Santi del 15 Agosto
*Aimone Taparelli *Alberto da Sarteano *Alfredo *Alipio di Tagaste *Arduino di Rimini *Carmelo Sastre Sastre *Claudio Granzotto *David Roldan Lara *Domenico Maria da Alboraya *Elisabetta e Maria del Paradiso *Emanuele Morales *Ferdinando de Pazos *Giacinto Odrovaz *Giacomo Bonet Nadal *Gioconda di Roma *Giovanni da Siviglia *Giuliana Puricelli da Busto Arsizio *Giuseppe Maria Peris Polo *Isidoro Bakanja *Juan Josè Vivas-Pérez Bustos *Juan Mesonero Huerta *Ludovico Masferrer Vila e & *Luigi Batis Sainz *Luis Belda Y Soriano de Montoya *Maria Sagrario di San Luigi Moragas Cantarero *Napoleone *Salvador Lara Puente *Simpliciano *Stanislao Kostka *Stratone, Filippo ed Eutichiano *Tarsicio di Roma *Vicente Soler *Altri Santi del giorno *
*Beato Aimone Taparelli - Domenicano (15 Agosto)
Savigliano 1398 - 1495
Nel giorno della solennità dell'Assunzione della Beata Vergine Maria, la Chiesa ricorda, tra gli altri, anche il Beato Aimone Taparelli.
Taparelli, dei conti di Lagnasco, nacque a Savigliano, in Piemonte, nel 1398.
Entrò nell'ordine dei Predicatori all'età di 50 anni, dopo la morte della moglie e dei figli.
Fu docente all'Università di Torino, confessore di Amedeo IX duca di Savoia, inquisitore per la Lombardia superiore e la Liguria, priore del convento di Savigliano e vicario provinciale dell'ordine.
Morì nel 1495 nel giorno dell'Assunta, come lui stesso aveva predetto.
Dai primi dell'Ottocento i suoi resti riposano nella chiesa di San Domenico a Torino. Pio IX ne ha approvato il culto nel 1856. (Avvenire)
Etimologia: Aimone = difende la casa con la spada, dal sassone
Martirologio Romano: A Savigliano in Piemonte, Beato Aimone Taparelli, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, instancabile difensore della verità.
Aimone Taparelli, dei Conti di Lagnasco, fu religioso e apostolo insigne, uno di quei tanti servitori di Dio, poco conosciuti, la cui vita fu tutto un ardere e un illuminare. Entrato nell’Ordine dei Predicatori all’età di cinquant’anni, dopo la morte della moglie e dei figli, s’impegnò fin da principio per far fruttificare le doti eccezionali di cui la Provvidenza gli era stata larga.
Grande fu il profitto nel sapere, e più grande ancora nella virtù. Sembrava sensibile solo alle cose del cielo.
Nel continuo contatto con Dio si accese di quella divina carità che divampò, senza mai rallentarsi, fino a tarda età, nello zelo più intenso ed operoso.
Fu professore all’Università di Torino, poi Predicatore e confessore di Amedeo IX Duca di Savoia.
Morto Bartolomeo Cerveri gli successe nell’ufficio di Inquisitore Generale per la Lombardia Superiore e per la Liguria.
Per preservare la purità della fede dalle eresie, che infestavano quelle regioni, non risparmiò fatiche e pericoli.
Come fu instancabile fra il popolo cristiano, pari fu il suo zelo nel ricondurre e confermare la disciplina regolare in seno all’Ordine, tanto da essere annoverato tra i più ardenti riformatori del XV° secolo.
Fu più volte Priore del Convento di Savigliano e Vicario Provinciale della sua Provincia. Nel 1495, avendo predetto la sua morte per la solennità dell’Assunzione al cielo della Beata Vergine Maria, volle ricevere tutti i Sacramenti. Mentre recitava l’Ufficio, stretto al cuore il Crocifisso, spirò santamente.
Al principio del XIX° secolo i suoi resti furono portati a San Domenico di Torino. Papa Pio IX il 29 maggio 1856 ha approvato il culto.
(Autore: Franco Mariani - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Aimone Taparelli, pregate per noi.
*Beato Alberto (Berdini) da Sarteano (15 agosto)
Sarteano 1385 – Milano 1450
Etimologia: Alberto = di illustre nobiltà, dal tedesco
Fattosi francescano nel 1405, aderì all’osservanza (1415), fu discepolo del Guarino a Verona (1422).
Seguì e imitò nella predicazione San Bernardino da Siena.
Nominato dal papa vicario generale dell’ordine nella speranza che riunisse i vari rami francescani nel 1441.
Fu sconfessato l’anno dopo, nel capitolo generale di Padova.
Festa il 15 agosto.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Alberto da Sarteano, pregate per noi.
*Sant'Alfredo (o Altfrido) (15 Agosto)
Colonia, inizi sec. IX - 15 agosto 874
Etimologia: Alfredo = guidato dagli elfi, dall'anglosassone
Martirologio Romano: A Hildesheim nella Sassonia in Germania, Sant’Altfrido, vescovo, che costruì la cattedrale e favorì la costruzione di monasteri.
Agli inizi del secolo nono, a Colonia, città della Germania occidentale, nacque da illustre e ricca famiglia, un fanciullo che nel battesimo conferitogli appena venuto al mondo, ricevette il nome di Alfredo.
Questo nome può avere un duplice significato: secondo alcuni significa "consigliato dagli Elfi" (spiriti benefici della mitologia germanica) e quindi "buon consigliere"; secondo altri significa "tutto pace" e quindi "l'oltremodo pacifico": l'uno e l'altro di questi significati illustrano la sua missione futura.
Educato da "Ovo" padre buono, prudente e saggio e da "Riket" madre intelligente e pia, Alfredo, dai più teneri anni apprese a conoscere, amare e seguire Gesù nella pratica delle più belle virtù cristiane.
Giovanissimo sentì la chiamata allo stato ecclesiastico e liberamente e gioiosamente vi rispose facendosi monaco benedettino.
Attese alla sua formazione sacerdotale nell'abbazia di Fulda; diventato sacerdote esercitò il suo ministero a Corvey, presso Minden in Vestfalia, edificando con la predicazione e con l'esempio di una vita santamente vissuta, attaccando fortemente i vizi di cui era inquinata la società dei suoi tempi.
Fatto Vescovo, nell'anno 850 fu mandato a reggere la Diocesi di Hildesheim nella Sassonia.
Fu cura del nuovo vescovo creare chiese e conventi per dare alle anime opportunità di incontri con Dio in sedi degne della sua grandezza. La prima chiesa e il primo convento li fece costruire già nel secondo anno del suo episcopato, ad Essen, con mezzi propri in un campo di sua proprietà: è una bella basilica con annesso convento di Benedettine. Ad Hildesheim fece erigere il maestoso Duomo a tre navate, dedicandolo all'Assunta.
Accanto al Duomo fece costruire un Convento che ospitava i sacerdoti addetti al servizio religioso del Duomo; questi vivevano in comune secondo la stretta regola di S. Benedetto.
All'attività di costruttore di chiese e conventi accoppiò zelantemente quella di forgiatore di anime sacerdotali apostoliche e di Direttore spirituale del suo popolo
La storia civile aggiunge alle benemerenze di Alfredo un'altra testimonianza: lo ricorda come paciere, uomo di fiducia di Ludovico il Germanico che gli affidò delicati incarichi politici ed Alfredo, vero operaio evangelico, non conobbe riposo: nella lotta tra i membri della dinastia dei Carolingi con costante premura interpose i suoi buoni uffici perché si mantenesse la pace e ci riuscì, pur essendo l'impresa assai ardua.
Morì ricco di meriti il 15 agosto dell'874 il giorno dell'Assunta di cui era tanto devoto.
Al suo corpo fu data degna sepoltura ad Essen nella chiesa che egli stesso aveva fatto costruire. La venerazione dei fedeli è andata crescendo sempre più.
Il Signore lo ha glorificato nel suo Cielo e lo ha glorificato in terra facendolo conoscere come potente intercessore capace di strappare dal cuore del Padre celeste le grazie che più ci bisognano.
(Autore: Mons. Alfredo Vozzi – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Alfredo, pregate per noi.
*Sant'Alipio di Tagaste - Vescovo (15 Agosto)
Etimologia: Alipio = che ha le ali ai piedi, dal latino
Martirologio Romano: Commemorazione di Sant’Alipio, vescovo di Tagaste in Numidia, nell’odierna Algeria, che fu dapprima allievo di Sant’Agostino e poi suo compagno nella conversione, collega nel ministero pastorale, strenuo commilitone nelle lotte contro l’eresia e infine compartecipe della gloria celeste.
Le notizie sulla vita di Alipio sono contenute quasi totalmente nelle opere del suo grande amico, Sant'Agostino, con il quale divise gli errori della gioventù, la conversione e le fatiche dell'apostolato (cf. le Confessioni e le Epistole, in PL, XXXII c XXXIII).
Alipio nacque a Tagaste da genitori che erano tra i maggiorenti del paese: "parentibus primatibus municipalibus" (Confess., Vl, 7, 11).
Piccolo di statura (De beata vita, 15), ma di animo forte (Confess. IX, 6, 14) e di indole virtuosa (Confess. Vl. 7, 1l), strinse un'affettuosa ed intima amicizia con Sant'Agostino tanto che questi lo chiama ripetutamente "frater cordis mei" (Confess., IX, 4, 7).
Più giovane di qualche anno del suo amico che era nato, come si sa, nel 354, ne frequentò le scuole di grammatica nel paese natale e le scuole di retorica a Cartagine; lo precedette a Roma, dove si recò per studiare diritto, e lo accompagnò a Milano.
A Roma fu assessore del comes delle elargizioni per l'Italia e diede, in questa circostanza, rari esempi di illibatezza e di disinteresse. Resistette energicamente alle pretese d'un senatore potentissimo che tentava di indurlo a commettere illegalità, restando indifferente, tra le meraviglia universale, sia alle minacce che alle lusinghe: "anima rara", scrive Sant'Agostino, "che non faceva caso dell'amicizia e non paventava l'inimicizia di un uomo così potente, famosissimo per gli innumerevoli mezzi che aveva di far del bene o di far del male" (Confess., VI, 10, 16).
L'amicizia con Agostino valse a ritrarlo, momentaneamente, dalla passione per i giuochi del circo, ma lo trascinò nel manicheismo (Confess., VI, 11-16).
Con l'amico Alipio visse il travaglio del ritorno alla fede (ibid., VII, 25); castissimo di costumi, egli fu di sostegno nella lotta contro le passioni, e lo sconsigliò dal prendere moglie per non rinunziare a vivere liberamente nell'amore della sapienza (ibid., VI, 21); fu presente alla crisi della conversione (ibid., VII, 13-19), e ne seguì l'esempio (ibid., VIII, 30); si ritirò con lui a Cassiciaco, dove prese parte alle dispute di filosofia (ibid., IX), e insieme con lui ricevette il battesimo il 25 aprile 387 (ibid., IX, 14). L'anno seguente Alipio tornò in Africa e a Tagaste si ritirò con gli amici a vita cenobitica (ibid., IX, 17 Possidio, Vita A., III).
Nel 391 seguì Agostino nel monastero d'Ippona (Ep., XXII, 1). Poco dopo viaggiò in Oriente e strinse amicizia con San Girolamo (Ep., XXVIII, 1). Fu caro a San Paolino da Nola, che ne ammirava la santità e lo zelo (Ep., XXIV, tra le agostin. XXVII, 5).
Eletto vescovo di Tagaste, quando Sant'Agostino era ancora prete (394 ca.; cf. Ep., XXV, 1), a fianco di lui, per quasi quarant'anni, rifulse nella Chiesa d'Africa come riformatore del clero, maestro di monachismo (Santa Melania Iuniore passò sette anni a Tagaste sotto la sua direzione; cf. Ep., LXXXIII, 125, 188) e difensore della fede contro i donatisti e i pelagiani.
Nel 411 partecipò alla Conferenza di Cartagine, e fu tra i sette vescovi cattolici che sostennero le dispute con i donatisti (Gesta coll. carth., Mansi, Conc., IV 1760, pp. 7 sgg.). Nel 418, per incarico di papa Zosimo (Ep., CXC, 1; Possidio, Vita A., XIV), si recò a Cesarea di Mauritania per affari ecclesiastici, e prese parte alla disputa di Agostino con Emerito, vescovo donatista (De gestis cum Emerito donatista). Contro i pelagiani si adoperò con tanto zelo che fu dagli eretici unito ad Agostino nell'odio (Op. imp. contra Iul., 1, 42, 47; 3, 35) e da Girolamo nel merito: auctoribus vobis haeresis caelestiana iugulata est (Ep., CCII,1, tra le agostin.).
Nel 416 partecipò al concilio di Milevi (Numidia), e ne scrisse al papa Innocenzo (Ep., CLXXVI-VII). Per la causa pelagiana venne più volte in Italia, latore di opere agostiniane al pontefice Bonifacio e al comes Valerio (Contra duas ep. Pelag., I, 1-3; De nupt. et concup., II, 1).
Nel 428, da Roma, inviò all'amico una replica di Giuliano, e insisté perché rispondesse (Ep., CCXXIV, 2). Sono le ultime notizie che abbiamo di lui. Si presume che fosse ad Ippona per la morte di s. Agostino, e che sia morto nello stesso anno 430.
Della sua opera letteraria non ci resta che la parte da lui presa nei dialoghi agostiniani Contra Academicos e De Ordine (cf. Contra Acad., I, 4).
E' commemorato fina dal 1584 nel Martirologio Romano al 18 agostoDal sec. XVII con approvazione pontificia (cf. il breve di Clemente X Alias a Congregatione del 19 agosto 1672) i Canonici Regolari e gli Eremiti di Sant'Agostino ne celebrano il culto.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Alipio di Tagaste, pregate per noi.
*Sant'Arduino di Rimini - Sacerdote ed Eremita (15 Agosto)
m. Abbazia di San Godendo (Romagna), 1009
Sant’Arduino di Rimini fu mirabile esempio della validità dei sacramenti ai fini della salvezza, anche se amministrati da persone indegne, come il vescovo simoniaco da cui ricevette l’ordinazione presbiterale.
Morì nel 1009 nell’abbazia di San Godendo, dove si era ritirato con il suo maestro Venerio, e fu subito venerato come santo benedettino, anche se pare non vestì mai ufficialmente l’abito di tale ordine.
San Pier Damiani, qualora si trovava a dover dimostrare la validità e l’efficacia dei sacramenti anche se amministrati da sacerdoti e prelati indegni, soleva citare l’esempio di Arduino di Rimini, morto da alcuni decenni, il cui ricordo era però ancora ben vivo in tutta la Romagna.
Arduino, infatti, aveva ricevuto l’ordinazione presbiterale dal vescovo di Rimini Uberto, noto simoniaco, che aveva acquistato la sua carica in cambio d’oro. Eppure, l’ordinazione da parte di questo indegno prelato non impedì ad Arduino di vivere in modo esemplare e di morire in odore di santità.
Pier Damiani, grande oppositore contro la simonia, poteva dunque trarre da ciò argomenti in favore alla sua tesi, cioè che l’efficacia dei sacramenti non dipende dai meriti di chi li amministra concretamente, bensì deriva dagli infiniti meriti del Cristo.
