Santi del 28 Giugno
*Argimiro di Cordova *Attilio *Eimerado *Erlembaldo Cotta di Milano *Giovanni Southworth *Ireneo di Lione *Lucia Wang Cheng e & *Lupercio *Maria Du Zhaozhi *Maria Pia Mastena *Martiri di Alessandria d'Egitto *Mattia Choe In-gil *Paolo I *Pappio *Pietro de Oriona *Potamiena d’Alessandria *Saba Ji Hwang *Severiano Baranyk e Gioacchino Senkivskyj *Vincenza Gerosa *Altri Santi del giorno *
*Sant'Argimiro di Cordova - Martire (28 Giugno)
Martirologio Romano: A Córdova nell’Andalusia in Spagna, Sant’Argimíro, martire, che, monaco di ormai avanzata età, durante la persecuzione dei Mori, sotto il regno di Maometto II, ricevette dal giudice l’ordine di rinnegare Cristo e, rimasto fermo nel confessare la sua fede, fu posto vivo sul cavalletto e trapassato con la spada.
Nato a Cabra da famiglia cristiana, Argimiro esercitò sotto la dominazione musulmana l'ufficio di censore a Cordova.
Costretto a dimettersi dalla carica, probabilmente per sfuggire alle persecuzioni contro i cristiani, forse a quella bandita da Mohamed I, si ritirò in un convento.
Denunciato, Argimiro rifiutò di abiurare. La risoluta confessione della sua fede gli valse prima il carcere e infine il supplizio: torturato sul cavalletto, fu decapitato il 28 giugno 856.
Il suo corpo fu impalato, esposto in pubblico e finalmente deposto nella chiesa di Sant'Acisclo dove ne fu fatta ricognizione nel 1615. Nel Martirologio Romano la festa si celebra il 28 Giugno; a Cordova il 7 Luglio.
(Autore: Pietro Altabella Gracia - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant' Argimiro di Cordova, pregate per noi.
*Sant'Attilio - Soldato e Martire (28 Giugno)
circa III-IV secolo
Sant'Attilio è forse identificabile con un martire, presunto soldato della mitica Legione Tebea, venerato presso Trino Vercellese.
Il suo culto non è però mai stato suffragato dall'inserimento nei martirologi ufficiali della Chiesa.
Etimologia:Attilio = forse attivo o avo, nonno, dal latino
Emblema:Bandiera, Elmo, Palma
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Attilio, pregate per noi.
*Beato Eimerado - Sacerdote Eremita (28 Giugno)
Eimerado (in tedesco Heimerad, Heimrad oppure Heimo) fa parte di quella schiera di santi noti come «folli di Dio».
Nato a Meßkirch, nel Baden, verso la metà del X secolo, divenne sacerdote e si fece pellegrino a Roma e in Terra Santa.
Stabilitosi nel monastero di Hersfeld, ne fu cacciato dall'abate perché si rifiutava di vestire l'abito monacale.
La stessa sorte gli toccò in altri due villaggi, dove si era rifugiato nel suo girovagare, ingiustamente accusato di un furto e per la sua "stranezza".
Visse, infine in pace come eremita ad Hasungen, nei pressi di Kassel, fino alla morte, avvenuta nel 1019.
(Avvenire)
Martirologio Romano: Ad Burghasungen nell’Assia, in Germania, Sant’Eimerado, sacerdote ed eremita, che, scacciato dal chiostro ed esposto allo scherno e al ludibrio di molti, peregrinò in lungo e in largo per Cristo.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Eimerado, pregate per noi.
*Sant'Erlembaldo Cotta di Milano - Martire (28 Giugno)
† Milano, 28 giugno 1075
Appartenente alla famiglia Cotta, famiglia di capitani e perciò della più alta nobiltà milanese, nel 1062 successe al fratello Landolfo Cotta, uno dei fondatori della Pataria con sant'Arialdo, che per una grave, mortale infermità era stato costretto ad abbandonarne la direzione.
Con Erlembaldo il movimento della Pataria assume sempre più una fisionomia politica e popolare di avversione alla politica accentratrice degli imperatori germanici e di lotta alla feudalità locale.
Del santo lo stesso cronista Landolfo Seniore, che pure era del partito avverso, fa il seguente ritratto: «Ecco Erlembaldo, fratello di Landolfo, di grande stirpe di capitani, valoroso guerriero per sua natura, la barba di color purpureo lunga giusta le antiche usanze, piccolo il volto, gli occhi aveva d'aquila, il petto di leone: era fornito di maravigliose facoltà intellettuali, cauto nell'arringare il popolo, nelle battaglie forte come Cesare: era di bello aspetto, di cuore elevato, nelle avverse vicende costante: il corpo aveva gracile, ma ben proporzionato in tutte le membra. Provvido nei consigli, tollerante nelle fatiche, rotto alla vita delle armi, più studiavasi di non offendere i doveri della milizia che non quelli della natura».
L'attività che, con parola suadente, Sant'Arialdo gli aveva proposta, era conforme ai suoi gusti personali: tuttavia, prima di accettare, volle recarsi pellegrino a Roma per pregare sulla tomba di san Pietro e chiedere consiglio a papa Alessandro II (1061-73), l'antico Anselmo da Baggio, iniziatore del movimento patarino a Milano con Arialdo e Landolfo Cotta fino alla sua nomina a vescovo di Lucca (1056).
Alessandro II non solo lo incoraggiò ad accettare, ma lo nominò anche gonfaloniere di Santa Romana Chiesa.
Di ritorno da Roma nel 1063, Erlembaldo andò a stabilirsi nella casa di fronte alla chiesa di San Vittore, situata nell'odierna via P. Verri, ove si diceva avesse abitato il nobile milanese Lanzone (1040 ca.), iniziatore ed organizzatore di un movimento popolare che poi porterà, attraverso alterne vicende e con il contributo anche della Pataria, al sorgere del Comune di Milano.
Recatosi a Roma nel 1065 per fare di nuovo presente la gravità della situazione milanese (la maggioranza del clero, infatti, non osservava i decreti riformatori contro la simonia e la clerogamia, e tutto questo avveniva con l'evidente appoggio dell'arcivescovo Guido da Velate), ritornò nel maggio 1066 portando seco le Bolle di scomunica contro l'arcivescovo Guido da Velate, il quale, il 4 giugno 1066, festa di Pentecoste, riuscì a sollevare il popolo contro la Pataria in genere e, in particolare, contro Arialdo ed Erlembaldo accusandoli di voler rendere Milano schiava di Roma.
La morte di Sant'Arialdo, capo spirituale della Pataria, avvenuta pochi giorni dopo, e precisamente il 28 giugno 1066, fu un forte colpo per il movimento, il quale, però, sotto la guida di Erlembaldo, riuscì a riprendersi.
Il corpo straziato di sant'Arialdo fu trasportato a Milano il 17 maggio 1067 e l'arcivescovo Guido chiese ai legati pontifici presenti, la penitenza e l'assoluzione dalle scomuniche in cui era incorso. In quella occasione, tuttavia, i legati pontifici moderarono gli eccessi di zelo di Erlembaldo e dei suoi.
