Mondiale, sosteneva i bisogni materiali delle persone cercando nello stesso tempo di evangelizzarle. In seguito, s’impegnò nell’organizzazione politico-culturale "Unione Nazionale di civiltà Italica", sorta a salvaguardia del pluralismo politico dei cattolici, tentando di garantire un coordinamento delle iniziative di difesa degli interessi della Chiesa. Gradita a Pio XII, quest’associazione ebbe una battuta d’arresto a seguito della nascita dei Comitati Civici creati da Luigi Gedda, in vista delle elezioni politiche del 18 aprile 1948.
Vicino alle posizioni politiche di Mons. Alfredo Ottaviani, poi nominato Cardinale, e distante dalle idee di Mons. Montini, il futuro Paolo VI, Ronca s’impegnò per la costruzione di un partito dei cattolici che fosse nettamente anticomunista, rispecchiando la tradizione cattolica del paese, l’esigenza di fondare moralmente l’autorità, la lotta al comunismo, che, come ha detto lo storico Andrea Riccardi, sono tematiche tipiche dell’ideologia nazionale e cattolica, fondantesi sulla difesa della civiltà cristiana.
In questa direzione vanno inquadrati i suoi rapporti con Vittorio Emanuele Orlando, con Guglielmo Giannini, fondatore del Partito dell’Uomo Qualunque e con il Movimento Sociale, fino ad arrivare alla cosiddetta "Operazione Sturzo" per la creazione di un blocco d’ordine guidato dalla destra della DC, tentata senza successo nel 1952.
Il 21 giugno 1948 Ronca fu elevato a dignità vescovile con il titolo di Arcivescovo di Lepanto, e, nello stesso anno, nominato Vescovo di Pompei, dove successe a Mons. Antonio Anastasio Rossi.
Nella città mariana lasciò una traccia visibile, preoccupandosi sia di costruire strutture (Casa del Rosario, Nuovo Orfanotrofio, Nuova Tipografia), sia di curare intensamente le anime. Settimanalmente si recava a Roma dove aveva continui incontri con personalità politiche ed ecclesiastiche. In questo periodo fondò gli Istituti degli Oblati e delle Oblate della Madonna del Rosario.
a sua posizione fortemente antidegasperiana lo poneva in contrasto con una parte della Curia Romana. Proprio a causa di ciò, sostengono molti storici, nel 1955, fu rimosso da Pompei e conobbe un periodo molto buio.
Nel 1962, Giovanni XXIII, che aveva conosciuto Ronca al tempo del Seminario Romano Maggiore, lo nominò Ispettore Capo dei Cappellani delle Carceri, ruolo che mantenne fino al 1976.
Morì l’anno dopo.
Lo studio del Brienza ha il merito di far emergere dall’oblio la complessità della sua opera, che incontrò, in ugual misura, estimatori e detrattori.
(Autore: Loreta Somma)

*Mons.Giovanni Battista Foschini - 9° Delegato
9° Vescovo del Santuario di Pompei
Amministratore Apostolico dal 22 dicembre 1955 al 19 giugno 1957.
Morì a Imola (BO) il 29 aprile 1963.

*Mons.Aurelio Signora - 10° Delegato
10° Vescovo del Santuario di Pompei
Nacque a Budoia (Pn) il 21 ottobre del 1902 da Giuseppe e da Pierina Panizzut Rosaura. Entrò in Seminario nel 1922, il 19 luglio del 1925 fu ordinato Sacerdote.
Il 7 ottobre del 1928, ebbe la nomina a Rettore della Chiesa di Santa Maria dei Miracoli di Venezia; nel frattempo, il Patriarca di Venezia, Card. Angelo Roncalli, poi Papa Giovanni XXIII, lo chiamò in curia a svolgere incarichi nel Tribunale Ecclesiastico, alla guida del settimanale diocesano e nell'organizzazione delle opere missionarie.  
Per questi incarichi, venne nominato Monsignore. Il 24 aprile 1934  divenne Segretario Generale dell'Opera "S. Pietro Apostolo" per il clero indigeno e Prelato Domestico di S.S. Papa Pio XI.
Durante il periodo della guerra mondiale si adoperò per salvare molti personaggi politici  dalle deportazioni e dai campi di concentramento, aprendo loro le porte del palazzo di Propaganda Fide.
Fondò, altresì, un patronato “Protezione della Giovane” di cui fu assistente e consigliere per oltre 40 anni. Il 13 maggio del 1957, Pio XII lo nominò Vescovo titolare di Nicosia (Cipro), Delegato Pontificio Mons.Aurelio Signora a Pompei con la madre ottantenne (1983), Sr. M. Stefania Bon e Sr. M. Candida Tenuta.r il Santuario di Pompei e nella Basilica di S. Maria Sopra Minerva, a Roma, il 25 aprile fu ordinato Vescovo da S. Em. Il Card. Adeodato Giovanni Piazza.
Il 7 giugno di quell’anno, fece il suo ingresso a Pompei, restandovi per 21 anni come continuatore dell’opera del fondatore Bartolo Longo.
Grazie a lui la Parrocchia del “SS. Salvatore” diventa Arcipretura, e nascono le nuove Parrocchie di “S. Maria Assunta in Cielo”, “S. Maria Immacolata” e “Sacro Cuore di Gesù”. Viene eretto il monumento a Bartolo Longo, edificati il seminario “Bartolo Longo” e la chiesa dedicata a “S.
Antonio” in località Pontenuovo (Pompei). Vengono creati i centri giovanili “San Paolo” e “ Sacro Cuore”.Nel 1959 la Madonna di Fatima fu accolta devotamente nel Santuario di Pompei nella lunga pelegrinatio attraverso l'Italia. S.E.Mons. Aurelio Signora, nella foto, bacia la Statua.
Curò anche che si facesse un importante restauro del quadro della madonna che fu incoronata, poi, a Roma dal Papa Paolo VI, il 24 aprile del 1965.
Nel 1977, il 21 ottobre, presentò le dimissioni al Papa per raggiunti limiti d’età. Il 13 novembre gli venne notificata l’accettazione da parte della S. Sede e nominato Amministratore fino alla nomina (30.3.1978) del nuovo Prelato che era Sua Ecc. Mons. Domenico Vacchiano.
Il nuovo Vescovo fece il suo ingresso a Pompei il 29 aprile 1978 e vi restò fino al 1990, quando fu ordinato (7.12.1990) Arcivescovo di Pompei, Mons. Francesco Saverio Toppi O.F.M. Capp.
Il 30 aprile del 1990, Mons. Signora chiuse a Budoia la sua esistenza terrena lasciando ai pompeiani un caro ricordo di buon Pastore.
*Lettera di Paolo VI a Monsignor Aurelio Signora, Prelato di Pompei, nel  Centenario del trasferimento nel Santuario del quadro della Vergine del Rosario
Al Venerabile Fratello
Aurelio Signora Arcivescovo tit. di Nicosia - Prelato di Pompei
Abbiamo appreso con compiacimento che codesta Prelatura si appresta a ricordare il primo centenario di vita   della nuova Pompei. Si compie infatti un secolo da quando il Servo di Dio Bartolo Longo, il 13 novembre 1875, portò in codesta terra suggestiva, allora abitata soltanto da alcuni agricoltori, il celebre quadro della Vergine SS.ma del Rosario, che doveva diventare il nucleo vitale e come il cuore spirituale della città.
Essa infatti è diventata anzitutto un faro di vita religiosa, per la soave attrattiva che esercita il
Santuario sulle folle innumerevoli di pellegrini che accorrono senza posa verso quel centro veneratissimo di pietà eucaristica e mariana; ma Pompei ha anche preso una fisionomia incomparabile per la fioritura di opere benefiche e sociali, fino alle più moderne forme di assistenza e di promozione dei vari ceti, specie dei meno abbienti.
Né vogliamo dimenticare le affermazioni conseguite dalla nuova locale Tipografia, che sorta un tempo con lungimirante intuito di apostolato per volontà del Servo di Dio, si è poi sviluppata come un'opera veramente provvida per la diffusione della cultura e della informazione mediante la stampa cattolica.
Noi, non diversamente dai nostri Predecessori, che hanno dimostrato la loro benevolenza alla Città e al Santuario,  desideriamo esprimere la nostra attenzione e il nostro incoraggiamento a quanti si apprestano con Lei, Venerabile Fratello, a ricordare degnamente la significativa data: e formiamo voti affinché, inserite nella corrente spirituale che in un secolo ha prodotto risultati tanto cospicui, tutte le componenti della città concorrano sempre armoniosamente alla sua elevazione spirituale e al suo progresso civile, che vanno costantemente congiunti per il bene integrale e vero della persona umana.
Anche a Pompei, effettivamente, si manifesta «che - come abbiamo scritto nell'Esortazione Apostolica   Marialis Cultus - l'azione della Chiesa nel mondo è come un prolungamento della sollecitudine di Maria.
Infatti, l'amore operante della Vergine a Nazareth, nella casa di Elisabetta, a Cana, sul Golgota . . . trovaMons. Aurelio Signora nella sua casa di Roma con Sr.M. Stefania Bon e Sr. M. Candida Tenuta. coerente continuità nell'ansia materna della Chiesa, perché tutti gli uomini giungano alla conoscenza della verità (Cfr. 1 Tim. 2, 4), nella sua cura per gli umili, i poveri, i deboli, nel suo impegno costante per la pace e per la concordia sociale, nel suo prodigarsi perché tutti gli uomini abbiano parte alla salvezza» (Marialis Cultus, 2 febr. 1974: AAS 66, 1974, p. 140).
Auspichiamo perciò che l'irradiazione di Maria in codesta città ch'è «sua», consolidi sempre più questo vitale connubio di fede e di opere: e come la Vergine Santissima ha unito la più alta contemplazione alla vita attiva,accrescendo la fede e la carità nei cuori (Cfr. Luc. 1, 40-44; Io. 2,  11), così, ov'Essa continua ad esser maternamente presente, alla vera pietà e in proporzione di essa si accompagna la fioritura stupenda delle iniziative in favore dei fratelli.
Così, così avvenga sempre anche nella a noi carissima nuova Pompei: così vediamo con sguardo presago delle generazioni future; così lodiamo magnificando il Signore per le «grandi cose» che ha fatto per codesta città; così esortiamo  a proseguire nella via intrapresa quanti ne hanno a cuore le sorti.
Conferma questi nostri auguri la propiziatrice Benedizione Apostolica, che impartiamo a Lei, Venerabile Fratello, ai Sacerdoti e ai Religiosi dediti con tanto zelo al servizio delle anime, alle   Religiose, ai piccoli e cari ospiti delle opere assistenziali, ai lavoratori, agli abitanti tutti della Prelatura della Beatissima Vergine Maria del SS. mo Rosario di Pompei.
Dal Vaticano, il 9 Agosto 1975, tredicesimo anno del nostro Pontificato.
                                                                                                                    
PAULUS PP. VI
*Pompei e Budoia ricordano Mons. Signora
Il 16 giugno, nella Basilica, il nostro Arcivescovo Monsignor Francesco Saverio Toppi con la sensibilità che lo distingue, ha voluto celebrare l’Eucarestia, unendosi ad un folto gruppo di budoiesi, per ricordare il primo lustro della scomparsa dell’Arcivescovo Monsignor Aurelio Signora, giunto a Pompei come delegato pontificio il 25 aprile del 1957.
La celebrazione pomeridiana ha seguito quella di Budoia dove il 4 giugno, solennità di Pentecoste, Mons. Agostino Ferrari Toniolo, Arcivescovo Titolare di Tarasa di Bizacena, già osservatore permanente della santa sede presso la F.A.O., ha benedetto e scoperto una lapide in onore di Mons. Aurelio Signora.
All’Eucarestia hanno partecipato anche molti pompeiani non più giovani, molti dei quali hanno vissuto in prima persona la presenza proficua e la generosa attività pastorale e sociale dio Mons. Signora.
Si trattava di unirsi spiritualmente a raccogliere le testimonianze di Mons. Rendina, che fu segretario del Presule scomparso, di esprimere riconoscenza alle due figlie del Santo Rosario (Suor Maria Stefania e Suor Maria Candida) che, dopo averlo accudito nella sua vita episcopale lo hanno seguito a Budoia per assisterlo nell’infermità e raccoglierne l’ultimo respiro.
Pompei, il Santuario, le Opere annesse portano segni visibili ed incisivi dello zelo sociale e pastorale di Mons. Aurelio Signora; se è vero che tutti i Prelati di Pompei, si sono assunti nel tempo, il compito di proseguire, di completare, di ampliare l’azione di amore per il prossimo e di devozione alla vergine del Rosario, del Fondatore della nuova Pompei, Mons. Signora è certamente fra quelli che con la sua forte personalità alimentata dalle articolate esperienze precedenti la sua venuta, ha saputo esprimere concretamente l’impegno istituzionale.
Dal consolidamento ed ampliamento dell’Istituto Bartolo Longo, del nuovo Orfanotrofio femminile alla creazione del Piazzale Giovanni XXIII, alla costruzione della nuova sede dell’Istituto Tecnico Professionale, alla fondazione di una casa per persone anziane, al completamento della colonia di Padula, alla costruzione del seminario inaugurato nel 1965, tutto è frutto di quella tempra di
religioso e di uomo, che dopo aver respirato l’aria tersa e rigida delle Alpi e quella più dolce e temperata di Venezia, dopo aver agito a Roma come segretario generale del Clero indigeno, era giunto a Pompei per agire in prima persona, interpretando la volontà del Beato Bartolo Longo.
I pompeiani convenuti per ricordare, che praticano la loro fede nella cripta del Santuario, sanno di dovere a Mons. Signora tutte le sistemazioni strutturali e decorative di quell’ambiente: quei cinque altari che accoglieranno le spoglie dei fondatori, di Padre Radente, di Mons. Rossi, di Mons. celli, di Mons. Formisano, e per un certo periodo anche quelle di Padre Leone.
E la memoria rimane la testimonianza migliore per restituire il dovuto a coloro che non sono più, per custodire quanto hanno fatto, per disporsi a nuove opere: fra questi pompeiani, chi scrive ha avuto il privilegio di vivere da fedele e da cronista, giorno per giorno, evento per evento, la spiritualità e l’azione di Mons. Aurelio Signora.
(Autore: Luigi Leone)
Le ultime due foto:
il fratello di Mons. Aurelio Signora e la lapide benedetta a Budoia da Mons. Agostino Ferrari Tonioli in memoria del battesimo ricevuto dal compianto Presule.
*La gioia d'aver conosciuto l'Arcivescovo Aurelio Signora
Voglio esternare la mia gioia nel leggere la pagina 22 de "Il Rosario e la Nuova Pompei" del novembre 2015. Veniva riportato un articolo che raccontava, in modo stupendo e preciso, il periodo in cui Monsignor Aurelio Signora era stato Vescovo e Prelato di Pompei. Io, negli anni Settanta, ero emigrante in Svizzera, esattamente a Coira, capitale del Cantone dei Grigioni. Qui era presente la missione cattolica italiana. E qui, dov’era missionario il compianto don Gildo De Martini dell’Opera "Don Guanella", ebbi il piacere di conoscere personalmente Monsignor Signora. Evidentemente c’era un rapporto di amicizia di vecchia data tra i due, il veneto don Gildo, originario di Conegliano, e il friulano Signora, nativo di Budoia. Io sono originario di Casanova di Carinola, provincia di Caserta. Negli anni Settanta, la situazione al paese era molto travagliata e noi eravamo tre fratelli: io, primogenito, mio fratello Guido e Paola, la più piccola.

Mio fratello svolgeva il servizio militare in provincia di Novara, io ero emigrante in Svizzera e a casa era rimasta Paola che accudiva la nostra cara mamma paralizzata, in un tempo in cui non erano comuni nemmeno le sedie a rotelle. Lavoravo per una ditta che aveva sede in montagna, a tredici chilometri da Coira, eppure ogni domenica mattina mi recavo, insieme ad altri amici, a dare una mano alla missione, sempre presente alla Messa delle 11. In una di quelle domeniche, arrivai da don Gildo e bussai alla sua porta. Salito al piano, vidi la figura imponente di Monsignor Signora. Aveva la fascia rossa alla vita e uno zucchetto rosso in testa.

Non avevo mai visto un uomo di tale importanza così vicino a me e stavo quasi per scappare via. Don Gildo mi fermo e mi presento. Mi ritrovai allora "avvolto" dall’ abbraccio di monsignor Signora, che aggiunse: "Nicola, so già tutto. Scrivi una lettera perché io, tornato a Pompei, possa consegnarla alla mamma".

Dopo una ventina di giorni dal suo rientro nella città mariana, l’Arcivescovo parti con la sua macchina insieme al segretario per recarsi a Casanova di Carinola, che dista circa 60 chilometri. Arrivato di pomeriggio, suono il campanello. Mia sorella Paola stava lavorando i pomodori e lui, come un padre, per non metterla a disagio, le disse: "Scommetto che tu sei Paoletta, la sorella di Nicola. Consegno la lettera per la mamma, bevve un caffe con lei e la benedisse.

Dopo aver salutato, riparti per recarsi a Sessa Aurunca, dove avrebbe incontrato il vescovo di quella diocesi. Questo era il Prelato, Monsignor Aurelio Signora.

(Nicola Di Cresce – Trieste)

*Mons.Aurelio Signora, un Vescovo che seppe essere maestro e padre
Sono passati venticinque anni dalla morte del Prelato che guidò la Chiesa pompeiana dal 1957 al 1978. Proponiamo il ricordo di chi lo conobbe nei lunghi ed intensi anni romani.
Conobbi Monsignor Aurelio Signora quando giunse a Roma da Venezia, tra il fine del 1935 e il principio del 1936, chiamato a ricoprire la carica di Segretario della Pontificia Opera di san Pietro Apostolo per il Clero indigeno.
Nato a Budoia, nei pressi di Udine, aveva trascorso nella città di San Marco gli anni della giovinezza, compiuti gli studi nel Seminario Patriarcale e ricevuta poi l’ordinazione sacerdotale il 19 luglio 1925. Il popolo di Venezia, per primo, raccolse i frutti abbondanti del suo apostolato svolto nel ministero parrocchiale e tra le file dell’Azione Cattolica. Quando arrivò a Roma era un sacerdote ancor giovane, ma dallo sguardo profondo e dai capelli già brizzolati. Il primo incontro con lui suggeriva un senso di distanza come si prova davanti a coloro che perseguono un ideale superiore; suscitava insieme un interesse profondo e un naturale rispetto; gli occhi vivi sembravano leggere dentro l’interlocutore e il distacco del portamento non rendeva facile una qualsiasi confidenza.
La vivezza della parola, la profondità e l’espressività del discorso correggevano peraltro la severità dell’aspetto, inducendo a riflettere su eventi di ogni giorno, prima banali e inosservati, ma che assumevano nella sua prospettiva dimensioni nuove, suscitando impulsi di verità e di amore, di giustizia e di pietà. Ci si accorgeva come la durezza dello sguardo si addolcisce nell’esprimere sentimenti e pensieri che dovevano essere stati a lungo meditati e sofferti. Così il rapporto cambiava: si coglieva allora un sorriso costante che dall’anima saliva per gli occhi alla fronte più che alle labbra serrate, queste, sempre, in un silenzio che era meditazione.
Uno dei primi contatti di Monsignor Signora col mondo romano si realizzò nell’ambito dell’Istituto Santa Francesca Saverio Cabrini dove egli cominciò, poco dopo il suo arrivo, a recarsi settimanalmente. Il suo compito sarebbe stato quello di conferenziere e confessore delle alunne, ma egli divenne presto l’anima della vita spirituale della scuola, collaborando alla formazione ed alla educazione di anime cristianamente robuste e sagge. Le giovani si accorsero ben presto che nel nuovo sacerdote potevano trovare non soltanto un buon direttore spirituale, ma anche un amico e un padre, e così la cerchia delle conoscenze romane do Monsignor Signora si venne rapidamente allargando perché, dopo le alunne, furono i genitori a desiderare la sua amicizia. Tutti egli accoglieva con paterna spontaneità e con finezza di tutto, suscitando, , lui, ancor giovane, una sorta di venerazione.
In breve tempo molti capirono che quel giovane sacerdote, dall’aspetto severo, sapeva indicare col suo stesso vivere che la via segnata era possibile anche se talvolta dura. Col passare degli anni al ristretto ambiente dei colleghi Cabrini, Trinità dei Monti, Les Oiseaux, Nazareth si aggiunse quello più ampio di San Andrea delle Fratte dove Monsignor Signora era solito trascorrere lunghe ore in confessionale presso il quadro della Madonna del Miracolo. Venivano madri di famiglia e giovanette; ma non mancavano spesso a quegli appuntamenti uomini che in una pausa della loro giornata di lavoro desideravano porre ai piedi del confessore le loro pene e ascoltare quella parola di verità che sa insieme illuminare l’intelletto e riscaldare il cuore. Furono quelli per Monsignore anni di attività molto intensa.
La morte di suo padre, avvenuta in quegli anni, lo avvicinò ancor più alla mamma, la buona signora Pierina, uno di quegli esseri semplici, per cui vivere è donarsi e che considerava il Sacerdozio una "riserva divina" e il sacerdote, l’unto del Signore che si deve amare e venerare insieme. Una volontà tesa, una fermezza sempre costante, che affondavano le loro radici in una fede profondamente sofferta, facevano sì che egli chiedesse a se stesso e agli altri che ogni cosa intrapresa fosse compiuta bene e per intero, che ogni azione, piccola o grande che fosse, tendesse sempre a far brillare, nel fluire della vita che trascorre opaca, la scintilla del divino. Ed era sempre lui il primo a dare l’esempio.
Non vi erano in quegli anni attività alle quali Monsignor Signora non partecipasse, teso sempre a far vivere quella "carità che dentro lo urgeva". Ed ecco che si moltiplicano i gruppi di San Vincenzo di cui è l’assistente e non si accontenta di presiedere le riunioni; ma spesso insieme con noi si reca nelle borgate, insegnandoci a scorgere nella sofferenza degli umili e dei diseredati la sofferenza del Cristo. Ai corsi di Catechismo per bambini, alle conferenze e all’assistenza spirituale, egli abbinava un’opera di assistenza sociale praticata a tutti indistintamente con lo spirito della carità più ampia. Con la guerra questa attività venne man mano ampliandosi e a quanto già fatto nei quartieri poveri di Roma, si vennero aggiungendo le "Casermette" di Monte Verde, dove erano rifugiate numerose famiglie di sfollati. Villa Chigi, l’Ospedale di San Camillo. Tutto egli seguiva da vicino, sostenendoci, aiutandoci, sospingendoci a fare. Non tutto era facile, molte volte ad alcuni problemi che noi, col nostro semplicissimo giovanile, avremmo facilmente affrontati, egli ci moderava e dopo aver esaminato la questione con quel profondo senso di giustizia che sempre lo animava, dava un giudizio, non sempre egual al nostro. Sicché a volte noi lo incolpavamo di durezza, di rigidità verso particolari situazioni: ma un esame più profondo dei fatti o la loro evoluzione ci costringevano a ricrederci e a riconoscere che egli aveva visto bene. Il suo atteggiamento proveniva sì da un’anima nella quale la carità faceva fortemente sentire i suoi impulsi, ma che era anche perennemente animata da un sano buonsenso.
Entrare nella cerchia degli intimi di Monsignor Signora non era facile; privilegio il varcare la soglia della modesta casa all’ultimo piano del palazzo di Propaganda Fide. Nel suo studio si aveva l’impressione di essere staccati da terra: era la stanza di un uomo che lavorava intensamente a stretto contatto col mondo. Solo allora si aveva la sensazione che nel sacerdote esisteva l’uomo: un uomo che aveva saputo dominare la sua vita con tutto ciò che essa ha di debole, di incerto, per poterla gettare nella instancabile fatica quotidiana, nella sofferenza, nella speranza di lavorare per dilatare il regno di Cristo, glorificare la divina Madre, dare trionfo alla Chiesa.
Allora si poteva capire come fosse sempre presente quando c’era del bene da fare e sapesse far rientrare nell’ambito di una giornata tutto ciò che era necessario. Ho scelto non a caso la parola necessaria perché voglio sottolineare che Monsignore (come era affettuosamente chiamato allora da tutti noi) non rifiutava mai la sua presenza da qualunque parte venisse chiamato, anche in circostanze a volte gravi e pesanti. Mi sembra ancora di vederlo passare ore ed ore accanto al letto di un ammalato, discutere con persone anziane che invano andavano cercando la fede, assumersi con fermezza responsabilità in situazioni difficili, consolare con delicatezza genitori che avevano perso i figli.
Quando ripenso agli anni che vanno dal 1936 al 1957 rivedo Sua Eccellenza sempre presente, bonariamente sorridente quando gli avvenimenti erano lieti, grave e pensoso e pronto a "rimboccarsi le maniche" quando delle circostanze non piacevoli imponevano una decisione e un subito intervento.
Molti ricorderanno quanti furono da Lui aiutati nel periodo della guerra: erano molto tristi e sempre la sua parola e la sua comprensione accompagnavano i soccorsi materiali. E così si giunse al periodo del dopoguerra: i giovani di lì quell’ormai lontano 1936 erano divenuti adulti e gli uomini anziani; ma tutti continuavano a recarsi sempre da Monsignor Signora.
E così gli anni passavano e il sacerdote Monsignor Signora era divenuto una parte della vita spirituale di ognuno, quando giunse improvvisa la consacrazione ad Arcivescovo e la sua destinazione a Pompei in qualità di Prelato Pontificio. Se grande fu la gioia per il riconoscimento conferitogli, grande fu anche il dolore per la perdita che si subiva. Ci si cercava di convincere che Pompei era molto vicina, ma restava la realtà dell’interrompersi di una consuetudine che ci aveva abituati ad avere sempre vicino un maestro e un padre.
(Autore: Maria Luisa Giannandrea)
*Libro: Monsignor AURELIO SIGNORA
è una rassegna di immagini che ricostruiscono l’ intensa vita del Presule, ripercorrendo le tappe fondamentali della Sua operosa vita a servizio del  prossimo.
Fu voluta dalla Redazione, in collaborazione con la Parrocchia di Budoia per onorare la memoria dell’ illustre concittadino che, ordinato Sacerdote a Venezia, divenne Segretario Generale dell’ Opera di San Pietro Apostolo, di Propaganda Fide e quindi, per 21 anni Arcivescovo Delegato Pontificio a Pompei. Morì a Budoia il 30 aprile 1990, all’ età di 87 anni.
Le fotografie sono state gentilmente concesse dal fratello del prelato, prof. Mario, dall’ Archivio della Prelatura Pontificia di Pompei, dalla Parrocchia di Budoia e dal maestro Umberto Sanson.
Il volume è esaurito.

Mons.Domenico Vacchiano - 11° delegato

11° Vescovo del Santuario di Pompei
Nato a Cicciano (NA) il 2 settembre 1914.  
Nominato Delegato Pontificio e Arcivescovo-Prelato il 5 aprile 1978, ne prese possesso il 29 aprile successivo.
Lasciò per limiti di età nel 1990.
Morì a Cicciano il 24 maggio 2001.

