Esseri Umani
*Due amici *E' arrivato un mostro *E nessuno è venuto? *Eliogabalo e Matusalemme *Fhater Forgets *Giallo in fabbrica *Gli amici e l'orso *Gli auguri *I due boscaioli *Il cacciatore *Il capro espiatorio *Il clown *Il debito *Il detenuto e la formica *Il funambolo *Il fuoco *Il miraggio *Il pellegrino e i 3 spaccapietre *Il povero *Il professore e il barcaiolo *Il progresso *Il segnale *La collaborazione *La consolazione *La corruzione *La cosa più bella del papà *La direzione sbagliata *La lezione *La macchiolina nera *La madre speciale *La mano del droghiere *La mano e la sabbia *La mano *La preghiera *La scala *La tentazione *La vecchia signora scorbutica *L'educazione *L'offerta *Non sono in vendita *Per accorciare la strada *Perchè avete paura *Prendimi la mano *Quando Dio creò il papà *Quanto guadagni in un'ora? *Trenta consigli per genitori frettolosi *Tutta la forza *Un decalogo per il papà *Un vero cieco *Una poesia d'amore *Uno strano giovane
Il bambino arrivò a casa in lacrime. Il nonno gli corse incontro e lo strinse tra le braccia. Il bambino continuò a singhiozzare. Il nonno lo accarezzò, cercando di calmarlo.
«Ti hanno picchiato?» gli chiese.
Il bambino negò scuotendo la testa.
«Ti hanno rubato qualcosa?».
«No» singhiozzò il bambino.
«Ma che ti è successo, allora?» fece il nonno, preoccupato.
Il bambino tirò su con il naso, poi raccontò: «Giocavo a nascondino, ed io mi ero nascosto proprio bene. Ero là che aspettavo, ma il tempo passava... Ad un certo punto sono uscito fuori e... mi sono accorto che avevano finito di giocare ed erano andati tutti a casa e nessuno era venuto a cercarmi». I singulti gli scuotevano il piccolo petto. «Capisci? Nessuno è venuto a cercarmi».
«Verso sera l'uomo e la donna sentirono che Dio, il Signore, passeggiava nel giardino. Allora, per non incontrarlo, si nascosero tra gli alberi del giardino. Ma Dio, il Signore, chiamò l'uomo e gli disse: "Dove sei?". L'uomo rispose: "Ho udito i tuoi passi nel giardino. Ho avuto paura perché sono nudo e mi sono nascosto"» (Genesi 3,8-10).
L'episodio riguarda tutti gli uomini di tutti i tempi Soprattutto gli uomini della nostra generazione. «Dove sei?». Forse ti sei nascosto. Per paura. Per vigliacche Per pigrizia. Ma Dio continua a cercarti.
Dopo aver ascoltato la parabola del tesoro nascosto nel campo, al catechismo, un bambino disse: «Dio, per te io sono un tesoro!».
Non era proprio questo il senso della parabola, ma aveva ragione il bambino.
Il piccolo e zoppo Matusalemme ed Eliogabalo (detto Gabalo) erano due ragazzi poveri della città. Avevano sempre vissuto, dalla nascita, nel collegio dei ragazzi poveri. "Sai che domani è Natale?" chiese Gabalo, un giorno che tutti e due stavano spalando la neve dall'ingresso dell'istituto. "Ah, davvero?" rispose Matusalemme. "Spero proprio che la signora Pynchurn non se ne accorga. Diventa particolarmente antipatica nei giorni di festa!". L'antipatica signora Pynchum era la direttrice dell'istituto dei poveri, ed era temuta da tutti.
Matusalemme proseguì: "Gabalo, tu credi che Babbo Natale ci sia davvero?". "Certo che c'è". "E allora perché non viene mai qui alla casa dei poveri?". "Beh", rispose Gabalo, "noi stiamo in una strada tutte curve, lo sai no? Forse Babbo Natale non riesce a trovarla". Gabalo cercava sempre di mostrare a Matusalemme il lato bello delle cose, anche quando non c'era!
Proprio in quel momento un'automobile investì un povero cane che cadde riverso sulla neve. Gabalo corse subito in suo aiuto e vide che aveva una zampa rotta. Fece una stecca e fasciò strettamente la zampa del cane. Gabalo lesse sul collare che il cane apparteneva al dottor Carruthers, un medico famoso nella città. Lo prese in braccio e si avviò verso la casa dei dottore.
