Santi del 19 Agosto
*Agapito Leòn *Andrea il Tribuno e & *Angelo da Acquapagana *Bartolomeo di Simeri *Bernardo *Bertolfo *Dámaso Luis *Damián Gòmez Jimènez *Donato di Sisteron *Elvira della Natività della N.S. Torrentalleé e 8 & *Ezechiele Moreno y Diaz *Felice Gonzalez Bustos *Francesco Ibanez Ibanez *Giordano da Pisa *Giovanni Eudes *Giulio di Roma *Giusto Arevalo Mora *Gregorio Martos Munoz *Guerrico *Italo *Josafat Roque *Julio Alfonso *Ladislao Luis *Leone II *Ludovico d'Angiò *Ludovico Flores *Ludovico Flores e Pietro de Zuniga *Magino di Tarragona *Magno *Magno di Anagni *Michele Soriano *Pietro Buitrago Morales *Rufino *Sara *Sebaldo *Sisto III *Timoteo di Gaza *Tommaso Sitjar Fortià *Ugo Green *Altri Santi del giorno *
*Beato Agapito León (Remigio Olalla Aldea) - Religioso lasalliano, Martire (19 Agosto)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
“Beati Martiri Spagnoli Lasalliani di Ciudad Real” Beatificati nel 2007 (19 agosto)
“Beati Martiri Spagnoli della Diocesi di Ciudad Real” - Senza Data (Celebrazioni singole)
“Beati 498 Martiri Spagnoli” Beatificati nel 2007 (6 novembre)
Acinas, Spagna, 2 agosto 1903 - Valdepeñas, Spagna, 19 agosto 1936
Entrò all'Aspirantato di Bujedo nel 1916, quando aveva 13 anni. Fece i suoi primi Voti il 9 agosto 1921, e i Voti Perpetui il 26 agosto 1928.
Dopo lo Scolasticato iniziò il suo apostolato come insegnante all'Aspirantato di Griñon. Nel 1935 fece il Secondo Noviziato a Lembecqlez-Hal.
Al rientro fu nominato provvisoriamente Direttore della Comunità di Santa Cruz de Mudela, perché il Direttore era malato.
Ed era lì quando iniziò la persecuzione religiosa del luglio 1936. Fratel Agapito León aveva 33 anni. Beatificato il 28 ottobre 2007.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Agapito León, pregate per noi.
*Sant'Andrea il Tribuno e Compagni - Soldati Martiri (19 Agosto)
m. Cilicia, 285/304
Il Martyrologium Romanum commemora oggi i Santi Andrea, tribuno, ed i soldati suoi compagni, che, come si narra, vinta miracolosamente una battaglia contro i persiani in Cilicia, si convertirono a Cristo: incriminati per questo motivo, furono massacrati dall'esercito del governatore Seleuco sulle montagne del Tauro, regnante l’imperatore Massimiano.
Martirologio Romano:
In Cilicia, nell’odierna Turchia, Sant’Andrea tribuno e compagni soldati, che, come si tramanda, ottenuta per aiuto divino la vittoria sui Persiani, si convertirono alla fede di Cristo e, accusati per questo crimine, furono trucidati sotto l’imperatore Massimiano nelle gole del monte Tauro dall’esercito del governatore Seleuco.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Andrea il Tribuno e Compagni, pregate per noi.
*Beato Angelo da Acquapagana - Camaldolese (19 Agosto)
Martirologio Romano: Ad Acquapagana nelle Marche, Beato Angelo, eremita dell’Ordine Camaldolese.
Il Beato Angelo da Acquapagana nacque nel 1261.
A ventiquattro anni entrò nell’eremo camaldolese di S. Salvatore di Acquapagana, in qualità di monaco converso.
Dopo una lunga permanenza a Valdicastro, tornò ad Acquapagana, dove visse in solitudine entro una grotta nei pressi del monastero.
Il suo corpo è venerato nella chiesa dell’antico monastero territoriale di Montecavallo.
Il culto ebbe conferma dalla S. Sede il 14 giugno 1846.
La festa liturgica locale ricorre il 19 ottobre, mentre la festa popolare nella località si effettua la domenica dopo l’Annunciazione.
(Autore: Elisabetta Nardi – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Angelo da Acquapagana, pregate per noi.
*San Bartolomeo di Simeri - Eremita, fondatore e Abate (19 Agosto)
Simeri (Catanzaro), XI sec. – Rossano (Cosenza), 19 agosto 1130
Nasce verso il secolo XI a Semeri (oggi Simeri) in provincia di Catanzaro. Si accosta ai Padri eremiti nel deserto, per poi spostarsi sulle montagne della Sila dove pratica rigide penitenze. La notizia della sua figura di eremita si diffonde in tutta la regione, da cui in breve tempo iniziano ad affluire pellegrini desiderosi di mettersi sotto la sua direzione spirituale.
In una visione la Vergine chiede a Bartolomeo di accogliere quanti volevano servire Dio in penitenza. Il Santo decide allora di edificare un monastero e una chiesa fra Rossano e Corigliano, in provincia di Cosenza, che prenderanno il nome di Santa Maria Nuova Odigitria.
L'importanza raggiunta nel tempo dal monastero calabrese suscita l'invidia di altre istituzioni monastiche, tanto che alcuni religiosi accusano Bartolomeo di aver arricchito i propri parenti con i beni del monastero. Condannato al rogo, prima dell'esecuzione celebra la Messa, durante la quale appare una colonna di fuoco.
Colpiti da tale prodigio i presenti si prostrano ai piedi dell'abate chiedendogli perdono. Bartolomeo muore il 19 agosto del 1130. (Avvenire)
Martirologio Romano: In Calabria, San Bartolomeo di Simeri, sacerdote e abate, che, dopo aver praticato vita eremitica, fondò il monastero dei Greci.
Nacque verso la metà del secolo XI a Semeri (oggi Simeri) in provincia di Catanzaro e fu battezzato con il nome di Basilio. I genitori Giorgio ed Elena lo consacrarono a Dio e gli diedero un’educazione improntata alla fede, alla pietà e alla scienza.
Ancora giovane, Basilio volle lasciare la famiglia perché attratto dalla vita dei Padri eremiti nel deserto e avvertendo il desiderio di una maggiore perfezione nella vita, si recò quindi presso l’eremita Cirillo che viveva vicino al torrente Melitello.
Da lui ricevé la tonsura e l’abito monastico, cambiando il nome di Basilio in Bartolomeo (in seguito sarà conosciuto anche con il nome di ‘Trigono’ dall’omonimo monte, oggi Triangolo).
Dopo un certo tempo, desideroso di una maggiore solitudine, abbandonò Cirillo e salì sui monti dell’aspra Sila, fermandosi sul monte Trigono, vicino all’attuale lago Ampollino (lago artificiale, creato dallo sbarramento del fiume Ampollino), dove visse alcuni anni solo alla presenza di Dio, praticando rigide penitenze, veglie di preghiera e in santa letizia.
Ma la sua solitudine fu scoperta da alcuni cacciatori avventuratosi in quella zona di montagna, i quali ritornati ai loro paesi raccontarono agli altri il fortuito incontro.
Si venne così a conoscenza della sua santità in tutta la regione, per cui cominciò un affluire di pellegrini e persone desiderose di mettersi sotto la sua direzione spirituale.
In una visione, la Vergine Maria gli indicò di accogliere quanti volevano servire Dio in perfezione e giacché essi erano diventati numerosi, Bartolomeo fu costretto ad edificare un monastero e una chiesa.
Il fenomeno dell’eremitaggio tipico dei tempi fino al Medioevo, attirava tanti giovani e uomini ed ebbe un decrescere con l’avvento dei grandi Ordini monastici, che in varie forme adattarono il desiderio della vita di penitenza e grande raccoglimento, in una vita comunitaria, spesso però rimanendo all’interno della comunità ampio spazio per la solitudine e ascesi personale.
Per attuare il progetto, Bartolomeo dovette lasciare quei luoghi impervi e si recò sulle alture fra Rossano e Corigliano, in provincia di Cosenza, in una località molto bella detta ‘Ronconiate’, dove già esisteva un Oratorio fondato da un monaco di nome Nifone, che alcuni identificano con San Nilo da Sibari.
Qui con l’aiuto generoso del conte Ruggero I († 1101) fratello di Roberto il Guiscardo, che da lui ebbe la potestà su metà della Calabria, della sua consorte Adelaide e del nobile Fulco di Balberg detto ‘Cristodulo’, verso il 1090 edificò il bel tempio a tre navate e il celebre monastero del ‘Patirion’ e cedendo alle pressioni dei suoi discepoli, accettò di essere ordinato sacerdote dal vescovo Policronio di Belcastro.
Fu un infaticabile studioso delle Sacre Scritture e dei Padri della Chiesa e trasfuse questo amore ai suoi monaci, istituì nel ‘Patirion’ il celebre ‘scriptorium’ da dove uscirono centinaia di codici, oggi costituenti la ricchezza di tante biblioteche europee, la sola Vaticana ne possiede circa sessanta; salvando così molte opere classiche greche e latine.
Resse il governo del celebre monastero con santità e sapienza, compose anche un codice di norme ascetiche, ma dovette mettersi in contrasto con il vescovo di Rossano, Nicola Maleino, che voleva sottomettere alla sua autorità il monastero, Bartolomeo si recò a Roma da Papa Pasquale II (1099-1118) a protestare, il papa nel 1105 confermò l’esenzione del ‘Patirion’ dalla giurisdizione episcopale, sottoponendolo alla diretta competenza della Sede Apostolica.
Per completare l’arredo della chiesa con immagini, vasi sacri, paramenti, Bartolomeo forte della stima di cui godeva, si recò a Costantinopoli dall’imperatore d’Oriente Alessio I Comneno (1048-1118) e dall’imperatrice Irene, dove fu accolto con onori ed ebbe doni superiori alle sue richieste, fra l’altro una copia della veneratissima e preziosa icona di S. Maria Odigitria, che il santo abate collocò nella chiesa del ‘Patirion’.
Durante la sua permanenza a Costantinopoli, fu pregato di ristabilire la disciplina nel monastero di S. Basilio il Grande, sul celebre Monte Athos, Bartolomeo adempì all’incarico con generale soddisfazione al punto che ancora oggi quel monastero viene chiamato “del Calabrese”.
La potenza e floridezza raggiunta dal monastero in Calabria, suscitò l’invidia di altre istituzioni monastiche e così verso il 1125 due monaci benedettini dell’abbazia di S. Angelo di Mileto, calunniarono il santo egumeno (abate) presso il conte Ruggero II (1095-1154) accusandolo di aver arricchito i propri parenti con i beni che lo stesso conte aveva donato al monastero.
Bartolomeo fu chiamato a Messina per discolparsi, vi si recò con umiltà e invitato a difendersi non aprì bocca, per cui considerato colpevole fu condannato al rogo.
Chiese ed ottenne prima dell’esecuzione di poter celebrare la Messa; davanti al re ed alla corte egli iniziò la celebrazione, ma alla Consacrazione apparve una colonna di fuoco che dai suoi piedi si elevava fino al cielo, colpiti dal prodigio Ruggero II e i presenti si inginocchiarono e chiesero perdono all’abate dell’errore commesso.
Il conte non lo lasciò ripartire, volle edificare a Messina un grande tempio con annesso un monastero, in onore del Ss. Salvatore, pregando Bartolomeo di organizzarne la vita e santificarlo con la sua presenza.
Ma verso il 1128 egli chiese ed ottenne di tornare al ‘Patirion’, promettendo di inviare in sua vece il discepolo Luca con dodici monaci.
Questo grande monastero del Ss. Salvatore con la chiesa, fu terminato nel 1132 e divenne ben presto uno dei più celebri e fiorenti dell’Italia Meridionale, ad esso furono sottoposti una cinquantina di monasteri della Sicilia e della Calabria.
L’abate e fondatore Bartolomeo di Simeri, morì santamente come era vissuto, il 19 agosto 1130 nel suo monastero del ‘Patirion’ di Rossano.
Bisogna dire che il culto per San Bartolomeo di Simeri è “ab immemorabili”, ma di lui così grande in santità, dottrina e opere, come è avvenuto per altri insigni santi italo-greci, si è perduta la memoria, la sua festa che cade il 19 agosto viene celebrata solo nell’abbazia di rito greco di Grottaferrata.
L’antica chiesa di S. Maria del Patire o Patirion, posta a 609 mt. di altezza fra boschi e con vedute panoramiche sulla piana di Sibari, è tuttora funzionante mentre il monastero senza più monaci è adibito a strutture d’accoglienza e ristoro.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Bartolomeo di Simeri, pregate per noi.
*San Bernardo - Venerato a Candeleda (19 Agosto)
Il Menologium Cisterciense ci informa che Bernardo è festeggiato il 19 agosto a Candeleda in Estremadura come patrono del luogo e che fu monaco forse di Valdeiglesias (Vallis Ecclesiarum), aggiungendo che di lui non si hanno altre notizie.
Gli storici dell'Ordine, Henriquez e Manrique, citati dai Bollandisti, spiegano che è detto da Candeleda non perché vi abbia avuto i natali, ma perché vi riposa il suo corpo.
Narrano poi alcuni dei numerosi miracoli, operati da lui in vita e dopo la morte, tra cui quello di attraversare il fiume che scorreva vicino al monastero servendosi del mantello come barca.
La sua festa nel passato si celebrava il 20 agosto, forse per confusione col suo omonimo di Chiaravalle (m. 20 agosto 1153).
Non si conosce il tempo della sua morte, che i Bollandisti pongono nel sec. XII o XIII.
(Autore: Balduino Bedini - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Bernardo, pregate per noi.
*San Bertolfo - Abate (19 Agosto)
Martirologio Romano: Nel monastero di Bobbio in Emilia, San Bertolfo, abate, successore di Sant’Attala nello stesso cenobio.
Giona da Bobbio gli dedica un capitolo (il XXIII del II libro) nella sua Vita San Columbani. Bertolfo, nato da genitori pagani, si convertì ben presto al cristianesimo considerando gli esempi di virtù di Sant'Arnolfo, vescovo di Metz, suo consanguineo.
