Ora del Mondo 2010-2019
"Maggio 2010" L'Ora del Mondo
Presiede: il Cardinale Joseph Agostino Vallini - Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma
Maggio, mese della Supplica, "L'Ora del Mondo"
"O Augusta Regina delle Vittorie…"
L'8 maggio torna l'appuntamento con la Supplica, la preghiera composta dal Beato Bartolo Longo nel 1883. Sono decine di migliaia i fedeli che ogni anno, in questo giorno e nella prima domenica di ottobre, in cui si recita la solenne preghiera, si ritrovano a Pompei, sul sagrato della Basilica mariana, per invocare grazie e protezione, in un crescendo di espressioni ardenti d’amore e di implorazione.
Era il 14 ottobre del 1883, quando, per la prima volta, un coro di ventimila pellegrini recitò la Supplica, definita, poi, "Ora del Mondo", nata dal cuore del Beato come adesione all’invito di Papa Leone XIII ai cattolici, nella sua prima Enciclica sul Rosario, per un impegno spirituale volto a fronteggiare i mali della società.
Il 1° settembre di quell’anno, Leone XIII pubblicava, infatti, l’enciclica "Supremi apostolatus officio", con la quale indicava nella preghiera del Rosario uno strumento sicuro per il conseguimento del bene spirituale della società e della Chiesa, travagliata da "gravi calamità".
Al Longo, in quel tempo impegnato ad erigere il tempio alla Vergine del Rosario e a diffonderne la devozione nel mondo, sembrò che la parola del Papa costituisse una sorte d’imprimatur a tutta la sua attività.
Preoccupazioni ed esortazioni espresse nell’enciclica di Leone XIII e riflessioni personali del Beato trovarono, così, espressione nella "Supplica alla potente Regina del SS. Rosario", che fu recitata la prima volta nel giorno della festa di ottobre, celebrata il 14 di quel mese.
Il testo della "Supplica" ha avuto nel tempo vari ritocchi, prima della formula attuale.
L’8 maggio del 1915 la preghiera fece il suo ingresso in Vaticano: alle 12 di quel giorno, Benedetto XV, entusiasta estimatore del Fondatore e dell’Opera pompeiana, e i dignitari vaticani la recitarono nella cappella Paolina. Tradizione che continuò con i Pontefici successivi.
Come il 7 ottobre del 2003, quando Giovanni Paolo II, nella sua seconda visita a Pompei, avvenuta a conclusione dell’Anno del Rosario, ha recitato la Supplica assieme alle migliaia di fedeli giunti nella città mariana in quella solenne giornata e come Benedetto XVI il 19 ottobre del 2008, in occasione della sua visita a Pompei.
La Supplica è la preghiera più famosa al mondo, tra tutte quelle che sono state composte da Italiani negli ultimi secoli. È stata tradotta in decine di lingue, dall’inglese al russo, dall’armeno al cinese, dall’indù al russo, dal maltese al tamil, etc. Lo stesso Bartolo Longo la fece tradurre in moltissime lingue e inviare in tutto il mondo.
È così profonda la risonanza che la Supplica suscita nell’anima, che centinaia di migliaia di persone, nei due appuntamenti annuali in cui viene recitata solennemente, si recano a Pompei, dove raccolgono davanti alla facciata del Santuario per partecipare alla Santa Messa e alla recita della Supplica, allo scoccare delle 12.
Non importa se il viaggio affrontato è stato lungo, le ore di preghiera in piedi tante e il sole cocente. Tutti attendono l’Ora del Mondo, l’ora della Supplica, e in quel momento, pur provenendo da parti diverse d’Italia e del mondo, ognuno si sente in sintonia con l’altro per rivolgere il cuore a Lei, alla Madre che dall’alto ci ama e ci assiste e alla quale rivolgiamo le nostre richieste di amore e di protezione.
Pregare la Madonna di Pompei significa esprimere la propria identità di figli che si rivolgono a Lei, la Madre, che Gesù ci ha dato in dono, dall’alto della Croce, come ricorda anche il testo della Supplica. Una figliolanza che ci fa intimi, familiari con Lei e con Dio. Per questo, il realtà, ognuno può sentirsene compositore in quanto la Supplica racchiude tutti i dolori e le speranze della famiglia umana.
Il Longo, con essa, ha dato voce all’amore che dalla terra si leva verso il cielo.
Durante il rito, si prega per la Pace, tema molto caro al fondatore Bartolo Longo, per lo sviluppo dei popoli, per il superamento delle ingiustizie sociali, per la famiglia. Viene sempre ricordata la vita e la straordinaria opera compiuta dal beato per Pompei e per la rinascita, e vengono illustrati i progressi delle opere sociali, eredità del Longo, che oggi il Santuario porta avanti grazie a chi opera al suo interno e grazie alla generosità dei fedeli che contribuiscono a mantenerle in vita.
Quest’anno la Celebrazione Eucaristica e la Supplica sono state presiedute dal Card. Agostino Vallini, Vicario Generale di Sua Santità per la diocesi di Roma, Presidente dell’Opera Romana Pellegrinaggi.
(Autore: Marida D'Amora)
*8 maggio, la Supplica a Pompei
"Ci siamo fatti tutti pellegrini in questo amato Santuario della Madonna di Pompei, in questo giorno solennissimo, per ascoltare la Parola del Signore, Parola che ci aiuti ad avere fiducia, speranza, che ci metta nel cuore il desiderio di diventare migliori e di portare nelle nostre case e al lavoro, la forza della testimonianza della fede cristiana".
Lo ha detto nell’omelia il Cardinale Agostino Vallini, Vicario Generale di Papa Benedetto XVI per la Diocesi di Roma, durante la celebrazione eucaristica che ha preceduto la recita della Supplica alla Vergine di Pompei. Migliaia i pellegrini, provenienti da ogni parte del mondo, che si sono radunati sul sagrato della basilica mariana, l’8 maggio, per partecipare alla Santa Messa e recitare insieme la preghiera composta dal Beato Bartolo Longo nel 1883. L’Ora del Mondo ha visto così nuovamente "esplodere" a Pompei l’amore di tantissimi fedeli per la Vergine del Rosario.
Nel suo affettuoso saluto, l’Arcivescovo della città mariana, Mons. Carlo Liberati, ha ricordato il legame che il Cardinale Vallini ha con la Vergine di Pompei e con la Campania, terra difficile, ma piena di speranza.
Ripercorrendo gli anni che il Cardinale Vallini ha trascorso a Napoli, come Rettore del Seminario Maggiore e come Vescovo Ausiliare del Capoluogo partenopeo, lo ha ringraziato per aver "aderito a questo felice momento per salutare la Madre di Gesù e di tutta la Chiesa e parlare di Lei, ringraziandoLa insieme con Pompei e la sua Chiesa e milioni e milioni di fratelli di tutto il mondo, che recitano il Santo Rosario ogni giorno".
Il Cardinale Vallini ha tracciato la figura di Maria, "colei che ha accolto la Parola, l’ha conservata nel cuore e ha messo in pratica quello che Dio, che si è fatto Parola, le chiedeva".
Sottolineando, poi, come Pompei sia città di pace e di carità, ha continuato invitando tutti a farsi, come Maria, umili ascoltatori della Parola, perché "senza la forza di Dio, senza lo Spirito Santo, non siamo capaci di essere al di là degli impegni, di quello che ci piace, di essere uomini e donne capaci di trasmettere l’amore con un cuore grande come quello di Bartolo Longo, come quello di Pompei, città dove, attraverso Maria, schiere di uomini e donne hanno incontrato Cristo e ricevuto lo Spirito Santi".
Infine, un messaggio di speranza e un invito alla preghiera, via efficace per sentirsi diversi, più coraggiosi, più sereni.
Nell’accomiatarsi, il Cardinale ha esortato tutti a pregare per i giovani, i quali vanno sostenuti e incoraggiati, e per i quali dobbiamo operarci affinché possano trovare una strada aperta al futuro.
(Autore: Marida D’Amora)
"Ottobre 2010" L'Ora del Mondo
Presiede il Cardinale Giovanni Battista Re -Prefetto emerito della Congregazione per i Vescovi e Presidente emerito della Pontificia Commissione per l’America Latina
(Comunicato Stampa) Con la Supplica alla Madonna inizia a Pompei il Mese del Rosario
Domenica 3 ottobre, nella città mariana il sacro rito che si ripete da 127 anni
Sarà il Cardinale Giovanni Battista Re, Prefetto Emerito della Congregazione per i Vescovi, a presiedere, domenica 3 ottobre, la santa Messa e la recita della Supplica alla Vergine di Pompei, che daranno il via al mese dedicato al Rosario.
Il Cardinale Re torna, dunque, per la seconda volta nella città mariana per presiedere il sacro rito. Nel maggio 1996 fu, infatti, proprio lui ad accogliere, nel giorno della Supplica, le migliaia di fedeli che, come ogni prima domenica di ottobre e ogni 8 maggio, attraverso la preghiera scritta nel 1883 dal fondatore del Santuario, il Beato Bartolo Longo, si affidano a Maria, Regina delle Vittorie.
Nato a Borno (BS), il 30 gennaio 1934, Giovanni Battista Re è stato ordinato sacerdote nel 1957. Dopo aver frequentato la Pontificia Università Gregoriana e conseguito la laurea in Diritto Canonico è stato docente nel Seminario di Brescia esercitando, contemporaneamente, il ministero pastorale in una parrocchia della periferia bresciana. Destinato, nel 1963, come Addetto alla Nunziatura Apostolica in Panama, nel 1967 è stato trasferito alla Rappresentanza Pontificia in Iran, dove è
rimasto fino al 1971, quando è stato chiamato alla Segreteria di Stato. Nel 1987 è stato promosso Segretario della Congregazione per i Vescovi e ha ricevuto l’ordinazione episcopale.
Il 16 settembre 2000 è stato nominato Prefetto della Congregazione per i Vescovi e Presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina. Creato Cardinale da Giovanni Paolo II nel Concistoro del 21 febbraio 2001, attualmente è Prefetto emerito della Congregazione per i Vescovi. La celebrazione della santa Messa (ore 10.30) e della Supplica (ore 12.00), come ogni anno, si svolgerà sul sagrato della Basilica, davanti alla Facciata dedicata alla Pace Universale e sarà preceduta dal saluto dell'Arcivescovo - Prelato, Mons. Carlo Liberati.
Il sacro rito sarà trasmesso in diretta televisiva da Napoli-Canale 21 e Tele Radio San Pietro (piattaforma SKY canale 886). L'impegno di Napoli Canale 21, voluto dal compianto fondatore Andrea Torino, oltre a confermare l’attenzione della storica emittente ai grandi eventi religiosi della Campania, permetterà a quanti non saranno presenti a Pompei di partecipare spiritualmente a questa grande preghiera corale per la pace, la giustizia e la solidarietà.
Nel corso del mese di ottobre sono previsti numerosi appuntamenti. Martedì 5, per la festa di Bartolo Longo: al mattino, sante Messe per gli studenti e, alla sera, dopo la solenne concelebrazione presieduta dal Mons. Liberati, la processione con l’Urna del Beato. Tutti i giorni feriali, alle 6.30 il “Buongiorno a Maria”.
Il Card. Giovanni Battista Re presiede la Supplica alla Madonna di Pompei
Sabato 3 ottobre 2010, a Pompei, svariate migliaia di fedeli, provenienti da tutta Italia e dall’estero, hanno partecipato alla solenne recita della Supplica alla Vergine del Rosario, presieduta da Sua Eminenza Reverendissima Il Sig. Card. Giovanni Battista Re Prefetto emerito della Congregazione per i Vescovi e Presidente emerito della Pontificia Commissione per l’America Latina
Saluto iniziale di S.E. Mons. Carlo Liberati
Eminenza Reverendissima e a me sempre cara, sono molto lieto di accoglierLa in questo Santuario della B. V. Maria del S. Rosario di Pompei dove già Vostra Eminenza nel maggio del 1996 ringraziò la SS. ma Vergine, Madre di Gesù e nostra per questa tenerissima e sicura protezione sopra di noi e per tutta la Chiesa. Eminenza, il Suo ritorno, per noi tanto desiderato, ci riconduce alla Sua dedizione ed esemplarità sacerdotale, di uomo di Dio totalmente donato alla Comunità della Chiesa universale e a quelle particolari dove l’obbedienza d’amore l’ha chiamato a mettere in pratica il ministero.
Sono da ricordare le tappe di questo singolare e prezioso servizio alla Chiesa: prima nella Sua diocesi di Brescia e poi nelle Nunziature di Panama, Iran, la Segreteria di Stato, la collaborazione intensa con ben cinque Pontefici. La Sua nomina di Assessore alla stessa Segreteria il 12 dicembre 1979 fino alla Sua promozione a Segretario della Congregazione per i Vescovi il 9 ottobre 1987, Segretario del Collegio Cardinalizio, Sostituto della stessa Segreteria di Stato, Le hanno permesso di acquisire una vastissima conoscenza della vita della Chiesa e di tutte le problematiche del mondo contemporaneo.
