Santi del 26 Settembre
*Adolfo Martínez Sáez *Andrea da S.Giminiano *Andrés Casinello Barroeta *Bonaventura da Puzol *Cipriano, Giustina e Tectisto *Cosma *Cosma e Damiano *Crescenza Valls Espi *Cristoforo della Guardia *Damiano *Eusebio di Bologna *Gaspare Stanggassinger *Gedeone *Ginés Céspedes Gerez *Jaime Calatrava Romero *Leone Maria da Alacuas *Lucia da Caltagirone *Luigi Tezza *Maria del Olvido Noguera Albelda *Maria del Rifugio e & *Maria della Natività *Maria Jorda Botella *Nilo da Rossano *Rafael Calatrava Ros *Raffaele Pardo Molina e & *Sebastiano Nam I-Gwan e & *Senatore d’Albano *Stefano *Teresa Couderc *Vigilio di Brescia *Altri Santi del giorno


*Beato Adolfo Martínez Sáez - Padre di famiglia e Martire (26 Settembre)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati 115 Martiri spagnoli di Almería" Beatificati nel 2017
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)
Alhabia, 23 luglio 1898 – Tahal, 26 settembre 1936
Adolfo Martínez Sáez nacque ad Alhabia, in provincia e diocesi di Almería, il 23 luglio 1898. Di professione maestro, apparteneva all’associazione dell’Adorazione Eucaristica notturna.
Venne ucciso in odio alla fede cattolica il 26 settembre 1936, nella località del Pozo di Cantavieja, nei pressi di Tahal.
Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Adolfo Martínez Sáez, pregate per noi.
*Beato Andrea da San Giminiano - Francescano (26 Settembre)
† 1455 (?)
Il Beato Andrea da San Giminiano è un frate francescano vissuto nel XV secolo.
Nel volume di don Umberto Meattini sui “Santi Senesi” viene ricordato come discepolo di San Bernardino da Siena.
Di questo beato francescano non sappiamo nulla, si tramanda solo che fu un dotto predicatore famoso in tutta Italia.
Il Beato Andrea è stato eletto più volte, vicario provinciale della provincia minoritica di San Francesco.
Morì nel 1455 circa.
Nel martirologio francescano è ricordato nel giorno 26 settembre insieme con il Beato Giovanni da Prato.
(Autore: Mauro Bonato - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Andrea da San Giminiano, pregate per noi.
*Beato Andrés Casinello Barroeta - Padre di famiglia e Martire (26 Settembre)
Scheda del Gruppo a cui appartiene:
"Beati 115 Martiri spagnoli di Almería" Beatificati nel 2017
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)
Almería, Spagna, 23 agosto 1886 – Tahal, Spagna, 26 settembre 1936
Andrés Casinello Barroeta nacque ad Almería, nell’omonima provincia e diocesi, il 23 agosto 1886. Di professione ingegnere minerario, apparteneva all’associazione dell’Adorazione Eucaristica notturna.
Venne ucciso in odio alla fede cattolica il 26 settembre 1936, nella località del Pozo di Cantavieja, nei pressi di Tahal.
Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Andrés Casinello Barroeta, pregate per noi.
*Beato Bonaventura da Puzol (Julio Esteve Flors) - Sacerdote e Martire (26 Settembre)
Schede dei gruppi a cui appartiene:
“Beati Martiri Spagnoli Cappuccini di Valencia”
“Beati 233 Martiri Spagnoli di Valencia Beatificati nel 2001”
“Martiri della Guerra di Spagna” 1897 - 1936
Martirologio Romano: Nel villaggio di Gilet sempre nella medesima regione, Beato Bonaventura (Giulio) Esteve Flors, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini e martire, che nello stesso periodo passò al Signore sotto la violenza dei nemici della fede.
Nacque il 9 ottobre 1897 a Puzol (Valencia) e fu battezzato il 10 ottobre seguente nella parrocchia de los Santos Juanes di Puzol. Era figlio di D. Vicente Esteve e di Donna Josefa Flors, da cui nacquero nove figli.
Il piccolo Julio fece i suoi studi nel Seminario serafico, vestendo poi l’abito cappuccino il 15 settembre 1913 cambiando il nome in quello di Buenaventura. Emise la professione temporanea il 17 settembre 1914 e quella perpetua il 18 settembre 1918.
Inviato a Roma per perfezionare gli studi, divenne dottore in filosofia all’Università Gregoriana. In questa stessa città fu ordinato sacerdote dall’arcivescovo di Filipos, José Palica, il 26 marzo 1921. Al suo rientro in Provincia fu nominato lettore di filosofia e di diritto canonico nello Studentato di teologia di Orihuela. Si distinse anche come predicatore, conferenziere, direttore spirituale, ma soprattutto come uomo di Dio.
Cose che ci vengono confermate dal Sig. Juan F. Escrirá: “Si dedicò allo studio e alla predicazione. Era di temperamento pacifico.
Era inoltre persona molto accorta e intelligente, come pure molto educato e corretto. Molto edificante tra i fedeli. Era un autentico uomo di Dio.”
Dati che vengono confermati anche dal Sig. Vicente Aguilar, abitante di Puzol: “Lavorò specialmente nel campo apostolico della predicazione della parola di Dio. Le sue qualità più notevoli erano: una grande bontà e intelligenza. Era molto umile e mortificato”.
Con la persecuzione religiosa si vide obbligato ad abbandonare il convento, conducendo una vita di preghiera: “Nel periodo in cui stette nascosto - afferma il Sig. Vicente Aguilar - non si lamentava che Dio permettesse tali cose, nonostante che presentisse che si trattava di un tempo di martirio e di persecuzione per la Chiesa, come disse a coloro che parlavano con lui o lo frequentavano.
Nonostante ciò, si mostrava sereno nella sua vita di costante preghiera”. Si era rifugiato nella casa paterna di Carcagente, da dove fu sequestrato dal Comitato di Puzol il 24 settembre 1936 per fare alcune dichiarazioni.
La notte del 26 settembre insieme ad altri detenuti sarebbe condotto nel cimitero di Gilet (Valencia), dove fu ucciso alle due del mattino. Prima di morire P. Buenaventura aveva dichiarato: “Mi preparo [ ? ] per la palma del martirio”.
E avanti di essere giustiziato disse ai suoi carnefici: “Con la stessa misura con cui misurerete ora, sarete poi misurati voi”.
Finita la guerra, queste stesse parole furono ricordate dai suoi carnefici quando caddero nelle mani della giustizia.
“Ora ci succede quello che ci disse il frate”, ricordarono. La Sig. Vicenta Esteve Flors, sorella del P. Buenaventura, ricorda come suo fratello “si comportò negli ultimi istanti con la stessa serenità di sempre, e avanti di essere fucilato diede l’assoluzione a circa tredici detenuti che erano trasportati in un camion, fra i quali c’erano anche il padre e il fratello del Servo di Dio”.
Fu sepolto nel cimitero di Gilet, in una fossa comune. Terminata la guerra civile, i suoi resti furono esumati, riconosciuti dalla sorella Vicenta e trasportati nel panteon dei martiri del cimitero di Puzol. Attualmente riposano nella cappella dei martiri cappuccini del convento della Maddalena di Massamagrell.
(Fonte: Santa Sede)
Giaculatoria - Beato Bonaventura da Puzol, pregate per noi.
*Santi Cipriano, Giustina e Tectisto - Martiri (26 Settembre)
Sconosciuti alle antiche fonti agiografiche e ignorati dagli antichi martirologi orientali e occidentali, furono introdotti per la prima volta da Beda nel suo Martirologio e, attraverso i martirologi storici, passarono nel Romano, dove sono commemorati il 26 settembre; i Greci, invece, li venerano il 2 ottobre.
Sulla personalità e l'esistenza storica di questi santi gli studiosi non sono di egual parere: mentre alcuni tra i più antichi, seguiti da qualche moderno, non dubitarono di asserire che Cipriano fu un autentico vescovo e martire di Antiochia, altri, invece, pensano che egli non sia mai esistito come personaggio storico, ma sia stato creato dalla confusione coll'omonimo famoso vescovo di Cartagine. In verità le fonti, sebbene antiche e interessanti dal lato letterario, non sono troppo chiare dal punto di vista agiografico, anzi, contengono evidenti contraddizioni.
Da un sermone di San Gregorio Nazianzeno pronunziato probabilmente il 3 ottobre 379 in onore di Cipriano, si ricava che questi, dopo essere stato un mago, dotto in filosofìa, si convertì al cristianesimo e, fatto vescovo di Cartagine, illustrò la sua Chiesa e tutto l'Occidente con le sue virtù e gli scritti; durante la persecuzione di Decio fu prima esiliato e quindi decapitato; il suo corpo fu nascosto da una donna, ma in seguito ad una rivelazione, fu recuperato ed esposto alla venerazione dei fedeli. Questa tradizione fu conosciuta anche da Prudenzio che vi accenna nel suo carme in onore di San Cipriano di Cartagine (Peristephanon, XIII, 21-34).
Secondo un componimento poetico dell'imperatrice Eudossia scritto verso la metà del sec. V, invece, Cipriano, già mago e convertito come vuole la tradizione gregoriana, non fu vescovo di Cartagine ma di Antiochia; al tempo della persecuzione di Diocleziano fu arrestato insieme con la vergine Giustina dal prefetto Entolmio che, dopo averli fatti tormentare, li inviò a Nicomedia dall'imperatore; questi li fece decapitare presso il fiume Gallo e insieme con loro fu ucciso anche Teoctisto; i corpi di tutti e tre furono portati a Roma da alcuni marinai e in loro onore la matrona Rufina edificò una basilica presso il foro di Claudio. Il componimento eudossiano ebbe larghissima diffusione nell'antichità e nel Medioevo tanto che, oltre all'originale greco, ne sono rimaste versioni in lingua latina, siriaca, araba, etiopica, slava, ecc.
Ma se la personalità storica di Cipriano, vescovo di Cartagine, è fuori ogni discussione, non altrettanto può dirsi per quella di Cipriano di Antiochia. Il Martirologio Siriaco lo ignora; nel Geronimiano non appare; a Roma una chiesa a lui dedicata non è mai esistita e nei sinassari greci fu introdotto certamente dopo la divulgazione dello scritto eudossiano. Sembra quindi più fondata l'opinione di coloro che negano la sua esistenza storica.
Per spiegare, poi, la doppia e contrastante tradizione di San Gregorio ed Eudossia nei riguardi di Cipriano, gli studiosi ammettono che già nel sec. IV dovette esistere una leggenda agiografica di cui Cipriano e Giustina erano i protagonisti. Tale racconto, riferito fedelmente da Eudossia e confusamente da San Gregorio, o per negligenza, data l'improvvisazione del suo discorso, o a ragion veduta per i suoi scopi particolari, ci è pervenuto: consta di tre parti, due delle quali esistevano certamente prima del 379, perché San Gregorio vi allude espressamente, mentre la terza dovette essere composta tra la fine del sec. IV e l'inizio del V perché è sfruttata da Eudossia. Dalla lettura di questa leggenda appare evidente come l'autore (o gli autori) abbia avuto l'intenzione di mettere in risalto l'impotenza del diavolo contro i veri cristiani, la potenza del Cristo a favore dei suoi fedeli e l'efficacia salutare del pentimento.
