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Santi del 16 Dicembre

Il mio Santo > I Santi di Dicembre

*Sant'Adelaide - Imperatrice (16 Dicembre)

Borgogna, 931 – Seltz, Francia, 16 dicembre 999
Nata nel 931 da Rodolfo, re di Borgogna, e da Berta, figlia di Burcardo, duca di Svevia, Adelaide all'età di sei anni rimane orfana di padre e nel 947 sposa Lotario, re d'Italia.
Rimasta vedova dopo soli tre anni di matrimonio, viene perseguitata e messa in prigione da Berengario II del Friuli, che si era impadronito del regno d'Italia, essendosi lei rifiutata di sposarne il figlio.
Liberata da Ottone I, lo sposerà e ne avrà tre figli, tra cui il futuro Ottone II. Nel 962 Papa Giovanni XII la incorona unitamente a suo marito Ottone I.
Dopo la morte di questi esercita la tutela del minorenne Ottone III, suo nipote, reggendo l'impero.
Attenta agli ultimi e agli indigenti, Adelaide è in stretti rapporti con il movimento di riforma di Cluny, specialmente con gli abati Maiolo e Odilone, il quale ne compone la «Vita».
Costruisce chiese e monasteri, beneficando particolarmente i cenobi di Peterlingen, San Salvatore di Pavia e Selz. In quest'ultimo monastero benedettino, da lei fondato presso Strasburgo, Adelaide si ritira fino alla morte nel 999.
Presto venerata come santa in Alsazia, viene canonizzata da Urbano II nel 1097. (Avvenire)

Etimologia: Adelaide = dal nobile aspetto, dall'antico tedesco
Martirologio Romano: A Selz vicino a Strasburgo in Lotaringia, nell’odierna Francia, Sant’Adelaide, imperatrice, che mostrò sobria giocondità verso i familiari, decorosa compostezza con gli estranei, instancabile pietà verso i poveri, munifica generosità nell’onorare le chiese di Dio.
Le Chiese d’Oriente e d’Occidente in due millenni di cristianesimo hanno attribuito l’aureola della santità quale corona eterna a non poche imperatrici che sedettero sui troni di Roma, di Costantinopoli e del Sacro Romano Impero.
Sfogliando le pagine dell’autorevole Bibliotheca Sanctorum e della Bibliotheca Sanctorum Orientalium possiamo trovare i loro nomi: Adelaide, Alessandra e Serena (presunte mogli di Diocleziano), Ariadne, Basilissa (o Augusta), Cunegonda, Elena, Eudossia, Irene d’Ungheria (moglie di Alessio I Comneno), Irene la Giovane (moglie di Leone IV Chazaro), Marciana, Pulcheria, Placilla, Riccarda, Teodora (moglie di Giustiniano), Teodora (moglie di Teofilo l’Iconoclasta), Teofano.
Anche nel XX secolo non sono mancate sante imperatrici: Sant’Alessandra Fedorovna, moglie dell’ultimo zar russo canonizzata dal Patriarcato di Mosca, la Serva di Dio Elena di Savoia,
imperatrice d’Etiopia, ed in fama di santità è anche Zita di Borbone, moglie del Beato Carlo I d’Asburgo ed ultima imperatrice d’Austria.
La prima imperatrice citata, Sant’Adelaide, è oggi comemmorata dal Martyrologium Romanum ed è forse una delle più celebri in quanto il suo nome è ancor oggi abbastanza diffuso.
Adelaide nacque nel 931 da Rodolfo II, re dell’Alta Borgogna, e da Berta, figlia di Burcardo, duca di Svevia.
Sin dall’infanzia fu trattata come una pedina politica, infatti all’età di soli due anni fu promessa in sposa a Lotario, figlio di Ugo di Provenza, che sposò poi a sedici anni. Nel frattempo rimase orfana di padre a sei anni. In quel periodo Lotario II era formalmente re d'Italia, sebbene il paese fosse in realtà dominato da Berengario d’Ivrea.
Dalla loro unione nacque Emma, ma dopo soli tre anni di felice matrimonio nel 950 Adelaide rimasta vedova. Lotario era stato probabilmente avvelenato per ordine di Berengario, che infatti perseguitò e mise in prigione Adelaide in un castello sulle rive del lago di Garda, per essersi rifiutata di sposare suo figlio.
Non si sa con certezza se Adelaide fu liberata da Ottone I il Grande, quel re tedesco che stava tentando di riportare ordine nel Nord Italia a capo di un’armata, o se ella riuscì a scappare autonomamente per poi rifugiarsi presso di lui.
Cosa certa è invece che i due convolarono a nozze il giorno di Natale del 951 presso Pavia.
Adelaide aveva appena vent’anni, ma era una donna di elevate doti intellettuali e non mancò di prendere parte attivamente agli affari di stato.
Questa unione contribuì a consolidare l’autorità di Ottone nell’Italia settentrionale e nel 962 fu finalmente incoronato imperatore a Roma da Papa Giovanni XXII.
Pare che Adelaide, devota e piena di grazia, fu un’imperatrice assai popolare tra i suoi sudditi. Il matrimonio durò ben ventidue anni e nacquero cinque figli tra cui il futuro Ottone II.
Nel 973, alla morte del marito, dovette affrontare un nuovo conflitto. Il suddetto erede al trono era infatti un giovane testardo e nel risentimento verso la madre fu molto influenzato da sua moglie, la bizantina Teofano.
Adelaide abbandonò allora la corte e si trasferì a Vienne presso suo fratello Corrado di Borgogna.
Si rivolse in cerca d’aiuto a San Maiolo, abate di Cluny, che favorì la riconciliazione familiare: madre e figlio si incontrarono a Pavia ed Ottone II s’inginocchio per implorare il perdono materno.
In segno di riconoscenza Adelaide inviò alcune offerte al santuario di San Martino di Tours, compreso il più bel mantello di Ottone, e con queste parole invocò la protezione per suo figlio: “Tu che hai avuto la gloria di coprire con il tuo mantello Cristo Signore nelle spoglie di un mendicante”.
In seguito non mancarono però altri conflitti: dieci anni dopo la sua ascesa al trono, nel 983 Ottone II morì, lasciando come suo erede l’infante Ottone III e Teofano come reggente.
L’imperatrice d’origine bizantina era però ancora ostile alla suocera e ad Adelaide non restò che lasciare nuovamente la corte. All’improvvisa morte di Teofano, nel 991, fu però richiamata essendo ancora minorenne il nipote e resse con rara saggezza l'impero.
All’età di sessant’anni venne a trovarsi per la prima volta in una posizione di potere e si avvalse dei consigli sapienti di alcuni santi quali Villigiso arcivescovo di Magonza, Adalberto di Magdeburgo, Maiolo ed Odilone di Cluny. Quest’ultimo fu poi autore di una vita della santa imperatrice.
Adelaide nutrì sempre un gran desiderio di pace, nonché una grande capacità di perdonare i nemici.
Fu piena di carità verso gli indigenti, ai cui bisogni era solita venire incontro con larghe sovvenzioni. Fondò e restaurò parecchi monasteri maschili e femminili, beneficando particolarmente i cenobi di Peterlingen, San Salvatore di Pavia e Seltz.
Tentò di convertire gli slavi, i cui movimenti alla frontiera turbarono gli ultimi anni della sua vita. Ritiratasi infine nel monastero benedettino di Seltz, in Alsazia vicino a Strasburgo, morì santamente il 16 dicembre 999. La sua canonizzazione fu decretata dal pontefice Urbano II nel 1097 circa.

(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Adelaide, pregate per noi.

*Sant'Adelardo - Monaco (16 Dicembre)

Etimologia: Adelardo = Alart "nobile audace", dal celtico
Figlio di Sant’ Everardo, fondatore dell'abbazia di Cysoing (Eilla), Abelardo succedette al padre, se non come abate, almeno come guardiano o procuratore del monastero, fin verso l'870.
A dire il vero, noi siamo poco e male informati sulla personalità di Abelardo: egli è ricordato nel testamento di Sant’ Everardo e in un atto di donazione di sua madre Gisella, in data 14 aprile 869 e destinato all'abbazia di Cysoing.
In ogni modo, quel poco che si sa non permette di presentarlo come un modello di santità ed è senza dubbio per riconoscenza verso il loro fondatore che i canonici regolari di Cysoing hanno tenuto ad accordargli gli onori degli altari il 16 dicembre insieme con suo padre e altri membri della sua famiglia.

(Autore: Albert D'Haenens – Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Sant'Adelardo, pregate per noi.

