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Santi dell' 8 Agosto

Il mio Santo > I Santi di Agosto

*Sant’Agostino di Guzmàn - Domenicano (8 e 4 Agosto)

(Domingo o Domínico in spagnolo; Caleruega, 1170 – Bologna, 6 agosto 1221) è stato un presbitero spagnolo, fondatore dell'Ordine dei frati predicatori, proclamato santo nel 1234.
Biografia
Era figlio di Felice di Guzmán e di Giovanna d'Aza, di famiglia agiata, anche se non esistono testimonianze certe che discenda dalla nobile famiglia dei Guzmán (la storiografia attuale tende infatti a rigettare l'appartenenza alla casata). Alla nascita venne battezzato col nome di Domenico di Silos, santo patrono dell'abbazia benedettina di Santo Domingo de Silos, situata a pochi chilometri a nord del suo paese natale. Aveva due fratelli, Antonio e il beato Manno.
Inizialmente fu educato in famiglia, dallo zio materno Gonzalo de Aza, arciprete di Gumiel de Izán; fu poi inviato, all'età di quattordici anni, a Palencia, dove frequentò corsi regolari di arti liberali e teologia per dieci anni. Qui venne a contatto con le miserie causate dalle continue guerre e dalla carestia. Domenico, che nella pietà popolare cattolica è conosciuto per aver avuto sentimenti di compassione fin dall'età giovanile per la sofferenza altrui, durante una di tali carestie, forse intorno al 1191, vendette quanto in suo possesso, incluse le sue preziose pergamene (un grande sacrificio in un'epoca in cui non era stata ancora inventata la stampa), per dare da mangiare ai poveri, affermando: "Come posso studiare su pelli morte, mentre tanti miei fratelli muoiono di fame?"
Terminati gli studi, all'età di 24 anni seguì la sua vocazione ed entrò tra i canonici regolari della cattedrale di Osma. Qui venne consacrato sacerdote dal vescovo Martino di Bazan, che stava riformando il capitolo secondo la regola agostiniana, con l'aiuto di Diego d'Acebo (o Acevedo). Diego fu eletto vescovo nel 1201, e nominò Domenico sottopriore e quando il vescovo Diego, nel 1203, fu inviato in missione diplomatica in Danimarca dal re Alfonso VIII di Castiglia per prelevare e accompagnare una principessa promessa sposa di un principe di Spagna, il sottopriore Domenico fu invitato ad accompagnarlo.
Il contatto vivo coi fedeli della Francia meridionale (dove era diffusa l'eresia dei càtari) e l'entusiasmo delle cristianità nordiche per le imprese missionarie verso l'Est costituirono per Diego e Domenico una rivelazione. Di ritorno da un secondo viaggio in Danimarca, scesero a Roma (1206) e chiesero a Innocenzo III di potersi dedicare all'evangelizzazione dei pagani. Ma papa Innocenzo orientò il loro zelo missionario verso la predicazione nella Francia meridionale, la regione dove erano più attivi i càtari, missione promossa dal pontefice fin dal 1203. I due accettarono e, nel 1206, furono inviati missionari in Linguadoca; Domenico continuò anche quando si dissolse la legazione pontificia e pure dopo l'improvvisa morte di Diego (30 dicembre 1207).
La permanenza in Linguadoca
San Domenico rimase in Linguadoca a Prouille, nel paese dei Catari, come missionario, per dieci anni (1206-1216), collaborando col vescovo di Tolosa, Folchetto di Marsiglia. Come legato papale cercò sempre di convertire gli eretici con semplici riconciliazioni. Solo una volta Domenico è citato tra coloro che assistevano al loro rogo. La sua attività di apostolato era imperniata su dibattiti pubblici, colloqui personali, trattative, predicazione, opera di persuasione, preghiera e penitenza, appoggiato in questa sua opera da Folchetto, che lo nominò predicatore della sua diocesi.
San Domenico si convinse che bisognava anche dare l'esempio e vivere in umiltà e povertà come gli albigesi, e pian piano maturò anche l'idea di un ordine religioso. Iniziò con l'istituzione di una comunità femminile che accoglieva donne che avevano abbandonato il catarismo, e questa comunità di religiose domenicane esiste ancora oggi. A Domenico si avvicinavano anche uomini, ma questi resistevano poco al rigoroso stile di vita da lui preteso per testimoniare con l'esempio la fede cattolica tra i càtari. Alla fine però riuscì a riunire un certo numero di uomini idonei e motivati che condividevano i suoi stessi ideali, istituendo un primo nucleo stabile e organizzato di predicatori.
L’apparizione della Madonna e la consegna del Rosario
La casa di San Domenico a Tolosa Quadro della Madonna del Rosario di Pompei che raffigura la consegna del Rosario a San Domenico
Secondo la tradizione, nel 1212 Domenico, durante la sua permanenza a Tolosa, ebbe una visione della Vergine Maria e la consegna del rosario, come richiesta a una sua preghiera per combattere l'eresia albigese senza violenza e da allora il rosario sarebbe diventato la preghiera più diffusa per combattere le eresie e nel tempo una delle più tradizionali preghiere cattoliche.
Tuttavia, il Rosario in quanto tale sarà strutturato tempo dopo da un omonimo, Domenico di Prussia, sulla base di una preghiera utilizzata nel cattolicesimo intorno all'anno 800. Nei monasteri era consuetudine recitare i 150 salmi nella Liturgia delle Ore, ma ai fedeli che non erano sacerdoti o monaci, non sapendo leggere, veniva loro insegnata una pratica più semplice: recitare 150 Ave Maria. La pratica di meditare su alcuni misteri concreti che oggi sono essenziali per la devozione del Rosario sembra essere nata molto tempo dopo la morte di Domenico, e l'introduzione di questa meditazione durante la preghiera sembra più attribuibile al certosino Domenico di Prussia. Fu il frate domenicano Alano della Rupe intorno agli anni 1470-75 che promosse per primo che l'origine del rosario fosse attribuibile a Domenico di Guzmán, forse confondendolo con l'altro Domenico (di Prussia); tuttavia, in nessuna biografia, dipinto, scultura o altra rappresentazione di Domenico, si trovano riferimenti sul Rosario, nemmeno nei manoscritti dell'epoca degli stessi frati predicatori presenti nel suo processo di beatificazione.
Fondazione dell’ordine dei Frati Predicatori
Con la bolla papale Religiosam vitam del 22 dicembre 1216 Papa Onorio III conferì l'approvazione ufficiale e definitiva all'ordine fondato da Domenico. Ottenuto il riconoscimento ufficiale, l'ordine crebbe e già l'anno dopo, nel 1217, fu in condizione di inviare frati in molte parti d'Europa, in particolare nella penisola iberica e nei principali centri universitari del tempo; a Parigi e a Bologna, dove si recò egli stesso. Subito incontrarono opposizioni da parte dei vescovi locali, che furono superate dalla bolla papale dell'11 febbraio 1218, che ordinava a tutti i prelati di dare assistenza ai domenicani.
A Bologna, l'eloquenza di Reginaldo d'Orléans a favore del nuovo ordine stimolò un notevole e vasto sostegno ai seguaci di Domenico di Guzmán, i quali ricevettero notevoli donazioni; Reginaldo avrebbe voluto accettare, ma Domenico le rifiutò, perché desiderava che i suoi confratelli non avessero proprietà e vivessero di elemosina.
Nel 1220 e nel 1221 Domenico presiedette personalmente a Bologna ai primi due Capitoli Generali destinati a redigere la Magna Carta e a precisare gli elementi fondamentali dell'Ordine (predicazione, studio, povertà mendicante, vita comune, spedizioni missionarie).
Sfinito dal lavoro apostolico (stava preparando una missione in Cumania e per questo studiava la lingua di quel popolo) ed estenuato dalle grandi penitenze, Domenico morì il 6 agosto 1221, nel suo amato convento di S. Nicolò delle Vigne a Bologna (oggi Basilica di San Domenico), in una cella non sua, perché lui, il fondatore, non l'aveva, circondato dai suoi frati, cui rivolgeva l'esortazione «ad avere carità, a custodire l'umiltà e a possedere una volontaria povertà».
L’inquisizione
Pedro Berruguete, Autodafé presieduto da san Domenico di Guzmán
Domenico è comunemente ma apocrificamente associato all'inquisizione. Le fonti storiche dell'epoca non rivelano nulla del suo coinvolgimento, Domenico morì nel 1221 e l'ufficio dell'Inquisizione fu istituito solo nel 1231 in Lombardia e nel 1234 in Linguadoca.
Il canone 27 del terzo Concilio Lateranense del 1179 esortava la crociata contro alcuni movimenti ereticali, in particolare quella del catarismo. Seguì nel 1184 un decretale di papa Lucio III, Ad abolendam. Questo decretò che i vescovi dovessero indagare sulla presenza dell'eresia all'interno delle rispettive diocesi. Le pratiche e le procedure delle inquisizioni episcopali potevano variare da una diocesi all'altra, a seconda delle risorse a disposizione dei singoli vescovi e del loro relativo interesse o disinteresse personale. Convinti che l'insegnamento della Chiesa contenesse la verità rivelata, il primo ricorso dei vescovi fu quello della persuasione, approccio che si rivelò spesso molto efficace.
Nel 1231 papa Gregorio IX nominò un certo numero di inquisitori pontifici, per lo più domenicani e francescani, in varie regioni d'Europa. Come mendicanti, erano abituati a viaggiare. A differenza dei metodi episcopali casuali, l'inquisizione papale era completa e sistematica, tenendo registri dettagliati. Questo tribunale funzionava in Francia, Italia e parti della Germania e aveva praticamente cessato di operare all'inizio del XIV secolo.
Nel XV secolo, l'Inquisizione spagnola incaricò l'artista Pedro Berruguete di raffigurare Domenico che presiede un autodafé, promuovendo così una leggenda storica per autogiustificarsi. Reagendo contro i tribunali spagnoli, i polemisti protestanti del XVI e XVII secolo svilupparono e perpetuarono volentieri la leggenda di Domenico l'Inquisitore. Questa immagine fornì ai critici tedeschi della Chiesa Cattolica un argomento valido contro l'Ordine domenicano, la cui predicazione si era rivelata un formidabile avversario nelle terre della riforma protestante. Come osserva Edward Peters, "nella storiografia protestante del XVI secolo crebbe una sorta di anti-culto di san Domenico".
Culto
Domenico fu canonizzato da papa Gregorio IX il 13 luglio 1234 nella Cattedrale di Santa Maria Assunta a Rieti. Attualmente è celebrato il giorno 8 agosto (calendario romano generale) e il 4 agosto (messa tridentina).
Il suo corpo, dal 5 giugno 1267, è custodito in una preziosa arca marmorea, presso l'omonima basilica di Bologna. A Roma, nell'orto del convento della Basilica di Santa Sabina all'Aventino, è presente una pianta di arancio dolce che, secondo la tradizione domenicana, fu piantato da san Domenico ed è l'arancio più vecchio d'Europa. La notorietà delle numerose leggende miracolistiche legate alle sue intercessioni fece accorrere al suo sepolcro fedeli da ogni parte d'Italia e d'Europa, mentre i fedeli bolognesi lo proclamarono «Patrono e Difensore perpetuo della città». In occasione del VII centenario della morte il 29 giugno 1921 papa Benedetto XV dedicò alla figura di san Domenico l'enciclica Fausto Appetente Die. Nel 1963, Sœur Sourire, la cantante monaca domenicana belga, raggiunse il primo posto nella classifica delle hit parade degli Stati Uniti con la canzone su san Domenico, Dominique.