Arduino era nato a Rimini verso la metà del X secolo ed era stato discepolo del rettore della chiesa di San Gregorio, Venerio.
Spinti dal desiderio di raggiungere un maggiore grado di perfezione e di santità, maestro e discepolo si trasferirono nella piana ravennate, trovando rifugio nella solitaria chiesa di Sant’Apollinare in Classe, oggi famosa per la sua luminosa architettura ed ancor di più per i preziosi mosaici bizantini che custodisce.
Il ricordo di Arduino che si tramandò nel tempo lo dipinge quale zelante sacerdote, raro caso in quel tempo di celebrazione quotidiana dell’Eucaristia.
Il suo mirabile esempio poté così rivelarsi edificante per il clero ed il popolo, nonostante tale comportamento sarebbe oggi normale per ogni sacerdote.
Era solito insegnare, ammonire e combattere la corruzione, senza paura di suscitare l’ira dei potenti. Devolveva regolarmente le elemosine ai più bisognosi, accontentandosi di sopravvivere con i pochi avanzi rimanenti.
Essendo anch’egli un uomo, veniva spesso a trovarsi nella morsa delle tentazioni e, per vincerle, soleva rotolarsi nudo tra le ortiche.
Quando Venerio fu ormai anziano, Arduino gli consigliò di accettare la carica di abate di San Godendo e ne divenne così un utile e fedele aiutante.
Tale abbazia è sita oltre lo spartiacque appenninico, sulle pendici del monte Falterona, lungo la strada che collega la Valle dell’Arno a Forlì, attraversando il valico del Muraglione. Oggi è celebre per la bella chiesa romanica e per i ricordi di Dante relativi ai primi anni di esilio.
Ma già mille anni or sono l’abbazia di San Godendo era un importante centro di spiritualità benedettina, attivo in campo manuale, spirituale, intellettuale e sociale.
In questo contesto nel 1009 morì Sant’Arduino di Rimini, subito venerato come santo benedettino, anche se pare non vestì mai ufficialmente l’abito di tale ordine.
(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant' Arduino di Rimini, pregate per noi.
*Beato Carmelo Sastre Sastre - Sacerdote e Martire (15 Agosto)
Schede dei gruppi a cui appartiene:
“Beati 233 Martiri Spagnoli di Valencia” Beatificati nel 2001
“Martiri della Guerra di Spagna”
Martirologio Romano:
Nel villaggio di Palma de Gandía nel territorio di Valencia sempre in Spagna, Beato Carmelo Sastre Sastre, sacerdote e martire, che nella stessa persecuzione, seguendo le orme di Cristo, raggiunse per sua grazia il premio della vita eterna.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Carmelo Sastre Sastre, pregate per noi.
*Beato Claudio (Riccardo) Granzotto - Francescano (15 Agosto)
Santa Lucia di Piave, Treviso, 23 agosto 1900 - Chiampo, Vicenza, 15 agosto 1947
Nel giorno della solennità dell'Assunzione della Beata Vergine Maria, la Chiesa ricorda il Beato Claudio. Nasce a Santa Lucia di Piave (Treviso) il 23 agosto 1900, da umile famiglia. Studia all'Accademia di Venezia, dedicandosi alla scultura.
Nel 1930 vince il concorso per la statua del Giocatore di palla da collocare nel Foro Mussolini di Roma, opera però mai realizzata perché il Granzotto rifiuta di iscriversi al partito fascista. Alcuni suoi lavori si trovano nel paese natale, in particolare nella chiesa parrocchiale di S. Lucia e nella gipsoteca a lui dedicata, ma anche a Vittorio Veneto, a Cavalier in provincia di Treviso e a Chiampo (VI), nel cui museo sono conservati gessi originali e oggetti appartenuti al beato.
Nel 1935 entra nell'ordine dei Frati Minori.
La Congregazione per le Cause dei Santi nel 1993 riconosce l'autenticità del primo miracolo fatto da fra' Claudio ad un bambino di Verona affetto da peridacriocistite, guarito improvvisamente e senza postumi. È beatificato da Giovanni Paolo II nel 1994. (Avvenire)
Martirologio Romano: A Padova, beato Claudio (Riccardo) Granzotto, religioso dell’Ordine dei Frati Minori, che unì l’esercizio della professione religiosa al suo mestiere di scultore e raggiunse in pochi anni la perfezione nell’imitazione di Cristo.
Nell’ottobre 1997, durante una seria malattia di mia madre, mi imbattei in una foto del B. Claudio Granzotto. Sopra vi era scritto un breve cenno biografico e la sua promessa: “Aiuterò e consolerò tutti!”. Lo pregai intensamente e la mamma guarì assai bene.
Da allora diventai suo amico. Ne sperimentai la potenza d’intercessione presso Dio, diverse altre volte. Diventò mio amico, insieme agli altri santi del mio “Paradiso personale”.
Ne lessi gli scritti, le biografie. Ne rimasi incantato, e rileggere la sua vita è una meraviglia sempre maggiore ogni volta.
Solo 47 anni
Riccardo Granzotto nacque il 23 agosto 1900 a S. Lucia di Piave (Treviso) da umilissima famiglia. Pochi studi elementari, poi il lavoro insieme al fratello maggiore, che faceva il muratore.
Il servizio militare, verso la fine della 1a guerra mondiale, protratto a lungo. È un giovane cristiano buono e estroso.
Disegna assai bene e modella figure bellissime. Inclinato all’arte.
Congedato, comincia a scolpire. Con l’aiuto della famiglia, frequenta l’accademia di Venezia e ottiene a pieni voti il diploma di scultore. In pochi anni, crea una bellissima serie di opere ammirate da molti. Gli brilla davanti un avvenire splendido di artista.
Ma Riccardo, a un certo punto della sua giovinezza, sente il fascino straordinario di Gesù, che è la Verità, l’Amore, la Bellezza infinita, assoluta e eterna.
Questo Gesù, l’Uomo-Dio, ecco la scoperta mirabile – è vivo, proprio Lui, nell’Eucaristia, offerto in sacrificio sull’altare, presente e operante nel Tabernacolo.
Riccardo chiede al suo parroco di poter passare le notti in preghiera, prostrato davanti al Gesù Eucaristico: mai sazio di adorazione e di preghiera, di stare con Lui: “perché se Gesù è lì ed è tutto, tu dove vuoi andare?”.
A 33 anni, entra nell’Ordine Francescano, come “fratello”, declinando l’invito dei superiori a accedere al sacerdozio. Veste il saio dei Minori e diventa fra Claudio.
Può continuare la sua opera di artista e realizza opere meravigliose di scultura sacra: immagini di Gesù, della Madonna, dei santi che lui sembra aver visto in Paradiso, come diceva il Beato Angelico (+1455) dei suoi dipinti. Di questo però lasciamo parlare ai competenti di arte, anche perché il capolavoro più sublime, realizzato da lui, in risposta a Dio, è la sua vita.
Sempre mite, umile, sorridente, vive nella preghiera, preferendo gli uffici più umili e nascosti. Si esercita in aspre penitenze, dimostra grande amore ai poveri e, per sfamarli, durante la guerra, rinuncia molto spesso al proprio cibo.
Il suo amore, il suo tesoro, la sua passione assoluta è Gesù eucaristico. Assai oltre le preghiere stabilite dalla regola, il suo tempo, gran parte delle notti, dopo giornate faticose, lo passa davanti a Lui, a intercedere per i peccatori, per la santificazione dei sacerdoti, per la Chiesa e per tutte le anime.
Offerta a Dio la sua vita, per ottenere tempi e costumi migliori, spira il giorno dell’Assunta, il 15 agosto 1947, come aveva predetto. Un’esistenza breve, intensa, solo di 47 anni, percorsa da un fuoco che lo consuma, il medesimo fuoco che Gesù ha portato sulla terra: una passione incontenibile, bruciante per Lui, Gesù, Sacerdote e Ostia del suo sacrificio.
“Ho visto Gesù”
Occorre un libro intero per illustrare questa passione eucaristica, ma dobbiamo limitarci a pochi frammenti che cogliamo tali quali dalla sua biografia. Tutti sanno, nei conventi dove è passato, da Vittorio Veneto a Barbana, a Chiampo, che fra Claudio ha un rapporto straordinario con il Signore, che passa le notti in preghiera ed è rapito dall’estasi per Lui.
Un giorno, fra Epifanio Urbani gli domanda: “Hai mai visto il Signore?”. Fra Claudio, candidamente, gli risponde: “Sì, una volta, ho visto Gesù. Era maestoso. Una lunga veste bianca gli cadeva fino ai piedi. Gli occhi… oh, gli occhi non li so descrivere. Com’era bello! Lo guardavo e Egli pure mi guardava. Mi invitò a seguirlo… Io sono andato con Lui”.
Il medesimo fra Epifanio gli domanda ancora: “Quanti libri bisogna leggere per scoprire il segreto della preghiera?”. Fra Claudio risponde: “Un libro solo: il Crocifisso”.
Poi, indicando il Tabernacolo, continua: “Nell’Eucaristia c’è la sorgente della vera pace. Quanta gioia darebbero a Gesù i sacerdoti, i religiosi, i fedeli, se fossero spesso in adorazione davanti al Tabernacolo! Quale felicità ne avrebbero! Quale divino potere hanno gli uomini: amare Dio!”.
Man mano che l’ascesa spirituale avvicina fra Claudio a Gesù, il colloquio con Lui si fa più intimo. Nulla gli è più gioioso che stare davanti a Lui, nel Tabernacolo, meglio ancora quando è esposto solennemente sull’altare.
L’adorazione eucaristica è la sua vera ricchezza e modella la sua fisionomia a immagine di Gesù.
Tutti notano che lo fa alla maniera dei santi. Tutti vedono il suo volto che si illumina, quando adora.
Chi lo guarda, anche solo una volta, deve cambiare vita e dare la vita a Dio, totalmente. Un esperto maestro di spirito, il P. Fuin, nota dapprima nei suoi lineamenti la tensione di chi si concentra, cui segue l’abbandono in una pace che è vera beatitudine. Allora nessuno e niente lo distrae: “c’è Gesù e Lui basta, perché Lui è tutto”.
Neppure le inclemenze del tempo lo ostacolano. Il freddo intenso dell’inverno, in chiese gelide, non lo distoglie un minuto dalla sua preghiera, neppure dall’adorazione notturna. Chi lo vede immobile davanti all’altare nella morsa del gelo, sente un brivido in tutte le membra. Per fra Claudio però il gelo non esiste: c’è solo il fuoco dell’amore che lo inchioda a Gesù Eucaristico.
Nell’ultima malattia, il tumore gli tortura il cervello. Incapace di fissare il Tabernacolo, prega con gli occhi chiusi. Il dolore non gli spegne la pietà dell’anima ormai prossima all’incontro con Lui.
“Dalla Messa, la salvezza del mondo”
Davanti al Tabernacolo, un giorno pensa che pur non avendo studiato teologia, tuttavia nulla gli impedisce di spiccare il volto verso il suo Dio. “Quando sarò preparato – ha scritto già quando era novizio - chiederò a Dio di essere crocifisso nel corpo e nell’anima in un supremo martirio di amore”.
Così, quando Gesù lo ispira, offre la sua vita a Dio per espiare i peccati del mondo e per la salvezza delle anime. Salirà l’altare non come sacerdote, ma come vittima.
Dopo una lunga preparazione spirituale, con il consenso del confessore, nel modo di un sacro rito, fra Claudio chiede a Dio di soffrire e di morire in totale abbandono alla divina volontà come Gesù sulla croce. In breve, ha i segni che Dio ha accettato la sua offerta.
Il Sacrifico di Gesù, consumato sul Calvario, si perpetua nella Santa Messa. Fra Claudio penetra il mistero della Messa e desidera essere coinvolto nel dramma della Passione salvifica del Cristo. Con questo segreto nel cuore, partecipa a tutte le Messe possibili, servendo all’altare e rinnovando la sua offerta vittimale – infine il suo olocausto – al Signore.
I confratelli sacerdoti lo ammirano e lo invidiano santamente. I fedeli guardano a lui come a modello per crescere nella fede.
Ora che sta per dare tutto, fra Claudio ha acquistato un aspetto jeratico come un antico sacerdote, e mansueto come una vittima che attende l’ora del sacrificio supremo di adorazione e di amore. Tutto si compie in quei giorni di agosto 1947, nella novena dell’Assunta, quando Maria SS.ma, la Madre Corredentrice, lo configura totalmente al suo Figlio Gesù, per chiamarlo a Sé, proprio il giorno della sua gloria.
La morte, quasi come un’assunzione.
Tra le sue note d’anima, allora si ritrova anche un foglietto dimenticato su cui fra Claudio ha scritto: “Sacerdote, quanto è grande la tua dignità. Celebra devotamente la Messa. Dalla Messa, dipende la salvezza del mondo”.
L’olocausto, come desiderava, è accolto: “Tutto è compiuto”.
La data di culto è stata fissata nel Martyrologium Romanum al 15 agosto, mentre l'Ordine dei Frati Minori e la diocesi di Vicenza lo ricordano il 2 settembre.
(Autore: Paolo Risso - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Claudio Granzotto, pregate per noi.
*San David Roldan Lara - Martire Messicano (15 Agosto)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Santi Martiri Messicani" (Cristoforo Magallanes Jara e 24 compagni)
"Martiri Messicani"
Emblema: Palma
Martirologio Romano: In località Chalchihuites nel territorio di Durango in Messico, santi martiri Luigi Batis Sáinz, sacerdote, Emanuele Morales, padre di famiglia, Salvatore Lara Puente e Davide Roldán Lara, uccisi in odio alla fede durante la persecuzione messicana.
Nacque a Chalchihuites, Zacatecas (Arcidiocesi di Durango) il 2 marzo 1902.
Orfano di padre quando era molto piccolo, fu per la madre un figlio buono ed affettuoso. Per i suoi fratelli fu come padre.
I suoi amici lo stimavano per la sua allegria e per la generosità.
I suoi compagni di lavoro per la bontà e comprensione.
Per il proprietario della impresa mineraria, in cui lavorava, fu impiegato attento, onesto e lavoratore.
Per la sua fidanzata fu giovane tutto di un pezzo e sincero. Condivideva con il suo parroco, il Signor Curato Batis, i problemi dell'apostolato come membro dell'Azione Cattolica della Gioventù Messicana, le angustie della situazione in cui si trovava la Chiesa e le aspirazioni di essere fedele a Cristo fino al martirio.
Dato che era unito dagli stessi ideali del suo amico Manuel Morales e di suo cugino Salvador Lara, fu conessi imprigionato e quindi giustiziato.
A pochi metri dal luogo dove furono martirizati il Signor Curato Luis Batis e Manuel.
Senza impaurirsi, percorse serenamente gli ultimi passi sulla terra che lo separavano dal cielo e venne ucciso insieme al cugino Salvador.
Quel 15 agosto 1926, il sole si trovava a zenit, la vita in fiore e l'amore di Cristo al massimo si unirono nel martirio di David.
(Autore: Mons. Oscar Sánchez Barba - Postulatore)
Giaculatoria - San David Roldan Lara, pregate per noi.