Il più antico dei pezzi è intitolato Conversione di Cipriano. Ad Antiochia, Giusta, ascoltando le prediche del diacono Paralio, si converte al cristianesimo e, insieme con i genitori Edesio e Cledonia, riceve il Battesimo dal vescovo Ottato, mentre il padre, poco dopo, è ordinato presbitero. Per istruirsi meglio nella nuova religione, Giusta frequenta assiduamente la scuola catechetica della città, ma, nel tragitto dalla casa alla scuola, è osservata da un certo pagano Aglaide che se ne innamora e la chiede in sposa. Ella rifiuta perché ha deciso di restare vergine e Aglaide tenta di rapirla; ma, poiché il suo tentativo è frustrato, si rivolge al mago Cipriano che, dietro un forte compenso, prepara, aiutato dal demonio, un filtro amoroso da spargere intorno alla casa della fanciulla. Questa, accortasi dell'inganno, prega e, segnandosi con la croce, mette in fuga il demonio.
Cipriano tenta ancora, evocando il padre dei demoni che promette di indurre Giusta alle nozze ingannandola sulla vera santità, ma la cristiana scopre il tranello e lo scaccia col segno della croce. Egli allora vuole conoscere il motivo del suo insuccesso e il demonio confessa che il segno di croce è più potente di lui. Cipriano ne è turbato, rinunzia ai suoi incantesimi, scaccia il demonio, consegna al vescovo Antimo tutti i suoi libri di magia e si dichiara cristiano. Il giorno dopo, sabato santo, riceve il Battesimo; l'anno successivo il vescovo gli conferisce gli ordini sacri fino al sacerdozio e dopo sedici anni, sentendosi vicino a morire, lo designa come suo successore sulla cattedra episcopale di Antiochia.
Durante il suo episcopato Cipriano si adopera soprattutto a combattere gli eretici, mentre Giusta, che assume il nome di Giustina, è fatta diaconessa e messa a capo di un monastero. In tale vicenda si riconosce agevolmente il tema del mago che vende l'anima al diavolo e della ragazza che trionfa del suo seduttore, caro alle leggende popolari e immortalato nel Faust di Goethe.
Ma il racconto del mago Cipriano ebbe già, come si è detto, un doppio complemento; letterario il primo, sulla falsariga degli apocrifi scritturistici, agiografico il secondo, ad imitazione delle passiones dei martiri. Nel primo, intitolato Confessione di Cipriano, il mago Cipriano racconta la sua vita precedente alla conversione, piena di sortilegi, incantesimi, rapporti col diavolo, per esaltare la misericordia di Dio ed esortare i peccatori ad aver fiducia in essa. Consacrato fin da bambino ad Apollo, a sette anni fu iniziato ai misteri di Mitra e Demetra; a quindici conosceva le «virtù» dei frutti, degli alberi, delle erbe e di tutto ciò che esiste in terra, in cielo e in mare.
Educato ad Argo, Elide e Sparta, imparò l'arte della divinazione in Frigia e a vent'anni si recò a Menfi in Egitto, dove apprese la magia e i rapporti col demonio; a trent'anni, per apprendere l'astrologia, si recò in Caldea e conobbe un diavolo che gli mise a disposizione una falange di demoni. Tornato ad Antiochia, ebbe presto gran rinomanza come filosofo e mago e fu visitato da Aglaide che gli confidò il suo amore per Giustina; tutti gli sforzi per conquistare questa, della quale anche lui si era innamorato, furono vani. Allora, constatando l'invincibilità del Cristo, Cipriano rientrò in se stesso, scacciò i demoni dei quali si era servito e, persuaso da un certo Timoteo che gli fece conoscere la misericordia di Dio, confessò pubblicamente tutti i suoi delitti e misfatti.
L'amico Eusebio lo confortò ancora dicendogli che egli era vissuto nell'ignoranza, ma che i suoi delitti potevano essere perdonati se faceva penitenza. Cipriano si convinse, si fece condurre nella chiesa cristiana, bruciò pubblicamente i suoi libri, ricevette il Battesimo e si mise a predicare la dottrina di Cristo.
Il secondo complemento è intitolato Passione di Cipriano e narra la fine gloriosa di Cipriano e Giustina. Arrestati dal comes di Oriente, Entolmio, essi sono condotti a Damasco; durante l'interrogatorio Cipriano racconta il suo incontro con Giustina e la sua conversione ed esorta Entolmio a convertirsi anche lui, ma questi lo fa scarnificare, mentre Giustina è flagellata.
Il giorno dopo ambedue sono immersi in una caldaia di pece bollente, ma ne escono illesi. Allora Entolmio li spedisce a Nicomedia da Diocleziano che li fa decapitare insieme con Teoctisto. I loro corpi sono gettati in pasto alle fiere, ma queste non li toccano; sei giorni dopo alcuni marinai li prendono e li portano a Roma, dove una certa Rufina dà loro onesta sepoltura.
Nel Medioevo, infine, si pretese trovare quei corpi presso il Battistero Lateranense e allora la festa di Cipriano e Giustina fu introdotta nel Breviario Romano.
(Autore: Agostino Amore – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Il legame tra la città di Piacenza e santa Giustina affonda le sue radici nella notte dei tempi. Già anticamente si venerava in città una santa con questo nome, individuata con santa Giustina da Padova.
Eppure la Santa le cui ossa riposano ancora oggi a Piacenza nella Cattedrale a lei intitolata, pare avere nulla a che fare con quella di Padova. Di quale santa Giustina si tratta allora?
La Chiesa riconosce diverse sante chiamate Giustina. Di queste le uniche ad avere un qualche legame con Piacenza, sono Santa Giustina da Padova e santa Giustina di Antiochia.
La Santa Giustina di Piacenza pare che si debba riconoscere solo inizialmente in quella di Padova. A partire invece dal ritrovamento casuale ad opera dell’antipapa Giovanni Filagato nell’anno 1000 delle reliquie di Santa Giustina di Antiochia nella Basilica di santa Rufina a Roma, il culto a Piacenza si sarebbe spostato su quest’ultima.
Dette reliquie furono infatti portate in trionfo a Piacenza il 17 agosto del 1001, affinché potessero riposare nella Cattedrale intitolata alla santa e da allora in poi la santa Giustina venerata a Piacenza fu identificata con quella antiochena.
Figlia di un sacerdote pagano, Giustina aveva davanti a sé un futuro ricco e tranquillo. La tradizione la vuole gentile d’animo e di modi, bella d’aspetto e nobile di carattere. Una giovnae che dalla vita avrebbe potuto avere tutto quello che una ragazza della sua età avrebbe sognato: uno sposo all’altezza, dei figli e un futuro tranquillo tra gli agi di quei tempi.
A tutto volle rinunciare in nome del suo amore per Cristo. Convertitasi dopo aver ascoltato la predica di un diacono, scelse la verginità e in nome di questo suo altissimo ideale rifiutò le insistenti avances di uno spasimante sfortunato che per convincerla ad innamorarsi di lui, non esitò a ricorrere ai sortilegi del noto mago Cipriano. Questi le inviava i demoni, ma la tradizione racconta che Giustina li cacciava con un semplice soffio della sua bocca e con il segno della Croce. La potenza straordinaria di questa fragile creatura stupì il mago, che finì a sua volta per convertirsi a Colui che è il più potente di tutti: il Cristo.
Cipriano comprese che la magia e i suoi sortilegi non potevano nulla sull’Onnipotente. Si lasciò allora conquistare dall’amore per Gesù, il Signore. Uniti dallo stesso amore travolgente per il Crocifisso, Giustina e Cipriano condussero due esistenze esemplari finché furono catturati nel corso delle feroci persecuzioni degli Imperatori Diocleziano e Massimiano. Morirono entrambi martiri per decapitazione sulle sponde del fiume Gallo presso Nicomedia.
Correva l’anno 302.
Fin qui la tradizione. Se le cose siano andate esattamente come ce le riporta la storia, non lo sapremo mai. E non ha molta importanza: fatto sta che la figura di Giustina ha attraversato i secoli senza nulla perdere della sua freschezza. La testimonianza di vita di una giovinetta innamorata del Vangelo di Cristo, la coerenza senza tentennamenti nella scelta della verginità, la serenità nell’affrontare il martirio, sono un esempio ancora attuale della radicalità della chiamata di ciascun cristiano.
L’esempio di Giustina brilla oggi più che mai come monito al cristiano del Terzo Millennio a prendere sul serio la vocazione alla santità, che è per tutti e per ciascuno.
Così fragile e così potente, verrebbe da dire, pensando a questa ragazza che col solo segno della Croce ricacciava nelle tenebre i demoni inferociti.
In fondo Giustina rappresenta la bellezza della vocazione cristiana, unica capace di trasformare per effetto della grazia delle umili creature in colossi di fede, speranza, carità. Giustina vergine, Giustina martire, Giustina giovane e fragile come tante altre, resa tuttavia invincibile dalla potenza di quel Crocifisso nel cui nome spese la sua vita e accettò di buon grado di sacrificarla. Dietro all’apparente sconfitta dei martiri, si cela invece l’eterna vittoria della vita che non muore.
(Autore: Gaia Corrao - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Cipriano, Giustina e Tectisto, pregate per noi.
*San Cosma - Martire (26 Settembre)
sec. III, inizio sec. IV
Sulla vita di Cosma e Damiano le notizie sono scarse. Si sa che erano gemelli e cristiani. Nati in Arabia, si dedicarono alla cura dei malati dopo aver studiato l'arte medica in Siria. Ma erano medici speciali. Spinti da un'ispirazione superiore infatti non si facevano pagare.
Di qui il soprannome di anàgiri (termine greco che significa «senza argento», «senza denaro»).
Ma questa attenzione ai malati era anche uno strumento efficacissimo di apostolato. «Missione» che costò la vita ai due fratelli, che vennero martirizzati.
Durante il regno dell'imperatore Diocleziano, forse nel 303, il governatore romano li fece decapitare.
Successe a Ciro, città vicina ad Antiochia di Siria dove i martiri vengono sepolti.
Un'altra narrazione attesta invece che furono uccisi a Egea di Cilicia, in Asia Minore, per ordine del governatore Lisia, e poi traslati a Ciro. Il culto di Cosma e Damiano è attestato con certezza fin dal V secolo. (Avvenire)
Patronato: Medici, Chirurghi, Farmacisti, Parrucchieri
Etimologia: Cosma = ben ordinato, bello, dal greco
Emblema: Palma, Strumenti chirurgici
Martirologio Romano: Santi Cosma e Damiano, martiri, che si ritiene abbiano esercitato a Cirro nella provincia di Eufratesia, nell’odierna Turchia, la professione di medici senza chiedere alcun compenso e abbiano sanato molti con le loro gratuite cure.
Abbiamo informazioni abbondanti e di grande interesse sul culto che Cosma e Damiano hanno avuto già poco tempo dopo la morte: dedicazione di chiese e monasteri a Costantinopoli, in Asia Minore, in Bulgaria, in Grecia, a Gerusalemme.
La loro fama è giunta rapida in Occidente, partendo da Roma, con l’oratorio dedicato loro da Papa Simmaco (498- 514) e con la basilica voluta da Felice IV (526-530).
I loro due nomi, poi, sono stati pronunciati infinite volte, sotto tutti i cieli, ogni giorno a partire dal VI secolo, nel Canone della Messa, che dopo gli Apostoli ricorda dodici martiri, chiudendo l’elenco appunto con i loro nomi: Cosma e Damiano.