Il dottore aveva una gran barba bianca lo accolse con un sorriso e gli chiese chi aveva immobilizzato e steccato così bene la zampa dei cane.
"Perbacco, io, signore", rispose Gabalo e gli raccontò di tutti gli altri animali ammalati che aveva guarito. "Sei un ragazzo davvero in gamba!" gli disse alla fine il dottor Carruthers guardandolo negli occhi. "Ti piacerebbe venire a vivere da me e studiare per diventare dottore?".
Gabalo rimase senza parole. Andare lontano dalla signora Pynchum e non essere più uno "della Casa dei Poveri", diventare un dottore! "Oh, oh s-s-sì, signore! Oh...". Improvvisamente la gioia svanì dai suoi occhi. Se Gabalo se ne andava, chi si sarebbe preso cura del piccolo e zoppo Matusalemme? "Io... io vi ringrazio, signore" disse. "Ma non posso venire, signore! E prima che il dottore scorgesse le sue lacrime corse fuori dalla casa".
Quella sera, il dottor Carruthers si presentò all'istituto con le braccia cariche di pacchetti. Quando Matusalemme lo vide cominciò a gridare: "É arrivato Babbo Natale!". Il dottore scoppiò a ridere e, mentre consegnava al ragazzo un pacchetto dai vivaci colori, notò che zoppicava e gli fece alcune domande. Dopo un attimo, il dottor Carruthers disse: "Conosco un ospedale in città dove potrebbero guarirti. Hai parenti o amici?". "Oh, sì", rispose subito Matusalemme, "ho Gabalo!". Il dottore lanciò uno sguardo penetrante a Gabalo. "E' per lui che non hai voluto venire a stare da me, figliuolo". "Beh, io... io sono tutto quello che lui possiede", rispose Gabalo. Il dottore, profondamente commosso, disse: "E se prendessi anche Matusalemme con noi?".
Questa volta a Gabalo non importò che tutti vedessero le sue lacrime, e Matusalemme si mise a battere le mani dalla gioia. Naturalmente non sapeva che sarebbe guarito e che un giorno Gabalo sarebbe diventato un chirurgo famoso. Tutto quello che sapeva era che Babbo Natale aveva trovato la strada per la casa dei poveri e che lo portava via con Gabalo.
E la vita è tutto quello che abbiamo.
Il piccolo Carlo era un bambino timido e tranquillo. Un giorno arrivò a casa e disse a sua madre che avrebbe voluto preparare una cartolina di San Valentino per tutti i suoi compagni di classe. La madre istintivamente esclamò: «Ma no! Non è il caso!».
Ogni giorno osservava i bambini quando tornavano a casa a piedi da scuola. Il suo Carlo arrancava sempre per ultimo.
Gli altri ridevano e formavano un'allegra e rumorosa combriccola.
Ma Carlo non faceva mai parte del gruppo.
La madre decise di aiuta il figlio e acquistò cartoncini e pennarelli. Per tre settimane, sera dopo sera, Carlo illustrò meticolosamente trentacinque cartoline di San Valentino.
Giunse il giorno di San Valentino e Carlo era fuori di sé per l'emozione. Le accatastò con cura, le mise nello zainetto e corse fuori. La madre decise di cucinargli il suo dolce preferito e farglielo trovare con una tazza di cioccolata calda per quando sarebbe tornato a casa da scuola.
Sapeva che sarebbe rimasto deluso e forse in questo modo gli avrebbe alleviato il dolore.
Avrebbe dato una cartolina a tutti, ma lui non ne avrebbe ricevuta nemmeno una. Quel pomeriggio preparò la torta e la cioccolata.
Quando udì il solito vociare dei bambini, guardò fuori della finestra. Stavano arrivando, ridendo e chiacchierando come al solito.
E come sempre l'ultimo era Carlo. Da solo.
Entrò in casa quasi di corsa e buttò lo zaino su una sedia. Non aveva niente in mano e la madre si aspettava che scoppiasse in lacrime.
«La mamma ti ha preparato la torta e la cioccolata», disse, con un nodo in gola. Ma lui quasi non sentì le sue parole. Passò oltre, il volto acceso, dicendo forte: «Neanche uno.
Neanche uno!».
La madre lo guardò incerta. E il bambino aggiunse: «Non ne ho dimenticato neanche uno, neanche uno».
«Questa è la volontà del Padre che mi ha mandato: che io non perda nessuno di quel che mi ha dato» (Giovanni 6,39).
Neanche uno.
