Santi del 16 Giugno
*Antonio Costanzo Auriel *Antonio di Weert *Aureliano di Arles *Aureo, Giustina e & *Bennone di Meissen *Ceccardo di Luni *Domenico Nguyen e & *Elidano *Ferreolo e Ferruccio *Gaspare Burgherre *Giulitta *Griciniana e Actinea *Guglielmo di Monferrato *Limbania *Lutgarda *M.Teresa Scherer *Palerio di Telese *Quirico *Similiano di Nantes *Ticone di Amato *Tommaso Reding *Altri Santi del giorno *
*Beato Antonio Costanzo Auriel - Martire (16 giugno)
Martirologio Romano: All’ àncora davanti al porto di Rochefort in Francia, Beato Antonio Costanzo Auriel, sacerdote e martire, che, vicario parrocchiale di Cahors, durante la rivoluzione francese fu rinchiuso per il suo sacerdozio in una sudicia galera e, rimasto contagiato mentre prestava assistenza ai suoi compagni di prigionia, rese al Signore lo spirito.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Antonio Costanzo Auriel, pregate per noi.
*Sant'Antonio di Weert - Sacerdote e Martire a Gorcum (16 giugno)
Scheda del Gruppo cui appartiene:
"Santi Martiri di Gorcum in Olanda" 19 sacerdoti e religiosi (9 luglio)
1522 - 9 luglio 1572
Sant’Antonio nacque nel 1522 nella piccola città di Werten nella contea di Horn, nell’Olanda settentrionale, da famiglia benestante e cattolica. Dotato d’ingegno vivace, di cuore generoso, di carattere espansivo, di spirito franco e magnanimo, chiese ed ottenne di far parte dell’Ordine dei Frati Minori. Dopo la vestizione, l’anno di noviziato, la professione religiosa e gli studi filosofici e teologici, venne consacrato sacerdote. Insieme al suo compaesano San Girolamo da Werten lavorò intensamente per rendersi utile ai suoi connazionali.
Fu efficace predicatore della parola di Dio e svolse questo ministero, non soltanto nelle chiese, ma anche sulle pubbliche piazze, lungo le strade, nelle borgate di campagna e nelle case private passando di porta in porta, per confutare gli errori che in quei giorni serpeggiavano nella sua patria, per fortificare nella fede, tanto minacciata dai calvinisti, i suoi connazionali. Scopo della sua predicazione era l’autentica esposizione al Vangelo secondo le direttive della Chiesa cattolica e del Romano Pontefice.
In uno dei suoi ultimi discorsi pronunciò queste solenne parole: "Fratelli miei, perseverate costanti nella preghiera insieme con Maria, la Madre di Gesù. Amate la Chiesa una, santa, cattolica, apostolica, romana, che non ebbe mai tanto bisogno delle preghiere dei suoi figli come oggi. Siate vigilanti e rimanete saldi nella fede. La persecuzione si avvicina e sconvolgerà, e rovinerà e desolerà le nostre contrade". Fu davvero profeta.
Motto dei martiri di Gorcum era questa, dettato loro da San Nicolò Pick: "Il Papa è la pietra angolare, la roccia su cui è costruita la Chiesa di Cristo; staccarsi dal Papa è come staccarsi dalla Chiesa; rinunciare alla Chiesa è rinunciare a Gesù Cristo, di cui la Chiesa è sposa". Questo atto di fede con fermezza di convinzione, fu ripetuto dai martiri.
Una volta fu inviato loro in carcere un certo Giovanni Omal, già sacerdote cattolico, e canonico della cattedrale di Liegi, poi apostata e fanatico calvinista. Le sue parole non riuscirono a smuovere gli eroici confessori della fede. Omal, pieno di furore, uscendo gridò: "Ebbene, vilissimi papisti, preparatevi alla più spietata e infame morte! Maledetti, vi pentirete della vostra ostinazione!".
Nei Paesi Bassi la rivolta protestante, divenuta lotta nazionale contro gli Asburgo, scagliò i Geusi contro i religiosi cattolici.
Nel 1572, a Gorcum, i Geusi del mare, veri pirati, impiccarono un domenicano, un agostiniano, quattro preti secolari, undici Frati Minori, tra cui Sant’Antonio da Werten, che più volte torturato, sostenne i confratelli fino all’ultimo e sotto tortura ringraziava il carnefice.
Furono seviziati in mille modi perché rinunciassero alla fede cattolica, nell’Eucarestia e nel primato del Romano Pontefice; tutti rimasero saldi nella fede e perciò furono messi a morte il 9 luglio 1572. Sant’Antonio da Werten aveva 50 anni e insieme ai suoi compagni di martirio venne canonizzato da Pio IX il 29 giugno 1867.
(Autore: Don Luca Roveda – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Antonio di Weert, pregate per noi.
*Sant'Aureliano di Arles - Vescovo (16 giugno)
Aureliano fu eletto vescovo di Arles nel 546. Su richiesta del e Childeberto, fu nominato da papa Vigilio vicario della Sede Apostolica nella Gallia e investito del pallio.
Fondò il monastero di S. Pietro, cui diede una regola ispirata a quella di San Cesario e partecipò al concilio di Orléans del 549, nel quale fu rinnovata la condanna di Nestorio e di Eutiche.
Ricevette una lettera, del 29 aprile 550, da Vigilio in risposta a una sua, in cui si lamentava dell'atteggiamento papale riguardo ai "tre capitoli".
Il pontefice si giustificò dicendo che non intendeva ammettere alcuna proposizione contro quanto stabilito dai concili di Nicea, di Calcedonia e di Efeso (I) e gli domandò di intervenire presso Childeberto affinché costui ottenesse dall'ariano Totila e dai Goti, il rispetto della Chiesa di Roma.
Aureliano morì a Lione, forse il 16 giugno 551, e fu sepolto nella basilica dei Santi Apostoli. Menzionato da Floro e da Adone, il nome di Aureliano figura anche nel Martirologio Romano, che ne ricorda la festa nella data di oggi. (Avvenire)
Etimologia: Aureliano = oro e sole - latino e greco; che brilla, splendente - dall'etrusco
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Lione in Francia, deposizione di Sant’Aureliano, vescovo di Arles, che, nominato vicario in Francia dal Papa Vigilio, eresse due monasteri nella sua città, l’uno maschile, l’altro femminile, dando loro una regola da lui redatta.
Aureliano fu eletto vescovo di Arles nel 546. Su richiesta del e Childeberto, fu nominato da papa Vigilio vicario della Sede Apostolica nella Gallia e investito del pallio. Fondò il monastero di S. Pietro, cui diede una regola ispirata a quella di San Cesario e partecipò al concilio di Orléans del 549, nel quale fu rinnovata la condanna di Nestorio e di Eutiche.
Ricevette una lettera, del 29 aprile 550, da Vigilio in risposta a una sua, in cui si lamentava dell'atteggiamento papale riguardo ai "tre capitoli".
Il pontefice si giustificò dicendo che non intendeva ammettere alcuna proposizione contro quanto stabilito dai concili di Nicea, di Calcedonia e di Efeso (I) e gli domandò di intervenire presso Childeberto affinché costui ottenesse dall'ariano Totila e dai Goti, il rispetto della Chiesa di Roma. Aureliano morì a Lione, forse il 16 giugno 551, e fu sepolto nella basilica dei SS. Apostoli.