Il commiato di Sua Ecc.za Mons. Domenico Vacchiano

Circa tredici anni di servizio pastorale a Pompei. Il saluto ufficiale del Clero, del popolo di Dio e delle autorità cittadine.
Dopo circa tredici anni di attività solerte e costante, svolto nella serenità di chi desidera servire il Signore nell’amore del prossimo e nella preghiera, l’Arcivescovo Prelato Mons. Domenico Vacchiano si è accomiatato da Pompei, dal Santuario, dalle Opere sociali create dal Beato B. Longo e dall’immensa, multiforme schiera di quanti in questo periodo hanno sostato davanti alla Vergine del Rosario, ripetendo la Supplica. Egli ritorna nella famiglia d’origine, portando nel cuore la grande, complessa, sofferta famiglia degli orfani della natura e della legge, della droga e del divorzio; quella stessa famiglia che al suo nascere accolse fra le prime ospiti un’orfanella che sarebbe diventata madre proprio di Domenico Vacchiano, futuro prelato di Pompei: una strana coincidenza, oppure, come ha detto don Pasquale Mocerino, nell’indirizzo di saluto, una benevola e provvida regia divina? Oggi al commiato: "un commiato previsto, sì, preannunciato, accettato, ma certamente assai sofferto", come lo ha definito la presidente dell’Azione Cattolica, Filomena Trapani, aggiungendo che "se ogni cosa che nasce, per legge di natura, va verso il suo declino, il vincolo ecclesiale fa eccezione: e i ricordi, le esperienze si sedimentano nel cuore indistruttibilmente". Siamo nell’atmosfera della concelebrazione eucaristica del 1° dicembre: l’Arcivescovo Vacchiano si ritrova con il clero al completo, con tutti gli ospiti delle Opere sociali, dai più piccoli ai più grandi: fra i banchi anche le giovani novizie filippine ed africane, con quei volti dall’espressione dolce ed assorta.
Il momento è di riflessione: invita a riflettere il vangelo dell’Avvento, mentre si alternano nell’animo dei presenti i segni dell’umana commozione e passano l’uno dopo l’altro gli eventi ordinari e straordinari, che hanno caratterizzato il ministero pompeiano di Mons. Vacchiano e che costituiscono i segni della sua continua testimonianza ecclesiale. È il Prelato che ha visto avverata la profezia del Fondatore che dalla loggia della Basilica si sarebbe affacciato un Papa: ad affacciarsi e a benedire la folla è stato Giovanni Paolo II. È lo stesso Prelato che ha curato e visto la beatificazione dello stesso B. Longo. Ma è anche il Pastore degli eventi quotidiani, che gira per il Santuario, che è fra gli orfani, che incontra la gente con umiltà, senza scorte o cerimoniali. Il Santuario mariano lo ha visto procede nel programma degli impegni assunti, lo ha visto nel disimpegnare la vita interna degli istituti, i rapporti con i rosarianti. Si è trattato di un periodo significativo, in cui la comunicazione ecclesiale e quella affettiva tra il popolo e il Pastore è stata piena, incondizionata, soprattutto per il profondo senso dell’umano e del reale, che Mons. Vacchiano esprimeva nell’avvicinare la gente, nel conoscere i suoi problemi, nell’ascoltare le sue urgenze. I suoi collaboratori lo hanno salutato nella voce di don Mocerino, il sacerdote da lui stesso ordinato, gli hanno espresso il loro grazie "per la sua presenza, per il suo Lavoro, per il suo incoraggiamento e per la fiducia che ha continuamente manifestato a chi di volta in volta ha chiamato a collaborare e ha reso partecipe delle sue preoccupazioni e delle sue premure pastorali".
Un riconoscimento che permette al lettore di comprendere che ci siamo trovati tutti dinanzi ad una gestione ricca di equilibrio democratico, sensibile alle sofferenze fisiche e morali del suo prossimo, consapevole della necessità di diffondere il messaggio di Cristo e di Maria in linguaggi comprensibili, attuali, intelligenti nei confronti di una umanità che, nonostante il benessere ne avverte le angustie e incontra continui ostacoli per riconoscere nell’altro se stesso.
All’Arcivescovo Vacchiano, inoltre, il giorno 5 dicembre, nel salone di Palazzo "De Fusco", il Sindaco, gli assessori, i consiglieri comunali, rappresentanti di tutto il popolo pompeiano hanno espresso la loro gratitudine, pienamente ricambiata dal Prelato per le manifestazioni di stima ricevute nel corso della sua permanenza a Pompei, per quella presenza che tutti, anche i più umili nell’imminenza del commiato, gli hanno riservato, con la commozione del distacco oppure con la forza di procedere senza dimenticare né le persone, né il suo insegnamento.
Ecco alcuni brani dei saluti ufficiali che il clero e i fedeli laici hanno espresso in occasione del commiato di Mons. Domenico Vacchiano.
Eccellenza Reverendissima, sono trascorsi circa 13 anni da quando Lei ha iniziato il suo ministero episcopale nella comunità ecclesiale di Pompei.
In questa comunità, piccola e straordinariamente grande per la storia che tutti conosciamo, Lei ha ereditato, in questo periodo, il ricchissimo patrimonio di fede, di carità e di spiritualità lasciato, come già ai suoi predecessori, del Beato Fondatore di questa città, l’Avvocato B. Longo.
Come lui, ha dovuto confrontarsi e rendersi disponibile alle "grandi cose" che il Signore, nella sua generosa e provvida munificenza, ha realizzato per questa cittadina e per milioni di persone di ogni
nazionalità, attraverso l’intercessione premurosa e materna della Madre del Signore Gesù, qui venerata sotto il titolo di Vergine del S. Rosario. Come lui, è diventato araldo della Regina indicandola, a motivo della sua santissima esperienza di vita, come la scuola più adatta per poter imparare ad essere veri ed autentici discepoli del suo Figlio Gesù.
Come lui, si è fatto promotore della recita del Rosario, sia individualmente che nelle famiglie, ricordando tenacemente il suo valore di preghiera eminentemente evangelica. Come lui, si è reso disponibile all’umanità sofferente nei frequenti e paterni contatti con gli ammalati e con tutti gli assistiti dei nostri istituti di carità. Come lui, ha dovuto arrendersi all’evidenza di Dio, al provvidenziale succedersi di alcuni eventi straordinari celebrati durante il suo servizio pastorale qui a Pompei […].
Ed ora, Eccellenza, in questa assemblea in cui, ancora una volta, ci ha radunati tutti insieme per rendere grazie al Signore e celebrare l’Eucarestia, il vero Magnificat della Chiesa, al termine del suo mandato e del suo servizio ministeriale, anche noi desideriamo dirle grazie per la sua presenza, il suo lavoro […].

Di Lei ricorderemo soprattutto il modo umile con cui ha vissuto gli impegni e le ansie di questi anni. Di Lei ricorderemo l’umiltà con cui ha cercato di incontrare e di avere rapporti con tutti noi. Di lei ricorderemo la preghiera costante ai piedi della Vergine per trovare nel suo cuore di mamma, confidenza, conforto e luce. Ed è a Lei, alla Vergine Santissima, ed al suo servo il Beato Bartolo Longo che noi affidiamo la nostra preghiera perché il Signore la gratifichi per quanto ha fatto. A nome di tutti i miei confratelli, grazie!

Don Pasquale Mocerino

Eccellenza Reverendissima,
i laici della Chiesa Pompeiana […] salutano il Pastore che, sereno, riprende i passi verso la propria terra di origine, al termine del suo ministero episcopale. È un commiato: previsto, sì, preannunziato,
accettato, ma certamente assai sofferto […].
Ma bisogna pur vivere oggi questa svolta nella nostra piccola storia per camminare con la mente della Chiesa, che obbedisce allo Spirito. Eccellenza, Lei rimarrà tra noi come l’immagine dell’umiltà e del nascondimento pur nella sua altissima dignità: davvero assimilato a Gesù Cristo, che, Signore e Maestro, volle lavare i piedi degli Apostoli e disse: "Imitate me che sono umile…" V. E. sarà il Vescovo sorto dal seno della Famiglia Pompeiana, da solco della carità suscitata dal Beato Bartolo Longo; il Vescovo che, come già sperimentava il Fondatore, ha dovuto registrare il fiorire del miracolo sotto i suoi occhi: il Papa pellegrino a Pompei, la Beatificazione di Bartolo Longo, la carità incessante che sostiene Opere di grande prestigio sociale ed ecclesiale… Ma noi non vogliamo, come V. E., sorridendo, disse in altra circostanza, fare certi elogi… "anzitempo"!... Vogliamo solo affermare che la comunione ecclesiale ed effettiva resterà salda tra il popolo e il Pastore che inizia oggi un nuovo cammino.
Al venerato Pastore, al Vescovo privilegiato delle carezze della Madre Divina il saluto, l’augurio. L’abbraccio filiale della pace.
Sig.ra Filomena Trapani

(Autore: Luigi Leone)

*Mons.Francesco Saverio Toppi - 12° Delegato
12° Vescovo del Santuario di Pompei
Nato a Brusciano (NA) il 26 giugno 1925.
Nominato Delegato Pontificio del Santuario di Pompei ed Arcivescovo-Prelato il 13 ottobre 1990.
Ordinazione episcopale e presa di possesso il 7 dicembre successivo.

Lasciò per limiti di età nel 2001.
Morì a Nola, presso il convento dei Frati Cappuccini, il 2 aprile 2007.
Ricordo di Mons. Toppi
“Chiedo di essere sepolto, vestito dell’abito di frate cappuccino, nella Cripta del Santuario per fare da piedistallo sotterraneo al trono di Maria”.
In queste poche parole, scritte nel suo testamento sono racchiusi tutta l’umiltà e l’amore alla Vergine ed insieme tutta la grandezza umana e spirituale di  Mons. Francesco Saverio Toppi, Arcivescovo Emerito di Pompei e frate cappuccino, morto il 2 aprile a Nola, presso il Convento dei Frati Cappuccini, i cui funerali si sono svolti martedì 3 aprile nel Santuario della Beata Vergine del Santo Rosario, con la partecipazione di tutti i Vescovi della Campania, guidati dal Presidente della Conferenza Episcopale regionale, il Cardinale Crescenzio Sepe, Arcivescovo di Napoli.
Erano presenti anche il Cardinale Michele Giordano, Arcivescovo Emerito di Napoli, il Vescovo di Tursi-Lagonegro (PZ), Mons. Francescantonio Nolè e l’Arcivescovo-Vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, Mons. Domenico Sorrentino, che, dal 2001 al 2003, era stato Arc1997. Mons.Toppi inaugura la mostra del Centro Educativo Bartolo Longoivescovo di Pompei, succedendo proprio a Toppi.
Tra i concelebranti, il Vicario Generale dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, Padre Felice Cangelosi; il Vicario Provinciale di Napoli, Padre Mariano Parente; il Ministro Provinciale di Palermo, Padre Calogero Peri; Mons. Tommaso Caputo, Capo del Protocollo della Segreteria di Stato e tutto il clero di Pompei.
Il Santo Padre Benedetto XVI, nel telegramma firmato dal Segretario di Stato, Cardinale  Tarcisio Bertone, ha ricordato la “singolare serafica bontà speciale amore at Eucaristia et Vergine Maria et generosa dedizione at popolo di Dio at lui affidato” di Mons. Toppi ed ha implorato “dal Signore per intercessione Regina del SMons.Toppi,Fratel Tullio,il Visitatore Provinciale Fr.Osvaldo Tafaro e Mons.Raffaele Matroneanto Rosario et San Francesco d’Assisi premio eterno per anima zelante pastore”.
Ottantuno anni, Mons. Toppi aveva guidato la diocesi mariana dal 1990 al 2001.
Nato a Brusciano (NA), in Diocesi di Nola, nel 1925, era stato ordinato sacerdote nel 1948.
Laureato in Storia Ecclesiastica all’Università Gregoriana e diplomato alla Scuola Vaticana in Biblioteconomia e in Archivistica, ha scritto diversi testi di spiritualità e di agiografia francescana.
Nell’ordine dei Frati Minori Cappuccini ha ricoperto diversi incarichi di grande responsabilità, visitando anche numerose missioni estere.
Nel 1948 incontrò Chiara Lubich avvicinandosi, così, al nascente Movimento dei Focolari.
Profondamente partecipe al dolore per la sua dipartita, la fondatrice dei Focolari, dopo aver ricordato che Mons. Toppi “..appariva semplice, nascosto, di poche parole, un vero figlio di San Francesco, ma quando parlava esprimeva tutta la sapienza di un’anima contemplativa, e le sue parole erano il frutto della preghiera e dell’ardente amore”, si è detta certa che Maria, da lui tanto amata, lo ha accolto come figlio prediletto.
Messaggi di cordoglio e partecipazione sono giunti dai Cardinali Miloslaw  Vlk, Arcivescovo di Praga, ed Ennio Antonelli, Arcivescovo di Firenze; dal Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Mons. Angelo Bagnasco; Mons. Toppi con Fra' Antonio Di Mauroda Mons. Giuseppe Costanzo, Arcivescovo di Siracusa e da Mons. Antonio Cantisani, Arcivescovo Emerito di Catanzaro.
Nell’omelia, il Vescovo-Prelato e Delegato Pontificio di Pompei, Mons. Carlo Liberati, ha ricordato che la vita religiosa, sacerdotale ed episcopale di Mons. Toppi è stata profondamente mariana.
I laici impegnati nella comunità ecclesiale pompeiana, ricordandone il quotidiano lungo impegno pastorale per la Chiesa tutta di Pompei, nel quale sono prevalse sempre la dolcezza e l’amabilità, lo spirito di mansuetudine francescano, la ricerca ed il raggiungimento della perfetta letizia, lo stupore evangelico, che testimoniava un cuore ancora fanciullo, e gli slanci appassionati nelle omelie, lo hanno accolto al mattino sul sagrato della basilica mariana, con le campane che suonavano a festa, come lui stesso aveva chiesto: “le esequie siano festose, l’Eucaristia come Azione di Grazie e Lode ne esprima tutto il senso della mia vita”.
Tra le autorità erano presenti i Sindaci di Pompei, Avv. Claudio D’Alessio; di Viggiano (PZ), Avv. Giuseppe Alberti; e di Pollena Trocchia (NA), Agostino Maione; il Consigliere Provinciale, Dott. Giuseppe Tortora; il Gran Priore dell’Ordine di Malta, Fra’ Antonio Nesci, il Dott. Angelo Scelzo, Sottosegretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali; il Delegato di Pompei dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, Prof. Luigi Ramunno; il Capitano Pasquale Sario, Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Torre Annunziata. In prima fila la sorella di Mons. Toppi, Rosa, ed i numerosi nipoti e pronipoti.
Lettera di Giovanni Paolo II a Monsignor Francesco Saverio Toppi, Prelato di Pompei, per il Centenario delle Suore Domenicane del Santo Rosario
Al diletto Fratello
Mons. FRANCESCO SAVERIO TOPPI, O.F.M. Capp.
Prelato di Pompei
Stanno per compiersi i cento anni da quando il Beato Bartolo Longo dette inizio alla Congregazione delle Suore Domenicane del Santo Rosario di Pompei e la Comunità religiosa si appresta a commemorare, tra l’esultanza della popolazione della Prelatura e dei devoti del Santuario, il felice giubileo della propria fondazione.
L’importanza di quell’inizio, da cui sarebbe venuto così significativo impulso alle opere educative, assistenziali e sociali sorte attorno al Santuario, merita di essere ricordata, a conforto di tutte le Suore che costì operano e ad incoraggiamento per i devoti della Madonna di Pompei, Regina delle Vittorie.
Sono lieto pertanto di rivolgere a Lei, venerato Fratello, alla Superiora Generale dell’Istituto, alle suore ed ai numerosi giovani e fanciulli ospiti delle molteplici opere educative e formative operanti all’ombra del Santuario, il mio beneaugurante saluto, sempre memore dell’accoglienza calorosa riservatami in occasione della Visita Pastorale del 21 ottobre 1979. Mi unisco al comune rendimento di grazie al Signore per i tanti doni spirituali che nella Famiglia religiosa si sono riversati e per la fioritura di bene sviluppatasi dapprima nell’ambito del Santuario di Pompei, e poi in altre località d’Italia e del mondo.
Per l’iniziativa ed il fervore di Bartolo Longo, Pompei irradia oggi un’intensa opera di evangelizzazione, che attira al Vangelo molte anime, desiderose di pace interiore e di riconciliazione con Dio mediante i sacramenti e la preghiera.
A tale “miracolo” della grazia cooperano le Suore del Santo Rosario, che Bartolo Longo volle associare alla Famiglia religiosa di San Domenico, non solo perché l’Ordine dei Frati Predicatori ha diffuso fin dagli inizi la devozione del Santo Rosario, ma anche perché tra le sue caratteristiche ha quella di unire la vita contemplativa all’attiva, traendo dalla meditazione dei misteri rivelati nella vita di Cristo incentivi sempre rinnovati alle attività caritative a servizio del prossimo.
Per natura sua la preghiera del Rosario - “una delle più eccellenti ed efficaci preghiere in comune, che ogni famiglia cristiana è invitata a recitare” (Paolo VI, Marialis cultus, 54) - consente ai religiosi come ai laici, nei conventi e nelle chiese, nel lavoro e nelle case, di ripercorrere e rivivere la memoria degli eventi della vita di Cristo.
Attorno a questa preghiera, adatta alla vita contemplativa e nello stesso tempo a quella attiva, il Fondatore delle Suore del Santo Rosario di Pompei ha voluto organizzare la missione specifica della Comunità. Le suore sono chiamate ad essere, come Maria, costantemente impegnate a conservare e meditare nel loro cuore le cose che riguardano Gesù (cf. Lc 2, 51), mentre curano la crescita e la maturazione umana e cristiana dei numerosi giovani, ragazzi e fanciulle, affidati alle loro cure pedagogiche e materne.
Auspico, pertanto, che codesta Comunità continui a coltivare e diffondere sempre più la preghiera del Rosario, intensificando l’unione con la Vergine, la quale ben sa indicare, a chi La invoca la via sicura e facile che conduce a Gesù ed al compimento della volontà del Padre. L’esempio del Beato Bartolo Longo sostenga inoltre i propositi e gli sforzi delle Religiose dell’Istituto nella diffusione del Vangelo tra il popolo, soprattutto tra gli umili ed i poveri.  
Con tali voti imparto a Lei, venerato Fratello, alla Madre Generale delle Suore Domenicane del Santo Rosario di Pompei, ai sacerdoti e diaconi, come pure ai fedeli della Prelatura, una speciale Benedizione Apostolica, che volentieri estendo ai giovani ospiti delle Opere sociali annesse al Santuario.  
Dal Vaticano, il 5 ottobre 1996.
IOANNES PAULUS PP. II
Per la dipartita di S.E.Rev.ma Mons. Francesco Saverio Toppi, Arcivescovo Prelato Emerito di Pompei e delegato Pontificio per il Santuario della B. V. Maria del S.Rosario
Mons. Francesco Saverio Toppi, al secolo Vincenzo, è nato a Brusciano (Napoli) il 26-6-1925, ordinato sacerdote il 29-6-1948.
Laureato in Storia Ecclesiastica all'Università Gregoriana il 20-6-1951. Diplomato alla Scuola Vaticana in biblioteconomia (1949) e in archivistica (1950).
Superiore Provinciale dei Cappuccini di Napoli dal 1959 al 1968, dei Cappuccini di Palermo dal 1971 al 1976. Nell’espletamento di questi incarichi è stato più volte in America Latina e in Africa. Da Provinciale di Napoli ha aperto una Missione, ora Vice-Provincia, nel Sud dello Stato di Bahia, in Brasile.
Ha insegnato Storia Ecclesiastica nello studio Teologico dei Cappuccini di Napoli dal 1957 al 1971; dal 1974 al 1976 nell’Ateneo "San Giovanni Evangelista" di Palermo, del quale è stato anche socio confondatore.
Conta al suo attivo diverse pubblicazioni di spiritualità e di agiografia francescana. La sua tesi di laurea "Maria Lorenza Longo e l'Opera del Divino Amore a Napoli" è riportata nei testi di storia per il contributo apportato alla conoscenza della riforma pretridentina a Napoli e in Italia.
Ha lavorato in varie parrocchie, nell'Azione Cattolica di Benevento e nell’Ordine Francescano Secolare a Napoli. Si è dedicato al ministero della Parola in mezzo al popolo e in modo particolare con Esercizi Spirituali e Ritiri al clero e ai religiosi. È stato membro del Consiglio Presbiterale e del Consiglio Pastorale Diocesano di Nola dal 1984 al 1989.
Nominato Arcivescovo-Prelato di Pompei il 13 ottobre 1990, è stato consacrato il 7 dicembre 1990, nel Santuario di Pompei. Dal 17 febbraio 2001 è Arcivescovo Emerito.
Nella notte tra la Domenica delle Palme e il Lunedì Santo, alle ore 1 Mons. Toppi si è congedato da noi per entrare nella vita senza fine della gloria di Dio, dopo anni di sofferenza accolta con gioia e offerta a Gesù per mezzo di Maria.
Il 7 dicembre 1990, giorno della sua ordinazione episcopale a Pompei, Mons. Toppi così salutava i sacerdoti convenuti nel santuario per partecipare al rito della sua investitura episcopale presieduta dal Card. Michele Giordano assieme a numerosi Vescovi e una grande folla di fedeli.
“L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore” (Lc 1, 46-47).  «L’anima di Maria sia nella mia anima perché magnifichi il Signore, lo spirito di Maria sia nel mio spirito perché esulti in Dio mio salvatore». E ancora «Vieni Vergine Maria ed eleva il cantico di lode al Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo per quanto ha operato in me, “guardando alla pochezza del suo servo” (cfr. Lc 1, 48)».
Segue una affettuosa litania di invocazioni alla Madre di Gesù e nostra, e nella quale ripercorre le tappe più significative della sua vita. È un grido di esultanza umile, accorata e commossa così come risulta dall’inno di ringraziamento e di lode di Maria SS.ma, nel Magnificat dopo che Elisabetta ha esaltato in Lei la benevolenza di Dio e ne ha riconosciuto, nell’esultanza dello Spirito Santo, la Madre del Signore (cfr. Lc 1, 46-55).
Poi segue il riferimento preciso a quello che per dieci anni sarà il popolo di Dio e il mondo d’amore donato alle sue cure pastorali. «Vieni o Madre e magnifica il Signore per tutte le componenti di questa Chiesa privilegiata di Pompei… per i più umili e nascosti, sofferenti, emarginati, poveri, anziani e alle strutture portanti di questa Chiesa: religiose, religiosi, sacerdoti che lavorano in questo splendido campo in cui vorrò spendere e consumare tutte le mie energie e tutto me stesso».
Nella “immaginetta-ricordo” della sua ordinazione episcopale ha scritto: “O Maria, ottienimi col tuo Rosario di contemplare, vivere e irradiare nel mondo intero il Mistero del Cristo Gesù”. E questo programma lo annuncia con chiarezza nel corso della sua allocuzione affermando:  «… mi propongo di presentare… il Vangelo compendiato nel Rosario, che il Beato Bartolo Longo incise nelle pietre di questo Santuario stupendo, incarnò nelle Opere di carità annesse, diffuse con un apostolato capillare a dimensioni cosmiche».
L’ansia missionaria e apostolica lo spinge a dire: «Il Concilio afferma che “con l’incarnazione, il Figlio di Dio si è unito in un certo modo ad ogni uomo (GS 22)”;  ottienici o Madre della Chiesa che noi Lo riconosciamo e Lo serviamo in ogni prossimo, specie nei fanciulli maternamente accolti e formati all’ombra del tuo Santuario».
Ma ciò che acquista uno spessore profetico e conserva il valore di un’assoluta attualità è un’invocazione particolare alla Madonna, quando, con totale fiducia e abbandono Le chiede:  «Vergine Santa, ti affido in modo particolare i sacerdoti, i religiosi, le suore: che siano testimoni della Risurrezione con la santità della vita e la fedeltà ai consigli evangelici. Annuncino, comunichino con la trasparenza della loro gioia la felicità di una vita consacrata in modo speciale all’amore di Dio e del prossimo e vi coinvolgano tanti, tanti giovani ».
Poi da quell’uomo umile e abbandonato alla divina volontà che è stato, quasi temendo di aver osato troppo, si chiede: «… il programma è troppo ambizioso? È sproporzionato alle mie capacità?» E risponde: «Senz’altro se guardo solo alle mie forze. Ma se lavoreremo tutti, in comunione, in dialogo fraterno, “se saremo uniti nel nome del Signore, il Signore sarà in mezzo a noi” (cfr. Mt 18,20), e allora non saremo più noi, ma sarà il Signore ad operare in noi e compirà meraviglie».
Infine, con la mente e il cuore reclinati sul cuore immacolato di Maria, invoca la Madre di Gesù e nostra con questa invocazione: «Maria, Serva del Signore, appaga questa mia ambizione: imitarti soprattutto nel servire e nell’amare come te!».
Ma la Chiesa che è in Pompei lo ha capito?
È riuscita a collaborare con un programma di fede così profondo, eucaristico e mariano, così umile, disponibile, oblativo e perseverante nelle opere dell’amore proveniente dal cuore di Gesù e di Maria come una fontana cristallina, inesauribile, zampillante?
Ognuno veda di rispondere davanti a Dio!
A me che l’ho conosciuto, ultimo in ordine di tempo, lascia la profonda convinzione di aver incontrato un vero uomo di Dio, silenzioso, contemplativo, spesso immerso in preghiera e che ha amato intensamente Gesù Risorto, vivo e presente nell’Eucaristia. Questo autentico servo di Dio era totalmente consacrato a Cristo Signore con lo stesso spirito di amore che è nel cuore della Vergine SS.ma, alla quale si rivolgeva con l’abbandono di un bimbo nelle braccia della mamma, attraverso la preghiera del S. Rosario, la “catena dolce che ci unisce a Dio, il vincolo d’amore che ci unisce agli angeli” (cfr. Beato Bartolo Longo).
Così vogliamo ricordarlo con affetto profondo come ho scritto al popolo di Dio che è in Pompei e ai tre milioni di pellegrini sparsi nel mondo.
Gesù, Redentore dell’uomo, che Mons. Toppi contemplava nel silenzio orante delle lunghe ore dell’adorazione eucaristica e la Vergine SS.ma, Madre del suo e nostro “Sì” alla divina volontà, lo accolgano nella gioia senza fine del Paradiso. Da parte nostra accogliamo con gioia le sue spoglie mortali – fino al giorno della Risurrezione – sotto il trono della Vergine SS.ma nella cripta di questa Basilica, accanto alla Madre di Gesù che amò tenerissimamente.
Pompei, 3 aprile 2007
+ Mons. Carlo Liberati
Vescovo-Prelato e Delegato Pontificio per il Santuario di Pompei

L’Arcivescovo Toppi. Dal Chiostro alla Cattedra
Un figlio di San Francesco a Pompei

Proveniente da una florida famiglia di agricoltori di Brusciano (NA), ha coperto cariche direttive nell’Ordine Cappuccino, è stato predicatore popolare ed è esperto in storia ecclesiastica.
Il nuovo Delegato Pontificio. Mons. Francesco Saverio Toppi, si presenta invariabilmente come un semplice fraticello alla buona, capace di stare a sentire con pazienza e compartecipazione i discorsi delle vecchiette che accorrono agli innumerevoli tridui, novene, ritiri ed esercizi spirituali che egli predica a gruppi e popolazioni di ogni regione. Ma dietro quella semplicità e quella mitezza a prova di bomba c’è una personalità che è familiare agli archivi polverosi ed alle biblioteche solenni di Roma, Napoli, Nola, le altre località nelle quali ha trascorso i periodi più lunghi e fruttuosi della sua vita. Si è laureato in Storia ecclesiastica alla Pont. Università Gregoriana nel 1951 con uno studio su documenti inediti relativi alla spiritualità napoletana nell’epoca immediatamente anteriore al Concilio di Trento.
Ha anche conseguito il diploma in biblioteconomia ed archivista presso la scuola omonima annessa alla Biblioteca Vaticana (1950), cosicché ha le carte perfettamente in regola per frequentare in piena dignità ambienti di alta cultura.
E in verità negli anni immediatamente posteriori alla laurea si dedicò all’insegnamento della storia della storia nello studentato cappuccino napoletano di S. Eframo Vecchio, a quattro passi dalla Piazza Carlo III.
Insegnò pure nei diversi livelli dell’Ordine cappuccino, intercalando l’attività culturale con quella formativa a Nola, Napoli, Arienzo, Benevento. A Palermo insegnò a quello che divenne poi l’Ateneo S. Giovanni Evangelista, di cui fu confondatore.