1. Fermati dieci minuti e ascolta un po' di musica.
2. Cammina ogni volta che puoi.
3. Abbraccia ogni giorno le persone che ami e dì loro: "Ti voglio bene".
4. Festeggia compleanni, anniversari, onomastici e tutto quello che ti viene in mente.
5. Sii gentile con tutti. Anche con quelli di casa tua.
6. Sorridi.
7. Prega.
8. Aiuta qualcuno che ha bisogno di te.
9. Coccolati.
10. Guarda il cielo e punta in alto.
"Il tuo piccolo è morto", gridarono al vecchio leopardo. "Lo abbiamo trovato nell'erba, giù nella valle". Il leopardo ruggì di dolore e di collera. "Chi l'ha ucciso? Ditemi chi l'ha ucciso, perché io mi possa vendicare".
"É stato l'elefante".
"L'elefante?".
"Sì, l'elefante".
Siamo più simili a uomini quando giudichiamo.
Siamo più simili a Dio quando perdoniamo.
Una bambina torna dalla casa di una vicina alla quale era appena morta, in modo tragico, la figlioletta di otto anni.
“Perché sei andata?” le domanda il padre.
“Per consolare la sua mamma”.
“E che potevi fare, tu così piccola, per consolarla?”.
“Le sono salita in grembo e ho pianto con lei”.
Se accanto a te c’è qualcuno che soffre, piangi con lui. Se c’è qualcuno che è felice, ridi con lui. L’amore vede e guarda, ode e scolta. Amare è partecipare, completamente, con tutto l’essere. Chi ama scopre in sé infinite risorse di consolazione e di compartecipazione. Siamo angeli con un’ala sola: possiamo volare solo se ci teniamo abbracciati.
I lavori cominciarono ben presto. Ma, approfittando di questa cieca fiducia, il capomastro pensò di usare materiali scadenti, di assumere operai poco competenti a stipendio più basso, e di intascare così la somma risparmiata.
Quando la villa fu terminata, durante una festicciola, il capomastro consegnò al Presidente della società la chiave d'entrata.
Il Presidente gliela restituì sorridendo e disse, stringendogli la mano: «Questa villa è il nostro regalo per lei in segno di stima e di riconoscenza».
Il papà chiede ad Alessio, 5 anni:
«Che cosa ti piace di più del papà?».
E Alessio, dopo aver riflettuto un po’:
«La mamma».
«Quand'è che ti accorgi che la tua famiglia va bene?» chiesero ad una bambina.
«Quando vedo il papà e la mamma che si danno i bacetti» rispose.
I genitori non devono nascondersi nell'armadio per darsi i bacetti. Ogni volta che manifestano l'a che li unisce, i bambini si sentono inondati di calda e gioiosa fiducia. Sanno bene che l'amore dei genitori è l'unica roccia solida su cui si possa costruire la loro vita.
Il bambino era appena stato scoperto a dire una bugia. Il padre, comprensivo e moderno, sapeva che quella bugia in particolare non era importante, ma lo era il concetto morale di mentire.
Così interruppe quello che stava facendo e si sedette insieme al figlio per spiegargli, con un linguaggio semplice, perché doveva sempre dire la verità, qualunque cosa accadesse, cascasse il mondo…
Squillò il telefono.
Il figlio che stava cercando di ingraziarsi il padre disse: “Vado io!”. E corse a rispondere al telefono. Ritornò poco dopo. “è l’assicuratore, papà”.
“Uffa! Proprio adesso? Digli che non ci sono”.
È così facile dare falsa testimonianza.
*La macchiolina nera
Una volta, un maestro fece una macchiolina nera al centro di un bel foglio di carta bianco e poi lo mostrò agli allievi. “Che cosa vedete?”, chiese. “Una macchia nera!”, risposero in coro. “Avete visto tutti la macchia nera che è piccola piccola”, ribattè il maestro, “e nessuno ha visto il grande foglio bianco”.
Nel Talmud, che riunisce la saggezza dei maestri ebrei dei primi cinque secoli, è scritto: “Nel mondo a venire, ciascuno di noi sarà chiamato a rendere conto di tutte le belle cose che Dio ha messo in terra e che abbiamo rifiutato di vedere”. La vita è una serie di momenti: il vero successo sta nel viverli tutti. Non rischiare di perdere il grande foglio bianco, per inseguire una macchiolina nera.
Vi è mai capitato di chiedervi come vengono scelte le madri dei figli handicappati?