Desideroso di perfezione, entrò nel monastero di Luxeuil, allora all'apogeo del suo splendore, e si pose sotto la direzione dell'abate sant'Eustasio. Qui lo vide sant'Attala che ottenne di condurlo con sé a Bobbio e alla morte del quale i monaci, con voto unanime, lo elessero alla successione.
Il vescovo Probo protestò (in quel tempo Bobbio dipendeva ecclesiasticamente da Tortona) presso Ariovaldo, re dei Longobardi, per non essere stato consultato nella elezione dell'abate.
Il re ariano, però, giudicò bene non ingerirsi in cause ecclesiastiche, tanto più che quasi tutti i monaci erano di origine franca e consigliò Bertolfo di ricorrere a Roma, dove il santo abate si recò accompagnato dallo storico Giona.
Papa Onorio volle conoscere a fondo i termini della contesa e il genere di vita dei monaci; esortò l'abate a continuare la lotta contro gli ariani e concesse l'immunità dalla giurisdizione vescovile all'abbazia. Il testo del celebre documento pontificio, datato 11 giugno 628, che doveva poi diventare regola generale, è edito in PL (LXXX, coll. 483-84).
Nel viaggio di ritorno, presso Bismantova, Bertolfo fu assalito da una febbre così forte che credette prossima la morte. Ma durante la notte uno sconosciuto lo guarì prodigiosamente ordinandogli di raggiungere i suoi monaci a Bobbio. Gli chiese allora il santo chi fosse e quegli rispose: «Sono Pietro: oggi (era infatti il 29 giugno) l'universo intero mi festeggia». Bertolfo, tornato a Bobbio, governò tredici anni circa e morì nel 639.
Il suo biografo e compagno mette in rilievo l'umiltà e la religiosità di Bertolfo; trascrive anche i nomi di due ossessi liberati dal santo e ricorda la guarigione di un lebbroso.
Nel muro a nord della cripta, dietro la bella lapide quattrocentesca, si venera il corpo del santo, la cui festa si celebra a Bobbio il 19 agosto.
(Autore: Costantino Poggi - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Bertolfo, pregate per noi.
*Beato Dámaso Luis (Antolín Martínez Martínez) - Religioso lasalliano, Martire (19 Agosto)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
“Beati Martiri Spagnoli Lasalliani di Ciudad Real” Beatificati nel 2007 (19 agosto)
“Beati Martiri Spagnoli della Diocesi di Ciudad Real” - Senza Data (Celebrazioni singole)
“Beati 498 Martiri Spagnoli” Beatificati nel 2007 (6 novembre)
Armellada, Spagna, 12 gennaio 1915 - Valdepeñas, Spagna, 19 agosto 1936
Entrò all'Aspirantato di Bujedo i1 29 settembre 1928. Vestì l'abito religioso il 1 febbraio 1931.
Dopo lo Scolasticato fu destinato, nel 1934, a Santa Cruz de Mudela.
Fu il suo unico campo di apostolato, poiché lì lo sorprese la persecuzione religiosa del 1936.
Fratel Damaso Luis aveva 21 anni.
Beatificato il 28 ottobre 2007.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Dámaso Luis, pregate per noi.
*Beato Damián Gómez Jiménez - Sacerdote e Martire (19 Agosto)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati Martiri Spagnoli della Diocesi di Avila" Beatificati nel 2013 - Senza data (Celebrazioni singole)
"Beati 522 Martiri Spagnoli" Beatificati nel 2013 - Senza data (Celebrazioni singole) "Martiri della Guerra di Spagna" - Senza Data (Celebrazioni singole)
Solana de Rioalmar, Spagna, 12 febbraio 1871 - Puerto del Pico, Spagna, 19 agosto 1936.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Damián Gómez Jiménez, pregate per noi.
*San Donato di Sisteron - Eremita (19 Agosto)
Etimologia: Donato = dato in dono, dal latino
Martirologio Romano: Nel territorio di Sisteron in Francia, san Donato, sacerdote, che si ritiene abbia condotto per molti anni vita anacoretica.
Una Vita di poco valore lo dice originario di Orléans. Dopo aver fatto gli studi sacri, accettò il diaconato, poi il sacerdozio. Dopo un pellegrinaggio a San Martino di Tours, andò a stabilirsi, per desiderio di una vita più perfetta, nei dintorni di Sisteron, ai piedi del Monte Lure, alternando le penitenze all'apostolato.
Racconti favolosi circondano la sua vita.
Celso, un pagano, che aveva perseguitato il santo eremita, si sarebbe convertito perché sua figlia sarebbe stata miracolosamente guarita.
Donato morì verso il 535, assistito dal suo amico Mario, abate di Val Benoit o di Bodon.
L'anniversario cade il 19 agosto nella Vita in BHL, I, p. 347, n. 2310, al 18 in quella di BHL, Suppl., p. 97, n. 2310b: la seconda data è stata adottata da Floro.
Il Martirologio Romano lo ha iscritto al 19 agosto, data adottata anche dai Propri di Gap, Digne, Grenoble e Orléans.
Un monastero benedettino fu eretto nel sec. XII al Monte Lure, presso la "Combe Saint-Donat".
(Autore: Gilbert Bataille - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Donato di Sisteron, pregate per noi.
*Beate Elvira della Natività della Nostra Signora Torrentallé Paraire e 8 Compagne - Vergini e Martiri (19 Agosto)
Schede del gruppo a cui appartengono:
"Beate Martiri Spagnole Carmelitane della Carità" - Vergini e martiri
“Beati 233 Martiri Spagnoli di Valencia Beatificati nel 2001”
“Martiri della Guerra di Spagna”
+ El Saler, Spagna, 19 agosto 1936
Beatificate l'11 marzo 2001 da Papa Giovanni Paolo II.
Martirologio Romano:
In località El Saler sempre nello stesso territorio, Beate Elvira della Natività di Nostra Signora Torrentallé Paraire e compagne, vergini dell’Istituto delle Suore Carmelitane della Carità e martiri, che combattendo per la fede in Cristo Sposo riportarono il premio della vita eterna.
Beate Apollonia Lizarraga (Apollonia del SS. Sacramento) e 24 compagne
Si tratta di religiose spagnole dell'Istituto delle Suore Carmelitane della Carità, martirizzate in luoghi e date diverse durante i primi mesi della persecuzione religiosa verificatasi nell'ambito della guerra civile spagnola (1936-39).
La causa della loro beatificazione fu introdotta a Roma il 2 luglio 1959.
Le 25 martiri sono: la superiora generale della congregazione (Lizarraga, Apollonia del SS. Sacramento), 9 suore componenti la comunità di Cullera (Valenza), 12 suore della comunità della Casa di Misericordia di Valenza, 2 suore appartenenti ad altre comunità e la nipote di una di queste ultime.
Quanto alle religiose delle comunità del collegio di Cullera (prov. di Valenza) e della Casa di Misecordia a Valenza, erano tutte preparate da tempo all'eventualità del martirio.
Le rispettive superiore, inoltre, erano due religiose di grande statura spirituale.
Dalla casa-collegio dell'Immacolata Concezione della cittadina sul mare di Cullerà, il 15 agosto 1936 furono portate via le nove Carmelitane della Carità che vi risiedevano e condotte, come prigioniere, nell'ospedale locale.
Tre giorni dopo, all'alba del 19 agosto 1936, furono fucilate dai membri del comitato anarchico della FAI nei pressi della salina. Ecco i loro profili biografici.
Torrentallé Paraire, Elvira
Era la superiora della comunità.
Nacque il 19 giugno 1889 a Balsareny (Barcellona) ed entrò nel noviziato dell'istituto a Vic il 9 settembre 1906.
Le sue destinazioni furono Cullerà, il collegio del Sacro Cuore di Valenza e di nuovo Cullerà.
Devota, modesta e operosa, uno dei suoi grandi amori fu l'Eucaristia.
Andando verso la salina, luogo del martirio, incoraggiava le altre suore.
Chiese di morire per ultima, e intonò il popolarissimo inno eucaristico "Cantemos al amor de los amores", e lo cantò fino all'ultimo respiro.
Pedret Rull, Rosa (Consiglio)
Originaria di Falset (Tarragona), dove era nata il 5 dicembre 1864, era entrata nell'istituto il 4 marzo 1886.
Aveva emesso la professione perpetua nel 1881.
Terminata la formazione, fu mandata a Cullerà, unica destinazione della sua vita religiosa.
Era la più anziana della comunità.
Il responsabile del comitato della FAI, vedendola così anziana e dolce la invitò ad andar via, ma lei rispose: «No, andrò dove andrà la superiora, anche se fosse alla morte».
A Cullerà, conosceva tutti e si interessava di ogni persona.
Erano proverbiali la sua bontà e semplicità; fedele alla sua comunità, si mostrava sempre silenziosa e raccolta, unita totalmente a Cristo.
Calaf Miracle, Maria (Prudenzia)
Nacque a Bonastre (Tarragona) il 18 dicembre 1871.
Molto buona di carattere, possedeva nello stesso tempo la tempra dei forti.
Quando suo fratello andò a prenderla per metterla in salvo in famiglia, gli disse:
«Ciò che sarà di una, sarà di tutte noi».
Così fu.
Morì fucilata nella salina con le altre otto suore della sua comunità.
Giner Sixta, Desamparados (Amparo)
Era nata a Grao Valenza il 13 dicembre 1877.
Attiva, entusiasta, lavoratrice, dava tutta se stessa nel servire gli altri.
Entrò nel noviziato di Vic il 2 giugno 1902.
Destinata a Cullerà, rimarrà in quella comunità fino alla morte.
Silenziosa e raccolta, amante della povertà, la sua passione era Gesù presente nel tabernacolo.
Inoltre, suscitava nelle sue alunne un fervore mariano intenso.
Riconosciuto uno dei suoi assassini, gli disse, con serenità: «Mi dai la cosa migliore, mi dai il cielo».
Amézua Ibaibarriaga, Francesca
Nacque ad Abadiano (Biscaglia) il 9 marzo 1881.
Una vera basca, di famiglia solidamente cristiana, ereditò una fede pura e forte.
Chiamata da Dio alla vita religiosa, entrò nel noviziato delle Carmelitane della Carità a Vitoria il 16 ottobre 1900.
Destinata lontano dalla sua terra natale, fu mandata dapprima al collegio di Oliva (Valenza), da dove passò, pochi anni dopo, al collegio della Concezione di Cullerà.
L'incarico di cuoca l'aiutò molto ad esercitare la carità.
Di carattere affabile ed allegro, ripeteva: «La mia cucina è un pezzetto di cielo, molto meglio di tutti i palazzi del mondo». L'accompagnò fino al momento del martirio un spirito di gaudio soprannaturale ammirato da tutti.
Uscendo dalla casa per andare al martirio, ripeteva con fervore: «Sacro Cuore di Gesù. Nove martiri!».
Chambò y Palet, Teresa
Nacque a Valenza il 5 febbraio 1881.
Entrò nel noviziato di Vic il 21 aprile 1900. Dopo aver emesso i primi voti religiosi, fu destinata a Manresa, poi a Denia e quindi a Oliva, dove è ricordata per la bontà del suo carattere e per l'alta qualità del suo insegnamento.
Passò infine al collegio per orfane di Cullerà.
Sempre modesta e silenziosa, sentiva una grande attrazione per il raccoglimento e la preghiera.
Nell'esumare i suoi resti, fu trovato l'anello della sua professione religiosa in una tasca: un simbolo della sua fedeltà a Cristo suo sposo per sempre.
Hernandez Amorós, Agueda
Originaria di Viilena (Alicante), dov'era nata il 5 gennaio 1893, entrò nel noviziato di Vic il 27 novembre 1918.
Dopo varie destinazioni, fu mandata a Cullerà.
Attraeva tutti con i suoi modi affabili e la sua precisione.
Cuoca delle alunne, era attenta e servizievole con tutte.
Scoppiata la furia della persecuzione, la sua famiglia le offrì un rifugio sicuro, ma ella non volle lasciare la casa religiosa.
Morì nella salina con le altre allo spuntare del giorno, il 19 agosto 1936.
Vidal Cervera, Dolores
Nacque il 31 gennaio 1895 a Valenza del Cid.
Divenuta suora tra le Carmelitane della Carità, la sua prima destinazione fu Saragozza.
Passò poi a Gandia ed, infine, a Cullerà.
Le alunne più grandi percepivano la sua ricchezza spirituale, e ne ammiravano la prudenza e la comprensione.
Per tale motivo si rivolgevano a lei per parlare dei loro problemi.
Le stesse alunne cercarono di metterla in salvo, ma ella rifiutò l'offerta, perché desiderosa di condividere la sorte della sua comunità.
Crespo Lopez, Maria della Neve
Nacque a Ciudad Rodrigo (Salamanca) il 17 settembre 1897, ma poi con la famiglia si trasferì a Valenza. Entrò nell'istituto religioso l'11 settembre 1922.
Nell'educazione alle alunne del collegio di Cullerà, si distinse come eccellente pedagoga.
Entrava nella vita delle allieve con soavità ed efficacia.
Energica e ferma, rispose ad un miliziano che mai si sarebbe separata dalla comunità.
La Positio super martyrio inerente alle ventiquattro Carmelitane della Carità è stata depositata presso la Congregazione delle Cause dei Santi il 20 dicembre 1999.
(Autore: Maria Concepción Lopez - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beate Elvira della Natività della Nostra Signora Torrentallé Paraire e 8 Compagne, pregate per noi.
*Sant'Ezechiele Moreno y Diaz (19 Agosto)
Alfaro Tarazona, Spagna, 9 aprile 1848 - Montegudo, Navarra, 19 agosto 1906
Nacque ad Alfaro Tarazona in Spagna il 9 aprile 1848. A 17 anni, fece la sua professione religiosa nella Congregazione Agostiniana dei Recolletti.
Il 3 giugno 1871 venne ordinato sacerdote a Manila. Trascorse nelle Filippine i suoi primi 15 anni di sacerdozio veramente pieni di ardente zelo apostolico.
Dal 1888 fino a pochi mesi prima della sua morte esplicò in Colombia la sua multiforme attività: restaurò la provincia religiosa agostiniana della Candelaria, instaurò una nuova epoca missionaria, fu il primo Vicario Apostolico di Casanare e dal 1896 vescovo di Pasto.
