Santi del 15 Aprile
m. 564 circa
Martirologio Romano: A Roma presso San Pietro, commemorazione di Sant’Abbondio, che, come attesta il Papa San Gregorio Magno, fu umile e fedele mansionario di questa Chiesa.
Mansionario della basilica di San Pietro in Vaticano, Santo. I Dialoghi di San Gregorio Magno sono l'unica fonte che ci parli di lui, senza tuttavia precisare l'epoca in cui visse.
Nei codici il suo nome compare nelle varianti Acoitius, Agontius, Habundius, e la sua morte è stata universalmente, quanto arbitrariamente, posta nell'anno 564.
San Gregorio lo descrive come uomo di grande umiltà e di tale dignità nell'adempimento del divino servizio, che lo stesso apostolo Pietro volle dimostrare con un miracolo quanta considerazione avesse per lui.
Narra, infatti, San Gregorio che un giorno una fanciulla paralitica, mentre si trovava nella basilica e trascinava per terra le sue membra inerti cercando di sostenersi sulle mani, invocò insistentemente la guarigione dal Beato Pietro.
E questi una notte le apparve in sogno ordinandole di recarsi da Abbondio per ottenere la guarigione.
Tornata nella basilica e imbattutasi nel mansionario, la fanciulla gli narrò la miracolosa visione ed Abbondio, presala per mano, la restituì alla sanità primitiva.
Fin qui il racconto di san Gregorio. Il clero della basilica di San Pietro in Vaticano celebra la festa di Abbondio il 15 Aprile.
(Autore: Alfonso Codaghengo - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Abbondio, pregate per noi.
*Sante Anastasia e Basilissa - Martiri (15 Aprile)
m. Roma, 68 circa
Etimologia: Anastasio = risorto, dal greco; Basilissa = regina, dal greco
Emblema: Palma
Le Sante Anastasia e Basilissa, nobili matrone romane, furono discepole dei Santi apostoli Pietro e Paolo, dei quali ebbero il singolare incarico e privilegio di seppellirne i corpi martoriati.
Persistettero costanti nella professione della loro fede e, dopo esser stata loro tagliata la lingua ed essere state percosse con la spada, conseguirono anch’esse la corona del martirio sotto l’imperatore Nerone, attorno all’anno 68.
I resti delle due gloriose martiri, secondo il Diario Romano del 1926, sarebbero ancora oggi custoditi in Santa Maria della Pace.
Il Martyrologium Romanum nelle passate edizioni ricordava le Sante Anastasia e Basilissa al 15 aprile, ma le ultime riforme in materia hanno accomunato tutti i primi martiri cristiani di Roma in un’unica commemorazione posta al 30 giugno.
(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sante Anastasia e Basilissa, pregate per noi.
Etimologia: Annibale = il Signore è benefico, dal fenicio
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Annibale, pregate per noi.
*Beato Cesare De Bus - Sacerdote (15 Aprile)
Cavallion, 3 febbraio 1544 - Avignone, 15 aprile 1607
Nacque a Cavaillon, nei pressi di Avignone, il 3 febbraio 1544. Era il settimo di tredici figli. Passò la gioventù tra gli ufficiali di Carlo III e la corte reale, lontano dalla pratica religiosa. La conversione avvenne nel 1575 anche grazie alla preghiera e alla penitenza di due umili persone: Antonietta Revillande e Luigi Guyot.
Decisivo nel suo cambiamento il ruolo dei suoi direttori spirituali, prima il gesuita padre Piquet poi il vescovo diocesano che lo incaricò di predicare alla gente più umile e bisognosa. Nel 1582, trentottenne fu ordinato sacerdote assumendo il ruolo di canonico della cattedrale di Avignone.
Nel 1592 intorno a lui si venne a formare una famiglia di sacerdoti e successivamente di suore. Era l’avvio della Congregazione maschile e femminile dei Dottrinari cui si dedicò anima e corpo. Gli ultimi anni della sua vita furono contrassegnati da gravi malattie tra cui la cecità.
Morì ad Avignone il 15 aprile 1607, domenica di Pasqua. È stato beatificato da Palo VI il 27 aprile 1975. (Avvenire)
Etimologia: Cesare = nome di famiglia romana, assurto a dignità imperiale; grande, dall'etru
Martirologio Romano: Ad Avignone nella Provenza, in Francia, Beato Cesare de Bus, sacerdote, che, convertitosi dalla vita mondana, si dedicò alla predicazione e alla catechesi e fondò la Congregazione dei Padri della Dottrina Cristiana, a cui diede la finalità di rendere gloria a Dio attraverso la formazione dei fedeli.