*Sant'Adone di Vienne - Vescovo (16 Dicembre)
Sens, c. 800 - 875

Entrato nell’abbazia di Ferrieres-en-Gatinais, dopo anni di vita monastica venne proposto da S. Remigio quale vescovo di Vienne dove rimase fino alla morte. Importante vescovo della Francia Medievale, restaurò la disciplina ecclesiastica e regolò l’ufficiatura divina tenendo vari sinodi ed esercitando una benefica influenza sulla vita politica del tempo.
Etimologia: Adone = signore, padrone, dall'ebraico
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Vienne in Burgundia, nell’odierna Francia, Sant’Adone, vescovo, che da monaco fu eletto vescovo e onorò degnamente la memoria dei Santi componendo un martirologio. Nessuna memoria di Santo è prevista per questo giorno, ma il nuovo Calendario della Chiesa, con le vicende che hanno accompagnato la sua revisione, non sempre facile, ci incoraggia a parlare di un Santo, ricordato a questa data, che ha un posto importante proprio nella storia interessantissima dei Martirologi, cioè degli elenchi dei Santi e dei Martiri secondo l'ordine del Calendario.
I primi Martirologi ebbero carattere locale, limitato cioè ai Santi di una certa Chiesa, e vennero redatti come calendari: ad ogni giorno corrispondeva il nome di un Santo, o meglio di un Martire, e nulla più.
Presto però si tentarono Martirologi " generali ", con Santi cioè di tutti i paesi, elencati secondo la data della morte. Il più antico fu quello siriaco, e il più complesso quello attribuito, a torto, a San Girolamo. Poi si passò ai Martirologi " storici ", nei quali, accanto al nome del Santo, si davano notizie della sua vita e della sua morte. Nell'Alto Medioevo, i più celebri furono quello inglese del venerabile Beda e quello lionese del monaco Floro.
Ma i Martirologi di Beda e di Floro non erano completi. Alcuni giorni erano rimasti senza un Santo, e i
monaci che iniziavano l'Ufficio quotidiano con la lettura dell'" elogio " di un Martire, in quei giorni si trovavano imbarazzati. Adone pensò così di completare il Martirologio, dando ad ogni giorno il suo Santo. Poi aggiunse altri nomi anche ai giorni che già ne avevano uno. Finalmente, trovandosi in mano un ampio materiale agiografico, pensò di rimpolpare le scarne notizie sui Santi con " estratti più numerosi e un po' più lunghi ".
Adone era francese, nato nella contea di Vienne, da nobile famiglia. Accolto giovinetto nel monastero di Ferrères, non vi restò a lungo, per dissapori con l'Abate. Fu a Roma, a Ravenna, e finalmente si fissò a Lione, centro di studio sui Martirologi.
Imparato il mestiere, lo mise rapidamente in opera, preparando frettolosamente il suo nuovo Martirologio. Purtroppo, alle buone intenzioni non corrisposero altrettante buone attuazioni. Per riempire i vuoti, egli si valse di una folla di personaggi, spesso degni della santità, ma più spesso sconosciuti, tratti dall'Antico e dal Nuovo Testamento e dalle opere di molti scrittori sacri. La sua fu anche un'opera di carità verso i fedeli. Infatti scriveva: "I fratelli più deboli, e quelli che hanno meno mezzi di lettura, troveranno qui, sul conto dei Martiri, tutto un insieme di letture riassunte, e avranno così, in un volume di piccola mole, l'equivalente di ciò che altri sono obbligati a cercare con fatica tra molti libri".
Per allungare e colorire gli " elogi ", ricorse a tutte le fonti accessibili, buone o cattive. Peggio ancora, confuse e spezzettò le notizie già poco sicure; ripeté e mescolò i nomi; equivocò sulle località e sulle date, e aggiunse di sua iniziativa molti particolari che gli premevano.
Nonostante questi difetti, o forse proprio grazie a questi difetti, l'opera di Adone ebbe molto successo. Si diffuse rapidamente, soprattutto nelle comunità benedettine. Non piacquero però i commenti troppo lunghi che il monaco Usuardo ridusse all'essenziale. Il Martirologio di Adone, così sveltito, si diffuse ancor più largamente, propalando anche inesattezze storiche e fantasie devote.
Per fortuna i meriti di Sant'Adone non si limitarono a questa, e ad altre simili, opere di storico. Eletto Arcivescovo di Vienne, nel Delfinato, resse quella chiesa con ferma autorità in tempi di contese politiche. Morto nell'875, pochi secoli dopo era tra i Santi.
E bisogna dire - a scanso di sospetti maliziosi - che egli venne incluso nei Martirologi da compilatori più scrupolosi di quanto non fosse stato egli stesso!

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Sant'Adone di Vienne, pregate per noi.

*Sant'Aggeo - Profeta (16 Dicembre)
VI secolo a.C.
Il Santo profeta Aggeo, al tempo di Zorobabel, re di Giuda, ammonì il popolo perché riedificasse la casa del Signore, dove poi sarebbe stata posta l’Arca della Santa Alleanza.
Etimologia: Aggeo = protettore delle abitazioni e delle strade, secondo i latini
Martirologio Romano: Commemorazione di Sant’Aggeo, profeta, che, al tempo di Zorobabele, re di Giuda, esortò il popolo a riedificare la casa del Signore, nella quale affluiranno le ricchezze di tutte le genti.
Nel pieno del tempo d’Avvento, il 16 dicembre, il nuovo Martyrologium Romanum pone la “commemorazione di Sant’Aggeo profeta”, annoverato tra i profeti minori dell’Antico Testamento per la brevità dei suoi scritti, ma non per la secondarietà del suo messaggio, e dunque non meno importante al cospetto di Dio.
Il libro biblico a lui attribuito si suddivide principalmente in quattro parti: messaggio a Giosuè ed a Zorobabele (1,1-15); parole di incoraggiamento (2,1-9); la situazione migliorerà (2,10-19); Dio conserverà i capi (2,20-23). In seguito alla caduta di Gerusalemme avvenuta nel 587 a. C., i sopravvissuti furono schiavizzati e deportati in Babilonia. Uno sconvolgimento internazionale provocò
il cambio della potenza allora dominante nel mondo, portando così Ciro di Persia ad impossessarsi di ciò che rimaneva della potenza babilonese nel 539 a.C.
Tra le prime decisioni di tale sovrano vi fu quella di concedere a tutti quegli ex-prigionieri che lo avessero desiderato di fare ritorno in patria. Un notevole numero di Giudei accettò dunque l’amichevole offerta ed iniziò la ricostruzione della comunità. Essendo però tempi difficili, si dovette procedere alla ricostruzione di mura, città, case e strade, dissodare il terreno ed arruolare un esercito al fine di difendersi dalle incursioni degli ostili popoli vicini. Purtroppo, dopo un entusiastico avvio dei lavori di riedificazione del Tempio di Gerusalemme, l’interesse andò degenerando e tutto venne sospeso nel 536 a. C.
Dopo ben 16 anni di inattività e di interessi contrastanti, il santo profeta Aggeo cominciò a predicare il suo messaggio, incitando la popolazione a riprendere i lavori di modo che Dio tornasse ad avere un degno luogo di culto. I quattro messaggi di Aggeo sono tutti databili attorno al 520 a. C..
Nel primo di essi, diretto a Giosuè ed a Zorobabele, rispettivamente capi religioso e politico, il profeta rinfaccia alla popolazione di trascorrere troppo tempo in divertimenti mentre il Tempio del Signore è ancora in rovina.
Il secondo messaggio era invece indirizzato a coloro che desideravano lavorare, ma temevano che i risultati della loro attività avessero potuto essere insignificanti. Gli ultimi due messaggi denunziarono infine la dilagante corruzione, assicurando la protezione di Dio su coloro che rispondono positivamente alla sua chiamata ed in particolare su Zorobabele.
In sostanza il messaggio complessivo e fondamentale del libro di Aggeo è assai semplice: la nostra vita spirituale è più importante di quella materiale.
Occorre perciò costruire una dimora per Dio sia esternamente, sia all’interno del proprio cuore, se si desidera godere della benedizione di Dio.

(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Sant'Aggeo, pregate per noi.

*Sant'Albina - Martire (16 Dicembre)

Etimologia: Albina = diminutivo di Alba, bianca, dal latino
Emblema: Palma
Il Baronio ha introdotto la sua passio, tratta da «antichi documenti della Chiesa di Gaeta», nel Martirologio Romano.
Secondo tale testo, Albina, originaria di Cesarea in Palestina, sarebbe stata fatta decapitare da Decio, offeso dal suo rifiuto di abiura.
Il suo corpo, abbandonato su un'imbarcazione e approdato in Campania a Scauri (presso Formia), sarebbe stato trasportato a Gaeta e qui seppellito accanto a quello di Sant’Erasmo.
Questa leggenda, che utilizza elementi i comuni a molte passiones, discende e si confonde soprattutto con quella di Santa Reparata, ugualmente, originaria di Cesarea.
Albina è festeggiata il 16 dicembre.

(Autore: Thomas Spidlik – Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Sant'Albina, pregate per noi.

*Beano (Bean, Beanus) - Vescovo di Aberdeen (16 Dicembre)

Martirologio Romano: In Irlanda, San Beano, eremita.
Al 16 dicembre negli Auctaria del Molano al Martirologio di Usuardo si legge: «in Hibernia, Beani episcopi primi Aberdonensis et confessoris».
Questa menzione è passata nel Martirologio Romano come: «Aberdone in Hibernia sancti Beani episcopi». Stando a questa celebrazione, Beano probabilmente fu un vescovo di Mortlach, vissuto ai primi del sec. XI, dal momento che la sede di Mortlach fu trasferita ad Aberdeen durante il regno di Malcolm II.
In realtà, però, al 16 dicembre si celebrava Mo-Béoóc di Ros Cam nel Félire Oengusso, in un testo piuttosto corrotto, ed è probabile che il nome Bean sia sorto appunto da una corruzione.
I Bollandisti, d'altra parte, ricordano Beano vescovo di Mortlach il 26 ottobre. Neanche questa data, però, è soddisfacente, poiché al 26 ottobre nel Martirologio di Tallaght ricorre la festa di un Béoán, le cui reliquie erano conservate a Tamlachta Umail, presso Loch Bricrenn.
Su Beano, quindi, niente si può dire con sicurezza; probabilmente egli è da identificarsi con Mo-Béoóc di Ros Cam.

(Autore: Edward Manning - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - San Beano, pregate per noi.