Menzionato da Floro e da Adone, il nome di Aureliano figura anche nel Martirologio Romano, che ne ricorda la festa al 16 giugno.
(Autore: Pierre Villette – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Aureliano di Arles, pregate per noi.
*Santi Aureo, Giustina e Compagni - Martiri (16 giugno)
sec. V
Martirologio Romano: A Magonza nella Gallia belgica, ora in Germania, Santi Aureo, vescovo, Giustina, sua sorella, e compagni, martiri, che, si tramanda siano stati trucidati dagli Unni pagani mentre celebravano l’Eucaristia.
Santi Aureo, vescovo, Giustina, vergine, e Compagni, Martiri in Magonza
Secondo il Martirologio Romano (che assai probabilmente accoglie la notizia dal martirologio di Rabano Mauro; mentre Beda e Adone ne tacciono) Aureo, vescovo di Magonza, e la sorella di lui, Giustina, con altri cristiani sarebbero stati trucidati dagli Unni, di sorpresa, mentre tutti attendevano in chiesa alla celebrazione dei santi misteri.
A questo riguardo il Baronio sostiene che non è possibile stabilire se questi santi abbiano subito il martirio al tempo dell'invasione degli Unni o durante l'invasione di altri barbari.
Comunque, pur nell'impossibilità di precisare la data di tale massacro, la più probabile sembra quella del 451.
In ogni modo, non si può dubitare delle violente invasioni di barbari in Magonza, sia perché questa città, appunto perché situata alla frontiera dell'Impero romano, non poteva essere sottratta alla mira dei barbari, sia perché di tali invasioni abbiamo due significative testimonianze scritte. La prima è quella di Ammiano Marcellino nel Rerum gestarum libri.
L'altra testimonianza è di san Gerolamo, il quale, scrivendo nel 409 a Geruchia, giovane vedova, e volendole sconsigliare le seconde nozze, le descrive le innumerevoli calamità e le miserie del mondo, citandole, tra l'altro, il seguente fatto: «Moguntiacum, nobilis quondam civitas, capta atque subversa est, et in Ecclesia multa hominum millia trucidata»
Nel sec. VII, i corpi di questi martiri furono tratti dal pozzo dov'erano stati gettati e furono esposti alla venerazione dei fedeli nella chiesa di Sant'Albano in Magonza.
Per quanto riguarda la passio e ancora di più la narrazione dei miracoli di cui è autore Gosvino e parimenti la passio, inventio e translatio composte da Sigeardo (sec. XIII), bisogna osservare che non si tratta di documenti sicuri.
Questi santi si commemorano il 16 giugno.
(Autore: Pietro Bertocchi - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Aureo, Giustina e Compagni, pregate per noi.
*San Bennone (Benno) di Meissen - Vescovo (16 giugno)
Sassonia XI secolo – Meissen, 16 giugno 1107
Benno (o Bennone), vescovo di Meissen, in Sassonia, quando nel 1085 fu deposto dall'imperatore Enrico IV (per aver difeso Papa Gregorio VII) gettò le chiavi del duomo nel fiume Elba.
Tornando, anni dopo, le recuperò dal ventre di un pesce. Spesso perciò viene raffigurato mentre accade questo miracolo. Ed è per questo patrono dei pescatori. Lo è anche della diocesi di Dresda-Meissen e di Monaco di Baviera. Qui viene festeggiato con grande solennità e anche folklore (un tempo c'era una birra che portava il suo nome). Morì nel 1106 dopo 40 anni di episcopato.
Fu canonizzato nel 1523 da Adriano VI. E la solenne esumazione delle spoglie, avvenuta l'anno dopo, diede occasione a Lutero per scrivere un violento pamphlet contro il culto dei santi. Divenuta la Sassonia protestante, la tomba di Benno venne distrutta. Ma le reliquie erano già state portate a Monaco, nella Frauenkirche, dove sono tuttora. (Avvenire)
Martirologio Romano: A Meissen nella Sassonia in Germania, san Benno, vescovo, che per aver voluto conservare l’unità della Chiesa e la fedeltà al Romano Pontefice fu scacciato dalla sua sede e mandato in esilio.
S. Bennone o Benno, nacque da una nobile famiglia della Sassonia in un anno imprecisato del sec. XI; nel 1062 era cappellano a Goslar e nel 1066 venne nominato vescovo di Meissen dall’imperatore Enrico IV, come era consuetudine allora, venendo poi consacrato dall’arcivescovo di Magdeburgo Werner.
Durante la guerra fra i Sassoni e l’imperatore, Bennone si schierò con i suoi compatrioti, pur senza prendere parte attiva negli scontri; finite le ostilità poté riappacificarsi col sovrano.
Ma questo non impedì, che il territorio di Meissen fosse invaso dai soldati, i quali lasciati liberi di farlo, da Enrico IV, saccheggiarono le proprietà vescovili e imprigionarono lo stesso vescovo.
Riottenne la libertà quando nel 1076, Enrico IV fu scomunicato; partecipò agli eventi successivi che portarono sul trono Rodolfo di Svevia; nel 1085 insieme al suo metropolita, sostenne Papa Gregorio VII (1073-1085) nella sua lotta con l’Impero di Germania, per l’investitura dei vescovi, ma i fautori di Enrico IV nella Dieta di Magonza, lo fecero deporre e lo sostituirono sulla cattedra episcopale di Meissen da un certo Felice.
Dopo la morte di Gregorio VII nel 1085, Bennone venne in Italia e fece atto di ubbidienza all’antipapa Guiberto, riottenendo così il suo vescovado, dove rimase senza altri eventi fino al 1088, gratificato dai doni dell’imperatore.
Le notizie storiche su di lui terminano nel 1097, quando egli riconobbe il legittimo Papa Urbano II; morì probabilmente il 16 giugno del 1107.
Nel 1285, il suo corpo fu tolto dal sepolcro e deposto in un urna sull’altare e da allora avvennero molti miracoli per sua intercessione.
È autore di molti scritti esegetici sui Vangeli.
Fu canonizzato con solennità nel 1523 da Papa Adriano VI, in questa occasione Martin Lutero compose un libello contro il culto dei Santi, a lui rispose Girolamo Emser, che aveva scritto e pubblicato nel 1512 la ‘Vita’ di San Bennone.
Quando la Sassonia, passò al protestantesimo, la sua tomba e l’altare furono distrutti, ma le reliquie erano state salvate dal vescovo Giovanni VIII, che le aveva trasferite nel suo castello di Stolp, in seguito giunsero a Wurzen e poi a Monaco di Baviera e infine nel 1580 definitivamente nella cattedrale di Meissen.
Patrono della stessa città e della Baviera, è ricordato il 16 giugno.
Nell’iconografia è rappresentato in abiti episcopali mentre estrae dal ventre di un grosso pesce, che gli viene portato da un pescatore, le chiavi della cattedrale di Meissen, che secondo una leggenda dell’epoca, sarebbero state buttate nel fiume Elba, quando Enrico IV fu scomunicato e lui era partito per Roma.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Bennone di Meissen, pregate per noi.