Nel 1068 l'arcivescovo Guido rinunziava all'episcopato milanese nelle mani di Enrico IV: sentiva di non godere più di alcuna autorità sul popolo della sua città.
Enrico IV nominò in sua vece il proprio cappellano, Goffredo da Castiglione Olona (Varese), che il Papa invece condannò come simoniaco. Erlembaldo ed i suoi strinsero d'assedio l'arcivescovo Goffredo nel suo castello di Castiglione Olona allo scopo di catturarlo e farlo dimettere, ma fu invano. Frattanto Guido da Velate moriva, molto amareggiato, il 23 agosto 1071.
Erlembaldo, col consenso del legato pontificio, il 6 gennaio 1072 fece proclamare arcivescovo Attone, membro del clero ordinario, di nobile famiglia e di età molto giovane, il quale, però, prima ancora di essere consacrato vescovo, fu costretto dalla parte avversa a rinunziare. Gregorio VII, eletto papa nell'aprile 1073, esortò Erlembaldo ed i suoi a proseguire nell'opera di riforma, pur consigliando moderazione nei riguardi degli avversari che si pentivano. Senonché il risorgere in forma acuta della lotta tra papato ed impero, per la questione delle investiture, fece riaccendere i contrasti a Milano tra i patarini e gli avversari della riforma.
Questi ultimi, forti dell'appoggio di Enrico IV, colsero l'occasione del rifiuto di Erlembaldo di lasciare adoperare il Sacro Crisma consacrato da un vescovo scismatico, per assalirlo (28 giugno 1075) sul sagrato del duomo e ucciderlo.
Erano trascorsi esattamente nove anni dalla morte di Sant'Arialdo.
Il suo corpo, rimasto insepolto per più giorni, fu inumato da alcuni suoi fedeli seguaci, senza accompagnamento di clero, nella chiesa di San Dionigi, a Porta Orientale. Papa Urbano II, trovandosi a Milano nel maggio 1095, insieme coll'arcivescovo Arnolfo III ne fece solennemente collocare i resti gloriosi in un sepolcro più onorifico, sul quale sarebbe stata scolpita la seguente iscrizione.
«Hic Herlembaldus miles Christi reverendus
occisus tegitur, qui caeli sede potitus
incestus reprobat, simonias et quia damnat
hunc Veneris servi perimunt Simonisque maligni.
Hurbanus summus presul dictusque secundus
noster et Arnuiphus pastor pius atque beni, nus
huius membra viri tumulant transiata beati».
Questa solenne traslazione equivale a una canonizzazione di Erlembaldo. Il 5 febbraio 1528 il suo corpo, insieme con quello di altri santi milanesi, sarebbe stato traslato in duomo.
Nella primavera del 1940 il cardinal Schuster annunziava di averne ritrovate in duomo le reliquie insieme con quelle di Sant'Arialdo.
A differenza di quest'ultimo, Erlembaldo non viene ufficialmente ricordato nella liturgia della Chiesa di Milano.
(Autore: Antonio Rimoldi - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Erlembaldo Cotta di Milano, pregate per noi.
*San Giovanni Southworth - Sacerdote e Martire (28 Giugno)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Santi Quaranta Martiri di Inghilterra e Galles”
Lancashire, Inghilterra, 1592 - Londra, Inghilterra, 28 giugno 1654
Martirologio Romano: A Londra in Inghilterra, San Giovanni Southworth, sacerdote e martire, che, esercitando il suo sacerdozio in Inghilterra, patì più volte il carcere e l’esilio; condannato, infine, a morte sotto il governo di Oliver Cromwell, mentre fissava con gli occhi il laccio preparato per lui a Tyburn, proclamò che il patibolo era per lui come la croce di Cristo.
Appartenente ad un'antica e nobile famiglia, rimasta sempre cattolica ad onta di tante sofferenze e danni subiti a causa della persecuzione, il Southworth nacque nel Lancashire verso il 1592. Sotto il nome fittizio di Giovanni Lee entrò, il 14 luglio 1613, nel collegio inglese di Douai, dove ricevette l'ordinazione sacerdotale il 14 aprile 1618.
Allo scopo di completare la propria istruzione, rimase ancora un anno in seminario, che lasciò il 28 giugno 1619 per recarsi in un'abbazia benedettina «ut monasticam vitam secundum regulam Sti Benedicti capesseret», come si legge nel Diario succitato (p. 151); non sentendosi tuttavia fatto per quel genere di vita, il 13 dicembre seguente parti per la missione inglese.
Non si conosce nulla dell'attività missionaria da lui svolta - sembra nei dintorni di Londra - negli anni immediatamente seguenti al suo rimpatrio. Il 24 marzo 1624 era comunque di nuovo nel collegio di Douai, dove si trattenne sino al 29 luglio allorché si recò a Bruxelles, «ubi non ita post in monasterio monialium Sti Benedicti confessarii munus explevit», come risulta sempre dal già menzionato Diario (p. 230).
Tornato non molto tempo dopo in Inghilterra, andò a stabilirsi nel natio Lancashire, dove nel 1627 cadde nelle mani dei persecutori anticattolici; processato e condannato a morte, fu tuttavia risparmiato, venendo rinchiuso nel castello di Lancaster, dove rimase tre anni, finché fu trasferito nelle prigioni del Clink per essere poco dopo liberato, l'11 aprile 1630, per istanza della regina Enrichetta Maria, insieme con altri quindici sacerdoti.
Bandito dall'Inghilterra, il Southworth forse non lasciò la patria, o vi dovette ritornare quasi subito, seguitando ad esercitare il suo ministero, finché venne nuovamente catturato nel 1632; rinchiuso anche questa volta nel Clink, fu tuttavia libero di andare e venire a suo piacimento, come facevano quasi tutti i preti che vi erano detenuti, cosa di cui si lamentava nel 1635 il noto persecutore Giovanni Gray con il Consiglio privato.
Approfittando di questa libertà il Southworth poté dedicarsi, durante la peste che infierì a Londra nel 1636, al servizio dei colpiti, che assistette con totale sprezzo del contagio e con incomparabile spirito di sacrificio, adoperandosi zelantemente a favore di chiunque; ma ciò fu motivo perché fosse ulteriormente rinchiuso, dietro segnalazione del vicario protestante di Santa Margherita a Westminster, Roberto White, che in una lettera all'arcivescovo di Canterbury si lamentava che il Santo fosse lasciato andare a visitare gli appestati parlando di religione ed inducendo non pochi a riconciliarsi con la Chiesa cattolica.
Dopo il 16 giugno 1640, data dell'ultima sua scarcerazione, si perdono le tracce del Santo sino al 1654, allorché, denunziato da un tal Jefferies, venne definitivamente arrestato nel cuor della notte dal colonnello Worsley. Portato davanti alla corte a Old Bailey, confessò apertamente di aver sempre esplicato la sua missione di sacerdote della Chiesa romana, dichiarando in pari tempo di non sentirsi e di non essere affatto colpevole di tradimento, secondo l'accusa; ciò nonostante e malgrado l'intervento in suo favore degli ambasciatori di Francia e di Portogallo, il Santo fu condannato a morte come sacerdote e giustiziato al Tyburn il 28 giugno 1654, ultima vittima della repubblica cromwelliana.