*San Boboleno (o Bobuleno) di Bobbio - Abate (16 Dicembre)
† 652-653

Tra i santi della diocesi di Piacenza e Bobbio, viene ricordato anche San Boboleno, abate di Bobbio.
San Boboleno è il quarto abate dell’abbazia di San Colombano a Bobbio e nella lista figura dopo san Bertulfo e prima di San Cumiano.
Originario di Atene, dopo aver Conosciuto personalmente San Colombano, fu tra quei monaci che decisero di seguire il grande santo a Bobbio.
Entrò nell’abbazia, che fu fondata da San Colombano nel 614, e che divenne, per tutto il Medioevo uno dei centri monastici più importanti d’Europa. Tra il VII e il XII secolo era una sorta di Montecassino dell’Italia settentrionale, dove c’era un famoso "scriptorium"
Nel 641, alla morte di San Bertolfo, San Boboleno è stato eletto abate del cenobio. Governò il monastero fino all’anno della sua morte, che si presume sia avvenuta intorno agli anni 652 - 653.
Dal 643 è il primo abate mitrato del monastero.
San Boboleno è ricordato come il riformatore della regola "colombaniana" del monastero, introducendovi l’osservanza della regola benedettina. Gli è attribuita l'adozione di questa regola che mitigava i rigori disciplinari e alcune intransigenze nell’uso liturgico della regola di san Colombano. Inoltre, tale regola fondeva i precetti del monachesimo italiano con quelli irlandesi.
Nel 643, ottenne dal pontefice Teodoro, la conferma della protezione apostolica sul monastero. In quel periodo la presenza dei monaci era molto numerosa, tanto da raggiungere anche le 250 unità.
Sotto il suo governo, oltre alla scuola interna per i monaci, è stata istituita una scuola esterna che si può definire uno dei primi esempi di istruzione dedicata ai ragazzi esterni ad un monastero.
Alcuni autori, per questa iniziativa lo hanno definito il "maestro dei fanciulli".
Il culto per San Boboleno si affermò nel corso dell’Ottavo secolo, quando venne scritta una biografia su di lui, da un poeta anonimo.
I resti del corpo di San Boboleno vennero ritrovati nella cripta di San Colombano il 22 settembre 1478.  Le sue spoglie, prima della ricognizione del 1910, erano accanto a quelle di San Colombano, Sant’Attala, San Bertulfo, San Cumano, e ad altri 18 monaci tra cui Sant’Allo e a tre sante monache.
San Boboleno è venerato solo nella zona di Bobbio della diocesi piacentina.
Il suo ricordo e la sua festa, nel proprio della diocesi, ricorre il 16 dicembre.
Nell’ufficio delle letture sulla sua memoria è stato inserito un brano tratto dalle "Istruzioni" di San Colombano.

(Autore: Mauro Bonato – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Boboleno di Bobbio, pregate per noi.

*Beato Clemente Marchisio - Sacerdote (16 Dicembre)  

Racconigi, Cuneo, 1 marzo 1833 - Rivalba Torinese, 16 dicembre 1903
Clemente Marchisio nacque il 1° marzo 1833 a Racconigi.
Fu sacerdote infaticabile prima come viceparroco a Cambiano e Vigone, poi per 43 anni fu parroco a Rivalba Torinese, dove morì il 16 dicembre 1903. Senza nulla sottrarre alla cura pastorale del suo gregge, fondò e diresse per 28 anni l'Istituto "Figlie di San Giuseppe".

Martirologio Romano: A Rivalba in Piemonte, Beato Clemente Marchisio, sacerdote, che, parroco del luogo, fondò l’Istituto delle Figlie di San Giuseppe.
La vicenda terrena del B. Clemente Marchisio è un segno evidente che grandi opere spesso nascono nelle circostanze più umili. Dal cuore di un semplice sacerdote piemontese dell’Ottocento, parroco di un piccolo paese collinare, sorse un’opera ancora oggi fiorente.
Clemente Marchisio nacque a Racconigi il 1° marzo 1833. Era il primo di cinque figli di un calzolaio. Di natura vivace, ricevette una prima istruzione nella propria città natale. Abitava nei pressi della chiesa dei Domenicani e lì quotidianamente si recava per servire la Messa.
Fin da fanciullo acquisì una grande devozione verso la Madonna e il Rosario. Mentre era avviato ad intraprendere la professione del padre, un giorno manifestò quanto da tempo sentiva nel cuore: consacrarsi a Dio come sacerdote.
I genitori, sebbene sorpresi, non si opposero anche se il primo problema da affrontare era la mancanza del denaro necessario allo studio.
La Divina Provvidenza venne incontro al futuro beato: don Giovanni Battista Sacco lo aiutò, sostenendolo anche economicamente.
Nel seminario di Bra si impose un regime di vita alquanto esigente, incentrato nella preghiera, nello studio e nel lavoro. Con dispensa pontificia, poiché non aveva raggiunto i ventiquattro anni, venne ordinato sacerdote il 20 settembre 1856 a Susa dalle mani di Monsignor Oddone. Il vescovo di Torino era in esilio a Lione.
Dopo l’ordinazione frequentò a Torino il Biennio di perfezionamento presso il Convitto di San Francesco. Era la santa scuola per sacerdoti retta da S. Giuseppe Cafasso, trasferita in seguito presso il Santuario della Consolata. Clemente si distinse tanto che fu prescelto dal “Santo della forca” come compagno nelle frequenti visite ai carcerati e ai condannati a morte.
I due anni trascorsi a fianco del Cafasso trasformarono profondamente il suo animo. Disse: “ne uscii completamente diverso, pienamente conscio della dignità del sacerdote”.
Nella capitale subalpina erano gli anni di Don Bosco, di S. Leonardo Murialdo, del B. Federico Albert, del B. Michele Rua, del B. Francesco Faa di Bruno, del B. Giovanni Maria Boccardo; vivo era il ricordo del Cottolengo. Nel 1858 venne nominato viceparroco di Cambiano, ma la schiettezza nel denunciare determinate situazioni gli procurò l’allontanamento. Dopo un breve periodo a Vigone, la destinazione definitiva fu Rivalba Torinese, un piccolo centro collinare di neppure mille abitanti dove fece il suo ingresso il 18 novembre 1860 a soli ventisette anni: reggerà la parrocchia, spendendosi senza riserve, per quarantatré anni.
La chiesa di Rivalba non era in buone condizioni, tra le prime iniziative pensò di porre mano alla costruzione di un nuovo edificio. Raccolse il materiale necessario ma, non arrivando l’autorizzazione civile necessaria, si limitò alla sua ristrutturazione.
Era la prima di una lunga serie di complicazioni che alcuni suoi parrocchiani gli procurarono. A quei tempi la povertà dei contadini di collina era peggiore di quelli della pianura.
Una parte della popolazione gli era ostile e lui rispondeva alle volte in maniera impulsiva.
Si arrivò alle denunce e alle minacce fisiche e con atti di disturbo eclatanti venivano persino interrotte le omelie. Don Clemente, scoraggiato in un primo momento, invece di cedere, accentuò il suo fervore di parroco. La predicazione più efficace la fece con l’esempio. Si alzava alle 5 e dopo due ore di preghiera celebrava la Santa Messa.
La recita del Rosario apriva e chiudeva la sua giornata. La devozione principale era verso l’Eucaristia.
Un giorno fece questa confidenza: “ Anch’io mi trovo a volte accasciato sotto il peso delle tribolazioni; ma ti assicuro che, dopo cinque minuti passati con fede viva dinanzi a Gesù Sacramentato, mi sento pienamente rinvigorito, a tal punto che tutto quello che prima mi pareva troppo duro e insopportabile mi diventa facile e leggero”.
Come dice S. Paolo la fede senza le opere è morta. Erano gli anni della crisi delle campagne, si emigrava in città alla ricerca di fortuna. Per venire incontro ai suoi parrocchiani Don Clemente diede vita a diverse iniziative.
Il materiale edilizio inutilizzato per la mancata costruzione della nuova chiesa fu impiegato per edificare un asilo infantile e un laboratorio tessile per le giovani che così non erano costrette a recarsi a Torino alla ricerca di lavoro come domestiche (1871). Ristrutturò anche il millenario castello (oggi culla della sua fondazione).
Una svolta arrivò quando le suore Albertine, che avevano gestito il primo laboratorio, lasciarono il paese. Dietro consiglio dell’Arcivescovo di Torino Mons. Gastaldi, don Clemente lo affidò ad alcune tra le migliori ragazze che vi erano impegnate.
Era il nucleo di una nuova famiglia religiosa: l’Istituto delle Figlie di S. Giuseppe (1877). Rosalia Sismonda, conosciuta due anni prima a Sciolze, sarà il suo braccio destro.
Il XIX secolo vide un fiorire straordinario di Istituti religiosi dediti a varie opere di carità cristiana: dall’assistenza ai poveri e ai malati, al ricovero e all’istruzione dei bambini e degli adolescenti.
In particolare il Piemonte divenne terra di santi, nonostante, come nel resto d’Italia, non mancassero le persecuzioni contro la Chiesa, anche da parte dello Stato.
Ai diversi istituti si aggiunse quello di Rivalba. Pochi anni dopo però don Clemente ebbe un’ispirazione originale. Le sue suore avrebbero lavorato per rendere maggiormente degno il culto del Sacrificio Eucaristico, dedicandosi alla preparazione delle ostie e del vino.
Loro compito era inoltre confezionare i paramenti e quanto serviva ai sacerdoti per officiare.
L’istituto venne dedicato a S. Giuseppe. Il piccolo paesello, di neppure mille abitanti, divenne il centro di un’opera che avrebbe varcato presto i confini regionali e quelli nazionali. Nel 1883 aprì una Casa a Roma e Papa Leone XIII esclamò gioioso: “Finalmente Nostro Signore, con questa Congregazione, ha pensato a se stesso”. Erano le “suore delle ostie”.
I suoi parrocchiani si resero conto che il loro pastore aveva qualità davvero non comuni.
Le sue attenzioni per i poveri e i malati erano continue, le porte della canonica erano sempre aperte a tutti. Ebbe una fede vivissima per la Vergine. Durante la giornata, ad ogni suono delle ore, raccomandava di affidarsi alla Madonna per la grazia della purezza.
Andò a Lourdes nel 1875, prima della fondazione del suo istituto. Tutte le volte che era a Torino andava alla Consolata, per le grazie speciali visitava Oropa, quando si recava a Roma tappa obbligata era Loreto. Nel 1894 raccolse i suoi pensieri e le sue meditazioni sull’Eucaristia, e sulla lotta contro di essa, nel libro “La SS. Eucaristia combattuta dal satanismo”.
Di mano propria lo distribuì durante il secondo Congresso Eucaristico Nazionale di Torino che si tenne alla presenza di cinquanta vescovi e numerosissimi sacerdoti.
Commentando l’Apocalisse, don Clemente illustrò il tentativo continuo del demonio di allontanare l’uomo dal momento sublime della sua unione in terra con Dio: la Comunione. Avvicinare l’uomo a Dio era il centro dei suoi pensieri. Per ottenere tale scopo era importante che l’Eucaristia fosse celebrata in modo ineccepibile.
Il pane e il vino dovevano essere preparati con una selezione attenta della farina e dell’uva. Per questo motivo le Figlie di S. Giuseppe aprirono diversi laboratori in tutta Italia: il lavoro da fare era immenso. L’attività del Beato Clemente fu intensissima, pellegrinò anche in molte parrocchie per le missioni al popolo. Per diffondere la sua opera viaggiò per tutta l’Italia, raccogliendo ovunque attestati di stima da vescovi e cardinali. Fra questi anche il Patriarca di Venezia, il futuro Papa S. Pio X. Raggiunta l’età di settanta anni era maturo per il Cielo. Celebrò la sua ultima messa il mattino del 14 dicembre 1903. Per tutta la sua esistenza aveva ripetuto “la Messa è la mia vita”. Si spense nella sua Rivalba il 16 dicembre, mormorando i nomi di Gesù, di Giuseppe e della Madonna. Aveva messo in pratica, fino all’ultimo, quanto spesso aveva ripetuto alle sue suore “Avanti, fede, umiltà, obbedienza e mai tristezza alcuna. Mai scoraggiamento”. Le sue “figlie”, sparse in tutta la penisola, erano oltre
seicento. Il suo amico S. Pio X riconobbe ufficialmente l’Istituto nel 1907 e lo volle per la sacrestia di S. Pietro. Oggi, oltre che alla preparazione delle ostie e del vino, le Figlie di S. Giuseppe si occupano di catechesi e di animazione liturgica, anche in terra di missione.
Beatificato da Papa Giovanni Paolo II con Federico Albert, un altro sacerdote torinese, il 30 settembre 1984, le sue spoglie sono venerate nella parrocchia di Rivalba.
Preghiera