Poco si sa invece della loro vita. Li ricorda il Martirologio Romano, ispirandosi a una narrazione che vuole Cosma e Damiano nati in Arabia.
Sono fratelli, e cristiani.
Per invito dello Spirito Santo, si dedicano alla cura dei malati, dopo aver studiato l’arte medica in Siria.
Ma sono medici speciali, appunto in virtù della loro missione: non si fanno pagare. Di qui il soprannome di anàgiri (termine greco che significa “senza argento”, “senza denaro”).
Solo una volta, si narra – e contro la volontà di Cosma –, Damiano ha accettato un compenso da una donna che ha guarito: tre uova.
Questa attenzione ai malati è pure uno strumento efficacissimo di apostolato cristiano.
E appunto l’opera di proselitismo costa la vita ai due fratelli, martirizzati insieme con altri cristiani.
In un anno imprecisato del regno dell’imperatore Diocleziano (tra il 284 e il 305, forse nel 303), il governatore romano li sottopone a tortura e poi li fa decapitare. Questo avviene a Ciro, città vicina ad Antiochia di Siria (oggi Antakya, in Turchia) dove i martiri vengono sepolti.
Un’altra narrazione dice che furono uccisi a Egea di Cilicia, in Asia Minore, per ordine del governatore Lisia, e poi traslati a Ciro.
Ma abbiamo la voce di Teodoreto, vescovo appunto di Ciro, uno dei grandi protagonisti delle battaglie dottrinali nel V secolo: e questa voce parla di Cosma e Damiano, "illustri atleti e generosi martiri", con ammirazione e affetto di concittadino.
Il culto per i due guaritori, passato dall’Oriente all’Europa, "si mantenne straordinariamente vivo fino a tutto ilRinascimento, dando luogo a un’iconografia tra le più ricche dell’Occidente, specie in Italia, Francia e Germania" (Maria Letizia Casanova).
A più di mille anni dalla loro morte, si dà il nome di uno di loro a quello che poi i fiorentini chiameranno padre della patria: Cosimo de’ Medici il Vecchio.
E la casata chiama a illustrare la vita dei due santi guaritori artisti come il Beato Angelico, Filippo Lippi e Sandro Botticelli.
(Autore: Domenico Agasso – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Cosma, pregate per noi.
*Santi Cosma e Damiano - Martiri (26 Settembre)
sec. III, inizio sec. IV
Cosma e Damiano, medici anàrgiri (gratuiti), secondo un’antica tradizione subirono il martirio a Ciro in Siria e il loro culto fu assai diffuso in tutta la Chiesa fin dal sec. IV.
Il 26 settembre è la probabile data della dedicazione della basilica che a Roma porta il loro nome, edificata da Felice IV (525-530).
Di loro si fa memoria nel Canone romano.
Patronato: Medici, Chirurghi, Farmacisti, Parrucchieri
Emblema: Palma, Strumenti chirurgici
Martirologio Romano: Santi Cosma e Damiano, martiri, che si ritiene abbiano esercitato a Cirro nella provincia di Eufratesia, nell’odierna Turchia, la professione di medici senza chiedere alcun compenso e abbiano sanato molti con le loro gratuite cure.
Il 26 di settembre la Chiesa commemora la memoria liturgica dei fratelli e martiri:
Sulla vita di Cosma e Damiano le notizie sono scarse. Si sa che erano gemelli e cristiani. Nati in Arabia, si dedicarono alla cura dei malati dopo aver studiato l'arte medica in Siria.
Ma erano medici speciali.
Spinti da un'ispirazione superiore infatti non si facevano pagare. Di qui il soprannome di anàgiri (termine greco che significa «senza argento», «senza denaro»).
Ma questa attenzione ai malati era anche uno strumento efficacissimo di apostolato. «Missione» che costò la vita ai due fratelli, che vennero martirizzati.
Durante il regno dell'imperatore Diocleziano, forse nel 303, il governatore romano li fece decapitare.
Successe a Ciro, città vicina ad Antiochia di Siria dove i martiri vengono sepolti.
Un'altra narrazione attesta invece che furono uccisi a Egea di Cilicia, in Asia Minore, per ordine del governatore Lisia, e poi traslati a Ciro.
Il culto di Cosma e Damiano è attestato con certezza fin dal V secolo.
(Fonte: Avvenire)
Giaculatoria - Santi Cosma e Damiano, pregate per noi.
*Beata Crescenza Valls Espi - Vergine e Martire (26 Settembre)
Schede dei gruppi a cui appartiene:
“Beati 233 Martiri Spagnoli di Valencia” Beatificati nel 2001
“Martiri della Guerra di Spagna”
Onteniente, Spagna, 1863 - Puerto de Canals, Spagna, 26 settembre 1936
Crescencia Valls Espí nacque nel 1863 a Onteniente (Valencia) e fu battezzata il 10 giugno 1863 nella chiesa parrocchiale di Santa Maria.
Ricevette una formazione di cultura generale. Donna di grande pietà, partecipò quotidianamente all’Eucaristia. Aderì all’Azione Cattolica e ad altre associazioni apostoliche, specialmente per la cura degli ammalati e dei poveri. Fu imprigionata insieme alle tre sorelle: Concepción, Carmen e Patrocinio.
Dopo poche ore di prigionia, il 26 settembre 1936 a Puerto di Canals, subirono il martirio al grido di: “Viva Cristo Re!”. La sua beatificazione è stata celebrata da Papa Giovanni Paolo II l’11 marzo 2001.
Martirologio Romano: Nel villaggio di Puerto de Canals nel territorio di Valencia in Spagna, Beata Crescenza Valls Espí, vergine e martire, che patì il martirio nel corso della medesima persecuzione contro la fede.
Dicono di lei che sia “esagerata con i poveri”. Ora, se il concetto di esagerazione è sempre soggettivo e commisurato ad un personalissimo metro di valutazione, è pur vero che sempre esprime una modalità “oltre misura”, che suscita ammirazione e in qualcuno anche un po’ di invidia. E la cosa è tanto più autentica se ad esprimerla non è un singolo soggetto, ma rappresenta un comune sentire.
Nel caso, poi, di Crescenza Valls Espí è addirittura un coro di voci, perché ognuno vuole ricordare un aspetto di questo suo “esagerato” amore per i poveri.
Così c’è chi la ricorda presente in tutte le case in cui è passata una disgrazia, una malattia o una qualsiasi necessità; chi racconta di quando andava ad elemosinare nelle case dei ricchi, per acquistare cibo e medicine per i poveri; chi la dice capace di commuoversi fino alle lacrime davanti ai casi più gravi; chi, solo per fare un esempio, cita l’episodio della ragazza tubercolotica che nessuno vuole curare e che solo lei va ogni giorno a trovare, portandole cibo e medicine.
E la sua è una carità che sconfina oltre la morte, perché corre sollecita in ogni casa in cui c’è stato un lutto, per consolare chi resta e per aiutare a pagare il funerale a chi non ce la fa. È nata nel 1863 a Onteniente (Valenza) e la sua vita si svolge tutta qui: in casa, dove lavora come ricamatrice, provvedendo a mantenere sé e la famiglia, mentre tutto quel che sopravanza è destinato ai miserabili che visita ogni giorno; in chiesa, dove si reca quotidianamente e magari più volte al giorno.
È donna dalla comunione quotidiana e dalla confessione frequente, con una buona direzione spirituale e una devozione particolarissima al sacro Cuore e alla Madonna.
Tutto qui, niente di più per questa donna estremamente semplice, dalla cultura elementare acquisita presso le Suore di San Vincenzo, che soprattutto le hanno insegnato ad essere un’autentica cristiana.
E tanto le basta per prepararsi ad un sì definitivo e coraggioso per Cristo che le farà guadagnare la corona del martirio. Mentre in paese sono ammirati per il suo attivismo, il suo impegno e la sua carità senza limiti., per gli “altri”, cioè per quelli che nel 1936 stanno mettendo a ferro e fuoco la Spagna, altro non è che una bigotta, che a 73 anni suonati, con il suo esempio contagioso e la sua fede forte, è estremamente pericolosa per i loro progetti rivoluzionari.
Sanno che è iscritta alla Compagnia delle Figlie di Maria e all’Apostolato della Preghiera, che è attivissima tra le Donne della San Vincenzo, che è uno dei pilastri della locale Azione Cattolica e della Compagnia del Carmine: elementi più che sufficienti per classificarla tra le “cattoliche ferventi” e con questo capo di accusa condannarla a morte.
Cominciano a farle giungere più o meno velate minacce e intimidazioni, a gennaio 1936 il sindaco di Onteniente la denuncia come cattolica al governatore di Valenza, ma il mese dopo lei è di nuovo in prima linea durante la campagna elettorale, per difendere la fede e incoraggiare alla fedeltà al Papa.
Sa che tutto questo può costarle la vita, ma non cambia le sue abitudini, non diminuisce il suo impegno e non prende precauzioni, perché, dice, il massimo che possono farle è “ammazzarla per Dio”. Il 26 settembre 1936 i miliziani irrompono in casa sua poco prima di mezzogiorno e la arrestano insieme alle sue tre sorelle.
Resta in carcere dodici ore appena e non viene neppure processata, perché la sentenza di morte è già stata emessa la sera prima dell’arresto. A mezzanotte, nel porto di Ollería, si sentono degli spari, ma soprattutto delle grida che altro non sono che una confessione di fede ad alta voce: “Moriamo per Dio.
Viva Cristo Re”. Tra questi martiri per la fede c’è Crescenza Valls Espí, “esagerata” non solo con i poveri ma anche nella professione della sua fede, che l’11 marzo 2001.Giovanni Paolo II ha proclamato Beata, insieme ad altri 232 martiri spagnoli.
(Autore: Gianpiero Pettiti – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Crescenza Valls Espi, pregate per noi.
*San Cristoforo della Guardia - Martire (26 Settembre)
XV secolo
É uno dei molti bambini che si asseriscono uccisi dai giudei.
Secondo incontrollabili biografie, nato a Toledo il 17 dicembre 1487, all’età di due mesi Cristoforo sarebbe stato liberato dall’epilessia per intercessione di San Giovanni da Matha e la madre, in segno di gratitudine, lo vestì con l’abito dei Trinitari.
A quattro anni fu rapito da alcuni giudei i quali, secondo le loro idee superstiziose, credevano di poter essere liberati da ogni male cospargendo le sorgenti dei cristiani con una polvere ottenuta dal cuore di un bambino battezzato e da un’Ostia consacrata.
Prima di essere ucciso, Cristoforo fu sottoposto a tormenti simili a quelli sopportati da Gesù e finalmente si eseguì il nefando sacrilegio durante la Settimana Santa del 1491.
Due anni dopo la sua morte, il cardinale Pietro Gonzalez di Mendoza lo fece raffigurare in un quadro con l’abito trinitario.
Il culto di Cristoforo si diffuse rapidamente nella Spagna e fiorì specialmente ad opera del Beato Simone de Rojas dell’Ordine Trinitario; Pio VII lo approvò nel 1805.
La sua festa si celebra il 26 settembre.
(Autore: Teodoro della S. Famiglia – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Cristoforo della Guardia, pregate per noi.
*San Damiano - Martire (26 Settembre)
sec. III, inizio sec. IV
Sulla vita di Cosma e Damiano le notizie sono scarse. Si sa che erano gemelli e cristiani.