Il Beato Cesare nasce il 3 febbraio 1544 a Cavallion, un paesino della Provenza, da una famiglia emigrata in Francia dall’Italia. Aveva passato la gioventù tra gli ufficiali dell’esercito di Carlo III, poi alla corte reale, e l’ambiente distolse l’animo del giovane ufficiale da ogni pratica religiosa e da ogni sentimento evangelico.
La conversione avvenne nel 1575, dopo un travagliato cammino, segnato anche dalla preghiera e dalle penitenze di due umili persone: Antonietta Revillande e Luigi Guyot. La ricerca di un direttore spirituale, dapprima il gesuita Padre Piquet e poi il Vescovo di Cavillon, ravvivano in lui la fede imparata da sua madre e lo portarono, dopo quattro anni, al sacerdozio. L’incarico ricevuto dal Vescovo fu la predicazione alla gente più povera economicamente e culturalmente. Dai tuguri alle cattedrali per predicare alla gente e restaurare la fede e i costumi. Nel 1592 si viene a formare intorno a lui: padre, legislatore e moderatore, una famiglia di apostoli e successivamente di Suore; nasce la Congregazione maschile e femminile dei Dottrinari.
Celebri i suoi testi catechistici a commento del catechismo del Concilio di Trento che sarà poi pubblicato col nome di Catechismo di S. Pio V e nel quale il De Bus tratta gli argomenti teologici primari visti sotto l’angolazione più efficace a secondo dell’età e della posizione dei discenti: la maggiore età, la media e la piccola. Dopo dieci anni di ministero sacerdotale viene colpito da totale cecità. Morì ad Avignone il 15 aprile 1607; la sua causa di beatificazione fu aperta dopo quattro anni dalla morte. La sua memoria liturgica è il 15 aprile.
Così è descritto il Beato dal Papa nel messaggio alla gente convenuta nella piazza della Basilica Vaticana per la recita del Regina Coeli:
"Festa oggi per la Chiesa. Abbiamo proprio ora proclamato la beatificazione, come sapete, di Cesare De Bus, d’un uomo di mondo, d’un uomo d’armi, d’un uomo di lettere, che, “nel mezzo del cammin di nostra vita”, si fa prete e si dà tutto, con alcuni compagni, chiamati poi i Dottrinari, all’insegnamento del catechismo ai fanciulli e al popolo... ".
Un elemento che colpisce nella vita di questo Beato e che lo colloca perfettamente nel tema dell’Anno Santo, è il cammino di conversione e di penitenza che rigenerò la sua vita.
Anche Egli, come la Milleret, è un uomo che ha saputo trasmettere con un suo metodo quei valori di fede in un’epoca non facile, il dopo-concilio tridentino, ma è anche un uomo impegnato nel sociale e nell’educazione. Ricordiamo del Beato la sua attività apostolica "tra le famiglie di campagna in casolari abbandonati, dove la miseria era regina, infermiere volontario negli ospedali che a quell’epoca sono in uno stato pietoso, ammorbati dal lezzo persistente dei malati, raccoglieva ogni sera i contadini per pregare in una cappella rustica fuori delle porte della città, a Santa Maria della Pietà".
(Autore: Don Marco Grenci - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Cesare De Bus, pregate per noi.
*San Crescente di Mira - Martire (15 Aprile)
Martirologio Romano: A Mira in Licia, nell’odierna Turchia, San Crescente, che subì il martirio sul rogo.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Crescente di Mira, pregate per noi.
*Beato Damiano de Veuster (15 Aprile)
Tremenloo (Fiandre, Belgio), 3 gennaio 1840 - Molokai (Isole Hawaii), 15 aprile 1889
Etimologia: Damiano = domatore, o del popolo, dal greco
Martirologio Romano: In località Kalawao sull’isola di Molokai in Oceania, Beato Damiano de Veuster, sacerdote della Congregazione dei Missionari dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, che attese con tale dedizione all’assistenza dei lebbrosi, da morire colpito anch’egli dalla lebbra.
I coniugi fiamminghi De Veuster hanno otto figli, da cui escono due suore e due preti dei “Sacri Cuori di Gesù e Maria”, detti anche “Società del Picpus”, dalla via di Parigi dove è nata la congregazione.