Santissima Trinità, Padre, Figlio, Spirito Santo, unico Dio,
ti lodiamo e ti ringraziamo per i doni
e le grazie concesse al B. Clemente Marchisio
e per avergli ispirato di fondare una Famiglia Religiosa,
dedicata all’onore e al decoro del SS. Sacramento dell’Eucaristia.
Ti supplichiamo di rivelarci la potenza del tuo amore
e della tua misericordia, concedendoci per sua intercessione
la grazia che tanto imploriamo. Amen

(Autore: Daniele Bolognini – Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Beato Clemente Marchisio, pregate per noi.

*Beato Domenico Dosso - Mercedario (16 Dicembre)
XIII secolo

Armato da San Pietro Nolasco il 10 agosto 1218, giorno stesso della fondazione dell'Ordine Mercedario, il Beato Domenico Dosso, cavaliere laico, prese parte alla ripresa delle isole Baleari in Spagna sugli invasori saraceni.
Durante la sua vita si distinse per un'estrema pietà e rare virtù, non mancò di assistere alla morte del Santo fondatore.
Carico di anni ma soprattutto di meriti morì nella pace del Signore a Barcellona.
L'Ordine lo festeggia il 16 dicembre.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Domenico Dosso, pregate per noi.

*Beata Elisabetta di San Francesco – Clarissa (16 Dicembre)

+ 1534
Nata dalla nobile famiglia dei Sas di Coimbra, dopo una fanciullezza molto pia, entrò a quindici anni nel monastero delle Clarisse di S. Chiara di Vila do Conde (diocesi di Braga), riformato nel 1517, e vi trascorse l'anno di noviziato nell'esercizio dell'orazione, dell'osservanza regolare, del silenzio.
Nel giugno 1534, solo cinque mesi dopo la professione, morì santamente, ricreata da visioni celesti.
I cronisti parlano di molti miracoli operati dopo il suo trapasso.
Nel 1582 le sue reliquie furono trasferite in un sepolcro più degno. Il Martirologio Francescano la ricorda al 16 dicembre.

(Autore: Isidoro da Villapadierna – Fonte: Enciclopedia dei Santi)

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*Sant'Everardo del Friuli - Confessore (16 Dicembre)

Sec. IX
Martirologio Romano: A Cisoing nella regione dell’Artois in Francia, Sant’Everardo, che, conte del Friuli, fondò in questo luogo un monastero di canonici regolari, dove alcuni anni dopo la sua morte fu piamente deposto.
Tra i tesori della Biblioteca Vaticana, c'è un codice manoscritto dall'VIII al IX secolo, che nell'ultima pagina porta la firma del suo antico proprietario: Everardo, Marchese del Friuli.
Lo stesso Everardo ricordò quel volume nel suo testamento, insieme con altri 35 preziosi manoscritti. Erano, a quei tempi, un legato veramente eccezionale, sia per il valore intrinseco degli oggetti, sia perché dimostravano come il testatore fosse persona di rara cultura.
Everardo era dunque uno studioso?
I manoscritti da lui lasciati trattano di tutte le scienze, sacre e profane, di letteratura e di diritto. Il loro proprietario dovette dunque avere estesi e variati interessi culturali.
Lo potremmo considerare uno di quegli " umanisti " della prima ora, tipici della rinascenza culturale del. l'età carolingia.
Ma le qualifiche di studioso e di umanista non esauriscono la complessa personalità di Everardo, Marchese del Friuli. Egli fu anche uomo di mondo, anzi un potente del mondo e visse al centro delle
vicende politiche del tempo, svolgendovi una parte di grande prestigio.
Suo padre era stato alto funzionario dell'Imperatore Carlomagno, e aveva chiuso la sua vita in un monastero. Il figlio conobbe una carriera ancor più brillante, ed ebbe l'onore di ottenere in sposa la figlia di Ludovico il Pio, nipote di Carlomagno e sorella dell'Imperatore Lotario.
Da Gisella, Everardo ebbe cinque figli e tre figlie. Dall'Imperatore, venne investito di estesi possessi in Lombardia, in Francia e in Germania. Il fedele vassallo venne creato Marchese del Friuli.
Un personaggio di tale importanza, e così ben introdotto nella famiglia degli Imperatori e Sovrani carolingi, non poteva non condurre vita piena e onorabile, in mezzo ad amici altolocati, anche se non sempre disinteressati: tra questi, Vescovi, Arcivescovi, Abati.
L'Impero di Carlomagno si sfasciò rapidamente, sotto la pressione di eventi esterni e soprattutto per gli antagonismi tra i discendenti del grande Sovrano - fratelli, fratellastri e cugini.
Nell'842, Lotario tentò di salvare la pace e l'integrità dell'Impero, con un accordo tra i fratelli sulla base di una divisione territoriale. Per questa importantissima missione, scelse come ambasciatore proprio il saggio e fedele Marchese del Friuli, suo cognato.
Everardo si trovava a proprio agio in mezzo ai libri come tra le armi, nelle dispute dottrinali come in battaglia. Combatté fortunatamente contro i nemici esterni dell'Impero: Slavi, Normanni e, in Italia, Saraceni. Potremmo perciò aggiungergli anche il titolo di condottiero, accanto a quello di diplomatico, di politico e di studioso.
Il Marchese del Friuli morì in Italia nella sua dimora di Musiestro, presso Treviso, nell'865.
E agli altri onori, si aggiunse allora a voce di popolo, il titolo di Santo, non però riconosciuto ufficialmente dalla Chiesa.

(Fonte: Archivio della Parrocchia)

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*Beato Filippo Siphong Onphitak - Protomartire della Thailandia (16 Dicembre)

Nong Sëng, Tailandia, 30 settembre 1907 – Mukdahan, Tailandia, 16 dicembre 1940
Filippo Siphong Onphitak, padre di famiglia, essendo stato espulso il sacerdote del paese di Songkhon fu nominato guida della comunità cristiana e, allo scatenarsi della persecuzione contro i cristiani, fu attirato con l’inganno vicino al fiume Tum Nok e quindi ucciso a colpi d’arma da fuoco il 16 dicembre 1940. Dieci giorni dopo subirono medesima sorte le religiose Agnese Phila e Lucia Khambang, nonché le laiche Agata Putta, Cecilia Butsi, Bibiana Hampai e Maria Phon, che vennero fucilate nel cimitero del villaggio di Songkhon.
La beatificazione di questo gruppo complessivo di sette martiri tailandesi, sepolti nel cimitero del villaggio di Songkhon, è stata celebrata a Roma da Giovanni Paolo II il 22 ottobre 1989, in seguito al riconoscimento del loro eroico martirio avvenuto il 1° settembre dell’anno precedente.
Il Martyrologium Romanum, che commemora i santi ed i beati nell’anniversario della nascita al cielo, cita in data odierna solo il beato Filippo Siphong Onphitak in data odierna, 16 dicembre.