*San Ceccardo di Luni - Vescovo e Martire (16 giugno)
Ceccardo visse nel IX secolo e morì martire a Luni, forse nell'860, quando la città fu distrutta dai normanni di re Hastings che, secondo un'antica leggenda avrebbe confuso Luni con Roma.
In un atto dell'816 si parla di Ceccardo come "clericus filuis Siribaldi", che sarebbe stato il successore del vescovo Petroaldo, citato nel Concilio di Roma dell'826. L'epigrafe in un'ara rinascimentale, che parla della morte del vescovo Ceccardo avvenuta nel 600, è stata invece rifiutata di storici.
Emblema: Bastone pastorale, Palma
Martirologio Romano: A Carrara in Toscana, transito di san Cecardo, vescovo di Luni e Sarzana, che, iniquamente ucciso da alcuni tagliapietre presso le cave di marmo, ebbe fama di martire.
Luni, la città etrusca posta sul confine tra la Liguria e la Toscana, un tempo ricca e prosperosa, deve forse la sua più terribile devastazione a un errore di calcolo della flotta vichinga, che navigava lungo le sponde del Mediterraneo alla caccia di tesori da depredare, di bottini e di città da saccheggiare.
I Normanni di re Hasting, secondo un'antica leggenda, avrebbero confuso Luni con Roma, vittima prescelta delle loro scorrerie. I Normanni o Vichinghi, nell'850, avevano già messo stabilmente piede in Inghilterra e varcato pure lo stretto di Gibilterra. Roma era l'ultima meta agognata: sapevano che la città dei Cesari si intravedeva di lontano, e quando, dopo aver doppiato un promontorio, scorsero una città splendente ai raggi del sole, credettero di avere raggiunto la meta.
Re Hasting escogitò un piano ingegnoso: lasciate le navi a un approdo poco lontano, entrò in città da solo. Fece intendere di voler barattare vettovaglie per i suoi uomini con oggetti preziosi e poi domandò al vescovo di essere istruito nella religione di Cristo ed essere ammesso al battesimo. Nell'826 il suo predecessore re Aroldo, dopo la prima predicazione del monaco Ansgario, aveva fatto altrettanto. Ma Hasting aveva ben altre disposizioni d'animo. Ammesso nella comunità cristiana, si finse ammalato e, appena rientrato tra i suoi uomini, simulò d'esser morto.
I cittadini di Luni e il loro vescovo andarono allora a prelevare la salma per seppellirla in terra benedetta, ma appena il feretro, accompagnato dai Vichinghi, giunse nella cattedrale, dalla cassa scoperchiata balzò fuori re Hasting, vivo e vegeto e armato di tutto punto.
Era il segnale del grande eccidio, nel quale perì lo stesso vescovo. A parte la colorazione leggendaria, l'incursione normanna che segnò il definitivo declino di Luni avvenne effettivamente nell'860. Ma ci sono due versioni sul ruolo che ebbe S. Ceccardo, al quale, secondo una di queste versioni, sarebbe toccato il compito di ricostruire materialmente e spiritualmente la bella città etrusca, quale successore del vescovo Gualchiero, perito nell'eccidio.
Ceccardo, infatti, recatosi nei pressi di Carrara per scegliere i marmi della nuova cattedrale, vi sarebbe stato trucidato da intemperanti "barbari" che non amavano le pie esortazioni del vescovo. Secondo l'altra versione, più attendibile e suffragata da antiche fonti scritte, S. Ceccardo sarebbe stato il pastore di Luni durante la strage, di cui fu la vittima più illustre.
I lunigiani superstiti, sfuggiti al massacro, avrebbero portato con sé la salma del Santo vescovo, che trovò definitiva sepoltura a Carrara, la città che diede asilo ai profughi.
(Autore: Piero Bargellini – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Ceccardo di Luni, pregate per noi.
*Santi Domenico Nguyen e Compagni - Martiri (16 giugno)
Martirologio Romano: Nella città di Lăng Cốc nel Tonchino, ora Viet Nam, Santi martiri Domenico Nguyên, medico, Domenico Nhi, Domenico Mạo, Vincenzo e Andrea Tường, contadini, che, arrestati per la loro fede cristiana e a lungo torturati in carcere, morirono infine decapitati sotto l’imperatore Tự Đức.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Domenico Nguyen e Compagni, pregate per noi.
*Sant'Elidano (Elidan) - Venerato nel Galles (16 giugno)
Sebbene questo nome non appaia in alcuna genealogia di Santi, nei Iolo MSS. (1848, p. 144) è presentato come quello di un santo nella valle di Glwyd.
Esso è attualmente una delle forme gallesi (l'altra è Ilid) del nome di Julitta, la madre del bimbo martire San Quirico.
Sembra che una monaca così chiamata risiedesse a Llangurig.
La chiesa di Llanelidan, nel Denbighshire, presuppone un Sant’Elidan, presumibilmente gallese.
«Egli è stato variamente presentato come un cavaliere, un re in Snowdonia ed un vescovo» (Lloyd-Verney, Description of parish churches of Llangurig, 1892, p. 60).
La sua festa era celebrata il 16 giugno.
(Autore: John Stéphan – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Elidano, pregate per noi.
*Santi Ferreolo e Ferruccio - Martiri (16 giugno)
† Besançon (Francia), 211 ca.
Etimologia: Ferruccio = uomo di ferro, tutto d'un pezzo, dal latino
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Besançon nella Gallia lugdunense, ora in Francia, Santi Ferréolo e Ferruccio, martiri.
San Ferrruccio, Diacono, e San Ferreolo, Prete, martiri a Besançon
San Ferruccio e San Ferreolo, sono menzionati in Francia con varie varianti dei nomi, al punto che si è pensato che trattasi di una sola persona; ma San Gregorio di Tours (538-594) vescovo e storico, nelle sue opere parla già di due martiri distinti.
San Ferreolo e Ferruccio, essendo studenti ad Atene, furono convertiti al cristianesimo da Policarpo, poi diventati membri della comunità cristiana di Lione, ebbero l’incarico da Sant’ Ireneo, vescovo della città, di evangelizzare Besançon, Ferreolo come prete e Ferruccio come diacono.
Il loro attivo apostolato durò trenta anni, ottenendo strepitosi conversioni, fra le quali quella della moglie di Claudio, prefetto della Gallia Sequana, (i Sequani erano un’antica popolazione celtica della Gallia Belgica, che in parte era stata devastata dai romani).
Il prefetto allora, irritato ordinò di arrestarli e di infliggere loro delle torture; vennero frustati a sangue e incarcerati in una prigione, dove essi continuarono a pregare anche dopo che fu tagliata loro la lingua; alla fine dopo aver subito altri tormenti, vennero decapitati, insieme ad altri cristiani.
Questo avvenne come periodo, all’inizio del regno di Caracalla, verso il 211-12. Ferreolo compare in un successivo catalogo del secolo XVII come vescovo, ma la liturgia di Besançon ha sempre onorato Ferreolo come prete e Ferruccio come diacono; le loro reliquie, furono credute disperse per un lungo periodo, ma al tempo del vescovo Sant'Aniano di Besançon, nel secolo IV, furono per caso ritrovate, il vescovo fece erigere una basilica sulla cripta della loro tomba.