L'ambasciatore di Spagna, Don Flento de Cardenas, ottenne dal carnefice che gli fossero consegnati i tronconi del corpo del martire, che furono ricomposti ed imbalsamati e portati nel 1655 nel collegio inglese di Douai, dove rimasero sino al 1793, allorché per la chiusura del collegio stesso, durante la Rivoluzione francese, il corpo del Southworth fu tolto di nascosto dalla cappella, al fine di salvarlo da ogni profanazione, e sotterrato profondamente nell'interno dell'edificio medesimo, rimanendovi per centotrentaquattro anni, fino a quando, cioè, la cassa contenente i resti mortali del martire riaffiorò, il 15 luglio 1927, durante i lavori di scavo che si stavano facendo sul posto dove sorgeva l'edificio dell'antico collegio inglese.
Identificati per quelli del Southworth da A. B. Purdie, i gloriosi resti del martire furono portati in Inghilterra e deposti nella cappella del Collegio di Sant'Edmondo di Ware, dove continua dal 1793 l'opera dell'antico Collegio di Douai. Il 15 dicembre 1929, giorno della solenne beatificazione del Southwouth, le reliquie del Beato furono trasferite nella cappella dei martiri inglesi nella cattedrale di Westminster, dove tuttora si venerano.
La sua festa è celebrata il 28 giugno.
(Autore: Niccolò Del Re – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Giovanni Southworth, pregate per noi.
*Sant'Ireneo di Lione - Vescovo e Martire (28 Giugno)
c. 130 - c. 202
Ireneo, discepolo di San Policarpo e, attraverso di lui, dell'apostolo San Giovanni, è una figura di primaria importanza nella storia della Chiesa.
Originario dell'Asia, nato con molta probabilità a Smirne, approdò in Gallia e nel 177 succedette nella sede episcopale di Lione al novantenne vescovo san Potino, morto in seguito alle percosse ricevute durante la persecuzione contro i cristiani.
Pochi giorni prima delle sommosse anticristiane, Ireneo era stato inviato a Roma dal suo vescovo per chiarire alcune questioni dottrinali.
Tornato a Lione, appena sedata la bufera, fu chiamato a succedere al vescovo martire, in una Chiesa decimata dei suoi preti e di gran parte dei suoi fedeli.
Si trovò a governare come unico vescovo la Chiesa dell'intera Gallia.
Lui, greco, imparò le lingue dei barbari per evangelizzare le popolazioni celtiche e germaniche. E dove non arrivò la sua voce giunse la parola scritta.
Nei suoi cinque libri Contro le eresie traspare non solo il grande apologista, ma anche il buon pastore preoccupato di qualche pecorella allo sbando che cerca di condurre all'ovile. (Avvenire)
Etimologia: Ireneo = pace, pacifico, dal greco
Emblema: Bastone pastorale, Palma
Martirologio Romano: Memoria di Sant’Ireneo, vescovo, che, come attesta san Girolamo, fu, da piccolo, discepolo di san Policarpo di Smirne e custodì fedelmente la memoria dell’età apostolica; fattosi sacerdote del clero di Lione, succedette al vescovo San Potino e si tramanda che come lui sia stato coronato da glorioso martirio. Molto disputò al riguardo della tradizione apostolica e pubblicò una celebre opera contro le eresie a difesa della fede cattolica.
Pacificatore di nome e di fatto (il nome " Ireneo " in greco vuol dire pacifico e pacificatore), Sant' Ireneo venne presentato al Papa dai cristiani della Gallia con parole di alto elogio: "Zelatore del testamento di Cristo".
A Roma Ireneo fece onore al suo nome, suggerendo moderazione a Papa Vittore, consigliandogli rispettosamente di non scomunicare le Chiese dell'Asia che non volevano celebrare la Pasqua nella stessa data delle altre comunità cristiane.
Con gli stessi intenti pacifici quest'uomo ponderato si adoperò presso i vescovi delle altre comunità cristiane per il trionfo della concordia e dell'unità, soprattutto nel mantenersi ancorati alla tradizione apostolica per combattere il razionalismo gnostico.
Dei suoi scritti ci restano intatti i cinque libri dell'Adversus haereses, in cui Ireneo appare non solo il teologo più equilibrato e penetrante dell'Incarnazione redentrice, ma anche uno dei pastori più completi, più apostolici e più cattolici che abbiano servito la Chiesa.
Si sente che le sue argomentazioni contro gli eretici, pur nate dalla polemica, sono nutrite dalla preghiera e dalla carità.
Ireneo era oriundo dell'Asia minore. Tra i suoi ricordi di gioventù c'è il contatto con Policarpo di Smirne, il santo vescovo "che è stato istruito dai testimoni oculari della vita del Verbo", in particolare dall'apostolo Giovanni, che a Smirne aveva stabilito la sua sede.
Ireneo, attraverso Policarpo, si ricollega quindi agli apostoli. Lasciata l'Asia Minore, Ireneo aveva trascorso qualche tempo a Roma e poi si trasferì a Lione.
Non fu della schiera dei martiri della persecuzione abbattutasi sui cristiani lionesi nel 177, perchè proprio allora era stato inviato a Roma dalla sua Chiesa per presentare al Papa Eleuterio alcune questioni di ordine dottrinale, riguardanti in particolare l'errore montanista, propagato da un gruppo di fanatici venuti dall'Oriente, che predicavano il disgusto delle cose del mondo e annunciavano imminente il ritorno finale di Cristo.
Tornato a Lione, Ireneo successe nel 178 al nonagenario vescovo martire S. Fotino, e governò la chiesa di Lione fino alla morte, avvenuta nel 200 circa. Nonostante non sia provato che egli sia morto martire, la Chiesa lo venera come tale.
Egli fu comunque un vero testimone della fede in un periodo di dura persecuzione; il suo campo d'azione fu molto vasto, se si tiene conto che probabilmente non esisteva nessun altro vescovo nelle Gallie e nelle terre di confine della vicina Germania. Greco, aveva appreso le lingue "barbare" per poter evangelizzare le popolazioni celtiche.
(Autore: Piero Bargellini – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Ireneo di Lione, pregate per noi.
*Sante Lucia Wang Cheng, Maria Fan Kun, Maria Qi Yu e Maria Zheng Xu - Fanciulle Cinesi, Martiri (28 Giugno)
+ Wanglajia, Cina, 28 giugno 1900
Martirologio Romano: Nel villaggio di Wanglajia presso Dongguangxian nella provincia dello Hebei in Cina, Sante martiri Lucia Wang Cheng, Maria Fan Kun, Maria Qi Yu e Maria Zheng Xu, le quali, cresciute in un orfanotrofio, furono trafitte con la spada ancor fanciulle durante la persecuzione dei Boxer, mentre, tenendosi per mano, avanzavano felici come in incontro alle nozze.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sante Lucia Wang Cheng, Maria Fan Kun, Maria Qi Yu e Maria Zheng Xu, pregate per noi.