Emblema: Palma
Martirologio Romano: Vicino alla città di Mukdahan in Thailandia, Beato Filippo Siphong Onphitak, martire, che, padre di famiglia, dopo l’allontanamento del sacerdote dal villaggio di Song-Khon fu nominato capo della comunità cristiana e, alle prime avvisaglie della persecuzione contro i cristiani, fu condotto con l’inganno presso il fiume Tum Nok e fucilato.
Il cristianesimo venne introdotto in Tailandia nel 1881 e nel 1940 i fedeli cattolici erano già settecento. Nei quattro anni successivi i missionari francesi furono costretti ad abbandonare il paese, in preda alla guerra tra Tailandia e l’allora Indocina francese. Come è solito in circostanze simili, venne considerata quale priorità l’unità nazionale ed invece “declassato” a pericolo il pluralismo religioso. Il villaggio di Songkhon, sito sulle rive del grande fiume Mekong alla frontiera con il Laos,
fu teatro nel 1940 del glorioso martirio di sette cristiani indigeni: Filippo Siphong Onphitak, Agnese Phila, Lucia Khambang, Agata Phutta, Cecilia Butsi, Bibiana Khamphai e Maria Phon.
Scopo della presente scheda biografica è soffermarsi in particolar modo sulla vicenda di Filippo, commemorato in data odierna dal Martyrologium Romanum, che infatti cita i Santi ed i Beati nei rispettivi anniversari della loro nascita al Cielo.
Filippo Siphong Onphitak, figlio del signor Intong e della signora Pheng, nacque ad Nong Sëng, provincia di Nakhon Phanom, il 30 settembre 1907 e qui fu battezzato. Allievo della scuola parrocchiale di Non Seng, al termine degli studi secondari fu inviato quale istitutore a Songkhon, ove giunse nel 1926. Cinque anni dopo sposò Marie Thong, la famiglia si stabilì a Songkhon ed nacquero cinque figli. Uomo assai buono, a Filippo fu affidato l’insegnamento nella suola parrocchiale e quale catechista coltivò la fede cristiana con tale zelo apostolico che i missionari, quando furono allontanati, gli affidarono la cura pastorale dei fedeli del villaggio, meritandogli così l’appellativo di “forte albero” della vita della Chiesa locale. Nell’agosto 1940 un gruppo di gendarmi raggiunse in barca attraverso il Mekong il villaggio di Songkhon e, constatato che gli abitanti professavano una religione straniera, presero a far pressione affinché abiurassero. Il 29 novembre padre Figuet fu espulso, ma grazie all’incoraggiamento del catechista Siphong e delle religiose Agnese Phila e Lucia Khambang tutti rimasero fermi nella fede.
A metà di dicembre i soldati architettarono un inganno per uccidere Filippo, scrivendogli una falsa lettera a nome della Sotto-Prefettura di Mukdahan, nella quale gli si chiedeva di recarsi immediatamente in tale città. Consapevole dei pericoli, ma anche dei suoi diritti di cittadino, Siphong decise di sottostare all’ordine ricevuto.
Il pomeriggio del 15 si avviò allora in bicicletta affiancato dai gendarmi Lu di Songkhon e No di Mukdahan. Il dì seguente, sul far della sera, il soldato Lu sparò due colpi di fucile su Siphong, che gridò con dolore: “Lu, perché fai questo? Perché mi uccidi?” e si fece il segno della croce. “Sei proprio sicuro che le formule magiche da pugile ti serviranno a qualche cosa?” lo schernì Lu colpendolo con un altro colpo letale al cuore. Filippo spirò immediatamente.
Era dunque il 16 dicembre 1940. Filippo Siphong Onphitak fu il primo indigeno tailandese a spargere il suo sangue per testimoniare la sua fede in Cristo.
I due gendarmi ordinarono poi agli abitanti di Phaluka di seppellirlo, coprendo la tomba di rovi affinché l’anima del defunto non potesse tormentare i vivi. Dopo soli dieci giorni toccò la medesima sorte alle due religiose suddette ed alle quattro laiche loro compagne, ma alla loro vicenda si dedica un’apposita scheda in data 26 dicembre.
Le soglie mortali di Filippo furono rinvenute solamente nel 1959 e traslate nel cimitero di Songkhon accanto alle sei donne.
La beatificazione di questi sette Martiri tailandesi, è stata celebrata a Roma da Papa Giovanni Paolo II il 22 ottobre 1989, in seguito al riconoscimento del loro eroico martirio avvenuto il 1° settembre dell’anno precedente.
Il martirologio ufficiale della Chiesa Cattolica commemora dunque separatamente al 16 dicembre il Beato Filippo Siphong Onphitak, mentre al 26 dicembre le Beate Agnese Phila e Lucia Khambang, vergini delle Sorelle Amanti della Croce, e le compagne Agata Putta, Cecilia Butsi, Bibiana Hampai e Maria Phon, rispettando così la coincidenza con i rispettivi anniversari del martirio.

(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)

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*Beati Giacomo e Adolfo - Martiri Mercedari (16 Dicembre)

+ Tunisi, 1314
Questi due mercedari spagnoli, di origine catalana, Beati Giacomo e Adolfo, furono mandati in redenzione a Tunisi in Africa nell'anno 1314, sotto il generalato del Beato Arnaldo de Rossinol.
Conclusa la loro redenzione nella quale avevano liberato molti schiavi s'imbarcarono per far ritorno, ma catturati in alto mare dai pirati mori, furono ancora ricondotti a Tunisi.
Gli schiavi vennero rinchiusi nuovamente nelle prigioni mentre i due religiosi che confessavano costantemente Cristo, in Odio del suo nome furono crudelmente martirizzati nello stesso anno.
L'Ordine li festeggia il 16 dicembre.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
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*Beato Giovanni Wauthier - Sacerdote e Martire (16 Dicembre)
Scheda del Gruppo cui appartiene:
"Beati Martiri del Laos" - 16 dicembre (celebrazione di gruppo)
Fourmies, Francia, 22 marzo 1926 – Ban Na, Laos, 16 dicembre 1961

Il percorso di padre Jean Wauthier, Missionario Oblato di Maria Immacolata, è stato segnato dalla seconda guerra mondiale: divenne rifugiato e, per raggiungere il noviziato della congregazione dove aspirava ad entrare, dovette attraversare la Francia devastata dai bombardamenti. Dopo il servizio militare nell’Africa del Nord come allievo ufficiale paracadutista e aver professato i voti religiosi, fu ordinato sacerdote il 17 febbraio 1952. Raggiunse il Laos per servire i kmhmu’, un’etnia poverissima, che accompagnò personalmente da un rifugio all’altro negli anni della guerra e della guerriglia. Nel 1961 si trovò davanti al plotone d’esecuzione, ma si salvò all’ultimo minuto: i superiori, allora, l’inviarono per prudenza al Seminario minore di Paksane. La sua preoccupazione per le persone che aveva messo in salvo l’accompagnò mentre svolgeva con attenzione quel suo nuovo compito, che terminò nell’ottobre 1964. Per il suo impegno missionario, ma anche per essersi opposto alle discriminazioni dei suoi fedeli, venne ucciso nella notte del 16 dicembre 1967, durante un falso attacco della guerriglia. I suoi resti mortali riposano nel cimitero cattolico di Vientiane, nel Laos. È stato beatificato l’11 dicembre 2016 a Vientiane, insieme ad altri quindici tra sacerdoti e laici.
Infanzia e prima formazione
Jean Wauthier nacque il 22 marzo a Fourmies, cittadina del nord della Francia, nella diocesi di Cambrai; fu battezzato tre giorni dopo la nascita, nella chiesa parrocchiale del luogo. Nel 1940, insieme alla sua famiglia, emigrò dall’altra parte della Francia, a Sainte-Livrade, per sfuggire all’avanzata dell’esercito tedesco.
Dopo due anni nel Seminario minore di Solesmes e alcuni mesi al Collège Saint-Pierre di Fourmies, terminò gli studi secondari nel Seminario minore della diocesi di Agen, dedicato alla Madonna del Buon Incontro; vi studiò dal gennaio 1941 al giugno 1944.

Tra i Missionari Oblati di Maria Immacolata
Nel novembre 1944 fu ammesso al noviziato dei Missionari Oblati di Maria Immacolata a Pontmain: professò i primi voti religiosi un anno dopo, nella solennità di tutti i Santi. Dopo due anni di studi filosofici, prima a La Brosse-Montceaux, poi nell’abbazia di Solignac, ricevette la chiamata alle armi. Dotato di un fisico prestante e di un carattere integerrimo, scelse il corpo dei paracadutisti.
Rientrato allo scolasticato di Solignac, affrontò i quattro anni di Teologia impegnandosi anche nei lavori manuali, necessari per il restauro dell’antica abbazia. In quel luogo, l’8 dicembre 1949, pronunciò la sua oblazione perpetua, ossia i voti definitivi, e il 17 febbraio 1952 fu ordinato sacerdote, proprio nella chiesa abbaziale.

La scelta della missione in Laos
Due mesi dopo, come d’uso tra i Missionari Oblati, scrisse al Superiore generale per manifestargli la richiesta di essere inviato in missione. Ecco la sua scelta: «Ho sempre aspirato dall’infanzia alla vita missionaria. È per quello che sono entrato nella Congregazione, è in questo solo scopo che ho trascorso i miei anni di Scolasticato. Tra le numerose missioni oblate che potevo ammirare, sin dal noviziato mi sono sentito preso dal desiderio di andare a portare il Vangelo in territorio laotiano. Da allora non ho più cambiato idea. Il mio direttore spirituale non ha mai ostacolato queste aspirazioni; mi ha sempre incoraggiato, sforzandosi di farle diventare sempre più spirituali.
Ecco perché, Reverendissimo Padre, vi domando d’inviarmi in Laos. […] Penso di avere le attitudini fisiche necessarie. Dato che sopporto bene il freddo, ho potuto constatare durante il mio servizio militare nel Marocco del Sud che il caldo non mi causava alcun problema. Non sono mai stato malato durante lo Scolasticato. Infine, i lavori manuali, a volte faticosi, di questi ultimi anni e il mio servizio militare trai paracadutisti sembrano mostrare che possiedo una buona resistenza fisica. Sia quel che sia, sono pronto ad accettare qualsiasi campo di apostolato. In questa prima Obbedienza non voglio vedere altro che la volontà di Dio, che mi manda nel miglior luogo dove potrò più facilmente santificare gli altri e salire io stesso, con l’aiuto della Santa Vergine, di San Giuseppe, del nostro Venerato Fondatore, "usque ad apicem perfectionis [al culmine della perfezione]!"».