*Beato Domenico Maria da Alboraya (Agostino Hurtado Soler) - Sacerdote e Martire (15 Agosto)
Schede dei gruppi a cui appartiene:
“Beati Martiri Spagnoli Terziari Cappuccini dell'Addolorata”
“Beati 233 Martiri Spagnoli di Valencia” Beatificati nel 2001
“Martiri della Guerra di Spagna”
Martirologio Romano: Sempre a Madrid, Beato Domenico (Agostino) Hurtado Soler, sacerdote del Terz’Ordine di San Francesco degli Incappucciati della Beata Vergine Addolorata e martire, che per aver testimoniato Cristo ricevette la corona della gloria.
Padre Domenico Maria da Alboraya, al secolo Agostino (Agustin) Hurtado Soler, nacque il 28 agosto 1872 a Alboraya, di Valencia che si trova nel distretto La Huerta Norte, in una famiglia benestante. I suoi genitori, don Vicente e dona Antonia erano molto stimati nel paese dove vivevano.
Frequentò le prime scuole nella vicina città di Valencia, e in seguito studiò latino e della filosofia nel seminario cittadino.
Appena fondata la Congregazione dei Terziari Capuccini, Agostino ebbe varie occasioni di recarsi alla vecchia chiesa certosina di Ara Christi del Puig (Valencia), dove vivevano i religiosi “amigoniani”. Fu attratto dalla loro condizione di vita e decise di entrare nella loro comunità. Il 21 giugno 1889, indossò l’abito dell’ordine e in quel frangente assunse il nome di Domenico Maria di Alboraya.
Il 24 giugno 1890, fu tra i primi diciannove religiosi a pronunciare i suoi voti triennali nelle mani del fondatore Venerabile Luis Amigó.
Il 15 agosto 1896, padre Domenico Maria emise i suoi voti perpetui e, alcuni mesi dopo, il 19 dicembre ricevette l'ordinazione sacerdotale.
Mentre era tra i terziai alternò gli studi ecclesiastici e letterari con quelli di armonia e composizione, dato che gli piaceva la musica.
Era un religioso stimato, che ha ripetutamente ricoperto alcune funzioni superiori nella congregazione, fino ad arrivare a ricoprire la carica di consigliere e segretario generale. Uomo di preghiera era un grande devoto dell'Addolorata. I testimoni ricordano come celebrasse con grande devozione l'Eucaristia.
Alla fine del 1935 entrò a pieno titolo a far parte della Scuola di Riforma di Santa Rita, a Madrid.
Con lo scoppio della rivoluzione e l’inizio della persecuzione religiosa, Padre Domenico Maria dovette lasciare la scuola riformatorio cercando un pio rifugio nella casa dell'avvocato Pastor, un giovane che lui aveva aiutato in precedenza.
Padre Domenico Maria fu arrestato e portato prigioniero alle “Belle Arti”. E’ stato assassinato il 15 agosto del 1936, nei pressi del parco del ritiro. Alcuni suoi biografi lo ricordano così:
“Padre Domenico Maria, era alto e bello. Di aspetto patriarcale, ha avuto un grande dono di comprendere le persone che a lui si rivolgevano; ebbe un carisma speciale per aiutare i giovani che si trovavano nella brutta strada. Egli fu un grande compositore, un relatore eccellente, un instancabile animatore delle ricreazioni in comunità. Padre Domenico Maria è sempre stato per tutti, un esempio di umiltà, e un degno martire di Cristo”.
Il Beato Domenico Maria Soler è stato beatificato da Papa Giovanni Paolo II, l’11 marzo 2001, quando furono beatificati ben 233 martiri spagnoli.
La sua festa è stata fissata nel giorno 15 agosto.
(Autore: Mauro Bonato - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Domenico Maria da Alboraya, pregate per noi.
*Beate Elisabetta e Maria del Paradiso - Vergini Mercedarie (15 Agosto)
Nel monastero di Santa Maria ad Argamasilla, le due monache mercedarie Beate Elisabetta e Maria del Paradiso, sorelle carnali, insieme amarono Cristo come Sposo.
Vissute nell'austerità e penitenza, ornate di gigli e preziose virtù, migrarono verso le nozze celesti, i loro corpi furono sepolti nella chiesa dello stesso monastero.
L'Ordine le festeggia il 15 agosto.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beate Elisabetta e Maria del Paradiso, pregate per noi.
*Sant'Emanuele Morales - Martire Messicano (15 Agosto)
Schede dei gruppi a cui appartiene:
“Santi Martiri Messicani” (Cristoforo Magallanes Jara e 24 compagni)
“Martiri Messicani”
Mesillas, Zacatecas (diocesi di Durango), 8 febbraio 1898 – Chalchihuites (Messico), 15 agosto 1926
Cristiano di un sol pezzo: sposo fedele, padre affettuoso con i suoi tre figli piccoli, buon lavoratore, laico dedito all'apostolato della sua parrocchia e all'intensa vita spirituale alimentata dall'Eucarestia. Membro dell'Associazione Cattolica della Gioventù Messicana e presidente della Lega Nazionale in Difesa della Liberta Religiosa, associazione che, con mezzi pacifici, cercava di ottenere la deroga delle empie leggi.
Il giorno 15 agosto 1926 quando venne a conoscenza che il Signor Parroco Batis era stato incarcerato si mosse per andare ad intercedere per la sua libertà. Aveva appena riunito un gruppo di giovani per decidere sul da farsi quando si presentò una truppa ed il capo gridò: "Manuel Morales!".
Manuel fece un passo avanti e con molto garbo si presentò: "Sono io, a sua disposizione!". Lo insultarono ed iniziarono a colpirlo con ferocia.
Fu portato fuori della citta insieme al Signor Parroco, e quando udì che questi chiedeva grazia per la sua vita, considerando che aveva famiglia, con audacia disse: "Signor Parroco, io muoio, ma Dio non muore, Lui si occuperà di mia moglie e dei miei figli". Poi si sollevò ed esclamò: "Viva Cristo Re e la Vergine di Guadalupe!".
Emblema: Palma
Martirologio Romano: In località Chalchihuites nel territorio di Durango in Messico, Santi martiri Luigi Batis Sáinz, sacerdote, Emanuele Morales, padre di famiglia, Salvatore Lara Puente e Davide Roldán Lara, uccisi in odio alla fede durante la persecuzione messicana.
Dopo le grandi persecuzioni contro la Chiesa nel periodo della Rivoluzione Francese, delle leggi anticlericali dei governi italiani e francesi della seconda metà dell’Ottocento, delle sanguinose persecuzioni contro i missionari e fedeli cattolici in Cina, negli anni a cavallo fra il XIX e XX secolo; della Rivoluzione Bolscevica in Russia del 1918 e prima di arrivare negli anni 1934-1939 alla grande carneficina della Guerra Civile Spagnola, si ebbe la persecuzione in Messico dal 1915 al 1929.
Dopo la dittatura di Porfirio Diaz (1876-1911) si ebbe un periodo di rivoluzioni e di guerre civili; in quest’arco di anni, le condizioni della Chiesa nel Messico furono estremamente difficili, specialmente dopo l’entrata in vigore, il 5 febbraio 1917, della nuova Costituzione anticlericale e antireligiosa.
Il clero cattolico fu oggetto di minacce, soprusi e vessazioni da parte dei governi massonici, che si spinsero fino alla più bruta violenza e all’assassinio; in fondo si perseguitarono i preti solo perché sacerdoti.
In un continuo succedersi di presidenti chiamati a guidare il Paese, alcuni uccisi, in preda a costanti conflitti interni, si giunse alla nomina di Plutarco Elias Calles nel 1924, questi lavorò per il risanamento economico, il rafforzamento del movimento operaio, favorì la distribuzione della terra ai contadini, ma inasprì anche la lotta contro la Chiesa, che in varie occasioni e situazioni si tramutò in una vera e propria persecuzione; i sacerdoti ed i laici cattolici vennero a scontrarsi con il più acerrimo ateismo.
Papa Giovanni Paolo II il 22 novembre 1992, beatificò nella Basilica di S. Pietro, 25 di questi perseguitati, che da sacerdoti, parroci o laici, donarono con il martirio la loro vita per la difesa della Fede e per l’affermazione della presenza della Chiesa Cattolica in Messico.
Il 21 maggio del 2000 lo stesso pontefice li ha canonizzati tutti i 25 in Piazza S. Pietro, indicando alla Chiesa Universale l’esempio della loro santità, operata in vita e coronata dal martirio finale.
Si riportano i 25 nomi, per ognuno esiste una scheda biografica: Parroco Cristóbal Magallanes Jara - parroco Román Adame Rosales - parroco Rodrigo Aguilar Alemán - parroco Julio Alvarez Mendoza - parroco Luis Batis Sainz - sacerdote Agustín Caloca Cortés - parroco Mateo Correa Magallanes - sacerdote Atilano Cruz Alvarado - sacerdote Miguel de la Mora de la Mora - sacerdote Pedro Esqueda Ramírez - sacerdote Margarito Flores García - sacerdote José Isabel Flores Varela - sacerdote Pedro de Jesús Maldonado Lucero - sacerdote David Galván Bermudez - ragazzo Salvador Lara Puente - sacerdote Jesús Méndez Montoya - laico Manuel Morales - parroco Justino Orona Madrigal - sacerdote Sabás Reyes Salazar - parroco José María Robles Hurtado - ragazzo David Roldan Lara - sacerdote Toribio Romo Gonzáles - sacerdote Jenaro Sánchez Delgadillo - parroco David Uribe Velasco - viceparroco Tranquilino Ubiarco Robles. (La loro celebrazione collettiva è al 21 maggio).
Manuel Morales nacque a Mesillas, Zacatecas (diocesi di Durango) l’8 febbraio 1898, compendiò in lui tutte le virtù del laico cristiano impegnato, nella vita, nella famiglia, nell’apostolato.
Fu cristiano di un sol pezzo; sposo fedele; padre affettuoso con i piccoli tre figli; operoso lavoratore; laico dedito all’apostolato della sua parrocchia e con un’intensa vita spirituale alimentata dall’Eucaristia. Membro dell’Associazione Cattolica della Gioventù Messicana e presidente della Lega Nazionale in Difesa della Libertà Religiosa, che era un organismo, che con mezzi pacifici, cercava di ottenere la deroga delle leggi persecutorie allora in vigore.
E in questa ottica il 15 agosto 1926, quando seppe che il suo parroco di Chalchihuites, don Batis era stato messo in carcere, si attivò per intervenire per la sua liberazione; aveva appena riunito un gruppo di giovani per decidere insieme cosa fare, quando intervenne una squadra di soldati, il cui capo a voce alta chiamò: “Manuel Morales!”. Egli si fece avanti e con garbo si presentò “Sono io, a sua disposizione!”.
Venne insultato e riempito di percosse violente; poi insieme al parroco Batis, fu portato fuori la città di Chalchihuites per essere ucciso; al parroco che chiedeva grazia per la sua vita, perché aveva una famiglia, egli disse: “Signor parroco, io muoio, ma Dio non muore, Lui si occuperà di mia moglie e dei miei figli”.
Poi alzando la testa esclamò: “Viva Cristo Re e la Vergine di Guadalupe!”, prima di essere fucilato, insieme al parroco Batis e ad altri due giovani collaboratori della parrocchia, Salvador Lara Puente e David Roldán Lara; aveva 29 anni.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Emanuele Morales, pregate per noi.
*Beato Ferdinando de Pazos - Mercedario (15 Agosto)
Mercedario redentore, il Beato Ferdinando de Pazos, nella città di Fez in Africa, predicò la fede di Cristo con esemplari virtù e liberò più di 100 schiavi dalle prigioni dei mussulmani.
Dalla stessa città con tanti meriti, santamente partì per la patria celeste.
L'Ordine lo festeggia il 15 agosto.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Ferdinando de pazos, pregate per noi.
*San Giacinto (Jacko) Odrovaz - Apostolo della Polonia, Domenicano (15 Agosto)
Cracovia, Polonia, 1183 c. - 15 agosto 1257
Nato in Slesia nel 1183, è parente stretto di Iwon Odrowaz, vescovo di Cracovia. Studiò diritto e teologia a Cracovia, Praga e Bologna e fu ordinato sacerdote e poi canonico della cattedrale di Cracovia; successivamente giunse a Roma e fu quasi sicuramente in Italia che, nel 1221, incontrò San Domenico di Guzman, che nel maggio di quell'anno celebrò il secondo capitolo generale del suo Ordine.
Decise di diventare domenicano e dopo il noviziato ripartì per l'Europa orientale, dove aveva ricevuto l'incarico di diffondere l'Ordine: fondò i conventi di Friesach, Cracovia, Danzica e Kiev; per conto di Papa Gregorio IX, lavorò per l'unione delle Chiese d'oriente e occidente.
Nell'iconografia Giacinto appare vestito dell'abito domenicano e porta in una mano l'ostensorio e nell'altra una statua della Madonna. Secondo un racconto del XVI secolo infatti, mentre fuggiva con l'ostensorio durante l'attacco dei Tartari a Kiev, fu richiamato da Maria perché prendesse con sé anche la sua statua. Muore il 15 agosto 1257. É canonizzato da Papa Clemente VIII nel 1594. (Avvenire)
Patronato: Gestanti
Etimologia: Giacinto = dal nome del fiore
Martirologio Romano: A Cracovia in Polonia, San Giacinto, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, che fu designato da San Domenico a propagare l’Ordine in quella nazione e insieme ai compagni il Beato Ceslao ed Enrico il Germanico predicò il Vangelo in Boemia e in Slesia.
Giacinto, in polacco moderno Jacek, si chiamava in realtà Jacio, diminutivo di Giacomo (Jacopus).
Nel secondo capitolo del suo De vita et miraculis S. Jacchonis, fra Stanislao di Cracovia cambiò questo nome in Jacinthus, paragonando poi il suo eroe all'omonima pietra preziosa (hyacinthus).
I biografi posteriori non si accorsero di questo gioco di parole, e così egli passò alla storia col nome di Giacinto (Hyacinthus).
Il paese dov'egli vide la luce sulla fine del XII sec. fu quasi certamente Kamien, nelle vicinanze di Opole in Slesia.
La sua famiglia apparteneva probabilmente alla piccola nobiltà, ma non è sicuro fosse quella degli Odrowaz.
É inoltre, priva di fondamento l'affermazione dei biografi barocchi, secondo cui il santo sarebbe stato fratello dei bb. Ceslao e Bronislava.
Di lui conosciamo solo un fratello uterino, che si chiamava pure Giacomo.
Se vogliamo credere al ricordato Stanislao, Giacinto era, prima del suo ingresso nell'Ordine Domenicano, canonico di Cracovia.
É certo comunque che fu in Italia, dove entrò nel nuovo Ordine dei Predicatori.
Dopo un breve noviziato, compiuto probabilmente a Bologna, e dopo il secondo capitolo generale ivi celebrato nel maggio 1221, fu da San Domenico inviato in patria, col compagno fra Enrico di Moravia.