Nominato, il 16 settembre 2000, Prefetto della Congregazione per i Vescovi e Presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina, Lei ha presieduto la X Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (ottobre 2001) e la V Conferenza Generale dell’Episcopato Latino-americano (maggio 2007). Desidero ricordare ai presenti che il 19 luglio 1998, Papa Giovanni Paolo II, rivolgendosi ai concittadini del paese bresciano dove Lei è nato, Borno, ebbe a chiamarlo: “mio stretto, carissimo e fedelissimo Collaboratore”. Ora Vostra Eminenza è Cardinale della Chiesa universale dal 21 febbraio 2001, dopo aver coadiuvato i Sommi Pontefici per un decennio, nella scelta dei Vescovi per tutta la Chiesa cattolica sparsa nel mondo. Quanti delicati e preziosi consigli e servizi dovrà offrire, data la Sua esperienza, a tutta la Chiesa per molti anni ancora!
Grazie di cuore e di tutto, Eminenza. Vorrei che, tornando a Roma, assicurasse il Santo Padre del nostro intenso impegno per il presente e per il futuro di questo Santuario, del suo significato nel mondo intero, e per il bene di questa Città nata dal Santuario e cresciuta intorno alla Basilica e alle sue Opere di Carità.
Restiamo profondamente grati al Santo Padre Benedetto XVI per la sua provvidenziale e ambitissima Visita del 19 ottobre 2008 e, sia pure nell’indifferenza e nell’opposizione delle passate Autorità Regionali e non solo e che abbiamo superata, siamo coraggiosamente incamminati verso il futuro. Ci interessa progettare il domani, seminare il bene. Il frutto, prima o poi, lo si vedrà. Noi, perché cristiani, siamo ottimisti.
A) Se la Basilica si è deteriorata con il tempo che tutto consuma, noi con l’aiuto di Dio e la protezione della Vergine SS. ma, la stiamo restaurando.
B) Abbiamo istituito da anni, una “Comunità Incontro” con il metodo terapeutico di Pierino Gelmini per il recupero dei tossicodipendenti e degli alcolisti.
C) È stata totalmente ricostruita la “Casa di Soggiorno” per Signore sole, anziane, spesso abbandonate e bisognose di ogni assistenza.
D) La settimana scorsa abbiamo inaugurato un Ambulatorio ginecologico con gli studi medici, materno-infantile e pediatrico, e gli sportelli informativi per: ragazze madri, ragazze incinte senza che si sappia il padre, mamme felicemente sposate in attesa, bisognose di consulenze ginecologiche, peritali, di analisi specialistiche, di conforto, di confronto, spose con il rischio di separazioni, divisioni, divorzi. Tutto fatto per amore. I nostri sono tutti specialisti che hanno firmato l’obiezione di coscienza contro l’aborto e tutti gli altri tentativi di umiliare o distruggere la vita. Ne siamo felici e ringraziamo di cuore tutti i medici, gli specialisti, gli psicologi, i neurologi, gli internisti, infermieri e tutti i volontari del servizio gioioso e paziente.
E) Resistiamo strenuamente sul fronte della Scuola cattolica paritaria con circa 920 Alunni, dagli Asili d’infanzia ai Licei più attuali. Finora combattiamo la battaglia per l’educazione e la costruzione della Famiglia: ci riusciremo?
Eminenza, dica al Santo Padre che il suo umile Delegato inviato a Pompei il 24 gennaio 2004 finora riesce a galleggiare tra i flutti e i marosi quotidiani di un mare minaccioso.
Gli dica che una legge, fatta da incompetenti e insensibili, la N. 149 del 28 marzo del 2001, ha gettato sulle nostre strade tra i 35.000 e 40.000 bambini secondo recenti statistiche. Sono totalmente abbandonati. Sarebbe oltremodo triste ora, indicare la loro infelicissima e sicura morte prima del 18mo anno di età: sembra non interessi a nessuno. Qui in un secolo sono cresciuti, educati, maturati circa 100.000 tra bambini e bambine.
Ora possiamo accogliere solo 200/300 bimbi e bimbe: vitto, vestito, scuola, tenerezze etc. Ma cos’è questo poco di fronte alle diecine di migliaia di predestinati alla morte per incuria? E poi non possiamo tenerli: li inghiotte la notte e ogni infelicità! Beato Bartolo Longo, assistici, converti i cuori dei legislatori incoscienti! Noi non molleremo! Ti saremo fedeli!
Omelia del Cardinale Giovanni Battista Re; Santuario della Madonna del Rosario Pompei, 3 ottobre 2010
Il Rosario, una preghiera facile e bella
In questa prima domenica di ottobre, mese dedicato al Rosario, è una grande gioia per me essere qui, pellegrino fra i pellegrini, davanti a questo splendido santuario, voluto dal beato Bartolo Longo come santuario del Rosario e che ora è diventato un centro internazionale del Rosario.
Al termine di questa celebrazione eucaristica, eleveremo insieme la tradizionale Supplica, una corale preghiera alla Madonna per invocare la sua materna protezione e per presentare a Dio, mediante la Beata Vergine Maria, i desideri profondi del nostro cuore e per trovare la forza necessaria per adempiere i nostri doveri e le nostre responsabilità.
La ricorrenza odierna ci invita a riflettere sul Rosario, una preghiera facile e bella che ha accompagnato generazioni e generazioni di cristiani; preghiera profondamente amata dai santi e vivamente incoraggiata dai Papi. È una preghiera semplice, ma efficace e ricca di contenuti biblici e teologici.
Questa preghiera non ha perso nulla del suo valore tra i ritmi della nostra società tecnologica. Anche nel terzo millennio rimane una preghiera di grande significato, destinata a portare frutti di spiritualità. Se è vero che, tra le preghiere, il primo posto va alla Liturgia, fonte e culmine della vita ecclesiale, non è meno vero che, tra le devozioni del popolo di Dio, al Rosario spetta un posto d’onore.
Esso è «catena dolce che ci rannoda a Dio», secondo la bella espressione del beato Bartolo Longo, «vincolo di amore che ci unisce agli angeli», «torre di salvezza» e «porto sicuro», perché ci affida all’intercessione potente di Maria e ottiene la grazia che ci salva.
La storia del Rosario mostra che la Chiesa, nei momenti difficili, ha fatto ricorso a questa preghiera, che possiede una forza particolare, per ottenere l’aiuto di Dio mediante l’intercessione della Madonna.
È preghiera che alimenta la nostra spiritualità e ci fa crescere come cristiani, perché, mediante Maria, porta a una conoscenza più profonda dei misteri di Cristo. Il Rosario, infatti, ci guida al cuore della vita cristiana e ci aiuta a contemplare e ad approfondire il mistero di Cristo e il posto della Beata Vergine Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa.
Il Rosario, con i suoi venti misteri, esprime la fede della Chiesa senza giri di parole e senza porre falsi problemi, e aiuta ad avere fiducia in Dio e ad abbandonarsi a lui.
Apparendo a Lourdes e a Fatima, la Madonna si è presentata con il Rosario in mano e ha raccomandato la recita del Rosario.
Papa Giovanni Paolo II, che è venuto due volte a pregare presso questo santuario durante il suo pontificato, confidò che fin dagli anni giovanili la preghiera del Rosario ha avuto un posto importante nella sua vita. Nella lettera apostolica sul Rosario, in occasione dell’anno del Rosario, Rosarium Virginis Mariae (del 16 ottobre 2002), il compianto Papa afferma: «Il Rosario mi ha accompagnato nei momenti della gioia e in quelli della prova. A esso ho consegnato tante preoccupazioni, in esso ho trovato sempre conforto» (n. 2).
Egli soleva dire che recitare il Rosario era «pregare con Maria e alla scuola di Maria».
E diceva ancora: «Il Rosario, pur caratterizzato dalla sua fisionomia mariana, è preghiera dal cuore cristologico. Nella sobrietà dei suoi elementi concentra in sé la profondità dell’intero messaggio evangelico, di cui è quasi un compendio. In esso riecheggia la preghiera di Maria, il suo perenne Magnificat per l’opera dell’Incarnazione redentrice iniziata nel suo grembo verginale. Con esso il popolo cristiano si mette alla scuola di Maria, per lasciarsi introdurre alla contemplazione della bellezza del volto di Cristo e all’esperienza della profondità del suo amore. Mediante il Rosario il credente attinge abbondanza di grazia, quasi ricevendola dalle mani stesse della Madre del Redentore» (Rosarium Virginis Mariae, n. 1).
Padre Pio da Pietrelcina confidò a un suo figlio spirituale che, attraverso la recita del Rosario, la Madonna non gli aveva mai negato le grazie domandate (Giovanni Bardazzi, Un discepolo di Padre Pio, Prato 2003, p. 92). E quando, negli ultimi giorni della sua vita, fu chiesto a Padre Pio: «Che cosa ci lascia in eredità?», egli rispose: «Vi lascio il Rosario».
La storia è piena di testimonianze che ci mostrano come questa preghiera ha accompagnato sia gente comune sia personaggi e artisti famosi.
Nella parte mediana del grande affresco del Giudizio universale della Cappella Sistina, dipinto da Michelangelo tra il 1536 e il 1541, spicca un particolare: uno dei risorti porge con la mano sinistra la corona del Rosario a un uomo e a una donna per aiutarli a salire in Paradiso aggrappandosi ad essa.
Con questa sobria raffigurazione pittorica, che nel capolavoro michelangiolesco è un piccolo particolare, l’artista ha espresso la convinzione che il Rosario è una preghiera importante per ottenere la salvezza eterna.
Nella casa di Alessandro Manzoni a Milano, in via del Morone n. 1, appesa in capo al letto si vede ancora oggi la sua corona: la recitava abitualmente. Nel suo romanzo I promessi sposi, Lucia, nel momento più drammatico della sua vita, tira fuori di tasca la corona e recita il Rosario (capitolo 21), e mentre lo sgrana sente spuntare e crescere nel cuore una fiducia indeterminata e una improvvisa speranza.
Il Rosario, guida al cuore della cristianità
“Presente alla Supplica tra i numerosi fedeli anche il comitato delle donne anti-scarica”
“Pompei e la sua Chiesa sono coraggiosamente incamminate verso il futuro, a noi interessa progettare il domani, seminare il bene. Il frutto prima o poi si vedrà”.
La riflessione di Mons. Carlo Liberati, Arcivescovo Prelato e Delegato Pontificio di Pompei, durante la celebrazione della Supplica alla Madonna del Rosario, del 3 ottobre 2010 è stata seguita da una folla di fedeli che ha pregato in un clima carico di forte emozione.
Presiede il Cardinale Angelo Sodano - Segretario di Stato Emerito e Decano del Collegio Cardinalizio
Domenica 8 maggio, a Pompei, svariate migliaia di fedeli, provenienti da tutta Italia e dall’estero, hanno partecipato alla solenne recita della Supplica alla Vergine del Rosario, presieduta da S. E. Rev. ma il Signor Cardinale Angelo Sodano, Segretario di Stato Emerito e Decano del Collegio Cardinalizio.
Grande attesa a Pompei per la Supplica alla Madonna del Rosario, in programma domenica prossima, 8 maggio 2011.
In preparazione al grande evento, che vedrà la partecipazione di diverse migliaia di fedeli provenienti da tutta Italia e dall’estero, venerdì 6 maggio, alle ore 18.00, in occasione del 72° anniversario della Dedicazione della Basilica, ci sarà la discesa del Quadro, con la recita del santo Rosario. Sabato 7 maggio, alle 20.00, inizierà, invece, la veglia di preghiera che accompagnerà i pellegrini fino alle ore 24.00, quando comincerà la solenne Concelebrazione Eucaristica, presieduta dall’Arcivescovo, Mons. Carlo Liberati.
Domenica 8, la santa Messa, che inizierà alle 10.45 e la recita della Supplica, alle 12.00, saranno presiedute dal Cardinale Angelo Sodano, Segretario di Stato Emerito e Decano del Collegio Cardinalizio, che concelebrerà assieme all’Arcivescovo di Pompei, Mons. Carlo Liberati.
Il rito della Supplica si svolgerà, come ogni anno, sul sagrato della Basilica e sarà trasmesso in diretta televisiva, a partire dalle 10.45, da Napoli Canale 21.
L’Assistenza sanitaria sarà garantita dalle associazioni “San Giuseppe Moscati”, CISOM, UNITALSI, Croce Rossa, Croce del Sud, per l’intero arco della giornata.
Il personale del Santuario, responsabile dell’accoglienza, è coadiuvato dalle Associazioni di Volontariato: Ospitalità di Pompei e Associazione Carabinieri.
Infine, l’Associazione Pompei Tourist Tutors accoglierà e assisterà i pellegrini in stretto contatto con il Rettorato.
Arrivo dei tanti fedeli nel giorno della Supplica
Migliaia di fedeli provenienti da ogni parte d’Italia e dell’Estero hanno preso parte, domenica 8 maggio, al tradizionale appuntamento con la Supplica alla Madonna del Rosario. A presiedere il rito solenne, concelebrato dall’Arcivescovo Prelato di Pompei, Mons. Carlo Liberati, è stato il Cardinale Angelo Sodano, Segretario di Stato Emerito.
Pompei è stata invasa dai fedeli già il giorno precedente. Molti sono giunti nella città mariana a piedi, come i fedeli di Pignataro Maggiore (CE) che ogni anno, dal 1945, continuano il cammino dio fede iniziato dai loro padri per ringraziare la Madonna di Pompei per averli fatti tornare dal fronte. In oltre seicento hanno percorso 90 Km per affidarsi alla vergine, icuri che, come sempre, ascolterà le loro preghiere. Altri sono giunti da più lontano, come alcuni fedeli provenienti da Brooklyn (USA), che, per la prima volta, hanno partecipato alla supplica ed altri di nazionalità russa, polacca e ucraina. Così, a mezzogiorno in punto, il coro di voci multietnico si è elevato dal sagrato della Basilica per unirsi a quello dei fedeli di tutto il mondo in quella che Bartolo Longo ha definito "Ora del Mondo".