Ad una sincera disponibilità seppe unire una fortezza a tutta prova nel difendere gli interessi di Cristo e della Chiesa.
Fu devotissimo del Sacro Cuore di Gesù.
Il 19 agosto 1906 morì nel convento di Monteacuto (Navarra, Spagna) dove aveva emesso la sua professione religiosa e del quale era stato superiore. Paolo VI lo beatificò il 1° novembre dell'Anno Santo 1975. Fu canonizzato nella città di Santo Domingo l'11 ottobre 1992 da Giovanni Paolo II, presentato al mondo come esempio di pastore e di missionario nel V Centenario dell'evangelizzazione dell'America. (Avvenire)
Martirologio Romano: A Monteagudo nella Navarra in Spagna, anniversario della morte di Sant’Ezechiele Moreno Díaz, vescovo di Pastopoli in Colombia, dell’Ordine degli Agostiniani Recolletti, che nelle Isole Filippine e in America Meridionale spese tutta la sua vita per annunciare il Vangelo.
Nacque ad Alfaro (Logroño - Spagna).
Seguendo l’esempio del fratello, nel 1864 vestì l’abito religioso nel convento degli Agostiniani Recolletti di Monteagudo. Inviato nelle Isole Filippine, nel 1871 fu ordinato sacerdote, e lì svolse i suoi primi lavori apostolici.
Il capitolo provinciale del 1885 nominò f.Ezechiele Priore del convento di Monteagudo. Nessuno meglio di lui, missionario di grande esperienza con aureola di santo, poteva suscitare nei cuori dei giovani l’amore per le missioni.
Terminato il mandato, si offrì come volontario per restaurare l’Ordine agostiniano in Colombia. Il suo primo obiettivo sarà quello di ristabilire l’osservanza religiosa nelle comunità.
Era convinto che soltanto i buoni religiosi possono essere autentici apostoli, e lui ardeva dal desiderio di riattivare le missioni di Casanare, dove gli Agostiniani Recolletti avevano insegnato il Vangelo per moltissimi anni.
Nel 1893, famoso ormai per il suo zelo missionario e per le sue virtù, fu nominato vicario apostolico di Casanare e due anni dopo vescovo di Pasto.
Nella nuova missione l’aspettavano situazioni difficili e amare: umiliazioni, scherni, calunnie, persecuzioni e perfino l'abbandono da parte dei suoi immediati superiori.
Amico della verità e delle anime a lui affidate, non esitò a mettere in pericolo la propria vita per le sue pecorelle, come il buon pastore. In occasione di una polemica suscitata attorno alla sua persona per la fermezza con cui difendeva la fede, approfittò della visita ad limina nel 1898 per presentare la rinunzia a Leone XIII. Il Papa, però non l’accettò. T
ornò quindi alla propria diocesi dove l’aspettavano gli orrori di una spietata guerra civile.
Nel 1905 fu affetto da una crudele malattia che gli farà assaporare fino all'ultima goccia il calice del dolore.
Tornato in Spagna per sottoporsi a diversi interventi chirurgici, per conformarsi di più a Cristo, rifiutò l'anestesia, sopportando il dolore senza un lamento e con una forza d'animo così eroica da commuovere il chirurgo e i suoi assistenti.
Sapendosi vicino alla morte, volle passare gli ultimi giorni della sua vita nel suo caro convento di Monteagudo. Morì il 19 agosto 1906. Fu sepolto ai piedi dell'altare della chiesa della Vergine del Cammino.
Paolo VI lo beatificò il 1° novembre dell’Anno Santo 1975.
Fu canonizzato nella città di Santo Domingo l’11 ottobre 1992 da Giovanni Paolo II, presentato al mondo come esempio di pastore e di missionario nel V Centenario dell'evangelizzazione dell'America.
La sua memoria liturgica ricorre il 19 agosto.
(Autore: P. Bruno Silvestrini O.S.A. - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant' Ezechiele Moreno y Diaz, pregate per noi.
*Beato Felice Gonzalez Bustos - Sacerdote e Martire (19 Agosto)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
“Beati Martiri Spagnoli Lasalliani di Ciudad Real” Beatificati nel 2007 (19 agosto)
“Beati Martiri Spagnoli della Diocesi di Ciudad Real” - Senza Data (Celebrazioni singole)
“Beati 498 Martiri Spagnoli” Beatificati nel 2007 (6 novembre)
Alcubillas, Spagna, 23 febbraio 1903 - Valdepeñas, Spagna, 19 agosto 1936
Beatificato il 28 ottobre 2007.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Felice Gonzalez Bustos, pregate per noi.
*Beato Francesco Ibanez Ibanez - Sacerdote e Martire (19 Agosto)
Schede dei gruppi a cui appartiene:
“Beati 233 Martiri Spagnoli di Valencia Beatificati nel 2001”
“Martiri della Guerra di Spagna”
Martirologio Romano:
Nel villaggio di Llosa de Ranes nel territorio di Valencia sempre in Spagna, Beato Francesco Ibáñez Ibáñez, sacerdote e martire, che, durante la persecuzione contro la fede, terminò la sua vita in adesione a Cristo fino alla morte.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Francesco Ibanez Ibanez, pregate per noi.
*Beato Giordano da Pisa (o da Rivalto) – Domenicano (19 Agosto)
Rivalto, 1260 c. - Piacenza, 19 agosto 1311
Dopo gli studi di filosofia a Parigi, ricevette l'abito nel convento di Santa Caterina a Pisa.
Dotato di straordinaria memoria (sapeva a mente breviario, messale, bibbia, e la seconda parte della Summa Theologiae di San Tommaso) mise al servizio di Dio la sua oratoria forbita e persuasiva.
I suoi sermoni di eccezionale pregio letterario lo collocarono tra i padri della lingua italiana.
A Pisa istituì la confraternita del SS. Salvatore per stimolare la pratica religiosa tra gli uomini. Morì a Piacenza.
Martirologio Romano: A Piacenza, Beato Giordano da Pisa, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, che spiegava al popolo in lingua volgare alti concetti con grande semplicità.
Nacque probabilmente in Rivalto, castello della repubblica pisana, dalla famiglia Orlandini, secondo altri in Pisa stessa, dalla famiglia da Rivalto, verso il 1260. Dopo avere studiato a Parigi in quella celebre università, nel 1280 faceva ritorno a Pisa entrando tra i figli di San Domenico nel convento di Santa Caterina. Fatto il tirocinio, studiò a Pisa, a Bologna e nuovamente a Parigi dove dimorò probabilmente tra il 1285 e il 1288. In seguito viaggiò, predicando e studiando, in molte parti d'Europa.
Rientrato in patria, insegnò a Pisa, rivelandosi profondo filosofo e teologo, nonché Santo religioso, poi nello studio generale di S. Maria Novella di Firenze, il più importante centro di studi della provincia romana, di cui nel 1305 fu dichiarato lettore primario. Possedeva conoscenze assai vaste; fu detto che sapeva più cose lui solo che tutti i religiosi della provincia insieme!
Aveva letto gli autori antichi, studiato il greco e l'ebraico e gli erano familiari la filosofia e la teologia. Soprattutto conosceva perfettamente i libri sacri ed in particolare San Paolo, e sapeva a mente il Breviario, il Messale, gran parte della S. Scrittura e la Secunda di san Tommaso d'Aquino.
Persuaso che la scienza non basti, si dedicò con ogni sforzo al conseguimento delle virtù. Vero modello del predicatore, fece ascoltare la sua voce in molte parti d'Italia e forse, nel 1301, nella stessa Germania ove si recò per assistere al capitolo generale del suo Ordine, che si tenne a Colonia.
Predicò fino a cinque volte in un giorno, ora in una chiesa, ora in un'altra, all'interno o sulle piazze. Iniziava un sermone al mattino in una chiesa e, sopra lo stesso soggetto, lo continuava a metà del giorno su una piazza e lo terminava la sera in un'altra chiesa. Il popolo fiorentino, avido di udirlo, lo seguiva fedelmente ovunque, senza te- nere conto dei disagi che doveva affrontare.
Non contenti d'ascoltarlo, vari uditori raccolsero le sue prediche, talvolta trascrivendole ai piedi stessi del pulpito come uscivano dalle sue labbra, riassumendole.
Il suo genere di predicazione era quello inconfondibile degli uomini veramente apostolici: niente sottigliezze, niente ricercatezze, ma una parola evangelica e popolare, ove la verità e la profondità della dottrina sono unite alla semplicità, vivida e vigorosa, della forma.
Il Beato Giordano ebbe ancora un altro merito: quello della purezza con la quale si esprimeva nella lingua volgare.
Seguendo l'uso nuovo, che cominciava allora a diffondersi, egli aveva abbandonato il latino per predicare unicamente in lingua italiana. Le sue prediche, nonostante la semplicità tutta primitiva, sono ritenute un monumento prezioso della prosa volgare italiana del Trecento, purtroppo solo in parte dato alla stampa.
Ciò che a lui interessava era la conversione delle anime. E non mancarono interventi miracolosi da parte di Dio. Un giorno mentre predi- cava davanti ad un pubblico più numeroso del solito, una croce rossa apparve visibilmente impressa sulla sua fronte e tutti poterono contemplarla.
Una vera trasformazione si operò in Firenze; molte persone abbandonarono il vizio e si diedero alla virtù. Le donne, la cui condotta, dal punto di vista della modestia, lasciava molto a desiderare, cominciarono a comportarsi secondo la decenza cristiana; scomparvero le inimicizie e si ebbero molte pacificazioni tra Guelfi e Ghibellini.
Anche in Pisa, ove lo troviamo in seguito, raccolse gli stessi successi. Vi istituì i Disciplinati, la Confraternita del Santissimo Salvatore, detta del Crocione, che ancora oggi sussiste e conserva i suoi statuti primitivi, pieni di saggezza.
Dovette accettare di essere predicatore generale nel suo Ordine e poi definitore del convento pisano.
I superiori pensavano di chiamarlo ad uno degli incarichi più onorifici di quella epoca, quello di maestro nell'Università di Parigi. Il maestro generale Americo da Piacenza gli ordinò di partire per la Francia e salire sulla cattedra del famoso convento di S. Giacomo. Ma la Provvidenza aveva predisposto diversamente: giunto a Piacenza si ammalò gravemente e il 19 agosto 1311 moriva, assistito dallo stesso maestro generale.
La notizia della morte di Giordano suscitò molto dolore in Pisa e i maggiorenti della città si portarono a Piacenza per prenderne il corpo che fu subito oggetto della devozione popolare e la sua tomba divenne meta di pellegrinaggi.
Nel 1580 ebbe luogo la prima traslazione, nel 1686 la seconda ed una terza nel 1785.
Gregorio XVI ne approvò il culto nel 1833 e permise la festa nell'Ordine dei Frati Predicatori e nella diocesi di Pisa il 6 marzo.
(Autore: Antonino Silli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giordano da Pisa, pregate per noi.
*San Giovanni Eudes - Sacerdote - Memoria Facoltativa (19 Agosto)
Ri, Francia, 14 novembre 1601 - Caen, Francia, 19 agosto 1680
Nato in Normandia nel 1601, muore nel 1680. Divenuto un attivista e un devoto di Maria è ordinato sacerdote nel Collegio dei gesuiti di Caen. Da qui parte per assistere gli appestati nella regione di Argentan. In seguito si consacra alle missioni parrocchiali.
Resosi conto di quanto sia importante la figura del sacerdote, riesce a far costruire un seminario, dando vita alla «Congregazione di Gesù e di Maria ».
San Giovanni Eudes è il primo e più ardente apostolo del culto liturgico ai Sacri Cuori di Gesú e di Maria. Nel 1641 fonda due Congregazioni religiose, una maschile e una femminile, dedicate ai Sacri Cuori.
Per lui, quindi, il culto del Sacro Cuore di Gesú è il culto della persona, in quanto esso è l'origine e la fonte della dignità e della santità della persona. Fonda poi rifugi per togliere le ragazze dalla strada e una Congregazione di Religiose per assisterle, l'ordine di «Nostra Signora della Carità del Rifugio». Scrive numerose opere, fra cui la più conosciuta e la più considerevole è «Il cuore ammirabile della Madre di Dio». (Avvenire)
Etimologia: Giovanni = il Signore è benefico, dono del Signore, dall'ebraico
Martirologio Romano: San Giovanni Eudes, sacerdote, che si dedicò per molti anni alla predicazione nelle parrocchie e fondò poi la Congregazione di Gesù e Maria per la formazione dei sacerdoti nei seminari e quella delle monache di Nostra Signora della Carità per confermare nella vita cristiana le donne penitenti; incrementò moltissimo la devozione verso i sacri Cuori di Gesù e di Maria, finché a Caen nella Normandia in Francia si addormentò piamente nel Signore.
Cognome e predicato della sua casata normanna: Eudes de Mézeray. Un suo fratello minore, Francesco, diventerà storico di corte. Lui, dopo i primi studi, viene accolto a Parigi nella Congregazione dell’oratorio, creata nel1611 dal sacerdote e futuro cardinale Pietro de Bérulle, per formare buoni predicatori. Nel 1625, ordinato sacerdote, viene mandato a Caen, nella Normandia nativa. E qui lo sorprende la peste. Si fa infermiere dei malati e confortatore dei moribondi, ma i suoi amici si tengono alla larga, per paura del contagio.
Allora li tranquillizza, isolandosi: dorme su un pagliaio, dentro una botte. Prende il male anche lui, ma ne guarisce, e infine torna all’attività principale: le “missioni al popolo”, che sono cicli di soggiorno, incontri e predicazione, da un paese all’altro.
Percorre il Nord della Francia, dimostrandosi "predicatore di qualità straordinarie; dove passava, convertiva" (L.Mezzadri).