*Sant’Altmann di Passavia (Passau) - Vescovo (8 Agosto)

Westfalia, 1015 ca. – Zeiselmauer (Vienna), 8 agosto 1091
Nato intorno al 1015 in Westfalia, era di nobili origini e intraprese la carriera ecclesiastica fino alla corte di Aquisgrana, dove entrò in stretti rapporti con la famiglia imperiale. La moglie di Enrico III il Nero, Agnese, era vicina alla riforma cluniacense.
Grazie a lei Altmann divenne vescovo di Passau (Baviera) e aderì agli ideali di riforma di Gregorio VII. Sviluppò in Germania e Austria i canonici regolari di sant'Agostino.
Esiliato per la lotta tra Papa e imperatore, morì in Austria nel monastero benedettino di Göttweig, dove riposa. (Avvenire)

Martirologio Romano: Nel monastero di Göttweig nel territorio dell’odierna Austria, Sant’Altmanno, vescovo di Passau, che fondò numerose case di chierici sotto la regola di Sant’Agostino, rinnovò la disciplina del clero e morì in esilio, scacciato dalla sua sede per aver difeso la libertà della Chiesa contro l’imperatore Enrico IV.
Sant’Altmann in italiano Altmanno, nacque verso il 1015 in Westfalia da genitori di condizione sociale elevata; studiò presso la scuola della cattedrale di Paderborn, dove in seguito divenne canonico e maestro.
Proseguì la sua ascesa nel campo sociale, ricoprendo nel 1051 ca., la carica di cappellano di corte ad Aquisgrana, ciò lo fece entrare in rapporti stretti con la famiglia imperiale. L’imperatore Enrico III il Nero, (1017-1056), era favorevole allo spirito ecclesiastico e la sua seconda moglie, la pia Agnese del Poitou, era molto vicina al movimento cluniacense.
Altmann sia come studente a Paderborn, sia nel suo soggiorno ad Aquisgrana, si compenetrò ed approfondì le idee della Riforma benedettina di Cluny. L’imperatore morì prematuramente nel 1056 e Altmann rimase a corte sempre come cappellano, ma anche come consigliere dell’imperatrice Agnese e in questa veste l’accompagnò a Passavia (odierna Passau) in Baviera nel 1063; qui si associò ad un grande pellegrinaggio in partenza per la Terra Santa.
Sulla via del ritorno, mentre si trovava in Ungheria, gli giunse la notizia, che dopo la morte del vescovo di Passavia Engelberto, con l’intervento dell’imperatrice, era stato eletto a succedergli. Altmann accettò sentendosi chiamato da Dio alla grande opera della Riforma della Chiesa; quindi si impegnò con zelo a risanare la vasta diocesi (allora si estendeva anche all’Austria superiore e inferiore); le condizioni morali e religiose della regione erano molto scadenti e questo ci viene descritto nella ‘Vita Altmanni’ scritta da un monaco di Göttweig.
Sua principale cura come vescovo, fu la riforma del clero, dedito al concubinaggio e spesso ignorante; seguendo la proposta di Ildebrando di Soana, il futuro papa Gregorio VII, presentata nel Sinodo Lateranense del 1059, Altmann favorì l’istituzione e la diffusione della “vita canonica” cioè la vita in comune dei chierici attorno al proprio vescovo, con rinunzia alla proprietà privata, dando origine allo sviluppo dei Canonici Regolari sotto la cosiddetta Regola di s. Agostino, nella Germania meridionale ed in Austria.
Prima del 1073 fondò presso le mura di Passavia la celebre canonica regolare di S. Nicola e nel 1083 il monastero di Göttweig in Austria, passato poi in seguito dai Canonici Regolari, ai Benedettini.
Vero animatore e fondatore dell’Ordine dei Canonici Regolari di S. Agostino, prese parte al sorgere di Rottenbuch, che divenne un centro di riforma dei Canonici, stabilì la vita regolare nelle canoniche di S. Floriano e di St. Pölten (S. Ippolito).
Coraggiosamente Altmann fu uno dei pochi vescovi della Germania, che promulgarono nel 1074, i decreti di papa Gregorio VII (1020-1085), inerenti il divieto della simonia e del matrimonio degli
ecclesiastici, con il rischio di essere ucciso, dai malcontenti.
La sua posizione si fece ancora più difficile, durante la lotta per le investiture, in corso fra Gregorio VII e l’imperatore Enrico IV (1050-1106); fra tutti i vescovi della regione, solo lui e Gebardo, arcivescovo di Salisburgo, si schierarono dalla parte del papa e per questo pagarono con un caro prezzo, la loro fedeltà al capo della Chiesa; pubblicò intrepidamente nella sua cattedrale, la scomunica che il papa aveva lanciato contro Enrico IV.
Gli oppositori ottennero che lasciasse la carica di vescovo di Passavia e andasse in esilio, mentre la cattedra episcopale veniva usurpata da Ermanno von Eppenstein, fedele ai voleri dell’imperatore. Anche da esule, fu un protagonista della Riforma della Chiesa, partecipando a ‘diete’ di principi ed alle decisioni importanti; godé di grande considerazione da parte di Gregorio VII, il quale lo nominò Legato pontificio per la Germania.
Mentre Enrico IV si trovava a Roma per imporre l’antipapa Clemente III, il cardinale Giberto di Parma (1080-1100), eletto in contrapposizione a Gregorio VII, Altmann, con la protezione del margravio d’Austria Leopoldo, riuscì a stabilirsi nella parte austriaca della sua diocesi, ma senza poter raggiungere la sua sede di Passavia fino alla morte.
In questa fase della sua vita diede impulso alla riforma del monastero benedettino di Kremsmünster, incrementando quello di Göttweig dove trascorse gli ultimi suoi anni, cercando di alleviare le sofferenze e miserie del popolo, causate dalle guerre e dalle persecuzioni. Altmann morì l’8 agosto 1091 a Zeiselmauer (presso Vienna) e deposto nella cripta di Göttweig, dove ebbe culto di Santo. Il "Martirologio Romano" lo celebra all’8 agosto.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant’Altmann di Passavia, pregate per noi.

*Beato Antero Mateo Garcia - Ferroviere - Terziario Domenicano - Martire (8 Agosto)
Schede dei gruppi a cui appartiene:
“Beati Martiri Spagnoli Domenicani di Barcellona”
“Beati 498 Martiri Spagnoli Beatificati nel 2007”
“Martiri della Guerra di Spagna”

Primo di nove figli, Antero Mateo Garcia nacque in Valdevimbre (Leon) il 4 marzo 1875. Per aiutare i genitori negli impegni di lavoro, dovette rinunciare all'inclinazione di consacrarsi a Dio. A 27 anni
sposò Manuela Trobadelo, dalla quale ebbe otto figli. Fu sposo e padre ideale, lavoratore tenace ed esemplare.
Conobbe gravi difficoltà economiche per portare avanti la numerosa famiglia, soprattutto quando, per calamità naturali, gli affari gli andarono male e si vide costretto a ritornare nel paese natio da Cembranos (presso Leon) dove i genitori gli avevano impiantato una piccola fabbrica di alcool.
Presto, però, da solo si recò a Barcellona per trovare lavoro più redditizio e per sottrarsi ai pettegolezzi e alle burle dei paesani che lo vedevano tanto devoto.
Dopo nove mesi, essendo stato assunto nelle ferrovie, nel settembre del 1917 richiamò la famiglia nella capitale catalana. Sin dall'inizio del suo arrivo a Barcellona, frequentò la chiesa dei domenicani, diventandone terziario e due suoi figli frati dell'Ordine.
Una figliola fu carmelitana scalza. A costei, che un giorno gli consigliava maggior prudenza per non esser preso dai miliziani, rispose che il martirio per lui «è una grazia troppo grande, che non merito».
Nella seconda metà del luglio 1936 fu segnalato dai rossi per la sua religiosità. Il 6 agosto successivo fu visto alla stazione di Barcellona in attesa della moglie e della figlia carmelitana, provenienti con altre religiose da Valenza; fu arrestato ma subito rilasciato.
Ripreso il giorno 8, appena finito il lavoro, all'imbrunire fu fucilato sul ponte detto del «Dragón», a Barcellona. Il giorno seguente, i figli lo trovarono nel deposito dell'ospedale clinico, finito con tre colpi, al labbro superiore, al cuore e allo stomaco.

(Autore: Sadoc M. Bertucci – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Antero Mateo Garcia Ferroviere, pregate per noi.

*Beato Antonio Silvestre Moya - Sacerdote e Martire (8 Agosto)

Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati 233 Martiri Spagnoli di Valencia" Beatificati nel 2001 - Senza data (Celebrazioni singole)
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)
L`Ollería, Valencia, Spagna, 26 ottobre 1892 - El Saler di Valencia, Spagna, 8 agosto 1936
Martirologio Romano:
In località El Saler vicino a Valencia in Spagna, Beato Antonio Silvestre Moya, sacerdote e martire, che nel corso della persecuzione contro la fede raggiunse invitto il regno celeste per la sua ferma testimonianza data a Cristo.
Antonio Silvestre Moya nacque il 26 ottobre1892 a L`Ollería.
Era figlio di una guardia civile. Sentita la vocazione andò a studiare teologia nel Seminario di Valencia.
Ordinato nel 1915, prestò il suo servizio pastorale in queste piccole comunità: Calp (Alicante), Quatretonda o Cuatretonda (Valencia), Otos in Vall d’Albaida (Valencia), La Font de la Figuera (Valencia). Infine fu assegnato quale economo nella parrocchia di Santa Tecla a Xàtiva, in castigliano Jàtiva, un'antica cittadina capitale della comarca della Costiera, ai piedi della Sierra de Aguyas nella Valle del fiume Albaida.
Da sacerdote, don Antonio si contraddistinse sempre per il suo atteggiamento sereno e dallo spirito accondiscendente anche nei momenti difficili per la Chiesa e per i cattolici.
Iniziata la guerra civile spagnola nel luglio del 1936, nella parrocchia dove svolgeva il suo servizio pastorale, la chiesa venne bruciata nei primi giorni del mese di agosto.
Don Antonio iniziò a lavorare in clandestinità, continuando ad andare a visitare gli ammalati, amministrando loro i sacramenti e celebrando la Santa Messa nella sua casa.
Il 7 agosto portò il tabernacolo al piano terra della casa, e in quel luogo fece la sua consacrazione al Cuore di Gesù facendo l’offerta della propria vita.
Al crepuscolo arrivarono alcuni miliziani e, nonostante la resistenza della famiglia, presero il sacerdote.
Quella mattina lo portarono nel porto di Cárcer, e lo colpirono con diversi colpi di arma da fuoco.
Don Antonio ferito, trascinandosi, è riuscito ad arrivare a Llosa de Ranes, dove è stato medicato. La mattina successiva i miliziani sono ritornati e mentre lo caricavano in macchina Don Antonio facendo il segno della croce e disse che ha perdonava tutti.
I miliziani lo portarono a El Saler di Valencia e lì lo uccisero.
Antonio Silvestre Moya è stato beatificato nel gruppo dei 233 martiri a Valencia da San Giovanni Paolo II l'11 marzo 2001. La sua festa è stata fissata l’8 agosto, giorno del suo martirio.

(Autore: Mauro Bonato – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Antonio Silvestre Moya, pregate per noi.

*Beata Bonifacia Rodriguez Castro (8 Agosto)
Salamanca, Spagna, 6 giugno 1837 - Zamore, 8 agosto 1905
Lavorante messasi in proprio con un negozio di passamaneria e cordoni, Bonifacia, spagnola di Salamanca, conosce sulla pelle i problemi del mondo del lavoro.
Con alcune ragazze fonda l’associazione dell’Immacolata (il dogma era stato proclamato nel 1854) e di San Giuseppe.
Vuole diventare domenicana, ma il gesuita Francisco Javier Butinyà la convince a fondare una nuova Congregazione vicina ai problemi dei lavoratori, le Serve di San Giuseppe. Muore nel 1905 a 68 anni.