In qualche maniera riesco a raffigurarmi Dio che dà istruzioni agli angeli, che prendono nota in un registro gigantesco.
“Armstrong, Beth, figlio. Santo patrono, Matteo…”.
“Forest, Marjoire, figlia. Santa patrona, Cecilia”.
“Rutledge, Carrie, gemelli. Santo patrono… diamo Gerardo. È abituato alla scarsa religiosità”.
Finalmente, passa un nome a un angelo e sorride: “A questa, diamole un figlio handicappato”.
L’angelo è curioso. “Perché a questa qui, Dio? È così felice”.
“Esattamente”, risponde Dio sorridendo. “Potrei mai dare un figlio handicappato a una donna che non conosce l’allegria? Sarebbe una cosa crudele”.
“Ma ha pazienza?”, chiede l’angelo.
“Non voglio che abbia troppa pazienza, altrimenti affogherà in un mare di autocommiserazione e pena. Una volta superati lo shock e il risentimento, di sicuro ce la farà”.
“Ma, Signore, penso che quella donna non creda nemmeno in Te”.
Dio sorride. “Non importa. Posso provvedere.
Quella donna è perfetta. È dotata del giusto egoismo”.
L’angelo resta senza fiato. “Egoismo? È una virtù?”.
Dio annuisce. “Se non sarà capace di separarsi ogni tanto dal figlio, non sopravviverà mai. Sì, ecco la donna a cui darò la mia benedizione di un figlio meno che perfetto. Ancora non se ne rende conto, ma sarà da invidiare.
Non darà mai per certa una parola. Non considererà mai che un passo sia fatto in comune. Quando il bambino dirà “mamma” per la prima volta, lei sarà testimone di un miracolo e ne sarà consapevole. Quando descriverà un albero o un tramonto al suo bambino cieco, lo vedrà come poche persone sanno vedere le mie creazioni.
Le consentirò di vedere chiaramente le cose che vedo io – ignoranza, crudeltà, pregiudizio -, e le concederò di levarsi al di sopra di esse. Non sarà mai sola, io sarò al suo fianco ogni minuto di ogni giorno della sua vita, poiché starà facendo il mio lavoro infallibilmente come se fosse al mio fianco”.
“E per il Santo patrono?”, chiede l’angelo tenendo la penna sollevata a mezz’aria.
Giorgio, un ragazzo di tredici anni, passeggiava sulla spiaggia insieme alla madre.
Ad un tratto le chiese: "Mamma, come si fa a conservare un amico quando finalmente si è riusciti a trovarlo?".
La madre meditò qualche secondo, poi si chinò e prese due manciate di sabbia. Tenendo le palme rivolte verso l'alto, strinse forte una mano: la sabbia le sfuggì tra le dita, e quanto più stringeva il pugno, tanto più la sabbia sfuggiva.
Tenne invece ben aperta l'altra mano: la sabbia vi restò tutta.
Giorgio osservò stupito, poi esclamò: "Capisco".
Dietro un'immaginetta della Madonna, dimenticata in un santuarietto di montagna, ho trovato la "Preghiera dell'accoglienza". Eccola:
che attende senza stancarsi,
che accoglie con bontà,
che dà con amore, che ascolta senza fatica,
che ti ringrazia con gioia,
Un amico che si è sempre certi di trovare
quando se ne ha bisogno.
Aiutami ad essere una presenza sicura, a cui ci si può rivolgere quando lo si desidera, ad offrire un'amicizia riposante, ad irradiare una pace gioiosa, la tua pace, o Signore. Fa' che sia disponibile e accogliente soprattutto verso i più deboli e indifesi.
Così senza compiere opere straordinarie, io potrò aiutare gli altri a sentirti più vicino,
Signore della tenerezza.
Un bambino aveva fatto la spesa per la mamma. Era stato preciso e attento. Il droghiere, per premiarlo, prese da uno scaffale una grossa scatola di caramelle, la aprì e la presentò al bambino.
“Prendi piccolo!”. Il bambino prese una caramella, ma il droghiere lo incoraggiò: ”Prendi tutte quelle che ti stanno in mano”. Il bambino lo guardò con i suoi grandi occhi. “Oh… allora, prendile tu per me!”.
“Perché?”. “Perché tu hai la mano più grande”.
Quando preghiamo, non misuriamo le nostre domande con la piccolezza della nostra fede. Ci ricordiamo semplicemente che la mano di Dio è più grande.
La catechista interroga i suoi bambini sulla preghiera.