Ma spesso si tratta di fiammate, che dopo la sua partenza si estinguono. E per varie ragioni: la Francia e l’Europa intera vivono uno dei loro momenti peggiori, la guerra dei Trent’anni (1618-1648); in alcune parti del Continente la fame produce il cannibalismo; i contadini di Francia sono alla disperazione, brutalmente depredati non da truppe nemiche, ma dai soldati del loro re, insaziabili e impuniti. Molti non sanno più in cosa credere; la tradizionale pratica religiosa cattolica, già messa in crisi nel secolo precedente dalle guerre di religione, ora è anche attaccata dal movimento giansenista: i suoi ispiratori e maestri, noti per austerità di vita, cultura e schietti convincimenti, sono tuttavia portatori di una religiosità che a molti fedeli ispira reverenza e timore verso Dio, piuttosto che amore fiducioso e speranza. Ma il peggio non viene da fuori: sta dentro la Chiesa di Francia.
Sta nel suo clero scadente e apatico, nell’ignoranza di troppi preti. Giovanni Eudes si convince che la prima necessità, urgentissima, è rifare il clero: e vorrebbe che fosse la “sua” Congregazione dell’oratorio a promuovere da Parigi questo sforzo grandioso. (Il concilio di Trento aveva decretato l’istituzione dei seminari già nel 1563, ma in Francia il decreto è rimasto largamente inapplicato).
Da Parigi arriva però una risposta negativa, e allora lui fonda nel 1643 la Congregazione di Gesù e Maria, formata da sacerdoti legati dal voto di obbedienza (e chiamati poi Eudisti) con lo scopo di tenere anche le “missioni al popolo”, ma soprattutto di aprire e dirigere seminari, che diano ai futuri sacerdoti l’indispensabile formazione spirituale. Per trasformarli da opachi funzionari del culto (come troppi di loro si sentono) in diffusori dell’amore incessante di Dio, simboleggiato nelle immagini del cuore di Gesù e del cuore di Maria.
Nello stesso 1643, fonda a Caen il primo seminario di Normandia (poi verranno quelli di Coutances, Lisieux, Rouen, Evreux e Rennes). Intanto, sempre a Caen, ha creato l’Ordine femminile di Nostra Signora della Carità, votato alla riabilitazione delle donne vittime di sfruttatori: un’istituzione che nell’Ottocento si svilupperà nell’Istituto del Buon Pastore, fondato da santa Maria Eufrasia Pelletier. La sua vita si conclude a Caen.
Beatificato da Pio X nel 1909, è stato proclamato santo da PioXI nel 1925. Le sue spoglie riposano in Colombia, dove si trova la casa generalizia dei Padri Missionari Eudisti.
(Autore: Domenico Agasso - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Giovanni Eudes, pregate per noi.
*San Giulio di Roma - Martire (19 Agosto)
Etimologia: Giulio = appartenente alla 'gens Julia', illustre famiglia romana, dal latino
Emblema: Palma
Il suo nome compare nella passio dei martiri Eusebio, Ponziano, Vincenzo e Pellegrino, dove i suoi Atti s'inseriscono come parte nel tutto. Fu infatti in seguito alla loro predicazione che il senatore Giulio si convertí al Cristianesimo; consegnò loro le sue ricchezze perché le distribuissero ai poveri, ricevette il Battesimo dal prete Rufino assieme a tutta la sua famiglia e si diede subito, anche lui, a diffondere le verità cristiane.
Tradotto innanzi all'imperatore Commodo, da questi fu consegnato al generale Vitellio, crudele e perverso, perché lo inducesse a sacrificare agli dei.
Questi, riuscitogli inutile ogni tentativo, lo fece fustigare tanto che ne morí. Eusebio e compagni raccolsero il cadavere nei pressi dell'anfiteatro e lo seppellirono nel cimitero di Calepodio, il 19 agosto
Cosí la passio donde attinsero i martirologi storici. Il Baronio ne compendiò l'elogio e introdusse la commemorazione di Giulio senatore, nel Martirologio Romano al 19 agosto.
Negli Annales Ecclesiastici (a. 192) si chiede se non si tratti di quel Giulio Proculo, che Lampridio elenca tra i senatori fatti uccidere da Commodo, ma i bollandisti recenti nel Commento al Martirologio Romano, come già il Tillemont, giudicano fittizi gli Atti di San Giulio, assieme all'intera passio di Eusebio e compagni, diversamente da G. B. Du Sollier, che, negli Acta SS. Augusti, li credeva attendibili.
Ci si può chiedere se l'autore della passio abbia inventato di sana pianta i suoi eroi o non invece abbia dato uno sviluppo fantastico a qualche dato di fatto in suo possesso. J. Tamayo de Salazar nel suo Martyrologium hispanicum ricorda al 19 agosto la traslazione, permessa da Urbano VIII, delle reliquie di Giulio a Plasencia in Vertonia (Spagna), ma è nota la tendenza di quest'autore ad attribuire alla Spagna i martiri d'altri paesi.
Il Du Sollier, infatti pensa che le reliquie di cui parla il Tamayo non fossero del senatore Giulio, ma di qualche a]tro martire omonimo, e ricorda il ritrovamento, nel 1697, mentre studiava a Roma, del corpo di un Giulio con un'iscrizione che pareva identificarlo col senatore. Quel corpo fu dèposto nella chiesa di S. Maria in Aracoeli.
Invece, secondo B. Piazza le reliquie del martire erano nella chiesa dei SS. Nereo ed Achilleo.
(Autore: Ireneo Daniele - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Giulio di Roma, pregate per noi.
*Beato Giusto Arevalo Mora - Sacerdote e Martire (19 Agosto)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati Martiri Spagnoli della Diocesi di Ciudad Real" - Senza Data (Celebrazioni singole)
" Beati 498 Martiri Spagnoli" Beatificati nel 2007 - 6 novembre
"Martiri della Guerra di Spagna" - Senza Data (Celebrazioni singole)
Miguelturra, Spagna, 19 giugno 1869 - Valdepeñas, Spagna, 19 agosto 1936 Beatificato il 28 ottobre 2007.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giusto Arevalo Mora, pregate per noi.
*Beato Gregorio Martos Munoz - Sacerdote e Martire (19 Agosto)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati 115 Martiri spagnoli di Almería" Beatificati nel 2017 "Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)
Chilecito, Argentina, 3 aprile 1908 – Adra, Spagna, 19 agosto 1936
Gregorio Martos Muñoz nacque a Chilecito, in diocesi di Córdoba (Argentina) il 3 aprile 1908, ma quando ebbe dieci anni si trasferì con la famiglia in Spagna.
Entrò nel Seminario di Granada e terminò gli studi con un anno d’anticipo; tuttavia, la data della sua ordinazione sacerdotale è ignota.
Era coadiutore della parrocchia di El Ejido quando morì in odio alla fede cattolica il 19 agosto de 1936, nella località di Albufera de Adra, in provincia di Almería.
Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Gregorio Martos Munoz, pregate per noi.
*Beato Guerrico - Abate di Igny (19 Agosto)
Tournai, Francia, 1080 c. - Igny, Francia, 1155 c.
Martirologio Romano: Nel monastero di Igny in Francia, Beato Guerríco, abate, che, vero discepolo di san Bernardo, non potendo, a causa della fragilità del corpo, essere per suoi confratelli un esempio nel lavoro, li confortava con sermoni spirituali intrisi di umiltà e carità.
Nato verso il 1170-80, ebbe per maestro Oddone di Tournai. Divenuto canonico e professore di teologia a Tournai, viveva nel ritiro, dedito alla preghiera e allo studio.
Come il suo maestro, che aveva lasciato la cattedra per entrare fra i Canonici Regolari, fu attirato dalla vita del chiostro. Verso il 1125, giunto a Chiaravalle per edificarsi, fu conquistato da San Bernardo a tal punto da voler entrare subito nel noviziato; ben presto il santo abate poteva scrivere a Oger, canonico regolare di Saint-Nicolas-des-Prés non lontano da Arras: "Se tu desideri notizie di Guerrico, sappi che egli corre non quasi senza meta, e combatte, non dando colpi in aria.
E poiché egli sa che la riuscita dipende non da colui che combatte e corre, ma da Dio che fa misericordia, ti chiede di pregare per lui, affinché colui che gli ha già dato la possibilità di combattere e di correre, gli accordi anche di vincere e di giungere al fine".
Nel 1138, quando Umberto, abate di Igny, filiale di Chiaravalle, diede le dimissioni, Guerrico fu eletto a succedergli.
Qualche anno piú tardi, nel 1149, intervenne per far eleggere Ugo di Fouilloy abate dei Canonici Regolari di S. Dionigi di Reims. Nel 1150 fondò l'abbazia di Valroy, non lontano da Rethel, ai confini delle diocesi di Reims e di Laon. Spesso malato, si rammaricava di non poter seguire tutti gli esercizi della comunità, ma si consolava cercando di istruire i suoi monaci e di edificarli coi suoi sermoni.
Si racconta che, in punto di morte, ricordando uno statuto del capitolo generale che interdiceva di pubblicare libri senza un permesso speciale, fu preso da scrupoli e diede ordine di bruciare il manoscritto dei suoi sermoni.
Cosí fu fatto, ma i suoi monaci ne avevano già tanto abilmente messo in circolazione delle copie, che gli scritti di Guerrico sono giunti sino a noi.
Guerrico morí il 19 agosto 1157.
I Cistercensi lo hanno iscritto nel loro Menologio a questa data e il suo culto fu approvato dalla Sacra Congregazione dei Riti nel 1889.
Nell'abbazia di Igny, occupata dal 1929 da monache cistercensi, dove si conservano le sue reliquie, si celebra la festa il 19 agosto.
Oltre cinquanta sermoni da lui lasciati, lo collocano tra i migliori scrittori del Medioevo.
(Autore: Marie-Anselme Dimier - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Guerrico, pregate per noi.
*Sant'Italo - Martire (19 Agosto)
Etimologia: Italo = dell'Italia
Emblema: Palma
E’ un Santo martire quasi sconosciuto, dal nome si suppone che sia vissuto nell’Italia Centro-Meridionale, probabilmente nel sud del Lazio e morto durante le grandi persecuzioni contro i cristiani al tempo di Diocleziano.
Il nome proviene dal greco ‘Italós’ e si riferisce all’eroe eponimo dell’Italia di origine incerta, vi sono varie leggende che lo dicono venuto da Creta, diventato re degli Enotri o dei Siculi e padre di Sicelo; oppure è un re dei Liguri, oppure un eroe nativo dell’Enotria e re dell’estremità della penisola (Calabria) da lui denominata Italia; oppure figlio di Telegono e Penelope e fondatore di Tuscolo e di Preneste nel Lazio.
Tutte le leggende però concordano ad indicarlo come signore dell’Italia Meridionale e lodano la sua bontà e saggezza legislativa; da lui Aristotele fece derivare il nome Italia.
Il nome Italo come Italia per le donne, sono diventati nomi patriottici e hanno avuto alterne fortune, secondo i periodi storici che l’Italia ha attraversato, come il periodo fascista.
L’hanno portato gli scrittori Italo Svevo, Italo Calvino, l’aviatore Italo Balbo, inoltre è usato come aggettivo composto, ad esempio: accordo italo-francese, ecc.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Italo, pregate per noi.
*Beato Josafat Roque (Urbano Corral González) - Religioso lasalliano, Martire (19 Agosto)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
“Beati Martiri Spagnoli Lasalliani di Ciudad Real” Beatificati nel 2007 (19 agosto)
“Beati Martiri Spagnoli della Diocesi di Ciudad Real” - Senza Data (Celebrazioni singole)
“Beati 498 Martiri Spagnoli” Beatificati nel 2007 (6 novembre)
Navajos, Spagna, 6 dicembre 1899 - Valdepeñas, Spagna, 19 agosto 1936
Entrò all'Aspirantato di Bujedo nel settembre 1913. Vestì l'abito religioso il 2 febbraio 1916.
Dopo lo Scolasticato a Bujedo iniziò nel 1919 ad esercitare il suo apostolato nel Collegio de las Maravillas di Madrid.
Fu quindi nominato catechista del Noviziato di Griñon e di nuovo passò a las Maravillas, dove si trovava quando il Collegio venne bruciato nel 1931.
Passò poi al Collegio San Fernando, in Andalucia, e nel 1933 fu destinato alla scuola di Santa Cruz de Mudela, dove lo sorprese la persecuzione religiosa. Fr. Josafat Roque aveva 36 anni.
Beatificato il 28 ottobre 2007.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Josafat Roque, pregate per noi.
*Beato Julio Alfonso (Valeriano Ruíz Peral) - Religioso lasalliano, Martire (19 Agosto)
Schede dei Gruppi a cui appartiene: “Beati Martiri Spagnoli Lasalliani di Ciudad Real” Beatificati nel 2007 (19 agosto)
“Beati Martiri Spagnoli della Diocesi di Ciudad Real” - Senza Data (Celebrazioni singole)
“Beati 498 Martiri Spagnoli” Beatificati nel 2007 (6 novembre)
Arconada, Spagna, 15 settembre 1911 - Valdepeñas, Spagna, 19 agosto 1936
Entrò all'Aspirantato di Bujedo il 1 febbraio 1926.
L'anno seguente, il 1 febbraio 1927, iniziava il Noviziato.
Terminato lo Scolasticato nel 1931 iniziò il suo apostolato nella scuola di San Martin a Madrid.
Il 12 settembre 1933 giunse nella sua nuova Comunità di Santa Cruz de Mudela dove lo sorprese la persecuzione religiosa del 1936. Fratel Julio Alfonso aveva 24 anni. Beatificato il 28 ottobre 2007.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Julio Alfonso, pregate per noi.
*Beato Ladislao Luis (Isidro Muñoz Antolín) - Religioso lasalliano, Martire (19 Agosto)
Beato Ladislao Luis (Isidro Muñoz Antolín) - Religioso lasalliano, Martire (19 agosto)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
“Beati Martiri Spagnoli Lasalliani di Ciudad Real” Beatificati nel 2007 (19 agosto)
“Beati Martiri Spagnoli della Diocesi di Ciudad Real” - Senza Data (Celebrazioni singole)
“Beati 498 Martiri Spagnoli” Beatificati nel 2007 (6 novembre)
Arconada, Spagna, 8 maggio 1916 - Valdepeñas, Spagna, 19 agosto 1936
Entrò all'Aspirantato di Griñon i1 7 febbraio 1929. Ricevette l'abito religioso il 28 settembre 1932.