Una vocazione popolare

Le predilezioni di Mons. Toppi sono però sempre andate al popolo; non c’è parrocchia in Campania, soprattutto nella provincia di Napoli, che non lo abbia avuto entusiasta animatore spirituale nel corso di preparazione di festività liturgiche.
La sua voce tenorile, riscaldata da un entusiasmo sacro originato da doni interiori la cui presenza viene
percepita agevolmente dagli ascoltatori, riempiva gli spazi di chiese grandi e piccole, e suscitava negli animi una pace ed una disponibilità all’azione dello Spirito che si diffondeva ovunque.
Parlava con abbondanza di eloquio, e non si ripeteva mai, tant’è vero che in molte comunità l’hanno chiamato per molti anni consecutivi, soffrendo allorché sopravvenuti impegni gli impedivano di continuare ancora a recarvisi.
L’arcivescovo di Pompei è nato a Brusciano Napoli) il 26 giugno 1925, da una famiglia di agricoltori ricca di spirito religioso, di figli, ed anche do risorse economiche, derivate dal duro lavoro di un terreno di sua proprietà, lungo la Via Padula.
La pratica religiosa è stata fervida e costante, e prosegue intatta anche presso le giovani leve.
Dopo le scuole elementari Vincenzino, come si chiamava prima di prendere il nome di Francesco Saverio alla professione religiosa, entrò fra i Cappuccini e compì gli studi di filosofici e teologici negli studentati dell’Ordine ad Avellino ed a Nola. Fu ordinato sacerdote a Nola da Mons. Michele Raffaele Camerlengo il 29 giugno 1948. Si è dedicato alla predicazione di esercizi spirituali a religiose e suore in tutte le regioni: allorché il 13 ottobre venne comunicato al P. Superiore di S. Efrasmo Vecchio la sua elezione episcopale, si trovava a Lucca appunto per un corso di esercizi, e diversi altri erano già previsti nel Trentino, in Lombardia, in Toscana, e ovviamente in Campania.

La carriera francescana

Negli anni 1956-1959 Mons. Toppi fu eletto definitore, cioè consigliere provinciale, mentre proseguiva nell’insegnamento di storia della Chiesa e copriva la carica di Commissario provinciale per il Terz’Ordine francescano, che attualmente ha il nome di Ordine Francescano Secolare. A partire da questo momento egli proseguì sempre nell’ascesa gerarchica. Dal 1959 al 1968 fu ripetutamente eletto Provinciale della provincia monastica napoletana. Da superiore provinciale aprì una missione in Brasile, nel sud dello Stato di Bahìa, che attualmente è già Vice-Provincia. Ebbe poi tre anni di pausa, ma si trattava di una pausa relativa, perché affollata d’insegnamento, predicazione, studio.
Nel 1971 il superiore generale e il suo consiglio lo nominarono Superiore Provinciale della provincia cappuccina di Palermo, che attraversava un periodo irto di difficoltà. È facile comprendere che farsi accettare venendo imposto dall’esterno, non fu una cosa facile. Se si pensa poi alle difficoltà obiettive esterne all’Ordine, presenti nell’ambito siciliano, non è arduo farsi un’idea delle dure giornate vissute.
Il P. Francesco Saverio teme Dio, ma, come diceva quello scrittore, non teme nessun altro, proprio perché teme molto Dio. Per non portarla a lungo, dirò solo che allo scadere del triennio di precetto, quando i delegati della provincia palermitana si radunarono per eleggere il suo successore, elessero lui quasi all’unanimità.
Così restò in Sicilia per altri due anni, fino cioè al 1976. Il suo sorriso disarmante, la sua semplicità a tutta prova, la sua austerità di vita, avevano vinto ogni riserva.
Nel corso della permanenza in Sicilia ebbe ripetuti contatti con la Chiesa greca nell’intento di favorire il dialogo ecumenico; s’interessò anche dei problemi dell’America Latina, particolarmente con la Colombia. Non aveva ancora smesso la carica palermitana, che a Roma si radunava il Capitolo generale dei Cappuccini; superiore generale fu eletto lo svizzero P. Riwalski, e il P. Toppi fu eletto definitore, cioè consigliere generale per il sessennio 1976-1982.
Ebbe l’incarico specifico di visitatore di dodici provincie monastiche italiane e di alcune missioni in Africa, particolarmente quelle di Capo Verde, dello Zaire e del Centroafrica, dove si recò personalmente, facendo un’esperienza missionaria della quale ha parlato sempre con un entusiasmo particolare.
Nella pastorale diocesana ha lavorato a Benevento dal 1952 al 1955 nell’Azione cattolica, suscitando numerose vocazioni religiose e sacerdotali, con una certa predilezione per quelle della clausura femminile. A Nola per un quinquennio fu membro del consiglio pastorale diocesano e del consiglio presbiterale.

A Pompei

Pompei è il luogo privilegiato del Rosario, e tradizionalmente questa preghiera vien fatta risalire a san Domenico e ai domenicani: in proposito Bartolo Longo ha scritto pagine di una bellezza proverbiale. Lo spirito domenicano lo si respira ovunque, e le splendide figure della cupola del santuario ne scandiscono uno dei momenti più eloquenti. Ma a Pompei nessuna spiritualità è esclusiva.
Il Convegno storico celebrato nel 1982 al riguardo ha offerto informazioni documentate di grandissima importanza. Bartolo Longo in questo senso fu veramente enciclopedico: stabilì rapporti e collaborazioni con gli Scolopi, i Fratelli delle Scuole Cristiane, i Gesuiti, i Redentoristi, più volentieri chiamati Liguorini, e tanti altri.
Lo spirito francescano è poi presente nel magistero e nella santità del P. Ludovico da Casoria, che fu un vero padre ed ispiratore dell’Opera pompeiana sotto ogni punto di vista, particolarmente in rapporto alla creazione della tipografia e dell’attività lavorativa in genere della gioventù accolta nel Santuario. Parlando idealmente, possiamo anzi dire che il P. Ludovico, maestro della santità napoletana dell’Ottocento, ha atteso il nuovo Arcivescovo all’ingresso del Santuario, e lo ha condotto per mano fino all’altare maggiore per insediarvelo, speriamo per lunghi anni.
Una seconda benedetta ondata di francescanesimo si verificò allorché negli anni 10 a Pompei venne in pellegrinaggio il giovane conventuale Massimiliano Kolbe, l’eroico martire di Auschwitz. Ma non possiamo dimenticare anche gli altri religiosi che nel corso del tempo hanno fatto corona al trono di Maria: i Passionisti, recentemente gli Orionini, e ancora tanti altri presenti in vario modo.
I rapporti di Mons. Toppi con il santuario di Pompei, già prima della sua nomina, sono stati particolarmente intensi. Egli ama ricordare che la sua prima giornata sacerdotale, il 30 giugno del 1948, la visse interamente a Pompei celebrando la Prima Santa Messa all’altare della Madonna. È tornato a Pompei innumerevoli volte, specie nelle tappe più importanti della sua vita e del suo ministero. Ha predicato due Corsi di esercizi spirituali, uno alle Suore e un altro al Clero della Prelatura nel 1986; dal 1987 al 1989 ha tenuto Ritiri Mensili al Clero di Pompei. Il suo "ritorno" definitivo nella città di Maria è dunque quella di un fratello da lungo tempo atteso.
La sua formazione alla sequela del Poverello e la sua attività multiforme e perseverante, ce lo auguriamo, porteranno all’ombra della Madonna del Rosario uno spirito in cui cultura e vita spirituale, zelo pastorale e abitudine all’accoglienza, sotto tutti i punti di vista, compiranno un felice connubio.
Foto in alto: Il sindaco di Pompei, il dr. Giuseppe Tucci, offre le chiavi della città e porge il benvenuto al nuovo Arcivescovo di Pompei.


La Nomina
Buon Pastore, Maestro saggio, Direttore prudente, Padre benvoluto.

Il Papa invita Mons. Toppi ad esercitare secondo queste indicazioni il suo ministero episcopale. Del nuovo Arcivescovo sono peraltro riconosciute le doti di mente e di cuore, la dottrina, la pietà, la prudenza e la perizia pastorale.

GIOVANNI PAOLO II
VESCOVO
Servo dei servi di Dio

Al diletto Figlio Francesco Saverio Toppi dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, eletto Ordinario di Pompei e Delegato Pontificio del Santuario della Beatissima Vergine Maria del Santissimo Rosario in Valle di Pompei, insignito nello stesso tempo della sacra Autorità Arcivescovile, a Lui il nostro saluto ed Apostolica Benedizione.
Dopo la rinuncia del nostro Venerabile Fratello Domenico Vacchiano, era necessario che venisse eletto un nuovo Prelato: che fosse Ordinario di Pompei e Delegato Pontificio del medesimo e tanto celebre Santuario.
Pertanto, ben conoscendo, Noi, le tue doti di mente e di cuore, specialmente la dottrina larga e profonda, la pietà, la prudenza, la grande perizia pastorale, Ti nominiamo Prelato e Pastore del
territorio della Prelatura Pompeiana, e, nello stesso tempo, Delegato Pontificio del Santuario della Beatissima Vergine Maria del Santissimo Rosario di Pompei. Completiamo aggiungendo la sacra dignità di Arcivescovo con quei diritti e doveri che tali insegne comportano.
Prima che Ti venga conferita tale dignità, sarà tuo dovere fare la professione di Fede a Noi e ai nostri successori alla presenza di Sua Eminenza Reverendissima il Cardinale Protodiacono secondo che prescrivono le formule della Chiesa.
Inoltre crediamo opportuno raccomandare di far conoscere quanto abbiamo detto nella lettera: sia al Clero che al popolo della Prelatura. Ed intanto esortiamo questi dilettissimi figli che si sentano legati al Pastore con vero spirito di carità, di unità, di obbedienza. Infine, diletto Figlio e Prelato di Pompei, vivamente e con sicura fiducia raccomandiamo la vita di questo Santuario, tanto caro ai nostri Predecessori ed anche a Noi, assieme alle Opere annesse di carità, perché propizia ci guarda dal cielo la Vergine Maria.
Fiducioso anche Tu del suo valido aiuto, sii anche Tu il buon Pastore, il Maestro saggio, il Direttore prudente, il Padre da tutti benvoluto, e, come Bartolo Longo, il discepolo e il propagandista di quel Rosario, che è il "compendio del vangelo", la "catena dolce e il vincolo d’amore che ci unisce agli angeli"; meditandone i santi misteri ci sentiamo ogni giorno spinti a seguire gli esempi della Vergine di Nazaret.
Essa, che mostra a tutti gli uomini Gesù Cristo, Frutto del suo seno, e Redentore del mondo. Essa è la via più sicura che conduce tutti a Dio: Egli che è il primo e l’ultimo, il principio e la fine, bene infinito e incommensurabile.

Dato a Roma, in San Pietro il 13 ottobre 1990, dodicesimo del Nostro Pontificato.

Nella Foto: Interno del Santuario. Entrando in Basilica, Monsignor Francesco Saverio Toppi, accompagnato da Monsignor Baldassarre Cuomo, sosta in preghiera davanti all’altare della Madonna.


Il Programma
Un messaggio trasfigurato in preghiera

La prima "Lettera Pastorale"
Al termine dell’ordinazione episcopale e dell’insediamento ufficiale, Mons. Francesco Saverio Toppi, nuovo Arcivescovo di Pompei, si è presentato ai suoi figli con questo programma-preghiera.
"L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore" (Lc 1, 46 1). L’anima di Maria sia nella mia anima perché magnifichi il Signore, lo spirito di Maria sia nel mio spirito perché esulti in Dio mio Salvatore.
È questa la voce autentica che interpreta e canta il senso dell’evento liturgico ora celebrato: la consacrazione episcopale e l’inizio del ministero pastorale del nuovo Prelato di Pompei.
Vieni, Vergine Maria, ed eleva il cantico di lode al Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo per quanto ha operato in me, "guardando alla pochezza del suo servo" (Lc 1, 48).
Vieni, o Maria, e magnifica il Signore per quanto ha operato in me già nella scuola materna attraverso le Suore e poi l’Azione Cattolica della mia parrocchia di S. Maria delle Grazie, in Brusciano, ove sbocciarono i primi germi della mia vocazione religiosa e sacerdotale.
Vieni, o Maria, e magnifica il Signore per la mia famiglia naturale, ambiente sano e saturo di fede: per mio padre, soprattutto, che difese la mia vocazione e la libertà della mia scelta contro le insistenze di una influente maestra che mi voleva dirottare per altre strade.
Vieni, o Maria, e magnifica il Signore per il mio Ordine dei Frati Minori Cappuccini, dal quale ho ricevuto tutto quello che ho e che sono, nella formazione intellettuale, spirituale e apostolica. Ci sono qui tanti confratelli: i 24 Ministri Provinciali d’Italia, lo stesso Ministro Generale, Rev.mo P. Flavio Roberto Carraro. A tutti il mio ringraziamento affettuoso e la preghiera di ritenermi sempre un fratello presente in mezzo a loro.
Vieni, o Maria, e magnifica il Signore per tutte le categorie di fedeli qui presenti, dalle Autorità civili e militari ai Cavalieri del S. Sepolcro, dall’Azione Cattolica all’ordine francescano secolare, ai vari Movimenti Ecclesiali. A tutti il mio grazie e l’invito a lavorare insieme per il regno di Dio.

Vieni, o Maria, e magnifica il Signore per gli Ecc. mi Vescovi che sacrificando i loro impegni sono venuti a impormi le mani e a invocare su di me lo Spirito Santo.
Vieni, o Maria, e ricompensa in modo particolare Colui che per 12 anni ha guidato con zelo, con semplicità, sacrificio e realizzazioni storiche come la visita del Papa e la Beatificazione di Bartolo Longo, questa tua Chiesa di Pompei, Mons. Domenico Vacchiano, mio venerato predecessore.
Vieni, o Maria, e ricolma dei doni dello Spirito Paraclito l’Em.mo Cardinale Michele Giordano, Arcivescovo Metropolita di Napoli, e rendilo segno efficace della comunione ecclesiale nella regione Campania.
Vieni, o Maria, e magnifica il Signore per Sua Eminenza il Signor Cardinale Opilio Rossi, presidente della Commissione Cardinalizia per i Santuari di Loreto, Bari e Pompei, e donagli di mediare con il suo ministero un vincolo sempre più stretto e operante del nostro Santuario con la Sede di Pietro.
Vieni, o Madre, e magnifica il Signore per tutte le componenti di questa Chiesa privilegiata di Pompei, cominciando dai più umili e nascosti: sofferenti, emarginati, poveri, anziani fino a coloro che ne sono le strutture portanti: religiose, religiosi, sacerdoti che lavorano in questo splendido campo in cui vorrò spendere e consumare tutte le mie energie e tutto me stesso.
Vieni ed eleva il cantico di lode al Padre per tutti i fratelli e sorelle che mi hanno fatto del bene, dici loro il mio grazie. Tu non dimentichi alcuno, come potrebbe succedere a me, e a tutti e a ciascuno ottieni la ricompensa dal Signore.
Vieni e trasforma in supplica efficace il programma che con fiducia depongo nelle tue mani e con solenne impegno annuncio alla presenza del Popolo di Dio, qui rappresentato in tutte le sue componenti.
Che tutto in me, tutto nella mia vita, nella mia attività pastorale, nella mia preghiera, nella mia sofferenza sia finalizzato alla gloria del Padre e al servizio dei fratelli.

Il primato della Parola

Dico oggi e dirò sempre con te, Vergine dell’ascolto: "Eccomi, sono il servo del Signore, si faccia di me secondo la tua parola" (Lc 1, 38).
E intendo proclamare così il primato della Parola, della catechesi, della evangelizzazione nella vita e nel culto, nelle opere sociali e nella pietà popolare.
Maria, Vergine orante, insegnami, insegnaci ad accogliere, a meditare, ad assimilare la Parola di Dio!
Ho scritto nell’immaginetta-ricordo:
"O Maria,
ottienimi col tuo Rosario
di contemplare, vivere
e irradiare nel mondo intero
il Mistero del Cristo Gesù".
È il programma che mi impongo di svolgere: è il Vangelo compendiato nel Rosario, che il Beato Bartolo Longo incise nelle pietre di questo Santuario stupendo, incarnò nelle opere di carità annesse, diffuse con un apostolato capillare e dimensioni cosmiche.
Ottienimi, ottienici, o Maria, di proseguire in questa strada, di percorrerla sino in fondo, di trarne tutte le conseguenze salvifiche, per realizzare il progetto del Padre su questa Chiesa privilegiata di Pompei.
Come Gesù è per il Padre, così tu, Vergine Maria, sei per Gesù: tu vuoi darci Gesù, e noi da te non vogliamo altro che Gesù: conoscerlo, amarlo, viverlo, comunicarlo col nostro apostolato, affinché tutti, proprio tutti Lo conoscano, Lo amino, Lo accolgano come Fratello, Amico, Maestro, Salvatore, Amore!
Maria, Vergine del santissimo Rosario, in virtù dei Misteri Gaudiosi, compi l’opera tua specifica: metti Gesù nei nostri cuori, e metti Gesù in mezzo a noi, fa’ che noi vediamo e amiamo Gesù l’uno nell’altro e in Lui siamo fratelli.
Il Concilio afferma che "con l’Incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo" (GS 22); ottienici, Madre della Chiesa, che noi Lo riconosciamo e Lo serviamo in ogni prossimo, specie nei fanciulli maternamente accolti e formati all’ombra del tuo Santuario.

La vita eucaristica

Gesù in ogni prossimo, Gesù in mezzo a noi, Gesù soprattutto nell’Eucarestia, che vorremmo esporre all’adorazione quotidiana, perché intorno a Lui viva e fiorisca la Chiesa e in Lui si realizzi l’ideale supremo: "Io in essi e Tu in Me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo sappia che Tu mi hai mandato e hai amato loro come hai amato me" (Gv 17, 23).
Maria, Vergine del santissimo Rosario, in virtù dei Misteri Dolorosi, guidaci nella lotta contro il peccato "che crocifigge di nuovo il Figlio di Dio e lo espone all’ignominia" (Eb 6, 6).
Mandaci apostoli sempre più zelanti e sufficienti per il delicato ministero del sacramento della riconciliazione.
Madre addolorata, con la grazia della Croce, vieni incontro a quanti ti invocano nelle necessità e nelle pene della vita; sono le moltitudini sterminate dei tuoi devoti che vengono a te da ogni parte del mondo. Mamma, consola i tuoi figli e a tutti insegna a valorizzare la sofferenza, unendola attraverso il Sacrificio Eucaristico al Mistero Pasquale del Signore Gesù.
O Maria, "associata con animo materno alla Passione del Cristo" (LG 58), fa’ che noi condividiamo con solidarietà fattiva i problemi dei fratelli poveri, emarginati e oppressi, e a tutti portiamo la pace e la salvezza che sgorgano dal Cuore squarciato di Gesù cristo.
Maria, Vergine del santissimo Rosario, in virtù dei Misteri Gloriosi, richiamaci al fine ultimo della nostra esistenza: la Vita eterne, beata in Dio, il Paradiso. Che tutti, tutti i tuoi figli si salvino, siano felici in eterno con te! A tale scopo prendimi nelle tue mani, "chiudimi nel tuo Cuore – come ti pregai nell’ordinazione sacerdotale – e trasformami in Gesù Sacerdote e Ostia", Pastore che dà la vita per il suo gregge.
Lo sai, mia Madre e Signora, la mia aspirazione è di immolarmi con Gesù, come Gesù, perché tutti l’abbiano la Vita e l’abbiano in abbondanza" (Gv 10, 10).
Vergine Santa, ti affido in modo particolare i sacerdoti, i religiosi, le suore: che siano testimoni della Risurrezione con la santità della vita e la fedeltà ai consigli evangelici. Annuncino, comunichino con la trasparenza della loro gioia la felicità di una vita consacrata in modo speciale all’amore di Dio e del prossimo e vi coinvolgano tanti, tanti giovani.
O Maria, resta con noi come la Chiesa nascente nel Cenacolo e attira con il tuo Rosario un’effusione abbondante dello Spirito sulle famiglie, sulle varie categorie sociali, sui gruppi ecclesiali, sull’Azione Cattolica, su tutto il laicato, perché tutti si sentano Chiesa e s’impegnino nell’animazione cristiana del mondo.
Ecco di scorcio il programma in chiave di preghiera. È troppo ambizioso? È sproporzionato alle mie capacità? Senz’altro, se guardo solo alle mie forze. Ma se lavoreremo tutti insieme, in comunione, in dialogo fraterno, "se saremo uniti nel nome del Signore, il Signore sarà in mezzo a noi" (Mt 18, 20), e allora non saremo più noi, ma sarà il Signore ad operare in noi e compirà meraviglie.
E infine a te, Vergine Maria, porgo la preghiera più cara e più intima: col tuo calore di Mamma rendi la Chiesa di Pompei una famiglia affiatata, unita, riflesso della Famiglia Trinitaria, copia della Famiglia di Nazareth. Sull’esempio della prima comunità cristiana, che noi "tutti abbiamo un cuor solo e un’anima sola" (At 4,32), e che io sia sempre più un figlio di San Francesco e cioè un vero "frate minore". Maria, presentami tu a ciascuno dei tuoi figli e miei fratelli e sussurragli dolcemente all’orecchio: "Vedi il tuo Prelato? È tuo fratello ed è – minore -, cioè al tuo servizio, tuo servo.
Accostalo con fiducia, disponi di lui secondo i tuoi bisogni".
Maria, Serva del Signore, appaga questa mia ambizione: imitarti soprattutto nel servire e nell’amare come te.
Credo nella tua tenerezza di Mamma per me e per ciascuno dei miei fratelli, ti chiedo d’insegnarmi a trasmetterla con la dolcezza e l’umiltà del cuore (LG 65), formami sul modello del Buon Pastore coi doni dello Spirito, "a lode della gloria del Padre" (Ef 1, 12), per la gioia dei fratelli.
Mi aspetto tutto da te… Mamma, pensaci tu!
Ti grido il mio motto che non è di oggi, ma di sempre: Madre mia, Fiducia mia! Madre mia, Fiducia mia!

                                             † FRANCESCO SAVERIO O.F.M. CAP.
                                                     ARCIVESCOVO PRELATO

Francesco Saverio Toppi: il nuovo Arcivescovo di Pompei

Il 7 dicembre 1991 Pompei ha acclamato festosamente il nuovo rappresentante del Papa: Padre Francesco Saverio Toppi, Cappuccino. "Altissimo onnipotente bon Signore tue so’ le laude la gloria l’honore et omne benedictione".
Questo canto del suo Francesco sarà sicuramente affiorato alla mente del primo Prelato dell’Ordine dei Frati Cappuccini a Pompei nel momento in cui scendeva dalla vettura e metteva piede sul rosso tappeto disteso all’ingresso della basilica pontificia, mentre dal campanile monumentale si diffondeva il fragore armonioso delle campane, il picchetto d’onore si
irrigidiva sull’attenti, gli squilli delle trombe richiamavano i presenti al dovuto omaggio e la folla delle autorità assiepata sotto il portico applaudiva.
Erano le ore 16 in punto quando il sindaco dott. Giuseppe Tucci, a nome dei cittadini di Pompei, Gli rivolgeva il saluto ufficiale e Gli faceva simbolico omaggio di sottomissione con la consegna delle chiavi della città. Seguiva l’abbraccio di benvenuto in questo lembo di territorio vaticano da parte di S. Em.za il Cardinale Opilio Rossi, Presidente della Commissione cardinalizia per il santuario di Pompei e di Mons. Domenico Vacchiano, Prelato uscente; ed erano le note solenni dell’inno pontificio del Gounod, suonato dalla Banda dell’Istituto Bartolo Longo, che significativamente ne accompagnavano i gesti. Si entrava poi nella basilica dove attendeva una folla strabocchevole convenuta da tutte le zone dove Padre Toppi aveva esercitato il suo ministero apostolico.