Nati in Arabia, si dedicarono alla cura dei malati dopo aver studiato l'arte medica in Siria. Ma erano medici speciali.
Spinti da un'ispirazione superiore infatti non si facevano pagare.
Di qui il soprannome di anàgiri (termine greco che significa «senza argento», «senza denaro»).
Ma questa attenzione ai malati era anche uno strumento efficacissimo di apostolato. «Missione» che costò la vita ai due fratelli, che vennero martirizzati. Durante il regno dell'imperatore Diocleziano, forse nel 303, il governatore romano li fece decapitare.
Successe a Ciro, città vicina ad Antiochia di Siria dove i martiri vengono sepolti.
Un'altra narrazione attesta invece che furono uccisi a Egea di Cilicia, in Asia Minore, per ordine del governatore Lisia, e poi traslati a Ciro.
Il culto di Cosma e Damiano è attestato con certezza fin dal V secolo. (Avvenire)
Patronato: Medici, Chirurghi, Farmacisti, Parrucchieri
Etimologia: Damiano = domatore, o del popolo, dal greco
Emblema: Palma, Strumenti chirurgici
Martirologio Romano: Santi Cosma e Damiano, martiri, che si ritiene abbiano esercitato a Cirro nella provincia di Eufratesia, nell’odierna Turchia, la professione di medici senza chiedere alcun compenso e abbiano sanato molti con le loro gratuite cure.
Santi Cosma e Damiano
Abbiamo informazioni abbondanti e di grande interesse sul culto che Cosma e Damiano hanno avuto già poco tempo dopo la morte: dedicazione di chiese e monasteri a Costantinopoli, in Asia Minore, in Bulgaria, in Grecia, a Gerusalemme.
La loro fama è giunta rapida in Occidente, partendo da Roma, con l’oratorio dedicato loro da Papa Simmaco (498- 514) e con la basilica voluta da Felice IV (526-530).
I loro due nomi, poi, sono stati pronunciati infinite volte, sotto tutti i cieli, ogni giorno a partire dal VI secolo, nel Canone della Messa, che dopo gli Apostoli ricorda dodici martiri, chiudendo l’elenco appunto con i loro nomi: Cosma e Damiano.
Poco si sa invece della loro vita.
Li ricorda il Martirologio Romano, ispirandosi a una narrazione che vuole Cosma e Damiano nati in Arabia.
Sono fratelli, e cristiani.
Per invito dello Spirito Santo, si dedicano alla cura dei malati, dopo aver studiato l’arte medica in Siria. Ma sono medici speciali, appunto in virtù della loro missione: non si fanno pagare.
Di qui il soprannome di anàgiri (termine greco che significa “senza argento”, “senza denaro”). Solo una volta, si narra – e contro la volontà di Cosma –, Damiano ha accettato un compenso da una donna che ha guarito: tre uova.
Questa attenzione ai malati è pure uno strumento efficacissimo di apostolato cristiano.
E appunto l’opera di proselitismo costa la vita ai due fratelli, martirizzati insieme con altri cristiani.
In un anno imprecisato del regno dell’imperatore Diocleziano (tra il 284 e il 305, forse nel 303), il governatore romano li sottopone a tortura e poi li fa decapitare.
Questo avviene a Ciro, città vicina ad Antiochia di Siria (oggi Antakya, in Turchia) dove i martiri vengono sepolti.
Un’altra narrazione dice che furono uccisi a Egea di Cilicia, in Asia Minore, per ordine del governatore Lisia, e poi traslati a Ciro.
Ma abbiamo la voce di Teodoreto, vescovo appunto di Ciro, uno dei grandi protagonisti delle battaglie dottrinali nel V secolo: e questa voce parla di Cosma e Damiano, "illustri atleti e generosi martiri", con ammirazione e affetto di concittadino.
Il culto per i due guaritori, passato dall’Oriente all’Europa, "si mantenne straordinariamente vivo fino a tutto il Rinascimento, dando luogo a un’iconografia tra le più ricche dell’Occidente, specie in Italia, Francia e Germania" (Maria Letizia Casanova).
A più di mille anni dalla loro morte, si dà il nome di uno di loro a quello che poi i fiorentini chiameranno padre della patria: Cosimo de’ Medici il Vecchio.
E la casata chiama a illustrare la vita dei due santi guaritori artisti come il Beato Angelico, Filippo Lippi e Sandro Botticelli.
(Autore: Domenico Agasso – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Damiano, pregate per noi.
*Sant'Eusebio di Bologna - Vescovo (26 Settembre)
Martirologio Romano: A Bologna, commemorazione di Sant’Eusebio, vescovo, che lottò insieme a Sant’Ambrogio per la fede cattolica contro l’arianesimo e si adoperò molto per promuovere tra le ragazze il valore della verginità.
Nel catalogo episcopale della Chiesa bolognese, noto sotto il nome di Elenco Renano (un documento di indubbio valore storico), Eusebio figura al quinto posto.
I pochi particolari della sua vita li desumiamo da sant'Ambrogio, col quale ebbe una stretta amicizia. Partecipò insieme col vescovo milanese al concilio di Aquileia del 381, ove ebbe un ruolo abbastanza importante nel contrastare l’arianesimo e nel condannare gli eretici Palladio e Secondino.
Dagli Acta del concilio risulta che, dopo Sant'Ambrogio, Eusebio fu il vescovo che più frequentemente prese la parola nella discussione e sottoscrisse il documento di condanna dopo il vescovo locale e il presule di Milano.
L’episcopato bolognese di Eusebio si svolse con ogni probabilità fra il 370 e il 390. Sant'Ambrogio ci informa inoltre che a Bologna esisteva un nucleo consistente di vergini che, sotto l’impulso e la propaganda del vescovo Eusebio, si distingueva per zelo e per pietà. Nel De Virginitate lo definisce: «aptus ad hoc piscandi genus». Qualche autore sostiene che le lettere 54 e 55 di sant'Ambrogio furono dirette al vescovo bolognese, come il suo De institutione virginis: sono opinioni difficilmente sostenibili.
Per quanto riguarda il culto, nessun documento antico della Chiesa bolognese lo menziona venerato come santo. I primi testi che ne parlano risalgono alla fine del secolo XVI e non presentano argomenti molto validi; il Baronio lo iscrisse nel Martirologio Romano al 26 settembre.
(Autore: Gian Domenico Gordini - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Eusebio di Bologna, pregate per noi.
*Beato Gaspare Stanggassinger - Redentorista (26 Settembre)
Nato a Berchtesgaden, in Baviera, nel 1871, Kaspar (Gaspare) Stanggassinger entrò a 10 anni nel seminario di Frisinga.
Mentre si preparava al sacerdozio, durante un pellegrinaggio mariano decise di divenire religioso tra i Redentoristi, che curavano già la sua direzione spirituale.
A 24 anni venne ordinato prete.
Il suo desiderio era partire missionario per il Brasile.
Perciò fu inviato nella scuola missionaria di Dürrnberg, di cui divenne direttore.
Come Gerardo Maiella, altro grande santo dell'ordine fondato da Alfonso Maria de' Liguori, Kaspar morì a soli 29 anni.
È Beato dal 1988. (Avvenire)
Martirologio Romano: Nel villaggio di Gars vicino a Monaco di Baviera in Germania, Beato Gaspare Stanggassinger, sacerdote della Congregazione del Santissimo Redentore, che, incaricato della formazione dei giovani, offrì loro un esempio di gioiosa carità e di preghiera assidua.
Una vita veloce e breve, tutta dedita all’amore di Dio sin dalla fanciullezza, un angelo di passaggio in questo mondo, che ritornò presto al Padre, lasciando però un’orma di bontà e spiritualità, tale da essere elevato alla gloria degli altari, quale esempio edificante di vita consacrata.
Gaspare (Kaspar) Stanggassinger, nacque a Berchtesgaden in Baviera, il 12 gennaio 1871 e battezzato nello stesso giorno; già a dieci anni entrò nel seminario di Frisinga ben disposto alla sua precoce vocazione sacerdotale, si distinse già a quella età per il rigido programma di pietà e studio.
A 16 anni emise il voto di castità, a 18 anni dopo la guarigione da una grave malattia, si consacrò in perpetuo al S. Cuore di Gesù e già a 21 anni, il 2 aprile 1892, ricevette la tonsura ed i quattro Ordini minori, anticipando la sua preparazione al sacerdozio.
Ma nell’estate del 1892, durante un pellegrinaggio ad un santuario mariano, sentì che doveva consacrarsi come religioso tra i Redentoristi, fondati da Sant' Alfonso Maria de’ Liguori, che già lo dirigevano spiritualmente.
Vincendo l’opposizione paterna, entrò nel noviziato di Gars, con un programma di vita racchiuso nella frase “Io posso, io voglio, io debbo farmi Santo”.
Il 16 giugno 1895 fu ordinato sacerdote, aggiungendo al suo programma questo proposito: “Tutto ciò che ho, vita, sangue, salute, voce; debbo tutto consacrare alla salvezza delle anime, fino alla morte, sotto le insegne di Sant'Alfonso”.
Per esaudire il suo desiderio di partire missionario per il Brasile, fu destinato alla scuola missionaria di Dürrnberg; nell’estate del 1899 questa scuola fu trasferita a Gars ed egli sebbene giovanissimo ne fu nominato direttore, ma la sua parabola lucente era finita, un’improvvisa peritonite acuta lo stroncò a quasi 29 anni, il 26 settembre 1899.
La sua Santa vita e morte portò ad aprire il processo di beatificazione l’8 aprile 1935, conclusasi con la proclamazione di Beato da Papa Giovanni Paolo II il 24 aprile 1988; felice emulo del grande e giovane redentorista San Gerardo Maiella, figlio come lui della Congregazione del SS. Redentore, morto un secolo prima, anch’egli a soli 29 anni e canonizzato nel 1904.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Gaspare Stanggassinger, pregate per noi.
*San Gedeone - Giudice d’Israele (26 Settembre)
San Gedeone, della tribù di Manasse, giudice di Israele, appena ricevette il segno della rugiada sul vello dal Signore, con la forza di Dio distrusse l’altare di Baal e liberò il popolo di Israele dai nemici.
Etimologia: Tagliatore
Martirologio Romano: Commemorazione di San Gedeone, della tribù di Manasse, che fu giudice di Israele e, ricevuto dal Signore il segno della rugiada che scendeva sul vello, con la forza di Dio distrusse l’altare di Baal e liberò il popolo d’Israele dal giogo dei nemici.
Nel Vecchio Testamento un libro è intitolato ai “Giudici”, termine però traducibile in ebraico come “governatori”, che Israele ebbe quando ancora era un popolo tribale, dopo l’ingresso nella terra promessa avvenuto XIII secolo a.C. e prima dell’istituzione di una monarchia centralizzata con il re Saul nel XI secolo a. C.
Uno di questi misteriosi personaggi testimoniò con la sua vita come la potenza della fede nasca dall’onnipotenza divina, dall’accoglienza della grazia del Signore che ci salva e ci aiuta a superare qualsiasi ostacolo.
Questi si chiamava Gedeone, in ebraico “tagliatore”, forse in memoria dell’attività svolta dalla sua famiglia. Sfavillante di colpi di scena, la sua vicenda è narrata a partire dal capitolo 6 del libro dei Giudici.