Il lavoro che egli avrebbe dovuto svolgere in Polonia gli era stato certamente fissato con chiarezza dallo stesso fondatore: prima propagare e irrobustire l'Ordine con l'ammissione di nuovi elementi, e poi dedicarsi all'evangelizzazione dei pagani di Prussia, cosa che stava molto a cuore a San Domenico.
I due predicatori dovettero, durante il loro viaggio, sistemare e rafforzare la fondazione domenicana di Friesach in Carinzia, in difficoltà per l'inettitudine del priore locale.
Essendo occorso un tempo abbastanza lungo per quest'opera, poterono arrivare a Cracovia solo poco prima della festa del 1° novembre 1222, accolti con grande gioia e con onori dal vescovo Ivo.
Questi assegnò loro una chiesetta di legno, dedicata alla S. ma Trinità.
Durante i restauri della chiesa e la costruzione del convento il vescovo li ospitò nel suo palazzo.
La chiesa fu poi consacrata il 12 marzo 1223 dal legato apostolico, card. Gregorio Crescenzio.
L'afflusso di nuovi religiosi permise al capitolo provinciale del 1225 di decidere la fondazione di cinque nuovi conventi in Polonia ed in Boemia.
A Giacinto toccò in sorte il compito di dar vita ad una comunità a Gdansk (Danzica), ai confini della Prussia, col compito preciso di lavorare alla conversione di quelle popolazioni, come è detto nell'atto di fondazione del duca Svjatopolk di Pomerania.
Nel 1227 tutti i conventi della provincia manifestarono la loro fiducia in Giacinto eleggendolo a loro rappresentante per il capitulum generalissimum, che doveva aver luogo a Parigi nel 1228.
Tornato da Parigi a Cracovia, egli compare il 29 settembre 1228 come teste in un documento emesso dal suo amico, il vescovo Ivo.
In seguito continuò il suo viaggio verso Gdansk, dove però non si trattenne certamente a Iungo.
Non è escluso che a Parigi gli fosse stato affidato un nuovo e difficile incarico, cioè la fondazione di un caposaldo cattolico avanzato a Kiev.
Nella Russia di allora si trovavano molti cattolici di rito latino, piú che altro per ragioni di lavoro; ma l'assistenza spirituale che essi ricevevano lasciava molto a desiderare, e ciò era certo noto a Roma.
In quello stesso periodo, poi, Gregorio IX sperava nell'unione di qualche principe ortodosso con la Chiesa romana.
I Domenicani avrebbero dovuto contribuire alla soluzione di questi due problemi.
Giacinto prese con sé tre suoi compagni e si stabilì a Kiev, presso la chiesa di Maria SS. ma officiata, già dall'XI sec., dai monaci benedettini irlandesi della "Abbazia degli Scozzesi" di Vienna, ma che in questo periodo era rimasta praticamente senza sacerdoti.
In breve tempo i Predicatori ottennero a Kiev risultati cosí notevoli, che la curia romana s'interessò vivamente alla Russia, al punto da nominare un vescovo per quella nazione.
Ma questa intensa attività sembrò al principe di Kiev, Vladimir Rurikovic, nociva agli interessi della Chiesa ortodossa.
Perciò la troncò bruscamente nel 1233 con l'allontanamento dei religiosi.
Ma quando ciò avvenne, Giacinto non si trovava piú a Kiev.
Da parecchio tempo ormai egli era il centro propulsore di tutto il ministero missionario in Polonia, e in quel momento (intorno al 1232 erano necessarie la sua energia e la sua molteplice esperienza per un'azione di vasta portata nei cor, fronti della Prussia pagana.
Dal 1230 era infatti in corso contro di essa una guerra religiosa e i Domenicani furono incaricati da Gregorio IX di assistere spiritualmente i cavalieri crociati, di completare e rafforzare le loro file mediante la predicazione della crociata e di curare infine il pacifico lavoro missionario presso i vinti.
Ormai anziano e fisicamente stremato, egli ritornò al suo primitivo convento di Cracovia, dove operò ancora per qual che tempo nella città e nei dintorni.
Morì nella festa dell'Assunzione di Maria, il 15 agosto 1257.
Giacinto è il classico tipo del domenicano della prima generazione.
Portò costantemente nel cuore il desiderio ardente della salvezza delle anime, scegliendosi sempre il compito piú difficile: evangelizzare i Prussiani pagani, particolarmente bellicosi e selvaggi.
In questo campo egli lavorò indefessamente in prima linea, sempre pronto al sacrificio e animato da spirito soprannaturale.
Già durante la sua vita fu riconosciuto e onorato come taumaturgo.
Tra i miracoli fece la più grande impressione sui suoi compagni di viaggio un caso di levitazione, consistito nel traversare la Vistola in piena, sulla sua cappa distesa; portando con sé tre compagni.
Il culto di Giacinto cominciò già dal giorno della sua sepoltura.
La sua tomba nella chiesa dei Domenicani di Cracovia divenne meta di pellegrinaggi da parte di malati e bisognosi di aiuto, che vi accorrevano per invocarlo.
Questo spinse i Domenicani a costituire, undici anni dopo la sua morte, una commissione per interrogare miracolati e testimoni, e riportare per iscritto con rigorosa esattezza gli avvenimenti piú straordinari.
Questa commissione lavorò con particolare impegno dal 1268 al 1290, il che lascia supporre che ci si adoperasse per la canonizzazione.
Apparve così un catalogo ufficiale di quarantotto miracoli che, dopo il 1352, il lettore Stanislao registrò nella sua opera. Gli sforzi ripresero solo alla fine del XV sec. e il processo ebbe inizio nel 1521.
La commissione nominata dal papa lavorò a Cracovia nel periodo 1523-24, e nel 1527 Clemente VII permise ai Domenicani polacchi di commemorare nel Breviario e nella Messa il giorno della morte di Giacinto, nel 1530 tale concessione fu estesa a tutte le chiese di Polonia.
Poiché gli Atti erano andati smarriti durante il sacco di Roma (1527), si poté riprendere il processo solo dopo il ritrovamento nel 1580.
Dopo che il re di Polonia Sigismondo III si fu energicamente impegnato a Roma per la canonizzazione, Clemente VIII la proclamò in forma solenne il 17 aprile 1594.
Già l'inizio del processo diede un primo avvio alla redazione di inni e Uffici in onore di Giacinto, intesi a raccontare e illustrare la sua vita.
Essi diventarono ancor piú numerosi col ritrovamento delle sue reliquie (1543) e la costruzione di una cappella.
Il culto però si sviluppò solo dopo la canonizzazione, favorito dalle monarchie cattoliche, che desideravano mantenere buoni rapporti con il re di Polonia, e da molti conventi che pretendevano di avere Giacinto come loro fondatore.
Dal 1612 anche una provincia dell'Ordine, formata dai conventi della parte orientale della Polonia, portò il nome di Provincia S. Hvacintti in Russia.
La sua festa ricorre il 15 agosto anche se, in passato, era dapprima celebrata il 16 agosto, ma poi Pio X la spostò al 17, data in cui è ancora ricordato dall'Ordine Domenicano.
(Autore: Vladimiro Koudelka – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Giacinto Odrovaz, pregate per noi.
*Beato Giacomo (Jaime) Bonet Nadal - Sacerdote Salesiano e Martire (15 Agosto)
Schede dei gruppi a cui appartiene:
“Beati Martiri Spagnoli Salesiani di Valencia”
“Beati 233 Martiri Spagnoli di Valencia” Beatificati nel 2001
“Martiri della Guerra di Spagna”
Santa Maria de Montmagastrell, Spagna, 4 agosto 1884 – Tarrega, Spagna, 18 agosto 1936
Martirologio Romano: Nella cittadina di Tárrega vicino a Barcellona sempre in Spagna, Beato Giacomo Bonet Nadal, sacerdote della Società Salesiana e martire, che, come fedele discepolo, nel sangue di Cristo meritò la salvezza.
Nacque il 4 agosto 1884.
Iniziati i suoi studi religiosi, raggiunse in Siviglia Don José suo cugino.
Fece lì la sua professione salesiana nel 1909.
Dopo il lavoro in diverse case salesiane dell'Andalusia, passò a Campello (Alicante) dove studiò la teologia Ritornò in Andalusia dove fu ordinato sacerdote nel 1917.
Fece ritorno a Barcellona. Scoppiata la guerra, si trasferì al suo paese che pensava più sicuro, ma non fu così.
Quando tentava di ritornare a Barcellona fu arrestato da alcuni miliziani e ucciso.
(Fonte: www.sdb.org)
Giaculatoria - Beato Giacomo Bonet Nadal, pregate per noi.
*Santa Gioconda di Roma - Vergine e Martire (15 Agosto)
Venerata a Rimella
Per quanto riguarda la storia di Santa Gioconda si è in possesso di molta documentazione che permette di ricostruirne la storia nei particolari: essa fu una giovane martire romana, deposta nella catacomba di Ciriaca, al Verano, le cui reliquie furono destinate alla località valsesiani di Rimella grazie all’interessamento di Giuseppe Antonio Molino, che ne entrò in possesso tramite monsignor Giuseppe Maria Luini vescovo di Pesaro, predicatore apostolico.
Le ossa giunsero da Roma a Novara e vennero portate nella cappella dei Frati Cappuccini, dove padre Illuminato da Novara ne curò la pulizia e la sistemazione all’interno dell’urna che già aveva contenuto le spoglie di Agabio, secondo vescovo della città. Il 29 aprile 1789, infatti, in occasione del matrimonio tra l’Arciduca d’Este e Maria Teresa d’Austria, avvenne a Novara il solenne trasporto del corpo del Santo vescovo, per riporlo nel nuovo altare lui dedicato nella cattedrale; l’urna usata esclusivamente per quell’occasione, fu acquistata da Michele Tesseri oriundo di Rimella e venne da lui destinata per contenere i resti di Gioconda.
L’arrivo della Santa nella comunità walser della Val Mastallone avvenne alla fine di giugno del 1790, con un apparato di celebrazioni che durarono tre giorni, dal 27 al 29, la partecipazione di tutti i sacerdoti della valle, di una delegazione del capitolo della cattedrale, dei musici della basilica di San Gaudenzio e di alcuni predicatori di fama in quel periodo, tra i quali emerge la figura di fra Filippo Reale, nativo del posto, che tenne l’orazione ufficiale a conclusione dei festeggiamenti.
Il culto nei confronti di Gioconda fu subito molto vivo, in particolare tra i rimellesi che per motivi di lavoro emigravano altrove, specialmente a Novara e Vigevano, essi che si affidavano alla sua protezione costituirono un’associazione: il Consorzio di Santa Gioconda, avente per scopo quello di promuoverne il culto, lo statuto ebbe approvazione diocesana il 22 marzo 1902, con firma dell’allora vicario generale Callerio.
Il 1 settembre1842 venne aperta l’urna per procedere alla pulizia dei vestiti che ricoprivano le ossa, ma soltanto nel 1903 si portò il cranio a Milano per farlo ricoprire di cera e favorirne così la conservazione. L’altare di San Rocco, già decorato dal pittore Lorenzo Peracino di Cellio, dove fu collocata l’urna coi resti di Gioconda, venne interamente rinnovato nel 1860 con le offerte del citato consorzio e mutò la dedicazione assumendo il nome della presunta martire. L’ampolla, che si ritiene conservi il suo sangue, venne destinata all’oratorio della Visitazione della frazione Roncaccio Superiore, località d’origine di Giuseppe Antonio Molino, donatore delle reliquie.
La tradizione ed il folclore popolari si sono impadroniti ben presto della figura della santa, riguardo alla quale sorsero alcuni racconti leggendari modellati sui più ricorrenti topoi agiografici relativi alla traslazione di reliquie. Si racconta, ad esempio, circa l’arrivo del corpo che il carro su cui viaggiava, giunto al ponte detto delle “Due Acque”, prese per errore la strada di Fobello, i cavalli, dopo breve tragitto, si fermarono e nulla pareva smuoverli.
Gli accompagnatori allora presero l’urna sulle spalle ma improvvisamente essa era diventata tanto pesante da non poter proseguire; imboccata la strada per Rimella, i cavalli proseguirono speditamente ed il carico tornò al suo peso naturale.
Una variante dello stesso racconto vuole che una frana, caduta sulla strada per Fobello, avesse costretto il corteo a deviare per Rimella, giunto alla chiesa del paese non fu più possibile proseguire non riuscendo nessuno a smuovere il carro; il fatto fu interpretato dai rimellesi come desiderio della santa di rimanere sul posto, con rassegnazione dei vicini fobellesi.
Riguardo alla figura di Gioconda non è accattabile la sua identificazione con l’omonima venerata a Reggio Emilia, unica santa con questo nome conosciuta dalle fonti agiografiche.
Senza entrare nel merito della specifica vicenda di questa figura e della sua attendibilità storica, basti ricordare che la sua sepoltura non ha alcun legame con la catacomba del Verano, da cui fu prelevato il corpo conservato a Rimella.
La festa in onore di Gioconda è celebrata ogni anno nella prima domenica di agosto, la manifestazione di culto più caratteristica nei suoi confronti ha luogo però ogni venticinque anni.
In tale occasione giubilare, l’urna, estratta dal vano in cui è contenuta, viene esposta alla venerazione dei fedeli e portata in processione nelle varie frazioni che formano il comune di Rimella, ogni volta percorrendo un itinerario diverso.
L’ultimo trasporto è avvenuto nell’agosto del 2001: circa ottocento persone, per un paese che possiede un centinaio di effettivi residenti, hanno partecipato alla processione, durante la quale una quarantina di uomini si sono alternati nel trasporto dell’urna fino alla chiesa di San Gottardo nell’omonima frazione.
Il percorso, lungo il quale sono stati realizzati archi pazientemente decorati con luci e fiori, era illuminato da centinaia di fiaccole e rischiarato dai tradizionali falò accesi sui vicini alpeggi, antico segno della partecipazione alla festa di chi per la transumanza non si trovava in paese.
Le reliquie, dopo essere state vegliate per tutta la notte e visitate dai fedeli il giorno successivo, sono state riportate processionalmente nella chiesa parrocchiale e riposte, dopo alcuni giorni, nella loro sede abituale.
(Autore: Damiano Pomi - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Gioconda di Roma, pregate per noi.
*Beato Giovanni da Siviglia - Cardinale (15 Agosto)
+ Avignone, Francia, 1556
Cardinale Prete di Santa Romana Chiesa del Titolo di Santa Maria in Trastevere, il Beato Giovanni da Siviglia, rifulse per l’umiltà, la misericordia, assiduo nelle preghiere e i digiuni.
Cacciò i demoni e con altri miracoli onorò l’Ordine Mercedario e la Chiesa finché santamente spirò nell’anno 1556 ad Avignone in Francia.
L’Ordine lo festeggia il 15 agosto.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giovanni da Siviglia, pregate per noi.
*Beata Giuliana Puricelli da Busto Arsizio - Religiosa dell'Ordine di Sant'Agostino (15 Agosto)
Busto Verghera, 1427 - 15 agosto 1501
Martirologio Romano: A Pallanza presso Novara, Beata Giuliana da Busto Arsizio, vergine dell’Ordine di Sant’Agostino, insigne per l’invitta forza d’animo, la mirabile pazienza e l’assidua contemplazione delle realtà celesti.