Del coinvolgente saluto di Mons. Liberati e dell’omelia del Card. Sodano capace di toccare la profondità dei cuori dei fedeli riportiamo integralmente i testi.
(Autore Marida D’Amora)
Innamorati di Maria!
Pompei, 8 maggio 2011
Eminenza reverendissima, Siamo profondamente lieti ed orgogliosi di averLa tra noi a celebrare con particolare solennità la nostra Supplica alla Vergine del Santo Rosario, questa preghiera celebre in tutta la chiesa cattolica e nelle Chiese sorelle.
Il Beato Bartolo Longo, l’inventore e costruttore di questo Santuario, delle Opere di Carità ed Educatore dell’Infanzia abbandonata ed emarginata, l’Ideatore di questa Città che non esisteva prima di Lui, l’ha diffusa e posta all’ammirazione del mondo.
Lui, il Beato Avv. Bartolo amava chiamarla, "L’Ora del mondo".
Eminenza, la Sua Persona di Decano del Sacro Collegio dei Cardinali della Chiesa universale è così nota, eminente, celebrata, esemplare che non ha bisogno di presentazione.
Ma non posso non ricordare che fin dal 1° dicembre 1990 la fiducia del Santo Padre Giovanni Paolo II – dal 1° maggio scorso "Beato" – che è venuto a Pompei due volte (il 21 ottobre 1979 e il 7 ottobre 2003), La chiamò a ricoprire il ruolo prezioso e delicatissimo di Segretario di Stato.
E ciò tenne per circa 16 anni, fino al 15 settembre 2006 sotto l’attuale regnante Pontefice Benedetto XVI.
Il precedente tempo del Suo cammino presbiterale è stata tutta una grande e impegnata preparazione, al sacerdozio, alla cultura teologica, alla vita diplomatica nelle Nunziature Apostoliche, al consiglio ai precedenti Sommi Pontefici come Paolo VI, all’esemplarità crescente della Sua testimonianza apostolica, fino alla nomina a Cardinale avvenuta nel Concistoro del 28 giugno 1991 per volontà del Beato Giovanni Paolo II che Le affidò i Titoli della Chiesa suburbicaria di Albano e di altre Chiese ancora, famose in Roma e nel mondo.
Il 30 ottobre del 2003 alle 10.30 del mattino, Vostra Eminenza come mio diretto Superiore mentre ero Delegato dell’APSA, mi disse che il Santo Padre Giovanni Paolo II – oggi Beato – voleva che venissi a Pompei come Delegato e Vescovo: serviva a questo Santuario un Pastore e un Amministratore.
Chi La conosce, sa che Vostra Eminenza sa essere tanto amabile quanto sobrio di parole e che è difficile sottrarsi alla Sua volontà così precisa, meditata e, nel mio caso, solenne.
Mi consacrò Vescovo in San Pietro in Vaticano, il 10 gennaio 2004 – come potrò dimenticarlo? – e poi sono qui dal 24 gennaio dello stesso anno 2004.
Il resto, cioè quei sette anni trascorsi, insieme al consiglio e al contributo di qualche prezioso Collaboratore ho lavorato come non mai nella mia vita e ho imparato a fare ciò che non sapevo neppure immaginare prima.
In un meticoloso esame di coscienza ho scoperto che la Divina Provvidenza e l’intercessione e la protezione continua della Beata Vergine Maria del S. Rosario ci hanno consentito di realizzare ben 25 Nuove "Opere Pubbliche", almeno le più rilevanti, sempre con l’ausilio di qualche prezioso Collaboratore.
E questo in una terra e una Regione difficile, tra enormi difficoltà, senza aiuti e con leggi che quando sono promulgate già appaiono superate da nuove problematiche sociali.
Si pensi alla infausta "legge N. 149 del 2001 che ha chiuso definitivamente gli Orfanotrofi".
Oggi sulle strade d’Italia ci sono tra i 35-40mila bimbi e bimbe abbandonati e dei quali nessuno si cura. Né bastano le Case Famiglia.
I nostri Istituti educativi, in un secolo ne avevano cresciuti, protetti, nutriti, educati, diplomati e avviati alle professioni non meno di centomila.
Bartolo Longo ha cambiato la vita dei nostri padri con la potenza dello Spirito Santo invocato per mezzo di Maria Santissima.
Lui, Bartolo Longo, si fece "Buon Samaritano" degli orfani, dei figli e delle figlie dei carcerati, dei diseredati di ogni ceto sociale, costruendo qui a Pompei la "città dell’amore", così da promuovere i veri poveri e restituendo loro la dignità di Figli di Dio.
Se lui oggi tornasse a ripercorrere le strade d’Italia non piangerebbe certo sulla tristezza dei tempi soltanto, ma si metterebbe senza indugi all’azione costruttiva e rinnovatrice.
Con nella mano quella "dolce catena che ci unisce al cielo, il Santo Rosario", si chinerebbe come allora (1884-1886) sull’infanzia non protetta, l’adolescenza offesa, la famiglia insidiata e assediata dai mali dirompenti. Guarderebbe con tenerezza le angustie dei disabili, lo smarrimento dei drogati, le solitudini e i disagi degli anziani, le sofferenze dei carcerati e tante nuove povertà ignote alla negligenza delle legislazioni civili.
Provo anch’io a farlo, Eminenza, ogni giorno da anni e in dura solitudine ma confortato dalla Grazia del Signore e dall’azione del suo Santo Spirito, tra mille ostacoli e difficoltà ma sempre con amore e passione per questa nostra Chiesa di Pompei che è – e deve essere sempre più – Comunione e Comunità. Popolo di Dio in cammino tra le tenebre del mondo, guidato dalla Luce che è Cristo.
Lo Spirito Santo che è in noi mi ha fatto capire la necessità e quindi il mio dovere di restaurare il Santuario, questo, tra i più belli e grandi del mondo, consacrato alla Madre di Gesù e nostra sotto il titolo di Vergine del S. Rosario, punto di riferimento per centinaia e centinaia di milioni di cattolici che, con noi, recitano il S. Rosario tutti i giorni in ogni Continente e dei 4 milioni che qui vengono durante il corso dell’anno.
Eminenza, nell’indifferenza di tutte le Autorità di questa regione, fatta eccezione delle Sovrintendenze ai beni Artistici, Architettonici, Storici, Archivistici, Culturali. Paesaggistici e di ogni ordine e grado che ci consigliano, ci assistono, vigilano, ci danno le necessarie autorizzazioni e ci guardano con grande simpatia umana e ci incoraggiano, siamo a buon punto. Le ringrazio dal profondo del cuore. La Madonna benedica i Sovrintendenti e i loro collaboratori.
Dica al Santo Padre Benedetto XVI qui già venuto il 19 ottobre 2008 che può tornare ad inaugurare il Restauro della Sua Basilica prima della fine di quest’anno.
La Vergine SS.ma sorriderà nuovamente anche a Lui dal suo Trono di gloria. Gli Angeli belli di inizio del Novecento che, pensosi, popolano il tamburo dell’Abside lo saluteranno di nuovo, insieme agli ori fulgenti dei Mosaici, ai dipinti dai fantasiosi colori napoletani, agli splendori delle cornici dorate e d’argento, agli archi sorridenti di putti pudichi, alle fantasiose inflorescenze dei verdi e rossi e azzurri vesuviani prorompenti di bellezza e tornati a parlare dell’incanto della vita. Tutto è un canto e un inno di gioia.
Ci reclamano dal mondo. Dopo l’Australia e il Canada, in giugno saremo a lungo, per un mese intero e con la mia partecipazione, nella Diocesi degli Stati Uniti d’America. I nostri emigranti di oltre un secolo fa vogliono il dipinto autentico della Madre diffusa dal loro cuore di figli in tutti i Continenti.
La vita nella grazia e nell’obbedienza allo Spirito Santo è sempre una sorpresa, una novità continua, un cammino d’amore: è uno splendore.
In questa difficile ma entusiasmante strada della fede, in ascolto di Maria ci sentiamo sbocciare dentro i frutti del bene. Viviamo mossi dal desiderio profondo che questo santuario diventi sempre più accogliente, desiderato, Casa della felicità dell’anima e, per il mondo intero, segno di Carità.
(t Arcivescovo Prelato di Pompei e delegato Pontificio)
Preghiera ed azione: le armi della vittoria
Omelia del cardinale Angelo Sodano
Nella sua omelia, che viene proposta integralmente, il Cardinale Angelo Sodano ha proposto il Beato Bartolo Longo come esempio di santità.
Il Fondatore del Santuario di Pompei si immergeva nell’assidua orazione, ma poi si metteva al lavoro e, sostenuto dalla grazia di Dio e dell’intercessione della Madonna del Rosario, costruiva, realizzava e, così, vinceva.
Venerato Pastore della chiesa di Pompei e caro Concelebranti, Distinte Autorità, Fratelli e Sorelle nel Signore! Nel Signore! Quando tornerò a Roma porterò al Papa l’affetto di tutta questa gente! Saluto il caro Arcivescovo di Aversa e tutti voi cari devoti della Madonna del Rosario.
L’8 maggio di ogni anno quest’insigne Santuario di Pompei richiama migliaia di pellegrini che desiderano affidarsi a Maria, qui invocata con il bel titolo di Regina del Santo Rosario. Quest’anno anch’io ho voluto venire da Roma per unirmi a questo vostro coro, per cantare con voi le glorie di Maria e ringraziare il Signore per avercela data come Madre. Insieme ripeteremo quella celebre Supplica che nacque dal cuore del Beato Bartolo Longo.
È una preghiera che sempre ci commuove per il suo carattere coinvolgente e quasi lirico. Sembrava uscita dal cuore di un poeta. È una preghiera che ben esprime gli aneliti profondi del nostro cuore e le attese che tutti noi credenti riponiamo nella Madre del Signore.
La voce della liturgia
Miei fratelli, le letture odierne che la Chiesa propone alla nostra meditazione in questa celebrazione eucaristica sono tutte un invito a guardare a Maria, come guida sicura nel nostro cammino.
Nella prima lettura gli Atti degli Apostoli ci parlano della Chiesa primitiva di Gerusalemme che si riuniva in preghiera con gli Apostoli e con Maria, in attesa dello Spirito Santo. È un’immagine d’una comunità orante, stretta intorno a Maria Santissima. È un’immagine di una comunità stretta intorno agli Apostoli e a Maria Santissima. È un’immagine di quello spirito di preghiera che deve animare anche oggi le nostre comunità cristiane.
La seconda lettura ci ricorda che siamo nel tempo pasquale e ci propone, quindi, di meditare sulla lettera che S. Pietro Apostolo indirizzava ai primi cristiani, invitandoli a vivere santamente. Anche se immersi in un mondo ostile, essi dovevano sempre confidare nella Potenza del Risorto.
Il Vangelo, infine, ci ripropone la bella scena dell’Annunziazione dell’Angelo Gabriele a Maria, nell’umile casa di Nazareth.
L’Angelo disse allora a Maria quelle parole ispirate che nel corso dei secoli noi fedeli rivolgiamo a lei: "Ave, o piena di grazia: il Signore è con Te"!
Di fronte al dubbio iniziale della Vergine Maria, l’Angelo la rassicurò ricordandole che "nulla è impossibile a Dio"! Fu allora che Maria rispose: "Ecco sono la serva del Signore: avvenga di me quello che hai detto"! Ella ci lasciava così un esempio di totale fiducia nell’Onnipotenza Divina, diventando così un simbolo di ogni credente, di chi si abbandona completamente nella potenza del Signore.
L’appello del Beato Giovanni Paolo II
A questo totale affidamento a Dio, sull’esempio di Maria, ci ha sempre richiamato il compianto Papa Giovanni Paolo II. Domenica scorsa egli è stato proclamato Beato dal suo Successore Benedetto XVI, che ne ha tratteggiato poi magistralmente, com’egli sa fare, la profonda spiritualità mariana. A tale spiritualità il Beato Giovanni Paolo II richiamò pure tutti voi, durante le due visite che egli compì a questo Santuario, nel 1979 e nel 2003, così come fece con tutto il magistero mariano.
Nella Lettera Apostolica in cui indiceva nell’ottobre del 2002 l’anno del Rosario, il compianto Pontefice anzi diceva che affidava il successo dell’anno mariano alle mani sapienti della Vergine Maria venerata nello splendido Santuario a Lei dedicato a Pompei. Inoltre, otto anni fa, il 7 ottobre del 2003, il Papa Giovanni Paolo II, dopo aver recitato dinnanzi a voi la Supplica alla Madonna del Rosario, concludeva le sue parole dicendo: "Pregate anche per me in questo santuario"! Ora egli è Beato nella gloria del Paradiso e noi vorremmo dirgli: "Ora, Beato Giovanni Paolo, prega Tu per noi! Prega per noi perché possiamo essere fedeli alla nostra identità cristiana ed al nostro impegno apostolico nel mondo d’oggi. Prega per Pompei, per la Campania e per quell’Italia che ti era tanto cara, come tua seconda patria. Prega per la pace in questo mondo ancor sconvolto da lotte fratricide, ispirando in tutti pensieri di riconciliazione e di pace"!