Dopo lo Scolasticato, iniziò il suo apostolato a Santa Cruz de Mudela, dove giunse il 6 settembre 1935. Fu il suo unico campo di apostolato perché lì lo sorprese la persecuzione religiosa del 1936. Fratel Ladislao Luis aveva 20 anni. Beatificato il 28 ottobre 2007.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Ladislao Luis, pregate per noi.
*Beato Leone II - Abate di Cava (19 Agosto)
? 1239 - Cava dei Tirreni, 19 agosto 1295
Martirologio Romano: Nel monastero di Cava de’ Tirreni in Campania, beato Leone II, abate.
Quattordicesimo abate della celebre ed importante abbazia benedettina della Trinità di Cava; succedendo all’abate riformatore Amico, venne eletto il 25 gennaio 1268 a soli 29 anni, essendo nato nel 1239.
Ricevé la benedizione abbaziale a Benevento il 5 febbraio 1268; partecipò al Concilio di Lione nel 1274, in quell’occasione visitò l’abbazia di Cluny.
Papa Gregorio X che trovavasi a Lione gli concesse una Bolla di conferma, per tutti i privilegi già dati all’abbazia dai suoi predecessori.
Fra le sue decisioni più importanti ci fu la costruzione di una nuova chiesa e di un nuovo bellissimo chiostro; fece copiare nello ‘scriptorium’ della badia, molti manoscritti di testi importanti, scelti con competenza.
Leone II governò per 27 anni, morì il 19 agosto 1295 ad appena 56 anni di età, circondato già in vita, da fama di santità; venne sepolto nella chiesa abbaziale, davanti all’altare maggiore.
Nella ristrutturazione del 1675 i suoi resti mortali, furono trasportati nella ‘grotta Arsicia’, primo luogo dell’eremitaggio del fondatore dell’abbazia Sant'Alferio, e collocato in una parete laterale.
Il suo culto, proseguito come Beato nei secoli successivi, fu confermato da Pio XI, il 16 maggio 1928, insieme a quello di altri santi e beati abati della ‘Trinità di Cava’.
La sua ricorrenza liturgica è al 19 agosto.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Leone II, pregate per noi.
*San Ludovico d'Angiò (di Tolosa) Vescovo (19 Agosto)
Brignoles (Provenza), febbraio 1274 - 19 agosto 1297
Figlio di Carlo d’Angiò, re di Napoli. Da ragazzo fu condotto prigioniero con i fratelli presso il re di Aragona, ed ebbe occasione di conoscere i Francescani. Riacquistata la libertà, rinunciò al trono e ad ogni altra prospettiva di grandezze terrene. Ludovico venne ordinato sacerdote nel febbraio 1296, a ventidue anni, e vescovo nel dicembre successivo.
Fu inviato a reggere la diocesi di Tolosa.
Nel ricco episcopato Ludovico, improntò la propria vita alle rigide regole della povertà francescana. Predilesse i poveri, i malati, i giudei vittime di persecuzione ed emarginazione e i carcerati ai quali si recava spesso a far visita.
Ludovico venne elevato agli onori degli altari nel 1318 da Giovanni XXII, presenti sua madre e il fratello Roberto.
Martirologio Romano: Presso Brignoles nella Provenza in Francia, transito di san Ludovico, vescovo, che, nipote del re san Luigi, desiderò la povertà evangelica ben più che le lodi e gli onori del mondo e, ancor giovane di età ma maturo nella virtù, fu elevato alla sede di Tolosa, ma, consumato dalla sua malferma salute, si addormentò presto nella pace del Signore.
Un condensato di grandezza in una vita durata appena 23 anni; il titolo di d’Angiò proviene dalla dinastia angioina, fondata alla fine del secolo IX da Folco il Rosso, signore della antica contea di Angiò; nel 1234 Angiò fu annessa alla Francia dal re San Luigi IX (1214-1270) e da lui assegnata al fratello Carlo nel 1246.
Carlo I (1226-1285) allargò la grande dinastia oltre i confini francesi, raggiungendo vasti domini in Italia, specie da quando il francese papa Clemente IV, l’aveva chiamato a contrapporsi alla Casata degli Svevi e così dopo averne sconfitto l’ultimo discendente Corradino di Svevia (1252-1268), divenne il signore assoluto di tutto il Meridione d’Italia.
Suo figlio primogenito Carlo II (1248-1309), si unì in matrimonio con Maria, figlia ed erede del re Stefano IV d’Ungheria; da questa unione nasceva secondogenito Ludovico nel febbraio 1274, a Brignoles in Provenza, ma secondo altri studiosi egli sarebbe nato nel castello di Nocera (SA); cosa possibile perché il padre Carlo II detto “lo Zoppo”, era in quel tempo, sia principe di Salerno, sia governatore della Provenza.
Ludovico insieme ai numerosi fratelli e sorelle, cresce educato cristianamente dalla madre, mentre il padre si preoccupa di scegliere per loro validi educatori nelle arti liberali e nelle scienze teologiche e filosofiche; la fanciullezza trascorre in grande serenità tra preghiera, studio, svaghi con i fratelli, passeggiate nei verdi parchi dei Castelli della sua famiglia, in Provenza e in Italia.
Con la sensibilità del suo giovane cuore, si adopera per aiutare i bisognosi, ricorrendo a tutti gli espedienti, anche non confacenti ad un principe, come quello di sottrarre dalle cucine del cibo per i poveri affamati.
Il 5 luglio 1284, durante una battaglia navale nelle acque di Napoli, il padre Carlo II d’Angiò, principe di Salerno ed erede al trono di Sicilia, viene fatto prigioniero da Alfonso III d’Aragona (1265-91) nell’ambito della Guerra dei Vespri Siciliani, in corso fra Angioini ed Aragonesi per il governo della Sicilia.
Verrà poi liberato quattro anni dopo, per succedere sul trono al padre Carlo I morto nel 1285; con il trattato di Camporeale del 1288 Alfonso III d’Aragona gli concede la libertà, ma solo se lascia come ostaggi agli Aragonesi, tre suoi figli, Ludovico, Roberto e Raimondo, insieme a cinquanta gentiluomini del regno; costretto ad accettare, Carlo II però chiese per loro, una educazione confacente al rango di principi.
E il 18 novembre 1288 i tre giovani principi strappati dalla loro casa e dagli affetti familiari, si imbarcarono per la Spagna, facendo una prima tappa nel grande castello di Moncada in Catalogna, dove restarono per un anno, poi dal 1289 al 1293 furono nel castello di Ciurana, nel 1293 per alcuni mesi a Castile e fino alla metà del 1294 a Barcellona.
In quell’anno vennero ricondotti al castello di Ciurana dove rimasero fino al 31 ottobre 1295, quando vennero restituiti, dopo sette anni, alla famiglia. Durante tutto questo itinerante e tormentato periodo catalano, i tre giovani ostaggi, per volere del loro genitore, vivevano insieme a due francescani, Francesco Brun (futuro vescovo di Gaeta) e Pietro Scarrier (futuro vescovo di Rampolla, confessore della regina Sancia) i quali erano valenti educatori; inoltre furono sempre in contatto epistolare con il dotto francescano Pietro di Giovanni Olivi, ricevendone conforto con il suo profondo pensiero.
Tali contatti francescani, avranno un’influenza decisiva sulla vita di Ludovico, nel quale proprio nel periodo catalano, sbocciò la vocazione al sacerdozio, del resto la sua vita fu più intensamente vissuta nella preghiera dei suoi fratelli, con episodi premonitori come la lotta con un grande gatto nero che l’aveva assalito mentre era in preghiera e che Ludovico mise in fuga con un segno di croce.
Nel gennaio 1290 si ammala in modo così grave da sembrare ormai prossima la morte, curato dai due fratelli esiliati e dai gentiluomini costernati del seguito, con i ritrovati più nuovi dei medici si cerca di vincere la terribile malattia, la tisi polmonare; Ludovico si affida allora alla fede in Dio e alla Sua volontà e prodigiosamente guarisce istantaneamente, lasciando sbalorditi gli stessi medici; ed egli confida ai due francescani, la promessa fatta sull’orlo della sua fine, di indossare il saio dell’Ordine di San Francesco.
Pur se lontano, il padre Carlo II lo segue con trepidazione e alla fine acconsente alla sua scelta di vita religiosa, con qualche perplessità per il tipo di Ordine che è mendicante, poco consono ad un principe.
Nel 1294 a 20 anni papa Celestino V gli permette di ricevere la tonsura ed i primi quattro Ordini minori; già nel 1290 nella piccola cappella della fortezza di Ciurana, aveva indossato l’abito ecclesiastico.
Nel 1295 muore il primogenito Carlo Martello suo fratello, re d’Ungheria dal 1292 ed erede del trono di Napoli; in linea di successione Ludovico diventa erede del Regno.
Intanto egli aveva tentato di entrare fra i francescani di Montpellier, durante il suo viaggio di ritorno dalla lunga prigionia in Catalogna, ma non viene accettato perché è un principe reale designato al trono; prosegue il viaggio, dopo aver incontrato i suoi genitori giubilanti e arriva a Roma dove nel Natale del 1295 papa Bonifacio VIII gli conferisce il suddiaconato.
Ripartito da Roma, giunge con i fratelli finalmente a Napoli, sede della Casa Angioina, fra il tripudio del popolo e qui fra il gennaio e febbraio del 1296 egli compie il gesto ufficiale di rinuncia sui diritti del Regno di Napoli e sulle contee di Angiò e di Provenza a favore del fratello Roberto d’Angiò (1275-1343) che governò lasciando una grande impronta della sua grande personalità nel regno, cultore delle lettere è soprannominato “il Saggio”.
Ludovico libero dagli impegni ereditari, si ritira per un breve periodo con alcuni religiosi, nel Castel dell’Ovo sul litorale napoletano, dove trascorre in preghiera e meditazione, la preparazione al sacerdozio. Verrà ordinato sacerdote il 19 maggio 1296 dall’arcivescovo di Napoli, nella basilica francescana di San Lorenzo Maggiore, il giorno seguente celebra la prima Messa nella Cappella del Palazzo Reale.
Ludovico resta a Napoli proseguendo la sua opera di carità verso i bisognosi, fra il rispetto di tutti per il suo stato sacerdotale; interviene presso il padre Carlo II per risparmiare la vita di un centinaio di uomini sovversivi, di una ‘galera’ catturata e il padre accondiscese. Poi da Roma giunge la notizia inaspettata che il papa Bonifacio VIII lo vuole nominare vescovo di Tolosa in Francia, egli corre a Roma per cercare di rifiutare la carica, a causa della sua giovane età, ha appena 22 anni, ma a quei tempi erano altri i criteri nell’assegnazione di cariche così importanti.
Dopo l’insistenza del papa egli accetta solo con la condizione di potersi fare prima francescano e così il 24 dicembre 1296 pronunziò i voti nel convento dell’Ara Coeli di Roma, dove aveva trascorso un periodo di preparazione all’evento, facendo vita in comune con i frati, portando però il saio sotto la veste ecclesiastica, per consiglio del papa, per non turbare la suscettibilità del re suo padre.
Il 30 dicembre sempre del 1296 nella basilica di S. Pietro viene consacrato vescovo dal papa, con una solenne celebrazione, così contrastante con lo spirito francescano di cui si sente pervaso. Poi affronta di nuovo il viaggio fino a Napoli, con varie tappe per non compromettere le sue delicate condizioni fisiche.
A Napoli la regina sua madre, con la corte e una folla festante, gli va incontro per ricevere la sua benedizione episcopale e gli dona l’anello pastorale fatto cesellare apposta per lui. Ludovico ritorna per un po’ nella pace del Castel dell’Ovo per ritemprarsi nello spirito e nel corpo dopo tante emozioni.
Agli inizi del 1297 intraprende il lungo viaggio per la sua nuova diocesi in Francia, facendo varie tappe di cui una al convento dell’Ara Coeli, dove si dice depose solennemente gli abiti ecclesiastici e indossando il saio francescano, suscitando lo scontento del padre.
Si fermò sempre in conventi francescani a Firenze, Siena, Genova, Marsiglia, Montpellier, accolto festosamente dai frati consci del suo rango, che invece lui non voleva ad ogni costo far risaltare. Nel maggio 1297 finalmente arriva a Tolosa tutta in festa per il suo nuovo vescovo e un questa città Ludovico, sebbene così giovane attua il suo ministero episcopale senza risparmiarsi, sempre presente dove c’è da aiutare, senza escludere quanti sono ammalati di mali oscuri probabilmente contagiosi.
Il suo amore della povertà, il suo disprezzo per ogni fasto e vanità mondane, il rifiuto di ogni comodità, il desiderio di seguire le orme di Cristo povero, ne fanno decisamente un francescano della posizione degli “spirituali” in opposizione ai “frates communes”, che costituivano allora i movimenti contrapposti in seno all’Ordine Francescano.
Un mese dopo l’arrivo a Tolosa si reca in Spagna in Catalogna, per riappacificare Giacomo II re d’Aragona, suo cognato perché sposo di sua sorella Bianca, e il conte di Foix. Durante il suo ritorno dalla Catalogna, egli pensa di recarsi a Roma per assistere alla canonizzazione del suo prozio s. Luigi IX re dei Francesi e in piena estate si mette in viaggio, a fine luglio 1297 arriva a Tarascona nella Francia sud-orientale, dove tiene una predicazione in onore di s. Marta e qui apprende che il re suo padre si trova a Brignoles in Provenza e che desidera vederlo ed egli benché molto affaticato per il caldo afoso e per le strade accidentate, vi si reca.
Sempre a dorso di mulo, il cavallo è da lui rifiutato per un incidente capitatogli qualche anno prima, e con alcuni frati, arriva a Brignoles il 3 agosto e s’incontra con il padre, il quale vedendo il suo viso sofferente, lo invita a fermarsi qualche giorno per riprendersi.