Erano fedeli di Brusciano, suo paese natale, di Nola, di Benevento, di Salerno, di Napoli. Si distinguevano una schiera innumerevole di suoi Confratelli convenuti per l’occasione, quasi come una chiamata a raccolta della formidabile "chiesa particolare cappuccina", stretta con tutti i 24 Ministri Provinciali d’Italia ed il Ministro Generale dell’Ordine, Padre Flavio Roberto Carraro attorno al loro Fratello, eletto a successore degli Apostoli, a guida della Chiesa pompeiana, a custode del grandioso santuario mariano della Madonna del S. Rosario. Dopo poco aveva iniziato il rito della Ordinazione Episcopale; Consacrante, per delega pontificia, Sua Em.za Rev.ma il Cardinale Michele Giordano, Arcivescovo Metropolita di Napoli, assistito dalle Ecc.ze Rev.me Mons. Felice Cece, Vescovo di Sorrento-Castellammare e Mons. Domenico Vacchiano, Arcivescovo Prelato di Pompei.
Il rito si svolgeva in tutta la solenne maestà che la liturgia prescrive e con ammirabile precisione dovuta agli esperti cerimonieri Mons. Salvatore Esposito e Mons. Giuseppe Rendina. Troppo lungo sarebbe se
volessimo riferire minutamente quanto è avvenuto durante la cerimonia. Certo è che non si è trattato di celebrazione coreografica superficiale, pomposa ed esteriore.
La bellezza del rito, reso ancor più solenne dalla partecipazione corale di tutti gli Ecc.mi Vescovi della Campania, dal Nunzio Apostolico in Italia Mons. Luigi Poggi e da tutti i sacerdoti del Santuario, ha di certo attirato l’attenzione, ma è stato il loro profondo significato provocare la partecipazione intensa ed a tratti commossa di tutta l’assemblea. Ciò si è chiaramente percepito fin dai primi momenti, quando, con parole appropriate Mons. Baldassarre Cuomo, Vicario diocesano, dava il benvenuto della Chiesa pompeiana al nuovo Prelato sottolineando opportunamente come Dio, per fare grandi cose, si serve degli umili: di Maria, umile donna di Galilea; di un’umile tela "con pochi colori, - ma più che una perla – d’immenso valore"; di Pompei stessa, terra umile e desolata prima che Bartolo Longo vi approdasse e ne cambiasse il destino.
Ora è un’umile figlio di S. Francesco – egli ha proseguito – che ha fatto della povertà e dell’umiltà, come vogliono le Regole del suo Ordine, l’ambizione principale della sua vita "pauper servus et humilis", che nulla attribuisce a sé "Signore tue so’ le laude, la gloria, l’honore et omne benedictione…".
Un umile seguace del poverello di Assisi viene a prendere pèossesso di questa Prelatura, territorio di poche migliaia di metri quadrati, ma che spiritualmente sconfina nel mondo intero, è Pompei "parrocchia del mondo" per l’universalità della devozione al S. Rosario che saluta il suo nuovo Prelato. Ricordiamo altri momenti particolarmente toccanti: "le interrogazioni", proprio così.
Dopo l’invocazione allo Spirito Santo il rito prescrivere una serie di domande riguardanti la volontà dell’eletto di custodire la fede e di compiere "fino alla morte" il proprio ministero. "Sì, lo voglio".
Questa risposta ripetuta più volte con voce sicura e quasi con fierezza, ha come ingigantito gli occhi dei presenti la figura piuttosto minuta di Mons. Toppi, solo al centro del grande presbiterio ed al cospetto di quella numerosa assise di celebranti.
L’invocazione dei Santi con l’Eletto prostrato a terra, significante l’unione esistente tra la chiesa pellegrina nella storia del tempo con la chiesa celeste, precedeva la imposizione delle mani, la solenne preghiera corale fatta da tutti i Vescovi concelebranti, l’unzione col sacro crisma, la consegna del Vangelo, dell’anello, della mitra e del pastorale. Si completava in questo modo, anche nei segni esteriori, la cerimonia. Sua Em.za il Card. Giordano faceva sedere sulla cattedra il neo consacrato e dichiarava solennemente: "Francesco Saverio Toppi è Vescovo!".
Un interminabile applauso accoglieva queste parole mentre la schola cantorum, composta dal Coro Pompeiano, dai Pueri cantores, della basilica e dalle Novizie delle Suore del Santuario e diretta da Don Franco di Fuccia eseguiva l’ "Ecce Sacerdos" di P. Enrico Buondonno ed altre musiche composte espressamente per questa occasione del Maestro Matteo Iannone, organista del santuario. Tenore solista: Francesco Federico.
L’atto finale prevedeva la lettura della Lettera Apostolica indirizzata dal Papa al nuovo eletto per l’inizio del suo ministero pastorale a Pompei. Se ne è incaricato il cancelliere della diocesi. Mons. Giovanni Botta.
Coronava e terminava la celebrazione l’intervento del neo Arcivescovo.
Egli, nel suo primo messaggio, redatto in forma di preghiera alla Vergine, ci ha aperto uno spiraglio della Sua anima, facendoci intravedere il piano decisamente mariano di quella che dovrà essere la Sua linea pastorale a Pompei e lo spirito di cui vuole riempirla, svilupparla, viverne a farne vivere gli aspetti e le attuazioni.
Tutte queste cose sentite ed attentamente annotate, portiamo nel cuore e nella mente, mentre esprimiamo fervidi voti augurali a Mons. Francesco Saverio Toppi, Arcivescovo e sesto Prelato di Pompei.

Ecco il testo del saluto ufficiale rivolto al nuovo Arcivescovo a nome di tutta la Chiesa locale di Pompei.

Eccellenza Reverendissima,
la Chiesa di Pompei saluta in Vostra Eccellenza il novello Pastore, che, sesto Vescovo della terra di Maria, giunge oggi tra noi da mite figlio di S. Francesco. È festa di famiglia ed è festa della Chiesa
intera, festa dei numerosissimi devoti della Madonna sparsi in tutto il mondo.
Il suono delle campane, i canti, gli applausi sono la risonanza esterna del mistero che sta per compiersi nella Persona di Vostra Eccellenza, eletta a successore degli Apostoli, unto del Signore, Pontefice della speranza del popolo di Dio.
Guarda all’umile fraticello Gesù, Sommo ed Eterno Sacerdote; lo guarda la Madre Divina, protagonista della prodigiosa storia della Valle di Pompei.
Lo guarda il Beato Bartolo Longo, che freme di mai spenta giovinezza mentre si accinge a deporre nelle mani di Vostra Eccellenza il suo munus paternitatis della grande famiglia che radunò nella terra di Pompei.
La Chiesa Pompeiana è particolarmente felice perché vede intorno alla Persona di Vostra Eccellenza un triplice riflesso di quella grande virtù che, ripudiata dal mondo, è invece il fiore all’occhiello delle opere di Dio: l’umiltà.
L’umiltà di Maria, l’umiltà di Francesco, l’umiltà di questa terra che fu Valle desolata. Maria, Regina dell’universo, ha fatto a Pompei la scelta degli ultimi, e al servizio dei più poveri ha posto la sua regalità.
Francesco, affascinato sposo di "Madonna Povertà", da oltre 50 anni riveste Vostra Eccellenza del suo saio.
La Valle di Pompei, oggi opulenta, non potrà mai dimenticare un passato di desolazione e di morte.
Qui, a questa terra più volte colpita dalla tragedia e ancora, nella seconda metà del secolo scorso, ben lungi da ogni possibile decollo sociale, approdò un uomo che, dopo le tristissime esperienze di un naufragio spirituale, si incamminava, umile pellegrino, nelle vie del Signore per ricuperare gli anni perduti.
Egli non pensava che in questa Valle la Provvidenza Divina gli "tendeva la rete per farne un santo e un fondatore".
Qui la consapevolezza delle passate colpe, un bisogno struggente ma ancora indefinito di Dio, e la paura di perdersi eternamente lo riducono alle soglie della disperazione.
Ma all’uomo prostrato parla il cielo: "Se vuoi la salvezza, propaga il Rosario! È promessa di Maria!...".
La risposta non è un semplice "sì", ma un grido che si ripercuote nel silenzio della Valle come il ruggito di un leone nella foresta.
Egli si ritrova in ginocchio sul suolo campestre nella Valle di Pompei a pregare.
È nato in lui il più singolare apostolo del Rosario, il servo dei poveri, l’evangelizzatore dei dotti e degli umili.
Il prodigio gli fiorirà intorno anche quando verranno i giorni amari della tribolazione per le calunnie dei disillusi, mentre lo sguardo di uomo di pensiero e di azione si lascia rapire dalla contemplazione del mistero di Cristo alla scuola di Maria.
Prodigio una grande chiesa in un villaggio abbandonato; prodigio il simultaneo inginocchiarsi di milioni di cristiani in tutto il mondo all’ora della Supplica; prodigio la universale carità che spontaneamente si accolla il sostegno della vasta famiglia sorta dal dolore in Pompei; prodigio il levarsi in piedi d’improvviso di ammalati costretti da anni all’immobilità; prodigio la conversione di chi qua viene a riconciliarsi con Dio dopo le tristezze dell’ostinazione nella colpa.
La Madre Divina non soltanto mantiene la promessa, ma regalmente sovrabbonda nel donare, di fronte allo sguardo mai pago di stupore del suo Servo, Eccellenza, questa eredità il Beato Bartolo Longo pone nelle Sue mani come ha fatto con i Suoi ottimi Predecessori, ultimo nel tempo l’Eccellentissimo
Arcivescovo Domenico Vacchiano, rampollo autentico della famiglia pompeiana perché figlio di un’orfanella accolta personalmente dal Fondatore.
In questa eredità voglia vedere tutto il popolo pompeiano, anzitutto i Sacerdoti, poi i Religiosi, le Vergine Consacrate, figlie dilette del Fondatore (rarissimo esempio di Congregazione fondata da un laico!), gli alunni e le alunne delle Opere, le Comunità Parrocchiali con relative Associazioni, i gruppi ecclesiali: in una parola tutti.
Uno sguardo paterno anche ai tantissimi fedeli che quotidianamente da lontano vengono a venerare la Madonna o sostengono con la carità le Opere del Fondatore.
Voglia guardarci con l’occhio del Padre per promuovere le buone intenzioni e perdonare i difetti.
Ci benedica con la forza della Speranza e col calore della Carità pastorale nel momento in cui diventa di fronte a tutto il Suo popolo l’unto del Signore.

(Autore: Rodolfo Meoli)

Le opere pubblicate dall’Arcivescovo Mons. Toppi
* Maria Lorenza Longo e l’Opera del Divino Amore a Napoli, "Collectanea franciscana", anno 23, 1953, n. 1-4, pp. 80. Pubblicato anche in estratto.
* I fioretti di Fra Geremia, Napoli, 1963, pp. 64.
* Il Beato Geremia Stoica da Valacchia. Un invito all’unità, Napoli, 1983.
* Francesco, insegnaci a pregare, (Coll. "Spirito e tempo", n. 10), Palermo, 1975, pp. 101.
* Preghiamo con S. Francesco, (Coll. TAU, n. 4), Roma, 1987.
* Seguire Cristo con Francesco D’Assisi, (1 parte di un Corso di esercizi spirituali), "Studi e ricerche francescane", anno XIX, n. 1-4, 1990. Pp. 3-116.
* La preghiera individuale e comunitaria in S. Francesco d’Assisi, "Studi e ricerche francescane", Napoli, anno 7, 1978, pp. 3-28

* Collaborazione ai tre volumi sui Santi e santità dell’Ordine Cappuccino, Roma, 1980, 1981, 1982, con i seguenti profili biografici:
S. Giuseppe da Leonessa, vol. I, pp. 99-119; Ven. Geremia di Valacchia, 189-206; B. Apollinare da Posat, vol. II 199-217; Ven. Apollinare M. da Lagonegro, 259-276; P. Stefano Eckert da Dublino, vol. III, pp. 57-75; P. Solano Casey, 281-302; Ven. M. Lorenza Longo, 433-449; B. M. Maddalena Martinengo, 483-501.
* Spirito Francescano nelle opere sociali, "Sussidi di formazione permanente", n. 16, Roma, 1981.
* "I frati cappuccini". – Introduzione alla primitiva legislazione, Ed. critica. Ed. Frate Indovino, Perugia, pp. 153-176.
* Fiumi d'acqua viva. Esercizi spirituali alla scuola di Francesco d’Assisi (TAU, Collana di Testi e Ricerche di Francescanesimo 3/ Associazione Bartolo Longo per gli Studi della vita religiosa e della pietà nel Mezzogiorno8), Pompei 1995. Pp. 283, s.p."
Attività pubblicistica di Mons. Toppi
Collabora a diverse riviste. Oltre a quelle citate nell’elenco bibliografico, si ricordano qui: Vita francescana (Roma) e Campania serafica (Napoli). A queste riviste si affiancherà ora anche "Il Rosario e la Nuova Pompei", che di gran cuore mette a sua disposizione le sue colonne.

Lettera di Giovanni Paolo II a Monsignor Francesco Saverio Totti, Prelato di Pompei, per il Centenario delle Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario
Al diletto Fratello
Mons. FRANCESCO SAVERIO TOPPI, O.F.M. Capp.
Prelato di Pompei
Stanno per compiersi i cento anni da quando il Beato Bartolo Longo dette inizio alla Congregazione delle Suore Domenicane del Santo Rosario di Pompei e la Comunità religiosa si appresta a commemorare, tra l’esultanza della popolazione della Prelatura e dei devoti del Santuario, il felice giubileo della propria fondazione.
L’importanza di quell’inizio, da cui sarebbe venuto così significativo impulso alle opere educative, assistenziali e sociali sorte attorno al Santuario, merita di essere ricordata, a conforto di tutte le Suore che costì operano e ad incoraggiamento per i devoti della Madonna di Pompei, Regina delle Vittorie.
Sono lieto pertanto di rivolgere a Lei, venerato Fratello, alla Superiora Generale dell’Istituto, alle suore ed ai numerosi giovani e fanciulli ospiti delle molteplici opere educative e formative operanti all’ombra del Santuario, il mio beneaugurante saluto, sempre memore dell’accoglienza calorosa riservatami in occasione della Visita Pastorale del 21 ottobre 1979.
Mi unisco al comune rendimento di grazie al Signore per i tanti doni spirituali che nella Famiglia religiosa si sono riversati e per la fioritura di bene sviluppatasi dapprima nell’ambito del Santuario di Pompei, e poi in altre località d’Italia e del mondo.
Per l’iniziativa ed il fervore di Bartolo Longo, Pompei irradia oggi un’intensa opera di evangelizzazione, che attira al Vangelo molte anime, desiderose di pace interiore e di riconciliazione con Dio mediante i sacramenti e la preghiera.
A tale "miracolo" della grazia cooperano le Suore del Santo Rosario, che Bartolo Longo volle associare alla Famiglia religiosa di San Domenico, non solo perché l’Ordine dei Frati Predicatori ha diffuso fin dagli inizi la devozione del Santo Rosario, ma anche perché tra le sue caratteristiche ha quella di unire la vita contemplativa all’attiva, traendo dalla meditazione dei misteri rivelati nella vita di Cristo incentivi sempre rinnovati alle attività caritative a servizio del prossimo.
Per natura sua la preghiera del Rosario - "una delle più eccellenti ed efficaci preghiere in comune, che ogni famiglia cristiana è invitata a recitare" (Paolo VI,  Marialis cultus , 54) - consente ai religiosi come ai laici, nei conventi e nelle chiese, nel lavoro e nelle case, di ripercorrere e rivivere la memoria degli eventi della vita di Cristo.
Attorno a questa preghiera, adatta alla vita contemplativa e nello stesso tempo a quella attiva, il Fondatore delle Suore del Santo Rosario di Pompei ha voluto organizzare la missione specifica della Comunità. Le suore sono chiamate ad essere, come Maria, costantemente impegnate a conservare e meditare nel loro cuore le cose che riguardano Gesù (cf. Lc 2, 51), mentre curano la crescita e la maturazione umana e cristiana dei numerosi giovani, ragazzi e fanciulle, affidati alle loro cure pedagogiche e materne.
Auspico, pertanto, che codesta Comunità continui a coltivare e diffondere sempre più la preghiera del Rosario, intensificando l’unione con la Vergine, la quale ben sa indicare, a chi La invoca la via sicura e facile che conduce a Gesù ed al compimento della volontà del Padre. L’esempio del Beato Bartolo Longo sostenga inoltre i propositi e gli sforzi delle Religiose dell’Istituto nella diffusione del Vangelo tra il popolo, soprattutto tra gli umili ed i poveri.
Con tali voti imparto a Lei, venerato Fratello, alla Madre Generale delle Suore Domenicane del Santo Rosario di Pompei, ai sacerdoti e diaconi, come pure ai fedeli della Prelatura, una speciale Benedizione Apostolica, che volentieri estendo ai giovani ospiti delle Opere sociali annesse al Santuario.
Dal Vaticano, il 5 ottobre 1996.                                           IOANNES PAULUS PP. II
L’Arcivescovo Toppi è Venerabile
Una grande gioia
Ha amato la Madonna con il cuore di San Francesco
L’Arcivescovo Caputo scrive ai pompeiani e ai devoti della Madonna di Pompei
È da poco passato mezzogiorno di giovedì 20 gennaio 2022 quando la
Sala Stampa della Santa Sede dirama il suo bollettino quotidiano annunciando che Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il Decreto riguardante le virtù eroiche di Monsignor Francesco Saverio Toppi, religioso dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini e Arcivescovo-Prelato di Pompei dal 1990 al 2001, al quale, con la decisione del Santo Padre, è riconosciuto il titolo di Venerabile.
A lungo le campane del Santuario hanno suonato a festa mentre l’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, si è subito recato nella cripta della Basilica per pregare, insieme ai sacerdoti del clero della Città mariana, sulla tomba del compianto predecessore.
Cari fratelli e sorelle,
questa mattina Papa Francesco, nel corso dell’udienza al Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha autorizzato la promulgazione
del Decreto riguardante le virtù eroiche di Monsignor Francesco Saverio Toppi, religioso dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini e Arcivescovo-Prelato di Pompei dal 1990 al 2001, al quale, con la decisione del Santo Padre, è riconosciuto il titolo di Venerabile.
È una grande gioia per la Chiesa di Pompei e per i devoti della Madonna del Rosario, oggi uniti in comune esultanza per un evento di fede. Ancora una volta, e lungo il luminoso tratto di strada verso la gloria degli altari, Monsignor Toppi entra da protagonista nella storia della “città mariana”. Era il 2 aprile 2014, settimo anniversario della morte, quando fu introdotta la fase diocesana della Causa di Beatificazione e Canonizzazione che si concluse il 13 ottobre 2016. L’iter è poi proseguito presso la Congregazione delle Cause dei Santi fino a questo odierno importante passo che iscrive il Servo di Dio Francesco Saverio Toppi nella schiera dei Venerabili.
È più vivo che mai, per i fedeli di Pompei e per i tanti pellegrini che lo hanno incontrato – quasi sempre andando in cerca di lui, perché attratti dalla sua parola – il ricordo di un Pastore buono e generoso che con mitezza francescana era preso dall’abbraccio di Maria. La tenerezza e la profondità del suo amore mariano contagiava le folle poiché coinvolgeva a una a una le persone, ammirate dall’autenticità di una testimonianza che era essa stessa espressione di fede. Amava la Madonna con il cuore di San Francesco e tendeva decisamente verso Nostro Signore Gesù Cristo sull’orizzonte che la Vergine e il Santo di Assisi insieme gli indicavano.
Non fu difficile per la Chiesa di Pompei riconoscere subito, in quel suo vescovo mite e paterno, un autentico maestro di fede. Sui suoi passi questa nostra Chiesa locale ha camminato nella carità e nell’accoglienza e oggi continua a farlo con una responsabilità accresciuta, a motivo del riconoscimento di Papa Francesco che giunge al nostro cuore come una benedizione e un privilegio.
Di fronte a un vissuto come quello di Monsignor Toppi nessuna vetta di natura spirituale appariva invalicabile.
Incontrandolo si percepiva un’anima che sprigionava fede e amore e rendeva in qualche modo presenti le grandi figure bibliche che parlavano agli uomini il linguaggio dei profeti. L’amore per la Madonna lo guidò nel comporre la “Preghiera della Chiesa di Pompei” che recitiamo quotidianamente in Santuario. «O Maria – scrisse tra l’altro in quell’orazione, mirabile sintesi dei carismi della Chiesa
                                                                                    ✠ Tommaso Caputo
                                  Arcivescovo Prelato di Pompei e Delegato Pontificio per il Santuario

*I funerali di Mons. Francesco saverio Toppi, Arcivescovo emerito della Chiesa di Pompei

Grazie Padre Francesco, cantore di Maria

"Chiedo di essere sepolto, vestito dell’abito di frate cappuccino, nella Cripta del Santuario per fare da piedistallo sotterraneo al trono di Maria".
In queste poche parole, scritte nel suo testamento sono racchiusi tutta l’umiltà e l’amore alla Vergine ed insieme tutta la grandezza umana e spirituale di Mons. Francesco Saverio Toppi, Arcivescovo Emerito di Pompei e frate cappuccino, morto lunedì 2 aprile a Nola, presso il Convento dei Frati Cappuccini, i cui funerali si sono svolti martedì 3 aprile nel Santuario della Beata Vergine del Santo Rosario, con la partecipazione di tutti i Vescovi della Campania, guidati dal presidente della Conferenza Episcopale regionale, il Cardinale Crescenzio Sepe, Arcivescovo
di Napoli. Erano presenti anche il Cardinale Michele Giordano, Arcivescovo Emerito di Napoli, l’Arcivescovo-Vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, Mons. Domenico Sorrentino, che dal 2001 al 2003, era stato Arcivescovo di Pompei, succedendo proprio a Toppi, e il Vescovo di Tursi-Lagonegro (PZ), Mons. Francescantonio Nolé. Tra i concelebranti, il Vicario Generale dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, Padre Felice Cangelosi; il Vicario Provinciale di Napoli, Padre Mariano Parente; il Ministro Provinciale di Palermo, Padre Calogero Peri; Mons. Tommaso Caputo, Capo del Protocollo della Segreteria di Stato, il Vicario Generale di Pompei, Mons. Pasquale Mocerino, e tutto il clero di Pompei.
Mons. Francesco Saverio Toppi, al secolo Vincenzo, era nato a Brusciano (Napoli) il 26 giugno 1925 e ordinato sacerdote il 29 giugno 1948. Si era laureato in Storia Ecclesiastica all’Università Gregoriana il 20 giugno 1951, diplomandosi qualche anno prima alla scuola Vaticana in biblioteconomia (1949) e in archivistica (1950).
Era stato Superiore Provinciale dei Cappuccini di Napoli dal 1959 al 1968 e dei Cappuccini di Palermo dal 1971 al 1976. Nell’espletamento di questi incarichi è stato più volte in America Latina e in Africa. Da Provinciale di Napoli ha aperto una Missione, ora Vice-Provincia, nel Sud dello Stato di Bahia, in Brasile. Ha insegnato Storia Ecclesiastica nello studio Teologico dei Cappuccini di Napoli dal 1957 al 1971; dal 1974 al 1976 nell’Ateneo "San Giovanni Evangelista" di Palermo, del quale è stato anche socio cofondatore. Conta al suo attivo diverse pubblicazioni di spiritualità e di agiografia francescana. La sua tesi di laurea "Maria Lorenza Longo e l’Opera del Divino Amore a Napoli" è riportata nei testi di storia per il contributo apportato alla conoscenza della riforma pretridentina a Napoli e in Italia. Ha lavorato in varie parrocchie, nell’Azione Cattolica di Benevento e nell’Ordine Francescano Secolare a Napoli. Si è dedicato al ministero della Parola in mezzo al popolo e in modo particolare con Esercizi Spirituali e Ritiri al clero e ai religiosi. È stato membro del Consiglio Presbiteriale e del Consiglio Pastorale Diocesano di Nola dal 1984 al 1989.
Nominato Arcivescovo-Prelato di Pompei il 13 ottobre 1990, è stato consacrato il 7 dicembre 1990, nel Santuario di Pompei. Dal 17 febbraio 2001 era Arcivescovo Emerito.
La vita religiosa, sacerdotale ed episcopale di Padre Toppi è stata profondamente mariana. Subito dopo la sua ordinazione presbiteriale trascorse un giorno intero nel Santuario di Pompei per affidare alla Vergine il suo Ministero, per esprimerle il suo amore, ma, soprattutto, per imitarne l’obbedienza al Padre.
È stato un vero cantore di Maria, attraverso articoli, lettere pastorali e libri, in particolare sul Santo Rosario. "Recitare il Rosario – scriveva – vuol dire collocarsi nella contemplazione del Cristo, proiettarsi verso i suoi misteri, assimilarli, viverli e quindi irradiarli nel mondo con Maria. Da questa preghiera può scaturire tutto il bene possibile. Essa è stata la tensione ideale del mio ministero pastorale, vuole essere per quanti il buon Pastore mi ha affidato il ricordo affettuoso e il mio testamento spirituale". Da lui giunse anche la spinta a ricoprire l’opera del fondatore di Pompei, il Beato Bartolo Longo, per il quale indisse un "Anno Longhiano", come strumento per attualizzare l’opera.
Il Santo Padre Benedetto XVI, nel telegramma firmato dal Segretario di Stato, Cardinale Tarcisio Bertone, ha ricordato la "singolare serafica bontà speciale amore at Eucaristia et Vergine Maria et generosa dedizione at popolo di Dio at lui affidato" di Mons. Toppi ed ha implorato "dal Signore per intercessione Regina del Santo Rosario et San Francesco d’Assisi premio aterno per anima zelante pastore".
Nel 1948 incontrò Chiara Lubich avvicinandosi, così, al nascente Movimento dei Focolari. Profondamente partecipe al dolore per la sua dipartita, la fondatrice dei Focolari, dopo aver ricordato che Mons. Toppi "… appariva semplice, nascosto, di poche parole, un vero figlio di San Francesco, ma quando parlava esprimeva tutta la sapienza di un’anima contemplativa, e le sue parole erano il frutto della preghiera e dell’ardente amore", si è detta certa che Maria, da lui tanto amata, lo ha accolto come figlio prediletto. Messaggi di cordoglio e partecipazione sono giunti dai Cardinali Miloslaw Vlk, Arcivescovo di Praga, ed Ennio Antonelli, Arcivescovo di Firenze. Di Firenze; dal Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Mons. Angelo Bagnasco: da Mons. Giuseppe Costanzo, Arcivescovo di Siracusa e da Mons. Antonio Cantisani, Arcivescovo Emerito di Catanzaro.
I laici impegnati nella comunità ecclesiale pompeiana, ricordandone il quotidiano lungo impegno pastorale per la Chiesa tutta di Pompei, nel quale sono prevalse sempre la dolcezza e l’amabilità, lo spirito di mansuetudine francescano, la ricerca ed il raggiungimento della perfetta letizia, lo stupore evangelico, che testimoniava un cuore fanciullo, e gli slanci appassionati nelle omelie, lo hanno accolto al mattino assieme ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, sul sagrato della basilica mariana, con le campane che suonavano a festa, come lui stesso aveva chiesto: "le esequie siano festose, l’Eucarestia come Azione di Grazie e Lode ne esprima tutto il senso della mia vita".
Erano presenti il Sindaco di Pompei, Claudio D’Alessio; di Viggiano (PZ), Giuseppe Alberti; e di Pollena Trocchia (NA), Agostino Maione; il Consigliere Provinciale, Giuseppe Tortora; il Gran Priore dell’Ordine di Malta, Fra’ Antonio Nesci, il Dott. Angelo Scelzo, Sottosegretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali; il Delegato di Pompei dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, Prof. Luigi Ramunno; il Capitano Pasquale Sario, Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Torre Annunziata. In prima fila la sorella di Mons. Toppi, Rosa, ed i numerosi nipoti e pronipoti.
Alla sua famiglia naturale. Alla Diocesi di Nola e all’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, che gli usarono ogni tenerezza, Mons. Carlo Liberati ha espresso a nome di tutta la comunità pompeiana più viva gratitudine.
Testo autografo del testamento di Mons. Toppi nelle redazioni scritte di suo pugno a tergo di tre cartoline illustrate del santuario di Pompei.