Al servizio dei poveri kmhmu’
Fu dunque con gran gioia che padre Jean ricevette, sul finire dell’anno scolastico, l’assegnazione alla missione del Laos. Vi giunse il 26 ottobre 1952 e si diede subito al servizio delle popolazioni di etnia kmhmu’ che risiedevano nel nord del Paese; molto povere, erano costrette a frequenti spostamenti negli anni della guerra.
Convinse gli abitanti del villaggio di Nam Mon, dov’erano stati battezzati, a trasferirsi a Khang Si, nei pressi di una risaia inondata. Per migliorare l’irrigazione, ideò personalmente un sistema a base di canne di bambù, che tuttavia non durò molto: nel 1961 l’intero villaggio dovette emigrare dapprima a Ban Na, poi a Hin Tang, nel territorio della Piana delle Giare.

Nel Seminario minore di Paksane
Nello stesso anno, il missionario si trovò davanti al plotone d’esecuzione, ma si salvò all’ultimo minuto: i superiori, allora, l’inviarono per prudenza al Seminario minore di Paksane. Vi prestò servizio per due anni, dall’ottobre 1961 al dicembre 1963, rendendosi disponibile per qualsiasi lavoro, fosse insegnare, dedicarsi allo sport o alla musica.
Ogni sabato usciva dal Seminario per celebrare la Messa domenicale nei villaggi dei dintorni, ma aspirava a ritrovare il prima possibile i suoi fedeli dei villaggi di montagna.

Di nuovo fra i kmhmu’
Nel dicembre 1963 si riunì alla squadra di apostolato presso i kmhmu’. Da allora fece la spola tra Vientiane, dove si occupava della formazione dei catechisti che sarebbero poi stati inviati nei villaggi, e le zone di montagna, caratterizzate dalla miseria, dalla carestia, dagli attacchi militari e dalla penuria di medicine.
Padre Jean si accorse presto che i suoi fedeli erano discriminati nella ripartizione degli aiuti umanitari e cercò di farlo presente alle autorità militari, appartenenti a un’altra etnia, che si erano riservate la parte maggiore del riso inviato unicamente per darlo da mangiare ai maiali. Dopo un ulteriore spostamento del villaggio, ai kmhmu’ arrivarono razioni di riso solo per loro, ma questo irritò i militari.

L’ultimo atto di fedeltà
La sera del 16 dicembre 1967, padre Jean era nel piccolo villaggio di Ban Na, evangelizzato da circa tre anni, vicino al quale si trovava una piccola stazione militare. Gli occupanti, per eliminarlo, simularono un attacco da parte dei guerriglieri. Il missionario si alzò immediatamente, prese il suo zaino già pronto e scappò, insieme a due bambini che abitavano con lui e con due o tre catecumeni. Li mise al riparo nei pressi di un ruscello che scorreva a valle del villaggio e li rassicurò, invitandoli a pregare.
Fece qualche passo per osservare la situazione e recitare il Rosario, quando esplose un colpo d’arma da fuoco. Ferito gravemente al collo, si rivolse ai suoi aggressori, nascosti nella foresta: «Perché sparate su di me? Fermatevi! Mi fa molto male». «Smetti di parlare!», gli fu risposto, mentre gli spari riprendevano. Cadde a terra, colpito da tre proiettili in pieno petto, mentre i bambini fuggirono spaventati.
Il suo corpo venne recuperato e seppellito a Vientiane, nel cimitero cattolico della città, dove riposa tuttora.

La causa di beatificazione
I motivi della sua uccisione risiedevano palesemente nel tentativo di operare la giustizia nei confronti dei suoi kmhmu’, oppressi e perseguitati. Per questo motivo, padre Jean Wauthier è stato inserito in un elenco di quindici tra sacerdoti, diocesani e missionari, e laici, uccisi tra Laos e Vietnam negli anni 1954-1970 e capeggiati dal sacerdote laotiano Joseph Thao Tiên.
La fase diocesana del loro processo di beatificazione, ottenuto il nulla osta dalla Santa Sede il 18 gennaio 2008, si è svolta a Nantes (di cui era originario un altro dei potenziali martiri, padre Jean-Baptiste Malo) dal 10 giugno 2008 al 27 febbraio 2010, supportata da una commissione storica.
A partire dalla fase romana, ovvero dal 13 ottobre 2012, la Congregazione delle Cause dei Santi ha concesso che la loro "Positio super martyrio", consegnata nel 2014, venisse coordinata, poi studiata, congiuntamente a quella di padre Mario Borzaga, suo confratello dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, e del catechista Paul Thoj Xyooj (la cui fase diocesana si era svolta a Trento).

L’accertamento del martirio e la beatificazione
Il 27 novembre 2014 la riunione dei consultori teologi si è quindi pronunciata favorevolmente circa il martirio di tutti e diciassette. Questo parere positivo è stato confermato il 2 giugno 2015 dal congresso dei cardinali e vescovi della Congregazione delle Cause dei Santi, ma solo per Joseph Thao Tiên e i suoi quattordici compagni: padre Borzaga e il catechista, infatti, avevano già ottenuto la promulgazione del decreto sul martirio il 5 maggio 2015. Esattamente un mese dopo, il 5 giugno, papa Francesco autorizzava anche quello per gli altri quindici.
La beatificazione congiunta dei diciassette martiri, dopo accaniti dibattiti, è stata infine fissata a domenica 11 dicembre 2016 a Vientiane, nel Laos. A presiederla, come inviato del Santo Padre, il cardinal Orlando Quevedo, arcivescovo di Cotabato nelle Filippine e Missionario Oblato di Maria Immacolata. La memoria liturgica di tutto il gruppo cade il 16 dicembre, anniversario del martirio di padre Jean Wauthier.

(Autore: Emilia Flocchini – Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Beato Giovanni Wauthier, pregate per noi.

*San Macario di Collesano - Monaco (16 Dicembre)
Martirologio Romano: In Basilicata, San Macario da Collesano, monaco, che, insigne per l’umiltà e i digiuni, resse con saggezza vari cenobi tra i pendii del Mercurio e del Latiniano
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - San Macario di Collesano, pregate per noi.

*Beata Maria degli Angeli (Marianna Fontanella) - Religiosa (16 Dicembre)

Torino, 7 gennaio 1661 - Torino, 16 dicembre 1717
La Beata Maria degli Angeli, al secolo Marianna Fontanella, è stata la prima carmelitana italiana a salire all'onore degli altari: a proclamarla Beata fu Pio IX nel 1865. Nata il 7 gennaio 1661 da una famiglia nobile piemontese, superata l'opposizione dei genitori, entrò poco più che quindicenne nel Carmelo di Santa Cristina a Torino.
Distintasi subito per la sua piena maturità umana e spirituale, divenne presto maestra delle novizie.
A soli 33 anni fu eletta priora. Sostegno per chiunque avesse bisogno di un aiuto nella vista spirituale, la sua fama varcò presto le mura del convento: dalla stessa casa reale spesso giungevano in visita le principesse. Volle con forza l'apertura di un nuovo Carmelo a Moncalieri, per accogliere le giovani che non potevano essere accolte a Torino per mancanza di posti: la struttura poté essere aperta nel 1703. Morì il 16 dicembre 1717.
«La bontà del Signore - si legge nei suoi scritti - è maggiore di quanti mali e peccati possiamo commettere, e prima ci stanchiamo noi di offenderlo che egli di perdonarci». (Avvenire)