La testimonianza di Bartolo Longo
Fratelli e Sorelle nel Signore, non posso terminare queste mie parole senza confidarvi che più leggo la vita del Beato Bartolo Longo, che ha voluto questo Santuario e che ha divulgato nel mondo la preghiera del Rosario, più noto quanto possa fare un cristiano anche fra le più grandi difficoltà dell’ora presente.
Dal cuore di quest’avvocato sgorgò non solo questo santuario, ma sorsero pure le numerose opere di carità che voi ben conoscete. Certo egli invitò ad usare l’arma della preghiera per vincere i mali del mondo, ma ricorse pure all’arma dell’azione. In lui sembravano rivivere i grandi Santi d’ogni tempo, che univano la preghiera al lavoro, la contemplazione all’azione. È un messaggio che egli lascia ancor oggi a tutti coloro che nel mondo vogliono portare, con la vita e con le opere, il lievito del Vangelo di cristo.
"Non lamento, ma azione" fu il motto del Papa Pio XII durante l’ultimo conflitto mondiale. Non lamento, ma azione è il messaggio che il nostro Bartolo Longo lancia ancor oggi a chi lavora per un mondo migliore, nella famiglia, nel lavoro, nella scuola, in campo economico ed in campo sociale.
Bartolo Longo fece suo l’invito che nei tempi difficili succeduti alla riforma protestante Sant’Ignazio di Loyola aveva rivolto ai suoi contemporanei: "Lavorare come se tutto dipendesse da noi e poi confidare in Dio come se tutto dipendesse da Lui".
"Preghiera ed azione": questo deve essere il nostro motto! Sono le due armi di ogni credente. Alla scuola del grande Bartolo Longo, questa festa mariana rinnovi, quindi il nostro impegno apostolico, per creare nel mondo un regno di giustizia, di amore e di pace. E così sia!
Profilo del Cardinale Mons. Angelo Sodano
Angelo Sodano, nato ad Isola d’Asti, il 23 novembre 1927, è laureato in Teologia e Diritto Canonico.
Ordinato sacerdote nel 1950, nel 1959 fu chiamato al servizio della Santa Sede dall’allora Sostituto della Segreteria di Stato, il Cardinale Angelo dell’Acqua.
Successivamente fu destinato alle Nunziature Apostoliche in Ecuador, Uruguay e Cile, quale Segretario di Nunziatura.
Nel 1977, Papa Paolo VI lo nominava Arcivescovo titolare di Nova di Cesare e Nunzio Apostolico in Cile.
Nel 1988, Papa Giovanni Paolo II lo nominava Segretario dell’allora Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa. Chiamato ad assumere l’Ufficio di Pro-Segretario di Stato nel 1990, sarebbe divenuto Segretario di Stato nel 1991, una volta creato Cardinale.
Nel 2005, Papa Benedetto XVI, che lo aveva riconfermato Segretario di Stato, ne approvava l’elezione, fatta dai Cardinali dell’Ordine dei Vescovi, a Decano del Collegio Cardinalizio.
"Ottobre 2011" L'Ora del Mondo
Presiede il Cardinale Elio Sgreccia - Presidente emerito della Pontificia Accademia per la vita
Gesù è il Bell'Amore di Maria che rinnova la nostra vita
Pompei, il 2 ottobre, giorno della Supplica, è stata invasa dai pellegrini. Piazza Bartolo Longo traboccava di gente, le vie adiacenti erano incapaci di contenere un’affluenza straordinaria.
Tutti erano convenuti per abbandonarsi all’amore di Maria, per lasciarsi prendere per mano dalla più tenera delle madri. Le oltre quarantamila persone sono state accolte dalla paterna premura dell’Arcivescovo Mons. Carlo Liberati, che visibilmente felice ha svelato come quelle numerosissime presenze andassero ben oltre ogni immaginazione.
La Celebrazione Eucaristica è stata presieduta dal Cardinale Elio Sgreccia, Presidente emerito della Pontificia Accademia per la vita, che al termine ha guidato la recita della Supplica.
Nei testi che seguono rileggete il saluto di Mons. Liberati e l’Omelia del Card. Sgreccia nella loro interezza, perché gli amici della regina di Pompei possano servirsene come strumento di formazione e crescere così nell’amore per Cristo Gesù e per la Vergine Maria.
(Autore: Giuseppe Pecorelli)
Il Cardinale Sgreccia, baluardo nella difesa della vita
Pompei, 2 ottobre 2011
Eminenza Reverendissima e a me sempre carissima,
Grazie vivissime per aver accettato questo invito di presiedere la nostra “Supplica”, l’Ora del mondo come la chiamava il fondatore della nostra Chiesa e Città di Pompei, il Beato Bartolo Longo.
In Te saluto il mio educatore, il mio Rettore del Pontificio Seminario Regionale Marchigiano. Sì, il coraggioso uomo di Dio e di scienze teologiche che nei tempi difficili del dopo-Concilio si preoccupò della formazione di centinaia e centinaia di sacerdoti sul mare mosso della Chiesa di allora. Grazie per averci contagiato con un amore appassionato alla Chiesa, per averci insegnato come essere fedeli a Cristo Signore, per averci indicato i sentieri del “Sì” quotidiano della volontà di Dio come fece la Vergine SS.ma, nostra Madre nella fede.
Fu per me una grande gioia quando seppi che, allora avevi 46 anni, - siamo nel 1974! -, avevi accettato di diventare Assistente Spirituale della facoltà di Medicina e Chirurgia della Università Cattolica di Roma.
Ma fu la grande spiritualità che avevi e che hai, il Tuo amore a Gesù e alla Chiesa, l’umiltà intellettuale e la capacità di apertura e di dialogo a distinguerTi tra tanti.
Al Policlinico Gemelli ti sei appassionato alla vita, al suo mistero, alla sua bellezza, alla sua preziosità e ai suoi drammi e fosti tra i Fondatori e inventori della “Bioetica” nella Facoltà di Medicina dal 1992 all’anno 2000.
Oltre che Professore sei stato anche Direttore dell’Istituto per oltre 15 anni.
Lì il mondo ti ha conosciuto come indefesso difensore della vita, come assertore che nell’embrione umano c’è già in nucleo tutta la persona, che è necessario circondare la gestante di ogni tenerezza, che è urgente proteggere la vita dal suo sbocciare fino al tramonto e che al malato non si può togliere né alimentazione né idratazione perché diritti naturali, e non possono essere considerati accanimenti terapeutici. Ci hai insegnato l’opposizione ad ogni eutanasia.
Così hai istituito, sotto il Pontificato di Giovanni Paolo II, quella pontificia Accademia per la Vita, faro di luce per il Magistero della chiesa in ogni continente e punto di riferimento per tutti noi, popolo di Dio. Oggi ne sei Presidente Emerito.
Eminenza, noi siamo nati per educare e promuovere, nel nome e con l’intercessione di Maria SS.ma, la vita in tutte le sue stagioni.
Qui a lato, in questi tre anni, in silenzio e con grandi difficoltà abbiamo costruito la “Casa della Madre e del Bambino”, che non siamo riusciti ancora a portare a termine.
Qui al Sud va tutto con lentezza e sofferenza per chi vuol fare il bene.
Ci metteremo tutte le situazioni del Movimento per la Vita oltre che una “Casa famiglia”.
Qui a Pompei, in un secolo, sono cresciute più di 100.00 giovani vite con l’assistenza e la protezione della vergine SS.ma. Oggi sulle strade d’Italia ci sono più 30.00 bambini e bambine abbandonati. Sembra che alle Istituzioni il problema non interessi vedremo come possiamo inventare per loro. Continueremo questa superba e splendida missione.
Aiutaci Eminenza, suggeriscici quanto si potrà ancora fare. Tutto per la costruzione del regno di Dio, qui, adesso, subito, il regno di Gesù e di Maria per sempre.
†Arcivescovo Prelato di Pompei
Delegato Pontificio
Gesù è il Bell’Amore di Maria che rinnova la nostra vita
Il Cardinale Elio Sgreccia, nella sua omelia del 2 ottobre, si è soffermato sul tema dell’amore.
Se l’amore non è vero, pulito, sano, non viene da Dio e tutto crolla miseramente: la famiglia, la società, la Chiesa. Per questo siamo chiamati ad imitare Maria. La sua accoglienza docile della volontà di Dio è l’esempio da seguire per incontrare e ricevere l’amore di Dio e l’esempio da seguire per incontrare e ricevere l’amore di Cristo.
La Supplica, un atto d’amore alla Vergine
Dal 14 ottobre 1883 la Supplica, che reciteremo al termine della celebrazione, composta dal Beato Bartolo Longo e definita “Atto d’amore alla Vergine”, viene a risuonare su questa piazza, due volte ogni anno: l’8 maggio e nella prima domenica d’ottobre, come un appuntamento solenne e coinvolgente, “l’ora del mondo” come la chiamò il Beato.
I pellegrini presenti e i celebranti vogliono raccogliere la voce profonda del cuore e della coscienza di tutta l’umanità per presentarla a Maria scandendo gli aneliti, le necessità, le speranze di fronte ai momenti della storia che sempre riserva timori, precarietà e speranze.
Sono grato al Delegato Pontificio, l’Arcivescovo Mons. Carlo Liberati di avermi invitato a unire la mia preghiera alla Sua preghiera e alla vostra preghiera in questa celebrazione e di esprimere a nome di tutti voi e anche di quanti ci ascoltano attraverso i Media questa Supplica come Atto di Amore a Maria.
Maria, Madre del Bell’Amore
Oggi la nostra supplica è preceduta dalla Liturgia dedicata a Maria Vergine “Madre del Bell’Amore”: “Venite e contemplate la vostra Regina che splende fra gli astri del mattino; il sole e la luna ammirano la sua bellezza, in Lei si allietano tutti i figli di Dio”! (Antifona d’ingresso)
Vogliamo specchiarci nella bellezza di Maria, anzi nella bellezza del Suo Amore. In Maria questo amore è impreziosito dal privilegio della preservazione dal peccato, perché Immacolata, predestinata ad essere Madre del Figlio Unigenito del Padre; “Vergine e Madre, Figlia del Suo Figlio”; è amore sponsale perché Maria concepì lo Spirito Santo, l’Amore Eterno, è l’Amore della Madre di Gesù, Figlio di Dio. Il bell’Amore di Maria è Gesù stesso.
Quel Gesù, Figlio Suo e Figlio dell’Eterno Padre, è l’Amore più Bello, l’Amore che si è donato come testimone dell’Amore di Dio per l’uomo sulle braccia di Maria.
Dall’Amore di Gesù, offerto per noi sulla Croce, siamo noi stessi legati a Maria, figli redenti del Suo sangue. Maria è partecipe della Bellezza del Figlio e la riverbera, la irraggia su di noi, Lei che è piena di Grazia.
In definitiva il Bell’Amore, è Gesù stesso, Gesù che Maria portò in grembo, nutrì e custodì nelle Sue braccia per donarlo a noi, così come l’ immagine del nostro Santuario: Maria porge Gesù a S. Domenico e a S. Caterina, come a tutti coloro che La invocano.
Abbiamo ascoltato dalla Iª Lettura le parole che il testo biblico del Siracide, testo dedicato alla Sapienza, testo che la Chiesa attribuisce a Maria, capolavoro della Sapienza Divina: “Io, come vite, produco germogli di Grazia, e i miei fiori donano frutti di gloria e di rettitudine. Io sono la Madre del Bell’Amore e del timore, della conoscenza e della santa speranza. In me è la grazia per ogni via e verità, in me ogni speranza di vita è virtù”.
Le molteplici forme dell’amore umano
Di fronte a questa realtà viva, a questo Volto che ci guarda e ci ascolta, dobbiamo però ciascuno di noi guardare dentro di noi e attorno a noi: come si sviluppa di fatto l’amore umano?
Si somiglia alla esemplarità di Maria? È unito a Cristo che è il Bell’Amore, donato alla nostra umanità?
Si sa che l’amore umano si presenta con diverse manifestazioni e in più dimensioni: c’è l’amore sponsale tra l’uomo e la donna, orientato nella struttura stessa della persona al matrimonio e alla famiglia, c’è l’amore di amicizia che unisce affettivamente, non solo in gioventù, e facilita la ricchezza dei sentimenti e la crescita delle persone; c’è l’amore parentale: quello dei genitori verso i figli e dei figli verso i genitori e fra parenti e congiunti; c’è l’amore verginale, consacrato o celibatario che trova motivo di vita nella dedizione a valori alti, e verso l’Amore stesso di Cristo Sposo della Chiesa, Ma a quali condizioni questo molteplice amore è bello?
Come possiamo costruire questo amore bello, pulito e ricco in tutte le sue manifestazioni?
Gli abissi in cui l’uomo riduce l’amore
Non mi soffermo a descrivere la catastrofe e la bassezza in cui talora viene trascinato oggi l’amore sponsale: dalle divisioni, dalle violenze, dalle separazioni, dai tentativi innaturali di sostituzione all’amore casto e fecondo del matrimonio dell’uomo e della donna, in vista della unione perenne degli sposi e della procreazione dei figli, con altre forme innaturali e ideologiche; non voglio fermarmi a sottolineare le difficoltà, motivate spesso per povertà di mezzi e per povertà spirituale, in ordine all’accoglienza dei figli.