Tra i Santi venerati dalla Chiesa milanese ci sono le Beate Caterina di Pallanza e Giuliana di Busto che diedero origine all’esperienza monastica delle romite dell’Ordine di Sant’Ambrogio ad Nemus di Santa Maria del Monte sopra Varese, dette comunemente Romite ambrosiane.
Già prima del 1400, da secoli, esisteva un luogo di culto alla Beata Vergine Maria, un santuario, legato dalla tradizione a Sant’Ambrogio: qui il Santo Vescovo aveva sconfitto l’ultimo gruppo di ariani.
In questo luogo caro alla storia della Chiesa milanese le due donne vivranno la loro consacrazione verginale al Signore.
La prima fu Caterina, nativa di Pallanza, dalla nobile famiglia dei Morigi, che dopo una lunga ricerca della volontà di Dio, trovò in questo luogo la risposta.
Siamo intorno al 1450.
Poi nel 1454 si unì a lei Giuliana Puricelli.
Nata nel 1427 a Busto-Verghera, da una povera famiglia.
Giuliana visse all’ombra e alla scuola di Caterina, che la lasciò progredire nella sua devozione del Padre nostro e dell’Ave Maria, sviluppando così i suoi carismi di purezza, ubbidienza, povertà, umiltà e carità, e coltivando con lei l’accorata contemplazione della passione di Cristo.
Nel 1460 si aggiunsero a loro altre compagne.
Dopo varie tribolazioni e incomprensioni nel 1474 Papa Sisto IV con bolla autorizzo l’erezione dell’Ordine, in cui si professa la regola di Sant’Agostino, osservando le costituzioni di Sant’Ambrogio ad Nemus e ufficiando secondo la liturgia ambrosiana.
Caterina morì il 6 aprile 1478, lasciando alla piccola comunità il testamento della carità e dell’ubbiddienza alla volontà di Dio.
Giuliana, “giungendo la notte dell’Assunzione della Vergine Maria, volle essere posta sopra la nuda terra e spirò con grandi melodie il 15 agosto 1501”.
Le due romite, che ancora in vita la gente chiamava “Beate”, furono venerate dal popolo fin dalla loro morte, come concordi dicono i testimoni dei due processi; e “da tempo immemorabile” al S. Monte la festa di Caterina fu solennizzata il 6 aprile e quella di Giuliana il 15 agosto.
Ai nostri tempi la liturgia ambrosiana, con il nuovo Messale del 1976, ne celebra la memoria il 27 aprile.
(Autore: Don Marco Grenci - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Giuliana Puricelli, pregate per noi.
*Beato Giuseppe Maria Peris Polo - Martire (15 Agosto)
Schede dei gruppi a cui appartiene:
“Beati Martiri Spagnoli della Fraternità dei Sacerdoti Operai Diocesani del Cuore”
"Martiri della Guerra di Spagna"
Martirologio Romano:
Nel villaggio di Almazora vicino a Castellón de la Plana sulla costa spagnola, Beato Giuseppe Maria Peris Polo, sacerdote della Società dei Sacerdoti Operai Diocesani e martire, che, ucciso nel cimitero, conseguì nella stessa persecuzione la palma del martirio.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giuseppe Maria Peris Polo, pregate per noi.
*Beato Isidoro Bakanja (15 Agosto)
Bokendela (Rep. Democratica del Congo), 1885/90 - Ikili (idem), 8/15 agosto 1909
Fin da ragazzo, per vivere fu costretto a lavorare come muratore o nei campi. Si convertì al cristianesimo nel 1906.
Mentre lavorava alle dipendenze dei colonizzatori in una piantagione di Ikili, dal padrone gli venne proibito di cristianizzare i suoi compagni di lavoro. Il 22 aprile 1909 il sovrintendente della fattoria, dopo avergli strappato lo Scapolare del Carmine, che Isidoro portava come espressione della propria fede cristiana, lo fece fustigare duramente a sangue. In seguito alle ferite riportate in questa "punizione" per la sua fede, sopportate pazientemente e perdonando il suo aggressore, morì il 15 agosto dello stesso anno.
Martirologio Romano: Nella cittadina di Wenga presso Busira nel Congo Belga, ora Repubblica Democratica del Congo, beato Isidoro Bakanja, martire, che, giovane iniziato al cristianesimo, coltivò con diligenza la fede e la testimoniò con grande coraggio durante il suo lavoro; per questo, in odio alla religione cristiana fu sottoposto a continue fustigazioni da parte del direttore della compagnia coloniale e morì pochi mesi più tardi, perdonando il suo persecutore.
Numerosi martiri dei primi secoli morivano pregando per chi li uccideva. E così ha fatto nel Ventesimo secolo lui, diciottenne eroe di pelle nera.
Era nato nell’attuale Repubblica Democratica del Congo (già Zaire), che all’epoca sua era sotto la sovranità di re Leopoldo II del Belgio a titolo personale: una sorta di proprietà sua, che sarebbe poi diventata colonia col nome di Congo Belga.
L’anno di nascita di Isidoro non è sicuro, ma lo è quello del suo battesimo: questo ragazzo della tribù Boangi, istruito nella fede da due missionari, è diventato cristiano nel 1906, intorno ai suoi 18 anni. Si fa strada sul lavoro, diventa assistente edile, poi lo assume come domestico l’agente di una società proprietaria di grandi piantagioni di caucciù: un belga, come la sua società; come quasi tutte le altre imprese in Congo.
E come i due missionari che hanno convertito Isidoro, Trappisti dell’abbazia di Westmalle, vicino ad Anversa. Ma a questo dirigente le conversioni non vanno giù.
I neri devono lavorare, chi prega perde tempo. Ce ne sono altri come costui nelle grandi società, avversi al cristianesimo fors’anche per ragioni ideologiche, ma certo perché vedono nel legame di fede dei congolesi tra loro e con i missionari un pericolo per il pieno potere delle società sulla manodopera nera.
Isidoro non resiste, vorrebbe tornare a casa, ma gli è proibito. Gli comandano anzi di buttare via lo scapolare della Madonna del Carmine che porta al collo, insegna della sua fede. Lui rifiuta, e allora cominciano due successive flagellazioni che gli procurano ferite inguaribili. Così straziato lo portano in un altro villaggio, per non farlo vedere a un ispettore.
Ma questi lo trova, "con il dorso scavato da piaghe purulente e fetide, coperte di sporcizia, assalite dalle mosche". Decide di portarlo con sé per curarlo.
Ma Isidoro sente venire la morte e dice a un amico: "Se vedi mia madre, se vai dal giudice, se incontri un sacerdote, avvertili che sto morendo". Arrivano dei missionari e lui racconta la vicenda; esortato a perdonare il suo torturatore, risponde di sì: "Quando sarò in cielo, pregherò molto per lui".
Flagellazione mortale, ma agonia lunghissima: sei mesi.
Un’atroce decomposizione di carne viva. Isidoro Bakanja si è fatto rimettere al collo lo scapolare e stringe in una mano la corona del Rosario: che tutti lo vedano morire professando la fede. Che tutti lo sappiano, neri e bianchi. Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato nel 1994.
(Autore: Domenico Agasso)
Giaculatoria - Beato Isidoro Bakanja, pregate per noi.
*Beato Juan Josè Vivas-Pérez Bustos - Padre di famiglia e Martire (15 Agosto)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati 115 Martiri spagnoli di Almería" Beatificati nel 2017
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" - Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)
Almería, Spagna, 29 gennaio 1901 – 15 agosto 1936
Juan José Vivas-Pérez Bustos nacque ad Almería, nell’omonima provincia e diocesi, il 29 gennaio 1901. Di professione farmacista, diresse anche il periodico cattolico «La Independencia». Sposato con Rafaela Torres Benítez, ebbe tre figli.
Fu ucciso in odio alla fede cattolica il 15 agosto 1936, sulla spiaggia di La Garrofa, in provincia di Almería; aveva 35 anni.
Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Juan José Vivas-Pérez Bustos, pregate per noi.
*Beato Juan Mesonero Huerta - Sacerdote Salesiano e Martire (15 Agosto)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
Beati Martiri Spagnoli della Diocesi di Avila" Beatificati nel 2013 - Senza data (Celebrazioni singole)
"Beati 522 Martiri Spagnoli" Beatificati nel 2013 - Senza data (Celebrazioni singole)
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)
Rágama, Spagna, 12 settembre 1913 - Arenas de San Pedro, Spagna, 15 agosto 1936
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Juan Mesonero Huerta, pregate per noi.
*Beati Ludovico Masferrer Vila e Compagni - Martire (15 Agosto)
Scheda del gruppo a cui appartengono:
“Beati Martiri Spagnoli Clarettiani di Barbastro” - Senza Data (Celebrazioni singole)
Martirologio Romano:
A Barbastro vicino a Huesca nell’Aragona in Spagna, Beati Ludovico Masferrer Vila, sacerdote, e diciannove compagni, martiri, che, religiosi della Congregazione dei Missionari Figli del Cuore Immacolato di Maria, durante la persecuzione contro la Chiesa, affidarono la loro vita a Cristo e abbracciarono nella gloria di Dio i loro confratelli uccisi il giorno prima nello stesso luogo.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beati Ludovico Masferrer Vila e Compagni, pregate per noi.
*San Luigi Batis Sainz - Martire Messicano (15 Agosto)
Schede dei gruppi a cui appartiene:
“Santi Martiri Messicani” (Cristoforo Magallanes Jara e 24 compagni)
“Martiri Messicani”
Emblema: Palma
Martirologio Romano: In località Chalchihuites nel territorio di Durango in Messico, Santi martiri Luigi Batis Sáinz, sacerdote, Emanuele Morales, padre di famiglia, Salvatore Lara Puente e Davide Roldán Lara, uccisi in odio alla fede durante la persecuzione messicana.
Nacque a San Miguel Mezquital, Zacatecas (Arcidiocesi di Durango) il 13 settembre 1870.
Parroco di San Pedro Chalchihuites, Zacatecas (Arcidiocesi di Durango).
Erano appena trascorsi quindici giorni dalla soppressione del culto pubblico, ordinata dai Vescovi, quando venne preso prigioniero.
Quando gli venne comunicato che lo cercavano, disse: "Che si faccia la volontà di Dio, se Lui lo desidera io sarò uno dei martiri della Chiesa!".
Il giorno seguente, il 15 agosto del 1926, fu condotto insieme ai suoi più vicini collaboratori nell'apostolato; Manuel Morales, Salvador Lara y David Roldán per essere fucilati.
(Autore: Mons. Oscar Sánchez Barba, Postulatore – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Luigi Batis Sainz, pregate per noi.
*Beato Luis Belda y Soriano de Montoya - Sacerdote e Martire (15 Agosto)
Scheda del Gruppo a cui appartiene:
"Beati 115 Martiri spagnoli di Almería" - Beatificati nel 2017
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna - Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)
Palma di Maiorca, Spagna, 11 dicembre 1901 – Almería, Spagna, 15 agosto 1936
Luis Belda y Soriano de Montoya nacque a Palma di Maiorca, in provincia e diocesi di Maiorca, l’11 dicembre 1901.
Sposato con Josefa Alberti Merello, ebbe da lei sei figli. Di professione avvocato, era membro dell’Associazione Cattolica dei Propagandisti e delle Conferenze di San Vincenzo de Paoli.
Morì in odio alla fede cattolica il 25 agosto 1936 sulla spiaggia di La Garrofa, in provincia di Almería.
Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Luis Belda y Soriano, pregate per noi.
*Beata Maria Sagrario di San Luigi Moragas Cantarero - Carmelitana scalza, Martire (15 Agosto)
Lillo (Toledo), 8 gennaio 1881 - Padrera de S. Isidro (Madrid), 15 agosto 1936
Martirologio Romano: A Madrid sempre in Spagna, beata Maria del Santuario di San Luigi Gonzaga (Elvira) Moragas Cantarero, vergine dell’Ordine delle Carmelitane Scalze e martire nella medesima persecuzione.
Elvira Moragas Cantarero nacque a Lillo (Toledo) l’8 gennaio 1881, il padre era farmacista; quando ebbe cinque anni la famiglia si trasferì a Madrid dove il padre continuò a svolgere la sua attività di farmacista, fino al 1909 anno in cui morì; mentre la sorella maggiore di Elvira, Sagrario, morì ad appena undici anni nel 1890, fra la costernazione della famiglia.
Elvira ricevette un’educazione e formazione umanistica dal padre che poi proseguì e perfezionò nella scuola delle Mercedarie di San Fernando a Madrid.
Frequentò gli studi superiori con ottimi risultati nell’Istituto Cardenal Cisneros e poi si iscrisse alla Facoltà di Farmacia dell’Università madrilena.
Unica donna fra 80-85 studenti, dal 1900 al 1905 frequentò con profitto gli studi universitari laureandosi con ottimi voti.
Ottenuta la laurea prese ad aiutare suo padre nella farmacia ed alla sua morte nel 1909 iniziò a gestirla personalmente, divenendo quasi sicuramente la seconda donna spagnola titolare di un’attività farmaceutica.
Elvira che resse la farmacia con delicatezza e amabilità, stabilì che il sabato fosse il giorno dedicato all’elemosina ai poveri proprio lì in farmacia e questa consuetudine durò per molto tempo anche dopo la guerra; ormai era un appuntamento cui i poveri e bisognosi conoscevano bene e vi si recavano numerosi.
Si ricorda che il farmacista di una volta preparava e confezionava le medicine dell’epoca e quindi a lui si rivolgevano chi poteva comprarle ma anche chi non poteva.
Terminati gli studi in Farmacia del fratello Ricardo, Elvira con il consiglio del suo direttore spirituale, il gesuita Maria Rubio Peralta, poi beatificato, decise di entrare nel monastero delle Carmelitane Scalze di Santa Ana y San José nel giugno 1915.
A dicembre dello stesso anno prese l’abito carmelitano cambiando il nome in Maria Sagrario di S. Luigi Gonzaga e la notte di Natale del 1916 fece la sua prima professione; nell’Epifania del 1920 emise la professione solenne o definitiva.
In convento continuò la sua opera di beneficenza di farmacista con l’aiuto del fratello Ricardo, divenuto titolare della farmacia; condusse la sua vita di carmelitana scalza con grande impegno e con particolare gioia; al punto che la Comunità la elesse priora nel triennio 1927-30.
Sempre di buon umore, visse trasmettendo allegria nel servizio a Dio ed agli altri, fra l’altro fu portinaia del monastero.
Il 1° luglio 1936 fu eletta di nuovo priora del monastero, pochi giorni prima che scoppiasse la famigerata Guerra Civile spagnola, che insanguinò la Nazione dal 1936 al 1939, mietendo solo fra i religiosi ben 7300 vittime; il 20 luglio la folla attaccò il convento e le religiose cacciate in strada, Madre Sagrario non volle unirsi alla fuga del fratello da Madrid, per poter assistere meglio, per quel che poteva, le sue monache sparse per la città.
Trascorse tre settimane rifugiata nella casa dei familiari di un’altra suora, il 14 agosto venne arrestata e portata nella prigione repubblicana di via Marqués del Riscal, famosa per le crudeltà che si facevano.