Su questa cripta avvennero vari miracoli, come attesta San Gregorio di Tours, che riferisce di una guarigione miracolosa, avvenuta a suo cognato, con l’infuso di salvia proveniente dalla suddetta cripta.
Dal secolo VI comunque, il culto per i due santi martiri è fortemente professato e ricordato in vari testi liturgici ed agiografici.
Essi sono vivamente venerati in tutta la Francia - Contea; il “Martirologio Romano” li ricorda al 16 giugno, giorno in cui le diocesi di Saint-Claude e Besançon, celebrano i loro apostoli i quali sono pure patroni di quest’ultima città.
Si racconta che quando Besançon è minacciata da qualche calamità, si possono vedere passare sulle mura della città delle luci, che ricordano ai concittadini il celeste patrocinio dei due santi martiri.
San Ferreolo e San Ferruccio, sono rappresentati in vetrate, quadri, statue di moltissime chiese e cappelle delle due diocesi della Francia - Contea.
Esistono ancora oggi, dedicate agli apostoli della provincia dei Sequani, ben quattro chiese nella diocesi di Saint-Claude e una ventina in quella di Besançon.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Ferreolo e Ferruccio, pregate per noi.
*Beato Gaspare Burgherre - Mercedario (16 giugno)
+ 1497
Procuratore generale dell’Ordine Mercedario presso la Curia Romana, il Beato Gaspare Burgherre, si dimise spontaneamente da tale incarico per dedicarsi alla redenzione.
Recatosi in Africa liberò 200 schiavi dalle tirannie dei nemici della fede cattolica e altri ne liberò in Andalusia (Spagna).
Finché vecchio e pieno di meriti morì nell’anno 1497.
L’Ordine lo festeggia il 16 giugno.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Gaspare Burgherre, pregate per noi.
*Santa Giulitta (o Giuditta) - Martire (16 giugno)
Durante la persecuzione di Diocleziano ad Iconio, città della Licaonia (oggi in Turchia) si trovava Giulitta, donna ricca e nobile, la quale era rimasta vedova con un figlio in tenera età, Quirico. Lasciata la sua città e i suoi averi, per sfuggire alla persecuzione, scese con le sue ancelle verso la Seleucia.
Ritenne però prudente proseguire per Tarso, nella Cilicia, dove fu raggiunta e fatta arrestare col suo bambino dal governatore romano Alessandro, con l'accusa di essere cristiana.
Sottoposta a lunghi interrogatori per farla abiurare, rifiutandosi di sacrificare agli dei, confessò la sua fede.
Una leggenda narra che Alessandro teneva il fanciullo sulle sue ginocchia. Quirico, vista la madre sofferente e sentite le sue parole, si disse anch'egli cristiano e morì scaraventato a terra dal governatore.
La madre, pur impietrita dal dolore, restò ferma nella fede. Poi, dopo strazianti torture, fu consegnata al boia per essere decapitata.
Un altro racconto, però, dice che i due furono arsi vivi ma che i loro corpi, miracolosamente si mantennero intatti. Il martirio del più giovane martire cristiano con la madre si colloca intorno al 304. (Avvenire)
Etimologia: Giulitta = appartenente alla 'gens Julia', illustre famiglia romana, dal latino
Emblema: Palma
Martirologio Romano: In Asia Minore, commemorazione dei Santi Quirico e Giulitta, martiri.
Giulitta, nativa di Cesarea e di Cappadocia, consumò in questi luoghi il martirio verso il 307. Gli imperatori Diocleziano e Massimiano avevano pubblicato un editto con il quale si negava ai Cristiani qualunque tutela della legge.
Un farabutto di Cesarea ne approfittava, usurpando a Giulitta gran parte del suo patrimonio.
Questa istituì causa formale contro l’usurpatore; ma l’accorto uomo protestò che essa non poteva agire legalmente perché cristiana, e che la legge non permetteva alcuna azione legale a chiunque rifiutava l’adorazione degli dèi dell’impero.
Il giudice in conformità agli editti dichiarava naturalmente che Giulitta avrebbe usufruita la protezione della legge unicamente sacrificando agli dèi. Ma Giulitta, per rimanere fedele alla sua fede, si dichiarò disposta e decisa a rinunziare a tutto, anche all’onore e alla vita.
A questa forte professione di fede, il giudice le negò subito qualunque procedimento nella causa. Anzi, come cristiana, le fece le interrogazioni di uso ai martiri citati nei tribunali.
Giulitta, con calma e tranquillità, rispose di essere serva di Gesù Cristo Dio, al quale non avrebbe mai rinunciato. Fu allora condannata alla confisca di tutti i suoi beni e ad essere bruciata viva.
La grave sentenza non intimorì l’eroica Martire, ma si vide in quel momento trasparire dal suo volto tutta la felicità di cui era inondato il suo cuore. Giulitta mostrava a tutti che, con l’aiuto di Dio, una debole donna poteva divenire più forte di qualsiasi supplizio.
Intanto fuori della città era stato acceso un gran rogo dove la Martire doveva essere gettata, e Giulitta andò ad esso come una sposa al banchetto nuziale.
La folla dei curiosi era là attorno alla catasta per godere del lugubre spettacolo, ma Dio la volle far testimone di un meraviglioso prodigio: appena Giulitta venne buttata sul fuoco, la sua anima volò a Gesù e il suo corpo, protetto da una arcata di fiamme, rimase illeso e intatto.
Fu seppellita nel vestibolo del tempio della città e vicino alla sua tomba sgorgò prodigiosamente una fontana d’acqua dolce e salutare per gli ammalati. San Basilio dice che la Martire ripeté la grazia che il profeta Eliseo fece a quelli di Gerico, mutando con la sua benedizione in acqua dolce e gradita quella che era inquinata.
(Autore: Antonio Galuzzi – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Giulitta, pregate per noi.
*Sante Griciniana e Actinea - Martiri (16 giugno)
Volterra, † 303 circa
Purtroppo le notizie sulle due Sante Griciniana e Actinea, sono davvero poche e nel contempo poco attendibili.
È probabile che fossero originarie di Volterra o dei territori circostanti; sembra che siano state decapitate nel 303, al tempo dell’ultima sanguinosa persecuzione contro i cristiani, attuata dall’imperatore Diocleziano (243-313) e dal suo associato l’imperatore Massimiano (250-310).
Actinea e Griciniana sono menzionate in una lettera di un Papa Innocenzo, ma si è discusso inutilmente se fosse Innocenzo II (1130-1143) o Innocenzo III (1198-1216), con la quale si permetteva di solennizzare il giorno della traslazione delle loro reliquie e di cantarne l’Ufficio liturgico proprio.
Le loro reliquie furono scoperte nel 1140, a Volterra, nel monastero dei Santi Giusto e Clemente; attualmente le reliquie o buona parte di esse, sono venerate nella Collegiata della Madonna Assunta, della medioevale cittadina di Casole d’Elsa, a poca distanza dall’etrusca Volterra, dove furono ritrovate.
Altro non si sa, la loro festa liturgica a Volterra, Val d’Elsa e nella provincia senese, si celebra il 16 giugno, forse a ricordo del giorno della traslazione delle reliquie.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sante Griciniana e Actinea, pregate per noi.