Giuseppe, penultimo degli otto, è destinato ad aiutare il padre, ma a 19 anni entra anche lui al Picpus prendendo il nome di fratel Damiano.
Nell’istituto c’è anche suo fratello Pamphile: ordinato prete nel 1863, Pamphile non va in missione perché malato, e allora Damiano ottiene di partire al posto del fratello, anche se non è ancora stato ordinato sacerdote.
Destinazione della missione: le Isole Sandwich, così chiamate dal loro scopritore James Cook nel 1778 in onore di Lord Sandwich, capo della Marina inglese.
Sono un arcipelago indipendente sotto una monarchia locale, e più tardi si chiameranno Isole Hawaii.
Damiano le raggiunge dopo 138 giorni di navigazione, da Brema a Honolulu. Completa gli studi, diventa sacerdote nel 1864 e lavora nell’isola principale, Hawaii.
Istruisce la gente nella fede e insegna ad allevare montoni e maiali, come pure a coltivare la terra.
Il divario culturale crea ostacoli duri, la solitudine a volte gli pare insopportabile.
Ma è solo un primo collaudo. Nel 1873 il suo vescovo cerca preti volontari per l’isola lazzaretto di Molokai, dove il governo confina tutti i malati di lebbra, togliendoli alle famiglie: si offrono in quattro, per turni di 34 settimane, e tra loro c’è padre Damiano, che va per primo a Molokai e vi resterà per sempre (tranne un breve soggiorno a Honolulu).
Ci deve restare, perché il governo teme il contagio e gli proibisce di lasciare l’isola con i suoi 780.800 malati ad alta mortalità: 183 decessi nei primi otto mesi.
Ma "tanti ne seppelliamo, altrettanti ne manda il governo".
Ora fuma la pipa per difesa contro l’insopportabile odore di carne in disfacimento, che a volte lo fa svenire in chiesa.
A Molokai è prete, medico e padre: cura le anime, lava le piaghe, distribuisce medicine, stimola il senso di dignità dei malati, che si organizzano, lavorano la terra, creano orfanotrofi: opera loro, orgoglio loro.
Nel 1885, ecco la scoperta: anche lui è stato contagiato dalla lebbra.
Ed è solo, aspettando a lungo un altro prete per confessarsi, fino all’arrivo del padre belga Conrardy, pochi mesi prima della morte.
Sopporta incomprensioni, ma è capace di dire: "Sono tranquillo e rassegnato, e anche più felice in questo mio mondo".
Fino all’ultimo aiuta gli studi sulla lebbra, sperimentando su di sé nuovi farmaci.
Muore dopo un mese di letto, e mille malati di lebbra lo seppelliscono ai piedi di un albero.
Nel 1936 il suo corpo verrà riportato in Belgio, a Lovanio.
Giovanni Paolo II lo beatificherà a Bruxelles nel 1995, completando l’iter iniziato da Paolo VI nel 1967, su richiesta di 33 mila lebbrosi.
(Autore: Domenico Agasso - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Damiano de Veuster, pregate per noi.
*Beato Lorenzino Sossio - Martire (15 Aprile)
XV secolo
Nell’aprile 1485 fu rinvenuto nei campi tra Bassano e Marostica il cadavere d’un bambino di cinque anni perito in circostanze misteriose.
L’infuocato clima antisemitico, provocato e alimentato da interessate calunnie di infanticidi rituali a carico degli ebrei e da conseguenti tragiche montature giudiziarie in tutta Europa, fece pensare e gridare ad un ennesimo infanticidio rituale perpetrato da ebrei di Bassano.
Mancano notizie sicure di un processo, tuttavia l’accusa portò all’espulsione degli ebrai da Vicenza e da tutto il territorio vicentino decretata dal doge Marco Barbarigio il 21 aprile 1486.
L’ignoto bambino, che fonti assai tardive chiamarono Lorenzino Sossio, fu subito venerato come martire analogamente agli altri presunti martiri bambini dell’odio israelitico, quali Simone di Trento, Andrea di Rinn, Werner di Oberwesel ed altri, e il suo corpo fu trasportato a Marostica.
I verbali della visita pastorale compiutavi dal vescovo di Padova, Pietro Barozzi, il 14 ottobre 1488, indicano infatti nella chiesa di S. Sebastiano il corpo di un bambino “anonimo”, ritenuto dagli abitanti vittima degli ebrei, e perciò in grande venerazione.