Con l’Amore con cui Maria guarda il suo Figlio, ogni sposa dovrebbe attendere e accogliere il proprio figlio. Sono 110598 in questa Regione, nella sola Campania, i figli rifiutati e soppressi ogni anno nei vostri ospedali secondo l’ultimo censimento.
Non voglio insistere su tutte quelle industrie e imprese che fanno del sesso, e del corpo umano commercio e mezzo di dominio e di guadagno. Ai legami di amicizia si sono spesso sostituite le organizzazioni a delinquere.
La famiglia, la società, la Chiesa non possono vivere se l’amore non è vero, pulito, sano, se non è congiunto alla sorgente del Bell’Amore
Per rinnovare l’amore umano, tutte le manifestazioni dell’amore (quello sponsale, quello parentale, quello di amicizia, quello di consacrazione), devono essere pulite, sane; devono essere congiunte con la sorgente del bell’Amore, che è Cristo offerto a noi da Maria, comunicato a noi dalla Chiesa.
Siamo chiamati a fare coraggiosi cambiamenti e trasparenti conversioni: senza l’amore vero, pulito e sano non può vivere né la società, né la famiglia, né la Chiesa.
Dobbiamo cominciare da qui: ravvivare l’amore cristiano, l’amore cristiano che nasce dalla Santissima Trinità, Gesù l’ha rivelato e testimoniato con il dono di sé e lo ha donato alla Chiesa con lo Spirito Santo; è l’Amore quello di cui Maria fu ripiena fin dal concepimento e che noi abbiamo ricevuto nel Battesimo e in tutti i Sacramenti.
Questo dono consente di rinnovare l’amore umano in tutte le sue manifestazioni, se siamo fedeli, se siamo devoti e limpidi nei pensieri e nelle opere.
Questo Amore di Cristo, chiamato “carità”, rinnova, eleva e purifica ogni forma di amore umano; quello sponsale, quello di amicizia, quello parentale, quello che si esprime nel matrimonio e quello che si consacra. Questo è l’Amore che mantiene i cristiani fedeli, è l’Amore che Cristo non ci negherà mai.
Abbiamo letto dal testo di Paolo: “in conclusione fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri” (Fil. 4, 6-9).
Imparare da Maria a fare dono di sé: è il presupposto per incontrare e ricevere l’amore di Cristo
Per incontrare e ricevere questo Amore occorre però una impostazione di vita, quella che ci ha insegnato Maria, con il suo sì: “sia fatto di me secondo la Tua Parola” ha risposto Maria all’Angelo nell’Annunciazione.
Ci ha ricordato il modello di Maria il Santo Padre Benedetto XVI parlando in un Santuario Mariano in Germania: "Il vero sviluppo della persona, non si compie nell’autorealizzazione che oggi viene proposta come modello della vita moderna, ma che può facilmente mutarsi in una forma di egoismo raffinato. Al contrario è piuttosto l’atteggiamento del dono di sé che si orienta verso il cuore di Maria" (Avvenire 24 settembre, pag. 4), Maria ha espresso il dono di sé come abbiamo ricordato nel Vangelo con il sui Sì.
E Gesù in tutta la sua vita filiale lo ha espresso verso il Padre e nel sacrificio della Croce ha compiuto la Sua offerta totale, ha offerto il Suo Sacrificio per noi.
Ora noi ci disponiamo nella celebrazione dell’Eucarestia e nella Comunione Sacramentale a ricevere quell’offerta di Amore totale e fedele che Egli, Gesù personalmente, ci dona, ora che è Risorto e vivo e ci chiama a condividere questo Amore, l’Amore più alto e più bello, quello del Figlio di Dio, del Figlio di Maria.
Noi lo riceviamo come un impegno sacro e convinto per rinnovare la vita con la forza dell’Amore di Cristo, con quell’Amore che Maria ci offre ed assicura alle anime che La pregano con vera pietà filiale, Lei, Madre del Bell’Amore
(† Elio Card. Sgreccia - Presidente Emerito della Pontificia Accademia per la Vita)
Conseguita la laurea in lettere classiche all'università di Bologna, è stato nominato rettore del Pontificio seminario marchigiano di Fano, successivamente trasferito ad Ancona. Nel 1972 ha chiesto e ottenuto il rientro in diocesi di Fossombrone per lavorare accanto al suo vescovo, monsignor Vittorio Cecchi.
Nel novembre 1973 la svolta della sua vita: la facoltà di medicina e chirurgia della sede romana dell'Università cattolica del Sacro Cuore intende di potenziare il servizio pastorale per la comunità dei docenti e degli studenti, e così viene fatto il suo nome. Aiutato da monsignor Cecchi a decidere, ha accettato l'incarico e dal quel momento è diventato un punto di riferimento per la comunità universitaria. E non solo. Il rettore Lazzati lo ha chiamato a collaborare — prima come redattore, poi come vicedirettore e condirettore — alla rivista «Medicina e Morale».
Studioso dei problemi etici della medicina, su indicazioni della segreteria di Stato è stato inviato a collaborare con diversi organismi europei. Ha avuto una parte importante nella redazione di un'opera collettiva sul tema I diritti dell'uomo e la medicina curata dal Consiglio d'Europa. Negli anni ottanta è stato osservatore della Santa Sede in seno al Comitato etico del Consiglio d'Europa. Dal 1990 al 2006 è stato membro del Comitato Nazionale Italiano per la Bioetica
Tra le sue diverse opere, si deve ricordare il Manuale di bioetica per medici e biologi, in due volumi, che ha avuto quattro edizioni e molte ristampe, ed è stato anche tradotto in francese, spagnolo, portoghese, inglese, russo, rumeno, bulgaro, ucraino, arabo, coreano.
Il 5 novembre 1992 è stato nominato vescovo titolare di Zama minore e segretario del Pontificio Consiglio per la famiglia. Ha ricevuto l'ordinazione episcopale da Giovanni Paolo II il 6 gennaio dell'anno successivo.
Ha mantenuto l’incarico presso il Pontificio Consiglio per la famiglia fino ai primi mesi del 1996, quando si è dedicato a tempo pieno all’ufficio di vice presidente della Pontificia Accademia per la Vita. Nel giugno del 1994 era stato infatti chiamato a tale incarico accanto a Jérôme Lejeune, il primo presidente dell'organismo vaticano. Ha affiancato anche il successore di Lejeune, Juan de Dios Vial Correa, sino a quando è stato nominato egli stesso presidente della Pontificia Accademia, il 3 gennaio 2005.
In questa veste, la sua attività è stata caratterizzata soprattutto dalla pubblicazione di una serie di documenti in una collana nella quale sono stati raccolti gli atti dei congressi annuali celebrati in concomitanza con le assemblee generali dell'Accademia stessa. È stato notevole il contributo dato al chiarimento di alcuni temi di scottante attualità: tra questi, la donazione di organi, le cellule staminali, l'obiezione di coscienza, lo stato vegetativo permanente.
Ha lasciato l'incarico di presidente della Pontificia Accademia per la Vita il 17 giugno 2008. Si deve a lui la nascita della fondazione Ut vitam habeant per la promozione della pastorale della vita all'interno della comunità cattolica. Ha tenuto inoltre un corso speciale in materia come visiting professor presso l'Istituto Giovanni Paolo II della Pontificia Università Lateranense. Attualmente cura come condirettore la pubblicazione della prima Enciclopedia di bioetica e scienza giuridica — di cui sono già stati editi i primi tre volumi — insieme alla facoltà di diritto dell'università di Lecce e all'istituto di bioetica dell'Università Cattolica.
Da Benedetto XVI creato e pubblicato Cardinale nel Concistoro del 20 novembre 2010, della Diaconia di Sant’Angelo in Pescheria.
Presiede Sua Ecc.za Mons. Rino Fisichella - Presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione
Maggio, il mese dedicato alla Madonna
In trentamila a piedi da Napoli a Pompei
Da Pignataro Maggiore a Pompei – 85 chilometri a piedi per amore di Maria
È appena passato il mezzogiorno del 7 maggio. Le campane suonano a festa e il loro suono si unisce agli applausi della gente, che affolla il sagrato e le navate della Basilica. Da via Roma, si sente sempre più vicino un canto: “Evviva Maria, Maria evviva”.
La voce chiede che Maria “faccia la grazia” e, anche nel tono, sembra velata di commozione e di speranza, fiduciosa nell’attesa.
I pellegrini che si avvicinano, circa 500, donne e uomini di ogni età, vengono da un posto vicino. Ma lontano per chi decide di percorrere il tragitto a piedi.
Sono tutti di Pignataro Maggiore, provincia di Caserta, 85 Km da Pompei. Dal 1945, partendo nella mezzanotte del 5 maggio, arrivano nella città mariana come io pellegrini d’un tempo, nella fatica del cammino e con un semplice zaino sulle spalle. L’Italia era coinvolta nell’immane tragedia della seconda guerra mondiale. Anche gli uomini di Pignataro furono chiamati a combattere.
A chi affidarsi se non a Maria, “onnipotente per grazia”? Le promisero che, se fossero tornati a casa sani e salvi, ogni anno sarebbero arrivati a Pompei. E la Vergine accolse la loro preghiera.
Il cammino implica fatica: i muscoli si contraggono, le ossa fanno male, la mente e il cuore si affliggono nella paura di non farcela. E non è un cammino faticoso la vita? Eppure, canta tutti “Evviva Maria, evviva Gesù”.
Quanto dolore nelle notizie, diffuse ogni giorno, di persone che si uccidono perché angosciati all’aver perso un posto di lavoro o dall’aver assistito, quasi imponenti, alla fine della propria azienda.
Supplichiamo Maria anche per i padri di famiglia che non ce la fanno più a “tirare avanti”, per i pensionati ridotti alla fame, per le madri costrette a spezzarsi la schiena divise tra il lavoro in casa e i mille lavori “per arrangiare”.
Con Lei, chiediamo al Padre: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”. E dallo a tutti, perché è proprio nel sangue dei sofferenti che vediamo Cristo Gesù. Eppure, per quanto sia essenziale il pane, lo è ancora di più l’amore di Maria, che si piega sulla sofferenza dell’uomo, anche quando i crocifissi della cronaca e della storia, gridano a gran voce il loro “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”.
L’ultima parte del tragitto, la lunga navata centrale del Santuario, i pellegrini di Pignataro la percorrono in ginocchio. E noi, in ginocchio, vogliamo ripetere a Maria, insieme al Beato Bartolo Longo: “Concedete a tutti noi l’amore vostro costante, e in modo speciale la vostra materna benedizione. No, non ci leveremo dai vostri piedi, non ci staccheremo dalle vostre ginocchia, finché non ci avrete benedetti”. (Autore: Giuseppe Pecorelli)
Oltre cinquantamila fedeli a piedi per incontrare Maria
Quest’anno tra le innumerevoli manifestazioni di amore alla SS.ma Vergine del Santo Rosario, qui a Pompei, s’è registrato, con crescente stupore di tutti, l’aumento dei pellegrinaggi a piedi.
Circa 50.000 fedeli hanno percorso le più diverse strade, tra viottoli di montagna, di colline e di campagne sperdute e lontani dalle consuete vie di comunicazione, per raggiungere il nostro Santuario.
Ciò che ha richiamato l’attenzione di tutti è stato il fatto che molti erano giovanissimi di ambo i sessi e sposi nella pienezza della giovinezza coniugale e agli albori della loro vocazione educativa.
Tra Rosari, canti, inni, salmi e preghiere di ogni genere sono giunti nel nostro Santuario con l’atteggiamento gioioso di chi ha saputo superare il proprio limite ed ha vissuto una fraternità con esperienza di fede che li ha riempiti di serenità.
Forse loro stessi non immaginavano che avrebbero potuto farlo e che nel bene da raggiungere ogni giorno non ci sono limiti e frontiere insuperabili.
Soprattutto hanno riscoperto e vissuto la preghiera come incanto e bellezza di dialogo con Dio e tra i fratelli, sotto lo sguardo tenerissimo di Maria SS.ma e la sua protezione materna.
Così il “miracolo di Pompei” è continuo e la Vergine SS. ma del S. Rosario ci tiene per mano, ci illumina, assiste e protegge.
Una delle realtà più significative che hanno reso incantevole questo cammino, durante tutto il mese di maggio, è stato ciò che da anni chiamiamo: “Il buon giorno a Maria”, alle ore 6,30 di ogni mattino.
Circa 2000 fedeli di ogni età, ceto sociale, giovani, donne uomini, si sono trovati uniti in comunione profonda tra canti, preghiere, annuncio e riflessione sulla Parola di Dio, richiesta di perdono, desiderio di perfezione, cantico del “Magnificat”, invocazione di discernimento sul proprio stato di vita, invocazione a vivere nella gioia la volontà di Dio.
È stato un vero miracolo di fedeltà al Signore chiamati da Maria SS. ma e condotti dallo Spirito Santo al quale hanno risposto: “Si vengo”.
Molti, per un mese, si sono alzati nel profondo della notte ad ogno ora (due – tre – quattro – cinque…) per essere presenti quando l’alba non era ancora spuntata, e questo per un intero mese.
L’aver constatato che centinaia e centinaia di persone tutte le notti hanno cantato dal profondo del cuore il loro: “De profundis clamàvi ad Te, Dòmine…” e con semplicità e fedeltà stupefanenti, ci hanno colato di gioia.