*Beato Guglielmo di Monferrato - Domenicano (16 giugno)
+ 1237-1238
Di nobile discendenza, era parente prossimo, se non figlio di un marchese di Monferrato che l’imperatore mandò in legazione nel reame di Arles e a cui affidò la Quarta crociata. Guglielmo abbracciò la vita ecclesiastica.
Recatosi a Roma nel 1217 per celebrare la quaresima, fu ospitato dal cardinale di Ostia Ugolino, erede dello spirito di Innocenzo III, collaboratore del vivente Papa Onorio III e futuro Papa Gregorio IX.
Qui vi conobbe San Domenico, che frequentava assiduamente il cardinale e rimase conquistato dal suo modo di fare: ne nacque una cordiale amicizia. Essi amavano intrattenersi su argomenti spirituali, sulla propria salvezza e su quella del prossimo.
Mai Guglielmo si era incontrato con un uomo così religioso, tra tanti di vita regolare con i quali era venuto in contatto. Soprattutto mai ne aveva visto un altro divorato, come Domenico, dalla sete delle anime.
A sua volta San Domenico predilesse quel giovane e gli aprì il cuore. Era uno dei tratti caratteristici del suo temperamento, questa confidenza affettuosa che istintivamente lo portava verso i giovani dal cuore puro e dalla generosità sorgiva. Domenico sapeva attrarli verso di sé senza mai opprimerli con la sua personalità, ma condividendo gli alti ideali di cui egli stesso viveva. E confidò a Guglielmo la sua nostalgia per le missioni tra i pagani e per il ministero immediato.
Certo, istituendo il suo Ordine, preparando una generazione di autentici apostoli, indirettamente lavorava alla salvezza delle anime: ma come avvertiva la pena di non poter personalmente attendere all’apostolato! Domenico voleva senz’altro ricominciare a predicare e soprattutto ai pagani.
Guglielmo lo capiva perfettamente: anch’egli lo desiderava e decise di seguirlo. Solo si rendeva conto dell’impreparazione intellettuale. Presero allora questa decisione: Guglielmo si sarebbe subito recato a Parigi e dopo due anni, terminata la teologia, avrebbe raggiunto Domenico.
Questi, avendo nel frattempo organizzato il suo Ordine, sarebbe insieme partito alla volta della Prussia e delle regioni del Nord per convertire i pagani. In quel periodo Domenico pare abbia lasciato crescere la barba, come conviene ai missionari.
Guglielmo partì alla volta di Parigi dove nel 1219 ricevette presso Saint-Jacques dalle mani di San Domenico l’abito dei predicatori. Guglielmo seppe far tesoro degli studi teologici e trascorsi i due anni previsti si affiancò a San Domenico nel ministero di salvezza, diventando suo confratello e, per quasi un anno, suo principale compagno di viaggio.
Lasciata Parigi si diressero a Bologna passando per il Sempione o il Gran San Bernardo. In seguito lo accompagnò da Bologna a Firenze e da qui a Viterbo per incontrare Papa Onorio III. Il Papà affidò a San Domenico un incarico a Roma e il Beato Guglielmo lo accompagnò nuovamente, assistendo a diversi miracoli operati dal Santo.
Il Beato Guglielmo accompagnò San Domenico per più di un anno nei suoi viaggi, in cui compiva ogni giorno tappe di quaranta o cinquanta chilometri, sempre a piedi nudi, senza alcun riguardo nel vitto, spesso accontentandosi del tozzo di pane mendicato di porta in porta. Alla sera si ritiravano in qualche ospizio brulicante di poveri pellegrini.
Ma San Domenico, anziché coricarsi, andava in Chiesa a pregare, almeno fino a mattutino e quando finalmente cedeva al sonno si gettava vestito su un po’ di paglia e mai su un letto.
Il Beato Guglielmo fu legato dall’amicizia con San Domenico, amicizia fatta di ammirazione e di rispetto, di comunanza di ideali, di sforzi condivisi lungo la medesima strada.
Il Beato Guglielmo ottenne dal Papa che l’Ordine dei Predicatori fosse esentato da qualsiasi compenso per gli atti emessi dalla cancelleria.
Sul finire del 1220 il Papa inviò a Parigi il Beato Guglielmo di Monferrato con lettere indirizzate all’Università di Parigi, ai benedettini e ai domenicani di Parigi.
Nel 1233 fu presente a Bologna all’apertura della tomba di San Domenico: fu presente a quando sollevato il coperchio furono avvolti da un intenso e soavissimo profumo, nonostante che il corpo di Domenico fosse ridotto alle sole ossa.
Quel profumo, diverso per natura e intensità da ogni altro profumo, rimase a lungo nella fossa, sulle mani e sugli oggetti venuti a contatto con le reliquie del Santo e si avvertì ripetutamente per oltre un anno nella Chiesa. Guglielmo depose anche per la causa di beatificazione di San Domenico.
In seguito predicò in Piemonte poi partì per le missioni d’Oriente ove si impegnò a fondo per l’unione della Chiesa greca con la Chiesa Cattolica.
Morì verso il 1237-1238. Era festeggiato il 16 giugno.
(Fonte: www.villaschiari.it)
Giaculatoria - Beato Guglielmo di Monferrato, pregate per noi.
*Beata Limbania - Vergine (16 giugno)
Limbania nacque, secondo la tradizione, nell'isola di Cipro, che fu dominio dei Genovesi, ed ancora giovinetta, onde serbare per Dio la sua verginità, abbandonò la sua famiglia e giunse a Genova, dove fu accolta fra le monache del monastero di San Tommaso, che era presso il lido della città., ed ivi visse lungamente nella pratica di molte penitenze.
Il suo culto era diffuso nella diocesi di Genova fin dal secolo XIII. Secondo indicazioni sicure, verso il 1294, la testa di una santa o beata chiamata L. era venerata nella chiesa di San Tommaso a Genova. Ma sull'identità di Limbania, o l'epoca in cui ella sarebbe vissuta, non si ha alcun dato storico.
Le lezioni dell'Ufficio proprio, approvato nel 1609, affermano che la santa, vissuta nel sec. XII, era originaria di Cipro e aveva lasciato la sua terra natale, per conservare la propria verginità. Visse come reclusa nel monastero benedettino di San Tommaso, scegliendo una cavità sotto il pavimento della cucina, dove condusse una vita di straordinaria penitenza, flagellandosi con verghe di ferro.
Nel 1509 la chiesa di San Tommaso passò alle suore Agostiniane, che, a torto, collegarono Limbania al loro Ordine.
Il culto della santa si estese.
Nel 1344 si ebbe un processo canonico sui suoi miracoli; nel 1432 un altare fu consacrato al suo nome e nel 1562 venne fusa una campana che portava la sua effigie. Il libro dei Miracula fu redatto verso il 1600. La festa di Limbania fu celebrata nella chiesa di San Tommaso il 16 agosto e, a Genova, il 16 giugno.
Anche nel Menologio henedettino Limbania è iscritta al 16 giugno. Quando, nel secolo scorso, l'antica chiesa fu distrutta, le reliquie furono deposte in un'urna con quelle di altri santi e trasferite nel nuovo santuario.
(Autore: Rombaut Van Doren - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Limbania, pregate per noi.