"Vediamo: tu reciti le preghiere alla sera?".
"Certo". - "E anche al mattino?". - "No!". - "Perché?".
"Di giorno non ho mica paura".
Spesso è solo la paura che ci fa pregare. Che umiliazione per noi e soprattutto per Dio! La preghiera è la semplicità dell'amore che parla.
Preghiera che fa sorgere il sole, preghiera che batte sul muro, qualunque sia il codice, preghiera che sa che dall'altra parte qualcuno ascolta.
Un bambino giocava a "fare il prete" insieme ad un coetaneo, sulle scale della sua casa. Tutto andò bene finché il suo piccolo amico, stufo di fare solo il chierichetto, salì su un gradino più alto e cominciò a predicare.
Il bambino naturalmente lo rimproverò bruscamente: "Posso predicare soltanto io! Tu non puoi predicare! Tocca a me! Rovini il gioco, sei cattivo!".
Richiamata dagli strilli, intervenne la mamma e spiegò al bambino che per dovere di ospitalità doveva permettere all'altro di predicare.
A questo punto il bambino si imbronciò per un attimo, poi illuminandosi salì sul gradino più alto e rispose: "Va bene, lui può continuare a predicare, ma io farò Dio".
Se pensi che il mondo è fatto a scale, passi il tempo a sgomitare sui gradini, cercando di salire un po' più in alto.
«Cosa vedi, tu che mi curi? Chi vedi, quando mi guardi? Cosa pensi, quando mi lasci? E cosa dici quando parli di me?
Il più delle volte vedi una vecchia scorbutica, un po' pazza, lo sguardo smarrito, che non è più così lucida, che sbava quando mangia e non risponde mai quando dovrebbe.
E non smette di perdere le scarpe e calze, che do o no, ti lascia fare come vuoi, il bagno e i pasti per occupare la lunga giornata grigia.
È questo che vedi!
Allora apri gli occhi. Non sono io.
Ti dirò chi sono.
Sono l'ultima di dieci figli con un padre e una ma Fratelli e sorelle che si amavano.
Una giovane di 16 anni, con le ali ai piedi, so che presto avrebbe incontrato un fidanzato. Sposata già a vent'anni.
Il mio cuore salta di gioia al ricordo dei propositi fatti in quel giorno.
Ho 25 anni ora e un figlio mio, che ha bisogno di me per costruirsi una casa.
Una donna di 30 anni, mio figlio cresce in fretta, siamo legati l'uno all'altra da vincoli che dureranno. Quarant'anni, presto lui se ne andrà. Ma il mio uo veglia al mio fianco.
Cinquant'anni, intorno a me giocano daccapo dei bimbi.
Rieccomi con dei bambini, io e il mio diletto.
Poi ecco i giorni bui, mio marito muore. Guardo al futuro fremendo di paura, giacché i miei figli sono completamente occupati ad allevare i loro.
E penso agli anni e all'amore che ho conosciuto. Ora sono vecchia. La natura è crudele, si diverte a far passare la vecchiaia per pazzia. Il mio corpo mi lascia, il fascino e la forza mi abbandonano. E con l'età avanzata laddove un tempo ebbi un cuore vi è ora una pietra.
Ma in questa vecchia carcassa rimane la ragazza il cui vecchio cuore si gonfia senza posa. Mi ricordo le gioie, mi ricordo i dolori, e sento daccapo la mia vita e amo.
Ripenso agli anni troppo brevi e troppo presto passati. E accetto l'implacabile realtà "che niente può durare".
Allora apri gli occhi, tu che mi curi, e guarda non la vecchia scorbutica... Guarda meglio e mi vedrai».
Quanti volti, quanti occhi, quante mani incrocia ogni giorno. Che cosa guardiamo? Le rughe, le ostilità, i dubbi, le durezze. Se imparassimo invece a guardare i sogni, i palpiti, gli amori spesso così accuratamente nascosti?
In una chiesa africana, durante la raccolta dei doni all’Offertorio, gli incaricati passavano con un largo vassoio di vimini, uno di quelli che servono per la raccolta della manioca.
Nell’ultima fila dei banchi della chiesa era seduto un ragazzino che guardava con aria pensosa il paniere che passava di fila in fila. Sospirò al pensiero di non avere assolutamente niente da offrire al Signore.
Il paniere arrivò davanti a lui.
Allora, in mezzo allo stupore di tutti i fedeli, il ragazzino si sedette nel paniere dicendo: “La sola cosa che possiedo, la dono in offerta al Signore”.