Il giorno dopo celebra la Messa in onore della festa di s. Domenico alla presenza del re e della corte, ma già durante il rito si notano i segni del suo pessimo stato di salute; il 5 agosto celebra ancora la S. Messa in suffragio del fratello defunto Carlo Martello; alla sera dopo un malessere, gli sale la febbre alta e da quel momento egli si dibatte tra la vita e la morte, fra lo sgomento del re, dei suoi superiori francescani e di tutta la corte; chiede il 15 agosto il S. Viatico, trascorrono ancora quattro giorni di lotta inutile dei medici contro la tisi polmonare, con Ludovico che affina la sua sofferenza offrendola a Dio, edificando con la preghiera e la sopportazione tutti i presenti.
Il 19 agosto 1297 muore serenamente a soli 23 anni, nella sua città natia, fra la costernazione generale, per suo desiderio viene tumulato nel convento dei Frati Minori di Marsiglia, la cui tomba diventa subito una meta di pellegrinaggi di tantissimi fedeli.
Le sue spoglie rimarranno a Marsiglia fino al 1423, quando per volere di Alfonso V d’Aragona vennero traslate nella cattedrale di Valencia in Spagna, dove riposano tuttora. Tre anni dopo la morte, nel 1300, si avviarono i procedimenti per la sua canonizzazione, che avvenne il 7 aprile 1317, proclamata da parte di papa Giovanni XXII, nella città pontificia di Avignone in Francia.
La sua festa è posta al 19 agosto.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Ludovico d'Angiò, pregate per noi.
*Beato Ludovico Flores, Pietro de Zuniga e 13 & – Martiri Domenicani (19 Agosto)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Beati Martiri Giapponesi Beatificati nel 1867-1989-2008”
1563 - 1622
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Nagasaki in Giappone, Beati martiri Ludovico Florès, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, Pietro de Zúñiga, sacerdote dell’Ordine degli Eremiti di Sant’Agostino, e tredici compagni marinai giapponesi, che sbarcati nel porto e subito arrestati a causa della loro fede cristiana, dopo vari supplizi, subirono tutti insieme un unico martirio.
Nato nei Paesi Bassi, emigrò con i genitori prima in Spagna e poi nel Messico.
Qui vestì l'abito dei Frati Predicatori.
Nel 1602, acceso di zelo per l'evangelizzazione dei non-cristiani, partì per le Filippine.
Dopo diciotto anni si trasferì in Giappone, sconvolto da una violenta persecuzione anticristiana.
Arrestato dopo poco tempo, ricevette la gloria del martirio a Nagasaki il 19 agosto 1622, venendo arso vivo.
(Fonte: Convento San Domenico, Bologna - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Ludovico Flores, pregate per noi.
*Beati Ludovico Flores e Pietro de Zuniga – Sacerdoti Religiosi e 13 Compagni marinai, Martiri (19 Agosto)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati 205 Martiri Giapponesi" Beatificati nel 1867 - Senza data (Celebrazioni singole)
"Santi e Beati Martiri in Giappone" - Senza data (Celebrazioni singole)
† Nagasaki, Giappone, 19 agosto 1622
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Nagasaki in Giappone, Beati martiri Ludovico Florès, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, Pietro de Zúñiga, sacerdote dell’Ordine degli Eremiti di Sant’Agostino, e tredici compagni marinai giapponesi, che sbarcati nel porto e subito arrestati a causa della loro fede cristiana, dopo vari supplizi, subirono tutti insieme un unico martirio.
In Giappone molti cristiani subirono il martirio dal 1617 al 1632 in diversi modi e in varie città. Tra essi figurano quelli di cui trattiamo.
Mentre nell'estate del 1620 faceva vela sulla propria fregata verso il Giappone, in compagnia di una dozzina di marinai e di quattro passeggeri cristiani, al largo di Formosa fu assalito da una nave corsara inglese, l'Elisabetta. I pirati protestanti, avendo trovato le lettere d'ubbidienza di due religiosi, furono invogliati a impadronirsi della nave.
Dopo la spartizione del bottino, essi condussero i quattro europei e l'equipaggio giapponese al porto di Firando, dove giunsero il 4 agosto 1620.
Il B. Bartolomeo Gutierrez, agostiniano (+3 settembre 1632), cercò di liberare i suoi confratelli nel sacerdozio dalla prigionia, ma quando arrivò essi erano già stati sbarcati e consegnati all'agente olandese. Costui aveva subito sottoposto i due missionari a interrogatorio ma, nonostante le minacciate torture e l'oscura prigione in cui furono rinchiusi, essi continuarono a negare di essere dei religiosi nell'intento di salvare la vita all'equipaggio giapponese che li aveva accolti sul bastimento.
I due religiosi catturati dai corsari protestanti erano il
Dopo la spartizione del bottino, essi condussero i quattro europei e l'equipaggio giapponese al porto di Firando, dove giunsero il 4 agosto 1620.
Il B. Bartolomeo Gutierrez, agostiniano (+3 settembre 1632), cercò di liberare i suoi confratelli nel sacerdozio dalla prigionia, ma quando arrivò essi erano già stati sbarcati e consegnati all'agente olandese. Costui aveva subito sottoposto i due missionari a interrogatorio ma, nonostante le minacciate torture e l'oscura prigione in cui furono rinchiusi, essi continuarono a negare di essere dei religiosi nell'intento di salvare la vita all'equipaggio giapponese che li aveva accolti sul bastimento.
I due religiosi catturati dai corsari protestanti erano il Beato Luigi Florez, domenicano, e il B. Pietro de Zùniga, agostiniano. Il primo era nato ad Anversa (Paesi Bassi), verso il 1568. I suoi genitori erano emigrati in Spagna, poi nella città di Messico, dove egli vestì l'abito dei Frati Predicatori nel convento di S. Giacinto. Per andare nelle Isole Filippine, dove arrivò nel 1602, dovette cambiare il suo cognome fiammingo Fraryn in Florez. Benché avesse oltrepassato i cinquant'anni, acceso di zelo per la conversione degl'infedeli e desideroso di patire e morire per Cristo, chiese di essere inviato in Giappone.
P. Luigi s'imbarcò il 6 giugno 1620 sulla fregata del capitano Firayama insieme con il Beato Pietro de Zùniga. Costui era figlio di don Alvaro, marchese di Villamarina, sesto viceré della Nuova Spagna (Messico). Nato a Siviglia verso il 1585, ancora in tenera età aveva dato l'addio al mondo e aveva preso l'abito religioso nel convento degli agostiniani della città.
Dopo essere stato un ottimo religioso e un buon predicatore, ottenne dai superiori il permesso di recarsi con altri confratelli alle Isole Filippine (1610). Quando apprese la notizia del martirio del B. Ferdinando di S. Giuseppe (+1 giugno 1617), pure lui agostiniano, e lesse le lettere con cui questi chiedeva operai per quell'ardua missione, fece domanda ai superiori di essere inviato ad evangelizzare i giapponesi (1618).
Ebbe così modo di vedere con i propri occhi le persecuzioni alle quali venivano sottoposti i cristiani che non volevano apostatare. Egli stesso dovette vivere nascosto e, dopo un anno, fare ritorno a Manila per ordine dei superiori. Nel capitolo provinciale perorò la causa di quella cristianità, ottenne per essa considerevoli sussidi e di potervi ritornare a predicare il Vangelo.
Il 2 ottobre del 1620 gli olandesi sottoposero i due religiosi a interrogatorio allo scopo di fare confessare ad essi la propria identità. Il governatore di Nagasaki, Gonrocu, non ci teneva affatto a condannarli a morte. Egli conosceva il P. Pietro perché l'anno precedente gli aveva prescritto di andare in esilio. Avrebbe voluto rimandarlo ancora una volta al paese dal quale proveniva, ma egli non poteva compromettersi trasgredendo gli ordini dell'imperatore. Non era perciò spiacente di costatare che i religiosi tenevano celata la loro identità. Tuttavia il 25 novembre dovette presiedere un'udienza alla presenza del signore di Firando e di due apostati; il B. Carlo Spinola, gesuita (+10 settembre 1622) e diversi altri confessori della fede vi furono chiamati come testimoni. Il P. Spinola dichiarò di non conoscere nessuno dei due imputati, affermò che se uno doveva sempre dichiararsi cristiano, non era obbligato a dichiararsi prete, e ricusò di prestare giuramento perché non ne aveva l'autorizzazione da parte dei superiori.
Purtroppo numerosi testimoni giapponesi riconobbero il P. Pietro. Costui, cinque giorni dopo, confessò liberamente di essere sacerdote e dichiarò di avere occultato la sua prerogativa per salvare la vita dei marinai giapponesi innocenti in quella faccenda.
Il missionario fu rimandato in prigione e, alcune settimane dopo, rinchiuso in una gabbia. Anche il capitano Firayama ed i suoi marinai furono arrestati e sottoposti a interrogatori. Il B. Antonio Ircida, gesuita giapponese (13 settembre 1632), riuscì a introdursi travestito nelle carceri in cui si trovavano e a confessarli. Egli rimase meravigliato dell'allegrezza di cui dava segni il Firayama specialmente, nell'attesa del martirio. L'identità del P. Luigi Florez era rimasta ancora sconosciuta. Il P. Collado cercò di liberarlo dalla prigione di Firando con l'aiuto di un bravo cristiano giapponese, il B. Luigi Yakisci. Il 4 marzo 1622 il P. Luigi, fingendo di andare a vuotare nel mare dell'acqua sporca, salì sull'imbarcazione che furtivamente il Yakisci era riuscito ad accostare alla riva. I guardiani diedero tosto l'allarme ed i fuggitivi furono ben presto raggiunti.
Il giorno dopo, essendo cominciato l'interrogatorio del Yakisci e dei quattro giapponesi che lo avevano aiutato nell'impresa, il P. Florez confessò di essere prete per abbreviare ad essi le torture. Fu allora inviato alla prigione in cui si trovava rinchiuso il P. Pietro. Gonrocu dovette informare l'imperatore di quanto era accaduto. Costui, istigato dai protestanti olandesi, che gli dipinsero il P. Pietro come fosse un conquistatore spagnuolo, montò su tutte le furie e diede ordine che i due religiosi ed il capitano Firayama fossero bruciati vivi, e decapitati i dodici marinai che avevano prestato servizio sulla fregata di lui.
Anche Luigi Yakisci e i quattro giapponesi che con lui avevano cercato di fare evadere dal carcere il P. Luigi Florez furono in seguito condannati alla decapitazione (2 ottobre 1622). La sentenza di morte contro i nostri beati fu pronunciata a Nagasaki, dove erano stati trasferiti per ordine del governatore. A lui il capitano Firayama aveva chiesto: "Perché l'imperatore del Giappone ci fa mettere a morte senza che siamo colpevoli di qualche crimine?". Gli rispose Gonrocu: "Perché è proibito in Giappone di predicare la legge di Cristo e a tutti i giapponesi di praticarla". Prima che i condannati a morte fossero avviati al luogo del supplizio fuori città, un domenicano, il P. Pietro Vasquez, era riuscito a penetrare nella prigione in cui si trovavano e a confessarli. Dopo di lui un prete apostata, Araki, cercò d'indurli a rinnegare la propria fede per avere salva la vita, ma non ottenne alcun risultato.
Mentre i dodici marinai ed i due religiosi, vestiti con l'abito del loro Ordine, il 19 agosto 1622 venivano condotti al supplizio tra due fitte ali di popolo, il capitano Firayama continuava a predicare a gran voce quello che lo Spirito Santo gli suggeriva di dire. I due religiosi, che non sapevano ancora esprimersi bene in giapponese, ogni tanto gli si avvicinavano all'orecchio e gli proponevano argomenti appropriati alla circostanza. Le guardie rimasero annoiate dell'insistenza con cui esortava il popolo ad abbandonare il culto degli idoli, motivo per cui gli ordinarono di tacere.
Il martire chinò umilmente la testa, ma dopo un po' di tempo le supplicò con dolcezza di permettergli di usare come meglio credeva dei suoi ultimi istanti di vita. Fu accontentato. Egli allora continuò a parlare di Cristo Gesù e della religione cristiana con grande ardore finché non fu legato al palo che gli era stato assegnato. Essendo esso mal conficcato nel suolo, stando in piedi, lo rese stabile pestando ben bene tutt'intorno la terra.
Tra la folla che si era ammassata per assistere al martirio degli intrepidi confessori della fede, c'erano tre domenicani, in abiti civili, tra cui il B. Domenico Castellet (+8 settembre 1628). Con i numerosi cristiani presenti, anch'essi cantarono il Magnificat e il Laudate Dominum. Per primi furono decapitati i dodici marinai senza che fosse concesso loro il minimo spazio di tempo per fare orazione. Subito dopo i carnefici diedero fuoco alle cataste di legna erette davanti ad ogni condannato a morte. Il fuoco veniva da essi moderato a bello studio per allungare il più possibile il terribile supplizio ai tre martiri, ma costoro resistettero eroicamente ai tormenti per quasi due ore benché fossero legati ai pali con deboli corde nella speranza di vederli fuggire in seguito all'eccessivo dolore. Il primo a morire bruciando e pregando con gli occhi rivolti al cielo fu il P. Luigi Florez.
Lo seguì Firayama che aveva voluto prepararsi alla morte facendo per otto giorni gli esercizi spirituali secondo il metodo di S. Ignazio di Loyola. Fino a che le forze glielo permisero egli continuò a predicare con una voce così potente da essere udito anche da coloro che erano accorsi ad assistere al supplizio in barca e si trovavano in riva al mare. Quando tutti spirarono, i cristiani presenti intonarono il Te Deum. I corpi dei giustiziati furono vigilati per cinque giorni dai soldati. Poi il governatore di Nagasaki, contro ogni aspettativa, permise che i cristiani dessero loro onorevole sepoltura.
Le reliquie del B. Pietro de Zùniga furono portate a Macao e collocate nella chiesa dei gesuiti; quelle del B. Luigi Florez furono deposte nella casa di una vedova, dove i domenicani solevano radunarsi per celebrare i divini misteri e predicare. Pio IX beatificò il 7 maggio 1867 205 martiri giapponesi.
Tra essi figurano anche i sopraindicati.
(Autore: Guido Pettinati – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Ludovico Flores e Pietro de Zuniga, pregate per noi.
*San Magino di Tarragona - Martire (19 Agosto)
Martirologio Romano: Nel territorio di Tarragona in Spagna, San Magìno, martire.