Martirologio Romano: A Torino, Beata Maria degli Angeli (Marianna) Fontanella, Vergine dell’Ordine dei Carmelitani, insigne per le sue volontarie penitenze e per la virtù dell’obbedienza.
La Beata Maria degli Angeli, autentica figlia di Santa Teresa e la prima Carmelitana italiana beatificata, svolse un ruolo singolare nella società del suo tempo e diede inizio a quella lunga schiera di Santi che sono la gloria più fulgida di Torino, sua città natale.
Maria Anna Fontanella - questo è il suo nome da secolare - nacque il 7 gennaio 1661 in una famiglia nobile, numerosa e benestante. Natura vivacissima e volitiva, dimostrò subito una forte propensione per la preghiera, ma anche una precoce femminilità e un forte senso dell’onore.
Combattuta tra il desiderio di Dio e le vanità mondane, soffriva un profondo disagio interiore, finché non si arrese completamente ai richiami dello Spirito, scegliendo per sempre il “suo” Crocifisso, l’interlocutore preferito dei suoi appassionati colloqui interiori.
Dopo una breve esperienza di educanda presso le Monache Cistercensi di Saluzzo, si dedicò con maggiore impegno alla vita di pietà e intensificò il suo rapporto con Dio nell’orazione, che la attirava in modo irresistibile.
Ma dovette lottare ancora duramente con se stessa per sfuggire alle lusinghe della vanità e al falso scintillio del mondo vuoto e frivolo che la circondava e dal quale veniva un po’ condizionata sia volontà della mamma, sia per la sua naturale inclinazione verso il bello, l’eleganza e soprattutto la danza, una vera passione.
Ma - come lei stessa dichiara - alla fine “voltai le spalle al mondo e ai suoi detti” e non tornò più indietro dalle sue risoluzioni. Il Signore non si lasciava vincere “in cortesia, facendomi molte grazie e favori”, e le fece sentire forte e chiaro il richiamo alla vita religiosa. Per l’incontro fortuito con un carmelitano scalzo durante una ostensione della Sindone a Torino, optò decisamente per il Carmelo.
Superata l’opposizione della famiglia, poco più che quindicenne, il 19 novembre 1676 entrò nel Carmelo di S. Cristina a Torino.
Dotata di una forte personalità, di temperamento equilibrato e riflessivo, di spiccate doti di intelligenza, ma soprattutto per la sua eccezionale statura spirituale, ancora giovanissima fu incaricata della formazione delle novizie, dopo aver attraversato un durissimo periodo di prove interiori, di cui esiste una narrazione particolareggiata nella corrispondenza col suo direttore spirituale, il padre Lorenzo Maria di San Michele, e in una relazione scritta per ordine dei Superiori.
Nel 1694, a soli trentatré anni, con dispensa della S. Sede, fu eletta priora.
È il periodo della sua piena maturità umana e spirituale: il Signore la favorisce di grazie mistiche straordinarie, cui ella corrisponde con una generosità senza riserve, facendosi davvero “tutta a tutti”, con umiltà, dedizione, spirito di servizio, attenzione delicata ai bisogni delle sorelle, sollecitudine amorosa per la loro crescita spirituale, fedeltà piena al carisma dell’Ordine, con una particolare predilezione per la Santa Madre Teresa, per la quale nutre una singolare devozione e dalla quale è ricambiata con eccezionali favori.
Ma la sua santità brillò soprattutto nell’amore ardente per le anime.
Alimentato dall’esperienza forte della preghiera, sostenuto dalla penitenza generosa e da una carità ardente, il suo zelo si concretizzò “in opere ed opere” a favore di chiunque avesse avuto bisogno del suo aiuto o della sua preghiera.
La fama della sua santità varcò presto le soglie della clausura, soprattutto per le frequenti visite al monastero da parte delle principesse reali e del loro seguito. Persone di ogni ceto e categoria ricorrevano a lei per consiglio o per interporre la sua intercessione presso il Signore.
Tra questi si distinguevano Madama Reale, la Duchessa e lo stesso Vittorio Amedeo II.
Desiderosa di sfuggire a tale notorietà e spinta dal desiderio di fondare un nuovo carmelo che potesse accogliere le giovani che non potevano essere ricevute a Santa Cristina per mancanza di posti, avviò allo scopo trattative con i Superiori e con la Corte.
Superate innumerevoli difficoltà, il 16 settembre 1703 ebbe la gioia di vedere inaugurato il Carmelo di Moncalieri, senza però potervisi trasferire per l’opposizione dei Savoia che avevano esercitato forti pressioni sui Superiori per impedire che la Madre si allontanasse da Torino.
Di qui continuò a provvedere le monache di Moncalieri del necessario, occupandosi della loro formazione spirituale e vigilando con cuore di madre sul buon andamento della comunità.
Questo fino alla morte, avvenuta a Torino il 16 dicembre 1717.
Fu beatificata da Pio IX il 25 aprile 1865.
Le sue spoglie si venerano nella chiesa delle carmelitane scalze a Moncalieri (Torino) in Piazza beata Maria degli Angeli (già Vicolo Savonarola,1). Tel 011/641888
Dagli scritti:
“Quante volte sono stata ladra, Dio mio, del tempo che mi avete lasciato per amarvi, e io l’ ho speso per offendervi, ma col cuore del buon ladrone dirò: Signore, ricordati di me quando sarai nel tuo Regno!“
“Siamo nelle sue mani, siamo nelle braccia della sua Misericordia, che vi è da temere?”
“La voce di Dio è delicata e non si può udire ove vi sono grandi e molti rumori, e perciò procurate di tenere il cuore libero da ogni cosa affinché possa godere del Signore ”
“L’anima nello stato dell’ aridità è senza dolcezze di Dio, ma non senza Dio … Dio le è vicino, Dio è nel suo cuore, sebbene paia che dorma come dormiva appunto Cristo, ben nostro, sulla barchetta con i suoi Apostoli”
“Quando commettete qualche infedeltà, non vi angustiate, ma con umiltà e confidenza ricorrete subito al Signore: non fuggite dall’Offeso, ma abbracciatelo come amante e domandate perdono“
“La bontà del Signore è maggiore di quanti mali e peccati possiamo commettere, e prima ci stanchiamo noi di offenderlo, che egli di perdonarci”

Preghiera a San Giuseppe composta dalla Beata Maria degli Angeli
Gesù, Maria, Giuseppe,
beatissima trinità terrena,

io vi venero e adoro col più profondo affetto.
Quando sarà che l’anima mia
Viva tutta di Gesù,
tutta per Gesù,
tutta con Gesù !
Voi, o Maria, vera madre di Gesù,
Voi, o Giuseppe, prediletto padre di Gesù,
ottenetemi che io,
non abbia cuore che per Gesù.
Vivere senza Gesù
Mi sia più duro che il morire.
Morire con Gesù
Mi sia più dolce di ogni vita.
Santissimo mio padre Giuseppe,
vero sposo di Maria, degno padre di Gesù,
ottenetemi che io viva sempre
come vera serva di Gesù, vera figlia di Maria.
Nelle mani vostre
Raccomando il povero mio spirito
E la desolata anima mia,
affinché nell’ora che uscirà da questo corpo,
la riceviate nelle vostre santissime braccia
e la riponiate eternamente in quelle di Gesù e di Maria. Amen.

(Autore: Suore Carmelitane di Moncalieri - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

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*Sante Martiri d'Africa (16 Dicembre)

Martirologio Romano: Commemorazione di moltissime Sante Vergini, che in Africa durante la persecuzione vandalica sotto il re ariano Unnerico, patendo pesi e lame infuocate, coronarono felicemente con il martirio il loro combattimento per la fede.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Sante Martiri d'Africa, pregate per noi.

*Beati Martiri del Laos (16 Dicembre) - (celebrazione di gruppo)
† 1954/1970

Sotto il nome di Martiri del Laos vanno in realtà considerati due gruppi di sacerdoti (in gran parte missionari) e laici autoctoni, uccisi negli anni dal 1954 al 1970 da parte di guerriglieri comunisti del movimento Pathet Lao. Il primo gruppo comprende sacerdoti sia della Società delle Missioni Estere di Parigi, sia dei Missionari Oblati di Maria Immacolata, e catechisti laici: conta quindici martiri, capeggiati dal sacerdote Joseph Thao Tiên, considerato il protomartire del Laos (nel senso di primo martire nativo di quel Paese). Il secondo è formato da padre Mario Borzaga, degli Oblati Missionari di Maria Immacolata, e dal catechista Paul Thoj Xyooj.
Le due cause di beatificazione hanno seguito percorsi distinti nella fase diocesana, riunendosi per la discussione della "Positio super martyrio" e separandosi di nuovo per la promulgazione dei decreti sul martirio. Tutti e diciassette sono stati infine beatificati l’11 dicembre 2016 a Vientiane, in Laos. La loro memoria liturgica congiunta cade il 16 dicembre, data della morte di padre Jean Wauthier, dei Missionari Oblati di Maria Immacolata.
L’evangelizzazione del Laos, situato tra Thailandia, Cina e Vietnam, rimonta, nei suoi primi tentativi, almeno al 1642, con l’arrivo del padre gesuita Gian Maria Leria; vi rimase per cinque anni. Seguirono
altre spedizioni, quasi tutte apparentemente fallimentari, tra malattie, persecuzioni e difficoltà di ambientamento da parte dei missionari.
Solo dalla seconda metà del 1800 i sacerdoti della Società delle Missioni Estere di Parigi iniziarono a stabilire piccole stazioni missionarie lungo il fiume Mekong. La data ufficiale per l’avvio della Chiesa in Laos viene però fissata al 1885, con l’impianto di una missione stabile a Ban Dorn Don.
Nel 1938 la Santa Sede eresse la Prefettura apostolica di Vientiane e Luang Prabang, nel nord del Paese; nel 1952 divenne un Vicariato apostolico, col proprio vescovo. I Missionari Oblati di Maria Immacolata di nazionalità francese, che avevano raggiunto il Laos nel 1935, chiesero rinforzi dai confratelli della Provincia italiana: nel 1957, quindi, arrivarono i primi sei missionari.
Tuttavia, il territorio laotiano aveva ottenuto l’indipendenza dal 1953, ma era caratterizzato da lotte interne, fomentate soprattutto dai guerriglieri del movimento politico Pathet Lao, vicini al comunismo di stampo cinese.
Nel 1959 tutti i missionari ricevettero l’ordine dalla Santa Sede di restare al proprio posto, a meno che non fossero anziani o malati. Per molti di essi, obbedire a quella consegna significò l’arresto, la prigionia e la condanna a morte.
Il loro ricordo non è mai venuto meno, come quello dei catechisti laici laotiani che li avevano seguiti nelle spedizioni missionarie. Per questo motivo, dopo che San Giovanni Paolo II aveva invitato a conservare la memoria dei martiri del XX secolo nella lettera apostolica «Tertio Millennio Adveniente», i vescovi del Laos domandarono alla Società delle Missioni Estere e agli Oblati di Maria Immacolata di aiutarli a cercare i documenti necessari.
Nella commemorazione dei testimoni della fede nel XX secolo, svolta nel contesto del Grande Giubileo del 2000, precisamente il 7 maggio, sono stati elencati anche quelli che operarono in Laos.
Nel maggio 2003 i vescovi del Laos approvarono una lista provvisoria di 14 presunti martiri e chiesero agli Oblati di Maria Immacolata di rappresentarli nelle fasi preliminari del processo. Il 26 luglio 2004 il loro Superiore generale notificò di aver accettato la richiesta, ma con una precisazione: il lavoro iniziale sarebbe stato compiuto dalle province di Francia e d’Italia, rispettivamente per quindici e per due martiri. Ciò era motivato dal fatto che nel primo gruppo erano compresi missionari francesi, mentre il secondo contava solo il trentino padre Mario Borzaga e il catechista Paul Thoj Xyooj, scomparsi insieme alla fine dell’aprile 1960.
Le due cause si sono quindi svolte in questo modo. Per i quindici martiri franco-laotiani, capeggiati dal sacerdote Joseph Thao Tiên in quanto primo martire di nazionalità laotiana, la fase diocesana ha ottenuto il nulla osta dalla Santa Sede il 18 gennaio 2008. Si è quindi svolta a Nantes (di cui era originario padre Jean-Baptiste Malo, della Società delle Missioni Estere di Parigi) dal 10 giugno 2008 al 27 febbraio 2010, supportata da una commissione storica. La causa diocesana di padre Mario Borzaga e di Paul Thoj Xyooj si è invece svolta a Trento, ottenuto il trasferimento dal Vicariato apostolico di Luang Prabang, dal 7 ottobre 2006 al 17 ottobre 2008.
A partire dalla fase romana, ovvero dal 13 ottobre 2012, la Congregazione delle Cause dei Santi ha concesso che la "Positio super martyrio" di entrambi i gruppi venisse coordinata, poi studiata, congiuntamente.
Il 27 novembre 2014 la riunione dei consultori teologi si è quindi pronunciata favorevolmente circa il martirio di tutti e diciassette. Questo parere positivo è stato confermato il 2 giugno 2015 dal congresso dei cardinali e vescovi della Congregazione delle Cause dei Santi, ma solo per Joseph Thao Tiên e i suoi quattordici compagni: padre Borzaga e il catechista, infatti, avevano già ottenuto la promulgazione del decreto sul martirio il 5 maggio 2015. Esattamente un mese dopo, il 5 giugno, papa Francesco autorizzava anche quello per gli altri quindici.
La beatificazione congiunta dei diciassette martiri è stata infine fissata a domenica 11 dicembre 2016 a Vientiane, nel Laos. A presiederla, come inviato del Santo Padre, il cardinal Orlando Quevedo, arcivescovo di Cotabato nelle Filippine e Missionario Oblato di Maria Immacolata. La loro memoria liturgica cade il 16 dicembre, anniversario del martirio di padre Jean Wauthier, Missionario Oblato di Maria Immacolata.
L’elenco che segue presenta i nomi di tutti e diciassette i martiri del Laos. I nomi di battesimo sono tutti riportati nelle lingue nazionali e, per i laici di nazionalità laotiana, in lingua francese.