Il vescovo, esaminato il corpo, ne disapprovò il culto e dichiarò non esservi alcun miracolo.
Il culto però continuò, nonostante la proibizione, col successivo tacito consenso dei vescovi di Padova e più tardi di Vicenza, quando Marostica passò a questa diocesi, e infine con l’approvazione della Santa Sede.
Già Benedetto XIV nella Bolla “Beatus Andreas” del 22 febbraio 1755 diretta a confermare il culto di Anrea di Rinn, aveva ricordato che il Beato Lorenzino Sossio godeva di un culto immemorabile.
In data poi 31 agosto 1867 la Congregazione dei Riti procedeva alla conferma del culto a lui reso “ab immemorabili”, concedendo Messa ed Ufficio propri per le diocesi di Vicenza e di Padova, e fissando la festa liturgica al 15 aprile e la festa esterna alla seconda domenica dopo Pasqua.
Frattanto nel 1810, dopo la soppressione del convento e annessa chiesa di San Sebastiano decretata dalle leggi napoleoniche, il corpo era stato trasportato nella chiesa arcipretale di Santa Maria Assunta, sempre in Marostica, dove oggi è conservato in una ricca cappella appositamente eretta in onore del protettore.
Il culto liturgico ufficiale ora è stato abbandonato a norma delle disposizioni postconciliari, come del resto è avvenuto anche per Simone di Trento. Si celebra invece ancora, purtroppo, e con grande solennità, la festa esterna nella seconda domenica dopo Pasqua.
(Autore: Benedetto Cignitti - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Lorenzino Sossio, pregate per noi.
*San Marone - Martire (15 Aprile)
Le più antiche notizie rinviano al tempo in cui a Roma sul trono imperiale sedeva Domiziano (81-96), della dinastia dei Flavi.
Apparteneva alla famiglia dei Flavi anche Domitilla, giovanissima cugina dell'imperatore, "pecora nera" nella famiglia imperiale, perché cristiana. Promessa sposa, già da bambina, ad Aureliano, di nobile famiglia senatoria, venne dissuasa dalle nozze da Marone, insieme ai suoi amici Eutiche e Vittorino, cristiani anch'essi. Aureliano spinse così l'imperatore a condannarla all'esilio sull'isola di Ponza.
Accompagnarono Domitilla, per curarne la formazione, anche i tre amici cristiani Marone, Eutiche e Vittorino, che agli occhi di Aureliano apparvero come i responsabili del rifiuto da parte di Domitilla. Marone fu condannato ai lavori forzati e inviato sulla Salaria, a 130 miglia da Roma, dove morì nell'anno 100. (Avvenire)
Patronato: Civitanova Marche
Emblema: Palma
Martirologio Romano: Sul Monte d’Oro nelle Marche, San Marone, martire.
Le più antiche notizie su San Marone le troviamo negli Acta SS. Nerei et Achillei e rinviano al tempo in cui a Roma sul trono imperiale sedeva Domiziano (81-96), della dinastia dei Flavi. Apparteneva alla famiglia dei Flayi anche Domitilla, giovanissima cugina dell'imperatore, "pecora nera" nella famiglia imperiale, perché cristiana. A Roma c'era già una comunità cristiana organizzatasi in seguito alla predicazione di San Pietro, martire nella persecuzione scatenata nel 64 da Nerone (54-68). Domitilla era orfana di padre e di madre. La allevava lo zio Flavio Clemente, zio anche dell'imperatore.
Clemente l'aveva promessa sposa, già da bambina, ad Aureliano, di nobile famiglia senatoria, che con quel matrimonio avrebbe stretto vincoli di parentela con la famiglia imperiale, avrebbe messo le mani sul cospicuo patrimonio della fanciulla orfana e, chissà, avrebbe potuto aspirare a divenire imperatore dopo Domiziano, che già gli aveva conferito la carica di console.
Marone, insieme ai suoi amici Eutiche e Vittorino, cristiani anch'essi, era ben inserito nell'ambito dei Flavi, almeno quel ramo della famiglia che si era convertito al Cristianesimo. Quando ormai Domitilla, poco più che una bambina, avrebbe dovuto sposarsi, alcuni, tra cui Marone, le consigliarono di non farlo, e Domitilla rifiutò di sposare Aureliano, che tanto contava su quel matrimonio e sul patrimonio della nobile orfana.