Ignoto ai martirologi antichi, Magino (sp. Magtn, Magi, Màximo) è ricordato dagli agiografi catalani del secolo XVI, specialmente da Luis Pons de Icart e da Antonio Vicente Domenec, secondo i quali sarebbe stato un eremita vissuto nel secolo III sui monti di Brufaganas a circa trenta Kilometri da Tarragona e morto martire in una delle persecuzioni del secolo III. Queste notizie furono riprese da Alfonso de Villegas sulla fede del quale il Baronio introdusse Magino nel Martirologio Romano, al 25 agosto: «Tarracone sancti Magini martyris». Nel secolo XVI, il santo era assai venerato in Magino di Tarragona.
Spagna e i citati agiografi narrano dei miracoli a lui attribuiti. Affidata a notizie così tardive e prive di fondamento la figura di Magino resta enigmatica.
(Autore: Justo Fernàndez Alonso)
Iconografia
Attributo caratteristico del Santo, raffigurato in genere con un mantello da pellegrino, la lunga barba bianca e il rosario nella mano sinistra, è il lungo bastone da pellegrino con il quale fece scaturire dal terreno l’acqua onde dissetare i soldati che erano andati a catturarlo sulla sierra di Brufaganas.
Un altro attributo è la falce che fu strumento del suo martirio; con questa è rappresentato in una xilografia del secolo XV conservata nella Kunstsammlung di Basilea, mentre in un’incisione più recente, dell’Archivio Storico della città di Barcellona, è figurata in secondo piano la scena del martirio che ha per strumento una comune spada.
(Autore: Angelo Maria Raggi - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Magino di Tarragona, pregate per noi.
*San Magno - Venerato a Cuneo (19 Agosto)
Molto incerte sono le notizie relative a San Magno, venerato nel noto santuario sulle montagne cuneesi, nel territorio di Castelmagno.
La tradizione locale identifica il Santo come uno dei soldati appartenenti alla famosa legione tebea, capitanata da San Maurizio, che, scampato al massacro dei suoi commilitoni nella località del Vallese oggi nota come Sainte Maurice, si sarebbe rifugiato sui monti piemontesi.
Egli avrebbe continuato la predicazione del vangelo in quelle località alpine, ove raggiunto dai persecutori testimoniò col sangue la sua fede cristiana; il suo corpo sarebbe stato poi sepolto nel luogo in cui oggi sorge la chiesa lui intitolata.
Non esistono fonti, né documentarie, né archeologiche che consentano di confermare questa tradizione, comune del resto ad altri santi venerati in diverse località dell’arco alpino occidentale: San Chiaffredo a Crissolo, San Besso in Val Soana, San Tegolo ad Ivrea, San Costanzo a Villar e San Dalmazzo nell’omonimo borgo.
E’ noto come l’identificazione di alcuni santi come martiri tebei, sia in realtà una tardiva operazione agiografica per conferire una certa storicità, per esigenze cultuali ed iconografiche, a personaggi dei quali nulla si conosceva.
Nel caso di San Magno è stata ipotizzata una possibile identificazione con l’omonimo monaco del monastero bavarese di Fussen, il cui culto sarebbe giunto nel Piemonte sud – occidentale ad opera dei monaci benedettini.
Va però ricordato che tale identificazione non trova riscontri a livello di tradizione popolare o nell’ambito della produzione figurativa: l’iconografia locale, infatti, presenta il Santo nel tipico canone di milite romano, con armatura, stendardo e palma, come si può ammirare nella statua portata in processione in occasione dell’annuale festa del santuario il 19 agosto.
San Magno è invocato a protezione delle campagne e degli animali, un tempo unica fonte di sussistenza per gli abitanti delle vallate alpine.
Il luogo su cui sorse il santuario in onore del presunto martire tebeo era già sede di un culto pagano, molto probabilmente dedicato al dio della guerra Marte, come farebbe supporre il ritrovamento di una piccola ara a lui dedicata e tutt’ora visibile murata nella parete posteriore della vecchia cappella.
L’attuale chiesa è un’ardita costruzione realizzata tra il 1704 ed il 1716, nelle ariose forme dello stile barocco piemontese, tuttavia al suo interno ancora sono conservate tracce delle precedenti fasi dell’edificio, tra cui in particolare due cicli di affreschi: uno del XV secolo nella cappella Allemandi ed un altro del 1514, opera di Giovanni Botonieri di Cherasco, nella cappella vecchia, raffigurante episodi della Passione di Cristo ed alcuni altri martiri tebei.
(Autore: Damiano Pomi - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Magno, pregate per noi.
*San Magno di Anagni (o da Trani) - Vescovo e Martire (19 Agosto)
II-III secolo
A Fabreteria Vetere, nel Lazio, avvenne il martirio del vescovo San Magno, patrono della città di Anagni, la cui chiesa cattedrale ne ospita le reliquie. Il Santo è inoltre venerato a Colle San Magno, sempre in provincia di Frosinone, di cui pure è il Santo patrono.
La tradizione vuole che San Magno battezzò Santa Secondina, anch’ella martire ad Anagni. Questo santo non va confuso con il suo omonimo venerato in data odierna nel cuneese, martire della Legione Tebea.
Patronato: Anagni (FR), Colle San Magno (FR)
Emblema: Mitra, Bastone pastorale, Palma
Martirologio Romano: A Ceccano nel Lazio, san Magno, martire.
San Magno, figlio di un certo Apollonio, nacque a Trani verso la fone del II secolo. Sin da piccolo, per aiutare la famiglia, si dedicò alla pastorizia e, consigliato dal padre, comprò un piccolo gregge e devolvette il ricavato prevalentemente ai poveri. Ricevette il battesimo dal vescovo Redento insieme con suo padre.
Alla morte di Redento, Magno fu chiamato dal popolo e dal clero a succedergli, rivelandosi ardente di carità e zelo. Si impegnò nella diffusione del Vangelo prima nell’agro di Fondi, poi ad Aquino, città ducale, ed infina presso Anagni. In questa città battezzò una giovane di nome Secondina, che anch’ella come lui sarebbe poi morta martire.
Sfuggito alle ire di un certo Tarquinio, Magno si recò a Roma, ma quando era ormai di ritorno fu scovato da alcuni soldati a pregare in una grotta a Fondi. Chiese loro di non ucciderlo subito e così avvenne, ma dopo aver atteso invano e trovatolo morto, lo decapitarono presso Fabreteria, nel Lazio.
Curiosa è la storia delle reliquie del santo, che intorno al IX secolo furono traslate a Veroli da un certo Platone. Muca, sovrano saraceno, profanò il luogo gel sepolcro trasformandolo in una stalla.
Trovati in seguito i cavalli morti, restò impaurito e gettò fuori le spoglie del Santo, invitando gli anagnini ad acquistarlo a prezzo d’oro.
Questi accettarono ed alla presenza del vescovo Zaccaria avvenne la traslazione nella cattedrale di Anagni con grande concorso di popolo.
Succesivamente San Magno fu proclamato patrono della città, ma il Santo è inoltre venerato anche a Colle San Magno, sempre in provincia di Frosinone. Questo santo non va confuso con il suo omonimo venerato nel cuneese, leggendario martire della Legione Tebea, anch’egli festeggiato in data odierna. Il Martyrologium Romanum cita comunque solamente San Magno di Anagni.
(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Magno di Anagni, pregate per noi.
*Beato Michele Soriano - Mercedario (19 Agosto)
† 1604
Di grande austerità e rigida penitenza, il mercedario Beato Michele Soriano, del convento di Santa Maria degli Angeli in El Puig (Spagna),
trascorse tutta la sua vita in estrema mortificazione.
Ricevette la corona celeste nell'anno 1604, il suo corpo dopo molto tempo trovato incorrotto fu collocato in un sepolcro onorevole.
L'Ordine lo festeggia il 19 agosto.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Michele Soriano, pregate per noi.
*Beato Pietro Buitrago Morales - Sacerdote e Martire (19 Agosto)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
“Beati Martiri Spagnoli Lasalliani di Ciudad Real” Beatificati nel 2007 (19 agosto)
“Beati Martiri Spagnoli della Diocesi di Ciudad Real” - Senza Data (Celebrazioni singole)
“Beati 498 Martiri Spagnoli” Beatificati nel 2007 (6 novembre)
La Solana, Spagna, 24 gennaio 1883 - Valdepeñas, Spagna, 19 agosto 1936
Beatificato il 28 ottobre 2007.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Pietro Buitrago Morales, pregate per noi.
*San Rufino - Venerato a Mantova (19 Agosto)
San Rufino è un Santo confessore venerato a Mantova.
Anche se gli antichi documenti della diocesi e il proprio dei santi del 1626 lo ignorano, sappiamo che il culto di Rufino confessore è di tarda introduzione.
Come afferma Aldo Brunacci, non siamo in grado di precisare su chi fosse questo santo e a differenza del Lanzoni, non possiamo identificarlo con il martire di Capua.
Lo storico Ferrari c’informa che esiste un’immagine non antica di San Rufino in una chiesa a lui dedicata delle immediate vicinanze di Mantova.
Qui era rappresentato con l’abito sacerdotale.
Il Baroni, senza alcuna motivazione lo aveva inserito nel Martirologio romano alla data del 19 agosto, data in cui riteniamo fosse stata stabilita la sua festa.
(Autore: Mauro Bonato – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Rufino, pregate per noi.
*Santa Sara - Moglie di Abramo (19 Agosto)
Con l'uscita di Abram da Carran prende avvio la vicenda che porterà alla costituzione del popolo eletto (Gen 13).
In questo capitolo di avvio della storia di Israele la moglie di Abramo, Sara, gioca un ruolo fondamentale nella costruzione della discendenza eletta e del compimento della promessa di un Dio che cammina con gli uomini. «Principessa» è il significato del nome di Sara e la sua regalità sarà il segno della presenza di Dio.
In Sara, infatti, si realizza la promessa di una discendenza ad Abramo: dopo aver concepito da Agar il figlio Ismaele, illegittimo, il patriarca chiede a Dio un figlio da Sara.
La fede di Abramo troverà un segno proprio nella promessa di un figlio dalla moglie ormai anziana.
Nascerà così Isacco, il «figlio del riso», poiché Sara aveva riso ascoltando la promessa. Al capitolo 23 del libro della Genesi si legge: «Abramo seppellì Sara, sua moglie, nella caverna del campo di Macpela di fronte a Mamre, cioè Ebron, nel paese di Canaan». Anche dopo la morte, quindi, Sara si lega a una promessa di Dio: quella di una terra promessa. (Avvenire)
Etimologia: Sara = principessa, signora, dall'ebraico
Nel rituale del sacramento del Matrimonio, la splendida benedizione nuziale augura alla sposa di essere “amabile come Rachele, saggia come Rebecca, longeva e fedele come Sara”. Nelle Chiese cattoliche ed ortodosse di tradizione bizantina i loro nmi sono associati a quelli dei loro mariti, quali esemplari coppie dell’Antico Testamento.
Il nome di Sara significava in ebraico “principessa” e proprio come una principessa Abramo la volle con se, ciò nonostante ella fosse sua sorellastra da parte paterna.
Sara condivise così tutte le avventure del santo patriarca, dalla vocazione a Ur sino alla morte in terra di Canaan. Il libro della Genesi pone in evidenza solo quegli eventi direttamente correlati alla formazione del popolo di Dio, essendo lei strumento privilegiato delle promesse che Dio formulò ad Abramo, la cui discendenza numerosa quanto le stelle sarebbe nata proprio da questa donna sterile ed ormai sessantacinquenne.
Dio le mutò il nome da Sarai, cioè “mia principessa”, in Sara, dunque “principessa”.
La sua straordinaria bellezza fu motivo del rapimento architettato prima dal faraone e poi da Abimelec in Gerar, ma Dio la protesse nel suo onore. Dette in sposa ad Abramo la sua schiava egiziana, Agar, auspicando che per mezzo di lei avesse potuto realizzarsi la promessa divina. Ben presto si accorse però dell’alterigia e del disprezzo provati dalla donna, madre di Ismaele, iniziò a maltrattarla sino a costringerla a fuggire.
Ben venticinque anni dopo l’uscita da Ur, all’età di novant’anni concepì miracolosamente il figlio Isacco, ma non tollerando che quest’ultimo divenisse coerede con il fratellastro Ismaele, costrinse Abramo a cacciare di casa Agar e suo figlio.
Nel commovente episodio del sacrificio di Isacco, Sara non compare, anche se è facile immaginare come ne soffrisse sicuramente molto. Alla veneranda età di centoventisette anni Sara lasciò questa terra, morendo presso Ebron (odierna Qiriat Arba), e trovò sepoltura nella spelonca doppia di Macpela difronte a Mamre, tomba comune di Abramo, Isacco, Giacobbe, Rebecca e Lia.
La Bibbia evidenzia di questo celeberrimo personaggio femminile la straordinaria bellezza, la longevità, la fedeltà ad Abramo e la fede in Dio che la rese sua degna sposa. Le Sacre Scritture non danno invece particolare peso ai non pochi lati oscuri della sua esistenza, debolezze umane da giudicarsi nel quadro generale dell’Antico Testamento, tempo di imperfezione. Ciò contribuisce comunque a porre la figura di Sara al di sotto di quella di Abramo.
Tra i difetti di Sara troviamo innanzi tutto l’atteggiamento verso la sua emula, Agar, pur trasgredendo così le leggi del tempo secondo cui era vietato allontanare la seconda moglie dopo che la prima aveva generato figli. Sara dubitò inoltre talvolta della promessa di Dio di vincere la sua vecchiaia e la sua sterilità donando così ad Abramo la posterità predetta.
San Pietro, nei sacri scritti a lui attribuiti, censisce Sara tra le sante donne che speravano in Dio, che pur adornandosi erano comunque soggette ai loro mariti ed operavano il bene coltivando la loro spiritualità interiore, e considera Sara madre di tutte le credenti, come Abramo lo è per gli uomini. L’apostolo Paolo menziona Sara in più passi ed in particolare nella Lettera ai Galati, ove sottolinea il tipico significato di Sara ed Isacco, Agar ed Ismaele.