Fu interrogata più volte, madre Sagrario non rispondeva e scrisse solo su un foglio “Viva Cristo Re” l’espressione dei martiri di quell’epoca insanguinata. Durante la notte fu trasportata nella Padrera de San Isidro e nelle prime ore del mattino venne fucilata, era il 15 agosto del 1936, giorno dell’Assunzione di Maria, aveva 45 anni.
Non si sa cosa disse in quei momenti, comunque tanto attesi, ma vi sono due foto scattate dopo la sua morte, dove è visibile la serenità del viso, senza smorfie di dolore, con gli occhi aperti pieni di una santa rassegnazione.
La sua morte, considerata un martirio, fece avviare i processi per la sua beatificazione dall’arcivescovo di Madrid nel 1962, che si sono conclusi con la solenne proclamazione da parte di papa Giovanni Paolo II in Piazza S. Pietro a Roma il 10 maggio 1998.
Nell’arazzo per la cerimonia essa è raffigurata con la palma del martirio, vicino ai suoi piedi vi sono alcuni vasi e strumenti da farmacista, sul fondo il convento carmelitano e l’eremo di S. Isidro dove fu fucilata.
In lei i farmacisti di Spagna e del mondo hanno trovato una celeste patrona, che ha saputo stare con competenza e bontà nel laboratorio e nella farmacia, ma con dignità ed eroismo anche davanti alla morte.
La Chiesa la ricorda il 15 Agosto, mentre i Carmelitani Scalzi ne fanno memoria il 16 Agosto.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Maria Sagrario di San Luigi Moragas Cantarero, pregate per noi.
*San Napoleone - Martire (15 Agosto)
Questo Santo appartiene senz’altro più alla politica che all’agiografia. Infatti, al culmine dell’ascesa napoleonica con la vittoria di Austerlitz il 2 dicembre 1805, si volle avere la celebrazione del genetliaco dell’imperatore. Le ricerche in tal senso portarono alla scoperta di un Santo martire di nome Neapolis, compagno di San Saturnino.
Da qui venne intessuta la leggenda di un martire, dapprima torturato, poi agonizzante in prigione fino alla morte. Si ricorda il 15 agosto.
Come «San Carlomagno», il «San Napoleone» appartiene alla storia politica piuttosto che all'agiografia che è valsa solo a nascondere discutibili ambizioni in nessun modo riconducibili ad un autentico culto dei santi.
Si sa che Napoleone Bonaparte, futuro imperatore dei Francesi, nacque ad Aiaccio il 15 agosto 1769: soltanto dopo il 1801 si manifestò, forse non tanto da parte di Napoleone quanto del suo ambiente, la preoccupazione di utilizzare questa data per consolidare il prestigio popolare dell'uomo la cui ambizione cresceva in proporzione ai suoi successi.
Man mano che si allontanava la bufera rivoluzionaria, infatti, l'anniversario del 14 luglio appariva sempre meno opportuno e per contro, il 15 agosto, festa dell'Assunta, era celebrato con una processione detta del «voto di Luigi XIII» e perciò strettamente collegata al decaduto Ancien Regime. Sembrava quindi di estremo interesse profittare di queste tradizioni popolari per sostituire all'antica festa una nuova, tutta orientata alla glorificazione del fondatore del Nouveau Regime; e molti piccoli fatti dovevano permettere di raggiungere progressivamente tale scopo.
Il testo definitivo del Concordato era stato autenticato il 15 luglio 1801 e, cedendo ai suggerimenti di Portalis, suo ministro dei culti, Bonaparte avrebbe desiderato che venisse pubblicato il 15 agosto.
A quella data il Concordato sarà firmato soltanto da Pio VII, ma si vedrà come questa felice conclusione fu poi utilizzata qualche anno dopo nel testo del decreto che istituiva il «San Napoleone».
Il 3 agosto 1802 Bonaparte era creato console a vita e la nomina fu resa pubblica il 15, nel giorno genetliaco del «Primo Console».
A partire dal 1803 nell'Almanac National la festa di San Rocco (16 agosto) viene sostituita con quella di San Napoleone, ma si tratta solo di un calendario laico che, d'altra parte, riproduce contemporaneamente il calendario rivoluzionario e quello gregoriano. L'agiografia non vi entra ancora per nulla. È solo nel 1805 che l'introduzione della festa di San Napoleone comincia a porre alcuni problemi: il 18 ottobre, su richiesta dei canonici di Nizza, che desideravano dedicare uno degli altari della chiesa di S. Croce a San Napoleone, il ministro Portalis faceva rispondere che l'imperatore non aveva il potere di autorizzare questa dedica, ma che, naturalmente, nulla gli sarebbe riuscito più gradito che vedere così onorato il suo patrono.
La vittoria di Austerlitz, il 2 dicembre 1805, portò l'esaltazione al suo culmine e fra i voti espressi dal tribunato figura quello di una celebrazione del genetliaco dell'imperatore. Non si parla ancora, quindi, di una festa di San Napoleone, ma il 4 gennaio 1806, Portalis fa notare che, se la monarchia celebrava San Luigi, l'impero poteva ben celebrare San Napoleone. Con un decreto del 19 febbraio 1806 si stabilì dunque che «la festa di San Napoleone e quella del ristabilimento della religione cattolica in Francia saranno celebrate in tutto il territorio dell'impero al 15 agosto di ogni anno, giorno dell'Assunzione e data della conclusione del Concordato».
Questa decisione veniva ratificata il 3 marzo sul piano ecclesiastico dal card. legato Caprara, occupato allora a negoziare a Parigi la messa a punto del famoso Catéchisme imperiai.
Restava ora da vedere chi doveva essere questo San Napoleone il cui culto era cosi brutalmente imposto ai fedeli dell'impero. Il 14 marzo il vescovo di Tournai, Francesco Hirn, ordinava al clero e ai fedeli di commemorare, il giorno dell'Assunzione, un San Napoleone vescovo (!), promettendone l'Ufficio per un tempo successivo.
Di fatto, il 21 maggio, il card. legato mandava a tutti i vescovi una «Istruzione» a proposito di San Napoleone con una leggenda «redatta dopo esatte ricerche e notizie acquisite sul Santo». Le ricerche intraprese sotto la sua direzione avevano, in realtà, scoperto nel Martirologio di Benedetto XIV, al 2 maggio, in Roma, un Santo martire Neopolis, compagno di San Saturnino; i messali del Martirologio Geronimiano, invece, ponevano il martirio in Alessandria. Mescolando abilmente le due notizie, senza insistere sui particolari, era possibile intessere la «leggenda» di un martire, dapprima torturato poi agonizzante in prigione fino alla morte.
Occorreva ancora spiegare il passaggio da questo Neopolis a Napoleone e vi provvidero le risorse della filologia che prescrissero di inserire nella leggenda un dotto paragrafo secondo cui «ex his quibus carcer pro stadio fuit, Martyrologia et veteres scriptores commendant Neopolim seu Neopolum qui ex more proferendi nomina medio aevo in Italia invalescente et ex recepto loquendi usu Napoleo dictus fuit atque italice Napoleone communiter nuncupatur».
Cosi dunque, per la prima volta, si potè celebrare ufficialmente e liturgicamente San Napoleone, il 15 agosto 1806, più a gloria dell'imperatore che ad onore del Santo martire, fino a quel momento ignorato. Nel corso dell'Ufficio era prevista, infatti, oltre al Te Deum, un'omelia in lode del sovrano, pronunciata dinanzi alle personalità ufficiali «civili, militari e giudiziarie». Si giunse persino a diffidare alcuni vescovi, specialmente nel Belgio, per non aver messo sufficiente calore nell'esaltazione.
A Roma, tuttavia, queste innovazioni in materia di culto dei santi, non incontrarono soverchia approvazione. Il card. Di Pietro redasse, all'intenzione di Pio VII, un'opera in cui protestava per la sostituzione di una festa mariana tanto importante per le sue implicazioni dogmatiche, con la festa di un santo introvabile: era un nuovo abuso del potere temporale contro cui il papa doveva protestare. Ma Pio VII non poteva farlo senza sconfessare il suo legato e vi erano interessi più importanti da salvaguardare, sia pure chiudendo gli occhi su di una sopraffazione agiografica.
Gli avvenimenti politici si incaricarono ben presto di porre nell'oblio la festa di San Napoleone.
Il 16 lugl. 1814 il re Luigi XVIII annullò i decreti relativi alla celebrazione del 15 agosto; nel 1852, poi, l'imperatore Napoleone III emise un decreto che riconosceva nuovamente quella data come festa nazionale, ma semplicemente in quanto anniversario della nascita di suo zio e non come giorno di San Napoleone.
Tale è la breve storia del culto di un martire che nacque più dall'immaginazione degli adulatori che dalla realtà storica con cui ha ben pochi rapporti. Il culto di San Napoleone, tuttavia, doveva servire a mantenere in Francia la celebrazione tradizionale del 15 agosto come festa d'obbligo, che altrimenti sarebbe certamente stata soppressa, come molte altre, negli articoli organici aggiunti al Concordato del 1801.
(Autore: Gérard Mathon - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Napoleone, pregate per noi.
*San Salvador Lara Puente - Martire Messicano (15 Agosto)
Schede dei gruppi a cui appartiene: “Santi Martiri Messicani” (Cristoforo Magallanes Jara e 24 compagni) “Martiri Messicani”
Emblema: Palma
Martirologio Romano: In località Chalchihuites nel territorio di Durango in Messico, Santi martiri Luigi Batis Sáinz, sacerdote, Emanuele Morales, padre di famiglia, Salvatore Lara Puente e Davide Roldán Lara, uccisi in odio alla fede durante la persecuzione messicana.
Nacque nel paese di Berlín, Durango, appartenente alla parrocchia di Súchil (Arcidiocesi di Durango) il 13 agosto 1905.
Salvatore era giovane nel pieno degli anni, alto e robusto, dedito allo sport della "charrería"; educato e dai modi distinti con tutti; rispettoso ed affettuoso con sua madre che era vedova; onesto e responsabile come impiegato in una ditta mineraria.
Viveva la sua fede con purezza e si dedicava all'apostolato come militante nell'Azione Cattolica della Gioventù Messicana.
Quando giunsero i soldati per arrestarlo, insieme a Manuel e Davide, rispose quando è chiamato: "Sono qui". Camminò sorridente, come sempre, insieme al suo compagno e cugino Davide fino al luogo indicatogli per essere fucilato.
Si erano appena resi conto che il parroco, il Signor Batis e il suo amico Manuel Morales erano stati fucilati.
Pregando a voce bassa Salvador ricevette una scarica che gli causarono delle ferite dalle quali uscì il suo sangue di martire e si scoprisse la sua grandezza di cristiano.
(Autore: Mons. Oscar Sánchez Barba, Postulatore – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Salvador Lara Puente, pregate per noi.
Roma (?) ca. 320 - Milano ca. 401
Martirologio Romano: A Milano, san Simpliciano, vescovo, che sant’Ambrogio designò come suo successore e sant’Agostino celebrò con lodi.
Un maestro di Santi. E quali Santi. Uno è Ambrogio, designato vescovo di Milano mentre sta ancora preparandosi al battesimo; si incarica il prete Simpliciano di completare la sua istruzione religiosa, e Ambrogio viene battezzato a fine novembre del 374, ricevendo poi la consacrazione episcopale il 7 dicembre.
L’altro Santo è Agostino di Ippona, l’intellettuale africano estraneo al cristianesimo, amico dei manichei, venuti a cercare prestigio in Italia. Si è già fatto un nome in Milano come professore, quando lo raggiunge la “chiamata”, la spinta a seguire Cristo.
Nelle sue Confessioni egli dirà che il Signore stesso lo ha indirizzato al prete di Milano: "Ed ecco, Tu suggeristi alla mia mente l’idea di rivolgermi a Simpliciano, che si presentava come un fedele in cui risplendeva la Tua grazia".
Preparato da Simpliciano, Agostino riceve il battesimo dal vescovo Ambrogio nel 387.
Questo eccezionale catechista, forse romano di origine, è cristiano fin dalla giovinezza. Dopo anni di studi classici e di viaggi viene ordinato sacerdote, e diventa famoso quando converte al cristianesimo uno degli intellettuali più illustri del tempo: Caio Mario Vittorino.
A Milano lo troviamo nel tempo in cui Ambrogio vi risiede ancora come governatore civile di quasi tutta l’alta Italia.
E qui rimane per sempre, aiutando il vescovo Ambrogio con la sua preparazione teologica ed esegetica, e influendo col suo prestigio sull’ambiente culturale della città. Mantiene contatti epistolari con Agostino, poi vescovo di Ippona, che dall’Africa gli manda i suoi scritti, chiedendo giudizi e consigli.
Il vescovo Ambrogio muore il 4 aprile 397, dopo aver indicato come successore proprio Simpliciano, ormai vicino agli ottant’anni. "È vecchio, ma buono", avrebbe detto Ambrogio morente, e così Simpliciano gli succede, per un episcopato di circa quattro anni, sul quale abbiamo poche notizie. Sappiamo che era in corrispondenza col pontefice Anastasio I, con vescovi d’Africa e della Gallia; ma non ci sono scritti suoi in argomento.
Milano, all’epoca, è capitale dell’Impero d’Occidente. Vi risiede spesso la famiglia imperiale, vi si svolgono feste, giochi, spettacoli di gladiatori e di belve. Tuttavia l’uomo forte dell’Impero, il vandalo romanizzato Stilicone, capo dell’esercito, vorrebbe riportare il centro del potere a Roma. Ma su questo punto il vescovo Simpliciano non è d’accordo: Milano deve restare capitale.
Si mette d’impegno in questo sforzo: "Nel 400 e nel 401 continua la sua campagna contro il trasporto eventuale della capitale a Roma. Essa continua fino alla morte del presule, avvenuta nel 401" (A. Calderini, Storia di Milano, Treccani).
La data esatta della sua morte ci è sconosciuta. Simpliciano viene subito venerato come santo, e il suo corpo trova sepoltura nell’atrio della basilica virginum, che sarà poi per sempre intitolata al suo nome.
Nella diocesi di Milano la sua memoria si celebra il 14 agosto.
(Autore: Domenico Agasso - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Simpliciano, pregate per noi.
*San Stanislao Kostka - Novizio Gesuita (15 Agosto)
Rostkow, Polonia, ottobre 1550 - Roma, 15 agosto 1568
Stanislao Kostka, nato nel 1550, proveniva da una nobile famiglia. All’età di tredici anni venne mandato a studiare a Vienna, nella scuola dei gesuiti, che fu poi requisita dall’imperatore d’Austria. Stanislao, pur costretto in un alloggio provvisorio, si mantenne devoto e diligente.
Nel corso di una grave malattia maturò il proposito di far parte dei Gesuiti. Così fuggì da Vienna alla volta di Dillingen.
Nonostante la reazione del padre il giovane fu irremovibile. Andò a Roma per il noviziato. Morì il giorno dell’Assunta, a diciott’anni, nel 1568. Fu il primo beato della Compagnia. (Avvenire)
Patronato: Giovani
Etimologia: Stanislao = la gloria dello stato, dal polacco
Martirologio Romano: A Roma, san Stanislao Kostka, che, di origine polacca, spinto dal desiderio di entrare nella Compagnia di Gesù fuggì dalla casa paterna e si recò a piedi a Roma, dove, ammesso nel noviziato da san Francesco Borgia, morì in fama di santità, stremato in breve tempo nel prestare i più umili servizi.