Martirologio Romano: A Zamóra in Spagna, Beata Bonifacia Rodríguez Castro, vergine, che, impegnata nella promozione in campo cristiano e sociale delle donne attraverso la preghiera e il lavoro, istituì sul modello della Sacratissima Famiglia di Nazareth la Congregazione delle Serve di San Giuseppe.
Bonifacia Rodríguez Castro è una semplice lavorante che, nel mezzo della vita quotidiana, si apre al dono di Dio, facendolo crescere nel suo cuore con spirito autenticamente evangelico.
Fedele alla chiamata di Dio, si abbandona nelle sue braccia di Padre, lasciandosi forgiare secondo i tratti di Gesù, l'artigiano di Nazareth, che vive nascosto in compagnia dei genitori per la maggior parte della sua vita.
Nasce a Salamanca (Spagna) il 6 giugno del 1837 nel seno di una famiglia di artigiani. I genitori, Juan e Maria Natalia, erano profondamente cristiani.
La loro maggior preoccupazione era l'educazione nella fede dei sei figli, dei quali Bonifacia era la maggiore. La sua prima scuola fu la casa dei genitori, dove Juan, sarto, aveva il laboratorio di cucito. La prima cosa che vedono gli occhi di Bonifacia è proprio un laboratorio artigianale.
Terminati gli studi elementari impara il mestiere di cordonaia, con cui inizia a guadagnarsi da vivere come dipendente a quindici anni, alla morte del padre, in modo da aiutare la madre a sostenere la famiglia. Il bisogno di lavorare per vivere imprime fin dall'inizio un carattere forte alla sua personalità. Sperimenta, infatti, sulla propria pelle le dure condizioni di lavoro delle donne operaie di quell'epoca: orari estenuanti e salari minimi.
Una volta superate le prime ristrettezze economiche apre il suo laboratorio artigianale di “cordoni, passamaneria e altri manufatti”, nel quale lavora con il più grande raccoglimento possibile e imita la vita nascosta della Famiglia di Nazareth.
Era molto devota a Maria Immacolata e a San Giuseppe, devozioni di grande attualità dopo la proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione nel 1854 e la dichiarazione di San Giuseppe a patrono della Chiesa universale nel 1870.
Dal 1865, anno del matrimonio di Agustina, l'unica dei fratelli che raggiunge l'età adulta, Bonifacia e sua madre, che erano rimaste sole, si dedicano a una vita di profonda pietà, recandosi tutti i giorni alla vicina chiesa della Clerecía, gestita dalla Compagnia di Gesù.
Un gruppo di ragazze di Salamanca, loro amiche, attratte da questa testimonianza di vita, iniziano a visitare la sua casa-laboratorio nei pomeriggi delle domeniche e dei giorni festivi, sfuggendo ai nuovi e facilmente pericolosi passatempi dell'epoca. In Bonifacia cercavano un'amica che le aiutasse. Insieme decidono, quindi, di fondare la Associazione dell'Immacolata e di San Giuseppe, in seguito chiamata Associazione Giuseppina. In questo modo il laboratorio di Bonifacia acquista una chiara proiezione apostolica e sociale, di prevenzione della condizione della donna lavoratrice.
Bonifacia si sente chiamata alla vita religiosa. La sua grande devozione nei confronti di Maria fa sì che il suo cuore inizi ad accarezzare il progetto di diventare domenicana del convento di Santa Maria de Dueñas di Salamanca.
Tuttavia, un evento di importanza fondamentale cambia la sua vita: l'incontro con il gesuita catalano Francisco Javier Butinyà i Hospital, nato a Bañolas, nella provincia di Girona (1834-1899). Questi giunge a Salamanca nell'ottobre del 1870 con una grande preoccupazione apostolica verso il mondo dei lavoratori operai. A loro era diretta la sua opera “La luce dell'operaio, ovvero, collezione di vite di fedeli illuminati che si santificarono in mestieri umili”.
Attratta dal suo messaggio di evangelizzazione incentrato sulla santificazione del lavoro, Bonifacia sceglie di sottoporsi alla sua direzione spirituale. Per mezzo di lei, il gesuita Butinyà entra in contatto con le ragazze che frequentavano il suo laboratorio, la maggior parte delle quali, come lei, lavoratrici manuali. Lo Spirito Santo le guida verso la fondazione di una nuova congregazione femminile, orientata verso la prevenzione nella condizione della donna operaia, attraverso l'esempio di quelle donne lavoratrici.
Bonifacia confida a Butinyà la sua decisione di diventare domenicana, ma lui le propone di fondare con lui la Congregazione delle Serve di San Giuseppe, progetto che Bonifacia accetta di buon grado. Insieme ad altre sei ragazze della Associazione Giuseppina, fra le quali anche sua madre, dà inizio a Salamanca, nella sua casa-laboratorio, alla vita della nuova comunità, il 10 gennaio del 1874, in un periodo molto critico per la vita politica spagnola.
Tre giorni prima, il 7 gennaio, il Vescovo di Salamanca, Joaquin Lluch i Garriga, aveva firmato il Decreto di Erezione del nuovo Istituto. Catalano come Butinyà, di Manresa, nella provincia di Barcellona (1816-1882), aveva accolto con il più grande entusiasmo fin dal primo momento la nuova fondazione.
Si trattava di un progetto nuovo di vita religiosa femminile, inserito nel mondo del lavoro alla luce della contemplazione della Sacra Famiglia, che mirava a creare nelle case della Congregazione il Laboratorio di Nazareth. In questo laboratorio le Serve di San Giuseppe offrivano lavoro alle donne
povere che non ne avevano, evitando così che esse incorressero nei pericoli che avrebbero potuto incontrare a quell'epoca se fossero state costrette a uscire per lavorare fuori casa.
Era una forma di vita religiosa troppo coraggiosa per non incontrare opposizione. Viene subito combattuta dal clero diocesano di Salamanca, che non riesce a cogliere la profondità evangelica di questa forma di vita così vicina al mondo del lavoro.
Dopo tre mesi dalla fondazione, Francisco Butinyà viene mandato in esilio fuori dalla Spagna insieme ai suoi compagni gesuiti, e nel gennaio del 1875 il Vescovo Lluch i Garriga viene trasferito come Vescovo a Barcellona. Dopo solo un anno dalla sua nascita, Bonifacia si ritrova sola a capo dell'Istituto.
I nuovi direttori della comunità, nominati dal Vescovo fra i sacerdoti secolari, commettono l'imprudenza di seminare fra le sorelle la discordia, ed alcune di loro, da essi supportate, iniziano ad opporsi al laboratorio artigianale inteso come forma di vita, e all'accoglienza al suo interno delle donne lavoranti. Bonifacia Rodríguez, la fondatrice, che personificava senza macchia il progetto che aveva dato origine alle Serve di San Giuseppe, non accede ad apportare cambiamenti nel carisma definito dal Padre Butinyà nelle Costituzioni.
Il direttore della Congregazione, tuttavia, approfittando di un viaggio che Bonifacia compie a Girona nel 1882, allo scopo di stabilire un'unione con altre case delle Serve di San Giuseppe fondate da Francisco Butinyà in Catalogna al suo ritorno dall'esilio, promuove la sua destituzione come superiora e guida dell'Istituto.
Umiliazioni, rifiuto, disprezzo e calunnie la investono e la fanno andar via da Salamanca. L'unica risposta di Bonifacia è il silenzio, l'umiltà e il perdono. Senza proferire una parola di rivendicazione o di protesta, lascia che su di lei prevalgano i tratti di Gesù, che rimase in silenzio di fronte a quelli che lo accusavano (Mt 26, 59-63).
Come soluzione al conflitto Bonifacia propone al Vescovo di Salamanca, Narciso Martínez Izquierdo, la fondazione di una nuova comunità a Zamora. Una volta accettata, nella sua forma giuridica, dal Vescovo di Salamanca e da quello di Zamora, Tomás Belestá y Cambeses, Bonifacia parte il 25 luglio del 1883, accompagnata da sua madre, e si dirige verso questa città portando nel suo cuore il Laboratorio di Nazareth, il suo tesoro. A Zamora infonde vita al progetto in piena fedeltà, mentre a Salamanca iniziano le modifiche ad un progetto non compreso.
Bonifacia, cordonaia, nel suo laboratorio di Zamora, gomito a gomito con altre donne lavoratrici, bambine, ragazze, adulte,
- tesse la dignità della donna povera senza lavoro, “allontanandola dal pericolo di perdersi” (Decreto di Erezione dell'Istituto. 7 gennaio del 1874),
- tesse la santificazione del lavoro unendolo alla preghiera, secondo lo stile di Nazareth: “così la preghiera non sarà di intralcio al lavoro né il lavoro vi distoglierà dal raccoglimento della preghiera” (Francisco Butinyà, lettera da Poyanne, 4 giugno del 1874),
- tesse rapporti umani di uguaglianza, fraternità e di rispetto nel lavoro: “dobbiamo essere ognuna per tutte, seguendo Gesù” (Bonifacia Rodríguez, primo discorso, Salamanca, 1876).
La casa madre di Salamanca dimentica completamente Bonifacia e la fondazione di Zamora, lasciandola sola ed emarginata, e, con la guida dei superiori ecclesiastici, porta avanti delle modifiche alle Costituzioni di Butinyà, per cambiare gli scopi dell'Istituto.
Il 1 luglio del 1901 Leone XIII concede l'approvazione pontificia alle Serve di San Giuseppe, con l'esclusione della casa di Zamora. Questo è il momento di maggiore umiliazione e di privazione per Bonifacia ed anche il tempo di maggior grandezza di cuore. Non avendo ricevuto risposta dal Vescovo di Salamanca, Tomás Cámara y Castro, trasportata dalla sua forza di comunione, si mette in cammino verso Salamanca per parlare personalmente con quelle sorelle. All'arrivo alla Casa di Santa Teresa, tuttavia, le viene detto: “Ci è stato ordinato di non riceverla”, e ritorna quindi a Zamora con il cuore spezzato dal dolore. Si sfoga solo dolcemente con queste parole: “Non tornerò alla terra che mi ha visto nascere, né a questa cara Casa di Santa Teresa”. E di nuovo, il silenzio sigilla le sue labbra, cosicché la comunità di Zamora viene a sapere di quanto è successo solo dopo la sua morte.
Nemmeno questo nuovo rifiuto la separa dalle sue figlie di Salamanca e, piena di fiducia in Dio, inizia a dire alle sorelle di Zamora: “quando morirò”, sicura che l'unione si sarebbe realizzata quando lei sarebbe mancata. Con questa speranza, circondata dall'affetto della sua comunità e della gente di Zamora che la venerava come una santa, muore in questa città l'8 agosto del 1905.
Il 23 gennaio del 1907 la casa di Zamora si riunisce con il resto della Congregazione.
Allo spegnersi della sua vita, nascosta e feconda come un chicco di grano gettato nel solco, Bonifacia Rodríguez lascia in eredità a tutta la Chiesa:
- la testimonianza della sua fedeltà a Gesù nel mistero della sua vita nascosta a Nazareth,
- una vita da cui traspare tutto il vangelo,
- un cammino di spiritualità basato sulla santificazione del lavoro unito alla preghiera, nella semplicità della vita quotidiana.
É stata beatificata da Giovanni Paolo II il 9 novembre 2003 ed è stata canonizzata a Roma da Papa Benedetto XVI il 23 ottobre 2011.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Bonifacia Rodriguez Castro, pregate per noi.

*San Ciriaco di Roma - Diacono e Martire (8 Agosto)
Roma, † 306?
Sono ben 27 i Santi conosciuti con il nome Ciriaco, quasi tutti martiri.
Il nostro subì il martirio a Roma, insieme ai compagni Largo, Memmia, Crescenziano, Giuliana, Smaragdo.
Durante una persecuzione (inizi IV secolo) Ciriaco, Largo e Smaragdo furono messi in carcere, dove operarono miracoli: Ciriaco esorcizzò Artemia, figlia dell’imperatore Diocleziano, che liberò i tre cristiani.
Dopo la sua abdicazione, l’imperatore Massimiano fece arrestare i tre compagni che vennero decapitati.
Il culto per Ciriaco si diffuse ben presto, come dimostrano le chiese erette in suo onore a Roma, ma oggi quasi tutte scomparse. Nel Medioevo le reliquie del santo, trasferite in Sassonia, ebbero un grande culto. (Avvenire)

Etimologia: Ciriaco = padrone, signore, dal greco
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Roma al settimo miglio della via Ostiense, Santi Ciriaco, Largo, Crescenziano, Memmia, Giuliana e Smaragdo, martiri.
Sono conosciuti ben 27 santi con il nome Ciriaco, quasi tutti martiri e quasi tutti facenti parte di piccoli gruppi, che subirono il martirio insieme.
Anche questo San Ciriaco martire a Roma, fa parte di un gruppo di sei martiri, che bisogna per forza
citare per aiutarci a distinguerlo da altri due Ciriaco, anch’essi martiri a Roma. I suoi compagni sono Largo, Memmia, Crescenziano, Giuliana, Smaragdo, tutti commemorati nello stesso giorno dell’8 agosto.
Purtroppo proprio per il ripetersi del nome Ciriaco per vari martiri, si è determinata una certa confusione nell’identificarli; teniamo presente vari fattori, la lontananza del tempo, la mancanza di documenti contemporanei, i reperti archeologici trovati in vari punti e soprattutto le varie ‘Passio’ compilate in tempi successivi e diversi.
Si riporta la leggendaria storia di Ciriaco e dei suoi compagni, così come la si ricava dalla ‘Passio Marcelli’; l’imperatore Massimiano (250-310) decide di edificare a Roma le terme in onore del coimperatore Diocleziano e utilizza per i suoi lavori anche i cristiani già in prigione; questi sono aiutati dal ricco Tresone, tramite Ciriaco, Sisinnio, Smaragdo e Largo, i primi due erano stati ordinati diaconi dal papa Marcello († 309) e incaricati appunto di aiutare ed assistere i cristiani arrestati a seguito della persecuzione in atto, ma il gruppo venne scoperto e condannato con gli altri a lavorare alle terme.
Rinfocolata la persecuzione, Sisinnio viene incarcerato e poi martirizzato insieme al vecchio Saturnino il 29 novembre; Ciriaco, Largo e Smaragdo rimasti in carcere, vengono visitati da altri cristiani e operano anche miracoli, come Ciriaco che esorcizza Artemia, figlia di Diocleziano, posseduta dal demonio e poi la battezza.
Diocleziano (243-313) riconoscente lascia liberi i tre cristiani e dona loro anche una casa; la leggenda racconta ancora che i tre si recano in Persia, dove operano un analogo prodigio con Giovia, figlia del re Sapore († 272), poi ritornano a Roma, dove nella casa a loro donata istituiscono un fonte battesimale e in cui papa Marcello battezza i loro convertiti.
Dopo l’abdicazione di Diocleziano nel 305, l’altro imperatore Massimiano fa arrestare i tre cristiani, insieme a Crescenziano, il quale sottoposto a supplizi, muore per primo il 24 novembre e seppellito nel cimitero di Priscilla.
Mentre Ciriaco, Largo e Smaragdo, insieme ad altri cristiani tra i quali Memmia e Giuliana, di cui si conoscono i nomi, vengono condotti sulla via Salaria e lì decapitati il 16 marzo e sepolti sullo stesso posto.
L’8 agosto successivo Papa Marcello trasferisce i loro corpi al VII miglio della via Ostiense. La loro casa assegnata in un primo tempo al prefetto Carpasio, viene trasformata in un bagno pubblico e in seguito chiusa e abbandonata.
Le date non coincidono, ma questo è frutto di quanto detto prima. Nel ‘Liber Pontificalis’ si riporta che papa Onorio (625-638) fece fabbricare una chiesa in onore del solo s. Ciriaco e così pure nelle biografie di papa Leone III e papa Benedetto III viene ricordata questa chiesa; i ruderi di questa antica basilica furono riscoperti nel 1915 sulla via Ostiense.
Il culto per San Ciriaco a Roma durante il Medioevo, ebbe notevole diffusione, come attestano le varie chiese erette in suo onore quasi tutte scomparse; nell’817 ad opera di Papa Pasquale I le reliquie del santo furono trasferite dalla chiesa sulla via Ostiense, nella chiesa di Santa Prassede e successivamente nella chiesa di S. Ciriaco di Neuhausen presso Worms, e in questa zona della Sassonia il santo ha avuto un grande culto e tutta una tradizione iconografica.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Ciriaco di Roma, pregate per noi.