Siamo diventati più ottimisti e sereni per il nostro futuro.
La Chiesa c’è e si vede; la Chiesa è viva.
Tanti ci hanno probabilmente capiti. Il Restauro della nostra magnifica Basilica, senza alcun contributo delle Autorità Campane e una spesa di circa 5 milioni di Euro, hanno convinto i nostri fedeli ad essere vicini con la delicatezza, la sensibilità, la comunione del cuore.
Li ha spronati Maria SS.ma.
Hanno offerto il loro sacrificio, la stanchezza, il sudore del cammino nonostante l’umidità della notte e, spesso, il freddo del primo mattino.
Ad essi diciamo “Grazie” che Gesù e la sua e nostra Madre li riempia di pace e di gioia.
Ci sono venute in mente le parole di un coltissimo sacerdote italiano del secolo appena tramontato, a proposito della pietà popolare, don Giuseppe De Luca. Scrive quel sacerdote grande e che ha portato un notevole contributo alla cultura cattolica.
“Non si è pensato alla fede delle masse semplici, le quali sono rimaste folklore per i profani, gregge per chierici. Eppure, da codesto fondo Iddio ha tratto i Santi, e trae quelle anime che rinnovano”.
(Cfr. G. De Rosa, Atti del Seminario di studio “Giuseppe De Luca” e la storia della spiritualità; Vicenza 1984)
(Autore: † Arcivescovo
Prelato e Delegato Pontificio
Carlo Liberati)
Uno spettacolo della fede
Martedì 8 maggio, S. E. Mons. Carlo Liberati, arcivescovo di Pompei, ha definito “uno spettacolo della fede” il popolo di Dio accorso nella città mariana per la recita della Supplica alla beata Vergine del Santo Rosario.
Migliaia e migliaia di persone presenti anche in un giorno feriale.
In un mondo, che sembra aver dimenticato Dio, nascosto nella propria intimità, quando non emarginato del tutto, gli uomini e le donne di Maria Santissima sembrano andare controcorrente e gridare a tutti la propria fede in Cristo Gesù.
S. E. Mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, nel corso della solenne concelebrazione Eucaristica, che ha presieduto ha esortato ogni cristiano a vivere da autentico discepolo di Cristo.
Ed, invece, molto spesso accade il contrario: non è il mondo che si conforma ai cristiani, ma i cristiani che so conformano al mondo.
Il presule ha spiegato: “Siamo caduti nella trappola della cultura di questo mondo.
Oggi non si riesce più a riconoscere i figli di Dio, e di questo dobbiamo assumerci le responsabilità. In che modo infatti il nostro stile di vita è diverso da quanti non credono?
Se noi viviamo come loro, dove sta la differenza?
E quanti esempi potremmo avere!
Si pensi solo al fatto che non si crede più nel valore del matrimonio. Non crediamo più neppure che possa esserci un vero futuro. Che possiamo ancora ricercare la Verità e vivere in essa.
Quanti filosofi attestano che non esiste una verità. Ma non è vero.
Esiste e possiamo anche conoscerla! Per questo, con la benedizione di Maria, il Signore ci renda saldi nella fede, perseveranti nella speranza e forti nella carità”.
Il saluto di Mons. Liberati e l’omelia di Mons. Fisichella sono riportate integralmente in questa pagina web.
Le loro parole incoraggino i cristiani ad affermare con gioia, con forza e con orgoglio, nelle parole e nella testimonianza di vita, la propria appartenenza a Cristo. (Autore: Giuseppe Pecorelli)
La Supplica non finisce di stupire la chiesa e il mondo
Eccellenza Reverendissima,
sono molto lieto di poter salutare nella Sua Persona uno dei Prelati più vicini alla profonda sensibilità apostolica del santo Padre Benedetto XVI che L’ha posto a presiedere il Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione.
Sono felice che Lei sia qui a celebrare l’Eucarestia e “la Supplica” che fin dall’anno 1883 non finisce di stupire la Chiesa e il mondo per la sua bellezza teologica, la profondità di pensiero, l’affetto del suo autore, il Beato Bartolo Longo, che si rivolge alla più tenera delle madri, la SS.ma Vergine Maria che qui veneriamo sotto il titolo di vergine del S. Rosario di Pompei.
Eccellenza, per i fedeli che non La conoscessero ancora, devo ricordare che vostra Eccellenza oltre che Professore insigne di Teologia in Università pontificie, italiane e straniere, è stato Rettore Magnifico della pontificia Università del Laterano e Presidente della Pontificia Accademia per la Vita.
Oltre all’insegnamento per oltre un ventennio alla Pontificia Università Gregoriana è attualmente membro attivissimo e di rilievo presso molti Uffici della Santa Sede ed è considerato tra i più autorevoli teologi italiani a livello internazionale.
Eccellenza, ogni anno in questa splendida occasione della “Supplica”, dopo aver ossequiato e ringraziato tutte le Autorità presenti e il popolo di Dio qui convenuto, esprimo “ad alta voce qualche riflessione” che illustri e serva alla nostra delicata vocazione cristiana.
Lo scorso anno abbiamo riflettuto sul “dovere del Restauro di questa splendida nostra Basilica” iniziata fin dall’8 maggio 1876 dalla fede straordinaria del nostro Beato Bartolo Longo.
Nell’opera faticosa del Restauro siamo a buon punto. Forse non ci basterà l’impegno di questo intero anno: ma siamo contenti e ottimisti.
Intanto non posso non ricordare ai presenti, che per la prima volta sono giunti a Pompei, che questa Città è sorta soltanto per opera del Santuario e delle sue Istituzioni Caritative.”Gli Scavi”iniziavano appena a svilupparsi. Se fossero stati già pienamente operanti la Città sarebbe sorta altrove.
Quando il 13 novembre 1875 giunse nelle allora desolate campagne di Pompei la prodigiosa immagine della Vergine del S. Rosario, l’Avvocato Bartolo Longo, recuperato alla fede e da tre anni catechista, sentì che doveva prendersi cura degli Orfani, dei figli e figlie dei Carcerati, dell’infanzia e della gioventù abbandonata.
E nacquero come d’incanto dal deserto di questa Valle le Opere della fede cioè dell’amore cristiano.
L’8 maggio 1876 venne dunque posta la prima pietra per la costruzione di questo mirabile Santuario e intorno ad esso sorse la Città.
Sì, è stato il Beato Bartolo Longo a fondare la Città e lui soltanto. Le “Case Operaie”, il telegrafo, la stazione ferroviaria, un piccolo Ospedale, l’Osservatorio meteorologico e quello geodinamico sono sorti con la chiesa e le sue inseparabili Opere di Carità.
Poi seguì una incredibile serie di realizzazioni caritative: nel 1887 sorse l’Orfanotrofio femminile; nel 1892 nacque l’Ospizio per i figli e le figlie dei carcerati. Nel 1922 accoglierà anche le Figlie degli stessi detenuti.
La Rivista “Il Rosario e la Nuova Pompei” – dal 1884 – diventa organo di comunione e di aggiornamento del Santuario con i fedeli per l’apostolato mariano e la vitalità delle Opere di Carità e il loro mantenimento.
Dopo l’infausta legge N. 149 del 2001 che ha chiuso i nostri Orfanotrofi dopo circa 115 anni e quasi strangolato i nostri carismi educativi, il nostro Santuario ha cercato di reagire.
No! Non siamo fermi ad una “rievocazione del passato per quanto glorioso”, non ci piace essere “spettatori di cronaca” ma costruttori del futuro della storia.
Oggi, Eccellenza, abbiamo 2 Centri Diurni Polifunzionali, “Crescere Insieme” e “Bartolo Longo”, con oltre 250 fanciulli e fanciulle da educare.
Abbiamo istituito la “Casa Famiglia”, la “Comunità Incontro”, la “Casa Emmanuel”, il “Centro di Aiuto alla Vita”, il “Movimento per la Vita”, “l’Ambulatorio”, il “Consultorio” per fidanzati e giovani coppie in difficoltà e bisognose di orientamento e di consulenza legale e psicologica oltre che religiosa.
Si è ricostituita “ex novo” la “Casa Soggiorno Marianna de Fusco” per signore anziane e sole. Ci stiamo accingendo a ricostruire la “Casa del Pellegrino” dotandola di una mensa quotidiana per le folle dei poveri.
C’è inoltre la gravosa impresa quotidiana delle nostre Scuole Paritarie di ogni ordine e grado dall’infanzia abbandonata fino alla maturità delle Scuole Secondarie, con circa 920 Alunni.
Ma tutto questo impegno non basta certamente per affrontare i drammatici problemi del presente e a costruire il futuro. Ma ce la mettiamo tutta.
Soltanto che ci sentiamo soli e abbandonati da tutte le Autorità: Regionali, Provinciali, Comunali. Le Autorità politiche ci hanno sempre ignorati.
A questo punto, Eccellenza, avremmo ancora tanto da dirLe ma non è certo questo il momento.
Sarebbe un’offesa a questo popolo di Dio, la Chiesa viva dei nostri fedeli qui convenuti, chiamata da Maria SS.ma la Vergine del Santo Rosario, per aiutarci ad essere fedeli obbedienti a Gesù, Capo del Corpo mistico della Chiesa.
Ci limitiamo a porre una domanda non più rinviabile: perché ridurre il fiume Sarno che circonda Pompei ad una “fogna a cielo aperto”, sorgente di malattie incurabili e causa di morte?
Bartolo Longo non lo avrebbe permesso e noi con Lui.
Che il Beato Bartolo Longo ci assista e la Vergine SS.ma ci illumini con lo Spirito Santo prendendoci per mano nel nostro difficile cammino quotidiano.
(Autore: † Arcivescovo
Prelato e Delegato Pontificio
Carlo Liberati)
Cronaca Supplica 2012
“Uno spettacolo della fede”. Così S. E. Mons. Carlo Liberati, arcivescovo di Pompei, ha definito il popolo di Dio accorso nella città mariana questa mattina, per la recita della Supplica alla Beata Vergine del Santo Rosario.
In un mondo, che sembra aver dimenticato Dio, nascosto nella propria intimità, quando non emarginato del tutto, gli uomini e le donne di Maria Santissima sembrano andare controcorrente e gridare a tutti la propria fede in Cristo Gesù.
Sua Ecc.za Mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, nel corso della solenne concelebrazione Eucaristica, che ha presieduto, ha esortato ogni cristiano a vivere da autentico discepolo di Cristo.
Ed, invece, molto spesso accade il contrario: non è il mondo che si conforma ai cristiani, ma i cristiani che si conformano al mondo. Il presule ha spiegato: “Siamo caduti nella trappola della cultura di questo mondo, non riescono più a riconoscere i figli di Dio, e di questo dobbiamo assumerci la responsabilità.
Come il nostro stile di vita è diverso da quelli che non credono, se viviamo come loro? Dove sta la differenza?
E quanti esempi potrei farvi! Se anche noi cadiamo nella trappola, se anche noi non crediamo ad esempio nell’amore del matrimonio, non crediamo più che veramente può esserci un futuro, che possiamo ancora ricercare e vivere nella Verità, e che non è vero che non esiste una Verità, esiste e possiamo anche conoscerla!”.
Per questo, con la benedizione di Maria, il Signore ci renda “saldi nella fede, perseveranti nella speranza e forti nella carità”.
L’assenza di Dio è un dramma nell’uomo. I cristiani riprendano coraggio!
Fratelli e sorelle,
prima di porci a riflettere sulla parola di Dio che è stata proclamata, desidero ringraziare Sua Eccellenza l’Arcivescovo per il saluto iniziale che mi ha rivolto, e per l’invito che mi ha permesso di essere qui con voi oggi, in questa ricorrenza celebrata in ogni parte del mondo. La Supplica è diventata negli anni punto di riferimento importante per tutti i cristiani.
Ringrazio Sua Eccellenza l’Arcivescovo per il grande impulso che ha dato al Santuario; la sua presenza ha portato l’incremento che è sotto i nostri occhi: anche se a prezzo di fatica e di un’opera svolta, a volte, in solitudine, il Santuario di Pompei è oggi certamente uno dei più importanti nel mondo e i pellegrini che qui vengono per rivolgersi alla Vergine sono sempre più numerosi, accolti, esauditi nella loro preghiera.
E come poter dimenticare i grandi segni della carità cristiana che qui trovano riscontro per la generosità dei pellegrini e lo zelo pastorale dell’Arcivescovo?
Il mio saluto va anche agli altri confratelli vescovi e ai sacerdoti, che insieme a me innalzano a Dio l’unico vero sacrificio di Cristo. Un cortese saluto alle autorità civili, militari e politiche che oggi sono qui e mi fanno l’onore di partecipare a questa celebrazione.
Cari fratelli e sorelle abbiamo inteso dal Vangelo che una donna, dopo aver ascoltato Gesù, disse: “Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato”.
Un’immagine che ci riporta a quella realtà di amore che lega il figlio alla madre che l’ha generato e che ancora continua a nutrirlo per crescerlo alla vita.
Gesù, però, le risponde: “Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”.
Siamo noi, fratelli e sorelle, quei beati di cui parla il Vangelo. Noi che oggi abbiamo ascoltato la parola di Dio. Siamo però chiamati anche a metterla in pratica.