Gedeone aveva come secondo nome Ierub-baal, assai più paganeggiante, in quanto Baal (“Signore”) era il titolo della divinità principale dei cananei, popolazione indigena della Terra Santa.
Un giorno un angelo, messaggero del Signore, gli apparve per conferirgli una singolare quanto bellicosa investitura: combattente per la libertà di Israele dall’oppressione dei Madianiti, popolo imparentato con gli Ebrei in quanto discendente da Abramo e di cui esponente più famosa fu Zippora, moglie di Mosè.
Al povero Gedeone, cosciente della sua debolezza, non restò che replicare: “Signore mio, come salverò Israele?
Ecco, la mia famiglia è la più povera della tribù di Manasse e io sono il più piccolo della casa di mio padre” (6,15).
Ma Dio non esitò a porgergli un duplice segno di protezione, lanciandolo così nuovamente in un’avventura segnata dal primato della grazia.
Fu così che della poderosa massa di Ebrei pronti a combattere contro i Madianiti, Gedeone decise di licenziarne in partenza 22000 e dei restanti ne selezionò solamente 300 mediante una particolare prova, consistente nel saper conservare calma e dignità anche qualora la sete avesse bruciato loro la gola.
Infatti solo con pochi e scelti combattenti si sarebbe potuto evitare che “Israele si vantasse dicendo: La mia mano mi ha salvato!” (7,2).
A notte inoltrata Gedeone fece accostare all’accampamento madianita il suo plotone scelto suddividendolo in tre differenti tronconi, tutti recanti una tromba e brocche vuote contenenti una fiaccola. All’ordine del capo, “le tre schiere suonarono le trombe e spezzarono le brocche, tenendo le fiaccole con la sinistra e con la destra le trombe per suonare e gridarono: La spada per il Signore e per Gedeone!...
Tutto l’accampamento si mise a correre, a gridare, a fuggire”, mentre i nemici si colpivano alla cieca tra loro (7, 20-22).
Questi nonché numerosi altri successi spinsero gli Ebrei ad offrire a Gedeone la corona di Israele, ma egli, riconfermandosi uomo semplice e debole, replicò loro con fermezza: “Io non regnerò su di voi né mio figlio regnerà; il Signore regnerà su di voi!” (8,23). Questo antico personaggio, ma al tempo stesso anche molto attuale, è venerato come santo dalla Chiesa Cattolica.
Il nuovo Martyrologium Romanum ha perciò inserito in data 26 settembre la “Commemorazione di San Gedeone, della tribù di Manasse, giudice di Israele, che come ebbe ricevuto il segno della rugiada sul vello dal Signore, con la forza di Dio distrusse l’altare di Baal e liberò il popolo di Israele dai nemici”.
(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Gedeone, pregate per noi.
*Beato Ginés Céspedes Gerez - Sacerdote e Martire (26 Settembre)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati 115 Martiri spagnoli di Almería" Beatificati nel 2017
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)
Garrucha, Spagna, 12 ottobre 1801 – Tahal, Spagna, 26 settembre 1936
Ginés Céspedes Gerez nacque a Garrucha, in provincia e diocesi di Almería, il 12 ottobre 1901.
Il 14 giugno 1924 fu ordinato sacerdote.
Era parroco della parrocchia di Fernán Pérez quando morì in odio alla fede cattolica il 26 settembre 1936, nella località del Pozo di Cantavieja, nei pressi di Tahal.
Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Ginés Céspedes Gerez, pregate per noi.
*Beato Jaime Calatrava Romero - Giovane padre di famiglia e Martire (26 Settembre)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati 115 Martiri spagnoli di Almería" Beatificati nel 2017
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)
Granada, Spagna, 20 dicembre 1913 – Tahal, Spagna, 26 settembre 1936
Jaime Calatrava Romero nacque a Granada, nell’omonima provincia e diocesi, il 20 dicembre 1913. Di professione avvocato, era socio di Azione Cattolica. Venne ucciso in odio alla fede cattolica insieme a suo padre, Rafael Calatrava Ros, il 26 settembre 1936, nella località del Pozo di Cantavieja, nei pressi di Tahal. Sua moglie era incinta del loro unico figlio.
Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Jaime Calatrava Romero, pregate per noi.
*Beato Leone Maria da Alacuas (Emanuele Legua Martì) - Sacerdote e Martire (26 Settembre)
Schede dei gruppi a cui appartiene:
“Beati Martiri Spagnoli Terziari Cappuccini dell'Addolorata”
“Beati 233 Martiri Spagnoli di Valencia” Beatificati nel 2001
“Martiri della Guerra di Spagna”
Martirologio Romano: A Madrid sempre in Spagna, Beato Leone (Emanuele) Legua Martí, sacerdote del Terz’Ordine di San Francesco degli Incappucciati della Beata Vergine Addolorata e martire, che ancora nella stessa persecuzione ottenne la corona di gloria.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Leone Maria da Alacuas, pregate per noi.
*Beata Lucia da Caltagirone - Vergine (26 Settembre)
Caltagirone (Catania), XIV sec. – Salerno, 1400
Poche ed incerte sono le informazioni al riguardo della Beata Lucia da Caltagirone, commemorata in data odierna dal Martyrologium Romanum.
Siciliana, nativa di Caltagirone, trascorse gran parte della sua vita in un convento di terziarie francescane regolari a Salerno, ove ricoprì l’incarico di maestra delle novizie.
Fu ricordata in particolar modo per la sua fedeltà alla regola e per la devozione alle Cinque Piaghe di Cristo.
Dopo la sua morte, di cui non si conosce la data precisa, le furono attribuiti parecchi miracoli.
Per motivi sconosciuti il suo corpo fu traslato nel monastero benedettino di Santa Maria Maddalena in Salerno.
Il suo culto fu approvato dai Papi Callisto III e Leone X.
Martirologio Romano: A Salerno, Beata Lucia da Caltagirone, vergine del Terz’Ordine regolare di San Francesco.
Come per innumerevoli beate e venerabili figure, vissute nei primi secoli del Francescanesimo, le cui notizie sulla vita sono poco documentate, anche per la Beata Lucia da Caltagirone, le informazioni pervenutaci non sono sicure e probabilmente parecchi aneddoti sono stati colorati dalla leggenda.
I testi in cui è menzionata sono tutti stampati nel Settecento; uno dei più autorevoli sono gli “Annales Minorum”, del celebre annalista irlandese Luca Wadding, frate recolletto (1588-1657), che produsse il maggior sforzo descrittivo, dell’erudizione storico-minoritica di tutti i tempi.
Lucia nacque nella seconda metà del XIV secolo a Caltagirone, la bella città in provincia di Catania, pittorescamente situata su tre colli e perciò detta “regina dei monti”; nota soprattutto per la rinomata ceramica e maiolica.
Secondo la Vita, nell’infanzia dopo una paurosa caduta, fu confortata dalla visione di San Nicola da Bari, alla cui particolare devozione, i pii genitori l’avevano educata.
A tredici anni lasciò Caltagirone, per seguire una pia terziaria francescana di Salerno; dopo un certo periodo, rimase sola per la morte della sua guida, quindi Lucia entrò in un convento salernitano, retto dalla Regola Francescana.
E nella stupenda città, posta nell’omonimo golfo ed allora sede di una famosa e prestigiosa Scuola Medica, ella visse il resto della sua vita; il convento francescano che l’accolse, con molta probabilità, fu quello di San Francesco, presso la chiesa di S. Nicola, eretto nel 1238 e soppresso nel 1809 a seguito delle leggi napoleoniche.
Fra le Terziarie Francescane Regolari, Lucia si distinse per la fedele pratica dei suoi doveri, in particolare per l’amore alla penitenza, alla quale si era votata sia per espiare i peccati, sia soprattutto per la devozione alle Cinque Piaghe di Cristo.
Per un certo tempo esercitò l’ufficio di maestra delle novizie e la fama delle sue virtù si diffuse in tutta la città; molti ricorrevano a lei per preghiere e consiglio, anticipando di qualche secolo le celebri figure di altre Terziarie Francescane, come Santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe (Anna Maria Gallo, 1715-1791) e la venerabile Maria Crocifissa delle Cinque Piaghe (D’Ambrosio, 1782-1826) che a Napoli furono come lei, punto di riferimento spirituale per generazioni di fedeli e bisognosi.
Lucia morì a Salerno nell’anno 1400, la data esatta non ci è pervenuta; e dopo la sua morte le furono attribuiti parecchi miracoli.
Successivamente, per alterne e sconosciute vicende, il suo corpo fu traslato nel monastero benedettino di Santa Maria Maddalena sempre in Salerno, anch’esso non più esistente.
Il suo culto fu approvato da Papa Callisto III (1455-1458) e confermato da Papa Leone X il 4 giugno 1514, che concesse, su istanza dei francescani, la celebrazione al 26 settembre, con Messa e Ufficio proprio, composto sull’esempio di quello di Santa Chiara.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Lucia da Caltagirone, pregate per noi.
*Beato Luigi Tezza - Sacerdote Camilliano, Fondatore (26 Settembre)
Conegliano Veneto, Treviso, 1 novembre 1841 - Lima, Perù, 26 settembre 1923
Sacerdote nel 1864, va a Roma come maestro dei novizi, e a 31 anni è in Francia. Lì diventa superiore della comunità, fonda altre case e centri di cura, moltiplica l’attività dell’Ordine, crea la Provincia camilliana di Francia. E progetta una storica novità: affiancare ai Camilliani una congregazione femminile. Ma nel 1880 viene espulso dalla Francia perché straniero, a causa del conflitto fra Terza Repubblica e Chiesa di Roma, con soppressioni di istituti e cacciate di religiosi.
Ma le opere camilliane per i malati restano: le dirige lui, tornato in Francia da clandestino. Nel 1889 è a Roma, eletto vicario e procuratore generale dell’Ordine.
Riprende quel suo progetto di congregazione femminile, trovando chi all’impresa dedicherà tutta la vita: è la romana Giuditta Vannini (madre Giuseppina, beatificata nel 1994). Con lei, padre Tezza fonda nel 1892 la congregazione delle Figlie di San Camillo e ne scrive gli statuti. Si parte da una cinquantina di donne, che nel 2002 sono un migliaio, in 17 Paesi. Nel 1895 arriva un altro colpo: il suo tratto familiare con le religiose gli procura insinuazioni calunniose.
Lui rifiuta di difendersi e lascia tutti gli incarichi presso la comunità femminile: "Le opere di Dio devono essere cementate e fortificate dal sacrificio". Poi, quando l’Ordine ha un problema in Perú (porre fine a un lungo dissidio con i Camilliani locali), è ancora a lui che si ricorre. Padre Tezza arriva in Perú con padre Angelo Ferroni nel giugno 1900 e normalizza la situazione in due mesi.
Ma, al momento di ripartire, l’arcivescovo di Lima gli chiede di fermarsi ancora un po’. E lui si ferma per 23 anni. Fino alla morte.
Martirologio Romano: Nella città di Los Reyes in Perù, beato Luigi Tezza, sacerdote, dell’Ordine dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi, che per servire Dio tra i malati fondò la Congregazione delle Figlie di San Camillo, che sapientemente avviò a molteplici opere di carità.
“Tutto in Dio, per Dio, con Dio. Disposti per la carità a fare sempre più doloroso sacrificio, massime verso i poveri infermi; tale generosità sia di ogni istante e nei dettagli più piccoli della vita” (Scritti, 106, 27). Queste parole di Padre Tezza possono riassumere tutta la sua vita e le sue opere, vissute in un costante e ardente amore a Dio e al prossimo sofferente.