*Beata Claudia di Corgey (8 Agosto)

?? Corgey – Poligny, 8 agosto 1439

La Beata Claudia di Corgey era una clarissa vissuta tra la fine del trecento e la prima metà del quattrocento.
Era compagna di Santa Coletta, la grande riformatrice francese, che attraverso la sua azione riformò i monasteri dell’ordine delle clarisse per riportarli ad adottare la regola con la primitiva austerità e che portò alla fondazione delle Clarisse Collettine.
La Beata Claudia fu nominata da santa Coletta, badessa del monastero di Poligny in Borgogna. L’importante monastero era stato fondato nel 1415. Gli agiografi ricordano solo che la beata Claudia fu una badessa che guidò il monastero con grande prudenza e che morì a Poligny il giorno 8 agosto 1439. Nel martirologio francescano la sua festa è stata fissata nel giorno della sua morte.

(Autore: Mauro Bonato – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Claudia di Corgey, pregate per noi.

*San Crescentino (Crescenziano) - di Città di Castello - Martire (8 Agosto)
Emblema: Palma
Non esistono documenti, né lapidi, né epigrafi, precedenti al secolo VII che lo ricordino; secondo una ‘passio’ ritenuta dagli studiosi fittizia e favolosa, appunto del VII secolo, Crescentino chiamato anche
Crescenziano, era un soldato romano, fuggito nella campagna dell’antica “Tifernum”, avrebbe ucciso un dragone che terrorizzava la zona, poi venne catturato dai suoi inseguitori e sarebbe stato ucciso il 1° giugno durante la persecuzione di Diocleziano e sepolto nel luogo detto “Gaddi” o “Saddi”. Sul posto fu eretto un tempio nel quale dimorarono il vescovo della città San Florido e il prete Sant’ Amanzio, che poi dopo la loro morte, furono sepolti anch’essi nella chiesa. Le sue reliquie sarebbero state donate a Mainardo, vescovo di Urbino o si pensa anche che furono rapite.

Il corpo del martire Crescentino furono ritrovate il 18 dicembre 1360 e come per altri casi, fu ritenuto vescovo di Città di Castello. Ma l’ipotesi più favorevole indica che le reliquie del martire romano Crescentino, sepolto sulla via Ostiense, siano state mandate a Città di Castello in un imprecisato periodo e deposte sotto l’altare della Basilica.

In seguito, come è avvenuto spesso, San Crescentino è stato considerato un martire locale. Nel 1500 Cesare Baronio lo inserì al 1° giugno nel “Martirologio Romano”, tenendo conto dell’antico culto che il Santo martire godeva nella zona tifernate.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Crescentino, pregate per noi.

*Beati Cruz Laplana Laguna e Fernando Espanol Berdie - Martiri (8 Agosto)

Schede dei gruppi a cui appartengono:
“Beati 498 Martiri Spagnoli” - Beatificati nel 2007
“Martiri della Guerra di Spagna”

+ Cuenca, Spagna, 8 agosto 1936
Cruz Laplana y Laguna era di famiglia agiata di Huesca e si fece prete a Barbastro contro il parere dei suoi.
Fino al 1912 insegnò nel seminario di Saragozza, poi scelse di fare il parroco, prima a Craspe e poi a Saragozza, vivendo in comunità con altri sacerdoti.
Suo cugino, Vicente Piniés, era ministro della giustizia e, contro la sua volontà, si adoperò per fargli avere il vescovato. Nel1922il Papa Benedetto XV lo costrinse ad accettare la cattedra di Cuenca. Scoppiata la guerra civile, i miliziani ridussero il seminario a carcere, poi arrestarono il vescovo e cercarono di farsi consegnare la cassa della diocesi.
Presero anche il suo segretario, don Hernando  Español  Berdie, un ex avvocato che era entrato in seminario a Barbastro ed era stato compagno di studi del Laplana y Laguna prima di diventare parroco di Gruslau. Nonvolle separarsi dal suo vescovo e venne ucciso insieme a lui. Li fucilarono di notte lungo la strada di Villar Olalla. Papa Benedetto XVI ha riconosciuto il loro martirio il 28 aprile 2006 ed entrambi sono stati beatificati il 28 ottobre 2007.

Croce Laplana y Laplana
Nacque il 3 magg. 1875 a Pian (Huesca), da Alonso e Josefa, agiati e buoni cristiani. Fin da bambino, mostrò un carattere vivace e irrequieto, amante della fatica e incline alla pietà. Compi i primi studi nel villaggio natale e li continuò in un collegio di Huesca. Contro il parere dei genitori, ma col loro consenso, nel settembre 1886 entrò nel seminario diocesano di Barbastro per seguire la sua vocazione sacerdotale. Il 24 settembre 1898 fu ordinato sacerdote.
Nel 1902 era già dottore in teologia e in diritto. Da questo momento fino al 1912, la sua occupazione principale fu quella di professore al seminario diocesano di Saragozza. Si votò poi in maniera speciale alla cura pastorale, prima a Caspe e poi nella parrocchia di S. Gil di Saragozza, della quale fu nominato parroco. «La predicazione, la catechesi, la visita agli infermi, il tatto squisito con le anime, lo accreditarono come uomo di Dio e sacerdote modello» (Monterò, p. 374).
Una delle caratteristiche più significative della sua vita sacerdotale fu vivere in comunità con altri sacerdoti, sia a Saragozza che a Caspe, come poi a Cuenca di cui divenne vescovo. I suoi familiari, pur ammirando le sue virtù, non apprezzavano nel giusto modo la sua modestia e umiltà, temendo che queste gli impedissero di salire ad alte cariche.
Suo cugino, Vincenzo Piniés, ministro spagnolo di grazia e giustizia, si credette obbligato di favorire la promozione di lui al vescovato. Quando lui lo seppe reagì subito.
Nondimeno, il 30 settembre 1921 fu eletto vescovo di Cuenca da Benedetto XV; il 26 marzo 1922 fu consacrato e l'8 aprile prendeva possesso della diocesi, accolto dai suoi diocesani con ogni onore.
Riorganizzò l'amministrazione della diocesi, fondò la biblioteca diocesana, ma soprattutto curò la dignità del culto divino, la predicazione del Vangelo, la catechesi, l'Azione Cattolica e l'apostolato sociale. I tempi erano difficili e lui non lo ignorava.
Nel 1936, incombendo la guerra civile, i suoi collaboratori volevano che lasciasse Cuenca, col pretesto di un periodo di riposo. Egli dichiarò loro: «Devo dare esempio di fedeltà e fortezza...
Quest'estate, non ho alcun progetto di allontanarmi da qui... Se è necessario che muoia per la salvezza della Spagna, morirò con gioia». Il 19 luglio 1936 la situazione a Cuenca peggiorò. Si osò proporgli da parte dei suoi intimi di fuggire da Cuenca in uniforme di guardia civile, ma egli reagì energicamente. Il 28 successivo entrò nel palazzo un gruppo di miliziani che volevano il denaro della diocesi. Si impossessarono di lui e lo portarono al seminario, convertito in carcere. Volle andare con lui il segretario particolare, d. Fernando Espanol.
L'alcalde stesso si sforzò di trovare un pretesto per liberarlo, ma l'atteggiamento di lui fu irremovibile. Il 7 agosto, a mezzanotte, alcuni armati lo prelevarono. Anche questa volta d. Espanol volle seguirlo. Alle preghiere di lui che non lo accompagnasse, rispose: «Dove va il mio signore vado anch'io».
Poco dopo, il vescovo e il suo segretario erano fucilati al km. 5 della strada di Villar Olalla. Furono sepolti il giorno seguente in una fossa comune nel cimitero di Cuenca. Il 16 ottobre 1940, I loro resti
furono traslati nella cattedrale di Cuenca.
Il processo ordinario informativo sul vescovo e sul suo segretario si è svolto, in unione con quello del parroco di Uclés, d. Vincenzo Toledano, davanti alla Curia di Cuenca nel 1953-56. La causa è stata aperta il 24 maggio 1957. Questo processo è unito con quello di Gutiérrez Arranz, Giuseppe e 9 compagni martiri.

Fernando Espanol Berdie
Nato l'11 ottobre 1875, si licenziò in diritto all'Università di Saragozza, ma rispondendo alla vocazione del Signore entrò nel seminario di Barbastro.
Rifiutò di essere professore nel seminario dove aveva compiuto gli studi ecclesiastici, preferendo dedicarsi alla cura delle anime.
Occupò la carica di parroco di Gruslau, presso Grau (Huesca).
Ubbidì con spirito di sacrificio al vescovo Laplana che lo aveva chiamato ad essere il suo segretario particolare.
Da quel momento, fino alla morte, non si mosse più dal fianco di lui.

(Autore: Balbino Rano  - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beati Cruz Laplana Laguna e Fernando Espanol Berdie, pregate per noi.

*Beato Dionisio Rabinis - Mercedario (8 Agosto)

+ Parigi, 1413
Dotto e santo religioso francese, il Beato Dionisio Rabinis, scrisse trattati e pubblicò molti libri contro le eresie del suo tempo tanto da essere soprannominato il terrore degli eretici.
Con la sua dottrina ammaestrò molta gente e rese famoso l'Ordine Mercedario in tutta la Francia soprattutto con la santità della sua vita.
Finché colmo di meriti si addormentò nel Signore nell'anno 1413 a Parigi.
L'Ordine lo festeggia l'8 agosto.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Dionisio Rabinis, pregate per noi.

*San Domenico di Guzman - Sacerdote e Fondatore dei Predicatori (8 Agosto)

Burgos, 1170? - Bologna, 6 agosto 1221
Nato nel 1170 a Caleruega, un villaggio montano della Vecchia Castiglia (Spagna), si distinse fin da giovane per carità e povertà.
Convinto che bisognasse riportare il clero a quella austerità di vita che era alla base dell'eresia degli Albigesi e dei Valdesi, fondò a Tolosa l'Ordine dei Frati Predicatori che, nato sulla Regola agostiniana, divenne nella sostanza qualcosa di totalmente nuovo, basato sulla predicazione itinerante, la mendicità (per la prima volta legata ad un ordine clericale), una serie di osservanze di tipo monastico e lo studio approfondito.
San Domenico si distinse per rettitudine, spirito di sacrificio e zelo apostolico.
Le Costituzioni dell'Ordine dei Frati Predicatori attestano la chiarezza di pensiero, lo spirito costruttivo ed equilibrato e il senso pratico che si rispecchiano nel suo Ordine, uno dei più importanti della Chiesa.
Sfinito dal lavoro apostolico ed estenuato dalle grandi penitenze, il 6 agosto 1221 muore circondato dai suoi frati, nel suo amatissimo convento di Bologna, in una cella non sua, perché lui, il Fondatore, non l'aveva.
Gregorio IX, a lui legato da una profonda amicizia, lo canonizzerà il 3 luglio 1234. (Avvenire)