"Chiedo di essere… piedistallo sotterraneo al Trono di Maria!"
Santuario di Pompei 7-12-1991

L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore!
Mi premuro di segnare qui le mie due ultime preghiere al Padre e ai fratelli. La termine della mia vita si fa più forte l’urgenza di ringraziare e lodare il Signore. Spero di farlo nell’eternità beata.
Per quanti cureranno le mie esequie chiedo umilmente di far celebrare solo Sante Messe di ringraziamento. Accetto con gioia la purificazione d’amore nel Purgatorio, non mi preoccupo della sofferenza che comporterà; voglio soltanto quello che ho sempre voluto: Ringraziare, lodare il Signore che è stato follemente prodigo con me dei suoi doni. Chiedo, poi, la carità di essere sepolto nella cripta del Santuario di Pompei: voglio coi miei resti mortali essere sotto il trono di Maria per continuare anche così a cantare il suo Magnificat. L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore!
Tutto ciò che mi appartiene sia del Santuario di Pompei.

† fra francesco saverio toppi O.F.M. Cap.
Pompei, Solennità di tutti i Santi, 1994

Eccomi!
Dalla visita che il Signore mi fece il 24-08. u.s. a Montevergine, vivo nel presentimento che da un momento all’altro, all’improvviso, come un ladro, Egli venga a prendermi definitivamente. Sono tranquillo, come felice per questo e non faccio che ripeterGli il mio "Eccomi!". Chiedo perdono al Padre e ai fratelli per le colpe commesse: ho fiducia nella Misericordia e nel Sangue di Gesù Crocifisso; ribadisco ancora una volta la mia volontà che si ringrazi e si lodi il Signore per quanto mi ha fatto e chiedo di essere sepolto nella cripta del Santuario per continuare con Maria a cantare il Magnificat. Grazie! ... Perdono! ... Vieni Signore Gesù!
Desidererei che si dessero ai confratelli libri e manoscritti…; ai parenti qualche ricordino personale.
Laetatus sum in his quae dicta sunt mihi.

† fra francesco saverio toppi O.F.M. Cap.
Pompei, Solennità di tutti i Santi, ore 12,00 - 2001

Dopo essere stato a lungo trattenuto con Lui, stendo schematicamente queste mie ultime volontà.
1. Le esequie siano festose, l’Eucarestia come Azione di Grazie e Lode ne esprima tutto il senso della mia vita.
2. Chiedo di essere sepolto nella Cripta del santuario per fare da piedistallo sotterraneo al Trono di Maria.
3. Mi si vesta dell’abito di frate cappuccino. Ai miei Confratelli si dia quanto interessa e appartiene all’Ordine.
4. Tutto ciò che è mio, sia del Santuario. Ai familiari qualche ricordo personale.
Suona la campana: inizio dei festeggiamenti? Amen! Alleluia! Gesù! PARADISO.

† fra francesco saverio toppi O.F.M. Cap.
Un vero uomo di Dio

Nella notte tra la Domenica delle Palme e il Lunedì Santo, alle ore 1,00 Mons. Toppi si è congedato da noi per entrare nella vita senza fine della gloria di Dio, dopo anni di sofferenza accolta con gioia e offerta a Gesù per mezzo di Maria.
Il 7 dicembre 1990, giorno della sua ordinazione episcopale a Pompei, Mons. Toppi così salutava i sacerdoti convenuti nel santuario per partecipare al rito della sua investitura episcopale presieduta dal Card. Michele Giordano, assieme a numerosi Vescovi e una gran folla di fedeli: "L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore" (Lc 1, 46-47). "L’anima di Maria sia nella mia anima perché magnifichi il Signore, lo spirito di Maria sia nel mio spirito perché esulti in Dio mio salvatore". E ancora "Vieni Vergine Maria ed eleva il cantico di lode al Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo per quanto ha operato in me, "guardando alla pochezza del suo servo" (cfr. 1, 48).
Segue un’affettuosa litania di invocazioni alla Madre di Gesù e nostra, e nella quale ripercorre le
tappe più significative della sua vita. è un grido di esultanza umile, accorata e commossa così come risulta dall’inno di ringraziamento e di lode di Maria SS.ma, nel Magnificat dopo che Elisabetta ha esaltato in Lei la benevolenza di Dio e ne ha riconosciuto, nell’esultanza dello Spirito Santo, la Madre del Signore (cfr. Lc 1,56-55).
Poi segue il riferimento preciso a quello che per dieci anni sarà il popolo di Dio e il mondo d’amore donato alle sue cure pastorali. "Vieni o Madre e magnifica il Signore per tutte le componenti di questa Chiesa privilegiata di Pompei… per i più umili e nascosti, sofferenti, emarginati, poveri, anziani e alle strutture portanti di questa Chiesa: religiose, religiosi, sacerdoti che lavorano in questo splendido campo in cui vorrò spendere e consumare tutte le mie energie e tutto me stesso".
Nella "immaginetta-ricordo" della sua ordinazione episcopale ha scritto: "O Maria, ottienimi col tuo Rosario di contemplare, vivere e irradiare nel mondo il Mistero del Cristo Gesù". E questo programma lo annuncia con chiarezza nel corso della sua allocuzione affermando: "… mi propongo di presentare… il Vangelo compendiato nel Rosario, che il Beato Bartolo Longo incise nelle pietre di questo Santuario stupendo, incarnò nelle Opere di carità annesse, diffuse con un apostolato capillare a dimensione cosmiche".
L’ansia missionaria e apostolica lo spinge a dire: "Il Concilio afferma che "con l’incarnazione, il Figlio di Dio si è unito in un certo modo ad ogni uomo (GS 22)"; ottienici o Madre della Chiesa che noi Lo riconosciamo e Lo serviamo in ogni prossimo, specie nei fanciulli maternamente accolti e formati all’ombra del tuo Santuario".
Ma ciò che acquista uno spessore profetico e conserva il valore di un’assoluta attualità è un’invocazione particolare alla Madonna, quando, con totale fiducia e abbandono Le chiede: "Vergine Santa, ti affido in modo particolare i sacerdoti, i religiosi, le suore: che siano testimoni della Risurrezione con la santità della vita e la fedeltà ai consigli evangelici. Annuncino, comunichino con la trasparenza della loro gioia la felicità di una vita consacrata in modo speciale all’amore di Dio e del prossimo e vi coinvolgano tanti, tanti giovani".
Poi da quell’uomo umile e abbandonato alla divina volontà che è stato, quasi temendo di aver osato troppo, si chiede: "… il programma è troppo ambizioso? È sproporzionato alle mie capacità?" E risponde: "Senz’altro se guardo solo alle mie forze. Ma se lavoreremo tutti, in comunione, in dialogo fraterno, "se saremo uniti nel nome del Signore, il Signore sarà in mezzo a noi" (cfr. Mt 18, 20), e allora non saremo più noi, ma sarà il Signore ad operare in noi e compirà meraviglie".
Infine, con la mente e con il cuore reclinati sul cuore immacolato di Maria, invoca la Madre di Gesù e nostra con questa invocazione: "Maria, Serva del Signore, appaga questa mia ambizione: imitarti soprattutto nel servire e nell’amare come te!".
Ma la Chiesa che è in Pompei lo ha capito?
È riuscita a collaborare con un programma di fede così profondo, eucaristico e mariano, così umile, disponibile, ablativo e perseverante nelle opere dell’amore proveniente dal cuore di Gesù e di Maria come una fontana cristallina, inesauribile, zampillante? Ognuno veda di rispondere davanti a Dio!
A me che l’ho conosciuto, ultimo in ordine di tempo, lascia la profonda convinzione di aver incontrato un vero uomo di Dio, silenzioso, contemplativo, spesso immerso in preghiera e che ha amato intensamente Gesù Risorto, vivo e presente nell’Eucarestia. Questo autentico servo di Dio era totalmente consacrato a cristo Signore con lo stesso spirito di amore che è nel cuore della Vergine SS.ma alla quale si rivolgeva con l’abbandono di un bimbo nelle braccia della mamma, attraverso la preghiera del S. Rosario, la "catena dolce che ci unisce a Dio, il vincolo d’amore che ci unisce agli angeli" (cfr. Beato Bartolo Longo).
Così vogliamo ricordarlo con affetto profondo come ho scritto al popolo di Dio che è in Pompei e ai tre milioni di pellegrini sparsi nel mondo.
Gesù, Redentore dell’uomo, che Mons. Toppi contemplava nel silenzio orante delle lunghe ore dell’adorazione eucaristica e la Vergine SS.ma, Madre del suo e nostro "S^" alla divina volontà, lo accolgano nella gioia senza fine del Paradiso. Da parte nostra accogliamo con gioia le sue spoglie mortali – fino al giorno della Risurrezione – sotto il trono della Vergine SS.ma nella cripta di questa Basilica, accanto alla Madre di Gesù che amò tenerissimamente.

(Dall’Omelia di Mons. Carlo Liberati, Vescovo Prelato e Delegato Pontificio per il santuario pronunciata in occasione dei funerali dell’Arcivescovo Prelato emerito di Pompei, Mons. Francesco Saverio Toppi).
(Autore: Loreta Somma)

*Una tappa verso la gloria degli altari

La gioia di Pompei

Si è chiusa ufficialmente l’inchiesta diocesana del Processo di beatificazione e di canonizzazione di Monsignor Francesco Saverio Toppi, Arcivescovo della città mariana dal 1990 al 2001. Seguì Cristo con la docilità umile di un servo, amò Maria Santissima come figlio devoto ed ebbe ogni premura per la Chiesa, sua sposa. Spirito dall’ardore missionario, visse nell’imitazione di San Francesco e in sintonia con la spiritualità dell’unità di Chiara Lubich, fondando la sua vita dell’eucarestia e sulla Parola di Dio.
Evento di grazia per la Chiesa di Pompei e per l’Ordine dei Frati Minori Cappuccini che, il 13 ottobre 2016, hanno vissuto la conclusione ufficiale dell’Inchiesta Diocesana del Processo di Beatificazione e di Canonizzazione di Monsignor Francesco Saverio Toppi. OFM Cap, arcivescovo della città mariana dal 1990 al 2001.
Il Processo di Beatificazione per il Servo di Dio, iniziato nell’aprile 2014, continua ora il suo corso a Roma, presso la Congregazione delle Cause dei santi. La Sessione di Chiusura si è tenuta nella Basilica mariana, dove, nella Cripta, sono custodite le spoglie dell’indimenticato Prelato cappuccino. Egli stesso, infatti, indicò nelle sue volontà testamentarie di voler "fare da piedistallo sotterraneo al trono di Maria".
La cerimonia si è svolta proprio nel ventiseiesimo anniversario della nomina della nomina ad Arcivescovo Prelato e Delegato Pontificio per il Santuario di Monsignor Toppi.
Ad introdurre la Sessione, l’Arcivescovo della città mariana, Monsignor Tommaso Caputo. "Il vissuto di questo atleta del Vangelo – ha detto il Presule – è stato un grido "cocente" del Dio amore per i lontani, gli esclusi e gli increduli. Piccolo con i piccoli, innamorato della Madonna, con l’intera sua vita, ripiena di fervore missionario, ardore serafico e grande perizia pastorale, ha annunciato supplicante l’avvento del Regno di Dio", "Punti fermi nella sua vita – ha aggiunto l’Arcivescovo di Pompei – sono sempre stati: Gesù, l’Eucarestia, San Francesco. Tra questi tre fuochi ha vissuto al servizio della Chiesa, in piena umiltà, assoluta dedizione e autentica fraternità. Questo suo modo di vivere lo fece ritrovare, a circa 23 anni, nel 1949, in piena sintonia con la spiritualità dell’unità di Chiara Lubich, con la quale ebbe un intenso rapporto spirituale e condivise numerose esperienze di profonda comunione. E con la quale attualmente condivide l’iter per la beatificazione, iniziato per la Serva di Dio il 27 gennaio 2015, pochi mesi dopo il nostro. Molti lo hanno conosciuto anche attraverso i suoi scritti di straordinaria ricchezza e fecondità, zelante pastore di anime, profondamente unito alla Chiesa, sua sposa. Monsignor Francesco Saverio Toppi ancora sorregge spiritualmente la Chiesa di Pompi intercedendo presso la Trinità Santa: non sono pochi coloro che riferiscono di aver ricevuto grazie e segni attribuiti all’intercessione del Servo di Dio".
Intessuta di preghiera, raccoglimento, ascolto della Parola di Dio è stata la sua vita da frate cappuccino, numerosi gli incarichi che ha ricoperto, intensa la sua attività pastorale. Nato a Brusciano (Napoli), il 26 giugno 1925, Francesco Saverio Toppi fu ordinato sacerdote il 29 giugno 1948. Nel luglio del 1959, appena trentaquattrenne, padre Francesco viene eletto Ministro Provinciale di Napoli. Sarà eletto, poi, due volte ancora, nel ’62 e nel ’65. Nel suo ministero di guida dei frati si affida totalmente allo Spirito Santo. Il suo programma per la Provincia religiosa è incentrato sul primato della vita interiore attraverso la preghiera, la mortificazione e l’osservanza della Regola. Nel 1971, viene nominato Provinciale dei Cappuccini di Palermo, un ministero che durerà sei anni, fino al 1976, quando viene eletto Definitore Generale dell’Ordine. Nell’agosto 1983 viene nominato Superiore di Nola e Maestro dei Chierici, divenendo punto di riferimento per tutta la Diocesi di Nola. Fu nominato delegato pontificio del Santuario e Arcivescovo Prelato di Pompei da Papa Giovanni Paolo II, il 13 ottobre 1990. Il suo servizio pastorale nella città mariana durò fino al 7 aprile 2001. Dopo due anni trascorsi a Pompei come vescovo emerito, si trasferì presso il convento dei frati cappuccini a Nola, dove si è spento il 2 aprile 2007.
Ma ciò che, in particolare, ha segnato la sua vita, sono stati i tanti e straordinari incontri che hanno lasciato in lui una traccia profonda. Nello stesso anno in cui conosce Chiara Lubich, Francesco Toppi ha occasione di incontrare la Serva di Dio Nina Lanza, anche lei di Brusciano, consacrata e terziaria francescana. Pieni di luce e di consolazione spirituale saranno poi gli incontri con il gesuita Padre Felice M. Cappello, con Monsignor Pasquale Mazzone, con il vocazionista Padre Nicola Assouand, con Padre Giuseppe Galasso e con Silvestra Tirri, laica, docente, totalmente immersa nel Mistero del Dio Trinitario. Significativa anche la conoscenza con la signora Bianca Brizzi di Pompei, donna gioiosa e serena nonostante la totale immobilità a letto, e quella con Suor Anna Maria Cànopi, Fondatrice e Abbadessa dell’Abbazia Benedettina "Mater Ecclesiae" dell’isola di San Giulio ad Orta, in provincia di Novata. Poi, l’amicizia con Nina Lolli e l’ebrea Elisa Springer, testimone dell’orrore di Auschwitz, invitata da Toppi all’edizione del 1998 del Meeting dei Giovani. Infine, culturalmente stimolanti furono gli incontri con la professoressa Ina Siviglia Sammartino, teologa siciliana, e con padre Raniero Cantalamessa. Predicatore della Casa Pontificia.
Durante la Sessione, il Provinciale dei Cappuccini, padre Leonardo Firanzese, ha sottolineato come Monsignor Toppi abbia lasciato all’Ordine dei Cappuccini e a tutta la Chiesa, la preziosa eredità spirituale dei suoi insegnamenti, del suo esempio. "Ciò che ha più rifulso nella sua vita – ha detto il Provinciale dei Cappuccini – è stata la disponibilità a lasciarsi plasmare nell’immagine dell’amore trinitario, attraverso i suoi continui, chiari e risoluti "sì" al Signore. Egli ha pronunziato altamente e pienamente questi "sì", facendone quasi una professione di fede permanente, nella Rivelazione divina e nella santa Chiesa".
Padre Carlo Calloni, postulatore della Causa, ha ricordato come ottobre, in cui si è svolta la Sessione, sia un mese ricco di santi illustri, a partire da San Francesco d’Assisi. "Monsignor
Toppi – ha detto, infatti, Calloni -  è accompagnato dalle nostre preghiere, ma lo è anche da una "compagnia" più grande, quella dei santi. Preghiamo affinché il cielo ce lo ridoni come esempio da seguire".
L’intervento di Padre Massimiliano Noviello, vicepostulatore, ha, invece, sottolineato "i tratti più evidenti di questo frate cappuccino vescovo, ovvero mitezza e umiltà di cuore". "Egli – ha detto Noviello – ha continuamente attinto dall’umile" ancilla Domini", soprattutto con la contemplazione dei misteri del Santo Rosario".
Messaggi di adesione sono stati inviati da Suor Anna Maria Cànopi e da Jesùs Moràn, copresidente del Movimento dei Focolari.
Presente alla Sessione anche il Giudice Delegato del Tribunale istituito per questa causa, monsignor Erasmo Napolitano.
Nelle Foto: Alcuni momenti della cerimonia di chiusura dell’inchiesta Diocesana. In basso l’apposizione dei sigilli alla documentazione raccolta nella prima fase del processo di Beatificazione.

(Autore: Marida D’Amora)

*Mons.Domenico Sorrentino - 13° Delegato
13° Vescovo del Santuario di Pompei
Nato a Boscoreale (NA) il 16 maggio 1948.
Nominato il 17 febbraio 2001, consacrato il 19 marzo e presa di possesso il 7 aprile successivi.
Nominato Sottosegretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, dal 2 agosto 2003 al 24 gennaio 2004 è stato Amministratore Apostolico.
Attualmente è Vescovo di Assisi (PG).

Il nuovo Delegato Pontificio per il Santuario di Pompei

"A te, Monsignor Domenico Sorrentino, sono riconoscente per il prezioso servizio svolto nella Segreteria di Stato, e ora, nell’affidarti la Prelatura di Pompei e il suo celebre Santuario mariano, pongo il tuo ministero sotto lo sguardo benedicente della vergine del Santo Rosario, chiedendole di guidare i tuoi passi sulle orme di San Paolino, Vescovo di Nola, tua terra natale, e vanto della Campania".
(Dall’Omelia di Giovanni Paolo II)

Nella stupenda cornice della basilica Patriarcale di san Pietro, in Vaticano, il Santo Padre, Giovanni Paolo II, ha ordinato Vescovo il nuovo Delegato Pontificio per il Santuario di Pompei, nella persona di Mons. Domenico Sorrentino.
La celebrazione ha avuto luogo il 19 marzo 2001, giorno in cui la chiesa fa memoria di San Giuseppe,
Sposo della Beata Vergine Maria. Insieme al nuovo Presule pompeiano hanno ricevuto la dignità episcopale altri otto sacerdoti che sono stati destinati a vari ed impegnativi incarichi.
L’Arcivescovo Sorrentino, dopo Mons. Toppi, suo immediato predecessore, ed il Vescovo Emerito Mons. Domenico Vacchiano, è consecutivamente il terzo porporato d’origine nolana, quasi ad indicare l’originaria appartenenza del territorio pompeiano all’antica e gloriosa diocesi di Nola.
Il servizio di delegato Pontificio ricorda, invece, la particolare natura della Prelatura mariana, comunità ecclesiale nata dal carisma del suo santo Fondatore, il Beato Bartolo Longo.
Una chiesa particolare quella di Pompei, legata non tanto al territorio, ma al ruolo che essa esercita nel mondo intero come messaggera della buona notizia del vangelo, secondo la specifica vocazione e missione mariana, e testimone convinta del servizio di carità a favore dei minori emarginati o di chi, comunque, nell’indigenza è nel bisogno di tutto. Il Santo Padre, nell’Omelia, oltre a salutare ciascuno dei nuovi vescovi, ha voluto sottolineare l’impegno del loro ministero pastorale a immagine di San Giuseppe: "Il Vescovo svolge nella comunità cristiana un compito che ha molte analogie con quello di San Giuseppe.
Lo pone bene in risalto il prefazio dell’odierna solennità, indicando Giuseppe come "servo saggio e fedele posto a capo della santa Famiglia, per custodire, come padre, il Figlio Dio".
"Padri" e "custodi" sono i Pastori nella Chiesa, chiamati a comportarsi come "servi" saggi e fedeli. A loro è affidata la quotidiana cura del popolo cristiano che, grazie al loro aiuto, può avanzare con sicurezza sul cammino della perfezione cristiana". Al termine della celebrazione Mons. Sorrentino è stato salutato da circa duemila pompeiani e nolani, giunti a Roma per partecipare al solenne rito, che lo hanno circondato e stretto in un unico ed affettuoso abbraccio di gioiosa accoglienza. Il nuovo Presule farà il suo ingresso solenne a Pompei il 7 aprile 2001.

(Autore: Pasquale Mocerino)
Vengo tra voi con le ragioni della Fede

L’ingresso di Mons. Domenico Sorrentino nuovo Delegato Pontificio a Pompei
Eccellenza Reverendissima, in una lettera di benvenuto che Le ho scritto, ho espresso come proposito, come progetto, l’augurio di "buon lavoro e duc in altum". Ecco un primo desiderio che la Città esprime: duc in altum in ossequio a quanto ha affermato Giovanni Paolo II nella Novo Millennio Ineunte, duc in altum per riscattare ed ulteriormente rilanciare la vocazione specifica della Pompei fortemente voluta dal Beato Bartolo Longo, duc in altum affinché la Città sia sempre più disponibile ad offrire aiuto ai più fragili, ai più bisognosi, duc in altum affinché possiamo sempre essere pronti a tendere una mano a chi è vittima dell’ingiustizia, duc in altum affinché anche gli inutili veleni della politica facciano posto all’affascinante momento del confronto.

(dal saluto del Sindaco di Pompei Dr. Giovanni Battista Zito)

Come nelle migliori tradizioni pompeiane, in occasione dei grandi eventi, anche il 7 aprile, giorno dell’inizio del Ministero Pastorale di Mons. Domenico Sorrentini, Delegato Pontificio e Arcivescovo di Pompei, soffiava sulla città mariana un forte vento, quasi a voler rendere "fisicamente" presente lo Spirito di Dio.
Raccolti nel Centro Educativo "Bartolo Longo", il clero, i religiosi, le religiose e tutti i fedeli aspettavano con ansia il nuovo Pastore, pronti a dimostrargli il loro affetto. E quando Mons. Sorrentino è arrivato, nel cortile interno del Centro, è partito il primo di una serie interminabile di applausi calorosi.
Il sindaco di Pompei, dott. Giovanni Battista Zito, lo ha salutato a nome della città e delle autorità presenti. Assieme a numerosi consiglieri ed assessori comunali, infatti, hanno condiviso questo momento di festa anche l’On. Nello Di Nardo, Sotto

(Autore: Loreta Somma)

Vengo tra voi con le ragioni della Fede
L’ingresso di Mons. Domenico Sorrentino nuovo Delegato Pontificio a Pompei

Eccellenza Reverendissima, in una lettera di benvenuto che Le ho scritto, ho espresso come proposito, come progetto, l’augurio di "buon lavoro e duc in altum". Ecco un primo desiderio che la Città esprime: duc in altum in ossequio a quanto ha affermato Giovanni Paolo II nella Novo Millennio Ineunte, duc in altum per riscattare ed ulteriormente rilanciare la vocazione specifica della Pompei fortemente voluta dal Beato Bartolo Longo, duc in altum affinché la Città sia sempre più disponibile ad offrire aiuto ai più fragili, ai più bisognosi, duc in altum affinché possiamo sempre essere pronti a tendere una mano a chi è vittima dell’ingiustizia, duc in altum affinché anche gli inutili veleni della politica facciano posto all’affascinante momento del confronto.

(dal saluto del Sindaco di Pompei Dr. Giovanni Battista Zito)

Come nelle migliori tradizioni pompeiane, in occasione dei grandi eventi, anche il 7 aprile, giorno dell’inizio del Ministero Pastorale di Mons. Domenico Sorrentini, Delegato Pontificio e Arcivescovo di Pompei, soffiava sulla città mariana un forte vento, quasi a voler rendere "fisicamente" presente lo Spirito di Dio.
Raccolti nel Centro Educativo "Bartolo Longo", il clero, i religiosi, le religiose e tutti i fedeli aspettavano con ansia il nuovo Pastore, pronti a dimostrargli il loro affetto. E quando Mons. Sorrentino è arrivato, nel cortile interno del Centro, è partito il primo di una serie interminabile di applausi calorosi.
Il sindaco di Pompei, dott. Giovanni Battista Zito, lo ha salutato a nome della città e delle autorità presenti. Assieme a numerosi consiglieri ed assessori comunali, infatti, hanno condiviso questo momento di festa anche l’On. Nello Di Nardo, Sottosegretario al Ministero degli Interni; l’on. Salvatore Vozza; il sindaco di Latiano (BR), rag. Salvatore D’Ippolito e quello di Nola, dr. Giuseppe Serpico. Numerosi i cittadini provenienti dalla Diocesi di Nola, soprattutto da Boscoreale, città natale del nuovo Prelato.
Nella sua risposta, Mons. Sorrentino ha sottolineato il calore con il quale veniva accolto, calore che, già a Roma, in occasione dell’Ordinazione Episcopale, lo aveva abbracciato, nella splendida cornice della Basilica Patriarcale di San Pietro.
Calore che gli giungeva da una Chiesa "minuscola nei suoi confini territoriali, ma grande nei suoi confini spirituali", alla cui cura è stato preposto dal papa, al quale inviava un filiale e devoto pensiero.
Ha, poi, affermato: "Vengo tra voi con le ragioni della fede e unicamente in funzione della fede. Ma mi sento anche onorato di entrare nella storia di questa Città che ha avuto la ventura, per l’antica disgrazia che la colpì, di diventare un suggestivo luogo di memoria, celebre in tutto il mondo; ed è diventata in tempi a noi più vicini – questa volta non per una disgrazia occorsale, ma per una grazia specialissima – La "nuova Pompei", oasi di vita, centro di pietà e di carità, luogo e messaggio di
speranza".
Ha, rimarcato, dunque, assieme alla ricca e nobile storia, alle attraenti bellezze paesaggistiche e alle grandi potenzialità turistico-culturali, una serie di problemi sociali che la città condivide con tutto il territorio circostante e che interpellano gli uomini di buona volontà.
Quindi, pur non proponendo "ricette" tecniche, politiche e economiche, ha chiesto, esplicitamente, a tutta la comunità di collaborare per il "riscatto di questa nostra terra, per renderla bella, accogliente, e solidale, attraendola a quelle perverse logiche di individualismo, di illegalità e di violenza" prendendo ad esempio l’opera del Beato Bartolo Longo, fondatore della nuova Pompei, che dell’impegno per una società migliore fece lo scopo della sua vita.
Si è, dunque, formato il corteo cittadino verso la Basilica della Beata Vergine del Rosario, mentre il coro invitava al canto di salmi e inni spirituali. Il lungo corteo era aperto da giovani recanti rami di palma che riportavano indietro nel tempo, a duemila anni fa, all’ingresso di Gesù a Gerusalemme, che la liturgia della "Domenica delle Palme", di lì a poco avrebbe proposto.
Eccellenza, la Chiesa di Pompei, piccolo mondo dalle braccia allargate all’universalità, accoglie in Lei il Padre, l’immagine rediviva del Beato Bartolo Longo baciata dal sorriso della Madre Divina. Egli, dopo aver sostenuto e illuminato quale riflesso della regina del Cielo, i Suoi Predecessori, ultimo il dolcissimo Padre Francesco Saverio, non è stanco di continuare con nuovo spirito e con nuove prospettive.
Certo non può sostituirsi a nessuno; e perciò tutti siamo vincolati a dare il meglio di noi, secondo il dono di ciascuno. A Lei il Beato Bartolo Longo affida la delega ad universitatem causarum, consegnandoLe le chiavi di casa.
Imitando il papà Bartolo Longo consegniamo le chiavi del cuore.