Padre Luigi Tezza, nacque in Conegliano Veneto (Treviso), il 1° novembre 1841 da Augusto, medico apprezzato anche per la sua sensibilità sociale, e da Caterina Nedwiedt, donna nobile e di grande pietà.
A quindici anni entrò come postulante nell’Ordine dei Ministri degli Infermi, a Verona. La madre, dopo aver ceduto i suoi beni ai poveri, professò nel Monastero della Visitazione di S. Maria a Padova, dove morì nel 1880 in concetto di santità.
Il giovane Luigi, accolto e guidato da Padre Luigi Artini (1808-1872), sacerdote e formatore autorevole, emise la prima professione dei voti religiosi l’8 dicembre 1858. Fin da giovanissimo fu stimato per la sua maturità umana e spirituale, distinguendosi per spirito di pietà, di obbedienza, di diligenza nei suoi doveri, tale da essere considerato “eminentissimo”. Fu ordinato sacerdote il 21 maggio 1864 dal vescovo di Verona.
Soffrì tre soppressioni: due in Italia e una in Francia. La legge civile di soppressione delle corporazioni religiose del 1866 a Verona gli permise di assecondare il suo anelito missionario, ma vi rinunziò in virtù dell’obbedienza e per restare fedele alla sua vocazione camilliana.
Il 10 agosto 1871 fu inviato in Francia, dove ricoprì diversi uffici di responsabilità, quali Maestro dei novizi, Fondatore della casa di Lille,Vice Provinciale, Superiore Provinciale.
Il 18 settembre 1889, il Capitolo dell’Ordine lo elesse Consultore, Procuratore e Vicario generale e per tale motivo ritornò a Roma. In questa città il 17 dicembre 1891 incontrò la Beata Giuseppina Vannini: con lei poté realizzare la missione alla quale si sentiva ispirato da tempo e che fu la sua opera maggiore: la fondazione della Congregazione “Figlie di San Camillo”.
Il 3 maggio 1900 ricevette l’ordine di partire per il Perù con il compito di riformare la comunità camilliana di Lima, staccata dall’Ordine nel 1832. A Lima per 23 anni svolse un apostolato intenso: si dedicò all’assistenza dei malati specialmente poveri e bisognosi nelle case private, negli ospedali, nel lazzaretto e nelle carceri, fu confessore e direttore spirituale in diverse Congregazioni religiose, e il suo confessionale fu cattedra di misericordia e spiritualità, fu Consultore nell’Assemblea Episcopale di Lima, consigliere del Delegato Apostolico Mons. Pietro Gasparri, futuro Segretario di Stato e i Nunzi apostolici che gli succedettero e le persone più autorevoli lo ebbero come padre spirituale.
La sua azione discreta ma continua, intelligente, carica di amore e di compassione, accompagnata da autorevolezza, da dolcezza e pazienza finì per farne un personaggio conosciuto e amato. Si spense serenamente il 26 settembre 1923, mentre tutta la città lo proclamava “l’apostolo e il santo di Lima”.
Padre Luigi Tezza, imitatore fedele di Cristo buon Samaritano e discepolo di San Camillo, ha attuato le parole pronunciate da Gesù “Ero malato e mi avete visitato… L’avete fatto a me”. Egli ha versato e continua a versare, attraverso la Congregazione delle Figlie di San Camillo, sulla persona di Cristo presente nei malati, l’unguento prezioso della carità misericordiosa; egli insegna ad ogni cristiano il modo di porsi di fronte alla sofferenza, come curarla e valorizzarla a beneficio della propria santificazione e dell’altrui redenzione.
Beatificato da Papa Giovanni Paolo II il 4 novembre 2001.
(Autore: Suor Gabriella Marzio - Fonte: www.camilliani.org)
Giaculatoria - Beato Luigi Tezza, pregate per noi.
*Beata Maria del Olvido Noguera Albelda - Vergine e Martire (26 Settembre)
Schede dei gruppi a cui appartiene:
"Beati 233 Martiri Spagnoli di Valencia” Beatificati nel 2001
“Martiri della Guerra di Spagna”
María del Olvido Noguera Albelda nacque il 30 dicembre 1903 a Carcagente (Valencia), fu battezzata il 1° gennaio 1904 e cresimata il 22 aprile 1909 nella chiesa parrocchiale dell’Assunzione. Ricevette la prima comunione il 2 giugno 1912 nella Cappella del Collegio di Maria Immacolata.
Ricevette una cultura generale in collegi di religiose. Di famiglia agiata si dedicò pienamente all’apostolato laicale e si impegnò nell’insegnamento delle operaie.
Il 30 novembre 1936 fu imprigionata insieme al fratello, dimostrandosi molto coraggiosa. Poche ore dopo fu martirizzata a Benifairó de Valldigna (Valencia): gli aguzzini abusarono di lei davanti al fratello e la fucilarono insieme a lui.
La sua beatificazione è stata celebrata da Papa Giovanni Paolo II l’11 marzo 2001.
Martirologio Romano: Nel villaggio di Benifairó de Valldigna nello stesso territorio in Spagna, Beata Maria dell’Oblio Noguera Albeda, vergine e martire, che, sempre nella stessa persecuzione, subì il martirio per la fede.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Maria del Olvido Noguera Albelda, pregate per noi.
*Beate Maria del Rifugio (Teresa) Rosat Balasch e Maria del Calvario (Giuseppina) Romero Clariana - Martiri (26 Settembre)
Scheda del Gruppo a cui appartengono:
"Beate Martiri Spagnole della Congregazione della Dottrina Cristiana" - (20 novembre)
+ Valencia, Spagna, 27 settembre 1936
Madre Maria del Rigugio (Teresa Rosat Balasch) nacque il 15 ottobre 1873 a Mislata (Valenza) da Emanuele e Teresa.
Entrò nella congregazione della Dottrina Cristiana nel 1896 ricoprì la carica di superiora locale.
Esercitava quest'ultima a Carlet, quando patì il martirio con Suor Maria del Calvario, la mattina presto del 27 settembre 1936.
Suor Maria del Calvario (Giuseppina Romero Clariana) nacque l'11 aprile 1871 a Carlet, (Valenza) da Agostino e Giuseppa.
Entrò nella congregazione nel 1892.
Era sorella cuciniera e patì il martirio con Madre Maria del Sacro Cuore nello stesso luogo e lo stesso giorno.
Il Beato Giovanni Paolo II le ha beatificate il 1° ottobre 1995.
Martirologio Romano:
A Valencia in Spagna, Beate Maria del Rifugio (Teresa) Rosat Balasch e Maria del Calvario (Giuseppa) Romero Clariana, vergini della Congregazione della Dottrina Cristiana e martiri, che, durante la persecuzione, furono gettate in carcere e infine uccise per essere rimaste fedeli a Cristo Sposo.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beate Maria del Rifugio Rosat Balasch e Maria del Calvario Romero Clariana, pregate per noi.
*Beata Maria della Natività - Vergine Mercedaria (26 Settembre)
Consacrata a Dio fin dalla fanciullezza, la Beata Maria della Natività, donò tutto ai poveri e fu una grande ricamatrice fra le monache mercedarie del monastero deilAssunzione in Siviglia.
Ornata dì doni celesti, gli apparve più volte Cristo legato alla colonna flagellato, portare sulle spalle la croce, crocifisso e trafitto dalla lancia; sentì in se stessa la forza della passione e i dolori fino all'effusione del sangue.
Finché giunta al termine della vita fu portata da Gesù Sposo nel coro degli Angeli nella patria del paradiso.
L'Ordine la festeggia il 26 settembre.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Maria della Natività, pregate per noi.
*Beata Maria Jorda Botella - Vergine e Martire (26 Settembre)
Schede dei gruppi a cui appartiene:
Beati 233 Martiri Spagnoli di Valencia” Beatificati nel 2001
“Martiri della Guerra di Spagna”
María Jordá Botella, fedele laica, nacque il 26 gennaio 1905 ad Alcoy (Alicante), fu battezzata il 28 gennaio 1905, cresimata il 20 ottobre 1905 e ricevette la prima comunione il 21 aprile 1912 nella chiesa parrocchiale di San Francesco.
Fu educata dalle religiose e acquisì una buona cultura generale.
Fu molto caritatevole fino all’eroismo, attraverso la Confraternita di San Vicenzo de’ Paoli, distinguendosi anche nel lavoro sociale perché piena di virtù umane e cristiane. Essendo una nota propagandista della fede cattolica, già dal 1931 era nel mirino dei persecutori della Chiesa.
Fu imprigionata e i miliziani rossi cercarono di violentarla poiché molto bella, ma lei si difese energicamente e il 26 settembre 1936 a Benifallím (Alicante) subì il martirio.
La sua beatificazione è stata celebrata da Papa Giovanni Paolo II l’11 marzo 2001.
Martirologio Romano: Nel villaggio di Benifallím nel territorio di Alicante ancora in Spagna, Beata Maria Jordá Botella, vergine e martire, che portò a termine il glorioso combattimento per Cristo.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Maria Jorda Botella, pregate per noi.
*San Nilo da Rossano (26 Settembre)
Rossano Calabro (CS), 910 - Monastero di Sant’Agata, Grottaferrata (RM), 26 settembre 1004
L'Italia meridionale conosce i monaci d'Oriente con la loro liturgia al tempo del dominio bizantino. Con l'espansione araba la Calabria si popola di comunità guidate dalla regola di San Basilio, che attirano anche discepoli del posto.
Come un calabrese di Rossano, Nicola, che diventerà monaco col nome di Nilo (910-1004). Vive prima in comunità, poi si fa eremita, con dedizione totale a preghiera e studio. Legge i Padri della Chiesa, compone inni, trascrive testi con grafia rapida ed elegante.
È maestro di nuovi monaci a Rossano, con un metodo selettivo. Devono essere studiosi, eccellenti anche in calligrafia e canto.
Quando si accorge di essere ormai un'autorità locale, fugge in territorio longobardo, verso il principato di Capua.
Qui, per quindici anni, Nilo educa monaci di rito orientale, mantenendo amabili rapporti con i monaci benedettini di Montecassino. Trascorre dieci anni a Gaeta dove vede finire il primo millennio. E da qui parte, novantenne, per fondare l'abbazia di Grottaferrata vicino Roma. Si spegne nel vicino monastero greco di Sant'Agata. (Avvenire)
Patronato: Rossano, Grottaferrata
Martirologio Romano: Nella campagna tuscolana vicino a Roma, San Nilo il Giovane, abate, che, di origine greca, cercò una santa condotta di vita e, pervaso dal desiderio di penitenza, umiltà e peregrinazione, nonché insigne per spirito di profezia e sapienza di dottrina, fondò il celebre monastero di Grottaferrata secondo gli insegnamenti dei Padri orientali, dove nonagenario rese in chiesa lo spirito a Dio.
L’Italia meridionale conosce i monaci d’Oriente con la loro liturgia al tempo del dominio bizantino. Poi l’espansione araba (che si estende alla Sicilia) ve ne spinge altri: la Calabria, in particolare, si popola di comunità guidate dalla regola di San Basilio, che attirano anche discepoli del posto. Come appunto questo calabrese di Rossano, di nome Nicola. Si sa che era sposato e con una figlia; poi lo si ritrova monaco col nome di Nilo, e sul fatto gli storici non sono concordi.