*San Lupercio - Martire (28 Giugno)
Il nome di Lupercio è citato nel Cartolario nero della cattedrale di Auch (sec. XIII), come quello del quarto arcivescovo della diocesi di Eauze-Auch, sede che avrebbe tenuto per sedici anni.
Sembra tuttavia che Lupercio, sempre onorato come patrono della città di Eauze (Aquitania), sia piuttosto un cristiano martirizzato sotto Decio.
Altre tradizioni, peraltro non certe, ne fanno il primo vescovo della città.
Incontestabile è invece il culto a lui dedicato da tempo immemorabile: nell'XI sec. vi fu persino un'abbazia posta sotto il suo patronato.
La festa di Lupercio, che anticamente era celebrata il 28 giugno è posta al 5 dello stesso mese nel nuovo Proprio dì Albi.
(Autore: René Wasselynck – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Lupercio, pregate per noi.
*Santa Maria Du Zhaozhi - Martire (28 Giugno)
m. 1900
Martirologio Romano: In località Jieshuiwang presso la città di Shenxian nella medesima provincia, Santa Maria Du Zhaozhi, martire, che, madre di un sacerdote, desistette dalla fuga per non tradire la fede di Cristo e sottopose serenamente il capo alla scure dei nemici.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Maria Du Zhaozhi, pregate per noi.
*Beata Maria Pia Mastena - Fondatrice (28 Giugno)
Bovolone, Verona, 7 dicembre 1881 - Roma, 28 giugno 1951
Teresa Maria Mastena nacque a Bovolone (Verona) il 7 dicembre 1881. A 20 anni, dopo aver sospeso gli studi magistrali, entrò nell'Istituto delle «Sorelle della Misericordia» di Verona e il 24 ottobre 1903 fece la professione religiosa, prendendo il nome di Passitea Maria di Gesù Bambino.
Riprese poi gli studi conseguendo il diploma di maestra elementare e l'abilitazione all'insegnamento nel 1907.
Nel 1908 fu trasferita alla nuova fondazione di Miane (Treviso) come superiora della comunità e maestra di scuola elementare, dove rimase fino al 1927. Negli anni dal 1930 al 1936 fu insegnante a San Fior (Treviso).
Nel contempo cominciò a radunare delle aspiranti per un nuovo Istituto cui stava pensando e il 24 ottobre 1932 con il permesso del vescovo di Vittorio Veneto vi furono le prime vestizioni. Così a San Fior nacque l'Istituto delle «Suore del Santo Volto» autorizzato l'8 dicembre 1936, giorno della professione perpetua di Teresa Mastena che cambiò ancora il nome in Maria Pia. L'approvazione definitiva pontificia, arrivò il 10 dicembre 1947.
Maria Pia Mastena si spense a Roma il 28 giugno 1951.
Ancora un fiore di santità della generosa terra veronese; Teresa Maria Mastena nacque a Bovolone (Verona) il 7 dicembre 1881, prima di cinque figli. Fin da bambina ebbe una grande devozione per l’Eucaristia, per la Passione di
Gesù e per il Santo Volto che era raffigurato in un quadretto nella sua stanza.
A 20 anni, dopo aver sospeso gli studi magistrali, entrò nell’Istituto delle ‘Sorelle della Misericordia’ di Verona e il 24 ottobre 1903 fece la professione religiosa, prendendo il nome di Passitea Maria di Gesù Bambino.
In ubbidienza ai superiori, riprese gli studi conseguendo il diploma di maestra elementare, ottenendo l’abilitazione all’insegnamento nel 1907.
Per la sua qualifica, nell’ottobre 1908 fu trasferita alla nuova fondazione di Miane (Treviso) come superiora della comunità e maestra di scuola elementare, dove rimase fino al 1927, fedele ai suoi compiti di religiosa, molto attiva nell’insegnamento, nelle attività della parrocchia e nelle Associazioni cattoliche.
Per soddisfare una sua originaria vocazione alla vita di clausura, alla fine dell’anno scolastico del 1927, il vescovo le consentì di farle fare un’esperienza di sette mesi nel monastero cistercense di S. Giacomo di Veglia. Passato il periodo, su consiglio del vescovo di Vittorio Veneto, mons. Beccegato riprese l’insegnamento nella scuola elementare di Miane e di Carpesica, nel contempo cominciò a pensare ad una nuova fondazione.
Negli anni dal 1930 al 1936 fu insegnante a San Fior (Treviso) dove aprì un asilo ed una mensa gratuita per bambini poveri e un laboratorio; nel contempo cominciò a radunare delle aspiranti per il nuovo Istituto e il 24 ottobre 1932 con il permesso del vescovo di Vittorio Veneto vi furono le prime vestizioni.
Così a San Fior nacque l’Istituto delle ‘Suore del Santo Volto’ autorizzato l’8 dicembre 1936, giorno della professione perpetua di Teresa Mastena che cambiò ancora il nome in Maria Pia .
L’approvazione definitiva pontificia, arrivò il 10 dicembre 1947.
Lo scopo della Congregazione è quello di un apostolato aderente ai bisogni della società, in parrocchia, nella scuola, tra i malati nelle case di cura, di riposo e a domicilio; aiutando gli aspiranti sacerdoti.
La spiritualità della Famiglia da lei fondata è di “propagare, riparare, ristabilire l’immagine del dolce Gesù nelle anime”.
Madre Maria Pia Mastena si spense improvvisamente a Roma il 28 giugno 1951 e sepolta al cimitero del Verano; dal 26 dicembre 1953 le sue spoglie riposano presso la casa-madre dell’Istituto in San Fior (TV).
Dichiarata venerabile il 5 luglio 2002 da Giovanni Paolo II, è poi stata beatificata il 13 novembre 2005 sotto il pontificato di Benedetto XVI.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Maria Pia Mastena, pregate per noi.
*Santi Martiri di Alessandria d'Egitto (28 Giugno)
m. 202 circa
Martirologio Romano: Ad Alessandria d’Egitto, Santi martiri Plutarco, Sereno, Eraclíde catecumeno, Erone neofita, e un altro Sereno, Eráide catecumena, Potamiena e Marcella, sua madre, che furono tutti insigni discepoli di Origene e, sotto l’imperatore Settimio Severo, confessarono Cristo, morendo alcuni trafitti con la spada, altri mandati al rogo; tra loro rifulse, in particolare, la vergine Potamiena, che dapprima sostenne innumerevoli prove in difesa della sua verginità e, infine, dopo aver patito per la fede eccezionali supplizi, fu bruciata insieme alla madre sul rogo.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Martiri di Alessandria d'Egitto, pregate per noi.
*Servo di dio Mattia Choe In-gil - Martire (28 Giugno)
Scheda del Gruppo cui appartiene:
"Beati Martiri Coreani" (Paolo Yun Ji-chung e 123 compagni) 1765 - 28 giugno 1795
Uno dei primi catechisti della nascente Chiesa coreana, Mattia Choe In-gil, ebbe l’incarico di difendere il primo sacerdote cinese entrato nel Paese: ci riuscirà ma a costo della vita e, pur di non abiurare la fede cattolica, accetta di morire per le percosse degli agenti della Corte di Seoul. Papa Francesco in data 7 febbraio 2014 ha riconosciuto il suo martirio in odio alla fede.