Mario Borzaga, sacerdote dei Missionari Oblati di Maria Immacolata
Paul Thoj Xyooj, catechista † fine di aprile 1960  
Decreto sul martirio: 5 maggio 2015
Joseph Thao Tiên, sacerdote diocesano del Vicariato di Muang Sôi (Vietnam) † Ban Ta Lang, 2 giugno 1954
Jean-Baptiste Malo, sacerdote della Società delle Missioni Estere di Parigi † Yên Hi, 28 marzo 1954
René Dubroux, sacerdote della Società delle Missioni Estere di Parigi † Palay, 19 dicembre 1959
Louis Leroy, sacerdote dei Missionari Oblati di Maria Immacolata † Ban Pha, 18 aprile 1961
Michel Coquelet, sacerdote dei Missionari Oblati di Maria Immacolata † Sop Xieng, 20 aprile 1961
Joseph Outhay Phongphumi, catechista
Noël Tenaud, sacerdote della Società delle Missioni Estere di Parigi † Phalane, Laos, 27 aprile 1961
Vincent L’Hénoret, sacerdote dei Missionari Oblati di Maria Immacolata † Ban Ban / Muang Kham, 11 maggio 1961
Marcel Denis, sacerdote della Società delle Missioni Estere di Parigi † Kham Hè, 31 luglio 1961
Jean Wauthier, sacerdote dei Missionari Oblati di Maria Immacolata † Ban Na, 16 dicembre 1961
Thomas Khampheuane Inthirath, apprendista catechista
Lucien Galan, sacerdote della Società delle Missioni Estere di Parigi † Paksong, 12 maggio 1968
Joseph Boissel, sacerdote dei Missionari Oblati di Maria Immacolata † Hat I-Et, 5 luglio 1969
Luc Sy, catechista e padre di famiglia
Maisam Pho Inpèng, padre di famiglia † Den Din, 7 marzo 1970
Decreto sul martirio: 5 giugno 2015
(Autore: Emilia Flocchini – Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - Beati Martiri del Laos, pregate per noi.

*Beato Onorato (Venceslao) Kazminski - Cappuccino (16 Dicembre)
Biala (Polonia), 16 ottobre 1829 - Nowe-Miasto, 16 dicembre 1916
Onorato, al secolo Vencesalo Kozminski, nacque a Biala Podlaska il 16 ottobre 1829.
Ricevuta la prima educazione in famiglia e compiuti gli studi primari a Plock, si reco a Varsavia per gli studi di architettura.
Nel 1846 subì una crisi religiosa, superata la quale entro nell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini a Varsavia, e venne ordinato sacerdote il 27 dicembre 1852.

Si dedico ad un'intensa azione pastorale fondando ben 26 Istituti religiosi, di cui 18 esistono tutt'oggi.
Fu scrittore fecondo, direttore spirituale e confessore ricercatissimo. Morì a Nowe Miasto il 16 dicembre 1916. Fu beatificato da Giovanni Paolo II il 16 ottobre 1988.

Martirologio Romano: Nella città di Nowe Miasto in Polonia, Beato Onorato da Biała Podlaska (Fiorenzo) Kazminsky, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, che si adoperò egregiamente nel servire i penitenti, nel predicare la parola di Dio e nel confortare in carcere i prigionieri.
Venceslao Kozminski nasce nel 1829, la famiglia lo educò cristianamente e lo fece studiare presso il ginnasio di Plock.
Frequentando l'ambiente della scuola di belle arti di Varsavia, influenzato dall'illuminismo, abbandonò la fede.
Arrestato nel 1846 dalla polizia zarista, poiché sospettato di far parte di una organizzazione politica, rinchiuso nel carcere di Varsavia, vi trascorse un anno durante il quale contrasse il tifo e temette la condanna a morte.
Durante questo periodo aveva ricercato e trovato nuovamente la fede in Dio.
Nel 1848 entrò nel noviziato di Lubartòw, alla vestizione gli fu dato il nome di fra Onorato, fu ordinato sacerdote il 27 dicembre 1852, subito iniziò l'insegnamento ai chierici cappuccini, impegnato nella predicazione e nella direzione dei terziari francescani.
Nel 1863 i russi decretarono l'abolizione degli ordini religiosi, Onorato venne trasferito prima a Zahroczym e quindi a Nowe-Miasto.
Lottò contro il potere zarista che voleva staccare la chiesa polacca da quella di Roma, per mezzo
della devozione mariana e della diffusione del terz'ordine francescano.
Di sicuro fu molto difficile operare in un paese dove era vietato fare apostolato e formare novizi, per questo motivo diffuse i valori evangelici interpretati dal terz'ordine formando varie congregazioni, queste vivevano il vangelo di Cristo così come si trovavano nella vita ordinaria, senza saio, senza convento, nascosti ma vivi nella fede.
Queste congregazioni furono approvate dalla Santa sede il 21 giugno 1889, ma in seguito a denunce furono imposte delle restrizioni a queste comunità.
Nel 1905 per motivi di salute non esercitò più il ministero nei confessionali ed inizio una importante corrispondenza epistolare con i propri figli spirituali, circa 4000 lettere manoscritte sono conservate negli archivi di Varsavia, oltre alle sue numerose prediche, ad una "enciclopedia mariana" e ad un diario spirituale.
Dal 1895 fu commissario generale dei cappuccini sotto la dominazione russa.
Morì all'età di 87 anni il 16 dicembre 1916, dal 1975 il suo corpo riposa nella chiesa di Nowe-Miasto.
Il 16 ottobre 1988 Giovanni Paolo II lo ha proclamato Beato.

(Autore: Carmelo Randello – Fonte: Enciclopedia dei Santi)

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*Beato Sebastiano Maggi – Sacerdote Domenicano (16 Dicembre)

Brescia 1414 - Genova 1496
Nato nel 1414 a Brescia col nome di Selvatico, appena 15enne entrò come Sebastiano nel convento domenicano della città, del quale poi divenne priore.
La dedizione allo studio gli valse il titolo di maestro in sacra teologia.
Fu chiamato a reggere vari conventi - Santa Maria delle Grazie a Milano, poi Brescia, Mantova, Verona, Piacenza e Bologna - per le sue capacità di governo nella linea della riforma dell'Osservanza promossa da Santa Caterina da Siena e dal Beato Raimondo da Capua.
Per due volte fu vicario generale in Lombardia. Come superiore del convento di Firenze dovette proibire la predicazione a Girolamo Savonarola per ordine di Papa Alessandro VI.
È sepolto nel convento di Santa Maria di Castello a Genova, dove morì nel 1496.
Benedetto XV ha confermato il suo culto nel 1760. (Avvenire)

Etimologia: Sebastiano = Venerabile, dal greco
Martirologio Romano: A Genova, commemorazione del Beato Sebastiano (Salvatico) Maggi, Sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, che predicò il Vangelo al popolo ligure e si occupò dell’osservanza della disciplina nei conventi.
Ad appena quindici anni entrò in Convento a Brescia, col nome di Sebastiano, del quale poi divenne anche Priore. La dedizione allo studio gli valse il titolo di Maestro in Sacra Teologia.
Fu Priore anche del Convento di Santa Maria delle Grazie a Milano, a Bologna e di altri Conventi. Per due volte fu Vicario Generale della Congregazione di Lombardia.
Durante la visita canonica ne 1496 al Convento di Santa Maria di Castello a Genova, si ammalò, spirando qualche tempo più tardi. Le sue spoglie sono state sepolte nel Monastero. Papa Benedetto XV ha confermato il suo culto il 15 aprile 1760.

(Autore: Franco Mariani - Fonte: Enciclopedia dei Santi)

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*Altri Santi del giorno (16 Dicembre)
*San

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