Nilo vive dapprima in comunità, poi si fa eremita per bisogno di solitudine, col consueto rigore nel cibo e nel riposo, con dedizione totale a preghiera e studio. Legge i Padri della Chiesa, compone inni, trascrive testi con grafia rapida ed elegante. Indossa magari per un anno intero lo stesso abito, riempiendosi di pulci. Ma è felice, è realizzato.
Non cerca discepoli, ma questi arrivano, e addio solitudine. Diventa maestro di nuovi monaci presso Rossano, con un metodo duramente selettivo, perché non vuole gente qualunque. Devono essere maestri di ascesi, studiosi, eccellenti anche in calligrafia e canto. Quando però si accorge di essere ormai una sorta di autorità locale, e che si parla di lui come possibile vescovo, fugge in territorio longobardo, verso il principato di Capua. Qui, per quindici anni, Nilo educa monaci di rito orientale, mantenendo amabili rapporti con i monaci “latini”, i benedettini di Montecassino, che lo aiutano cordialmente.
Trascorre altri dieci anni presso Gaeta, dove ha offerto ai suoi monaci una sede disagiata e sempre tanto lavoro. Qui vede finire il primo Millennio cristiano. E di qui parte, novantenne, per dare vita a un’altra fondazione: l’abbazia di Grottaferrata presso Roma, che sarà sempre viva e operosa alla fine del secondo Millennio, nella sua linea di preghiera e cultura, con la scuola di paleografia greca, la tipografia, la biblioteca; centro vivo di operosità ecumenica.
Lui però fa solo in tempo a indicarne il luogo e a ottenere il terreno, presso la cappella detta Cryptoferrata. Poi si spegne nel vicino monastero greco di Sant’Agata.
Il suo discepolo e biografo, Bartolomeo, narra che nel 998 Nilo corre a Roma per salvare il vescovo Giovanni Filagato, suo conterraneo, fatto antipapa dal nobile romano Crescenzio e suo complice nella rivolta contro il papa Gregorio V e l’imperatore Ottone III suo cugino. La rappresaglia di Ottone è degna della ferocia dei tempi (che hanno visto anche papi assassinati).
Uccisi Crescenzio e i suoi, su Filagato si infierisce con atroci sevizie. "La biografia narra", scrive Gregorovius, "che ... le preghiere del santo non trovarono ascolto. Nilo lasciò Roma. Ma prima profetizzò all’imperatore e al papa che la maledizione del cielo prima o poi avrebbe colpito i loro cuori crudeli". Gregorio V muore dopo un anno, Ottone III dopo quattro, e ne ha ventitré.
(Autore: Domenico Agasso - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Nilo da Rossano, pregate per noi.
*Beato Rafael Calatrava Ros - Padre di famiglia e Martire (26 Settembre)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati 115 Martiri spagnoli di Almería" Beatificati nel 2017
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)
Almería, Spagna, 9 agosto 1881 – Tahal, Spagna, 26 settembre 1936
Rafael Calatrava Ros nacque ad Almería, nell’omonima provincia e diocesi, il 9 agosto 1881. Di professione avvocato, apparteneva all’associazione dell’Adorazione Eucaristica notturna.
Venne ucciso in odio alla fede cattolica insieme a suo figlio, Jaime Calatrava Romero, il 25 settembre 1936, nella località del Pozo di Cantavieja, nei pressi di Tahal.
Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Rafael Calatrava Ros, pregate per noi.
*Beati Raffaele Pardo Molina e Giuseppe Maria Vidal Segu - Domenicani, Martiri (26 Settembre)
Schede dei gruppi a cui appartengono:
“Beati Martiri Spagnoli Domenicani d'Aragona”
“Beati 233 Martiri Spagnoli di Valencia Beatificati nel 2001”
“Martiri della Guerra di Spagna”
+ Valencia, Spagna, 26 settembre 1936
Raffaele Pardo Molina,
cooperatore domenicano, nacque a Valencia (Spagna)
il 28 ottobre 1899, mentre Giuseppe Maria Vidal Segu, sacerdote professo, nacque a Secuita (Spagna) il 3 febbraio 1912.
Martirologio Romano:
Nello stesso luogo, Beato Raffaele Pardo Molina, religioso dell’Ordine dei Predicatori e martire, che morì durante la persecuzione contro la fede.
Insieme con lui si commemora anche il Beato martire Giuseppe Maria Vidal Segú, sacerdote del medesimo Ordine, che per la sua instancabile testimonianza di fede in Cristo fu accolto nella gloria a Barcellona.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beati Raffaele Pardo Molina e Giuseppe Maria Vidal Segu, pregate per noi.
Martirologio Romano: A Seul in Corea, passione dei santi Sebastiano Nam I-gwan e nove compagni, martiri, che per la fede cristiana furono decapitati dopo atroci torture; vengono commemorate con loro anche le Sante Martiri Lucia Kim, Caterina Yi, vedova, e sua figlia Maddalena Cho, vergine, che, messe in carcere per Cristo, in un giorno ignoto di questo mese morirono per i supplizi patiti.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Sebastiano Nam I-gwan e compagni, Lucia Kim, Caterina Yi e Maddalena Cho, pregate per noi.
*San Senatore d’Albano - Martire (26 Settembre)
Martirologio Romano: Ad Albano nel Lazio, San Senatore, Martire.
Il Martyrologium Romanum commemora in data odierna San Senatore, martire vissuto in epoca incerta, venerato presso Albano Laziale.
E’ incredibile come la fragilissima carta scritta si sia dimostrata, nel tramandare notizie sull’origine del culto di questo santo, più resistente e longeva della pietra, del marmo o del cemento, materiali assai più robusti.
L’apparente paradosso della carta che rimane e della pietra che sparisce ha un esempio eloquente in un preziosissimo libretto compilato circa tredici secoli fa, agli inizi del VII secolo. Esso costituisce una sorta di guida turista del tempo, destinata all’utilizzo da parte dei numerosi pellegrini, desiderosi di visitare i luoghi sacri alla memoria dei martiri esistenti nei pressi di Roma. Grazie a tali libretto gli studiosi hanno potuto scoprire esattamente quali chiese, santuari, memorie sorgevano a quel tempo attorno all’Urbe, anche se poi qualora qualcuno volesse rintracciarli sul posto al giorno d’oggi, scoprirebbe che in molti casi non ne resta traccia.
Anche in questo caso, la parola scritta ha sconfitto la pietra. Tra le indicazioni dell’antica guida, infatti, si legge: “Percorrendo questa stessa strada (cioè la via Appia) si giunge alla città di Al¬bano, e da questa stessa città alla chiesa di San Senatore, dove si trova il corpo di Perpetua con innumerevoli santi. Vi si compiono grandi prodigi”.
Quest’ultima frase, buttata lì senza precisazioni e senza impegni, assomiglia metaforicamente alle stellette che si usano odiernamente sulle guide per segnalare qualcosa di rilevante, come per esempio un buon albergo, e costituiva insomma una sorta di raccomandazione ai pellegrini a visitare quel luogo.
In questo caso il luogo era dunque la chiesa di San Senatore, presso Albano Laziale, lungo la celebre via Appia. Conseguentemente è ragionevole pensare che l’esistenza di un edificio sacro intitolato a tale santo presupponesse l’esistenza di un Santo che portasse quel nome, probabilmente vissuto e morto ad Albano, cioè nel luogo dove si sviluppò fiorente il suo culto.
Quasi con certezza si può asserire che egli morì martire, in quanto nei primi secoli le chiese erano solitamente dedicate solo a tale categoria di Santi, che purtropo non mancavo a Roma e dintorni a causa delle numerosissime persecuzioni.
Un Santo Martire, dunque, la cui esistenza terrena si collocherebbe nei primissimi secoli dell’era cristiana, sul conto del quale sarebbe però azzardato dire di più, in quanto la sua memoria ha subito la medesima sorte della chiesa a lui dedicata presso Albano, cioè è completamente scomparsa e non ne resta che una traccia soltanto tra le pagine dell’antico libretto cartaceo prima citato.
L’antichità di tale fonte è però stata considerata sufficiente dai compilatori del nuovo martirologio ufficiale della Chiesa Cattolica, che hanno così ritenuto opportuno continuare ad inserire la sua festa al 26 settembre.
Altri tre Santi, tutti vescovi, portano l’augusto nome di Senatore: essi occuparono rispettivamente le cattedre episcopali di Milano, Verona ed Avranches, in Francia.
(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Senatore d’Albano, pregate per noi.
*Beato Stefano - di Rossano Calabro (26 Settembre)
Rossano Calabro, 925 - Gaeta, 1001
Martirologio Romano: A Gaeta nel Lazio, Santo Stefano da Rossano, monaco, compagno di san Nilo il Giovane.
Il Beato Stefano nacque a Rossano da una famiglia di contadini intorno al925. Sulla sua vita le notizie sono molto poche e frammentarie.
Si sa che, desideroso di votarsi alla vita monastica, fu accolto da San Niloda Rossano, di cui divenne fedelissimo discepolo.
San Nilo, attraverso unavera e propria "cura", modificò la natura pigra e indolente di Stefano, ilquale compì tanti e tali progressi da divenire un esempio di umiltà e dicieca obbedienza.
Il Beato Stefano seguì Nilo a Capua, a Vallelucio e a Serperi, presso Gaeta,dove morì nell'anno 1001. Nilo ordinò che fosse costruito un doppiosepolcro, in modo che egli potesse essere sepolto accanto al propriodiscepolo, al momento della sua morte.
Di tale tomba non esiste più traccia.
La festa del Beato Stefano era celebrata il 26 settembre, insieme a quelladi S. Nilo.
(Autore: Don Marco Grenci - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Stefano, pregate per noi.
*Santa Teresa (Maria Vittoria) Couderc – Fondatrice (26 Settembre)
Mas de Sablières, 1° febbraio 1805 - Fourvières (Francia), 26 settembre 1885
Martirologio Romano: A Lione in Francia, Santa Teresa (Maria Vittoria) Couderc, vergine, che non senza grandi tribolazioni, ma con animo sereno, fondò nel villaggio di La Louvesc presso la tomba di San Giovanni Francesco Regis la Società di Nostra Signora del Ritiro del Cenacolo.
Nel gran numero di fondatrici di Congregazioni religiose, che si sono avvicendate per tutto l’Ottocento, nonostante le abolizioni del periodo napoleonico, si deve annoverare come figura di prima grandezza, la francese santa Teresa Couderc.
Nacque il 1° febbraio 1805 a Mas de Sablières in Francia, con il nome di Maria Vittoria Couderc; ricevé la Prima Comunione il 15 maggio 1815 e studiò in collegio presso le Suore di S. Giuseppe ‘aux Vans’. A 20 anni tornò a Sablières per partecipare alla missione predicata da un missionario diocesano, padre Terme, già curato di Aps e fondatore di una Congregazione religiosa (Suore di S. Francesco Régis), dedite all’istruzione, il quale divenne poi suo direttore spirituale.
Nel 1826 padre Terme la mandò come postulante nella Casa di Aps, dove il 27 marzo Maria Vittoria prese l’abito e il nome di suor Teresa; l’anno successivo il fondatore le diede l’incarico, insieme ad altre due suore, di organizzare a La Louvesc, un ostello per le pellegrine che si recavano alla tomba di San Francesco Régis (1597-1640); fu il primo seme del “Cenacolo”.