Mattia Choe In-gil nasce in Corea nel 1765 da una famiglia di interpreti. Conosce il catechismo cattolico grazie a Giovanni Battista Yi Byeok [uno dei primi fedeli coreani ndt] e viene battezzato nel 1784, poco dopo l'introduzione della Chiesa cattolica nel Paese. Ignazio Choe In-cheol, che verrà martirizzato nel 1801, è suo fratello.
Sin dai primi anni della sua vita cattolica, Mattia Choe si impegna nella proclamazione del Vangelo insieme agli altri fedeli locali. Quando Paolo Yun Yu-il torna dalla sua visita a Pechino, dove va per conoscere la Chiesa locale, Mattia Choe partecipa ai suoi sforzi per introdurre sacerdoti nel Paese [le autorità avevano infatti proibito l'ingresso di clero straniero ndt]. In particolare, gli viene affidato l'incarico di trovare nascondigli sicuri per i missionari.
A questo scopo sistema un'abitazione a Gyedong (che oggi si chiama Gye-dong Jongno-gu, a Seoul) e aspetta l'ingresso dei sacerdoti. Il primo a riuscire nell'impresa è un prete cinese, p. James Zhou Wen-mo, che arriva in Corea il 24 dicembre del 1794 (il 3 novembre secondo il calendario lunare). All'inizio del 1795 i due entrano in contatto e p. Zhou va a vivere nella "casa sicura" preparata da Mattia Choe. Purtroppo, la Corte viene informata dell'arrivo del sacerdote da una spia e lancia una caccia all'uomo per stanarlo.
Per fortuna p. James Zhou riesce a fuggire di nascosto nella casa di un'altra convertita, Colomba Kang Wan-suk. Allo stesso tempo Mattia Choe, che ha aspettato le guardie reali in casa sua, cerca di farsi passare lui stesso per il sacerdote cinese: in un primo momento il trucco funziona, anche perché il giovane parla un ottimo cinese. Tuttavia, il piano non dura a lungo. Poco dopo la sua cattura la sua vera identità viene scoperta e la polizia torna in strada per cercare p. Zhou, ma senza riuscirci: scoprono però come è riuscito a entrare nel Paese e arrestano Paolo Yun e Saba Jin, che lo hanno accompagnato in Corea.
Nel frattempo Mattia Choe e i suoi compagni restano confinati in carcere, dove iniziano le torture per farli parlare. I loro accusatori vengono però confusi dalla loro sincerità, dalla pazienza e dalla ferma determinazione mostrata dai convertiti. Nonostante le ripetute percosse, gli arrestati non rivelano la posizione di p. Zhou: si accostano al dolore con un'espressione di pace sul volto.
Gli aguzzini capiscono che gli arrestati non tradiranno p. James Zhou e decidono di picchiarli a morte. Mattia Choe e i suoi compagni muoiono a causa di una scarica continua di colpi di frusta il 28 giugno 1795 (il 12 maggio per il calendario lunare). Mattia Choe ha 30 anni. I corpi vengono buttati nel fiume Han.
Il vescovo di Pechino, mons. Gouvea, viene informato da un emissario segreto del martirio di questi giovani e scrive una lettera per parlare del coraggio mostrato da questi martiri: "Alla domanda degli accusatori 'Adorate Gesù morto sulla croce?' hanno risposto con coraggio 'Sì'. Alla richiesta di abiurare la fede hanno aggiunto 'Siamo pronti a morire mille volte piuttosto che rinunciare alla fede nel nostro vero Salvatore, Gesù Cristo'. Mattia Choe è stato uno dei primi catechisti scelti da Pietro Yi Seung-hun per proclamare la fede. È stato un cattolico eccellente, che si è impegnato a diffondere la gloria di Dio con fede, zelo e devozione".
(Autore: Joseph Yun Li-sun - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Servo di Dio Mattia Choe In-gil, pregate per noi.
*San Paolo I - 93° Papa (28 Giugno)
m. 767
(Papa dal 29/05/757 al 28/06/767)
Romano, si adoperò per rendere il pontificato indipendente dall'autorità dell'imperatore bizantino appoggiandosi al re dei Franchi. Fece edificare diverse chiese e oratori.
Martirologio Romano: A Roma, San Paolo I, Papa, che, uomo mite e misericordioso, si aggirava di notte in silenzio per le celle dei poveri infermi, servendo loro degli alimenti; difensore della retta fede, scrisse agli imperatori Costantino e Leone, perché le sacre immagini fossero restituite alla primitiva venerazione; devoto cultore dei santi, trasferì tra inni e cantici i corpi dei martiri dai cimiteri in rovina in basiliche e monasteri all’interno della Città e ne curò il culto.
Due fratelli Papi, uno dopo l’altro: mai accaduto prima, e mai più dopo. Morto al Laterano Stefano II, e prima ancora di seppellirlo in San Pietro, la maggioranza di clero, nobili e popolo di Roma chiama a succedergli il diacono Paolo: ha assistito fino all’ultimo il fratello, e ora prende il suo posto, per guidare la Chiesa in una situazione del tutto nuova.
Al tempo di Stefano II è finito il dominio dell’Impero d’Oriente su Roma e gran parte dell’Italia centrale, e rapidamente è entrato in quei territori il re longobardo Astolfo, che ha assediato Roma e saccheggiato le catacombe fuori città.
Dal regno dei Franchi è intervenuto allora in soccorso del Pontefice Pipino (detto “il Breve” per la sua bassa statura), che con due campagne militari ha ripreso quei territori, ponendoli sotto la sovranità di Stefano II il quale, in contraccambio, lo ha riconosciuto e consacrato re dei Franchi, al posto dei discendenti di Clodoveo. Così Paolo I si ritrova Pontefice, capo spirituale della Chiesa e sovrano temporale in territori italiani.
Un evento di portata enorme: dopo secoli, l’Italia non dipende più da re stranieri, e si ritrova ad avere, per l’epoca, «il migliore dei governi nazionali sperimentati», secondo lo storico Corrado Barbagallo. Maal tempo stesso la missione spirituale della Chiesa si ritrova mescolata alle politiche terrene. Con pericoli enormi. E proprio a Paolo I tocca sperimentarne le prime novità.
Il re longobardo Desiderio (successore di Astolfo) cerca di provocare uno sbarco bizantino in Italia. L’imperatore d’Oriente prova a mettere Pipino contro Roma, intrecciando le questioni politiche e territoriali con i dibattiti dei teologi.
E lo stesso re Pipino, per amico e buon cristiano che sia, è assai lento nel restituire al Pontefice varie città che ha strappato ai Longobardi. Allora il capo della Chiesa deve agire anche da capo di Stato per farsele consegnare.