Non basta l’ascolto della Parola; la Parola deve diventare vita, testimonianza nel mondo di oggi. Siamo ancora nel periodo pasquale, lo ricorda questo cero che è il simbolo di Cristo Risorto. Nel mondo di oggi siamo noi i testimoni che Gesù è morto e risorto, che ha sofferto, e che il Padre lo ha riportato alla vita per dare a tutti noi, a chi crede e a chi non crede, la certezza della speranza di una vita dopo la morte.
Questa è la nostra certezza: Gesù è ritornato in vita dopo tre giorni, e di tutto questo noi siamo i testimoni. Come gli Apostoli, incessantemente da 2000 anni, siamo testimoni della vita che Dio ha portato nel mondo.
Eppure molti oggi, come nel passato, non credono. Se non abbiamo speranza che ci sarà una vita dopo la morte, siamo i più miseri e miserabili tra gli uomini, perché tutto terminerebbe con la morte di cui non sappiamo né il come né il dove.
Essa ci coglierebbe all’improvviso e ci abbandonerebbe alla disperazione. Se non ci fosse nulla dopo la morte tutto si fermerebbe. Ma io non lo posso credere. Non lo voglio credere. Devo avere dentro di me la certezza che c’è la vita dopo la morte. E questo in forza di una ragione profonda che è data dall’Amore.
Quando si ama, si ama per sempre e nulla può spezzare questo legame. Ciò che noi portiamo nel mondo dunque è la speranza che deriva dal credere e dall’amare.
Una speranza che consente di tenere fissi i nostri occhi su Cristo Risorto. Perché allora nel mondo di oggi c’è chi non crede al nostro annuncio? Realmente dobbiamo dire, come più volte ha ripetuto Papa benedetto XVI, che siamo in una drammatica crisi di fede. Una profonda e grave crisi di fede che, probabilmente, inizia proprio da noi. Se il mondo non crede, è dovuto anche al fatto che la nostra testimonianza, forse, non è così forte e convinta come dovrebbe essere.
La crisi di fede del nostro tempo
Siamo caduti nella trappola della cultura di questo mondo. Oggi non si riesce più a riconoscere i figli di Dio, e di questo dobbiamo assumerci la responsabilità. In che modo infatti il nostro stile di vita è diverso da quanti non credono? Se noi viviamo come loro, dove sta la differenza?
E quanti esempi potremmo avere! Si pensi solo al fatto che non si crede più nel valore del matrimonio. Non crediamo più neppure che possa esserci un vero futuro. Che possiamo ancora ricercare la Verità e vivere in essa.
Quanti filosofi attestano che non esiste una verità. Ma non è vero. Esiste e possiamo anche conoscerla!
Tuttavia, se anche noi che dovremmo avere queste certezze non le viviamo nella nostra vita, la crisi di fede diventerà sempre più profonda.
Per questo occorre una nuova evangelizzazione. Recuperare la nostra fede. Convincerci che l’assenza di Dio è un dramma nell’uomo. Come potremmo vivere senza Dio? Come potremmo dare senso alla nostra vita?
Dopo che per quasi cento anni siamo stati illusi perché hanno insegnato che siamo diventati adulti, maturi, e che dobbiamo vivere nel mondo come se Dio non esistesse, ora tocchiamo con mano il punto di maturità a cui siamo arrivati!
Nessuno di noi ha mai sperimentato una crisi così profonda, una crisi economica, finanziaria, ma di fatto antropologica, come quella presente.
La paura dell’uomo contemporaneo
L’uomo è in crisi, ha paura, non ha più un futuro davanti a sé. Stiamo vivendo ora una crisi così profonda proprio perché abbiamo messo Dio in disparte nella nostra vita.
Riprendiamo coraggio! Oggi abbiamo ascoltato dagli Apostoli che dobbiamo essere saldi nella fede. Abbiamo bisogno davvero di essere solidi nella fede; di viverla nonostante le tribolazioni, perché abbiamo affidato la nostra vita a Cristo Risorto.
Abbiamo ascoltato nella prima lettura quanto è successo a Paolo. Alcuni persuasero la folla, lo lapidarono e lo trascinarono fuori della città credendolo morto. Anche oggi avviene questo, anche oggi noi cristiani veniamo uccisi solo perché siamo cristiani.
Certo, nelle nostre terre non succede in questo modo; ma ricordo l’espressione del filosofo danese Kierkegaard, il quale diceva: “Se oggi Cristo dovesse tornare non lo metterebbero in croce, ma in ridicolo”.
Questo è il martirio dei nostri giorni: metterci in ridicolo. Essere trattati come cittadini di serie B. Far passare noi, che abbiamo portato con la nostra storia il progresso, per quelli che non lo vogliono.
Noi fautori e produttori di scienza siamo considerati come quelli che sono contro la conquista scientifica, mentre desideriamo solo che questa conquista abbia ad essere regolata nell’uso che ne viene fatto, che non deve discriminare nessuno, perché davanti alle conquiste della scienza non non può esserci chi ne beneficia perché è ricco e chi rimane emarginato perché è povero.
La corrosione dei valori cristiani
Per questo siamo diventati ormai come uno “spettacolo” davanti al mondo.
Nessuno si illuda tra di noi. Nei prossimi anni potrebbe essere ancora peggio. Il controllo che viene fatto sul nostro linguaggio e sui nostri comportamenti è talmente vasto, ma sottile da non accorgersene. Si pensi che in alcuni Paesi del mondo è ormai proibito perfino dire pubblicamente “Merry Christmas”, “Buon Natale”! Dobbiamo riflettere seriamente su questo. Possiamo pensare semplicemente che da noi non avverrà mai? Chi l’ha detto? È una domanda che suscita la nostra riflessione.
Oggi siamo qui a supplicare la Vergine Maria. Questa non è una preghiera come tante, questa è la Supplica alla Vergine di Pompei.
La Supplica è una preghiera del tutto particolare. Richiede, innanzitutto, umiltà; ciò significa sentire il bisogno di Dio. Teniamo gli occhi fissi su di Lei che davanti a Dio ha detto: “Sono la serva del Signore”. Maria ha permesso a Dio di plasmarla; per questo di generazione in generazione tutti ricordano la Vergine Maria.
Tutti la invocano. Tutti fissano lo sguardo su di Lui, consapevoli che davanti a Dio abbiamo sempre bisogno di Lei per comprendere la vita, il bene e il male; per comprendere il Suo amore, per avere da Lui il perdono e la misericordia. Lasciamoci plasmare da Dio come lei, come la Vergine, perché in questo è il nostro futuro, e così riusciremo a dare risposta alla sofferenza del momento presente.
L’amore a Maria Santissima ci salverà
A Pompei veniamo per aprire il cuore davanti alla Vergine e nel silenzio, solo noi e Lei, apriamo il cuore e mostriamo ciò che vi è dentro: l’amarezza, la tristezza, il bisogno…
Tuttavia non dobbiamo moltiplicare le parole. Lei conosce già il nostro cuore e i nostri pensieri.
La Supplica, inoltre, richiede affetto, l’umiltà di chi sa di essere amato. Qui siamo davanti ad una madre, e noi siamo suoi figli. Davanti a Lei non ci sono differenze di persona, c’è solo l’affetto di una madre.
Una madre, per definizione, è colei che dà tutto.
Ripetiamo, quindi, come nella Supplica: Maria non ce ne andremo da te finché non ci avrai benedetti. Cioè fino a quando non ci avrai fatto comprendere che essere cristiani in questo mondo significa avere coraggio, vivere in ginocchio davanti a te, condurre uno stile di vita che ci consenta di essere riconosciuti come figli di Dio.
Restiamo ora qualche istante in silenzio. La Parola di Dio, che abbiamo ascoltato, provochi ancora la nostra mente a riflettere e il cuore si apra alla preghiera: o Signore, rendici saldi nella fede, perseveranti nella speranza e forti nella carità. E così sia.
dev.mo nel Signore
† Rino Fisichella
Uniti con Maria, trasformati dallo Spirito Santo
L’Anno della Fede affidato alla Madonna di Pompei
L’arcivescovo S. E.Mons. Carlo Liberati riceve i ringraziamenti e l’incoraggiamento del Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione
Dal Vaticano, 14 maggio 2012
Eccellenza Reverendissima,
di ritorno a Roma, mi permetta di ringraziarla ancora una volta per l’invito a presiedere la Supplica, per l’ospitalità che mi ha riservato e per la grande generosità con cui ha voluto accompagnarla.
Poter presiedere la S. Messa e la Supplica alla regina del Santo Rosario di Pompei è stato per me motivo di grande onore e di immensa gioia.
Ho potuto toccare con mano la devozione e l’affetto che anima tante persone verso la Santa Vergine di Pompei, frutto soprattutto del suo fecondo e instancabile impegno nella guida del Santuario e di tutte le sue numerose e importanti opere di carità.
Questo mi ha confermato come la pietà popolare sia fondamentale e necessaria per una vera ed efficace opera di Nuova Evangelizzazione.
La incoraggio nel suo ministero e, insieme a Lei, affido alla Madonna di Pompei l’ormai imminente “Anno della Fede”.
RingraziandoLa ancora, l’occasione mi è gradita per confermarmi con sensi di distinto ossequio,
dell’Eccellenza Vostra Reverendissima
dev.mo nel Signore
† Rino Fisichella
"Ottobre 2012" L'Ora del Mondo
Presiede il Cardinale Mons. Adriano Bernardini - Nunzio Apostolico in Italia
Il Santuario di Pompei, sorgente di vera libertà, di giustizia, di pace
Il saluto dell’Arcivescovo di Pompei Sua Ecc.za Mons. Carlo Liberati
Eccellenza Reverendissima e a me sempre cara,
sono molto lieto di poterLa incontrare qui a Pompei dopo i felici e ormai lontano anni della nostra formazione sacerdotale e universitaria (anche se ci siamo visti ieri l’altro a Loreto per la Visita Apostolica del Santo Padre).
A lei la Divina Provvidenza l’ha poi chiamata per le strade difficili e spesso molto lontane dalla Diplomazia vaticana, come l’ultima in Argentina dove ha trascorso ben otto anni di arduo apostolato, percorrendo in lungo e in largo quella grande nazione e dove peraltro ha trovato decine di milioni di italiani in gran parte provenienti da questo nostro Meridione.
Ora, come Nunzio Apostolico in Italia, è qui tra noi per celebrare questa preghiera, la “Supplica” alla vergine del Santo Rosario, in uno tra i più celebri e grandi Santuari dedicati alla Madre di Gesù e nostra, nel mondo.
Grazie per questa sua presenza.
Oggi avrà la gioia di essere visto e ascoltato nel mondo per la soddisfazione che la RAI-TV italiana ci consente di esperimentare attraverso la diretta di questa Supplica per chiunque voglia unirsi a noi nella preghiera.
Di questo ringrazio vivamente la Presidente della RAI-TV Prof.ssa Sig.ra Anna Maria Tarantola e i suoi solerti e sensibili esperti, tecnici e collaboratori e collaboratrici. Eccellenza, siamo qui per la Chiesa di tutto il mondo, per l’Italia, per Pompei, dall’8 maggio 1876.
I nostri Orfanotrofi e Istituti di Accoglienza ed Educazione fin dal 14 ottobre 1883, data di inizio della prima Supplica, hanno educato almeno 100.000 bambini e bambine, ragazzi e ragazze, adolescenti, giovani.
Una infelice, infausta legge della nostra Repubblica, la n. 149 del 28 marzo 2001, ha tentato di distruggere il nostro carisma totalmente dedicato alla difesa dell’infanzia abbandonata, degli orfani delle guerre, dei figli e delle figlie dei carcerati e, oggi, delle famiglie massacrate da leggi permissive.
Quella legge che aboliva le Istituzioni esistenti e doveva dare inizio alle “Case Famiglia” sappiamo come va.
Per educare 4 0 6 bimbi ci vuole una folla di educatori impossibili da reggere economicamente. Tanto è vero che le “Case Famiglia” sono pochissime e in piena difficoltà.
I nostri Istituti si reggevano sul volontariato dell’amore cristiano, della nostra quotidiana oblatività. L’amore e il servizio del prossimo non si possono imporre per legge.
Oggi, sulle strade italiane vagano e soffrono almeno 30/40 mila bimbi, bimbe, giovani di ambo i sessi totalmente alla deriva e nel vortice di ogni sofferenza.
Vivono di accattonaggio, elemosina, lavoro coatto, schiavitù morale e materiale, sopraffazioni di ogni genere e corruzione abituale per le ragazze condannate alla miseria e da uomini e donne senza scrupoli alla prostituzione.
Sembra, da serie indagini e statistiche condotte, che questa gioventù offesa e abbandonata non sopravviva al 18° anno di età.
Ma il fatto, eccetto ciò che può fare la Chiesa, non sembra preoccupare nessuna delle alte Autorità della nostra repubblica. Per loro il fatto non esiste!
Ma a noi, promotori e difensori della vita, in nome di Cristo Redentore dell’uomo, interessa e come!
Oltre ad una “Casa Famiglia” e ad un’altra per “Alcolizzati e Drogati” conserviamo, anzi, abbiamo fatto nuovo il “Pensionato” per signore sole e oltre i 60 anni, spesso abbandonate.
Conserviamo i 925 Alunni delle nostre Scuole Parificate di ogni ordine e grado. Stiamo ristrutturando la “Casa del Pellegrino” e le “Case Operaie” e dando nuovo impulso alla Caritas.