Alla fine del 1828 suor Teresa Couderc ne divenne la superiora, pronunziando i primi voti; nell’anno seguente ottenne che la Casa fosse riservata agli esercizi spirituali; nel contempo il padre Terme, avendo conosciuto gli esercizi spirituali di Sant' Ignazio, presso i gesuiti di Vals, indirizzò verso questa spiritualità, le Suore di s. Régis che si trasformarono in “Dame del Ritiro”.
Il 12 dicembre 1834, morì padre Terme e madre Teresa Couderc per mantenere in vita l’Opera, si affidò al padre Provinciale dei gesuiti francesi, Francesco Renault.
Il vescovo di Viviers nel 1836, approvò le Regole delle “Dame del Ritiro”, mentre il Padre Provinciale dei gesuiti le obbligò a separarsi dalle Suore di San Francesco Régis, che erano votate all’insegnamento. Madre Teresa restò superiora delle “Dame del Ritiro” a La Louvesc, pronunciando i voti solenni il 6 gennaio 1837; il 15 agosto volle compiere una consacrazione completa a Nostra Signora di Ay, nominandola superiora della sua Casa, promettendo di ubbidire sempre alla voce della Grazia e mai a quella della natura.
Nell’ottobre 1838, il padre gesuita Renault le propose una postulante di pochi giorni, nominandola “superiora fondatrice” della Congregazione; il grave sgarbo nei suoi confronti, dovuto forse a ragioni di opportunità nel campo sociale dell’epoca, vide madre Teresa inchinare la testa senza opporsi, fedele alla sua regola di ubbidienza.
Passarono undici mesi e la ‘superiora’ contessa di Lavilleurnoy, condusse la Congregazione alla rovina e quindi si ritirò. Ma le prove non erano finite, padre Renault nominò al suo posto la madre Contenet il 24 settembre 1839, la quale pur essendo un’eccellente superiora, si adoperò fino alla morte (24 febbario 1852) ad emarginare completamente madre Teresa.
La vera fondatrice accettò umilmente la situazione, rivelando ella stessa la sua natura mistica dicendo: “Quando Nostro Signore vuole servirsi di un’anima per la sua gloria, la fa passare prima per la prova della contraddizione, per l’umiliazione e per la sofferenza; non si può essere uno strumento utile senza questo”.
Una rivalutazione si ebbe con la nuova Superiora madre de Larochenégly, che le testimoniò una stima crescente, nel frattempo si erano aperte altre Case a Fourvières ed a Parigi. L’Opera delle Dame del Ritiro fu consacrata alla Vergine del Cenacolo il 25 marzo 1852 e la relativa festa della Madonna del Cenacolo, venne celebrata per la prima volta il 28 maggio 1854.
Le vicende dell’Opera non furono facili, il 7 marzo 1855 madre Teresa fu inviata nella Casa di Parigi, per una sopravvenuta scissione della superiora locale che aveva trascinato con sé quattro suore. La Couderc restò a Parigi come “esempio di regola vivente” fino al 24 novembre 1856, poi la sua vita fu un alternarsi di responsabilità come superiora di varie Case a Tournai, La Louvesc, Lione, Montpellier, fino al 1867.
Da quell’anno in poi dimorò a Fourvières, vivendo in modo ascetico, offrendosi come vittima a Dio, con il proposito di “aderire a tutto, accettare tutto, sottomettersi a tutto”.
Non domandò mai a Dio di essere liberata dalle sue pene, ma “solamente la forza per soffrire e l’amore della Croce che ci fa soffrire”. Il “Cenacolo” da lei fondato ha assunto uno sviluppo mondiale; alla sua morte avvenuta il 26 settembre 1885, le suore che l’assistevano intonarono il ‘Magnificat’.
Il Papa Pio XI il 12 maggio 1935 proclamò l’eroicità delle sue virtù e il 17 giugno 1951 Papa Pio XII la dichiarò Beata.
Infine dopo il riconoscimento di due miracoli, da parte della Congregazione per le Cause dei Santi, venne canonizzata solennemente in San Pietro a Roma, da Papa Paolo VI, il 10 maggio 1970.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Nasce fra le campagne e i monti del Vivarais, nel dipartimento dell’Ardèche, da Claudio Michele Couderc e Anna Méry, che al battesimo la chiamano Maria Vittoria. Contadini di poche risorse, riescono a procurarle un’istruzione solo tra i 17 e i 20 anni, dalle Suore di San Giuseppe a Les Vans. Tutta la sua vita si svolgerà tra paesi e cittadine (Aps, Les Vans, Sablières, La Louvesc) nella diocesi di Viviers. Nel 1825 Maria Vittoria ha modo di ascoltare il missionario padre Terme, venuto al suo paese per un ciclo di predicazione. È un prete noto anche come fondatore (1821) delle suore insegnanti, dette “di San Francesco Régis” (dal nome del grande evangelizzatore gesuita del
Seicento, morto mentre predicava in queste terre e sepolto a La Louvesc). Questo incontro l’aiuta a trovare una strada.
Padre Terme l’accoglie tra le sue religiose, e nel 1827 lei prende i voti col nome di suor Teresa. L’anno dopo sale con due suore ai mille metri di La Louvesc, per dirigere un ostello che d’estate accoglie donne e ragazze in pellegrinaggio alla tomba di San Francesco Régis. Lì, nel 1829, eccola già riformatrice: l’ostello diventa casa di preghiera. E vi resta anche d’inverno, col gruppetto di consorelle, facendo scuola ai bambini, aiutando i sacerdoti quando ci sono, e sostituendoli nella guida e nella preghiera. «A volte la neve è talmente alta da non poter neppure entrare in chiesa, [...] non c’è che da scavare un tunnel nel ghiaccio e poi introdurvi un bambino che vada a rendersi conto se la lampada del SS. Sacramento è ancora accesa» (Giovanna Cotta).
La diversificazione dei compiti porta a una distinzione tra le suore: le insegnanti restano “Suore di San Francesco Régis”; quelle impegnate nei ritiri spirituali prendono il nome di “Dame del ritiro al Cenacolo”. Nel 1834, morto padre Terme, Teresa si pone sotto la guida di padre Renault, provinciale dei Gesuiti, che nel 1836 separa le suore insegnanti da quelle del ritiro.
È lei che guida queste ultime, ma per poco. Nel 1838 viene destituita, e al posto suo si nomina una donna che è entrata da poco nell’istituto, col titolo di contessa. (Sarà poi allontanata prima che danneggi l’istituto). Teresa risponde a tutto questo invitando le consorelle a obbedire alla nuova venuta. “Licenziata” la contessa, Teresa resta nell’angolo: per molte è ormai “l’anziana”. La chiameranno poi a fronteggiare una crisi nella comunità di Parigi. Sarà superiora locale qua e là, ma esclusa dai vertici; e sempre sicurissima di lavorare per l’Istituto del Cenacolo proprio così, di offesa in offesa. Ripete che bisogna abbandonarsi a Dio (se livrer).
Obbedisce, tace, vede crescere la comunità, che prende il nome di “Nostra Signora del Cenacolo”, diffusa nel mondo come «formula religiosa semplice e felice: una sintesi di vita contemplativa e di vita attiva; di vita personale, comunitaria e sociale, di silenzio e di parola» (Paolo VI).
Madre Teresa, dopo aver fatto alla Chiesa questo dono, passa da una piccola comunità all’altra. Ammalata, non chiede di guarire, ma di saper affrontare il male. Mentre l’Istituto si apre alla Francia e al mondo, lei è superiora periferica a Fourvières, e l’annuncio della sua morte è dato dalle consorelle con il canto del Magnificat. Paolo VI la proclamerà Santa nel 1970. Il suo corpo è custodito in un’urna nel cenacolo di La Louvesc-Ardèche (Francia).
(Autore: Domenico Agasso – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Teresa Couderc, pregate per noi.
*San Vigilio di Brescia - Vescovo (26 Settembre)
V sec.
Vigilio è il quattordicesimo vescovo di Brescia.
Negli elenchi diocesani, il suo episcopato è posto tra Sant'Ottaziano e San Tiziano. Si presume abbia governato la chiesa bresciana nella seconda metà del secolo V.
Anche di lui come di tutti gli antichi pastori della diocesi bresciana, venerati sugli altari, non si hanno notizie attendibili.
Di lui conosciamo solo il nome. In molti lo confusero con i santi vescovi di Tapso o di Trento, o con quello della diocesi soppressa di Lectoure in Francia.
“Il Vescovo Vigilio – come riferisce Antonio Fappani - è ricordato in ben cinque libri manoscritti dei secoli XIII e XV e in quattro ordini litanici primitivi. Tra questi vengono segnalate in particolar modo le litanie monastiche bresciane del codice Regio Vaticano risalente al X secolo e quelle dei “Frafmenta Liturgica”, riportate in una pergamena del XIV secolo e passate ai Canonici Lateranensi di Bologna”. E’ tradizione che il Santo sia andato ad Iseo con il probabile proposito di evangelizzare la riviera Sebina, fino a spingersi in valle Camonica.
Fu sepolto nella chiesa da lui fondata ad Iseo, secondo la normale disciplina del tempo. In tale luogo le sue reliquie furono oggetto della massima venerazione della popolazione fin dai tempi antichi.
Dopo l’VIII secolo, parecchie ossa, tra cui il teschio e un braccio di Vigilio, vennero trafugate e trasportate nella parrocchiale di San Lorenzo a Brescia. In quella sede saranno oggetto di quattro traslazioni. Nella prima, intorno al 25 febbraio 1002, i resti mortali vengono collocati accanto a quelli di Sant’ Ottaziano; mentre l’ultima traslazione del 6 maggio 1763, è avvenuta durante l’ottavario delle celebrazioni per la rinnovata consacrazione di San Lorenzo. In questa occasione i teschi di San Vigilio e di Sant’Ottanzio vengono collocati in due nuovi busti, mentre le ossa vengo poste in due piccole urne e messe dietro l’altare maggiore.
Le reliquie, scampate al trafugamento di San Lorenzo, e rimaste nella primitiva pieve di Iseo saranno traslate nella chiesa “plebanale” sorta nel XII secolo e successivamente sistemate nell’arca marmorea nel 1633, sotto l’altare maggiore. Il 15 aprile 1951, nel corso di una grande festa, il teschio di San Vigilio, venne riportato ad Iseo.
Ancor oggi lungo la riviera del Sebino e nel capoluogo lacustre, San Vigilio gode di grande venerazione.
Sulle rive del lago, in prossimità del monte sorge il santuario della Madonna della Ceriola risalente al V secolo. Inizialmente era una piccola cappella fatta costruire da San Vigilio, in sostituzione di una antico tempio pagano, dove l’effige di Maria, seduta in trono col Bambino in braccio, era stata scolpita e intagliata in legno di cerro.
Ad Iseo la festa patronale di San Vigilio, si festeggia l’ultima domenica di settembre. Nel Martirologio Romano e in quello bresciano, il Santo era ricordato il 26 settembre.
Dal 1962 la sua festa è stata conglobata al 20 aprile insieme a tuti i santi bresciani.
(Autore: Mauro Bonato - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Vigilio di Brescia, pregate per noi.
*Altri Santi del giorno (26 Settembre)
*San
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.