Paolo I è considerato il salvatore di molte reliquie dei martiri cristiani: le ha fatte togliere dalle catacombe (sempre esposte ai saccheggi) per esporle alla venerazione dei fedeli nelle chiese. E nel suo tempo è l’amico migliore dei carcerati: li va a trovare regolarmente di persona, girando di notte da un carcere all’altro, soccorrendo le famiglie, riscattando i detenuti per debiti. Questo deve fare il capo della Chiesa.
Ma adesso tocca a lui per primo fronteggiare il sovrano bizantino e quello longobardo, tenersi buono Pipino oggi con ammonimenti, domani con regali e lodi. E poi c’è la politica interna, ormai; c’è da governare il territorio e Roma affidandosi ai funzionari, non tutti di prima scelta. Certuni sono chiamati “iniqui satelliti” dal Liber pontificalis; e con titoli peggiori dalla gente.
Verso il decimo anno del suo pontificato si attenua la conflittualità politica. Ma finisce anche la vita di Paolo I. Ai primi colori dell’estate viene colpito da una “febbre maligna”, probabilmente malaria, e muore in un monastero presso la basilica di San Paolo fuori le Mura.
Non è possibile celebrare subito i funerali, perché nel giorno della sua morte scoppia in Roma una sommossa, frutto del rancore seminato dagli “iniqui satelliti”.
Il corpo viene dapprima inumato nella basilica di San Paolo, e tre mesi dopo avrà sepoltura in San Pietro.
(Autore: Domenico Agasso)
Giaculatoria - San Paolo I - 93° Papa, pregate per noi.
*San Pappio (o Pappia, Pappiano, Papino) - Martire (28 Giugno)
Sconosciuto agli antichi martirologi occidentali, fu introdotto nel M. Romano dal Baronio (con la grafia Papio), sull’autorità dei Sinassari bizantini che lo commemorano sotto il nome di Pappia il 28 giugno.
La passio è andata perduta, ma dalla breve sintesi che ne riportano i menologi, e dalla quale il Baronio trasse il suo latercolo, si può facilmente dedurre che il danno non è grave, poiché si tratta del solito canovaccio di luoghi comuni e fantastici senza alcun elemento serio e degno di fede.
Secondo questo scritto Pappio fu arrestato durante la persecuzione di Diocleziano; poiché non volle sacrificare agli idoli fu crudelmente tormentato in diversi modi; uscito illeso da tutte le prove con l’aiuto di un angelo che lo proteggeva, fu infine decapitato.
La mancanza di indicazioni topografiche non permette di stabilire a quale città Pappia debba attribuirsi.
Egli tuttavia è festeggiato, con il nome però di Papino, il 17 giugno come patrono di Milazzo (provincia di Messina), dove fin da tempi antichissimi esisteva una chiesa a lui dedicata.
Il Lanzoni prospetta l’ipotesi che il patrono di Milazzo debba identificarsi con uno degli omonimi venerati a Cipro o a Tomi, il cui culto sarebbe stato trasferito in Sicilia.
(Autore: Agostino Amore - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Pappio, pregate per noi.
*Beato Pietro de Oriona - Mercedario (28 Giugno)
Converso laico dell’Ordine Mercedario, il Beato Pietro de Oriona, soprannominato dai fedeli padre dei poveri, un giorno, per aiutare e soccorrere i bisognosi, con un piede infermo, ma velocemente uscì incolume dalle macerie del convento in parte crollato.
Famoso per santità, dopo aver annunziato l’ora della sua morte, baciando il costato di Cristo entrò nella patria celeste nel convento di Huete in Spagna.
L’Ordine lo festeggia il 28 giugno.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Pietro de Oriona, pregate per noi.
*Santa Potamiena d’Alessandria (28 Giugno)
Alessandria † 202 ca.
Lo storico Eusebio vescovo di Cesarea (265-340) narra che durante la persecuzione di Settimio Severo (193-211), mentre i catechisti della Scuola di Alessandria si erano dispersi, Origine filosofo e teologo cristiano (185-254) allora diciassettenne, contattato da alcuni pagani desiderosi della verità, cominciò ad istruirli nella fede cristiana, con un ardore e dottrina tanto inusuali, in un giovane di quella età, che se ne diffuse la fama, accorrendo ad ascoltarlo anche pagani colti e perfino filosofi.
Tutti questi neo cristiani, spiccarono, in quei tempi di persecuzione, per la loro fede in Cristo e molti subirono anche il martirio.
Fra questi Eusebio ne cita sette, soffermandosi nel descrivere ampiamente l’ultimo, il soldato Basilide, intrecciando la sua storia con quella della vergine Potamiena e della di lei madre Marcella.
Basilide era un soldato addetto a scortare i condannati al luogo del supplizio; aveva assistito ad alcune lezioni di Origene, riportandone ammirazione e profonda simpatia per il cristianesimo e per i cristiani, ma non aveva ancora deciso di ricevere il Battesimo.
Il preside Aquila fra i tanti, fece arrestare anche Potamiena vergine cristiana di rara bellezza e virtù, che già aveva dovuto respingere molti pretendenti; la quale sopportò orribili torture, non cedendo alle richieste di abiurare la fede, allora il giudice la minacciò di lasciarla violare dai gladiatori, ma lei senza lasciarsi prendere dal panico, rispose con nobili parole e fierezza, da suscitare la meraviglia dello stesso giudice.
Fu subito condannata a morte e affidata a Basilide per accompagnarla al supplizio, lungo il percorso la plebaglia cercava di oltraggiarla pesantemente e Basilide la proteggeva respingendo coraggiosamente gli scalmanati, dimostrandole simpatia e compassione.
Colpita dal contegno insolito del soldato, Potamiena gli promise che avrebbe pregato per la sua salvezza, quando avrebbe raggiunto Dio; poi sopportò eroicamente il martirio, venne cosparsa di pece bollente su tutto il corpo, morendo tra atroci sofferenze, insieme a lei fu uccisa anche la madre Marcella.
Dopo pochi giorni Basilide fu invitato a fare un giuramento davanti agli idoli, ma fra lo stupore di tutti i suoi commilitoni, egli si rifiutò, dichiarandosi cristiano, finché non fu condotto davanti al giudice.
Dopo la sua conferma, fu messo in carcere; a chi gli faceva visita in prigione, raccontava che tre giorni dopo il martirio, gli era apparsa una notte Potamiena, che gli aveva posto sulla testa una corona, dicendogli che aveva implorato per lui la Grazia per la sua salvezza, che era stata esaudita e che quindi fra poco sarebbe venuta a prenderlo.
Basilide fu battezzato nella stessa prigione e il giorno dopo venne decapitato (202 ca.). I martiri Basilide, Potamiena, Marcella e gli altri sei discepoli di Origene sono commemorati nel “Martirologio Geronimiano” al 28 giugno. Mentre il "Martirologio Romano" commemora il solo Basilide al 30 giugno. L’episodio dell’intercessione di Potamiena presso Dio per Basilide, narrato da Eusebio, costituisce uno dei primi documenti della fede della Chiesa dei primi secoli, riguardo l’intercessione dei Santi.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Potamiena d’Alessandria, pregate per noi.