*Santa Lutgarda - Religiosa (16 giugno)
Tongres, 1182 - Aywières, Brabante, 16 giugno 1246
Martirologio Romano: Nel monastero delle monache cistercensi di Aywières in Brabante, nell’odierno Belgio, Santa Lutgarda, vergine, insigne per la devozione verso il Sacro Cuore di Gesù.
Santa Lutgarda (lat. Liudgarda, Liutgardis, Lutgardis; ted. Luitgard, Lutgard), patrona dei Fiamminghi.
La “Vita Lutgardis” fu compilata in meno di due anni dopo il trapasso della Santa; l'autore era uno dei suoi familiari la cui testimonianza è, quindi, importante per quanto vada considerata con prudenza e spirito critico. D'altra parte, egli modificò il suo racconto dopo il 1254, per l'intervento di un altro familiare di Lutgarda, fra Bernardo, penitenziere di Innocenzo IV.
Questa Vita ebbe un certo successo, a giudicare dalle versioni popolari, in lingua fiamminga, che fiorirono ad intervalli regolari; citiamo in proposito quelle di Guglielmo d'Afflighem e di Gerardo.
Nata a Tongres, Lutgarda a circa dodici anni (?) entrò fra le Benedettine di Santa Caterina a Saint-Trond. Eletta priora, nel giorno stesso della nomina lasciò il suo monastero per raggiungere infine, certamente dopo soste nelle comunità di Awirs (presso Liegi) e di Lillois, Aywières, comunità di lingua francese, dove Lutgarda si ostinò a parlare fiammingo.
Appartenendo a quel gruppo di pie donne del XIII sec. che condussero una vita mistica piuttosto eccezionale, come Cristina di Saint-Trond, Giuliana di Cornillon, Ida di Nivelles ecc., Lutgarda fu particolarmente privilegiata dal Sacro Cuore che le concesse apparizioni e incontri commoventi; si sottopose a un regime di eccessiva austerità per la conversione degli albigesi, di alcuni signori della regione e dei poveri peccatori dei dintorni.
Avrebbe ottenuto guarigioni miracolose per intercessione delle anime del Purgatorio e beneficiato di premonizioni specialmente relative alla duchessa di Brabante e alla propria morte. Divenuta cieca, visse ancora per undici anni esercitando un certo influsso benefico sui devoti del suo tempo.
Fu beatificata "modo antiquo" e la sua tomba, nel coro di Aywières sul lato destro, fu oggetto di viva devozione.Il 4 dicembre 1796 la comunità, per sfuggire alle conseguenze della Rivoluzione, si rifugiò a Ittre con le reliquie della santa, esumate nel sec. XVI.
Nel 1870 queste preziose spoglie divennero proprietà della chiesa parrocchiale per passare, sette anni dopo, a Bas-Ittre dove sono custodite tuttora.
La festa della santa si celebra il 16 giugno.
Iconografia
Le non numerose rappresentazioni della santa, se si eccettua qualche figura generica, in abito monacale, con un libro e un rosario in mano, fanno riferimento alle sue mistiche visioni.
Mentre scambia il suo cuore con quello di Gesú (cor mutuans corde); in atto di accogliere sulle labbra un lungo filo di sangue che parte dal costato di Gesú (una scena che riprende il motivo dell'allattamento mistico di San Bernardo); infine mentre morente si accosta alla croce da cui Gesú stacca il braccio destro per stringersela al petto.
Tra le varie opere d'arte, tutte del sec. XVII, ricordanti questi episodi sono: il gruppo marmoreo di Matthias Brun sul ponte Carlo IV di Praga; una xilografia di Teresa Pruner; il dipinto di Pierre Bradl nella chiesa di Sedlec in Boemia; quello del Goetz nella chiesa di Birnau in Svezia.
(Autore: Mireille De Somer - Angelo Maria Raggi - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Lutgarda, pregate per noi.
*Beata Maria Teresa Scherer - Religiosa (16 giugno)
Meggen, Svizzera, 31 ottobre 1825 - Ingenbohl, 16 giugno 1888
Fondò in Svizzera la Congregazione delle Suore della Carità della Santa Croce, per l'assistenza ai poveri e infermi.
Etimologia: Maria = amata da Dio, dall'egiziano; signora, dall'ebraico
Martirologio Romano: Nel territorio di Ingenbohl nel cantone di Schwyz in Svizzera, Beata Maria Teresa (Anna Maria Caterina) Scherer, vergine, che per prima resse le Suore della Carità della Santa Croce.
Caterina Scherer, figlia di Carlo e Maria Sigrist agricoltori, nacque il 31 ottobre 1825 a Meggen nel Cantone di Lucerna in Svizzera. A sette anni rimase orfana di padre per cui fu accudita fino ai sedici anni da altri parenti.
Il suo naturale ingegno fece sì che fosse inviata a studiare a Lucerna presso alcune suore dedite alla cura degli ammalati ricoverati nel nosocomio della città, qui dovette farsi forza per superare l’innata ripugnanza che provava al contatto degli ammalati specie non autosufficienti.
Ma i disegni di Dio sono imperscrutabili, durante un pellegrinaggio al santuario di Einsiedeln sentì in sé la chiamata alla vita religiosa e poi ebbe l’incontro decisivo, il 5 ottobre 1844 con il cappuccino Teodosio Fiorentini, fondatore della Congregazione delle Suore della Carità della S. Croce di Ingenbohl a cui lei aderì con l’intento di affiancarlo nell’opera e quindi è considerata cofondatrice.
Il 27 ottobre 1845 nella cappella del convento di Wurmsbach presso Zurigo, Caterina Scherer pronuncia i voti insieme ad altre quattro prime compagne della nuova Congregazione, prendendo il nome di suor Maria Teresa.
Il 5 febbraio 1855 avvenne l’improvvisa morte del fondatore padre Teodosio Fiorentini e quindi tutte le responsabilità e preoccupazioni che la fondazione richiedeva, si concentrarono su di lei.
Nel 1857 divenne superiora generale nella casa madre di Ingenbohl e s’impegnò all’attuazione della Regola che dettava: “L’Istituto di Ingenbohl deve occuparsi dell’educazione e dell’istruzione della gioventù dalla culla fino alla formazione professionale, deve avere cura dei poveri e dei malati, dei derelitti, degli orfani, degli sventurati di ogni tipo e genere, dei prigionieri”.
La sua grande vitalità procurò fama e importanza alla congregazione che fu presto conosciuta anche fuori dalla Svizzera, sorsero opere sociali e assistenziali in tutta Europa; alla sua morte avvenuta ad Ingenbohl il 16 giugno 1888, le case erano 422 con più di 1500 suore; la sua tomba posta nella chiesa della casa madre è meta di continue peregrinazioni con attestati di grazie ricevute per sua intercessione. É stata beatificata da Papa Giovanni Paolo II il 29 ottobre 1995.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Maria Teresa Scherer, pregate per noi.
*San Palerio di Telese - Vescovo (16 giugno)
San Palerio, vescovo di Telese ed Equizio, diacono
I due Santi sono legati alla questione dell’origine della diocesi di Telese e dei suoi primi vescovi. L’unica certezza è una lapide che attesta la rivelazione divina della presenza dei santi corpi e della loro sepoltura in luogo consono in San Martino V.C., consacrato dal vescovo Guglielmo di Avellino nel 1167.