Dalla Polonia a Vienna
S. Stanislao Kostka, novizio della Compagnia di Gesù, è tra i più conosciuti e venerati santi polacchi. Nacque nell'ottobre 1550 a Rostkow, a pochi chilometri da Varsavia.
Il padre di Stanislao era il principe Jan Kostka, capo militare e Senatore del Regno di Sigismondo Augusto (1548-1572), di cui Cracovia era la capitale. La famiglia dei Kostka comprendeva numerosi governatori, senatori, vescovi.
Nei primi anni la sua formazione fu curata da professori privati, come in uso presso le famiglie nobili, ma a 14 anni, nel mese di luglio 1564, fu mandato a Vienna, con il fratello Paolo e il precettore Giovanni Bilinski, nel collegio dei gesuiti, per proseguire gli studi.
Durante il viaggio passarono per il celebre santuario della Madonna di Czestochowa, e attraverso la Slesia giunsero a Vienna il 25 luglio. Qui abitarono nel "Convitto Imperiale S. Barbara", uno dei tre tenuti dai gesuiti.
La Compagnia di Gesù era allora agli inizi: S. Ignazio di Loyola, suo fondatore, era morto da poco, nel 1556. Ma già i gesuiti erano conosciuti come profondi teologi che erano intervenuti al Concilio di Trento, e già un po' ovunque avevano dato inizio a una feconda opera di rinnovamento culturale con i loro "Collegi", istituti scolastici la cui rinomanza fece sì che le migliori famiglie del tempo vollero inviarvi i loro figli.
Questo apostolato culturale, che comprendeva una riforma degli studi, aveva di mira una elevazione a lunga scadenza del livello di vita spirituale e umana di tutta la società.
In questo periodo Stanislao espresse il suo ideale di vita con la celebre frase: "Ad maiora natus sum", cioè: "Sono nato per le cose più grandi." Da tempo Stanislao aveva una vita spirituale molto intensa, e confidò una volta a Stefano Augusti, suo compagno a Roma, che il primo fatto che poteva ricordare della sua infanzia era un giorno di "intenso amore", in cui si era donato completamente e per sempre a Dio.
Un'analisi grafologica condotta su autografi giovanili di Stanislao lo descrive come "sensibile, affettuoso, intelligente sopra la media, tendenzialmente ambizioso, dotato di forte senso critico, fortemente attirato dall'altro sesso, deciso, incline all'indipendenza, espansivo ma incline a dominare sugli altri".
Già nei primi mesi del soggiorno viennese Stanislao conobbe e chiese di essere ammesso alla "Congregazione Mariana", che era in quel luogo intitolata a S. Barbara. Si impegnò in quello che era il cammino spirituale proposto: vivere intensamente lo spirito del Vangelo, esserne testimoni nel proprio ambiente di vita e di lavoro, coltivare in modo speciale la devozione alla Vergine Maria.
Tutto questo si accordava perfettamente alle aspettative spirituali di Stanislao, ed effettivamente l'appartenere alla Congregazione Mariana si rivelò per lui di grande aiuto.
Dava molto spazio alla preghiera, partecipava intensamente alla Messa o ai Vespri che si celebravano nello stesso Collegio. I suoi compagni testimoniarono di averlo sorpreso più di una volta come in estasi, rapito dai sensi, trasfigurato. Anche se cercava di evitare che questo gli accadesse dove altri potevano vederlo.
Anche Giovanni Bilinski, che viveva con i fratelli Kostka a Vienna, testimoniò che a volte Stanislao era trovato nella chiesa di Am Hof "quasi esanime e sollevato da terra".
A Vienna Stanislao fece pure l'esperienza degli Esercizi Spirituali, seguendo il celebre libretto di S. Ignazio. Ne uscì consolidata la sua scelta per la vita religiosa, e avendone sperimentato l'efficacia profonda li raccomandò a un altro giovane polacco di nome Adriano, che poi così riferì la cosa: "Avendomi parlato di alcune cose degli Esercizi Spirituali e quanto gli altri ne ricavassero di utilità, aggiunse che se io volevo dedicar loro pochi giorni, ne avrei riportato un frutto non mediocre".
La difficile convivenza con il fratello Paolo
Gli studi comprendevano, secondo l'uso della Compagnia di Gesù, "Grammatica", "Umanità" e "Retorica". A Vienna si rivelò però problematica la convivenza con il fratello Paolo, molto diverso da lui come carattere e tenore di vita. Laurenz Pacifici, compagno di studi di Stanislao a Vienna e poi sacerdote a Venezia, testimoniò che il fratello Paolo era "di carattere indipendente e orgoglioso, amava molto l'eleganza, il lusso, la mondanità".
Le cose peggiorarono quando, essendo morto l'imperatore Ferdinando I, il successore Massimiliano II pretese dai gesuiti la restituzione dell'immobile dove era ospitato il Convitto Santa Barbara. Così i fratelli Kostka dovettero cercarsi un appartamento in affitto, e questo mise Stanislao ancor più in balia del temperamento instabile e prepotente del fratello Paolo.
Questi da parte sua era invece ben contento del cambiamento, che gli permise di condurre una vita sempre più mondana, frequentando balli e teatri, corteggiando dame, andando a caccia. Paolo iniziò a vessare il fratello minore Stanislao proprio perché questi continuava il tenore di vita spirituale come nel Collegio.
Derisione e rimproveri si fecero quotidiani, anche perché Paolo vedeva nell'atteggiamento di Stanislao un rimprovero continuo nei suoi confronti, specie quando, le volte che Stanislao era obbligato da lui a partecipare a qualche cena o ballo dove si tenevano discorsi immorali, se ne restava in silenzio senza alcuna partecipazione attiva. E allora più di una volta Paolo - anche spalleggiato da qualche amico - passò oltre le parole e si arrivò alle percosse, ma niente di tutto questo riusciva a smuovere l'altrettanto risoluto Stanislao dai suoi propositi. Tutto questo è stato testimoniato dallo stesso Paolo quando - ormai pentito - fece la sua deposizione al processo canonico.
L'intervento del soprannaturale
Nel dicembre del 1566 Stanislao si ammalò e fu costretto a letto per vari giorni, tanto da far preoccupare il fratello Paolo e il precettore, che erano pur sempre responsabili di lui nei confronti del padre. Qui si collocano i due celebri episodi che sono stati fatti oggetto - insieme all'apparizione della Vergine in punto di morte - di tante raffigurazioni pittoriche su S. Stanislao Kostka.
Il primo è il celebre episodio della Comunione che Stanislao ricevette prodigiosamente dalle mani di S. Barbara. Stanislao aveva implorato che si facesse chiamare un sacerdote per poter ricevere la Comunione, ma gli fu negato, anche per l'opposizione drastica del padrone dell'appartamento che era luterano.
Una notte il precettore Bilinski lo vegliava, ed ecco che si sente afferrare per un braccio da Stanislao che esclama: "Si inginocchi, Giovanni!" E subito il malato uscì dal letto e si pose in ginocchio sul tappeto. "Si inginocchi - continuò Stanislao - perché è venuta Santa Barbara con due Angeli che mi portano la Comunione". Poi Bilinski vide Stanislao pronunciare per tre volte "Signore, non sono degno", e aprire le labbra come per ricevere la Comunione. Quindi Stanislao tornò sotto le coperte. Giovanni Bilinski testimoniò poi che Stanislao non gli parve affatto in preda a un delirio, ma che anzi si comportava con molto rispetto e padronanza di sé".
Il secondo episodio avvenne qualche giorno dopo. La malattia di Stanislao infatti peggiorava, al punto che sembrava lasciare poca speranza di guarigione. Giovanni Bilinski, stanco per tante notti passate al capezzale di Stanislao, incaricò il domestico Lorenzo di vegliarlo al posto suo. Ma quando all'alba entrò nella sua camera, vide Lorenzo addormentato e Stanislao seduto sul letto e tutto allegro, perché diceva di sentirsi perfettamente guarito.
Bilinski costatò che in effetti non aveva più febbre, ma gli proibì di alzarsi, mentre chiamava il medico. Ma dopo due visite, il medico quella sera stessa dovette ammettere che quel ragazzo che lui stesso aveva dato per spacciato, era veramente e senza alcuna spiegazione plausibile improvvisamente e completamente guarito!
La "spiegazione" la diede poi Stanislao al suo Padre Spirituale, il P. Giovanni Donius: gli parlò di una apparizione di Maria con Gesù Bambino che aveva avuto l'ultima notte della malattia. Raccontò a P. Donius che varie volte in passato aveva espresso alla Vergine il desiderio di vederla. E ora che la malattia sembrava essere fatale, era contento di poterla contemplare in Cielo. Ma la Vergine Maria gli fece comprendere che non era ancora venuta la sua ora, e gli apparve raggiante con il Bambino Gesù tra le braccia. Non solo, ma a un certo punto Maria porse a Stanislao il suo Bambino, che lo accolse stringendolo a sé. Infine Maria gli disse che voleva che lui entrasse nella Compagnia di Gesù.
La fuga e il viaggio a Roma
Terminati gli studi nel 1567, Stanislao volle concretizzare il suo proposito e chiese di essere ammesso nella Compagnia di Gesù. Il P.Provinciale gli disse che occorreva il permesso del padre, data la sua giovane età (17 anni). Ma Stanislao sapeva bene che le idee di suo padre nei suoi confronti erano altre, e prevedeva un netto rifiuto. Anzi, si rendeva conto che se solo avesse manifestato il suo proposito, senz'altro lo avrebbero ostacolato in ogni modo.
Così, ritenendo insuperabile l'opposizione della sua famiglia, decise di fuggire da Vienna, e a piedi si recò in Germania, prima ad Ausburg e poi a Dillingen, perché un gesuita portoghese, P. Francesco Antoni, gli suggerì di rivolgersi al tedesco P. Pietro Canisio, Provinciale della Germania settentrionale.
Certo non sarebbe stato un viaggio da poco: circa 600 chilometri... Stanislao si fece dare pure una lettera per il Generale dei gesuiti, P. Francesco Borgia, nel caso che avesse avuto un rifiuto anche dal P. Canisio. Così il 10 agosto, all'alba, disse al domestico Laurenz di non aspettarlo a pranzo perché aveva ricevuto un invito. Andò poi alla chiesa dei gesuiti partecipando alla Messa, e subito dopo iniziò la sua fuga da Vienna. Appena fuori città scambiò i suoi ricchi abiti con quelli di un mendicante, anche perché così sarebbe passato inosservato.
E la sera il fratello Paolo, non vedendolo rientrare, cominciò a preoccuparsi, ricordandosi anche di alcune frasi che Stanislao gli aveva detto recentemente, avvertendolo che se continuavano le vessazioni egli se ne sarebbe andato, e di questo egli sarebbe stato responsabile nei confronti del padre.
Quando poi venne trovata una lettera di Stanislao, in un vocabolario di latino, nella quale svelava i suoi progetti di fuga, Paolo e il precettore furono presi dal panico e alle prime luci dell'alba si lanciarono all'inseguimento del fuggitivo. Ma Stanislao era già lontano. Disse poi di aver visto la carrozza con suo fratello che lo cercava, ma dato il suo travestimento non era facile individuarlo, e del resto egli corse a nascondersi finché non vide tornare verso Vienna la carrozza del fratello, dopo il vano tentativo di riprenderlo...
Come Stanislao aveva previsto, non appena il padre fu informato della fuga di Stanislao, fu preso da ira per quanto era accaduto, e scrisse lettere minacciose ai gesuiti, a vescovi e cardinali dicendo che avrebbe fatto di tutto per far bandire i gesuiti dalla Polonia, e che quanto a suo figlio, lo avrebbe fatto ricondurre in patria ad ogni costo, anche legato mani e piedi.
Intanto Stanislao proseguiva la sua fuga, e dopo venti giorni giungeva a destinazione, e a Dillingen potè incontrare il P. Canisio. Questi, dopo aver conosciuto Stanislao e averlo trattenuto con sé per un periodo di tempo, ne rimase profondamente colpito e convinto della sua vocazione.
Anche da Vienna i gesuiti mandarono una lettera a Roma spiegando quando era avvenuto. Il P. Wolfgang Perringer così concludeva: "Crediamo però che tutto sia accaduto per consiglio di Dio, che così voleva liberare questo giovane. Certo egli ha mostrato una tale costanza che è apparso mosso non da ardore infantile ma da ispirazione celeste".
Così insieme a due compagni, Stanislao venne inviato a Roma, anche per allontanarlo dalle ire del padre. Attraversando a piedi le Alpi e gli Appennini, dopo un viaggio di circa 1.500 chilometri, giunse al noviziato romano. Portava con sé una lettera del P. Canisio che tra l'altro scriveva: "Stanislao, nobile polacco, giovane retto e pieno di zelo... Venuto a noi desideroso di sciogliere un antico voto... fu provato per un po' di tempo nel collegio dei convittori di Dillingen e si mostrò sempre esatto nel proprio dovere e saldo nella vocazione... grandi cose speriamo da lui."
La vita nel Noviziato della Compagnia di Gesù
Il 25 ottobre i tre pellegrini giunsero infine a Roma, e come si può ben capire le fatiche del lungo viaggio erano evidenti. Per tre giorni furono fatti riposare e furono affidati alle cure del novizio Stefano Augusti, che poi testimoniò di aver trovato Stanislao "vestito assai poveramente, e a causa del lungo viaggio e della giovane età arrivò tanto stanco che fu necessario aver particolare cura di lui perché si rimettesse in forze prima dell'ingresso in Noviziato".
A Roma Stanislao poté incontrarsi col superiore generale P.Francesco Borgia, che anche lui a suo tempo aveva rinunciato ad un'alta posizione sociale per seguire Ignazio di Loyola nella Compagnia di Gesù. Era stato infatti duca di Gandia, governatore della Catalogna e ministro dell'imperatore Carlo V.
Stanislao iniziò il noviziato il 28 ottobre 1567, insieme a 70 altri novizi, nella casa attigua alla chiesa del Gesù, ma dopo tre mesi il noviziato venne trasferito presso la chiesa di S. Andrea al Quirinale. Suo Maestro dei novizi fu prima il P. Alfonso Ruiz e poi P. Giulio Fazio.
Come già aveva dimostrato nella sua vita da studente, Stanislao manifestò anche in noviziato un'intelligenza perspicace e una decisa volontà. Si distingueva per la sua fede eucaristica, e mostrava una venerazione particolare per la Vergine Maria, che chiamava sempre: "La mia Madre". Durante il noviziato fece i voti religiosi di povertà, castità e obbedienza.
Come tutti i novizi Stanislao fece gli Esercizi Spirituali di un mese, ed ebbe come compagno Claudio Acquaviva, futuro Generale dei gesuiti, il quale per incarico del maestro dei novizi assisteva Stanislao esponendogli i vari punti di meditazione, tratti dal celebre metodo di Ignazio di Loyola: l'appello del Re eterno, la vita di Gesù come appare nei Vangeli, con i misteri della sua nascita, morte e risurrezione. Poi alla fine la "contemplazione per raggiungere l'Amore".