*Beato Saba Ji Hwang - Martire (28 Giugno)
Scheda del Gruppo cui appartiene:
"Beati Martiri Coreani" (Paolo Yun Ji-chung e 123 compagni)
Seul, Corea del Sud, 1767 – 28 giugno 1795
Saba Ji Hwang, all’introduzione del cattolicesimo in Corea, si offrì volontario per apprendere il catechismo. Insieme a Paolo Yun Yu-il fece varcare il confine tra Cina e Corea a padre Giacomo Zhou Wen-mo, ma vennero entrambi arrestati.
Con lui e col responsabile del rifugio dove era stato ospitato il sacerdote, Mattia Choe In-gil, venne ucciso a colpi di frusta il 28 giugno 1795, all’età di ventotto anni. Saba, Paolo e Mattia, inseriti nel gruppo di martiri capeggiato da Paolo Yun Ji-chung, sono stati beatificati da papa Francesco il 16 agosto 2014, nel corso del viaggio apostolico in Corea del Sud.
Saba Ji Hwang (o Ji Hong) nacque nel 1767, nella famiglia di un musicista presso la corte reale di Corea. Quando venne a sentire che il Vangelo stava per essere proclamato nel Paese, si offrì volontario per impararlo e divenne cattolico. Era tanto determinato a donare la sua vita a Dio che non lo spaventavano pericoli, povertà o sofferenze.
Dal 1789, i responsabili cattolici in Corea compirono grandi sforzi per riuscire a far arrivare dei sacerdoti: la Chiesa, infatti, era stata introdotta spontaneamente dai letterati coreani che avevano letto i libri scritti in cinese dai missionari europei.
Il primo tentativo, risalente al 1791, fallì a causa dello scoppio della persecuzione Sinhae, per cui si dovette attendere fino al 1793.
Paolo Yun Yu-il, che era già stato a Pechino, Saba e Giovanni Pak vennero scelti per andare presso la capitale cinese come inviati segreti: il primo rimase presso il confine, mentre gli altri due e alcuni diplomatici entrarono in città.
Appena arrivato, Saba contattò il vescovo di Pechino, Alexandre de Gouvea, il quale, rimasto favorevolmente colpito dalla sua religiosità, la descrisse successivamente in questi termini: «Siamo stati testimoni della fede di Saba Ji nel 1793. Durante la sua permanenza di quaranta giorni a Pechino ricevette i Sacramenti della Confermazione, della Penitenza e della Santa Comunione con ardente devozione e con le lacrime agli occhi. Al vedere questo, i fedeli di Pechino rimasero profondamente commossi».
Nel 1794 il vescovo Gouvea inviò padre Giacomo Zhou Wen-mo come missionario in Corea.
Saba e padre Giacomo s’incontrarono e si misero d’accordo per decidere la data e il luogo in cui si sarebbero incontrati presso il confine. Ciascuno prese una strada diversa per raggiungere il punto d’incontro, perché il confine era sotto stretta sorveglianza. Dovettero separarsi nuovamente e attendere finché il fiume Ammok non si fosse congelato, per poterlo attraversare.
Saba tornò in Corea per un breve periodo e riuscì a far entrare il missionario nella notte del 24 dicembre (3 novembre secondo il calendario lunare). Dodici giorni dopo, con l’aiuto di Paolo Yun, lo fece arrivare da Mattia Choe In-gil, che aveva predisposto una casa come rifugio per lui.
Nonostante le misure di sicurezza, le autorità governative vennero a sapere del suo ingresso tramite una spia. Per fortuna, il sacerdote fece in tempo a rifugiarsi presso l’abitazione della catechista Colomba Kang Wan-suk, mentre Mattia, per agevolargli la fuga, si travestì per assomigliargli, tenuto conto che conosceva la lingua cinese.
La polizia, purtroppo, scoprì la sua vera identità e ripartì a caccia di padre Giacomo, senza trovarlo. Quando vennero resi noti altri dettagli sul suo ingresso in Corea, si procedette all’arresto dei suoi accompagnatori, Paolo e Saba.
Saba e i suoi compagni vennero severamente torturati presso il quartier generale della polizia a Seul. I loro aguzzini rimasero sconvolti di fronte alla sincerità delle loro risposte, alla loro pazienza e determinazione. Anche durante le ripetute percosse, non rivelarono il nascondiglio di padre Giacomo.
I persecutori, una volta compreso che non l’avrebbero mai tradito, decisero di picchiarli fino a farli morire: di conseguenza, vennero uccisi a colpi di frusta il 28 giugno 1795 (12 maggio secondo il calendario lunare). Saba aveva ventotto anni.
Il vescovo Gouvea, dopo aver appreso il racconto del loro martirio tramite un inviato segreto, così descrisse il coraggio che avevano manifestato: «Alla domanda del persecutore: “Voi venerate Gesù che morì sulla croce?”, risposero coraggiosamente: “Sì”.
Quando venne loro chiesto di rinunciare alla loro fede in Cristo, dichiararono: “Siamo pronti a morire mille volte piuttosto che a rinunciare alla nostra fede nel nostro vero Salvatore Gesù Cristo”».
Saba Ji Hwang, Mattia Choe In-gil e Paolo Yun Yu-il, inseriti nel gruppo di martiri capeggiato da Paolo Yun Ji-chung (del quale fanno parte anche il fratello minore di Mattia, Ignazio Choe In-cheol, e i già citati Colomba Kang Wan-suk e padre Giacomo Zhou Wen-mo), sono stati beatificati da papa Francesco il 16 agosto 2014, nel corso del viaggio apostolico in Corea del Sud.
(Autore: Emilia Flocchini - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Saba Ji Hwang, pregate per noi.
*Beati Severiano (Severijan) Baranyk e Gioacchino (Jakym) Senkivskyj - Sacerdoti e Martiri (28 Giugno)
Scheda del gruppo a cui appartengono:
“Beati 25 Martiri Greco-Cattolici Ucraini”
+ Drohobych, Ucraina, 29 giugno 1941
Martirologio Romano: Nella città di Drohobych in Ucraina, Beati Severiano Baranyk e Gioacchino Senkivskyj, sacerdoti dell’Ordine di San Giosafat e martiri, che, in tempo di persecuzione contro la fede, con il loro martirio divennero partecipi della vittoria di Cristo.
Jakym Senkivskyj
Haji Velyky (Ternopil), 2 luglio 1896 – Drohobych, Ucraina, 29 giugno 1941
Jakym Senkivskyj nacque il 2 maggio 1896 nel villaggio ucraino di Haji Velyky, nella provincia di Ternopil. Compiuti gli studi teologici seminaristici a Lviv (Leopoli), ricevette il 4 dicembre 1921 l’ordinazione presbiterale, per poi essere inviato a Innsbruck, ove proseguì i suoi studi e conseguì il dottorato in teologia.
Poco dopo, nel 1923, entrò novizio nel monastero dell’Ordine Basiliano di San Giosafat presso Krekhiv. Dopo aver pronunciato i primi voti fu trasferito nel monastero di Krasno Pushcha e poi in quello Lavriv, sempre vicino a Ternopil.