(dal saluto di Mons. Baldassarre Cuomo, Delegato dell’Amministratore Apostolico)
(Autore: Loreta Somma)

*Mons.Carlo Liberati - 14° Delegato
14° Vescovo del Santuario di Pompei
Nato a  Matelica (MC) il 6 novembre 1937.
Nominato il 5 novembre 2003, consacrato il 10 gennaio 2004.
Presa di possesso il 24 gennaio successivo.

Biografia di Mons. Carlo Liberati - Arcivescovo Prelato e Delegato Pontificio
L’Arcivescovo Mons. Carlo Liberati è nato a Matelica (Macerata) il 6 novembre 1937 da famiglia di cattolici praticanti.
Già da piccolo sente la vocazione al sacerdozio e nel 1950, dopo le scuole primarie a Matelica, fa ingresso nel  MatelicaSeminario diocesano di Fabriano-Matelica, dove vi resterà fino al
compimento degli studi ginnasiali.
Continua gli studi al Pontificio Seminario Regionale di Fano, dove conseguirà il Baccellierato in Teologia nel giugno del 1962.
Sempre nel 1962, il 29 luglio, viene ordinato sacerdote nella Cattedrale di Matelica, di cui diventa vicario cooperatore alcuni mesi dopo.
Attento alla formazione religiosa e morale dei giovani, in Diocesi ricopre anche le funzioni di professore di lettere presso il Seminario e di Assistente dell’Azione Cattolica Giovanile (GIAC) e di redattore del settimanale diocesano L’Azione.
Prosegue gli studi, iscrivendosi al biennio di Teologia Pastorale nella Pontificia Università Lateranense, conseguendo, nel 1969, la laurea.  
Sei anni dopo, nella stessa università, si laurea in Diritto Canonico con il massimo dei voti e durante gli studi universitari viene chiamato nella Cancelleria del Tribunale dell’allora Sacra Rota.
Insegna religione al Liceo Tasso di Roma con l’intento di far crescere l’istruzione religiosa e l’educazione cristiana dei giovani. Continua il suo lavoro rotale e contemporaneamente frequenta i corsi della Pontificia Accademia Ecclesiastica a Piazza Minerva durante l’anno 1972.
Dal primo gennaio 1980 è chiamato a far parte della Congregazione delle Cause dei Santi in qualità di aiutante di studio e divenendo Segretario dei Cardinali Pietro Palazzini (per dieci anni), Angelo Felici (per altri dieci anni) entrambi Prefetti della medesima Congregazione e del Card. Alberto Bovone.
In questa Congregazione percorre tutto l’iter di servizio ecclesiale, fino al 2001, quando Papa Giovanni Paolo II lo nomina Delegato dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica.
Per circa 22 anni svolge presso quel Dicastero della Curia Romana il ruolo di docente nello Studium, notaio dei  Congressi, redattore dei fogli di Udienza per i decreti sulle virtù, il martirio, la Beatificazione e la Canonizzazione delle Cause dei Santi.
Nel 1990 aveva inoltre contribuito in modo determinante al consolidamento, restauro, ristrutturazione di San Salvatore in Lauro, appartenente al Pio Sodalizio dei Piceni di cui è stato Presidente, e nell’A.P.S.A., si impegnò affinché fosse impresso un ritmo più consono e rapido ai lavori di manutenzione degli edifici sede dei Dicasteri pontifici contribuendo a dotare uffici più funzionali e degni per i dipendenti vaticani.
Il 5 novembre 2003 viene nominato Delegato Pontificio per il Santuario di Pompei. Viene consacrato Vescovo dal Cardinale Angelo Sodano il 10 gennaio 2004 nella Basilica di San Pietro in Vaticano.
Fa il suo ingresso nella città mariana di Pompei il 24 gennaio 2004.
Il Santo Padre Benedetto XVI lo eleva alla dignità di Arcivescovo il 7 luglio 2007 e il 19 ottobre 2008 il medesimo Santo Padre visita il Santuario e la Città di Pompei rendendo omaggio e devozione alla Vergine SS. ma del S. Rosario onorata in uno dei Santuari mariani più importanti del mondo.  
In tal modo il Santo Padre sottolinea le Opere di Carità che rendono celebre il medesimo Santuario soprattutto per l’educazione, l’accoglienza e l’elevazione umana dell’infanzia abbandonata.
Nel suo episcopato S. E. Mons. Carlo Liberati ha dato nuovo slancio ed impulso all’accoglienza dei pellegrini che accorrono sempre più numerosi e vengono salutati dal Prelato con una catechesi attenta alla vita concreta e che invita alla recita e alla meditazione del S. Rosario. Entrando in
Basilica i fedeli sono sorpresi dalle imponenti impalcature per i lavori di Restauro integrale degli affreschi e dei mosaici che sono tornati al loro antico splendore.
I nuovi banchi del Santuario, prima opera di rinnovamento dell’Arcivescovo, danno un senso di tranquillità ai devoti che possono pregare e meditare con maggiore comodità.
Nel Piazzale Giovanni XXIII i pellegrini usufruiscono delle Sale “Marianna De Fusco”, “Luisa Trapani” ed “Aurelio Signora” per i convegni e di un “Centro Giovanile” per l’accoglienza, debitamente preparati, organizzati e forniti di tutte le attrezzature necessarie dal medesimo Arcivescovo.
Anche le Opere di Carità vivono una nuova primavera con la ricostituzione della “Casa Famiglia” e dei “Centri Educativi” e le recenti istituzioni: la “Comunità Incontro” per il recupero dei giovani tossicodipendenti e degli alcolizzati recuperando una “vaccheria” abbandonata, l’“Ambulatorio ginecologico con gli studi medici, materno-infantile e pediatrico”, il “Consultorio Familiare di Ispirazione Cristiana”, la “Mensa dei Poveri” nella recuperata e rinnovata “Casa del Pellegrino”.
La Visita Pastorale in atto consente all’Arcivescovo di incontrare il Popolo di Dio che gli è stato affidato: fanciulli, adolescenti, giovani, fidanzati, famiglie e soprattutto gli anziani e gli ammalati visitati personalmente e i tanti fedeli incontrati nel Sacramento della Riconciliazione.
Nomina ad Arcivescovo
Come riportato dal Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede il 7 luglio 2007, atteso l'impegno profuso dal Vescovo Prelato di Pompei e Delegato Pontificio per il Santuario della Beata Maria Vergine del Santo Rosario, Mons. Carlo Liberati, il Santo Padre Benedetto XVI, lo ha elevato alla dignità di Arcivescovo.
Questo riconoscimento premia l'opera che, fin dal suo arrivo a Pompei, nel gennaio 2004, Mons. Liberati, sostenuto dai suoi collaboratori, ha speso per rinnovare il Santuario Mariano e le sue opere, in tutti i campi: nel sociale, nella comunicazione e nella diffusione della devozione mariana, nell'accoglienza dei pellegrini, nella scuola.
Numerose sono infatti le iniziative messe in atto dal Prelato marchigiano ed altre sono in via di realizzazione.
Tra queste ricordiamo: l'edizione in lingua spagnola della Rivista "Il Rosario e la Nuova Pompei"; il nuovo impulso alle opere di carità, modificate secondo le leggi vigenti; l'acquisto, grazie alle offerte dei fedeli, dei nuovi banchi per la Basilica; la nascita della sede pompeiana della "Comunità Incontro" di Don Pierino Gelmini; l'incremento del numero dei fedeli che visitano il Santuario.
Omelia di S.Ecc.za Mons. Carlo Liberati in Occasione del VII Anniversario dell’inizio del Ministero Episcopale a Pompei (24 Gennaio 2011)
Rev.mi Sacerdoti e Sorelle Suore, Rev.mi Religiosi e Suore Domenicane del S. Rosario, Fratelli e Sorelle nella fede in Gesù Cristo e nella comunione di grazia con Maria SS.ma Madre di Gesù e di tutta la Chiesa.
Sono trascorsi sette anni dal nostro primo incontro e dall’inizio del mio servizio pastorale a questa Chiesa e al Santuario della B.V.M. del S. Rosario, alle Opere di Carità e di educazione che offre, alla vita quotidiana di apostolato, di conversione e di grazia. Come era il Santuario in quel 24 gennaio 2004 e come l’ho ereditato sapete meglio di me. Com’è oggi ve ne rendete conto tutti vivendo in Pompei e, soprattutto, per quanti di voi lo frequentano per un incontro personale con Gesù ed invocare la protezione di Maria: si  realizza una seria esperienza di Chiesa. Si diventa perseveranti e forti nella fede. Certamente abbiamo cercato di renderlo in questi anni più accogliente, ospitale, gradito. Ai fedeli che vi accorrono – ci avviciniamo ormai ai 4 milioni di credenti -, abbiamo l’ambizione di farli sentire a casa loro. Cerchiamo di far loro esperimentare la sensazione che li attendiamo con gioia e vorremmo si sentissero contenti ed appagati.
Molte cose sono cambiate da quell’ormai lontano 24 gennaio 2004.
Vediamole insieme.
A) Una gloriosa e benemerita Congregazione religiosa, i Vocazionisti del  prossimo Beato Giustino Russolillo (7 maggio 2011), è venuta in nostro soccorso e resteranno sempre con noi animando, facendo rifiorire l’apostolato della grazia sacramentale soprattutto attraverso i Sacramenti della Penitenza e dell’Eucarestia. Molti, e non soltanto i fedeli, ma pure i sacerdoti, i religiosi, le religiose potranno avere la possibilità di scegliersi un Padre spirituale e un Confessore. Questi confessori parlano anche: inglese, francese, spagnolo e altre lingue correnti: Dio sia lodato e benedetto!
B) Inoltre, ed è trascorso un anno, è in corso il Restauro della nostra splendida Basilica.
Dopo le diverse pratiche di autorizzazione e d’inizio, siamo impegnati con tutte le nostre forze per restituire bellezza a questa che è tra le più significative Chiese dedicate a Maria in tutta la Chiesa cattolica. Il Restauro non poteva essere rinviato. Chi sale, anche per sola informazione le impalcature e si rende conto della delicatezza dei lavori oltre che della loro complessità tecnica, si rende subito conto dell’impegno che ci siamo assunti.
Le ferite del tempo inferte alla struttura del Santuario sono innumerevoli: nero fumo dell’olio delle lampade e delle candele, le infiltrazioni d’acqua, rotture e fratture nei mosaici, sbiancamento o scomparsa dei colori nei dipinti, polveri, cambiamenti e correnti d’aria, umidità atmosferiche, esalazioni di climi diversi e improvvisi mutamenti di temperature e di clima e altro ancora ci hanno costretto ad intervenire. Si sono scolorati anche gli ori e gli argenti.
Le centinaia di milioni di cattolici che recitano il S. Rosario ogni giorno e che vedono il nostro Santuario come punto di riferimento della loro preghiera mariana, torneranno ad ammirare presto la bellezza del Santuario. Ci vorranno, forse, tre anni ancora. Frattanto stiamo adoperandoci in ogni modo per consentire ai fedeli la frequenza e la fruizione della Basilica. E ci stiamo riuscendo.
C) Aderendo al programma pastorale e spirituale della Conferenza Episcopale italiana per il prossimo decennio, abbiamo istituito ed aperto il Consultorio familiare, per l’educazione dei fidanzati all’amore, il discernimento relazionale degli sposi nella vita quotidiana aiutandoli nei dubbi, nelle difficoltà, nei  pericoli, nelle insidie tecnologiche che impediscono l’insorgere della vita, nel superamento delle tentazioni, nella vittoria sui mali che affliggono oggi la famiglia, attenuano o addirittura distruggono la gioia di vivere e fanno dimenticare ogni educazione al vero amore.
Abbiamo così colmato un grande vuoto e obbedito a un preciso e fondamentale dovere pastorale; una seria ed autentica educazione all’amore. Così anche cerchiamo di essere utili con il consiglio a quanti, visto fallito e irrecuperabile il loro matrimonio, imboccano la strada della nullità del consenso da far dichiarare con duplice sentenza conforme affermativa dai nostri Tribunali ecclesiastici matrimoniali. In questo orizzonte pastorale aprendoci ancora di più alle persone sole e spesso abbandonate non abbiamo dimenticato di rinnovare il nostro
D) “Soggiorno per le Signore anziane”, trasformandolo “ex novo”
Secondo tutte le leggi vigenti e le normative prescritte dal punto di vista assistenziale e igienico-sanitario. Le Autorità civili, come spesso fanno, ci hanno ostacolato ma noi siamo andati avanti imperterriti e determinati, raggiungendo lo scopo. Questa è una terra, Pompei, e una Regione – la Campania – dove le Pubbliche Autorità non possiedono sufficiente senso di responsabilità e, anziché perseguire gli obiettivi del Bene Comune e gli interessi del popolo, spesso si comportano in modo da ostacolare, nella prospettiva di un futuro migliore, il bene immediato di tutti.
Qui è difficile per un Vescovo sognare, progettare, programmare, realizzare il bene del popolo e si ha anche a che fare con un nemico subdolo, viscido, sfuggente, falso, determinato ad impedire il bene della maggior parte dei cittadini bisognosi. Si preferisce favorire in maniera disonesta gli interessi dei pochi privati che però dominano l’opinione pubblica.
E) Ciononostante abbiamo realizzato la “Casa Famiglia”, dopo l’infelice e disgraziata Legge 149 del 2001 che ha chiuso i “Nostri Orfanotrofi” e gli Istituti per i Figli e le Figlie dei Carcerati e hanno a tutt’oggi – e dopo appena 10 anni! – abbandonati sulle strade d’Italia più di 35.000 fra bambini e bambine.
Tanto più che le Istituzioni pubbliche non si preoccupano per niente di tante migliaia di figli e figlie dei poveri e delle famiglie distrutte, divise, separate, divorziate e queste decine e decine di migliaia di bimbi e bimbe abbandonati muoiono prima del compimento del 18° anno di età dopo una vita di sofferenze, umiliazioni, schiavitù, offese e stenti inimmaginabili! Dove sono le “Case Famiglia”, chi ha il coraggio di istituirle? Forse soltanto Istituzioni come le nostre che però si vedono impedite di fare tutto il bene che operavano prima del 2001. Oggi lo Stato ci impedisce di fare il bene. Ancora molte altre Istituzioni ed eredità benefiche abbiamo recuperato e riportato produttive in questi anni. Così come abbiamo orgogliosamente conservato ed aggiornato i nostri Istituti Scolastici parificati e capaci di educare oltre 920 alunni dagli Asili d’Infanzia ai Licei. E proseguiamo
nell’impegno e nello sforzo quotidiano che ci comporta risolvendo un debito annuo di 1 milione di Euro. Noi andiamo avanti come il nostro Beato Fondatore, l’Avv. Bartolo Longo, con iniziative geniali di fede, ci ha comandato di fare. Qui Bartolo Longo si sentì chiamare per la sua definitiva vocazione.
L’ignoranza religiosa dei contadini, l’analfabetismo, la superstizione, l’abbrutimento nel lavoro lo convinsero che si doveva fare qualcosa. Bartolo aveva finalmente trovato la sua terra di missione e pensò di preparare una vera festa della Madonna del Rosario per quei contadini nell’ottobre del 1873; la ripetè negli anni successivi 1874, 1875 con missioni al popolo, la recita del Rosario e la distribuzione di corone. Tutto riuscì al punto che il vescovo di Nola suggerì a Bartolo di costruire qui nei campi di granoturco, di lupini, di ortaggi e di agrumi una chiesa. E il vescovo soggiunse: “Non chiedete a questi contadini un soldo di più al mese. Costruirete un poco alla volta, secondo il denaro raccolto.
Io potrò darvi soltanto 500 lire”. Fratelli e sorelle di Pompei e voi tutti qui convenuti, questo Santuario è il frutto di un soldo, più un altro, più un altro ancora: una serie interminabile di soldini donati dal cuore di milioni di fedeli. È il segno che l’amore vero compie miracoli, come sempre è avvenuto nella storia della Chiesa. Anche il Quadro della Madonna del Santo Rosario, giunto da Napoli su un carretto di stallatico nel novembre 1875, non era stato neppure esposto alla venerazione, perché così malandato da essere impresentabile. L’8 maggio 1876 c’è la posa della prima pietra di un Tempio che non ha ancora un progetto. Poi arriverà la progettazione gratuita di Antonio Cua. Uno degli aspetti più sorprendenti della vita di Bartolo Longo è l’aver camminato senza progetti, senza calcoli, senza piani – se si esclude quel piano di vita spirituale che era il tesoro nascosto nel suo cuore di discepolo di Cristo, fatto subito dopo la sua “conversione” e a cui tenne fede fino alla morte. Questa opera pompeiana: la Basilica, le orfanelle e gli orfanelli, i figli e le figlie dei carcerati, gli asili, le scuole, le case di riposo, la “Nuova Pompei” e soprattutto quel vasto movimento di rosarianti di tutto il mondo, è cresciuta al ritmo del suo cuore ardentemente apostolico. Come un seme che contiene tutto l’albero, ma prima mette le foglioline, poi si distende e porta fiori e frutti. Bartolo era consapevole di questo continuo esplodere di opere attraverso le sue mani, di questa primavera di carità. Si riteneva uno strumento di Dio e nulla più, uno che, a un tratto è sorpreso e sorpassato dal soprannaturale e che è stupito dell’intervento divino. Nell’ottobre del 1883 tutto il rustico della Basilica è completato. Gli associati al “novello Tempio in Pompei” sono dodicimila.
La “Supplica” che Bartolo Longo ha scritto viene recitata, fin dal 1884, a mezzogiorno dell’8 maggio e della prima domenica di ottobre. La “Supplica” sarà una preghiera che incendierà d’amore alla Madonna l’Italia, l’Europa, il mondo. L’8 maggio 1887, il Card. Monaco La Valletta, Legato di Leone XIII, pose sul capo della Vergine e del Bambino un diadema di pietre preziose, consacrando il nuovo altare, dopo che, nel 1885, era stata costruita la nuova Abside.
Una folla sterminata di sacerdoti e di fedeli invase letteralmente la Nuova Pompei, la Valle non più malfamata, ma diventata santa. In quindici anni, quanti ne erano fino al 2002 i misteri del Santo Rosario, Bartolo Longo aveva portato a termine una Chiesa di pietra, ma aveva anche fatto di Pompei “il paese delle anime” che “stanche di tornare nel tradito deserto della vita, domandano imperiosamente un conforto”. I “Quindici sabati”, “Storia, prodigi e novena della Vergine del Santissimo Rosario di Pompei”, “Il Rosario e la Nuova Pompei” contribuiranno al rinnovamento della fede e delle opere di carità della Chiesa Cattolica in ogni continente. Fratelli e sorelle, continua così nel tempo della Chiesa, e dunque nel nostro tempo, a realizzarsi l’annunzio profetico di Gesù: “Lo Spirito del Signore è sopra di me … Egli mi ha mandato a predicare ai poveri la Buona Novella … (Lc. 4, 18-19). Il 10 gennaio 2004 nella Basilica di San Pietro in Vaticano, il Card. Angelo Sodano, allora Segretario di Stato, ordinandomi vescovo mi ha chiesto: “Vuoi essere sempre accogliente e misericordioso, nel nome del Signore, verso i poveri e tutti i bisognosi di conforto e di aiuto?”. Gli ho risposto: “Sì, lo voglio”. La domanda non era stata retorica, la mia risposta è stata sincera e impegnativa.
Ma ora la devo mettere in pratica, qui in mezzo a voi e con voi. “Per voi sono Vescovo e con voi sono cristiano” diceva Sant’Agostino rivolgendosi più di 1600 anni fa ai suoi fedeli. Il Papa mi ha mandato a voi. Eccomi! direbbe il Beato Giovanni XXIII (Papa Giovanni): “Ho messo i miei occhi nei vostri occhi, il mio cuore accanto al vostro cuore”. Ora si tratta di camminare insieme per annunciare a tutti la grazia e la benevolenza di Dio, perché si realizzi la nostra liberazione. Nella metà di novembre del 2003, venendo tra voi, sono salito sul singolare campanile che abbellisce questa piazza del Santuario e un sacerdote mi ha mostrato alcune opere realizzate dalla fede del popolo di Dio e costruite da Bartolo Longo e mi ha aggiunto: “Questa è chiusa; anche l’altra non funziona più e un’altra ancora rischia di essere presto dismessa”. Sono tornato a Roma con il cuore triste e la notte ho pensato alla Chiesa, a Bartolo Longo, a voi, a questa mia Chiesa pompeiana. Fratelli e sorelle, il vescovo da solo può fare ben poco, senza i suoi sacerdoti, i religiosi e le Religiose, i movimenti impegnati del laicato cattolico, coloro che zelano per l’organizzazione del santuario, tutto il popolo di Dio che vive in Pompei. Non lasciatemi solo.
Mi rivolgo a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, anche quelli che non credono, ma che cercano e vivono per il bene, il giusto, il vero con cuore sincero. Perfino un anticlericale contemporaneo di Bartolo Longo scriveva nel 1886: “I fatti sono questi: che in una regione desolata e semibarbara si è riusciti a creare un movimento di vita, un desiderio di benessere e di progresso intellettuale, una coscienza di dignità umana. Non è poca cosa; e non è molto chiamarla miracolo”. Bartolo Longo ha cambiato la vita dei nostri padri con la potenza dello Spirito Santo invocato per mezzo di Maria Santissima. Lui, Bartolo Longo, si fece “Buon Samaritano” degli orfani, dei figli e le figlie dei carcerati, dei diseredati di ogni ceto sociale, costruendo in Pompei la “città dell’amore”, così da promuovere i veri poveri e restituendo loro la dignità di figli di Dio. Se lui oggi tornasse a ripercorrere le strade d’Italia con in mano quella “dolce catena che ci unisce al cielo”, il Santo Rosario, si chinerebbe come allora (1884- 1886) sull’infanzia non protetta, l’adolescenza offesa, la famiglia assediata e insidiata da mali dirompenti.
Guarderebbe con tenerezza le angustie dei disabili, lo smarrimento dei drogati, le solitudini e i disagi degli anziani, il ricupero dei carcerati e tante nuove povertà ignote alla negligenza delle legislazioni civili. Bartolo Longo non piangerebbe certo sulla tristezza dei tempi soltanto, ma si metterebbe senza indugi all’azione costruttiva e riparatrice. A Pompei, la fede in Cristo e in Maria Santissima si tramuta in preghiera, la preghiera in carità. A Pompei la Madre di Gesù e nostra è tutto.
La Madonna ha costruito Pompei. Senza di Lei, tu Pompei, non esisteresti, saresti come la città morta e dissepolta dalle ceneri del Vesuvio. E allora, Chiesa di Pompei, devi restare la “città
della misericordia e del perdono, il paese dell’anima e della pace recuperata”, “la piscina probatica dello spirito” dove la Madonna ci fa immergere per una purificazione rinnovata del cuore. Sette anni fa, ho piantato qui la mia tenda e ormai vi appartengo. Sarò vostro. Sono qui con l’animo disposto a restarvi fino a quando il Signore vorrà. Non sognerò altri orizzonti. Se questa è la terra che Cristo mi ha indicato attraverso l’obbedienza, Dio sia benedetto per mezzo di Maria Santissima che qui veneriamo come Beata Vergine del Santo Rosario. Venendo in questa Valle santificata da Maria Santissima, ho notato poca “visibilità” per il Santuario. Soltanto all’ultimo sull’autostrada, un solo cartello sbiadito e impolverato ricordava Pompei, mentre per tanti chilometri si parla, e giustamente, di “penisola sorrentina”. Dissi: «È troppo poco per un Santuario che riceve 4 milioni di pellegrini l’anno ed è accanto alla città greco-romana famosa anch’essa alla cultura mondiale, ai siti dell’archeologia.
Ma del Santuario quasi nessuna traccia. Perché? Sarò franco con voi, anche con le autorità civili: il Vescovo chiede sempre maggior “visibilità” per Pompei». San Paolo Apostolo, nella prima Lettera ai Corinti, (al cap. 13), passa in rassegna le qualità dell’amore di Dio e dei fratelli e dice: “La carità è paziente, è benigna … non si vanta, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto …, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta”. San Paolo lo scrive a tutti i cristiani. Bartolo Longo lo teneva come programma di vita e creò così questa città dal nulla. Il vostro Vescovo si ispirerà dunque nel servizio e nell’accoglienza a questo medesimo programma di vita. Ed ora, per finire, permettetemi di rivolgere la mia preghiera a Maria Santissima, la Beata Vergine del Santo Rosario. “O Augusta Regina delle Vittorie, o Sovrana del Cielo e della Terra al cui nome si rallegrano i Cieli e tremano gli abissi, o Regina gloriosa del Rosario, noi devoti figli tuoi, raccolti nel tuo Tempio di Pompei, effondiamo gli affetti del nostro cuore e con confidenza di figli ti esprimiamo le nostre miserie. Dal trono di clemenza dove siedi Regina, volgi, o Maria, il tuo sguardo pietoso su di noi, sulle nostre famiglie, sull’Italia, sull’Europa, sul mondo.  
(Mons. Carlo Liberati Arcivescovo - Prelato e Delegato Pontificio)
Mons. Carlo Liberati
Mons. Carlo Liberati nasce il 6 novembre 1937 a Matelica (MC), dove trascorrerà i primi tredici anni della sua vita. Cresciuto in una famiglia profondamente religiosa, con una solida tradizione di onorabilità e serietà professionale, sviluppa precocemente la vocazione alla vita ecclesiastica.
Nel 1950, dopo aver frequentato le scuole primarie a Matelica, entra nel seminario diocesano di Fabriano-Matelica, dove resterà fino al compimento   degli studi ginnasiali. Proseguirà l’iter liceale al Pontificio Seminario Regionale di Fano (PU), dove conseguirà il Baccellierato in Teologia nel giugno del 1962.
Nello stesso anno, il 29 luglio, viene ordinato sacerdote nella Cattedrale di Matelica, di cui diventa viceparroco alcuni mesi dopo.
Sempre attento alla formazione morale e religiosa dei giovani, in diocesi ricopre anche le funzioni di professore di Lettere in Seminario, di Assistente dell’Azione Cattolica Giovanile (GIAC) e di redattore del Settimanale diocesano “L’Azione”, tuttora fiorente.
Nel frattempo prosegue gli studi, iscrivendosi al biennio di Teologia Pastorale nella Pontificia
Università del Laterano, conseguendo la laurea nel 1969. Sei anni dopo, nella stessa università, si laurea in Diritto Canonico con il massimo dei voti e, durante gli studi universitari, viene chiamato nella Cancelleria del Tribunale dell’allora Sacra Romana Rota.
Con l’intento di far crescere l’istruzione religiosa e l’educazione cristiana della gioventù, insegna religione al Liceo Tasso di Roma, continuando, nel contempo, il suo lavoro rotale e frequentando i corsi della Pontificia Accademia Ecclesiastica a Piazza Minerva durante tutto il 1972.
Dal primo gennaio 1980 è chiamato a far parte della Congregazione delle Cause dei Santi in qualità di aiutante di studio e vi percorre tutto l’iter di servizio ecclesiale, fino al 2001, quando, il Santo Padre Giovanni Paolo II, lo nomina Delegato dell’Amministrazione del Patrimonio della Santa Sede Apostolica.
Per circa 22 anni, svolge così, presso quel Dicastero, un ruolo di primo piano come docente nello “Studium”, notaio dei Congressi, Redattore dei “Fogli di udienza” per i Decreti sulle virtù e la conclusione delle Cause di Beatificazione e Canonizzazione. Nel 1990, aveva inoltre contribuito in modo determinante al consolidamento, restauro e ristrutturazione di San Salvatore in Lauro e, nell’A.P.S.A., si impegnò affinché fosse impresso un ritmo più consono e rapido ai lavori di manutenzione degli edifici sede dei Dicasteri Pontifici.
Apprezzato da tutti per la sua intensa attività nella Curia Romana, dove ha esercitato il suo ministero sacerdotale nelle parrocchie di Casalbertone, San Luca al Predestino, Santa Lucia a Piazzale Clodio, viene nominato Delegato Pontificio di Pompei e Vescovo Prelato il 5 novembre 2003 e ordinato dal Cardinale Sodano il 10 gennaio 2004.
Fa il suo ingresso nella città mariana il 24 gennaio 2004. Il 7 luglio 2007, Papa Benedetto XVI lo eleva alla dignità di Arcivescovo.