Patronato: Astronomi
Etimologia: Domenico = consacrato al Signore, dal latino
Emblema: Stella in fronte, Giglio, Cane, Libro
Martirologio Romano: Memoria di San Domenico, sacerdote, che, canonico di Osma, umile ministro della predicazione nelle regioni sconvolte dall’eresia albigese, visse per sua scelta nella più misera povertà, parlando continuamente con Dio o di Dio.
Desideroso di trovare un nuovo modo di propagare la fede, fondò l’Ordine dei Predicatori, al fine di ripristinare nella Chiesa la forma di vita degli Apostoli, e raccomandò ai suoi confratelli di servire il prossimo con la preghiera, lo studio e il ministero della parola.
La sua morte avvenne a Bologna il 6 agosto.
(6 agosto: A Bologna, anniversario della morte di San Domenico, sacerdote, la cui memoria si celebra tra due giorni).
Domenico nacque nel 1170 a Caleruega, un villaggio montano della Vecchia Castiglia (Spagna) da Felice di Gusmán e da Giovanna d'Aza.
A 15 anni passò a Palencia per frequentare i corsi regolari (arti liberali e teologia) nelle celebri scuole di quella città.
Qui viene a contatto con le miserie causate dalle continue guerre e dalla carestia: molta gente muore di fame e nessuno si muove!
Allora vende le suppellettili della propria stanza e le preziose pergamene per costituire un fondo per i poveri.
A chi gli esprime stupore per quel gesto risponde: "Come posso studiare su pelli morte, mentre tanti miei fratelli muoiono di fame?"
Terminati gli studi, a 24 anni, il giovane, assecondando la chiamata del Signore, entra tra i "canonici regolari" della cattedrale di Osma, dove viene consacrato sacerdote.
Nel 1203 Diego, vescovo di Osma, dovendo compiere una delicata missione diplomatica in Danimarca per incarico di Alfonso VIII, re di Castiglia, si sceglie come compagno Domenico, dal quale non si separerà più.
Il contatto vivo con le popolazioni della Francia meridionale in balìa degli eretici catari, e l'entusiasmo delle cristianità nordiche per le grandi imprese missionarie verso l'Est, costituiscono per Diego e Domenico una rivelazione: anch'essi saranno missionari.
Di ritorno da un secondo viaggio in Danimarca scendono a Roma (1206) e chiedono al Papa di potersi dedicare all'evangelizzazione dei pagani.
Ma Innocenzo III orienta il loro zelo missionario verso quella predicazione nell'Albigese (Francia) da lui ardentemente e autorevolmente promossa fin dal 1203.
Domenico accetta la nuova consegna e rimarrà eroicamente sulla breccia anche quando si dissolverà la Legazione pontificia, e l'improvvisa morte di Diego (30 dicembre 1207) lo lascerà solo.
Pubblici e logoranti dibattiti, colloqui personali, trattative, predicazione, opera di persuasione, preghiera e penitenza occupano questi anni di intensa attività; cosi fino al 1215 quando Folco, vescovo di Tolosa, che nel 1206 gli aveva concesso Santa Maria di Prouille per raccogliere le donne che abbandonavano l'eresia e per farne un centro della predicazione, lo nomina predicatore della sua diocesi.
Intanto alcuni amici si stringono attorno a Domenico che sta maturando un ardito piano: dare all Predicazione forma stabile e organizzata.
Insieme a Folco si reca nell'ottobre del 1215 a Roma per partecipare al Concilio Lateranense IV e anche per sottoporre il suo progetto a Innocenzo III che lo approva.
L'anno successivo, il 22 dicembre, Onorio III darà l'approvazione ufficiale e definitiva.
E il suo Ordine si chiamerà "Ordine dei Frati Predicatori".
Il 15 agosto 1217 il Santo Fondatore dissemina i suoi figli in Europa, inviandoli soprattutto a Parigi e a Bologna, principali centri universitari del tempo.
Poi con un'attività meravigliosa e sorprendente prodiga tutte le energie alla diffusione della sua opera.
Nel 1220 e nel 1221 presiede in Bologna ai primi due Capitoli Generali destinati a redigere la "magna carta" e a precisare gli elementi fondamentali dell'Ordine: predicazione, studio, povertà mendicante, vita comune, legislazione, distribuzione geografica, spedizioni missionarie.
Sfinito dal lavoro apostolico ed estenuato dalle grandi penitenze, il 6 agosto 1221 muore circondato dai suoi frati, nel suo amatissimo convento di Bologna, in una cella non sua, perché lui, il Fondatore, non l'aveva.
Gregorio IX, a lui legato da una profonda amicizia, lo canonizzerà il 3 luglio 1234. Il suo corpo dal 5 giugno 1267 è custodito in una preziosa Arca marmorea.
I numerosi miracoli e le continue grazie ottenute per l'intercessione del Santo fanno accorrere al suo sepolcro fedeli da ogni parte d'Italia e d'Europa, mentre il popolo bolognese lo proclama "Patrono e
Difensore perpetuo della città;".
La fisionomia spirituale di San Domenico è inconfondibile; egli stesso negli anni duri dell'apostolato albigese si era definito: "umile ministro della predicazione". Dalle lunghe notti passate in chiesa accanto all'altare e da una tenerissima devozione verso Maria, aveva conosciuto la misericordia di Dio e "a quale prezzo siamo stati redenti", per questo cercherà di testimoniare l'amore di Dio dinanzi ai fratelli.
Egli fonda un Ordine che ha come scopo la salvezza delle anime mediante la predicazione che scaturisce dalla contemplazione: contemplata aliis tradere sarà la felice formula con cui San Tommaso d' Aquino esprimerà l'ispirazione di San Domenico e l'anima dell'Ordine.
Per questo nell'Ordine da lui fondato hanno una grande importanza lo studio, la vita liturgica, la vita comune, la povertà evangelica.
Ardito, prudente, risoluto e rispettoso verso l'altrui giudizio, geniale sulle iniziative e obbediente alle direttive della Chiesa, Domenico è l'apostolo che non conosce compromessi né irrigidimenti: "tenero come una mamma, forte come un diamante", lo ha definito Lacordaire.

(Fonte: Edizioni Studio Domenicano, Bologna)
Giaculatoria - San Domenico di Guzmàn, pregate per noi.

*Sant'Emiliano di Cizico - Vescovo e Martire (8 Agosto)

Etimologia: Emiliano = cortese o emulo, dal latino
Emblema: Bastone pastorale, Palma
Martirologio Romano: A Cizico in Ellesponto, nell’odierna Turchia, Sant’Emiliano, vescovo, che molto patì da parte dell’imperatore Leone per il culto delle sacre immagini e morì, infine, in esilio. Successe nell'episcopato a Nicola verso la fine del sec. VIII e rifulse non solo per dottrina ma anche per benignità e misericordia.

Nell'815 partecipò alla conferenza indetta dall'imperatore iconoclasta Leone Armeno (813-20) a proposito del culto delle immagini, durante la quale manifestò la sua fede, dichiarando con energia l'imperatore incompetente a giudicare di simile materia: "Se la questione è ecclesiastica, si tratti in chiesa, secondo l'uso, e non nel palazzo imperiale". Per questa sua fermezza fu mandato in esilio, dove morì in un anno imprecisato.

É ricordato nei menologi, menei e sinassari greci l'8 agosto e l'8 gennaio come martire o confessore. Alla prima data è commemorato anche nel Martirologio Romano.
(Autore: Agostino Amore – Fronte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Emiliano di Cizico, pregate per noi.

*Sant'Eusebio di Milano - Vescovo (8 Agosto)
† agosto 462

Martirologio Romano: A Milano, Sant’Eusebio, vescovo, che lavorò assiduamente per la retta fede e ricostruì la cattedrale distrutta dagli Unni.
Greco di origine (così lo presenta Ennodio), Eusebio successe a Lazzaro nella cattedra episcopale milanese poco prima del 449.
Partecipò al concilio radunato a Roma nell’ottobre del 449 da papa Leone Magno per esaminare e condannare Terrore di Eutiche intorno al mistero dell’Incarnazione.
La condanna degli errori di Eutiche fu comunicata alla corte imperiale di Costantinopoli da una ambasceria pontificia, di cui facevano parte anche due ecclesiastici della provincia ecclesiastica di Milano e precisamente il vescovo Abbondio di Como ed il prete Senatore di Milano.
Avvertito dal papa del felice esito dell’ambasciata alla corte imperiale di Costantinopoli, Eusebio riunì a Milano un concilio provinciale dei vescovi, i quali, per mezzo suo, nell’autunno del 451, inviarono al papa una formula di fede cattolica.
La grande carità di Eusebio rifulse in una circostanza dolorosa per Milano. Nel 452 Attila e gli Unni calarono in Italia, assetati di vendetta e di sangue: distrutte molte città del Veneto, Attila si impadronì di Milano ove le sue orde barbariche si abbandonarono a violenze e saccheggi di ogni genere. La città fu distrutta, la cattedrale data alle fiamme.
Passata la bufera, Eusebio si preoccupò di riparare le rovine della città e di soccorrere i cittadini affamati.
Ricostruì la cattedrale e si dice istituisse, a perpetua memoria del fatto, la festa della dedicazione, da celebrarsi la terza domenica di ottobre: detta festa viene ancora oggi celebrata, ma come ricordo
della dedicazione del duomo fatta da San Carlo Borromeo.
In quella occasione un vescovo, di cui non ci è rimasto il nome, tenne un discorso ufficiale, conservatoci col titolo De reparatione ecclesiae Mediolanensis, ed attribuito a san Massimo di Torino.
Nel Breviario ambrosiano si legge che Eusebio, ancora diacono, ruppe il calice di vetro adoperato nella Messa: essendo però ricorso alla intercessione di San Lorenzo, il calice miracolosamente si ricompose.
Non è difficile vedere in questo la ripetizione di un episodio analogo narratori da San Gregorio di Tours.
La morte di Eusebio sembra sia avvenuta nell’agosto del 462; il Santo fu sepolto nella basilica milanese di san Lorenzo. I cataloghi più antichi dei vescovi di Milano lo ricordano l’8 agosto, i più recenti il 9 agosto.
Il Liber notitiae sanctorum Mediolani dell’inizio del secolo XIV, lo ricorda il 12 agosto, data poi passata nel calendario ambrosiano e nel Martirologio Romano.

(Autore: Antonio Rimoldi – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Eusebio di Milano, pregate per noi.

*San Famiano - Venerato a Gallese (8 Agosto)

Martirologio Romano: A Gallese presso Viterbo, San Famiano, eremita, che, nativo di Colonia, distribuì i suoi beni ai poveri e, dopo sacri pellegrinaggi compiuti vestendo l’abito cistercense, morì in questo luogo.
Il nome Famiano deriva dal latino e significa “che ha acquistato fama”. San Famiano era un frate cistercense di origine tedesca che fu per molti anni eremita in Spagna.
Nato a Colonia nel 1090 venne chiamato Quardo e più tardi Famiano per la fama acquistata con i miracoli da lui fatti.
É molto venerato a Gallese, centro laziale situato nella valle del Tevere.
Questo paese del viterbese ha dato i natali a 2 Papi: Martino I° e Romano I°.
Il prestigio che il centro acquisì grazie alla sua religiosità chiamò a Gallese diversi pellegrini, tra cui appunto San Famiano.
Questo monaco, detto appunto “di Gallese” morì nel paese in oggetto l’8 Agosto del 1150.
Dopo la morte fu canonizzato da Adriano IV con il nome di San Famiano e le sue spoglie furono
deposte in una grotta dove nel 1155 venne eretta la chiesa che porta il suo nome.
Nel luogo di culto è conservato, custodito in un prezioso sarcofago posto nella cripta il corpo di San Famiano, patrono di Gallese.
La chiesa appunto, situata al di fuori del perimetro urbano ingloba la grotta, trasformata in cripta, dove il Santo volle essere sepolto. A tre km circa dal centro storico di Gallese, in piena campagna, si trova l’altra chiesa dedicata a San Famiano, la cappella di San Famiano a Lungo.
In essa è conservata la sorgente che il Santo, il giorno 17 Luglio 1150, al termine del suo pellegrinaggio che lo aveva portato in Spagna (dove è ancora venerato), in Terra Santa e a Roma, fece scaturire percotendo il suolo con il suo bastone viatorio.
Ancora oggi, il 17 Luglio di ogni anno, il luogo è meta di un pellegrinaggio che parte alle prime ore del mattino.
Il culto del Santo e la custodia delle due chiese sono affidati all’antica confraternita di San Famiano, ricostituitasi nel 1990.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Famiano, pregate per noi.

*Beato Felipe José (Pedro Juan Alvarez Perez) - Religioso lasalliano, Martire (8 Agosto)
Schede dei Gruppi a cui appartengono:
“Beati Martiri Spagnoli Lasalliani di Toledo” - Beatificati nel 2007 - Senza data (Celebrazioni singole) “Beati 498 Martiri Spagnoli” - Beatificati nel 2007 (6 novembre)
“Martiri della Guerra di Spagna - Senza Data (Celebrazioni singole)

Carmena, Spagna, 27 giugno 1914 - Boca de Congosto, Spagna, 8 agosto 1936
Beatificato il 18 ottobre 2007. Fu alunno dei Fratelli nella Scuola Professionale del Sagrado Corazón
de Jesús a Madrid. Entrò all'Aspirantato di Grinón nel marzo 1927. Vestì l'abito religioso il 14 agosto 1930.  Dopo lo Scolasticato fu destinato a Consuegra, dove lo sorprese la persecuzione religiosa.