Fra il 1931 e il 1938 svolse diverse mansioni all’interno del seminario di Sant’Onofrio a Lviv ed infine, nel 1939, venne eletto protoigumeno del monastero di Drohobych.
Qui fu arrestato dalle autorità del regime comunista russo il 26 giugno 1941 e tre giorni dopo, il 29 giugno, come asseriscono dei testimoni oculari, morì gettato vivo in una caldaia di acqua bollente nella prigione della città.
Beato Severijan Baranyk
Ucraina, 18 luglio 1889 – Drohobych, Ucraina, 28 giugno 1941
Severijan Baranyk nacque il 18 luglio 1889. Il 24 settembre 1904 entrò nel seminario dell'Ordine Basiliano di San Giosafat presso Krekhiv, emise i suoi voti perpetui il 21 settembre 1910 e ricevette infine l’ordinazione presbiterale il 14 febbraio 1915.
Nel 1932 fu eletto igumeno del monastero basiliano di Drohobych, nella provincia di Lviv (Leopoli).
Si dedicava particolarmente alle attività con i giovani ed era noto come uno zelante padre spirituale.
Il 26 giugno 1941 fu arrestato dall’NKVD e trasferito nel carcere cittadino di Drohobych.
Da quel momento nessuno lo vide più in vita. Dopo la ritirata dei bolscevichi, il popolo intraprese delle ricerche e venne rinvenuto nella prigione il suo corpo torturato e mutilato.
Alcuni testimoni oculari riferirono che sul cadavere del martire era visibile una croce, incisagli sul petto dai suoi aguzzini. Fu beatificato da Giovanni Paolo II il 27 giugno 2001. Jakym Senkivskyj e Severijan Baranyk furono beatificati da Giovanni Paolo II il 27 giugno 2001, insieme con altre 23 vittime del regime sovietico di nazionalità ucraina.
(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beati Severiano Baranyk e Gioacchino Senkivskyj, pregate per noi.
*Santa Vincenza Gerosa - Vergine (28 Giugno)
Lovere, Bergamo, 29 ottobre 1784 - 20 giugno 1847
Riservata e timida, trascorse alcuni anni della sua infanzia al banco della bottega familiare, poiché non poté studiare, per la salute cagionevole. Già in questo tempo, la sua modestia le faceva vivere una spiritualità semplice e ordinaria, fatta dell'ascolto quotidiano della Messa.
Gli anni seguenti l'invasione napoleonica d'Italia segnarono profondamente la sua vita, sia per le difficoltà economiche, sia per la morte del padre, della sorella Francesca e infine, nel 1814, della stessa madre.
Malgrado ciò Vincenza, con animo coraggioso, accettò questi avvenimenti come volontà di Dio e soffrì nel silenzio del suo cuore. Con la costanza della preghiera si impegnò in parrocchia e organizzò un oratorio femminile con incontri, ritiri e scuole pratiche di lavoro domestico.
Con Bartolomea Capitanio, una compagna conosciuta nel 1824, diede vita, non senza titubanza, a una fondazione religiosa regolare per soccorrere le persone nelle condizioni più misere e soprattutto per l'educazione delle ragazze; l'istituto, con sede a Casa de Gaia, assunse la regola delle Figlie della Carità di Antida Thouret.
Morta prematuramente la Capitanio, Vincenza ebbe la tentazione di tornare alla sua vita di casa, ma spronata dal suo padre spirituale, Angelo Bosio, acconsentì a continuare l'impresa che, approvata da Gregorio XVI nel 1840, si diffuse rapidamente in tutta la Lombardia e anche nel Trentino e nel Veneto.
Etimologia: Vincenza = vittoriosa, dal latino
Emblema: Giglio
Martirologio Romano: A Lovere in Lombardia, Santa Vincenza Gerosa, vergine, che fondò insieme a santa Bartolomea Capitanio l’Istituto delle Suore della Carità.
Non aveva davvero mai pensato di diventare una “fondatrice”. Il suo orizzonte era Lovere, terra bergamasca soggetta alla Repubblica di Venezia. Era l’impresa commerciale che faceva dei Gerosa una casata benestante. Battezzata col nome di Caterina, ha poi incominciato a studiare dalle Benedettine di Gandino, in Val Seriana. Ma la poca salute le ha impedito di continuare, e così è tornata a Lovere.
La sua vita è costellata di “ma”, di progetti che poi le circostanze continuamente stravolgono. Era contenta di starsene nel negozio di famiglia, ma l’azienda va in crisi sotto il ciclone napoleonico, mentre Lovere passa dal dominio veneziano a quello francese, nella Repubblica Cisalpina. Caduto Napoleone, e passato il Bergamasco sotto l’Impero degli Asburgo, Caterina si dedica all’insegnamento gratuito per le ragazze povere, ad attività di assistenza e di formazione religiosa, incoraggiata da due successivi parroci.
Questa dimensione locale dell’impegno le basta, l’appaga: anche perché si rivela assai ricca di stimoli e di sfide. Ed ecco un altro “ma”. Nel 1824 fa amicizia con una maestrina, anch’essa di Lovere: Bartolomea Capitanio, di 17 anni. L’incontro la spinge in un’avventura nuova: creare un ospedale. Loro due. E ci riescono, inaugurandolo un paio di anni dopo. L’ha reso possibile lei, con beni ereditari del casato dei Gerosa. Ma per un’attività stabile occorre personale votato e preparato all’assistenza.
E la maestrina Capitanio ha un suo progetto chiaro: fondare un apposito istituto religioso, con questi obiettivi: assistenza ai malati, istruzione gratuita alle ragazze, orfanotrofi, assistenza alla gioventù. E ne convince l’amica, sicché nell’autunno del 1837 l’istituto nasce, con loro due.
Ultimo e tremendo “ma”: Bartolomea Capitanio muore il 26 luglio 1833, a 26 anni. Caterina Gerosa è sola, è poco istruita, si sente quasi vecchia, vorrebbe lasciare tutto...
Ma rimane, invece. Non rassegnata: decisa: accoglie le prime giovani e per sette anni la piccola comunità segue la regola delle suore di santa Maria Antida Thouret, finché nel 1840 arriva il riconoscimento pontificio, e prendono canonicamente vita le Suore di Maria Bambina, con le regole scritte da Bartolomea Capitanio e con la guida di Caterina Gerosa, che prende i voti assumendo il nome di suor Vincenza. Già nel 1842, sebbene siano ancora poche, le chiamano a Milano.
Anzi, l’arcivescovo cardinale Gaysruk (alta aristocrazia austriaca) vorrebbe farne una sua istituzione diocesana. Ma suor Vincenza resiste anche a lui: a Lovere sono nate, e Lovere dev’essere la loro casa, con le loro regole. Quando muore, le suore sono 171.
All’inizio del terzo millennio saranno circa cinquemiladuecento. Nell’Anno Santo 1950, Papa Pio XII ha canonizzato insieme Bartolomea Capitanio e Vincenza Gerosa. Il corpo si trova nel santuario delle Suore di Carità - dette di Maria Bambina - in Lovere.
(Autore: Domenico Agasso – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Vincenza Gerosa, pregate per noi.