Bartolo Longo guida i primi passi del nuovo Pastore di Pompei
Quasi ad inizio d’anno, come a indicare un cammino che riprende daccapo, Pompei ha sfogliato un’altra pagina importante della sua storia: ha accolto il suo nuovo pastore, ha spalancato nuovamente le porte della sua generosa accoglienza.
Il Vescovo che s’insedia nella sua diocesi è – dappertutto – molto più di un evento celebrativo, poiché rappresenta il compimento di un disegno provvidenziale chiamato a realizzarsi attraverso non solo progetti, più o meno definiti, ma una cura d’anime che vale a rendere unico e singolare il servizio del pastore alla sua Chiesa.
Il nuovo prelato, Monsignor Carlo Liberati, ha preso, dai primi passi del suo ingresso, la strada giusta per entrare nel cuore di una realtà di cui forse conosceva, fino a qualche tempo fa, soltanto gli echi. La città mariana, tuttavia, è come poche altre un libro aperto alla fede, un inno alle opere che da essa scaturiscono, quasi come il sigillo della sua autenticità.
Un animo sacerdotale non fa fatica a individuare da quali guide farsi indicare la via della verità di Pompei.
Monsignor Liberati si è fatto così introdurre nella sua nuova piccola, grande diocesi da chi ha iniziato l’opera, da colui che per prima ha smosso le antiche pietre di una valle derelitta e senza futuro per riscattarla al mondo e alla Chiesa in nome di Maria.
Bartolo Longo è stato subito, fin dai primissimi passi, la grande guida di un pastore che è andato umilmente, ma anche con fierezza, incontro al suo popolo, per il quale ha celebrato la sua prima eucaristia nel Santuario dove Pompei stessa è nata ed è quindi tempio della Vergine del Rosario, ma a titolo tutto speciale, anche casa comune di una comunità che porta impresso il sigillo di un rinnovato battesimo della fede.
Affidandosi alla guida di Bartolo Longo, il nuovo prelato ha potuto coniugare al futuro anche tutte le ricchezze che hanno reso unica e irripetibile la storia della città mariana. Il fondamento della carità, proietta di per sé, in orizzonti sempre nuovi, la capacità di rispondere alle sfide di una società in profonda mutazione, ma che, certamente non ha meno bisogno che in passato di progetti e di gesti di solidarietà e di autentica condivisione. Così, nel nome del Fondatore e nelle parole del nuovo pastore, la vocazione – autentica e nuova – della città mariana, ha richiamato le gravi esigenze dell’infanzia non protetta, dell’adolescenza offesa, di una famiglia assediata e insidiata da mali dirompenti, accanto alla necessità di guardare con tenerezza le angustie dei disabili, lo smarrimento dei drogati, le solitudini e i disagi degli anziani.
Parole e temi che appartengono da sempre alla storia di Pompei, e di fronte ai quali può farsi largo la tentazione dello scoramento e della sfiducia.
"Bartolo Longo, ha affermato Monsignor Liberati nella sua omelia, non piangerebbe certo sulla tristezza dei tempi, ma si metterebbe senza indugi all’azione costruttiva e riparatrice".
Nel primo incontro del Vescovo con la sua nuova diocesi contano le parole, ma hanno valore anche i gesti. Monsignor Liberati, è parso subito pompeiano, come se, per lungo tempo, ne avesse respirato l’aria, seppure da lontano.
Il segno della venerazione mariana è un sigillo forte e, al contatto con il Santuario e la Città del Rosario, non poteva che farsi presente.
Dopo l’Anno del Rosario, concluso nel segno dell’indimenticabile pellegrinaggio di Giovanni Paolo II, Pompei riprende il suo cammino mettendo a guida delle sue speranze e delle sue attese un nuovo pastore.
Non si parte da realtà di poco conto.
Il cammino tracciato da Monsignor Sorrentino, nominato Segretario della Congregazione per il Culto Divino, è stato breve ma straordinariamente intenso, con molti segno già vitalmente all’opera.
Particolarmente importante è anche il segno di collegialità che la Conferenza Episcopale Campana ha saputo esprimere e consolidare proprio all’ombra del Santuario che, da centro spirituale della regione, è diventato anche il luogo operativo di molti momenti di una pastorale sempre più comunitaria.
Alla ricchezza degli sguardi benevoli su Pompei e sul ministero episcopale del nuovo vescovo, va aggiunta la preziosa e orante presenza del predecessore degli ultimi due pastori pompeiani: Monsignor Francesco Toppi, autentico uomo di Dio, faro di spiritualità non solo per la diocesi.
(Autore: Angelo Scelzo)
*Mons. Carlo Liberati elevato alla Dignità Arcivescovile
Il 7 luglio 2007, il Santo Padre Benedetto XVI, alla luce dell’impegno profuso dal Vescovo Prelato di Pompei e Delegato Pontificio per il santuario della Beata Maria Vergine del Santo Rosario, Mons. Carlo Liberati, lo ha elevato alla dignità di Arcivescovo, come riportato nella stessa data dal Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede.
Questo riconoscimento premia l’opera che, fin dal suo arrivo a Pompei, nel gennaio 2004, Mons. Liberati, sostenuto dai suoi collaboratori, ha messo in atto per rinnovare il santuario mariano e le sue opere, in tutti i campi: nel sociale, nella comunicazione e nella diffusione della devozione mariana, nell’accoglienza dei pellegrini, nella scuola. Numerose sono infatti le iniziative messe in atto dal nostro Prelato ed altre sono in via di realizzazione. Tra queste ricordiamo, soprattutto, l’edizione in lingua spagnola della rivista "Il Rosario e la Nuova Pompei"; le nuove opere di carità, conformi alle leggi vigenti; l’acquisto, grazie alle offerte dei fedeli, dei nuovi banchi per la Basilica; la nascita della sede pompeiana della "Comunità Incontro" di Don Pierino Gelmini; lo sviluppo dell’Ufficio del Rettorato, per una migliore accoglienza dei pellegrini che ha portato, contestualmente ad un significativo incremento del numero dei fedeli che visitano il Santuario.
Tra i numerosi messaggi di congratulazioni che l’Arcivescovo ha ricevuto, particolarmente graditi sono stati quelli del Cardinale Angelo Sodano, già Segretario di Stato ed attualmente Decano del Collegio Cardinalizio, ed il manifesto fatto affiggere dal Sindaco della città mariana, Avv. Claudio D’Alessio. Il Porporato ha scritto: "Cara Eccellenza, ho visto nella sua promozione alla dignità arcivescovile un gesto paterno del Sommo Pontefice di grande considerazione per l’opera da Lei svolta a Pompei in questi tre anni di intenso lavoro apostolico. Le porgo, pertanto, le mie più vive congratulazioni, chiedendo al Padrone delle messe di continuare a benedire il Suo ministero pastorale".
Nel messaggio che il Primo Cittadino ha rivolto a tutti i pompeiani si leggeva: "Il sindaco, a nome di tutta la cittadinanza, esprime l’unanime esultanza. Al nostro novello Arcivescovo, preposto a guidare il popolo di Dio affidato alle sue cure pastorali, auguriamo possa continuare a fare rifiorire, conformandole alle moderne esigenze, le prestigiose opere sociali e caritative volute e fondate da Bartolo Longo. La collaborazione corale dell’intera Comunità Civile confermerà Pompei Cuore Mariano della Campania". A sua volta, Mons. Liberati ha espresso il suo grazie con un messaggio letto durante tutte le Messe: "Desidero ringraziare dal profondo del cuore i numerosissimi fedeli che si sono stretti con affetto intorno alla mia persona e mi hanno espresso fervidi e cordialissimi auguri in occasione della mia elevazione ad Arcivescovo il 7 luglio u. s. La mia gratitudine si rivolge prima alla augusta Persona del Santo Padre Benedetto XVI che circonda di affetto il Santuario della Beata Vergine Maria del Santo Rosario di Pompei, la nostra Prelatura e i quattro milioni e duecentomila pellegrini che visitano ogni anno il nostro Santuario. Voglio inoltre esprimere un grazie intenso e riconoscente al Sindaco di Pompei, Avv. Claudio D’Alessio, alla Giunta Comunale e alla intera cittadinanza per la finezza spirituale e la felicità di pensiero con le quali, plaudendo al gesto di fiducia del Santo Padre, hanno salutato pubblicamente l’avvenimento e auspicato il rifiorire delle opere caritative e sociali fondate e fermamente volute dal Beato Bartolo Longo. In questo, come ognuno può constatare, consiste l’impegno più grande del mio servizio ecclesiale di Pastore".
Anche il Direttore, Dott. Angelo Scelzo, e tutta la redazione della nostra rivista si uniscono al coro di congratulazioni ed elevano ringraziamenti al Signore.
(Autore: Sandra Franceschi)

*Mons.Tommaso Caputo - 15° Delegato

15° Vescovo del Santuario di Pompei

Mons. Tommaso Caputo è nato ad Afragola (NA) il 17 ottobre 1950.
Ha frequentato il Seminario Arcivescovile di Napoli ed ha conseguito la Licenza in Sacra Teologia presso la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, sezione “San Tommaso d’Aquino” (Napoli).
È stato ordinato sacerdote il 10 aprile 1974 per l’Arcidiocesi di Napoli, ove ha svolto i compiti  di formatore dei seminaristi liceali (1973/1974), di vice-parroco della Parrocchia di San Benedetto all’Arco Mirelli in Napoli (1974/1976) e di insegnante di religione nelle Scuole statali (1973/1976).
Alunno della Pontificia Accademia Ecclesiastica dall’ottobre 1976, ha contemporaneamente frequentato i corsi di Diritto Canonico presso la Pontificia Università Lateranense conseguendo il Dottorato.Mons. Tommaso Caputo
Al servizio della Santa Sede dal 25 marzo 1980, ha ricoperto gli incarichi di:

*Segretario della Nunziatura Apostolica in Rwanda (1980/1984)

*Uditore della Nunziatura Apostolica nelle Filippine (1984/1987)

*Consigliere della Nunziatura Apostolica in Venezuela (1987/1989)

Insediato il nuovo Arcivescovo di Pompei

In attesa dell'ingresso solenne che avverrà il prossimo 12 gennaio, il nuovo Arcivescovo di Pompei è arrivato, oggi, mercoledì 21 novembre, nella città mariana.
Mons. Tommaso Caputo, che lo scorso 10 novembre è stato nominato, dal Santo Padre Benedetto XVI, Arcivescovo Prelato e Delegato Pontificio per il Santuario della Beata Maria Vergine del Santo Rosario, accompagnato dal Cardinale Crescenzio Sepe, Arcivescovo di Napoli e Presidente della Conferenza Episcopale Campana, è stato accolto, nel Santuario, dall’Arcivescovo emerito di Pompei, Mons. Carlo Liberati.
Dopo la lettura della bolla di nomina, Mons. Caputo ha salutato i fedeli presenti e, inginocchiato davanti all’Icona della Madonna di Pompei, ha recitato una preghiera da lui composta per l'occasione.
Dopo il canto della Salve Regina, l'Arcivescovo Caputo si è recato nel palazzo della Delegazione Pontificia per gli adempimenti formali della presa di possesso.
Preghiera composta da Mons. Tommaso Caputo
Vergine del Santo Rosario di Pompei,
Madre nostra celeste,
siamo riuniti con fede in questo Santuario, tua casa;
abbiamo un unico desiderio:  
prendere te, come l’Apostolo Giovanni, nella nostra casa,
perché Tu possa riempire tutto lo spazio della nostra vita interiore,
il nostro io umano e cristiano,
come ci ha insegnato il Beato Giovanni Paolo II (RM, 45).

Oggi veniamo a Te, Madre dolcissima,
anche per chiedere la tua potente intercessione,
anzitutto sul nostro amato Santo Padre, Papa Benedetto XVI,
sia sempre colmo dello Spirito Santo per guidare la Chiesa di Dio.
Benedici il venerato Card. Crescenzio Sepe,
ed i suoi compiti di pastore della Chiesa di Napoli,
di Metropolita, di Presidente della Conferenza Episcopale Campana.
Colma di consolazioni il caro Arcivescovo Carlo Liberati.
Tu conosci le sue intenzioni,  
per nove anni ha servito con zelo e tenacia questa Chiesa di Pompei,  
egli, qui con noi, ci accoglie nel Tempio a Te dedicato,
e che ha voluto rinnovato e splendido.
Intercedi per me le grazie necessarie
per compiere in pienezza il piano di Dio.  
Ho accolto nella fede la chiamata del Santo Padre.
Possa essere strumento docile ed adeguato
perché insieme ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose,
ai collaboratori, ai fedeli tutti della Chiesa di Pompei,
formiamo una Chiesa che, recitando il Santo Rosario,
contempli con i tuoi occhi il volto di Cristo,
nostro Redentore e Salvatore,  
una Chiesa che, seguendo il tuo esempio di fede,
offra ai milioni di pellegrini che vengono ai tuoi piedi
esempio di comunione e di santità,  
riflesso della Trinità Santa,  
che vive e regna nei secoli eterni. Amen.
Pompei. Santuario, cerimonia di insediamento di mons. Caputo-  Venerdi 4 Gennaio 2013 ore 16:40
Sabato 12 gennaio avrà luogo nel centro storico della Pompei moderna la cerimonia per l’inizio del Ministero Pastorale del nuovo Arcivescovo-Prelato della città mariana, mons. Tommaso Caputo.
Il programma comunicato dall’ufficio stampa del Santuario della Beata Vergine del Rosario, prevede, alle ore 16, in piazza Immacolata, l’accoglienza del nuovo Prelato. A salutarlo e dargli il benvenuto sarà per primo, con un discorso, il sindaco di Pompei, Claudio D’Alessio. Seguirà il messaggio dell’Arcivescovo alla città ed al popolo dei fedeli, affezionati ai riti liturgici del Santuario, che sicuramente affluiranno a Pompei da tutta la Campania. Seguirà la processione che partirà da piazza Immacolata ed arriverà fino in Santuario, dove, alle ore 17, mons. Caputo presiederà la Concelebrazione Eucaristica. Sono previsti non meno di diecimila presenti e forse parteciperanno alla cerimonia anche alti prelati delle diocesi campane. In piazza Immacolata verrà allestito uno spazio riservato ai media, che potranno anche seguire la processione.  
Per l’occasione l’Assessorato al Turismo, di concerto con gli operatori del mercato dei fiori di Pompei, offrirà agli intervenuti la visione della magnifica immagine della Madonna del Rosario, realizzata magistralmente da maestri madonnari, convocati appositamente per l’eccezionale e storico evento.  (Autore: Mario Cardone)
Biografia
Mons. Tommaso Caputo è nato ad Afragola (NA) il 17 ottobre 1950.  Ha frequentato il Seminario Arcivescovile di Napoli ed ha conseguito la Licenza in Sacra Teologia presso la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, sezione “San Tommaso d’Aquino” (Napoli).
È stato ordinato sacerdote il 10 aprile 1974 per l’Arcidiocesi di Napoli, ove ha svolto i compiti di formatore dei seminaristi liceali (1973/1974), di vice-parroco della Parrocchia di San Benedetto all’Arco Mirelli in Napoli (1974/1976) e di insegnante di religione nelle Scuole statali (1973/1976).
Alunno della Pontificia Accademia Ecclesiastica dall’ottobre 1976, ha contemporaneamente frequentato i corsi di Diritto Canonico presso la Pontificia Università Lateranense conseguendo il Dottorato.
Al servizio della Santa Sede dal 25 marzo 1980, ha ricoperto gli incarichi di:
1. Segretario della Nunziatura Apostolica in Rwanda (1980/1984)
2. Uditore della Nunziatura Apostolica nelle Filippine (1984/1987)
3. Consigliere della Nunziatura Apostolica in Venezuela (1987/1989)
4. Consigliere di Nunziatura presso la Segreteria di Stato, responsabile della segreteria di S.E. Mons. Sostituto (1989/1993).
5. Il 19 giugno 1993 Papa Giovanni Paolo II lo ha designato Capo del Protocollo della Segreteria di Stato.
6. Il 3 settembre 2007 Sua Santità Benedetto XVI lo ha nominato Nunzio Apostolico in Malta e in Libia, elevandolo alla dignità Arcivescovile ed assegnandogli la sede titolare di Otricoli.
7. Ha ricevuto la consacrazione episcopale dal Santo Padre il 29 settembre 2007 nella Basilica Papale di San Pietro in Vaticano.
8. Il 10 novembre 2012 Papa Benedetto XVI lo ha nominato Prelato di Pompei e Delegato Pontificio per il Santuario della Beata Maria Vergine del S. Rosario di Pompei.
Conosce il francese, l’inglese e lo spagnolo.
Auguri da...
Diocesi di Nocera Inferiore - Sarno
Da alcuni giorni, Papa Benedetto XVi ha nominato il nuovo Prelato del Pontificio Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei,  Mons. Tommaso Caputo. Egli succede a S. E. Mons. Carlo Liberati, diventato Arcivescovo Emerito per raggiunti limiti di età.
La nostra diocesi, nell’augurare una lunga vita all’Arcivescovo Liberati, da il benvenuto nella Conferenza Episcopale Campana a Mons. Tommaso Caputo, che arricchirà la nostra regione ecclesiastica della sua esperienza pastorale e diplomatica.

*Consigliere di Nunziatura presso la Segreteria di Stato, responsabile della segreteria di  S.E.
Mons. Sostituto (1989/1993).

*Il 19 giugno 1993 Papa Giovanni Paolo II lo ha designato Capo del Protocollo della Segreteria di Stato.

*Il 3 settembre 2007 Sua Santità Benedetto XVI lo ha nominato Nunzio Apostolico in Malta e in Libia, elevandolo alla dignità Arcivescovile ed assegnandogli la sede titolare di Otricoli.

*Ha ricevuto la consacrazione episcopale dal Santo Padre il 29 settembre 2007 nella Basilica Papale di San Pietro in Vaticano.

*Il 10 novembre 2012 Papa Benedetto XVI lo ha nominato Prelato di Pompei e Delegato Pontificio per il Santuario della Beata Maria Vergine del S. Rosario di Pompei. Conosce il francese, l’inglese e lo spagnolo.
L’ingresso dell’Arcivescovo Tommaso Caputo
Accolto oggi, nella città Mariana, il nuovo Prelato
Una folla festante di fedeli ha accolto, oggi, alle 16.00, in Piazza Immacolata, Mons. Tommaso Caputo, nuovo Arcivescovo di Pompei.
A rivolgere il primo saluto è stato il Sindaco di Pompei, Avv. Claudio D’Alessio, che con un abbraccio fraterno, ha espresso, a nome della città, la gioia e l’emozione nel salutare il nuovo Pastore della Chiesa pompeiana, “un Pastore che guidi, conforti e ancoraggi tutta la città a fare sempre di più per la nostra terra”.
Subito dopo, il saluto di Mons. Caputo che, rivolgendosi alla città, ha auspicato che Chiesa e istituzioni pubbliche collaborino per il bene comune, pur nella diversità di funzioni.
“Tutti insieme abbiamo il dovere di volgere verso la città uno sguardo attento, tale che non siano trascurate, prima di tutto, quelle aree dalle quali emergono i disagi e le difficoltà per i più indifesi.
É un’area, lo sappiamo bene, che la grave crisi economica, erodendo le possibilità di lavoro, ha reso sempre più vasta. Anche per questo, Pompei deve avere occhi e cuore sempre aperti per poter esercitare senza mai stancarsi quella missione della carità per la quale è stata costruita e costituita”. Proprio gli ospiti delle Opere di Carità del Santuario hanno, con semplicità, donato al nuovo Pastore della Chiesa di Pompei, un Rosario.
È seguita la processione verso la Basilica, accompagnata dalla recita di alcuni Misteri del Santo Rosario. Giunto in Basilica, accolto dagli applausi dei presenti, Mons. Caputo ha raggiunto l’altare maggiore del Santuario, dove ha voluto raccogliersi in preghiera davanti all’Immagine venerata della Madonna del Santo Rosario. La Celebrazione Eucaristica è stata anticipata dalla lettura della Bolla di Nomina e dal saluto del Vicario Generale, Mons. Giuseppe Adamo.
Alla presenza dei Cardinali Crescenzio Sepe, Presidente della Conferenza Episcopale Campana e Arcivescovo di  The Apostolic Nuncio in Malta appointed as Bishop of PompeiNapoli, Agostino Vallini, Vicario di Roma, e Antonio Maria Vegliò, Presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti, Mons. Caputo ha presieduto la santa Messa, concelebrata dagli arcivescovi: Giovanni Angelo Becciu, Sostituto della Segreteria di Stato; Luciano Suriani, Delegato per le Rappresentanze Pontificie; Giuseppe Sciacca, segretario del Governatorato della Città del Vaticano; i nunzi Luigi Travaglino, Giovanni D’Aniello e Luciano Russo; i vicari apostolici di Tripoli e Bengasi, Giovanni Martinelli e Sylvester Magro; il metropolita di Malta, Paul Cremona, numerosi vescovi della Campania e di altre regioni, assieme a un centinaio di sacerdoti.
Di rilievo la presenza di George Abela, Presidente della Repubblica di Malta. Presenti anche diversi diplomatici, autorità civili e militari. Ha preso parte alla Celebrazione anche mons. Domenico Sorrentino, Vescovo di Assisi-Nocera Umbra, Arciescovo di Pompei dal 2001 al 2003, e altri numerosi altri vescovi italiani.
Nell’omelia, Mons. Caputo ha ricordato come Pompei sia «un mirabile disegno della Provvidenza, un messaggio compiuto della forza rigeneratrice della fede, una testimonianza concreta, quasi un monumento vivo innalzato alla speranza del mondo».  
Il Rosario, da cui è nata la nuova Pompei, può essere «una risposta straordinaria alla grande sfida della nuova evangelizzazione, alla quale ci chiama oggi il Santo Padre Benedetto XVI. Come pensare che Pompei, questa terra prediletta da Maria, possa non trovarsi in prima linea nel grande slancio per la nuova evangelizzazione?».

Un pensiero riconoscente è andato anche a chi lo ha preceduto: Francesco Saverio Toppi, morto in odore di santità, Domenico Sorrentino, attuale vescovo di Assisi, tra i concelebranti, e Carlo Liberati, che non potendo essere presente, ha mandato un messaggio di augurio.
Inizio del Ministero Pastorale di S. E. Mons. Tommaso Caputo -Arcivescovo Prelato e Delegato Pontificio per il Santuario di Pompei - 12 Gennaio 2013
Omelia
Cari fratelli e sorelle,
1. La solennità del Battesimo del Signore, al termine del periodo  liturgico del Natale, fa da cornice a questo nostro incontro.
Il Vangelo di oggi ci ha portato sulla riva del fiume Giordano. Dopo trenta anni di vita nascosta a Nazareth, passata quasi del tutto inosservata per il popolo, oggi, per Gesù, è come una nuova nascita: viene proclamato Messia e riceve lo Spirito che lo accompagnerà nella sua missione redentrice.
L’Evangelista Luca ci fa intravedere, nelle sue linee essenziali, il grande mistero della Santissima Trinità: Gesù è il Figlio prediletto del Padre e l’Unto dello Spirito Santo, è Colui nel quale trova compimento la storia della salvezza. Nel battesimo di Gesù al fiume Giordano riceve significato anche il nostro Battesimo: “il lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo” (Tt 3,5), una nuova nascita come Figli di Dio e l’immersione rigeneratrice per mezzo dello Spirito.
Quando pensiamo al nostro battesimo e alla confermazione, noi cristiani ci sentiamo orgogliosi di essere stati battezzati nel nome della Trinità Santissima e di essere stati confermati dallo Spirito Santo: prendiamo coscienza della nostra missione e ci sentiamo spinti dal soffio dello Spirito a evangelizzare e a rinnovare la faccia della terra.
É in questo contesto, che prende senso l’ingresso di un Vescovo nella sua Diocesi, per lui, per i suoi sacerdoti, per i religiosi, per le religiose, per i fedeli tutti: è la chiamata all’annuncio della Buona Novella, della nostra salvezza in Cristo, spinti dal soffio dello Spirito. E, a Pompei, siamo privilegiati, abbiamo, in modo speciale, un modello unico: Maria, la stella della nuova evangelizzazione.
2. Alla luce della fede di Maria e confidando nella Sua intercessione, sono spinto ad esprimere il mio stato d’animo in questa straordinaria circostanza. A pervadermi è un’onda di commozione, solo se penso un attimo a ciò che mi si pone di fronte: una terra prediletta da Maria, il Santuario della Beata Vergine del Santo Rosario con le molteplici opere di carità e la città mariana fondati dal Beato Bartolo Longo. Più che un luogo, Pompei appare come un mirabile disegno della Provvidenza, un messaggio compiuto della forza rigeneratrice della fede, una testimonianza concreta, quasi un monumento vivo innalzato alla speranza del mondo.
“Trionfo di Fede e di Carità: ecco Valle di Pompei. É la luce che prorompe dal Cuore di Dio, è il caldo di amore che infiamma il cuore dell’uomo. Carità senza Fede sarebbe la suprema delle menzogne. Fede senza Carità sarebbe la suprema delle incongruenze; Valle di Pompei le ha riunite in un magnifico equilibrio; due ali congiunte in un medesimo volo” (B. Longo, in RNP, 1925, 9).
É questa la grande vocazione di Pompei. E come segno di fedeltà a noi tocca andare in cerca delle radici profonde e più vere per rinverdirle e tenerle in vita. Ecco allora la meditazione dei misteri del Rosario - la  catena dolce che  ci rannoda a Dio  e che ci affratella – con i grani della corona che diventano, nelle nostre mani e nei nostri cuori, i rintocchi della chiamata all’amore a Cristo, alla scuola di Colei che ne è, oltre che la Madre, la prima discepola, l’innamorata per eccellenza. Ecco allora il Rosario, risposta straordinaria alla grande sfida della nuova  evangelizzazione, alla quale ci chiama oggi il Santo Padre Benedetto XVI.Come pensare che Pompei, questa terra prediletta da Maria, possa non trovarsi in prima linea nel grande slancio per la nuova evangelizzazione? Meditando i misteri del Rosario, preghiera al servizio della pace, preghiera di pace, siamo chiamati a contemplare il volto di Cristo, ad offrire oggi, al nostro mondo, tra le gioie e i dolori che ci affiancano, il messaggio della salvezza che viene da Cristo.