Arrestato con i Fratelli della Comunità, non lo uccisero nello stesso giorno, perché lo confusero con un'altra persona che aveva lo stesso roche, e che era in prigione perché era impiegato in un convento.  Lui disse che quella persona non era un religioso e che era lui che stavano cercando, ma non gli diedero retta.

La corona del martirio gli giunse nella notte tra il 7 e l'8 agosto, quando fu ucciso con altre persone in un luogo chiamato Fuente de Fresno (Ciudad Real). Fratel Felipe aveva 22 anni.

(Fonte: Postulazione Generale Fratelli delle Scuole Cristiane)
Giaculatoria - Beato Felipe José, pregate per noi.

*Beato Giovanni Felton - Laico Coniugato, Martire (8 Agosto)

Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Beati Martiri di Inghilterra, Galles e Scozia” - Beatificati nel 1886-1895-1929-1987

+ Londra, 8 agosto 1570
Martirologio Romano:
A Londra in Inghilterra, Beato Giovanni Felton, martire, che, crudelmente dilaniato presso la cattedrale di San Paolo per avere affisso in pubblico la bolla di scomunica emessa dal Papa San Pio V contro la regina Elisabetta I, compì gloriosamente il suo martirio invocando il nome del Salvatore.
Originario di Norfolk, viveva con la sua famiglia a Bermondsey Abbey, vicino a Southwark. Avuta copia della Bolla di scomunica della regina Elisabetta dal banchiere fiorentino a Londra, Ridolfo
Ridolfi, e pregato di renderla nota al pubblico, si mostrò pronto, non badando al rischio che correva, e l'appese alla porta del palazzo del vescovo [scismatico] di Londra il 25 maggio 1570.
L'atto di audacia gettò lo scompiglio nella città, ma egli, sebbene invitato a fuggire, rimase in casa in attesa dell'arresto e del desiderato martirio.
Il 4 agosto 1570, condotto dinanzi al tribunale, confessò la sua impresa, approfittò dell'occasione per dichiarare e confermare la sua fede nella supremazia spirituale del Papa e, come riferisce un testimonio protestante che ne descrive il giudizio e il martirio in una relazione stampata lo stesso anno, «si fece traditore della regina negandone la supremazia spirituale».
Ripeté queste parole varie volte durante la prigionia agli avversari che cercarono in tutti i modi di farlo rinsavire e domandare perdono alla regina, e ancora di fronte alla forca.
In quel momento si sentì assalito da un violento spasimo di terrore, ma si riebbe subito con un energico atto di volontà e puntando il dito verso la porta del vescovo disse : «La lettera del sommo pontefice contro le pretese della regina l'ho appesa io a quella porta.
E ora sono pronto a morire per la fede cattolica!».
E per mostrare, ciò nonostante, di non nutrire in cuor suo nessuna amarezza contro la regina, si tolse dal dito un anello, in cui era incastonato un diamante prezioso, valutato quattrocento sterline, e lo diede al conte di Sussex, presente, perché lo consegnasse alla sovrana.
Fu impiccato e squartato l'8 agosto 1570 e, come testimonia Francesca, sua figlia, mentre il carnefice già ne stringeva in mano il cuore strappatogli dal petto, fu udito ancora invocare per due volte il nome di Gesù.
Il suo culto fu riconosciuto il 29 dicembre 1886.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giovanni Felton, pregate per noi.

*Beato Giovanni Fingley - Martire (8 Agosto)

Martirologio Romano: A York sempre in Inghilterra, Beato Giovanni Fingley, sacerdote e martire, che sotto la stessa regina fu condannato a morte per il suo sacerdozio e condotto al patibolo.
Insieme a lui si commemora anche il Beato Roberto Bickendike, martire, che, nello stesso periodo, ma in giorno e anno ignoti, patì i medesimi tormenti per essersi riconciliato con la Chiesa cattolica.  

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giovanni Fingley, pregate per noi.

*Beato Guglielmo da Castellammare di Stabia - Francescano, Martire (8 Agosto)
Catellammare di Stabia (Napoli), XIV sec. – Gaza (Palestina), 1364
Il Francescanesimo, sin dai primi tempi ebbe come uno degli obiettivi, l’evangelizzazione del mondo islamico; quindi già San Francesco si recò nel 1219 in Palestina, dopo due tentativi andati a vuoto, presentandosi al sultano Al-Malik al Kamil, instaurando un contatto interessante, che rivelava dopo le secolari lotte fra saraceni e cristiani, la possibilità almeno da parte cristiana, di un dialogo dell’amore fra le due grandi religioni, per le comuni origini in Abramo.
Anche uno dei primi discepoli di Francesco, il dotto e taumaturgo Sant'Antonio di Padova, tentò nel 1220 di recarsi in Africa Settentrionale fra i saraceni, ma una tempesta lo fece naufragare in Sicilia.
Ma già agli inizi del 1220 ci furono i primi martiri francescani per mano degli islamici; s. Francesco inviò come missionari cinque frati nella Spagna occupata dai musulmani, i santi Berardo, Pietro, Accursio, Adiuto, Ottone.
Essi presero a predicare nelle moschee e per questo condannati a morte dal sultano; poi furono graziati e come tanti altri cristiani della regione, inviati in Marocco ai lavori forzati.
I coraggiosi frati continuarono però a predicare il Vangelo; di nuovo imprigionati, furono flagellati e infine decapitati il 16 gennaio 1220.
Dopo di loro tanti altri francescani, persero la vita nel tentativo di diffondere il Vangelo nell’ostico e
chiuso mondo musulmano, già nel 1227 ci furono in Marocco altri sette martiri francescani, i Santi Daniele e compagni; anche altri Ordini portarono il loro contributo di sangue per la conversione dei saraceni, che è bene ricordare spadroneggiavano con sanguinose incursioni sulle coste del Mediterraneo, depredando, uccidendo, rapendo donne e uomini ridotti in schiavitù, tutto in nome di una ‘guerra santa’ in nome di Allah.
L’Ordine Mercedario si distinse in quel triste periodo, per il riscatto dei cristiani dalla schiavitù in terra araba e molti di loro morirono martiri fra inauditi tormenti.
Questa era la situazione di quei secoli di terrore e la Terra Santa era occupata dai musulmani, ciò generò il fenomeno delle ‘Crociate’, che acuì ancor di più il contrasto ideologico e gli scontri sanguinosi fra il mondo cristiano e quello musulmano, con eccessi da ambo le parti.
In questo contesto storico-religioso, si inserisce la vicenda del frate Minore Francescano, il Beato Guglielmo da Castellammare di Stabia, originario appunto della bella, storica, ricca di acque termali, città del Golfo di Napoli.
Purtroppo non ci sono pervenute sufficienti notizie; missionario anche lui in Palestina, annunziava pubblicamente il Vangelo, accusando coraggiosamente di falsità la religione musulmana; forse all’epoca non c’era altro modo di fare apostolato, se non quello di fare queste pubbliche sortite, che evidentemente colpivano per il coraggio dimostrato.
Naturalmente fu arrestato e durante la detenzione si cercò di farlo apostatare con minacce e promesse, non risulta che fosse torturato, come successo per tanti altri; alla fine subì il martirio nel 1364 a Gaza (a quanto pare segato in due).
Il suo corpo fu bruciato insieme al breviario con cui recitava le preghiere canoniche; i corpi dei martiri venivano bruciati affinché non si creasse un culto delle reliquie fra i cristiani, culto che gli islamici vedevano come il fumo negli occhi. Il Beato Guglielmo è ricordato l’8 agosto.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Guglielmo da Castellammare di Stabia, pregate per noi.

*Beato Manuel Aranda Espejo - Seminarista e Martire (8 Agosto)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati Martiri Spagnoli della Diocesi di Jaén" - Senza Data (celebrazioni singole)
"Beati 522 Martiri Spagnoli" Beatificati nel 2013 - Senza data (Celebrazioni singole)
"Martiri della Guerra di Spagna" - Senza Data (Celebrazioni singole)
Monte Lope Alvarez, Spagna, 22 marzo 1916 - 8 agosto 1936
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Manuel Aranda Espejo, pregate per noi.

*Santa Maria della Croce (Mary Helen Mackillop) - Vergine, Fondatrice (8 Agosto)
Fitzroy, Australia, 15 gennaio 1842 - Sydney, Australia, 8 agosto 1909
Mary Helen Mackillop a 18 anni, nel 1860, è maestrina in una piccola città dell’Australia Merrdionale, Penola: collabora col parroco padre Julian Tenison Woods e crea con lui le prime due scuole cattoliche per l’istruzione gratuita. Trova presto un gruppo di giovani pronte a farsi maestre senza paga, e con
esse dà inizio insieme a padre Woods al primo nucleo delle Suore di San Giuseppe del Sacro Cuore di Gesù, dette brevemente Giuseppine.
Nel 1868 il vescovo locale dà l’approvazione diocesana al nuovo Istituto, di cui padre Woods ha scritto la Regola. E lei, suor Maria della Croce, è la Regola, quotidiana e viva; da lei tutte imparano non solo a istruire i bambini, ma ad aiutare le loro famiglie, a essere "famiglia" per i detenuti di cui nessuno si occupa. E quando si tratta di placare un condannato a morte, che vive nell’odio le sue ultime ore terrorizzando tutti, è suor Maria Elena che entra da sola in quella cella, sta col morituro, gli parla, e soprattutto lo ascolta come forse nessuno ha mai fatto.
E il disperato, così, impara a sorridere anche alla morte. Il numero delle suore aumenta, i compiti pure. E anche le calunnie, le accuse pressappoco di ribellismo e sovversione, perché lei non vuole saperne di regolari contributi e sovvenzioni delle autorità. Tante ne dicono di lei, che nel 1871 il vescovo di Adelaide la scomunica, cacciando le Giuseppine dalla città.
Chiariti poi i fatti, la scomunica sarà ritirata con scuse; intanto lei nel 1873 arriva a Roma, il papa Pio IX la accoglie e la incoraggia, e si avvia regolarmente la pratica per il riconoscimento canonico del suo Istituto, di cui sarà Madre generale fino alla morte. Beatificata il 19 gennaio 1995, è stata canonizzata il 17 ottobre 2010, diventando la prima santa australiana. I suoi resti mortali sono venerati nella cappella a lei dedicata, annessa alla Casa generalizia delle sue religiose, a Sydney.
Martirologio Romano: A Sydney in Australia, beata Maria della Croce (Maria Elena) MacKillop, vergine, che fondò la Congregazione delle Suore di San Giuseppe e del Sacro Cuore e la governò tra molteplici difficoltà e oltraggi.

Famiglia e adolescenza
Mary HelenMacKillop nacque a Fitzroy, sobborgo di Melbourne inAustralia, il 15 gennaio 1842. Era la prima degli otto figli di Alexander MacKillop e Flora McDonald, immigrati scozzesi. Ricevette la sua prima istruzione dal padre, che aveva studiato a Roma in vista del sacerdozio, ma era tornato in Scozia per motivi di salute.
Appena adolescente, per aiutare la sua modesta famiglia, Mary dovette cominciare a lavorare come commessa. Svolse il suo compito seriamente e con una maturità superiore all’età anagrafica, ma già da allorasentì la chiamata alla vita religiosa.

A Penola, incontro con padre Julian Tenison-Woods
A 18 anni, nel 1860, si trasferì a Penola, una piccola città nell’odierno Stato dell’Australia Meridionale, per fare da governante ai figli di due zii, Margaret e Alexander Cameron. Non si limitò a educare solo i cugini, ma anche i bambini poveri e abbandonati. In breve tempo entrò in contatto con padre Julian Tenison-Woods, a Penola da quattro anni come parroco, che diventò il suo padre spirituale.
Il sacerdote era particolarmente attento alla questione educativa nelle zone di campagna dell’Australia, all’epoca colonia dell’Impero Britannico. Chiese quindi a Mary, che intanto aveva trovato lavoro come insegnante a Portland, di venire a Penola con le sue sorelle Annie e Alexandrina, detta Lexie, in vista dell’apertura di una scuola cattolica.
Il fatto comportava un certo rischio, visto che il Governo coloniale dell’Australia Meridionale interruppe i finanziamenti pubblici alle scuole religiose nel 1851. Gli immigrati, specie irlandesi, scelsero in molti casi di non far frequentare la scuola ai loro figli.
Per la prima volta, a Mary veniva offerta la possibilità di donare la sua vita a Dio: il 19 marzo 1866 assunse quindi un abito nero, segno della sua nuova vita. La nuova scuola, intitolata a san Giuseppe, fu ricavata da una stalla in disuso e restaurata da John, uno dei loro fratelli.