Aureliano andò su tutte le furie e volle che Domitilla fosse punita, non perché aveva rifiutato di sposarlo, ma perché era cristiana. Domitilla era però una Flavia come Domiziano, l'imperatore suo cugino, che non poteva mettere a morte la cugina. Trovò un modo per cavarsi d'impaccio, pur rispettando le leggi persecutorie contro i cristiani: condannò Domitilla all'esilio sull'isola di Ponza. Ma è probabile che fosse un espediente concordato col console promesso sposo, perché la ragazza, allontanata dalla comunità cristiana di Roma e relegata su un'isola, ci ripensasse e consentisse alle nozze.
Domitilla si recò a Ponza, ed essendo una nobile della famiglia imperiale, fu accompagnata nel quasi esilio o quasi villeggiatura, da un seguito al suo servizio, ancelle e servitori, fra cui Nereo e Achilleo, due cristiani, che finirono però martiri a Ponza stessa, per contrasti con aderenti alla setta religiosa fondata da Simon Mago, diffusasi dall'Oriente e ben radicata sull'isola.
Nell'occidente dell'impero romano, col paganesimo in totale crisi di credibilità, col continuo afflusso dall'Oriente di militari, mercanti e schiavi, pullulavano ovunque svariate sette e movimenti religiosi di origine orientale. Accompagnarono Domitilla a Ponza, per curarne la formazione, anche i tre amici cristiani Marone, Eutiche e Vittorino, ai quali Aureliano raccomandò di convincere la ragazza a sposarlo.
A Roma intanto il potere dell' imperatore Domiziano degenerò in violenta dittatura, finche nel 96 fu ucciso, vittima di una congiura ordita da senatori. Il potere imperiale fu preso da Nerva (96-98), un senatore che attenuò le persecuzioni contro i cristiani e fece rientrare dall'esilio i perseguitati per motivi religiosi. Anche Domitilla poté rientrare a Roma col suo seguito, ma Aureliano, l'aspirante sposo di Domitilla, riconquistò potere politico e con Nerva divenne ancora una volta console. Non avendo potuto piegare Domitilla al suo volere, si accanì contro Marone, Vittorino e Eutiche, responsabili ai suoi occhi dello scacco matrimoniale subito. Li condannò come cristiani ai lavori forzati, ognuno in un suo diverso possedimento. Marone fu inviato sulla Salaria, a 130 miglia da Roma, perchè zappasse tutto il giorno su poderi che Aureliano possedeva nel Piceno, ma egli, nonostante fosse trattato come schiavo, godeva di prestigio e aumentava il numero dei cristiani. Nel frattempo era divenuto sacerdote e compiva anche miracoli.
Il quadro storico fin qui delineato può essere considerato attendibile, ma nel corso del Medioevo la figura del santo si colorò di elementi chiaramente leggendari, anche se "leggendario" non significa necessariamente "falso", perchè ogni leggenda si forma per trasformazione o rielaborazione di un nucleo originario corrispondente a verità. Comunque, il culto del martire San Marone mise salde radici nelle città romane lungo il corso del Chienti e del Potenza: a Septempeda, oggi San Severino, fu venerato e ricordato anche per aver guarito dall'idropisia il "procurator" della città. A Tolentino il suo culto è testimoniato dal fatto che è protettore della città insieme a San Catervo.
Identica situazione si ritrova ad Urbisaglia, ove San Marone è ancor oggi comprotettore della cittadina insieme a San Giorgio; questo, forse, ha fatto attribuire a San Marone il miracolo della principessa liberata dal drago, altrove attribuito sempre a San Giorgio: alla foce del Chienti, un drago sarebbe emerso dal mare per mangiarsi ,una principessa, in questo caso la figlia del re di Urbisaglia, probabile evocazione popolare dei locali re carolingi o sassoni. San Marone la salvò.
Nell'anno 100 dopo Cristo San Marone morì martire in Val di Chienti, nei pressi del santuario del dio Granno.
Marone si fece araldo del vangelo sul territorio piceno attraversato da quel tratto della Salaria che, diramandosi dalla valle del Tronto, si addentrava nel Piceno costeggiando i Sibillini. Subì il martirio sul territorio dell'attuale Urbisaglia, ove sorgeva il santuario dedicato all'antico dio italico Granno, identificato poi col dio greco Apollo.