Sara è stata infine decisamente sfortunata in duemila anni di cristianesimo sul piano cultuale. Al contrario di Abramo, che il Martirologio Romano commemora al 9 ottobre, la sua sposa non figura in alcun calendario latino od Orientale, ma solo la Chiesa Copta ha fissato per la sua festa la data del 19 agosto.
Indirettamente Santa Sara è festeggiata dalla Chiesa Cattolica, in quanto al 24 dicembre sono festeggiati tutti i santi antenati di Gesù Cristo. In questi ultimi tempi è comunque aumentata la produzione iconografica da parte di diverse Chiese volta a raffigurare Sara con l’aureola della santità.
(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Sara, pregate per noi.
*San Sebaldo (Sinibaldo) - Eremita (19 Agosto)
Norimberga, X - XI sec.
Patronato: Norimberga
Martirologio Romano: A Norimberga nella Franconia in Germania, san Sebaldo, eremita.
È il Santo patrono di Norimberga in Germania, ma del quale vi sono pochissime notizie certe; si ignora da dove venisse, chi fosse e quando visse e della sua vita i contemporanei non scrissero nulla.
Probabilmente esiste una relazione tra la sua persona e la fondazione della città di Norimberga, per cui la sua vicenda terrena si può inquadrarla fra il X e l’XI secolo.
S. Sebaldo o Sinibaldo è menzionato per la prima volta negli “Annales” di Lamberto di Hersfeld (1005-1080), cronista tedesco e monaco benedettino, secondo il quale il culto per il santo si era diffuso nel 1072 a Norimberga a seguito di parecchie miracolose guarigioni.
La città era diventata meta di pellegrinaggi, per la tomba del santo che si trovava in una cappella situata sotto il castello imperiale; questo affluire di pellegrini, contribuì a valorizzare la piccola località di Norimberga.
A queste poche notizie che classificano Sebaldo come eremita, bisogna aggiungere le varie leggende che nel tempo si sono affermate nella devozione dei fedeli tedeschi.
Una che lo pone intorno al 1056 come contemporaneo dell’imperatore Enrico III, lo dice originario della Franconia, fece un pellegrinaggio in Italia e poi prese a predicare a Norimberga operando alcuni miracoli.
Altre leggende danno notizie di Sebaldo come un nobile francese che incontrò in Italia i santi Willibaldo († 787) e Wunibaldo († 761) e operò miracoli attraversando Ratisbona.
Poi ancora posizionandolo nell’VIII secolo a causa dell’incontro con i due santi sopra citati, viene considerato come figlio del re di Danimarca, che aveva due figli di nome ‘Syvaldus’.
Ancora si crede che studiò a Parigi sposando una principessa francese, che abbandonò però la prima notte, per vivere da eremita.
Quindici anni più tardi si dice che fece un pellegrinaggio a Roma, dove ricevé dal papa l’incarico di una missione; visse poi i suoi ultimi anni in un bosco presso Norimberga.
Secondo il giudizio dello studioso Meisterlin del 1483, si pensa che Sebaldo sia stato un monaco o un sacerdote e per questo è annoverato nei Martirologi dell’Ordine dei Benedettini; dal secolo XVIII si è cominciato a collocare il santo presso la Cappella di Altenfurt a sud-est di Norimberga, come luogo del suo eremitaggio.
Sebaldo in definitiva, è legato allo svilupparsi della città di Norimberga più di ogni altro santo patrono delle città tedesche e i pochi testi, tradizioni e leggende, sono il frutto di determinate condizioni politiche e storiche di Norimberga.
Il culto per san Sebaldo è testimoniato sin dal 1072 e verso il 1255 egli divenne insieme a San Pietro il patrono delle nuova chiesa parrocchiale di Norimbrega, dove si venerò la sua tomba.
La data della sua festa al 19 agosto, comparve per la prima volta in un calendario di Olmütz del 1131-1137 e dal 1339 i bambini della città, vennero battezzati col suo nome, determinando la curiosità di due secoli dopo, quando ogni abitante di Norimberga si chiamava Sebaldo.
Le reliquie del santo eremita deposte in un’urna d’argento, furono nel 1397 trasferite nel nuovo coro della chiesa di San Sebaldo e ogni anno si svolgeva una processione devozionale.
L’affermazione del suo culto non fu facile, per la resistenza e diffidenza delle classi più elevate e del clero, verso questo oscuro e misterioso santo, che veniva posto in concorrenza nella devozione, con i santi dell’episcopato e della diocesi di Bamberga; nel 1377 il Consiglio fu costretto ad inviare ad ogni convento della città, una copia della leggenda di s. Sebaldo per vincere la diffidenza verso il santo borghese, considerato “rusticitas” (rustico); una copia nel 1385 fu inviata per propaganda anche a Venezia.
Man mano che trascorreva il tempo, il suo culto ebbe maggiore e più qualificata diffusione. I re e gli imperatori di Germania, che si recavano a Norimberga, erano soliti pregare davanti ad un reliquiario che conteneva la sua testa.
Il 26 marzo 1425, su richiesta del Consiglio di Norimberga, papa Martino V canonizzò san Sebaldo e quattro anni dopo fu coniato il fiorino di Norimberga con la sua immagine.
Nel 1519 gli scultori Peter Visher e figli, terminarono la celebre tomba di bronzo nella Chiesa di S. Sebaldo, considerata capolavoro del Rinascimento tedesco e la più bella tomba di un santo di tutta la Germania.
Anche con l’avvento del protestantesimo, la tomba di s. Sebaldo continuò ad avere tutti gli onori e la sua festa fu sempre rispettata.
Il culto è ancora oggi molto diffuso in tutta la Germania, chiese furono erette un po’ dappertutto; a Venezia nella chiesa di S. Bartolomeo sul Rialto, nel 1434 fu consacrato un altare e istituita la festa; nel 1507 nella stessa chiesa, il celebre pittore veneziano Sebastiano del Piombo (1485-1547), lo raffigurò in una delle quattro ante del prezioso organo.
Il santo è di solito raffigurato come pellegrino col bastone ed il berretto e con la barba; man mano che nei secoli aumentava il culto e la devozione, egli veniva rappresentato con il modellino della sua chiesa a due campanili, a volte con gli stemmi delle Case regnanti di Francia e Danimarca, a ricordo della sua origine e del matrimonio.
Fra i tantissimi miracoli e prodigi che gli vengono attribuiti e illustrati nei cicli pittorici, v’è quello di aver dato da morto uno schiaffo ad un burlone che gli aveva tirato la barba.
In Italia S. Sebaldo si commemora sotto il nome di Sinibaldo. Il ‘Martirologio Romano’ lo celebra come eremita il 19 agosto.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Sebaldo, pregate per noi.
*San Sisto III – 44° Papa (19 Agosto)
m. 440
(Papa dal 31/07/432 al 19/08/440)
Romano, continuò la lotta contro le eresie pelagiana e Nestoriana. Ampliò la chiesa di Santa Maria Maggiore, che arricchì di doni e di rendite.
Etimologia: Sisto = variante di Sesto
Martirologio Romano: A Roma sulla via Tiburtina presso San Lorenzo, deposizione di San Sisto III, Papa, che ricompose i dissensi tra il patriarcato di Antiochia e quello di Alessandria e nella città di Roma consegnò al popolo di Dio la basilica di Santa Maria Maggiore sul colle Esquilino.
Presule di matrice romana, fu eletto al soglio pontificio il 31 luglio del 432.
Il suo papato fu ricordato per due questioni, fondamentali per l'epoca cristiana e per il tramonto dell'Impero Romano d' occidente.
La prima, per essere riuscito ad imporre le conclusioni del Concilio di Efeso con la ricomposizione, in seno a Santa Romana Chiesa dei dissapori e delle filosofie teologali (mai per altro dichiarate blasfeme od eretiche) sorte e condotte in medio oriente dalla chiesa cristiana orientale facente capo, in particolar modo al patriarca Giovanni di Antiochia, il quale aveva palesemente appoggiato le eresie "nestoriane" e quindi "pelagiane".
In pratica Sisto III riuscì a reimporre il dogma della Santa Trinità e di conseguenza attraverso il "verbo" (ovvero lo "Spirito Santo") la maternità di Maria, quale Madre di Dio. Figura femminile fortemente osteggiata dalle dottrine cristiane radicate nell'oriente, proprio perchè nella ricomposizione della famiglia celeste entrò per la prima volta una figura diversamente sessuata, ovvero una donna, ovvero lo Spirito Santo mai nominato come tale ma piuttosto, rappresentato sotto forma di una lingua di fuoco o di una colomba .
(nda: dal punto di vista laico nulla osta a qualsiasi credo teologico. Vi è da pensare però che il cristianesimo sia sorto sulle sponde di altre filosofie religiose per ricostruire una figura patriarcale ed una famiglia ebraica che si stava scomponendo, in conseguenza al decadimento della società teocratica ebraica; all'occupazione militare romana con la conseguente dissolutezza di costumi ed alla preoccupazione di riportare la famiglia sui "binari" di casa).
La seconda questione che contraddistinse questo papato fu l' abbondanza di ricchezze distribuite per la costruzione di nuove chiese romane ed in particolar modo per la ricostruzione della chiesa di Santa Maria Maggiore in Trastevere (distrutta dalla sommossa per l'elezione di papa Damaso) alla quale furono "dedicati" per quello che fu tramandato:
- Un calice d'oro del peso di 50 libbre
- Lamine d'argento per il rivestimento dell'altare per 300 libbre
- Una fonte battesimale sormontata da un cervo d'argento dal peso di 30 libbre, dalla cui bocca sgorgava acqua di fonte
- Un tabernacolo d' argento da 511 libbre, dono speciale dell' imperatore Valentiniano III.
Segno che il clero romano aveva ormai di gran lunga superato in ricchezza la finanza pubblica.
Sisto III fu proclamato Santo per quelle qualità. Morì il 19 agosto del 440 e fu sepolto a San Lorenzo fuori le mura.
(Autore: Franco Prevato)
Giaculatoria - San Sisto III, pregate per noi.
*San Timoteo di Gaza - Martire (19 Agosto)
San Timoteo, martire presso Gaza in Palestina, che dopo aver sopportato numerose torture venne bruciato a fuoco lento durante la persecuzione dell'imperatore Diocleziano, sotto il governatore Urbano.
Martirologio Romano:
A Gaza in Palestina, San Timoteo, martire, che durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano, sotto il governatore Urbano, superati molti supplizi, fu infine bruciato a fuoco lento.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Timoteo di Gaza, pregate per noi.
*Beato Tommaso Sitjar Fortiá - Sacerdote Gesuita, Martire (19 Agosto)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Beati Martiri Spagnoli Gesuiti”
“Beati 233 Martiri Spagnoli di Valencia” - Beatificati nel 2001
“Martiri della Guerra di Spagna”
Gerona, Spagna, 21 marzo 1866 - Gandia, Spagna, 19 agosto 1936
Padre Tomás Sitijar Fortiá, sacerdote professo della Compagnia di Gesù, nacque nella città di Gerona ed entrò nella Compagnia nel 1880.
Fu Rettore del Noviziato e Superiore della Residenza di Gandía.
Venne assassinato a Gandía in località Cruz Bianca il 19 agosto del 1936 all’età di 70 anni.
Martirologio Romano: Nella città di Gandía nello stesso territorio, Beato Tommaso Sitjar Fortiá, sacerdote della Compagnia di Gesù e martire, che nella medesima persecuzione sparse per Cristo il suo sangue.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
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*Beato Ugo Green - Sacerdote e Martire (19 Agosto)
Londra, Inghilterra, 1584 - Dorchester, Inghilterra, 19 agosto 1642
Martirologio Romano: A Dorchester in Inghilterra, Beato Ugo Green, sacerdote e martire, che, ordinato a Douai, esercitò il ministero per trent’anni in patria, finché sotto il re Carlo I, crudelmente e a lungo sottoposto a sventramento, meritò di essere associato alla passione di Cristo.
Nato a Londra da genitori protestanti intorno al 1584, studiò nel Saint-Peter's College di Cambridge.
Convertitosi alla fede cattolica, volle poi abbracciare lo stato ecclesiastico, per cui fu accolto il 7 luglio 1610 nel seminario di Douai in Francia, ricevendo quindi la sacra ordinazione in Arras il 14 giugno 1612.
Lasciato il seminario il 6 agosto successivo, avrebbe vivamente desiderato di entrare tra i Cappuccini, ma ne fu impedito dalla sua malferma salute o da qualche altra ragione, per cui venne assegnato alle missioni inglesi.
Rimpatriato perciò poco dopo, esercitò in seguito per trent'anni il ministero sacerdotale sotto il nome fittizio di Ferdinand Brooks, andandosi da ultimo a stabilire come cappellano a Chideock, nel Dorsetshire, presso Lady Arundell di Lanherne.
In ottemperanza all'editto emanato l'8 marzo 1641 da Carlo I, con cui, per tacitare il parlamento puritano, il re ordinava a tutti i preti cattolici di lasciare l'Inghilterra entro un dato tempo, il Green si apprestava ad imbarcarsi per il continente dal porto di Lyme denunziando la sua qualità di sacerdote, allorché si sentì rispondere che il tempo utile per lasciare il paese era già scaduto, per cui venne arrestato ed inviato alle prigioni di Dorchester, e dopo cinque mesi di duro carcere fu processato e condannato alla pena capitale. Il Green accettò la sua sorte con cristiana rassegnazione, andò incontro al martirio con fermo coraggio, tanto da suscitare una profonda impressione su quanti assistevano alla sua esecuzione.
Impiccato a Dorchester il 19 agosto 1642, il suo corpo fu posto in ludibrio e fatto in pezzi dalla folla inferocita, contro la disposizione del giudice che ne aveva autorizzata la consegna a Lady Elisabeth Willoughby, che aveva assistito il martire sul patibolo ed a cui devesi una particolareggiata narrazione della morte di Green, pubblicata in Palmae cleri anglicani di Jean Chifflet.
Beatificato da Pio XI il 15 dicembre 1929, insieme con altri centotrentacinque martiri inglesi che patirono per la fede cattolica tra il 1535 ed il 1681, il Beato Green viene commemorato il 19 agosto.
(Autore: Niccolò Del Re - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Ugo Green, pregate per noi.
*Altri Santi del giorno (19 Agosto)