Nascita delle Suore di San Giuseppe del Sacro Cuore
Il 21 novembre dello stesso anno, Mary e Lexie vestirono l’abito di postulanti nell’ordine religioso a lungo sognato da padre Tenison-Woods, le Suore di San Giuseppe del Sacro Cuore; alla fine del 1867 vennero raggiunte da altre dieci compagne. La loro Regola venne scritta dallo stesso sacerdote e ottenne l’approvazione canonica del vescovo locale nel 1868.
L’anno precedente, nel 1867, era stata aperta una seconda scuola ad Adelaide, seguita da altre ancora in breve tempo. Nello stesso periodo anche le suore aumentavano di numero e l’attività si allargò così non solo alle scuole ma anche all’assistenza degli orfani, dei poveri, degli anziani. Il 15 agosto 1867, Mary pronunciò i voti perpetui e assunse il nome di suor Maria della Croce.

I primi contrasti
Non tardarono a presentarsi alcune difficoltà, a cominciare dai contrasti tra padre Tenison-Woods, diventato responsabile di tutte le scuole cattoliche dell’Australia del Sud, e altri confratelli. Inoltre, lo stile delle suore non era ben visto da parecchi: andavano per strada a elemosinare e si dedicavano ai bambini più poveri, non alle ragazze delle classi più elevate, come altri istituti religiosi. A questi fatti si estesero dicerie indirizzate alla stessa suor Maria, la quale doveva assumere di tanto in tanto modiche quantità di brandy: tanto bastò perché venisse accusata di alcolismo.
La scomunica
Il vescovo di Adelaide, monsignor Laurence Sheil, impose una commissione di verifica dell’operato delle suore, che andò a toccare le Costituzioni dell’Istituto. La fondatrice scrisse al vescovo per manifestargli le sue preoccupazioni: gli eventi che seguirono portarono alla sua scomunica, avvenuta il 22 settembre 1871.
Suor Maria della Croce visse quel periodo doloroso con estremo riserbo, rifiutandosi di appoggiare le campagne contro monsignor Shell, mentre le scuole delle suore venivano smantellate. Il 21 febbraio 1872, nove giorni prima di morire, monsignor Sheil ritirò il suo provvedimento e le suore Giuseppine, com’erano popolarmente chiamate, tornarono a rifiorire.
L’approvazione pontificia della congregazione
Nel 1873 madre Maria della Croce si recò a Roma per chiedere l’approvazione ufficiale. Dietro i suggerimenti ricevuti dalle autorità vaticane, rielaborò la Regola originaria compilata da padre Tenison-Woods, il quale per questo si dissociò dalla congregazione.
Due anni dopo, il 19 marzo 1875, venne eletta prima Superiora generale. Affrontò dure lotte e sacrifici, sempre in piena obbedienza alle autorità ecclesiastiche. Percorse a cavallo o in diligenza le immense distanze del continente australiano per visitare, sostenere, aiutare le sue suore dovunque si trovassero.
L’approvazione pontificia giunse il 15 luglio 1888 a opera di papa Leone XIII: la casa generalizia venne fissata a Sydney, per placare i contrasti insorti col vescovo di Brisbane. Madre Maria accettò di essere dimessa dal governo, ma soffrì molto per la morte della madre, avvenuta durante un naufragio, e per quella di padre Julian Tenison-Woods, col quale aveva tentato di riallacciare i rapporti. Venne poi rieletta Superiora generale nel 1898.

Ultima malattia e morte
Nel 1901, mentre si trovava in Nuova Zelanda, dove si era recata altre volte, madre Maria ebbe il primo ictus che la costrinse in sedia a rotelle, pur restando indomita nello spirito e in pieno possesso delle sue facoltà mentali. Fu rieletta una terza volta, ma dovette essere coadiuvata da un’altra consorella per le funzioni amministrative.
Morì l’8 agosto 1909 nel convento di Mount Street a Sydney.
I suoi funerali, celebrati l’11 agosto, ebbero una partecipazione popolare senza precedenti, anche di protestanti ed ebrei che avevano sostenuto economicamente le scuole delle suore. Molti fedeli, poi, cercavano di accostare al suo cadavere i loro rosari o altri oggetti di devozione, mentre altri portarono via il terriccio della sua fossa.

La glorificazione di madre Maria della Croce
Erano prove di una fama di santità che la Chiesa ha indagato con un lungo processo canonico, iniziato, interrotto, ripreso e portato a conclusione con la promulgazione del decreto sulle virtù eroiche, il 13 giugno 1992. Dopo il riconoscimento di un primo miracolo, col decreto promulgato il 6 luglio 1993, il Papa San Giovanni Paolo II l’ha beatificata il 19 gennaio 1995 a Sydney, durante il suo viaggio
apostolico in Oceania.
Nel 2008 la Beata Maria della Croce è stata annoverata tra i patroni della Giornata Mondiale della Gioventù di Sydney, mentre i pellegrinaggi al suo sepolcro, nella cappella a lei dedicata presso la Casa generalizia delle Suore di San Giuseppe del Sacro Cuore, non hanno riscontrato flessioni.
Il secondo miracolo accertato riguarda la guarigione di una madre di famiglia, Kathleen Evans, da un cancro ai polmoni ed è stato riconosciuto il 19 dicembre 2009. La canonizzazione si è svolta in piazza San Pietro a Roma, durante l’Eucaristia presieduta da papa Benedetto XVI, il 17 ottobre 2010.

Le Suore di San Giuseppe del Sacro Cuore oggi
Attualmente le Suore di San Giuseppe del Sacro Cuore di Gesù sono circa 800 e prestano servizio in Australia, Nuova Zelanda, Irlanda, Perù, Timor Est, Scozia e Brasile, proseguendo la missione della loro Santa fondatrice e del loro fondatore.

(Autore: Emilia Flocchini – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Maria della Croce, pregate per noi.

*Beate Maria di Gesù Bambino Badillou y Bullit e 4 Compagne - Martiri Scolopie (8 Agosto)
Schede dei gruppi a cui appartengono: “Beate Martiri Spagnole Scolopie”
“Beati 233 Martiri Spagnoli di Valencia” - Beatificati nel 2001
“Martiri della Guerra di Spagna”

† Valencia, Spagna, 8 agosto 1936

Martirologio Romano:
A Valencia, sempre in Spagna, Beate Maria di Gesù Bambino Baldillou y Bullit e compagne, vergini dell’Istituto delle Figlie di Maria delle Scuole Pie e martiri, che nella stessa persecuzione sotto la violenza dei nemici della Chiesa andarono gloriosamente incontro a Cristo Sposo.
Suor Maria Baldillou y Ballet, nacque il 6 febbraio 1905 a Balaguer (Lérida) dove trascorse l’infanzia e giovinezza. A 19 anni entrò nel Noviziato delle Scolopie di Marnou (Barcellona), dove fece la professione il 18 aprile 1927. Destinata al collegio di Valencia vi rimase fino alla sua morte, occupandosi delle faccende domestiche; fu per le consorelle e per le alunne un modello di vita tutta dedicata a Dio, nella semplicità e nell’allegria dell’educazione quotidiana.
Aveva 31 anni quando nel 1936 il Signore la chiamò e fu subito pronta all’incontro definitivo con Lui.
Suor Presentación Gallén y Marti, nacque il 20 novembre 1872 in una famiglia dove la benedizione di Dio fu abbondante, le quattro figlie divennero tutte religiose, tre Scolopie e una Figlia della Carità. Con la sorella Josefa fece il noviziato a San Martín di Provensals e la professione a 20 anni il 30 agosto 1892.
Lavorò per sette anni nel Collegio di Olesa di Montserrat, dopo fu destinata a quello di Valencia dove restò, fedele e operosa, per tutta la vita.
Semplice e modesta, umile e servizievole, la sua caratteristica fu lo spirito di sacrificio; quando nel 1936 donò la sua vita affrontando il martirio, aveva 64 anni.
Suor Maria Luisa Girón y Romera, nacque il 25 agosto 1887 a Bujalance (Cordoba), fu alunna nel Collegio Scolopio della stessa città e nel 1916 entrò nel Noviziato di Carabanchel e facendo la professione il 31 marzo del 1918.
La maggior parte della sua vita religiosa la trascorse nella lontana Cuba e poi dal 1934 al 1936 fra le bambine di Valencia, facendosi notare per il suo spirito andaluso. Sempre con il sorriso sulle labbra ed una serenità ammirevole; rispose alla chiamata del Signore nel 1936, quando aveva 49 anni e 18 di professione.
Suor Carmen Gómez y Lezaun, nacque ad Eulz (Navarra) il 27 luglio 1869, ubbidiente alla chiamata del Signore, entrò nel noviziato di Carabanchel dove fece la professione l’8 settembre del 1895 e nello stesso giorno fu destinata al grande Collegio di Valencia.
Qui vi rimase per 41 anni unendo lavoro e preghiera nell’intensa vita scolopica; trasformò la sua portineria, dove era un continuo andirvieni di alunne e genitori, in una Betania in cui si avvertiva la presenza del Signore.
Fu uccisa che aveva 67 anni.
Suor Clemencia Riba y Mestres, nacque l’8 ottobre 1893 ad Igualada (Barcellona), fu alunna del Collegio guidato dalle Scolopie, nella cui Congregazione entrò a 26 anni, nel 1918.
Dopo una breve permanenza nella Casa di Saragozza, fu destinata al Collegio di Valencia; fu per tutte una sorella affettuosa, per le alunne una madre premurosa.
Trasportata con le altre sulla spiaggia del Saler, fu martirizzata che aveva 41 anni.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beate Maria di Gesù Bambino Badillou y Bullit e 4 Compagne, pregate per noi.

*Beata Maria Elena MacKillop (Maria della Croce) - Fondatrice (8 Agosto)
Fitzroy, Melbourne, Australia, 15 gennaio 1842 - Sidney, 8 agosto 1909
A 18 anni, nel 1860, è maestrina in una piccola città del Sud, Penola, collabora col parroco padre Julian Tenison Woods e crea con lui le prime due scuole cattoliche per l’istruzione gratuita.
Trova presto un gruppo di giovani pronte a farsi maestre senza paga, e con esse dà inizio insieme a padre Woods al primo nucleo delle Suore di San Giuseppe del Sacro Cuore di Gesù, dette brevemente Giuseppine.
Nel 1868 il vescovo locale dà l’approvazione diocesana al nuovo Istituto, di cui padre Woods ha scritto la Regola.
E lei, suor Maria Elena, è la Regola, quotidiana e viva; da lei tutte imparano non solo a istruire i bambini, ma ad aiutare le loro famiglie, a essere “famiglia” per i detenuti di cui nessuno si occupa.

E quando si tratta di placare un condannato a morte, che vive nell’odio le sue ultime ore terrorizzando tutti, è suor Maria Elena che entra da sola in quella cella, sta col morituro, gli parla, e soprattutto lo ascolta come forse nessuno ha mai fatto.
E il disperato, così, impara a sorridere anche alla morte.
La chiamano ormai Madre Mary.
Il numero delle suore aumenta, i compiti pure.
E anche le calunnie, le accuse pressappoco di ribellismo e sovversione, perché lei non vuole saperne di regolari contributi e sovvenzioni delle autorità.
Tante ne dicono di lei, che nel 1871 il vescovo di Adelaide la scomunica, cacciando le Giuseppine dalla città.
Chiariti poi i fatti, la scomunica sarà ritirata con scuse; intanto lei nel 1873 arriva a Roma, il Papa Pio IX la accoglie e la incoraggia, e si avvia regolarmente la pratica per il riconoscimento canonico del suo Istituto, di cui sarà Madre generale fino alla morte.