La Chiesa di San Palerio, diruta, per varie avvenimenti, divenne cava di materiale edile; in questa occasione vennero riscoperte le sante reliquie e la lapide suddetta (anno 1712).
Dopo analisi dei resti, avvenuta a Benevento, il Cardinale Orsini (poi Benedetto XIII) fece trasportare le sante reliquia a San Martino V.C. e deporre sotto l’altare maggiore della Chiesa di San Giovanni Battista (5 marzo 1713).
Questo avvenimento riporta in luce la devozione verso i sue Santi, le cui sante reliquie sono venerate nella Chiesa Metropolitana di Benevento e nella Cattedrale di Telese.
La memoria liturgica concessa dalla Sacra Congregazione dei Riti nel 1795 per la diocesi di Benevento e Telese-Cerreto dispone: San Palerio - 16 giugno - Sant'Equizio - 18 giugno.
(Autore: Don Marco Grenci – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Palerio di Telese, pregate per noi.
*San Quirico - Martire (16 giugno)
Durante la persecuzione di Diocleziano ad Iconio, città della Licaonia (oggi in Turchia) si trovava Giulitta, donna ricca e nobile, la quale era rimasta vedova con un figlio in tenera età, Quirico.
Lasciata la sua città e i suoi averi, per sfuggire alla persecuzione, scese con le sue ancelle verso la Seleucia. Ritenne però prudente proseguire per Tarso, nella Cilicia, dove fu raggiunta e fatta arrestare col suo bambino dal governatore romano Alessandro, con l'accusa di essere cristiana.
Sottoposta a lunghi interrogatori per farla abiurare, rifiutandosi di sacrificare agli dei, confessò la sua fede.
Una leggenda narra che Alessandro teneva il fanciullo sulle sue ginocchia.
Quirico, vista la madre sofferente e sentite le sue parole, si disse anch'egli cristiano e morì scaraventato a terra dal governatore.
La madre, pur impietrita dal dolore, restò ferma nella fede. Poi, dopo strazianti torture, fu consegnata al boia per essere decapitata. un altro racconto, però, dice che i due furono arsi vivi ma che i loro corpi, miracolosamente si mantennero intatti. Il martirio del più giovane martire cristiano con la madre si colloca intorno al 304. (Avvenire)
Patronato: Bambini
Etimologia: Quirico (variante di Ciriaco)
Emblema: Bambino su un cinghiale, Palma
Martirologio Romano: In Asia Minore, commemorazione dei Santi Quirico e Giulitta, martiri.
San Quirico è uno dei più giovani martiri della cristianità, preceduto dai SS. Innocenti, trucidati da Erode a Betlemme, Giulitta è sua madre.
Durante la persecuzione di Diocleziano ad Iconio, città della Licaonia (regione dell'attuale Turchia) si trovava Giulitta, donna ricchissima e d'alto lignaggio, la quale era rimasta vedova con un figlio in tenera età battezzato coi nome Quirico. lasciata la sua città e i suoi averi, per sfuggire alla feroce persecuzione, scese con le sue ancelle verso la Seleucia.
Ritenne però prudente proseguire per Tarso, nella Cilicia, dove fu raggiunta e fatta arrestare coi suo bambino dai crudele governatore romano Alessandro, con l'accusa di essere cristiana.
Sottoposta a lunghi interrogatori al fine di farla abiurare, rifiutandosi di sacrificare agli dei, confessò con fermezza: lo sono cristiana.
Intanto il governatore Alessandro, che aveva tolto il fanciullo alla madre, lo teneva, quale estremo strumento di persuasione sulle sue ginocchia. M, racconta la Leggenda aurea, il fanciullo vedendo battere sua madre cominciò a piangere e a gridare e, sentendola professarsi cristiana, con franchezza che ha dei soprannaturale, fece altrettanto.
Il governatore imbestialito, preso il bambino per un piede, lo scagliò dall'alto dei suo seggio al suolo dinanzi alla madre, in modo che la piccola testa andò a battere contro i gradini dei tribunale, sui quali “schizzarono le tenere cervella”.
La madre, pur impietrita dal dolore, restò ferma nella fede ed anzi rese grazie a Dio perché il figlio l'aveva preceduta nella gloria dei Paradiso. Poi anch'essa, dopo strazianti torture, fu consegnata al boia per essere decapitata.
I loro corpi, raccolti da una fedele ancella, furono tenuti nascosti fino a quando il clima di pace e di sicurezza dell'era costantiniana permise che fossero esposti in luogo pubblico.
La data più probabile del loro martirio è il 15 luglio dei 304 (o 305), anche se la loro festa nella Chiesa occidentale è prevalentemente celebrata il 16 giugno.
Il racconto della Passione dei piccolo Quirico e di sua madre Giulitta ebbe tanta fortuna da venire presto, non solo estesamente divulgata, ma arricchita di particolari fantastici, tanto da far dubitare della sua stessa storicità.
Non molti anni dopo la loro morte il vescovo di lconio Teodoro, su richiesta dei vescovo Zosimo, avvalendosi di testimoni attendibili e documenti sicuri ricostruì fedelmente la drammatica storia di Quirico e Giulitta. l'estensione dei loro culto nel mondo cristiano è però una sicura garanzia dell'autenticità storica dei loro martirio.
In Occidente il loro culto si diffuse nel Medioevo soprattutto in Italia, Francia e Spagna. Il vescovo francese d'Auxerre S. Amatore (o Amanzio) tornando da una visita ai Luoghi Santi trasportò le reliquie da Antiochia a Marsiglia, dove furono deposte nell'Abbazia di S. Vittore. Amatore morì nel 418, e da quest'epoca comincia, forse, la diffusione in Occidente dei culto dei due SS. Martiri.
In Italia si contano una cinquantina di località che portano il nome di San Quirico (o Chirico), ma ben più numerosi sono i luoghi di devozione (chiese parrocchiali e non, oratori, etc.).
In Campania è individuato come unico luogo di culto la chiesa di Bolano (Salerno), dove la medievale devozione è attestata da un documento di vendita dell'801 (Codex Diplomaticus Cavensis 1,5 - Badia di Cava). Il nome Quirico, precisano i linguisti, sarebbe la forma volgare di Ciriaco. Entrambi derivano da Kyrios (cioè Signore, in greco) ed equivalgono al latino Dominicus.
(Autore: Comunità parrocchiale di Bolano (SA) – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Quirico, pregate per noi.
*San Similiano di Nantes - Vescovo (16 giugno)
sec. IV
Martirologio Romano: A Nantes sempre nella Gallia lugdunense, San Similiano, vescovo, che San Gregorio di Tours loda come grande confessore.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Similiano di Nantes, pregate per noi.
*San Ticone di Amato - Vescovo (16 giugno)
+ Amato (odierna Limassol), Cipro, 425 circa
Martirologio Romano: A Limassol nell’isola di Cipro, San Ticone, vescovo, al tempo dell’imperatore Teodosio il Giovane.
La città cipriota di Amato, odierna Limassol, ebbe tra i suoi primi vescovi proprio San Ticone, venerato nel sud dell’isola come patrono dei viticoltori. La tradizione vuole che provenisse da una famiglia povera e fosse figlio di un fornaio.