“Vi esorto dunque, fratelli, a offrire voi stessi a Dio in sacrificio vivente, a lui dedicato, a lui gradito. Ě questo il vero culto che gli dovete” (Lettera si S. Paolo ai Romani 12,1).
"Ti vedo io, e basta. Salta giù!", urlò, l'uomo.
Figlio: " Papà , posso farti una domanda?"
Papà : "Certo, di cosa si tratta?"
Figlio: " Papà , quanti soldi guadagni in un ora?"
Papà : "Non sono affari tuoi. Perché mi fai una domanda del genere?"
Figlio: "Volevo solo saperlo. Per favore dimmelo, quanti soldi guadagni in un ora?"
Papà : "Se proprio lo vuoi sapere, guadagno 100 dollari in un ora"
Figlio: "Oh! (con la testa rivolta verso il basso)
Figlio: " Papà , mi presteresti 50 dollari?"
Il padre si infuriò.
Papà : "La sola ragione per cui me lo hai chiesto era per chiedermi in prestito dei soldi per comprare uno stupido giocattolo o qualche altra cosa senza senso, adesso tu fili dritto per la tua stanza e vai a letto. Pensa al perché stai diventando così egoista. Io lavoro duro ogni giorno per questo atteggiamento infantile."
Il piccolo bambino andrò in silenzio nella sua stanza e chiuse la porta.
L'uomo si sedette e diventò ancora più arrabbiato pensando alla domanda della ragazzo. Come ha avuto il coraggio di farmi una domanda simile solo per avere dei soldi?
Dopo un ora o poco più, l'uomo si calmò, e cominciò a pensare:
Forse c'era qualcosa di cui aveva davvero bisogno di comprare con 50 dollari, non chiede dei soldi molto spesso.
L'uomo andò nella stanza del piccolo bambino e aprì la porta.
Papà : "Stai dormendo, figlio?"
Figlio: "No papà , sono sveglio".
Papà : "Stavo pensando, forse sono stato troppo duro con te prima. È stato un giorno faticoso per me oggi e mi sono scaricato su di te. Questi sono i 50 dollari che mi hai chiesto".
Il piccolo bambino si sedette subito e cominciò a sorridere.
Figlio: "Oh, grazie papà !"
Dopo, da sotto il suo cuscino ha tirato via delle banconote stropicciate. L'uomo vide che il bambino aveva già dei soldi, e inizio ad infuriarsi di nuovo. Il piccolo bambino iniziò lentamente a contare i suoi soldi, e dopo guardò il padre.
Papà : "Perché vuoi altri soldi se ne hai già"?
Figlio: "Perché non ne avevo abbastanza, ma adesso si".
"Papà, ho 100 dollari adesso. Posso comprare un ora del tuo tempo? Per favore vieni prima domani. Mi piacerebbe cenare con te."
Il padre rimase impietrito. Mise le sue braccio attorno al suo bambino e lo implorò di perdonarlo.
Questa è solamente una storia per ricordare a tutti noi che non bisogna sempre lavorare così duramente nella vita. Non ci rendiamo conto che il tempo ci scivola via tra le dita senza averne speso un po' con le persone più importanti della nostra vita, quelle vicino ai nostri cuori.
Ti ricorderai che 100 dollari valgono il tuo tempo con la persona che ami? Se noi morissimo domani, la società per cui lavoriamo ci potrà facilmente sostituire in qualche giorno. Ma la famiglia e gli amici che ci lasciamo dietro sentiranno la mancanza per il resto delle loro vite. E iniziamo a pensarci, noi mettiamo tutto ciò che abbiamo sul lavoro piuttosto che sulla nostra famiglia.
Alcune cose sono più importanti.
Il padre guardava il suo bambino che cercava di spostare un vaso di fiori molto pesante.
Il piccolino si sforzava, sbuffava, brontolava, ma non riusciva a smuovere il vaso di un millimetro.
“Hai usato proprio tutte le tue forze?”, gli chiese il padre.
“Sì”, rispose il bambino.
“No”, ribatté il padre, “perché non mi hai chiesto di aiutarti”.
Pregare è usare “tutte” le nostre forze.
Puoi dormire quando il vento soffia per la tua vita?
Assicuriamoci contro le tempeste della nostra vita trovando equilibrio e sicurezza nella Parola di Dio.
Non c'è bisogno di capire, dobbiamo solo stringere le sue mani per avere pace anche in mezzo alla tempesta.