Martirologio Romano: A Sydney in Australia, Beata Maria della Croce (Maria Elena) MacKillop, vergine, che fondò la Congregazione delle Suore di San Giuseppe e del Sacro Cuore e la governò tra molteplici difficoltà e oltraggi.
Maria Elena MacKillop nacque a Fitzoroy (Australia) il 15 gennaio 1842, figlia primogenita di immigrati scozzesi, nella prima giovinezza già sentì la chiamata di Dio alla vita religiosa ma pur desiderandolo, non poté farlo fino ai 25 anni, dovendo aiutare nelle necessità la sua modesta famiglia.
Ebbe nel 1860 l’incarico di insegnante a Penola nell’odierno Stato dell’Australia Meridionale, dove incontrò padre Giuliano Tenison Woods che diventò il suo padre spirituale, divenendo poi cofondatrice con lui della Congregazione delle Suore di S. Giuseppe del Sacro Cuore di Gesù, la cui Regola venne scritta dallo stesso padre Woods, ottenendo l’approvazione canonica del vescovo locale nel 1868.
Maria Elena andò ad insegnare per quattro anni a Portland nello Stato di Vittoria per ritornare a Penola nel 1866 dove aprì una scuola cattolica per ragazzi poveri, coadiuvata da un primo gruppo di ragazze che aderirono alla sua opera di carità.
L’anno successivo 1867 aprì una seconda scuola ad Adelaide e altre ancora in breve tempo, nello stesso periodo anche le suore aumentavano di numero e l’attività si allargò così non solo alle scuole ma anche all’assistenza degli orfani, dei poveri, dei vecchi.
Ma difficoltà si presentarono in seguito a delle imprudenze dello stesso padre Woods e da cambiamenti avvenuti nella Costituzione dell’Istituto che la fondatrice Maria della Croce non accettava per niente, al punto da vedersi scomunicata dal vescovo di Adelaide, che comunque la revocò prima di morire.
Nel 1873 si recò a Roma per chiedere l’approvazione dell’Istituto e sui suggerimenti ricevuti, rielaborò la Regola originaria fatta con padre Woods, il quale per questo si dissociò dalla Congregazione, rimanendo così a suor Maria della Croce tutto l’impegno delle attività e cure, affrontando dure lotte e sacrifici percorrendo immense distanze (siamo in Australia) per visitare,
sostenere, aiutare le sue suore dovunque si trovassero, riuscendo ad ottenere l’approvazione nel 1888 da Leone XIII, con la disposizione di una madre generale residente a Sydney.
Debilitata nel fisico per gravi malattie, pur essendo rimasta indomita nello spirito, la madre Maria della Croce, morì l’8 agosto 1909 in Sydney e fu sepolta nella cappella della Casa Madre dell’Istituto.
Attualmente le suore di S. Giuseppe del S. Cuore di Gesù, sono il gruppo più numeroso di religiose femminili presenti in Australia, con diffusione nella Nuova Zelanda e Perù. Papa Giovanni Paolo II l’ha beatificata il 19 gennaio 1995 a Sydney durante il suo viaggio apostolico in Oceania.

(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Maria Elena MacKillop, pregate per noi.

*Beata Maria Margherita Caiani - Religiosa (8 Agosto)

Poggio a Caiano, Prato, 2 novembre 1863 - Firenze, 8 agosto 1921
Maria Anna Caiani nacque a Poggio a Caiano (Prato) il 2 novembre 1863. Chiamata a vita consacrata, in giovane età entrò nella Congregazione delle Suore Bettine di San Massimo a Campi Bisenzio, ma dopo un po' non si sentì soddisfatta, per cui lasciò pensando di fondarne una propria. Passò nell'attesa ad operare fra i bambini del popolo, aprendo una scuola.
Attorno a lei si cominciarono a radunare alcune aspiranti alla vita in comune e il vescovo di Pistoia autorizzò il primo regolamento della piccola comunità e all'uso di un abito religioso.
Il 15 dicembre 1902 vestì l'abito religioso con le prime cinque suore, prendendo il nome di Maria Margherita. Sorse così l'Istituto delle Minime del Sacro Cuore di Gesù del Terz'Ordine Francescano.
La vita fraterna e la preghiera sono i capisaldi della nuova famiglia religiosa. Suor Maria Margherita morì a Firenze l'8 agosto 1921.
La Congregazione, approvata dalla Santa Sede nel 1926, conta oggi 54 case e oltre 500 suore. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Poggio a Caiano in Toscana, Beata Maria Margherita (Maria Anna Rosa) Caiani, vergine, fondatrice dell’Istituto delle Suore Francescane Minime del Sacro Cuore per la formazione della gioventù e l’assistenza ai malati.
Maria Anna Caiani, fondatrice delle Suore Francescane Minime del Sacro Cuore, nacque a Poggio a Caiano (Prato) il 2 novembre 1863, nella parrocchia di Bonistallo; sin dalla fanciullezza sentì la chiamata di Dio ad una vita consacrata per il bene dei fratelli e appena poté cercò fra le tante Congregazioni di suore esistenti, quella che in una forma attiva vivesse gli ideali francescani della preghiera, del lavoro, della fraternità, impegnandosi a favore dei fratelli di ogni età e categoria sociale.
Nella sua ricerca credette di aver trovato ciò che cercava nella Congregazione delle Suore Bettine di S. Massimo a Campi Bisenzio, ma dopo un po’ non si sentì soddisfatta, per cui lasciò pensando di fondarne una propria.
Passò nell’attesa ad operare fra i bambini del popolo, aprendo una scuola e rimanendo per il momento nella propria casa. Attorno a lei si cominciarono a radunare alcune aspiranti alla vita in comune; il vescovo di Pistoia, autorizzò il primo regolamento della piccola comunità e all’uso di un abito religioso.
Il 15 dicembre 1902 a Poggio a Caiano in una piccola stanza-cappella, vestì l’abito religioso con le prime cinque suore, prendendo il nome di Maria Margherita in ossequio alla grande mistica s. Margherita Maria Alacoque mistica del S. Cuore.
Sorse così l’Istituto delle Minime del Sacro Cuore di Gesù del Terz’Ordine Francescano; in 19 anni fondò personalmente 12 case sparse in tutta l’Italia centro settentrionale; nel 1915 tenne il primo capitolo generale, durante il quale fu eletta superiora generale.
La vita fraterna e la preghiera sono i capisaldi della nuova famiglia religiosa, sbocciata come un dono del Cuore di Gesù e a cui madre Maria Margherita Caiani volle uniformare tutta se stessa, nel ministero della carità, dell’umiltà e della semplicità.
Morì a Firenze l’8 agosto 1921 e dal 20 aprile 1961 riposa nella cappella dell’Istituto. La Congregazione, approvata dalla Santa Sede nel 1926, conta oggi 54 case, di cui cinque in Paesi di missione, le suore sono circa 510. É stata proclamata Beata da Papa Giovanni Paolo II il 23 aprile 1989, dopo la chiusura favorevole dei processi e del necessario miracolo avvenuto per sua intercessione.

(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Maria Margherita Caiani, pregate per noi.

*San Marino di Anazarbo - Martire (8 Agosto)

Etimologia: Marino = uomo del mare, dal latino
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Tarso in Cilicia, nell’odierna Turchia, passione di San Marino, anziano nativo di Ainvarza, che fu decapitato sotto l’imperatore Diocleziano e il governatore Lisia e il suo corpo, per ordine del prefetto, dato in pasto alle fiere.
Il suo nome venne inserito nel 1500 da Cesare Baronio nel “Martirologio Romano” all’8 agosto, prima di quella data San Marino di Anazarbo era sconosciuto in Occidente.
Una breve ‘passio’ greca racconta che Marino ormai in età avanzata, viveva ad Anazarbo, città della Cilicia al tempo di Diocleziano (243-313). Giacché era cristiano, fu arrestato e trasferito a Tarso
davanti al governatore Lisia.
Segue la scena dell’interrogatorio, delle promesse e incitazioni a sacrificare agli dei, il suo deciso rifiuto e quindi una prima serie di torture, seguite dal carcere. Il giorno seguente fu una ripetizione del precedente, concluso con la condanna a morte; la decapitazione ebbe luogo fuori della città e il suo corpo gettato ai cani e alle belve.
Nel ‘Martirologio Romano’ invece è detto che Marino venne divorato vivo dalle belve, mentre le fonti greche, come già detto, dicono che lo fu dopo essere stato decapitato.
A seguito di un improvviso temporale che provocò una grande confusione, due cristiani delle vicinanze s’impadronirono dei resti del suo corpo, nascondendoli in una grotta, in seguito furono trasportati in una località a sei miglia da Anazarbo.
Una notizia nei sinassari bizantini, precisa che la morte di Marino avvenne sotto Diocleziano e Aristobulo consoli, ciò permette di stabilire con certezza che la morte avvenne nel 285, anno in cui Diocleziano da console divenne imperatore; nello stesso anno e sotto lo stesso governatore Lisia, subirono il martirio Claudio, Asterio e i loro compagni. Il nome Marino ha origine latina e significa “appartenente al mare”.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Marino di Anazarbo, pregate per noi.

*San Mummolo di Fleury - Abate (8 Agosto)
† 8 agosto 680/681

Trasportò le reliquie di San Benedetto all'abbazia di Fleury in Francia, affinchè fossero degnamente venerate.
Martirologio Romano: A Bordeaux in Aquitania, sempre in Francia, San Mummolo, abate di Fleury.
Si ignora quasi tutto della vita di san Mummolo (lat. Mummulus, fr. Mommole), salvo il fatto che, ispirato alla lettura dei Dialoghi di papa san Gregorio Magno, avrebbe inviato il prete Aigulfo con
alcuni monaci a Montecassino per ricercarvi e trasportare in Francia i corpi di San Benedetto e di Santa Scolastica.
Morì l’8 agosto 680 o 681 nel monastero di santa Croce a Bordeaux e quivi ebbe la sua tomba, come testimonia l’epitafio: «Hic requiescet bonae recordationis humilis XPI Mommolenus, qui vixit annus (circa) septuagenta, apud quem nullus fuit dolus malus, qui fuit sene ira iocundus, hoc est accepii transitum suum diae VI idus augustas ubi fecit augustas dies septem anno V regnum domini nostri Clodovei regis».
Ci si può domandare se l’abate Mommolenus, morto a Bordeaux e l’abate di Fleury siano la stessa persona.
C. Jullien nega tale identità, ma i suoi argomenti sono poco probanti come è stato dimostrato da Chauliac e Munding. Chauliac ha anche descritto minuziosamente il culto reso al santo a Bordeaux: le sue confraternite, il suo altare, il suo sarcofago, le sue statue.
Tutti i monumenti di epoche precedenti sono andati distrutti durante la Rivoluzione francese, tuttavia le reliquie sono state salvate e si trovano dal 1878 nella cappella del battistero di Santa Croce, che è stata poi dedicata al santo.
Questi, da tempo immemorabile, aveva la sua festa a Bordeaux l’8 agosto e almeno a partire dal secolo XI a Fleury. La sua memoria si trova in tutti i martirologi benedettini.

(Autore: Rombaut Van Doren – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Mummolo di Fleury, pregate per noi.

*San Paolo Ke Tingzhu - Martire (8 Agosto)
Martirologio Romano: Nel territorio di Xixiaodun presso Xinhexian nella provincia dello Hebei in Cina, San Paolo Ke Tingzhou, martire, che, capo dei cristiani del luogo, durante la persecuzione scatenata dai fautori della setta dei Boxer, scarnificato pezzo dopo pezzo, fu per gli altri straordinario esempio di fermezza.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Paolo Ke Tingzhu, pregate per noi.

*San Severiano - Martire ad Albano (8 Agosto)

Martirologio Romano: Ad Albano al quindicesimo miglio della via Appia, Santi Secondo, Carpóforo, Vittorino e Severiano, martiri.
Degli otto Santi che portano questo nome, l’unico che è romano è quello che viene ricordato l’8 agosto, insieme a Secondo, Carpoforo e Vittorino.
La più antica notizia che riguarda questo gruppo di martiri è tratta dalla “Depositio martyrum”. Alla stessa data sono citati anche nel ‘Martirologio Geronimiano’, con la precisazione che il loro sepolcro si trova al XV miglio della Via Appia in un cimitero identificato dagli archeologi come quello di San Senatore.
Si tratta delle catacombe di Albano Laziale (Roma) dove insieme ai corpi di San Senatore e di Santa Perpetua, vi erano anche i corpi di numerosi martiri, ma senza contenere notizie ulteriori a quelle dei soli nomi.
In questo luogo esiste un cadente e lacero affresco del V secolo, che raffigura i quattro martiri Severiano, Secondo, Carpoforo e Vittorino, intorno al Salvatore.
Di loro non esiste nessuna ‘passio’ perciò chi fossero e quando sono stati uccisi è impossibile precisare; nel corso dei secoli essi sono stati confusi anche con un altro gruppo di martiri chiamati “Quattro Coronati”, ma questi erano della Pannonia e avevano altri nomi.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Severiano, pregate per noi.

*San Severo - Venerato a Vienne (8 Agosto)

Martirologio Romano: A Vienne nella Gallia lugdunense, ora in Francia, San Severo, sacerdote.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Severo, pregate per noi.

*Beato Vladimiro (Wlodzimierz) Laskowski - Sacerdote e Martire (8 Agosto)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Beati 108 Martiri Polacchi”
Rogozno, Polonia, 30 gennaio 1886 – Gusen, Austria, 8 agosto 1940
Wlodzimierz Laskowski, sacerdote dell’arcidiocesi di Poznan, cadde vittima dei nazisti in odio alla sua fede cristiana.  
Papa Giovanni Paolo II il 13 giugno 1999 lo elevò agli onori degli altari con ben altre 107 vittime della medesima persecuzione.

Martirologio Romano: In località Gusen in Germania, Beato Vladimiro Laskowski, sacerdote e martire, che, in tempo di guerra, fu deportato per la sua fede in questo campo di prigionia e, crudelmente torturato, raggiunse la gloria del martirio.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Vladimiro Laskowski, pregate per noi.

*Altri Santi del giorno (8 Agosto)

*San
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.

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