Una leggenda narra un episodio che giustificherebbe tale devozione: il santo vescovo un giorno acquistò una vigna, ma scarseggiava di mezzi per provvedere ad essa.
Un dì raccolse un tralcio secco che altri vignaioli avevano scartato, lo piantò pregando che si realizzassero ben quattro prodigi: che la linfa tornasse a dargli vita, che tornasse a produrre abbondanti grappoli, che i frutti fossero dolci e maturassero in fretta.
Anche in seguito i grappoli di questa vigna continuarono a maturare assai in anticipo rispetto agli altri e per tale ragione la festa del santo e la benedizione delle vigne si celebra il 6 giugno, cioè ben prima che gli altri vigneti abbiano i grappoli pronti per la vendemmia.
Parte della cerimonia consiste nello spremere un grappolo appena maturo in un calice.
San Ticone morì presso Amato verso l’anno 425 e la sua tomba divenne un luogo di culto assai celebre. Nel IX secolo San Giuseppe Innografo compose un ufficio in suo onore e San Giovanni l’Elemosiniere, patriarca alessandrino originario di Amato, scrisse la sua Vita. Uno studioso tedesco avanzò addirittura l’ipotesi che Ticone non fosse altro che una cristianizzazione del dio greco Priapo, protettore della fertilità, ma non è comunque in discussione la storicità dell’esistenza del santo vescovo di Amato.
(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Ticone di Amato, pregate per noi.
*Beato Tommaso Reding - Monaco Certosino, Martire (16 giugno)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Beati Martiri di Inghilterra, Galles e Scozia” Beatificati nel 1886-1895-1929-1987
+ Newgate, Inghilterra, 16 giugno 1537
Diciotto monaci Certosini di Londra morirono martiri tra il 1535 e il 1537, durante la persecuzione scatenata dal re Enrico VIII d'Inghilterra dopo lo scisma.
Per aver rifiutato di disconoscere l'autorità del Papa dieci monaci vennero imprigionati il 29 maggio 1537 nel carcere di Newgate, dove morirono di stenti: tra essi il 16 giugno 1537 fu la volta di Thomas Reding. Papa Leone XIII lo beatificò il 9 dicembre 1886 insieme ad altri martiri della medesima persecuzione.
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Londra in Inghilterra, Beato Tommaso Reding, martire, monaco della Certosa della città, che sotto il re Enrico VIII sostenne con fermezza l’unità della Chiesa e, tenuto per questo in catene in un sordido carcere, morì stremato dalla fame e dalla malattia.
Nella grande persecuzione contro i cattolici, decretata da Enrico VIII re d’Inghilterra, ogni Ordine religioso dell’epoca, unitamente al clero diocesano, lasciò un tributo di sangue e martirio per la difesa della Chiesa Cattolica.
Anche i certosini, per quanto benvoluti essendo monaci non dediti a nessuna attività politica, contribuirono a questo martirio; i monaci della Certosa di Londra ricevettero anch’essi la visita dei funzionari del re che in base al decreto emanato, chiedevano a tutti i maggiorenni, religiosi compresi, l'approvazione del ripudio da parte del re, della regina Caterina d'Aragona e quindi l'accettazione come sovrana di Anna Bolena.
Il priore e il procuratore finirono in carcere per aver obiettato sulla legittimità del ripudio, ma dopo un mese, convinti che questo giuramento non toccava la fede, finirono per giurare e quindi liberati; ritornati alla Certosa convinsero gli altri monaci delle loro argomentazioni e così il 25 maggio 1534, essi giurarono ai funzionari, che erano tornati accompagnati dai soldati.
La pace così sperata durò poco, perché a fine anno 1534 un nuovo decreto del re e del Parlamento, stabilì che tutti i sudditi dovevano disconoscere l’autorità del papa e riconoscere invece il re come capo della Chiesa anglicana anche nelle cose spirituali e chi non consentiva era reo di lesa maestà.
Avutane notizia, il priore Giovanni Houghton riunì tutti i certosini comunicando ciò e tutti questa volta si dissero pronti a morire per la Chiesa romana. Nella certosa erano arrivati anche due priori di altre case, i quali messi al corrente della pericolosa situazione dei monaci, si recarono di comune accordo presso il vicario del re Tommaso Cromwell, per chiedergli di convincere il re Enrico VIII di esentarli da questo giuramento che non era possibile fare.
I due priori dopo aver fatto le loro richieste, furono fatti arrestare dal Cromwell indignato e rinchiusi nella Torre di Londra come ribelli e traditori. Dopo una settimana subirono un processo a Westminster dove ribadirono il loro rifiuto e quindi condannati a morte e di nuovo rinchiusi, lì furono raggiunti da altri due religiosi condannati per lo stesso motivo.
Il 4 maggio 1535 i due priori padre Roberto Laurence e padre Agostino Webster, unitamente al padre Riccardo Reynolds dell’Ordine di Santa Brigida e al sacerdote Giovanni Haile, parroco di Isleworth, indossati gli abiti religiosi furono legati stesi su delle stuoie e trascinati per le vie sassose e fangose che portavano al Tyburn, famigerato luogo delle esecuzioni capitali.
Il padre Giovanni Houghton, priore di Londra, anch’egli arrestato e condannato, salì per primo il patibolo e collaborò con il boia per l’impiccagione proferendo parole di perdono e di fiducia in Dio; ma non era ancora morto soffocato che uno dei presenti tagliò la corda e il padre cadde a terra, il boia lo denudò e gli cavò ancora vivo le viscere per poter mostrare il cuore ai consiglieri del re; seguì l’esecuzione degli altri quattro e i loro corpi furono fatti a pezzi ed esposti al popolo per incutere terrore ai ‘papisti’.
Altri tre certosini Umfrido Middlemore vicario, Guglielmo Exmew dotto latinista e Sebastiano Newdigate di nobili origini furono arrestati, torturati e martirizzati il 19 giugno 1535. Altri due che si erano trasferiti da Londra alla Certosa di Hull furono denunziati, arrestati e impiccati l’11 maggio 1537.
Ancora altri dieci certosini furono imprigionati il 29 maggio 1537 nel carcere di Newgate e lì morirono di stenti e patimenti in breve tempo: tra essi il 10 giugno 1537 fu la volta di Thomas Reding. Solamente Guglielmo Horn sopravvisse al carcere e venne impiccato il 4 novembre 1540.
Nella certosa rimasero altri diciotto monaci, che speranzosi di salvare il monastero avevano aderito al giuramento, ma dopo qualche tempo essi vennero espulsi e la certosa venduta a privati.
I 18 Certosini di Londra, unitamente ad altri 35 martiri di quel periodo, furono beatificati da Papa Leone XIII il 9 dicembre 1886.
I primi tre morti nel 1535 sono stati canonizzati da Papa Paolo VI il 25 ottobre 1970 compresi in un gruppo di 40 martiri della medesima persecuzione inglese. Festività religiosa comune il 4 maggio, mentre i singoli sono ricordati nei rispettivi anniversari di martirio.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Tommaso Reding, pregate per noi.
*Altri Santi del giorno (16 Giugno)
*xxx
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.