All'interno del themenos o recinto sacro del tempio, sgorgavano sorgenti di acque calde, e i pagani credevano che il dio conferisse loro virtù curative; era quindi molto frequentato. Al santuario del dio Apollo-Granno inviò più volte donativi, per ottenere la guarigione, anche l'imperatore romano Caracalla (212-217), che una volta vi si recò anche in pellegrinaggio. Lo riferisce 10 scrittore greco Dione Cassio. Le rovine del Palazzo di Carlo Magno in VaI di Chienti erano ancora visibili nel 1500. In quel secolo Andrea Dacci di Sant'Elpidio additava nella piana del Chienti i resti di un "Palazzo antico" che la tradizione riteneva "il Palazzo di Re Carlo".
Nell'anno 100 dopo Cristo, a Roma Aureliano si convinse che per Marone non era sufficiente la condanna ai lavori forzati. Doveva morire. Il favore con cui le masse del Piceno accoglievano la predicazione del Cristianesimo comprometteva gli interessi di chi viveva dei proventi del culto del dio Grannus, e anche quelli personali del console Aureliano, che nel Piceno aveva possedimenti e quindi interessi da tutelare. A Roma dovettero anche giungere formali proteste e Aureliano inviò Turgio, un ex console suo amico, per far processare Marone.
Avevano già tentato di linciarlo facendolo morire schiacciato da un grosso macigno ma, stando alla tradizione, non ci erano riusciti per la protezione di Dio. Turgio, in qualità di magistrato romano, fece applicare la legge, che per la condanna a morte di un cittadino romano prevedeva la decapitazione, e Marone fu decapitato. Gli antichi martirologi concludono il racconto del martirio con queste parole: il popolo cristiano prese il suo corpo e gli diede onorevole sepoltura. Era il 15 aprile dell'anno 100. I cristiani del Piceno poterono certamente dar sepoltura al corpo del martire, perche la legge romana, per il seppellimento dei morti prevedeva disposizioni da rispettare come sacre, emanate già nel periodo repubblicano di Roma, quando erano state redatte le leggi delle Dodici Tavole: Deorum Manium jura sancta sunto, i diritti degli dei Mani (dei defunti) siano rispettati come sacri.
(Autore: Don Marco Tesi – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Marone, pregate per noi.
*Santi Martiri Mercedari Redentori d’Africa (15 Aprile)
XIV secolo
Questi Santi mercedari, mentre stavano navigando verso l’Africa in missione di redenzione,
furono catturati dai mori nell’anno 1393, dopo diversi tormenti, per odio della religione cattolica, furono martirizzati facendo così onore al loro Ordine ed alla Chiesa ed ora in Gesù Cristo esultano per l’eternità.
L’Ordine li festeggia il 15 aprile.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Martiri Mercedari Redentori d’Africa, pregate per noi.
*Sant'Ortario - Abate di Landelles (15 Aprile)
Martirologio Romano: Nel monastero di Landelles nel territorio di Bayeux in Normandia, in Francia, Sant’Ortario, abate, dedito a una vita di austerità e di preghiera e assiduo nella cura degli infermi e nell’assistenza ai poveri.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Ortario, pregate per noi.
*San Paterno di Avranches - Vescovo (15 Aprile)
Martirologio Romano: A Scissy nel territorio di Coutances in Francia, deposizione di San Paterno, vescovo di Avranches, che fondò molti monasteri e, eletto ormai settuagenario alla dignità episcopale, graditissimo a Dio, rese in monastero il suo spirito.
San Paterno è un monaco gallese vissuto fra il V ed il VI secolo.
É tra i fondatori del monastero di Lianbadarn Fawr vicino Aberystwyth in Galles.
La sua attività principale fu l’evangelizzazione delle popolazioni ancora pagane dell’isola albionica.
Godette di una grande popolarità nel Medio Evo.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Paterno di Avranches Vescovo, pregate per noi.
*Santa Suina - Vergine e Martire (15 Aprile)
III secolo
Santa Suina, Vergine e Martire del III secolo d. C., è annoverata tra i Santi Martiri della Sardegna ed è venerata nel Santuario della Cattedrale di Cagliari.
Emblema:
Palma, Giglio.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Suina, pregate per noi.
*Santi Teodoro e Pausilopo (Pausilippo) - Martiri (15 Aprile)
Martirologio Romano: In Tracia, Santi Teodoro e Pausílipo, martiri, la cui passione si dice sia avvenuta sotto l’imperatore Adriano.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Teodoro e Pausilopo, pregate per noi.
*Altri Santi del giorno (15 Aprile)
*xxx
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.