Non esiste compito più impegnativo ma anche più esaltante per Pompei, città di Maria. Durante la sua omelia qui a Pompei, il 19 ottobre 2008, Papa Benedetto XVI fece questo preciso appello: “Questo Santuario e questa città continuino soprattutto ad essere sempre legati a un dono singolare di Maria: la preghiera del Rosario. Quando, nel celebre dipinto della Madonna di Pompei, vediamo la Vergine Madre e Gesù Bambino cheù consegnano le corone rispettivamente a santa Caterina da Siena e a san Domenico, comprendiamo subito che questa preghiera ci conduce, attraverso Maria, a Gesù, come ci ha insegnato anche il Beato Papa Giovanni Paolo II nella Lettera Rosarium Virginis Mariae, in cui fa riferimento esplicito al Beato Bartolo Longo ed al carisma di Pompei”. Con la vostra collaborazione che mi dà tanto coraggio, cari sacerdoti, religiosi e religiose e laici, insieme saremo i messaggeri di questo carisma.
3. Desidero porgere un rispettoso e grato saluto a S.E. il Dott. George Abela, Presidente della Repubblica di Malta. Signor Presidente, la sua presenza, nel segno della sua fede cristiana e anche dell’amicizia, onora me e questa Chiesa di Pompei. Nel lasciare definitivamente Malta il 27 dicembre, ho portato con me il dono della profonda fede dei maltesi e dell’armonia sociale che regna nell’arcipelago. Saluto i confratelli Vescovi presenti. Penso con emozione e riconoscenza ai Pastori che si sono avvicendati prima di me nella Prelatura di Pompei.

In particolare, ricordo il compianto Mons. Francesco Saverio Toppi, morto in odore di santità e sepolto in questo Santuario; saluto il caro Mons. Domenico Sorrentino, il cui magistero è ancora vivo a Pompei; penso al caro Mons. Carlo Liberati che si è speso con grande zelo, fino ad alcuni giorni orsono. Permettetemi di porgere un grazie profondo per la loro presenza agli Em.mi Cardinali. Il Cardinale Crescenzio Sepe, Arcivescovo metropolita e Presidente della Conferenza Episcopale Campana. Ho ammirato la dedizione al Santo Padre, la generosità e l’abnegazione di Vostra Eminenza negli anni di servizio in Segreteria di Stato. Ora, sono stato da Lei accolto con premurosa attenzione. Il Cardinale Agostino Vallini, Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma. Sono stato alunno di Vostra Eminenza a Napoli e a Roma. L’amore alla Chiesa e ai sacerdoti trapelavano dalle sue lezioni. Vostra Eminenza, quando era Vescovo di Albano, ha avuto speciale carità con me: ha voluto occuparsi personalmente della mia convalescenza dopo un lungo periodo di malattia. Il Cardinale Antonio Maria Vegliò, Presidente del Pontificio Consiglio dei Migranti e Itineranti. La Provvidenza ha voluto che servissi nella Nunziatura di Manila qualche anno dopo di Lei e che, proprio a Manila - mentre Vostra Eminenza era Rappresentante Pontificio in Papua Nuova Guinea e nelle Isole Salomone - io abbia avuto l’opportunità di accoglierla più volte. La sua presenza cordiale dava un tocco di distensione a momenti e situazioni talvolta difficili.

Questa sera, oltre a fratelli vescovi della Campania e di regioni vicine sono presenti tra noi: S.E. Mons. Giovanni Angelo Becciu, Sostituto della Segreteria di Stato. A Lei, Eccellenza, che è uno dei più vicini Collaboratori del Santo Padre, mi permetto affidare i sentimenti miei e della Chiesa in Pompei di adesione al Magistero Pontificio e di obbedienza al Sommo Pontefice Benedetto XVI. Con Lei, da Roma, sono giunti l’Arcivescovo Luciano Suriani, Delegato per le Rappresentanze Pontificie; S.E. Mons. Giuseppe Sciacca - che ha disposto recentemente un atto di liberalità nei riguardi del Santuario di Pompei - : il Segretario della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede col Ragioniere Generale; il Direttore Generale della Libreria Editrice Vaticana; il Sotto-Segretario del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali, il Capo del Protocollo della Segreteria di Stato e tanti altri amici, tra cui alcuni Ambasciatori presso la Santa Sede. Sono anche presenti i Nunzi Apostolici presso la Fao e il Principato di Monaco, in Brasile, in Rwanda: gli Arcivescovi Travaglino, d’Aniello, Russo, tutti napoletani. Mi sembra doveroso menzionare inoltre la presenza dei Vescovi della Libia, Mons. Giovanni Martinelli, Vicario Apostolico di Tripoli, e Mons. Sylvester Magro, Vicario Apostolico di Bengasi. Con loro, negli ultimi cinque anni, ho condiviso l’ardore della testimonianza missionaria in una terra e tra un popolo che ho imparato ad amare e a stimare;
* dell’Arcivescovo Metropolita di Malta, Mons. Paul Cremona, Presidente della Conferenza Episcopale. Sono partito da Malta conquistato dalla fede dei maltesi e dalla comunione tra i vescovi;
* da Malta sono anche giunti, tra gli altri, il rappresentante dell’Associazione dei Religiosi e diversi sacerdoti,
* Un deferente saluto alle numerose Autorità civili e militari e ai rappresentanti delle Associazioni ecclesiali e di volontariato. La loro collaborazione sarà di grande aiuto nel servizio al bene comune di questa nostra amata terra. A tutti e a ciascuno – scusandomi fin d’ora con le altre personalità che non ho menzionato espressamente - il mio cordiale e grato pensiero. Ma la gratitudine più grande, in modo tutto speciale questa sera, va sempre al Signore.  Un grazie profondo, mio Signore, per ogni cosa e, in particolare, per questo orizzonte di grazia che si schiude per me nell’Anno della Fede! Lode alla Tua Santissima Madre! A te, Signore, presento il mio desiderio:  prendere Maria, come l’Apostolo Giovanni, nella mia casa, nel più profondo di me stesso  (Gv  19,27), perché Ella possa  riempire tutto lo spazio della mia vita interiore, il mio io umano e cristiano, come ha insegnato il Beato Giovanni Paolo II (RM, 45). Grazie, Signore, per questa chiamata del Santo Padre Benedetto XVI, che ho accolto nella fede. Desidero soltanto essere strumento docile ed adeguato, perché si compia il piano da Te stabilito. Grazie, Signore, per pormi nel solco di una lunga e singolare vicenda, nel segno di Maria, iniziata dal Beato Bartolo Longo, e che alla sede di Pietro è legata da vincoli del tutto speciali! Grazie, Signore, perché, sono certo che la Vergine Santa, che mi dimostra oggi la sua tenerezza di Madre, vorrà volgere il suo sguardo su di me ed accompagnare i miei passi, guidandomi nel cammino che insieme - sacerdoti, religiose, religiosi, collaboratori, pellegrini e fedeli tutti della Chiesa di Pompei - compiremo per crescere nella fede, essere saldi nella testimonianza e fare in modo che il Santuario della Beata Vergine e questa città fondata dal Beato Bartolo Longo possano diventare sempre più riflesso di una Chiesa che lasci trasparire tutto lo splendore del Volto di Cristo! Grazie, Signore, per il dono del sacerdozio e dell’episcopato! Grazie, Signore, per aver perdonato i miei peccati! Lode e gloria a te, Signore, nei secoli in eterno. Amen
                                                                        
+ Tommaso Caputo
                                        Arcivescovo Prelato e Delegato Pontificio
Inizio del Ministero Pastorale di S. E. Mons. Tommaso Caputo - Arcivescovo Prelato e Delegato Pontificio per il Santuario di Pompei - 12 Gennaio 2013
Messaggio alla Città
Illustre signor Sindaco,
Il saluto alla città, in questa piazza dedicata all'Immacolata, è il primo atto del mio ingresso ufficiale nella “città di Maria”. Sono i primi passi del ministero pastorale al quale mi ha benignamente chiamato il Santo Padre Benedetto XVI. Sono anche i passi che precedono, e quasi fanno da introduzione, alla solenne celebrazione eucaristica, culmine di questo primo incontro nel segno della comunità.
Sono grato del cordiale benvenuto che, anche a nome della città, Ella ha voluto esprimermi. Nelle sue parole ho avvertito l’eco di un’accoglienza calorosa e amichevole che certo mi aiuterà a entrare sempre più nel vivo di una realtà che già sento familiare e vicina.
Sulla via che ci conduce verso il cuore della “Nuova Pompei”, il Santuario della Beata Vergine del Rosario - posto dal Beato Bartolo Longo a fondamento della città è proprio il senso della comunità a rendersi vivo e a farsi  messaggio del legame di unità tra le due città di quest’unico territorio segnato in maniera irreversibile dall'eredità della storia, da una parte, e dalla novità della fede dall'altra. La singolarità e, in sostanza, la grandezza di Pompei è che essa può declinarsi in tutti i tempi fino a comporsi nell'espressione di storia della fede che, tenendo conto dell'antica città degli scavi e della Pompei redenta dalla preghiera e dalle opere di Bartolo Longo, rappresenta il compendio di tutto ciò che Pompei è oggi di fronte al mondo.
Pompei esprime in sé, come connaturata alla propria vicenda, l’esigenza di un dialogo di largo respiro - a “due polmoni”, secondo una felice definizione del Beato Giovanni Paolo II - e allo stesso tempo il bisogno di una condivisione piena, in grado di superare fratture e separazioni che non hanno ragione di esistere. Dalla storia dell'una e dell'altra città non può venire che un invito, anzi un'esortazione forte a un bene comune posto a vincolo del progresso e della crescita della comunità intera. Siamo di fronte non a due entità distinte, ma a un patrimonio che rende unica e irreplicabile questa nostra terra.
Un pensiero sento di dover rivolgere, in questo senso, al Soprintendente per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei.
Chiesa e istituzioni pubbliche, come pure gli organismi civili hanno compiti e funzioni diverse nell’esercizio delle proprie responsabilità; ed è giusto che la distinzione separi il campo delle rispettive attività. Ma l'obiettivo del bene comune è di per sé un legame che dovrebbe impedire visioni settoriali o parziali. Tutti insieme abbiamo il dovere di volgere verso la città uno sguardo attento, tale che non siano trascurate, prima di tutto, quelle aree dalle quali emergono i disagi e le difficoltà per i più indifesi. É un’area, lo sappiamo bene, che la grave crisi economica, erodendo le possibilità di lavoro, ha reso sempre più vasta.
Anche per questo, Pompei deve avere occhi e cuore sempre aperti per poter esercitare senza mai stancarsi quella missione della carità per la quale è stata costruita e costituita.
É di conforto vedere come la particolarissima natura di Pompei “città di Maria” e tempio vivo di una carità sempre all’opera, sia pienamente riconosciuta dalle autorità civili, che non fanno mancare anche segni visibili ed esteriori per sottolineare un tale carattere. Forse altro resta ancora da fare. Ma ciò appartiene al tratto di strada che da oggi, a partire da questa piazza - mentre ci incamminiamo verso il Santuario per la celebrazione eucaristica - ci apprestiamo a compiere insieme: al servizio dell'ininterrotta storia di fede di questa nostra bella e cara, e antica e nuova “città di Maria”.
                                                                      
 + Tommaso Caputo
                                        Arcivescovo Prelato e Delegato Pontificio
Inizio del Ministero Pastorale di S. E. Mons. Tommaso Caputo -   Arcivescovo Prelato e Delegato Pontificio per il Santuario di Pompei - 12 Gennaio 2013  
Saluto del Sindaco
Eccellenza Reverendissima, benvenuto nella terra della Vergine del Rosario, benvenuto nella terra di Bartolo Longo, benvenuto nella terra dell'antica Pompei, benvenuto tra noi.
È inutile nasconderLe che appena ci è giunta la notizia che un nuovo pastore avrebbe guidato la nostra prelatura tutti ci siamo chiesti chi fosse e da dove la provvidenza lo facesse giungere a noi.
Non voglio essere accusato di impertinenza, ma la soddisfazione e la gioia è stata tanta quanto abbiamo letto e capito che il nostro nuovo pastore è un uomo del sud, ma mi sia consentito, Eccellenza, nell'accezione più completa: non soltanto un uomo nato nel sud d'Italia ma che attraverso l'esperienza romana è anche un uomo del sud nella dimensione mediterranea.
Non toccava e non tocca certamente a noi, Eccellenza Reverendissima, valutare il curriculum del nostro nuovo pastore.
Ma mi sia consentito di esprimere il mio orgoglio di uomo del Mezzogiorno nel sapere che una persona nata nelle nostre terre è diventato la guida del nostro gregge.
Affermo ciò senza alcuna retorica ma perché credo che la fede cristiana è il bagaglio culturale più importante per l'identità storica della nostra gente.
Non dimenticare le nostre radici, saperle sempre valorizzare, renderle sempre attuali, far entrare sempre il  nostro illustre passato nel nostro quotidiano presente, significa aver capito che la fede cristiana ha rappresentato e deve rappresentare ancora oggi per tutti noi il punto di partenza per costruire, e rafforzare giorno per giorno i valori della dignità umana, della solidarietà, della generosità, della carità, secondo la lezione di Bartolo Longo.
Questa terra è stata baciata dalla storia e non solo da quella cristiana.  
Abbiamo il dovere di preservare questo tesoro e questo scrigno prezioso da cui attingere per dare sempre una speranza ai giovani nel loro futuro, per essere sempre una classe dirigente che sa servire degnamente il bene comune, per avere sempre il coraggio e la forza di seminare legalità, anche quando la scorciatoia dell'illegalità possa sembrare la strada più agevole.
Eccellenza Reverendissima, non Le nascondo che spesso, nella mia esperienza di Amministratore vedo e constato con sommo dispiacere che tanti vivono da emarginati proprio perche hanno scelto l’illegalità come regola di vita.  
Eppure penso che ognuno di noi ha diritto di sperare ma soprattutto deve impegnarsi per costruire una società in cui nessuno deve perdere la speranza nel futuro, considerando la legalità come una regola e mai come un'eccezione.
Questa speranza certo non può aspirare a verifiche e a successi immediati, ma deve anche predisporsi a sacrifici e a momenti oscuri.
Forse questo è il tempo che viviamo.
Eccellenza Lei deve aiutarci e guidarci a tenere accesa questa speranza perché ciascuno di noi, dal più piccolo al più grande, si senta chiamato a compiere quanto è in Suo potere per migliorare la terra in cui vive.
C'è l'età della denuncia, c'è l'età della condanna, ma vi è anche il tempo in cui l'etica della persona deve essere soprattutto luogo in cui la gente viene incoraggiata, animata, confortata.
La grande lezione dell'etica è: tu puoi fare di più, ti è possibile fare meglio, sei chiamato a qualcosa di più bello nella vita, essere onesti è possibile ma soprattutto è un'avventura straordinaria dello spirito umano.
Proprio di tale spirito di ottimismo, Eccellenza Reverendissima, noi abbiamo bisogno per non perderci nei lamenti sterili ma per essere più autenticamente noi stessi, perché vere persone, più liberi e più responsabili, rispettosi del nostro passato, ma fiduciosi nel nostro futuro.
Sono convinto, anzi sono certo, che Lei, Eccellenza Reverendissima, da uomo del sud è già il nostro ottimo pastore e quindi troverà le modalità, i metodi per tenere alto, mi sia consentito questo termine così abusato, lo spread della nostra fede.
É un'energia che ci consentirà di far diventare sempre questa terra più bella, spiritualmente e materialmente, più vicina ai bisogni dei deboli, attenta a capire i bisogni di tante famiglie e delle nuove generazioni che chiedono legittimamente certezza ed occupazione, sensibile agli anziani sempre più emarginati dalla società dell'avere e dell'immagine.
Questa sera, nel salutarLa cordialmente e nel ringraziarLa affettuosamente per tutto quello che di bello e di straordinario farà per noi, voglio anche umilmente ricordarLe che abbiamo bisogno che Lei ci aiuti a ricostruire la fiducia in noi stessi, quella fiducia che possa essere un viatico insieme di orgoglio e dignità per questa comunità, che Le assicuro, ha ancora tante potenzialità.
Abbiamo bisogno della scintilla della fede per accendere il fuoco di carità che Bartolo Longo accese nei cuori di tutti circa un secolo e mezzo fa.
Eccellenza Reverendissima benvenuto nella vostra terra, benvenuto nella vostra Pompei.
                                                                                                             
Avv. Claudio D’Alessio
                                                                       Sindaco di Pompei

Il Giubileo d’oro dell’Arcivescovo di Pompei, l’Arcivescovo Tommaso Caputo
Il 13 aprile Monsignor Tommaso Caputo, nella celebrazione dell’Eucarestia, ha reso grazie a Dio e alla Madonna del Rosario in occasione del suo anniversario.
Cinquant’anni a servizio della Chiesa
Una ricorrenza occupa il nostro pensiero gioioso: il giubileo sacerdotale del Prelato, l’arcivescovo Tommaso Caputo. Cinquant’anni di sacerdozio sono un tempo importante nel mistero della Chiesa, un dono di cui rendere grazie a Dio e alla Madonna. Un pastore è sempre tra la gente, in questo caso è guida di una moltitudine di persone che, in Santuario, vengono a trovare pace per le loro vite, ma nel cammino il vescovo non è avanti agli altri, ma si trova al centro tra gli uomini e le donne del nostro tempo. Non a caso, il 13 aprile, alla celebrazione dell’Eucarestia in occasione del 50°, erano presenti, insieme a numerosi confratelli vescovi, anche sacerdoti, diaconi, religiosi e laici di Pompei. Essere prete, e poi vescovo, è un ministero a servizio degli altri e il rendimento di grazie non poteva che essere di un’intera comunità chiamata a raccogliere il testimone di Bartolo Longo.
Il giubileo d’oro dell’Arcivescovo di Pompei
Cinquant’anni a servizio della Chiesa
La Comunità ecclesiale e civile di Pompei si è raccolta attorno al proprio Pastore, l’Arcivescovo Tommaso Caputo, per rendere grazie al Signore e alla Vergine Maria, nel cinquantesimo anniversario della sua ordinazione presbiterale, avvenuta il 10 aprile 1974, per le mani dell’allora Arcivescovo di Napoli, il compianto Cardinale Corrado Ursi. Il giorno esatto dell’anniversario, il Prelato era impegnato nella Visita ad Limina Apostolorum assieme agli altri vescovi della Conferenza Episcopale Campana e ha celebrato con loro l’Eucaristia nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. In diocesi, il rito di ringraziamento si è svolto sabato 13 aprile in Santuario. Hanno concelebrato gli Arcivescovi Salvatore Pennacchio, Presidente della Pontificia Accademia Ecclesiastica; Luigi Travaglino e Alessandro D’Errico, Nunzi Apostolici; Andrea Bellandi, Metropolita di Salerno-Campagna-Acerno; Orazio Soricelli, di Amalfi-Cava de’ Tirreni; i Vescovi di Aversa, Angelo Spinillo, di Pozzuoli e di Ischia, Carlo Villano; l’Ausiliare di Napoli, Michele Autuoro; Dom Riccardo Luca Guariglia, Abate Ordinario di Montevergine; gli Emeriti di Foggia-Bovino, Vincenzo Pelvi; di Pozzuoli e di Ischia, Gennaro Pascarella, e di Aversa, Mario Milano; i già Ausiliari di Napoli, Lucio Lemmo e Gennaro Acampa, assieme al clero pompeiano e a numerosi sacerdoti amici e compagni di studio. Erano presenti il Cardinale Crescenzio Sepe, Arcivescovo Emerito di Napoli, la sottosegretaria Pina Castiello, il Prefetto di Napoli, Michele di Bari, il Sindaco di Pompei, Carmine Lo Sapio e quello di Afragola, Antonio Pannone, altre autorità civili e militari, oltre a familiari, amici, religiose, religiosi, membri delle comunità parrocchiali, rappresentanti di associazioni e movimenti, responsabili delle Opere sociali del Santuario e tanti cittadini di Pompei e di Afragola. La Celebrazione è stata animata dal Coro Pompeiano “Don Franco Di Fuccia”, diretto dal Ma[1]estro Francesco Federico. Nel saluto iniziale, il Vicario Generale ha ricordato che «i giubilei rappresentano delle pietre miliari nella vita. Secondo la tradizione biblica, il giubileo è tempo di gioia e di rendimento di grazie. A più riprese Gesù insiste sulla gioia come un Suo dono: “Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv 15,11). È lui stesso a pregare il Padre: “Ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in sé stessi la pienezza della mia gioia” (Gv 17,13). Una pienezza di gioia di cui i discepoli devono essere non semplici annunciatori ma testimoni (mártyres) e collaboratori. “Collaboratori della vostra gioia” (2Cor 1, 24) è l’espressione paolina che il nostro Prelato ha scelto per il suo stemma episcopale. Collaboratore della gioia della fede, perché la Chiesa che è in Pompei sia testimone coerente del Vangelo della gioia». Ha, poi, aggiunto i ringraziamenti «per la premura pastorale e per l’impegno quotidiano nello svolgimento del Suo prezioso ministero». E ha terminato, augurando che il Signore lo ricompensi «con l’abbondanza delle sue Benedizioni in questa giornata speciale e in tutte le sfide future. Possano tutti i Suoi progetti realizzarsi ed essere portatori di gioia e soddisfazione per Lei e per l’intera comunità pompeiana formata da fedeli e pellegrini. Il nostro augurio, che si trasforma in preghiera, – perché la Chiesa che è a Pompei sia testimone credibile del Vangelo della gioia -, è che possiamo chiamarci l’un l’altro: “mio gaudio e mia corona” (Fil 4,1) essendo il “collaborare alla Gioia dei Fratelli” non solo un “dovere primario” di ogni Cristiano, ma anche un evidente frutto che il proprio cammino è correttamente orientato verso Gesù, Unica Vera Fonte della nostra Gioia». Nell’omelia, il Prelato ha espresso il proprio ringraziamento a Dio e alla Vergine per il dono della vocazione e ha raccontato che cinquanta anni fa, giungeva «all’ordinazione ricco di una grazia ricevuta in seminario, a Capodimonte, negli anni successivi al Concilio Vaticano II, anni di grande entusiasmo, anni di grandi cambiamenti. Insieme ad altri seminaristi avevamo capito che, in Gesù morto e risorto per noi, l’Amore di Dio per ognuno è immenso. Dio Padre, amore infinito, si fa presente in ogni situazione della vita; nulla sfugge alla sua paternità che tutto avvolge e sostiene: ogni uomo, io, voi, la Chiesa, il mondo, l’universo. E – comprendevamo – che se Dio mi è Padre, tutti sono miei fratelli in Gesù, tutti devono essere prediletti senza distinzione, fin[1]ché l’umanità non diventerà una sola famiglia. Ed iniziò una gara di fraternità, fondata sulla Parola di Dio vissuta e condivisa, nella luce di Gesù crocifisso
Ha, poi, confidato di aver sentito tante volte «Maria vegliare sui miei passi e su questa Chiesa partico[1]lare a me affidata! Quante volte, meditando i misteri del Rosario, ho sperimentato come la Beata Vergine, Madre di Dio e Madre nostra, è davvero la porta per andare verso Cristo Salvatore, perché modello perfetto di contemplazione del Volto del suo Divin Figlio. Come non potrei rendere grazie per la ricchezza di doni che Pompei ha riversato sulla mia strada? Qui la carità dei Fondatori ha originato le Opere, mentre la fede della comunità ha espresso, nel tempo, un presbiterio fedele alla propria vocazione e dedito all’edificazione del popolo santo di Dio. Pompei è in realtà una sola grande Opera del Signore per mano e per cuore di Maria». Le letture e le preghiere dei fedeli sono state lette da rappresentanti delle parrocchie, delle associazioni, del[1]le Opere sociali e dei dipendenti del Santuario. Dopo l’orazione per la Santa Chiesa di Dio, si è pregato per[1]ché il Vescovo «configurato a Cristo nella pienezza del sacerdozio, sia arricchito di ogni dono dello Spirito per la missione di insegnare, santificare e custodire il santo Popolo di Dio a lui affidato». Le successive invocazioni sono state per «quanti sono stati illuminati, confortati, riconciliati mediante il ministero sacerdotale del Vescovo Tommaso, perché facciano fruttificare sempre più il dono della grazia ricevuta, per vivere la perfezione dell’amore di Dio» e per «i familiari, i collaboratori, gli amici del Vescovo Tommaso, perché siano confermati nel dono della fede e dell’amore e ricompensati di ogni gesto, parola e opera compiuti per la causa del Regno di Dio». L’ultima preghiera è stata «per la Chiesa pellegrina in Pompei, perché l’intercessione della Vergine Maria e del Beato Bartolo Longo facciano fiorire numerose vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa a servizio del suo carisma». Al termine, Don Enrico Gargiulo, Cancelliere della Prelatura, ha letto la traduzione della Lettera di Papa Francesco: «Al Venerabile Fratello Tommaso Caputo Arcivescovo Prelato di Pompei o della Beatissima Vergine Maria del SS.mo Rosario che celebra il giubileo d’oro dell’ordinazione presbiterale ricevuta nella nativa arcidiocesi di Napoli, e ha esercitato con costanza e diligenza incarichi, prima presso la Segreteria di Stato, poi come Nunzio Apostolico a Malta e in Libia, e più di recente come Arcivescovo Prelato di

               

Pompei, giungano le congratulazioni per i servizi resi alla nostra carità fraterna e per il sollecito impegno svolto a favore della salvezza delle anime, nel quale è animato dal costante e sapiente servizio a Cristo e al bene della sua Chiesa, sostenendo premurosamente nella carità il popolo di Dio, della cui gioia è divenuto collaboratore. Mentre auspichiamo ogni bene, impartiamo volentieri a lui, al suo gregge e alle persone a lui vicine l’augurale Benedizione, chiedendo preghiere per il Nostro ministero petrino». Il Sindaco di Pompei, Carmine Lo Sapio, a nome della città, ha donato all’Arcivescovo, una pregevole opera, che richiama le corone del Santo Rosario poste nelle mani di Gesù Bambino e della Madonna nell’Icona venerata in Basilica, che è stata collocata nel Museo del Santuario e potrà, così, essere ammirata dalle migliaia di pellegrini che vi giungono quotidianamente. Al termine della Concelebrazione, si è svolto un momento di festa durante il quale tutti hanno potuto porgere i propri auguri all’Arcivescovo.
(Autore: Loreta Somma)
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