Lo stesso Acquaviva fu suo compagno negli umili lavori che si facevano svolgere ai novizi in cucina, compreso il trasporto della legna, e poté testimoniare come Stanislao svolgesse anche in quest'ambito i suoi compiti con esattezza, senza voler mai mettersi in mostra o strafare...
Ogni tanto si chiedeva ai novizi di illustrare ai compagni qualche argomento di carattere ascetico, e Stanislao parlò un giorno della figura del missionario. Già allora la Compagnia di Gesù aveva inviato per il mondo tanti dei suoi membri, tra cui il grande Francesco Saverio, che è stato proclamato poi Patrono delle Missioni. Ed ecco come Stanislao descrisse il "bagaglio" spirituale del missionario: "Ottime scarpe di mortificazione, un ampio mantello di amor di Dio e del prossimo, un cappello di pazienza a difesa delle avversità..." Tra quelli che lo ascoltavano c'era il futuro martire per la fede Rodolfo Acquaviva.
Arrivò un giorno a Stanislao una lettera minacciosa del padre, che lo qualificava come la vergogna della famiglia Kostka, ma Stanislao restava fermo nel suo proposito. Scrisse una lettera di risposta al padre, dicendogli che se avesse compreso quel che Dio gli aveva fatto, non avrebbe mai pensato a riportarlo in Polonia.
Nei primi giorni di agosto 1568 venne in noviziato Pietro Canisio, per tenere una conferenza spirituale, e in quest'occasione Stanislao confidò di essere convinto che quello era il suo ultimo mese di vita. E effettivamente il 10 agosto, festa di S.Lorenzo martire, si manifestarono i primi sintomi della malattia che lo avrebbe condotto precocemente alla morte.
Lo assalì una febbre molto alta, che aveva fasi alterne, probabilmente malaria, e fu trasferito nell'infermeria del noviziato. Accettò ogni sofferenza con serenità e fermezza dicendo: "Se così piace a Dio, che non mi alzi più da questo letto, sia fatta la sua volontà!".
Venne curato così come lo permetteva la medicina del tempo, e come medico ebbe anche il P. Agostino Marzino, che si era laureato a Padova prima di farsi gesuita. Intervenne un insperato miglioramento, che fece dire all'infermiere che "ci sarebbe voluto un miracolo per morire piuttosto che per guarire completamente".
Ma Stanislao ripeté a questo punto che quello era il suo ultimo giorno sulla terra... Difatti le sue condizioni peggiorarono rapidamente. Supplicò i compagni che lo stendessero per terra, e insistette tanto che dovettero accontentarlo e lo deposero con il suo pagliericcio sul pavimento.
A un certo punto gli occhi di Stanislao si illuminarono, e al maestro dei novizi, che si chinò su di lui, disse che aveva visto la Vergine Maria che veniva verso di lui per accoglierlo in Cielo. Poco dopo spirò. Erano le prime ore del 15 agosto 1568, festa dell'Assunzione di Maria.
Beatificazione e Canonizzazione
Molto presto si diffuse la fama di santità di Stanislao, e numerosi erano i romani che venivano alla tomba del giovane novizio polacco per chiedere la sua intercessione. Un suo compagno di noviziato, Stanislao Warszewicki, anch'egli polacco, espresse il suo dolore dicendo: "La Compagnia di Gesù ha perso una delle colonne nei paesi del nord Europa". Lo stesso Warszewicki, cui spesso Stanislao confidava il suo stato d'animo, ne scrisse poi una breve biografia, che è anche una testimonianza molto apprezzata.
Molti miracoli furono attribuiti all'intercessione di Stanislao, e crescendo il culto si moltiplicarono le biografie, in molte lingue, compreso il tamil e il cinese. Iniziò il fiorire di quadri, immagini e statue, in suo onore furono innalzate molte chiese e col suo nome battezzati un gran numero di bambini. Un culto popolare che si estese oltre ogni aspettativa.
La beatificazione di Stanislao fu decretata dal papa Clemente VIII, nel 1604. Fu poi proclamato Santo da papa Benedetto XIII nel 1726, mentre rapidamente il culto nei suoi confronti cresceva nella Chiesa Universale.
Il corpo di S.Stanislao era stato sepolto nella chiesa da poco costruita accanto al noviziato, S. Andrea al Quirinale, che poi venne riedificata su disegno di Giovanni Lorenzo Benini. Ma nel 1788 il corpo di S. Stanislao fu portato prima a Gratz, in Austria, poi a Vienna e per un certo periodo anche ad Agran, in Ungheria. Nel 1804 venne riportato definitivamente a Roma, sempre a S.Andrea al Quirinale. L'altare di S. Stanislao si trova in una cappella a sinistra dell'altare maggiore, dove è posto un grande quadro di Carlo Maratta, che raffigura la Madonna con Gesù Bambino, come apparve a S.Stanislao durante il suo soggiorno viennese.
(Autore: Padre Giovanni Martinetti - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Stanislao Kostka, pregate per noi.
*Santi Stratone, Filippo ed Eutichiano - Martiri (15 Agosto)
Martirologio Romano: A Nicomedia in Bitinia, nell’odierna Turchia, Santi Stratone, Filippo ed Eutichiano, martiri.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Stratone, Filippo ed Eutichiano, pregate per noi.
*San Tarsicio (o Tarcisio) di Roma - Martire (15 Agosto)
Nel giorno della solennità dell'Assunzione della Beata Vergine Maria, la Chiesa ricorda Tarcisio (o Tarsicio). Subì il martirio da adolescente mentre portava l'Eucaristia ai cristiani in carcere. Scoperto, strinse al petto il Corpo di Gesù, per non farlo cadere in mani profane, ma venne ucciso.
Il Martirologio romano ne fissa la morte il 15 agosto del 257 d.C. Il corpo venne sepolto insieme a papa Stefano sulla via Appia.
Nel 767 Papa Paolo I fece traslare le spoglie nella basilica di san Silvestro in Capite insieme ad altri martiri. San Tarcisio acquistò di nuovo fama nell'Ottocento, in seguito alla pubblicazione del romanzo «Fabiola» del cardinale Wiseman, interessato alla figura del coraggioso e giovane santo.
In molte chiese di Roma è possibile trovare quadri, statue, pale d'altare che lo raffigurano. (Avvenire)
Patronato: Chierichetti, Aspiranti minori Gioventù Italiana Azione Cattolica
Etimologia: Tarcisio = proveniente da Tarso (città della Cilicia)
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Roma nel cimitero di Callisto sulla via Appia, commemorazione di san Tarcisio, martire: per difendere la santissima Eucaristia di Cristo che una folla inferocita di pagani tentava di profanare, preferì essere lapidato a morte piuttosto che lasciare le sacre specie ai cani.
E’ il protomartire dell’Eucaristia, accolito della Chiesa di Roma, fu martirizzato in giovane età mentre portava le Sacre Specie ai cristiani in carcere per la comunione, scoperto, strinse al petto l’Eucaristia, per non farla cadere in mani profane, ma non riuscendo a strappargliela, fu ucciso dai carnefici esasperati e feroci come cani rabbiosi.
Queste notizie si rilevano dall’unica fonte storica esistente, cioè l’epigrafe posta da Papa Damaso sul suo sepolcro, riprese successivamente da altri studiosi e inserite nel ‘Martirologio Romano’ fissando la sua morte al 15 agosto del 257 d.C.
Il suo corpo fu dapprima sepolto insieme a papa Stefano nel Cimiterio Callisti sulla via Appia; secondo altri autori esso fu trasferito nella cosiddetta Cella Tricora in un sarcofago insieme a papa Zefirino.
Nel 767 Papa Paolo I lo portò nella basilica di San Silvestro in Capite insieme ad altri corpi di martiri; Anche qui ebbe alcune traslazioni in cui l’ultima è del 1596 ove le reliquie furono poste sotto l’altare maggiore.
Il culto a San Tarsicio riprese maggior vigore nell’800 in seguito alla pubblicazione del romanzo Fabiola di Wiseman (Londra, 1855) che rese attraente la figura del coraggioso adolescente.
A Roma nel 1939 gli venne dedicata una chiesa al IV miglio, opera dell’architetto Rossi.
Una sua statua, scolpita da A. Falguière, è conservata al Louvre di Parigi.
In molte chiese di Roma vi sono quadri, statue, pale d’altare che lo raffigurano, infine una bella statua si trova nella chiesa di San Lorenzo in Faenza.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Tarsicio di Roma, pregate per noi.
*Beato Vicente Soler - Agostiniano Recolletto, Martire (15 Agosto)
Malón (Saragozza), 4 aprile 1867 – Motril (Granada), 15 agosto 1936
Martirologio Romano: Nel villaggio di Motril presso Granada sulla costa spagnola, beato Vincenzo Soler, sacerdote dell’Ordine dgli Agostiniani Recolletti e martire, che fu condannato a morte nella stessa persecuzione insieme ad altri compagni di prigionia da lui piamente preparati alla morte e trionfò in Cristo, fucilato davanti al muro del cimitero.
E' il capogruppo dei sette Agostiniani Recolletti che subirono il martirio il 25-26 luglio e il 15 agosto 1936, durante la sanguinosa Guerra Civile Spagnola (1936-39) e che Papa Giovanni Paolo II ha proclamati Beati il 7 marzo 1999, insieme ad un sacerdote diocesano ucciso con loro. (Vedasi scheda Beati Martiri Agostiniani Recolletti).
Padre Vicente (Vincenzo) Soler nacque il 4 aprile 1867 a Malón (Saragozza); studiò per tre anni nel Seminario di Tarragona e deciso di entrare fra gli Agostiniani Recolletti, (ramo degli Agostiniani istituito nel 1588 a Toledo, Ordine con autonomia propria dal 1911), frequentò il loro Noviziato di Monteagudo, dove il 15 maggio 1883 emise i voti religiosi.
Ancora diacono fu destinato a Manila, capitale delle Filippine, dove fu ordinato sacerdote il 31 maggio 1890; per nove mesi fu presso il venerato santuario mariano di Antipoli dedicandosi allo studio del ‘tagalog’.
Nel marzo 1891 fu assegnato all’isola di Mindoro, che era in pieno sviluppo missionario e sociale, qui stette per sette anni reggendo la missione di Mamburao situata in un arenile, rifugio di malviventi.
Padre Vicente Soler fece costruire la chiesa in muratura con il tetto in ferro e una casa per il curato in legno; visse isolato dal mondo in questo poco più di un isolotto, andando per i boschi selvatici, per i monti scoscesi ed aspri a cercare gli abitanti per lo più rifugiati in grotte, per condurli alla vita civile del villaggio comunitario e alle sue regole e con l’unico fine di condurli a Dio.
A metà febbraio 1898 fu trasferito nella parrocchia di Taysan nella provincia di Batangas, bene strutturata e con fedeli di antica conversione, ma un paio di mesi dopo, la locale popolazione si unì alla lotta indipendentista filippina contro la Spagna, costringendolo a rifugiarsi in un’altra parrocchia e il 30 luglio 1898 cadde prigioniero dei patrioti insieme ad altri nove frati agostiniani recolletti.
Seguirono 10 mesi di continui trasferimenti da un’isola all’altra, da un villaggio all’altro, finché venne liberato per l’intervento dei nordamericani il 27 febbraio 1900 e trasferito a Manila; aveva subito maltrattamenti, minacce di morte, torture, lasciato solo nel bosco alla furia degli animali feroci e anche in balia delle onde del mare.
Ma dove potevano, gli abitanti ed i fedeli cattolici lo consolavano della sua solitudine, fornendo qualche alimento, a volte riceveva anche la comprensione di alcuni capi dei ribelli, che gli permisero di mettersi in contatto con i suoi superiori e con la madre lontana.
Nella capitale Manila risiedette per sei anni, dedito al ministero sacerdotale e rivestendo anche la carica di Priore della Casa madre della Provincia filippina.
Nel novembre 1906 ritornò in Spagna dove dopo vari incarichi di apostolato in Navarra e Granada, nel 1909 fu trasferito al convento di Motril (Granada) dove fu priore.
La comunità di Motril era fra le più affermate dell’Ordine Agostiniano Recolletto e sotto la sua guida, tutte le attività ruotanti attorno al convento ed alla chiesa annessa, ebbero un impulso eccezionale, come l’Ordine Terziario, la Confraternita della Consolazione, i “tallers di s. Rita”, il sindacato agricolo, il circolo cattolico.
Fece ristrutturare il convento e restaurare la chiesa; predicatore efficace e confessore instancabile, dispose che i padri uscissero a predicare fra le parrocchie della diocesi; fu uno storico della Provincia agostiniana, pubblicando vari saggi.
Fu Priore Provinciale dal 1915 al 1918 e dal 1924 al 1926, durante questo periodo, nel 1925, accettò la prelatura brasiliana di Marajó; ancora nel 1926 fu eletto Priore Generale dell’Ordine Agostiniano Recolletto, a cui poi rinunciò dopo sette mesi, continuando la sua vita di religioso quale esempio costante per i confratelli di Motril.
Quando nel luglio 1936 scoppiò più cruenta la Guerra Civile, anche lui visse l’angoscia di quei giorni di pericolo per tutti, ma soprattutto per i religiosi, le suore, i sacerdoti diocesani; quando all’alba del 25 luglio i miliziani rossi assaltarono il convento, trascinando fuori i religiosi per poi ammazzarli lungo le strade, padre Vicente Soler riuscì ad eludere la loro vigilanza e si rifugiò in casa di due fedeli signorine Caridad e Felisa García, dove rimase nascosto fino al 29 luglio, quando tradito da un giovane più volte aiutato, fu scoperto e rinchiuso in carcere.
In questo luogo di restrizione e sofferenza, poté espletare il suo ministero sacerdotale, confortando gli altri detenuti, molti della fazione politica avversa ai rivoltosi e altri perseguitati come lui per la fede cattolica.
Gli riuscì persino di convertire il socialista Juan Antúnez, in carcere per divergenze di carattere politico. Il 15 agosto 1936 padre Soler insieme ad altri 18 detenuti, fu trasportato presso le mura del cimitero di Motril e lì ad uno alla volta vennero fucilati dai miliziani socialcomunisti e anarchici; padre Soler benediceva e dava l’assoluzione ad ognuno dei primi nove condannati, essendo lui il decimo, ma anche al giovane d’Azione Cattolica Francisco Burgos che veniva dopo di lui.
Questo giovane, benché colpito da tre proiettili riuscì miracolosamente a sopravvivere e diventerà il testimone diretto del martirio.
Padre Vicente Soler, in carcere aveva già tentato di salvare un detenuto padre di otto figli, Manuel Pérez Reina, facendosi passare per lui quando fu chiamato per l’esecuzione nei giorni precedenti, ma il miliziano preposto si accorse che il suo nome era già inserito nella successiva lista e quindi rifiutò.
Questo vigoroso religioso aragonese, che aveva superato pericoli di ogni genere in terra di missione, finì la sua vita come martire della fede, proprio nella sua patria e per mano di fratelli spagnoli.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Vicente Soler, pregate per noi.