Eccellenza, nel nome e con l’intercessione di Maria, la Madre di Gesù e nostra, operiamo perché l’amore di Cristo rinnovi le nostre intelligenze, le coscienze, i nostri cuori e questo Santuario ormai tra i più celebrati nel mondo, possa essere con la potenza del santo Rosario di Maria faro di civiltà, cioè sorgente di vera libertà, di giustizia, di pace.
† Carlo Liberati
Arcivescovo Prelato di Pompei
Delegato Pontificio
Il saluto dell’Arcivescovo "Adriano Bernardini"
In verità è per me un grande onore ed una grande gioia unirmi a voi in questo giorno dedicato alla Supplica alla Madonna, alla vergine di Pompei. Ringrazio per questo onore sua Eccellenza Mons. Carlo Liberati per l’invito, mentre saluto tutti i presenti primi fra tutti gli Ecc.mi Confratelli nell’Episcopato, Sacerdoti, Seminaristi, Religiosi e Religiose, e le autorità civili e di sicurezza.
Dio continua a cercare l’uomo, nonostante le delusioni e i rifiuti
“In verità è per me un grande onore ed una grande gioia unirmi a voi in questo giorno dedicato alla Supplica alla madonna, alla vergine di Pompei. Ringrazio per questo onore Sua Eccellenza Mons. Carlo Liberati per l’invito, mentre saluto tutti gli Ecc.mi Confratelli nell’Episcopato, Sacerdoti, Seminaristi, religiosi e religiose, le autorità civili e di sicurezza”.
La Vergine dell’Annunciazione
Maria tanto venerata in tutta la cristianità ed in modo particolare qui a Pompei, si offre ai fedeli sotto i titoli e le sue missioni più varie. A voi, qui a Pompei, si dà sotto il titolo di Nostra Signora del Rosario, nella sua espressione di Madre. La Missione di Madre di Gesù, che sboccia appunto in Nazareth, nel momento in cui una semplice fanciulla di un borgo oscuro della Palestina ha detto il suo “sì” dell’accoglienza, ossia ha accettato di entrare nel progetto meraviglioso che accompagna tutta l’umanità e del quale siamo soggetti attivi.
Mi pare che il clima tipico dell’annuncio a Maria sia caratterizzato, per quanto ciò possa sembrare paradossale, dal silenzio. Si ha l’impressione che le stesse parole scaturiscano da abissi di silenzio.
La madonna essenzialmente tace, nella sua casetta di Nazareth. Il suo è il silenzio dell’ascolto carico di attenzione, di rispetto e partecipazione per il messaggio che viene dall’alto, dall’Angelo. È il silenzio tipico dell’accoglienza femminile.
Attraverso il silenzio la parola si compie e si fa verbo in lei. È il silenzio dell’interesse profondo, della meraviglia.
Il silenzio della madonna sottolinea la distanza tra il suo universo familiare, il suo progetto di vita e quell’annuncio che irrompe dall’alto. Quella proposta che sembra una “rottura” rispetto alla continuità delle sue occupazioni, dei suoi orizzonti abituali, della sua vita quotidiana. È la parola che entra in Lei, oltre il fracasso di oggi che non ci fa percepire la Grazia di Dio che è in noi. Il silenzio permette alla Madonna che partecipa alla richiesta… prendere atto di un piano divino che la supera.
Attraverso il silenzio Maria entra in un “altro mondo” e permette a Dio di entrare nella sua esistenza e di imprimerle una svolta radicale, un orientamento inimmaginabile.
E “L’orientamento inimmaginabile” è proprio quello di essere chiamata a divenire Madre di Dio.
Maria Madre di Dio, Madre nostra e Madre della Chiesa
Maria è così Madre di Dio, perché ha generato il Dio fatto uomo. Non ha generato solamente la carne di Dio, ma il Dio nella carne.
Il titolo di Madre di Dio è senza dubbio il più alto che possiamo attribuire a Maria e costituisce il fondamento della sua ineguagliabile dignità. Dio non vuole incarnarsi e nascere in Lei, usandola per un certo periodo di tempo per poi abbandonarla, dopo aver raggiunto i suoi scopi.
Dopo la nascita di Gesù la Madre non viene separata dal suo frutto che è lo stesso Dio e quindi a pieno titolo è Madre di Dio… ai piedi della croce poi le donerà anche l’umanità intera ed a pieno titolo sarà anche Madre nostra! Quindi Madre di Dio, Madre nostra e Madre della Chiesa. Qui la grandezza di Maria e la sua importanza per ciascuno di noi e per tutta la Chiesa.
Tuttavia non possiamo pensare a lei secondo l’immagine della "regina madre", quale abbiamo sovente sotto gli occhi: addobbata di vesti eleganti e portamento ieratico.
Maria è la Madre di Dio che ama il nascondimento, sceglie l’oscurità, si riveste di umiltà. Queste sono le grandezze dell’uomo, riconoscersi per ciò che si ha. La sua è una presenza discreta, modesta, mai appariscente, certo non ingombrante.
Non si atteggia a personaggio: è semplicemente una donna che si confonde con tutte le altre donne, una madre che non si distingue dalle altre madri. Non si mette mai in primo piano, non ha alcuna pretesa d’attirare su di sé l’attenzione. Lei scompare totalmente e felicemente nel Figlio. Questa è la missione di molti di noi.
Dio non è stanco dell’uomo
"Madre di Dio", ossia colei che "mette al mondo", "dà al mondo" Dio. Ma, ora, tristemente ci chiediamo: "Ma il mondo vuole questo Dio?". Ne sente proprio il bisogno? Per molti sembra che no! Molti degli uomini del nostro tempo non sanno che farsene. Ragionando in termini utilitaristici, Dio diventa superfluo.
Forse può aiutare ad ammucchiare denaro, combinare affari vantaggiosi, fare carriera, avere successo, ma risulta d’impaccio con i suoi comandamenti ed i suoi divieti ritenuti antiquati, disseminati sulla strada dei nostri interessi e piaceri egoistici. Sì perché tutto ciò che costringe a disciplina e corretta visione dell’uomo è ritenuto antiquato! Ma distruggendo i princìpi, distruggiamo la nostra storia.
Così Dio diventa fuori moda! Com’è fuori moda - e, di fatto, non la si usa più – ci si dimentica regolarmente di interpellare quella sua fastidiosissima alleata e spia che è la coscienza. Ma se siamo veramente cristiani dobbiamo farci questa domanda, interpellare la nostra coscienza.
L’uomo di oggi, più che mettersi contro Dio, o negarlo esplicitamente, si disinteressa di lui, si mostra indifferente, ne fa a meno.
Fin dagli inizi l’uomo Adamo ha preteso liberarsi di Dio. In quel meraviglioso giardino c’era Qualcuno di troppo. Era Dio che lo cercava dopo il peccato. Meglio sloggiare che rispondere all’appello. L’uomo Adamo ha preferito la terra aspra, il deserto dell’assenza. Ed ecco che Maria, con la sua maternità, porta Dio sulla terra. Lo riconduce sulle tracce dell’uomo. Perché l’uomo può anche illudersi di fare a meno di Dio. Può stancarsi di Dio. Ma Dio non è stanco dell’uomo, qui è la sua grandezza, nonostante le delusioni e i rifiuti.
L’uomo può anche fuggire o smettere di cercare Dio. Ma Dio continua a cercare l’uomo. Anche venendo meno la ricerca umana di Dio, non si interrompe la ricerca divina dell’uomo.
L’uomo può disinteressarsi di Dio, ma Dio non ce la fa a disinteressarsi della sua creatura. "Dio – secondo un’espressione tipica della teologia giudaica – non si accontenta del suo stupendo giardino. Non si rassegna ad essere il Dio delle stelle, del sole, delle piante, dei fiori, degli animali, delle montagne e delle acque. Vuole essere il Dio dell’uomo". Perché Dio ha amato l’uomo fino alla morte.
La felicità dell’uomo è nell’accogliere la presenza di Dio. È l’insegnamento di Maria
L’invocazione alla "Madre di Dio", che qui va sotto il nome di Vergine del Rosario, ci aiuta a precisare il nostro compito: si tratta di far rinascere nell’uomo, povero e miserabile, nonostante l’abbondanza di beni, la nostalgia di Dio.
Se riuscissimo ad avere nelle nostre giornate questa sua presenza, non potremmo che essere felici. Si tratta di insinuare nell’uomo il sospetto che il deserto può tornare ad essere il giardino delle origini, se accoglie quella presenza, la presenza di Dio. Se viene ripresa la conversazione troncata bruscamente dall’indifferenza della voce del serpente.
Maria ci farà capire che abbiamo bisogno di convincerci che Dio è gratuito, ma non superfluo:
* che l’uomo, anche quando ha tutto, in realtà non ha nulla se gli manca Dio;
* che senza Colui che Maria ha portato in grembo, il sorriso appassisce facilmente sui nostri volti;
* che la sera scende sempre troppo presto sulle nostre strade e la loro luce violenta ci mette addosso brividi;
* che senza di Lui l’Amore scompare troppo presto dai nostri cuori, anche se ce l’abbiamo sempre in bocca;
* che senza di Lui Maria, come Madre, non può disinteressarsi del bisogno dei figli, della loro povertà, delle loro delusioni, dei loro smarrimenti;
* che abbiamo bisogno di qualche cos’altro che non è solo il pane di ogni giorno.
La preghiera di fronte all’immagine di Maria
E per terminare, in questa solenne occasione e di fronte all’immagine di Maria Vergine e Madre, sorge spontanea una preghiera: "Santa Maria, Madre di Dio e Madre, grazie per aver offerto all’Eterno, nel tuo corpo di Vergine, la pista di atterraggio nel tempo e perché vi si potesse venire a racchiudere Colui che i cieli non riescono a contenere.
Vigilie trepide di sogni furono le tue nell’attesa della nascita di Gesù. E mentre sul telaio gli preparavi, con mani veloci, pannolini di lana, gli tessevi lentamente, nel silenzio del grembo, una tunica di carne.
Chissà quante volte avrai avuto il presentimento che quella tunica un giorno gliela avrebbero lacerata. Ti sfiorava allora un fremito di mestizia, ma poi riprendevi a sorridere pensando che tra non molto le donne di Nazareth avrebbero detto: "Rassomiglia tutto a sua Madre". La gioia della maternità che oggi molte donne hanno dimenticato, perché non hanno mai sperimentato.
Santa Maria, Madre di Dio e Madre Nostra, fontana attraverso cui, dalle falde dei colli eterni è giunta fino a noi l’acqua della vita, aiutaci ad accogliere come dono ogni creatura che si affaccia a questo mondo. Non c’è ragione che giustifichi il rifiuto di una vita nascente. Non c’è violenza che legittimi violenza. Non c’è programma che non possa saltare di fronte al miracolo di una vita che germoglia.
Madonna di Pompei, sii tu nostra Madre ed aiuta noi ad essere tuoi figli. Così sia.
† Adriano Bernardini
Arcivescovo titolare di Faleri
Nunzio Apostolico in Italia
Presiede S. Ecc.za Mons. Tommaso Caputo - Arcivescovo-Prelato di Pompei e Delegato Pontificio
Lettera di Mons. Caputo ai fedeli del Santuario
La prima Supplica come Vescovo do Pompei
Carissimi devoti della Madonna del Rosario di Pompei,
vi giunga, attraverso le pagine della nostra rivista “Il Rosario e la Nuova Pompei”, il mio più affettuoso saluto.
È con gioia che desidero condividere con voi alcune riflessioni. Si avvicina il mese di maggio, dedicato a Maria, Madre della Chiesa e nostra.
In questo periodo, nonostante il consumismo abbia eroso il tempo di tanti cristiani e il relativismo etico ne abbia minato la fede, in molte città grandi e piccole, si organizzano celebrazioni, incontri, processioni, momenti di preghiera in onore della Vergine.
Le chiese, le cappelle, le piccole edicole erette dalla pietà popolare ai crocicchi delle strade vengono addobbate con i bei fiori che la natura generosa ci dona in questa stagione. Certamente la Vergine Maria gioirà di queste iniziative che accrescono la fede e la devozione dei suoi figli.
Qui a Pompei, dove veneriamo Maria con il titolo di Madonna del Rosario, nel mese di maggio viviamo la bellissima esperienza del “Buongiorno a Maria”.
Ogni mattina dei giorni feriali, alle 6.30, ci ritroviamo per iniziare la giornata con la Madonna, affidando a Lei i nostri pensieri e le nostre preoccupazioni, accogliendo dalle sue braccia Gesù e riprendendo in mano la corona del Rosario che lei ci dona.
In questo mese, poi, c’è la grande giornata della Supplica dell’8 maggio.
Questa data fu scelta dal nostro fondatore, il Beato Bartolo Longo, per la posa della prima pietra del nascente Santuario, nel 1876, perché in quell’epoca era il giorno in cui si festeggiava san Michele Arcangelo, sotto la cui protezione Longo volle mettere la sua opera.
In quel giorno, tutti insieme, reciteremo solennemente la splendida preghiera composta dal Beato giusto centotrenta anni fa, nel 1883.
Come sapete, sono a Pompei da qualche mese, mentre viviamo l’Anno della fede.
Ne ringrazio il Signore. È davvero un orizzonte di grazia quello che si è aperto davanti a me e che vado conoscendo meglio ogni giorno.
Vivere quotidianamente sotto lo sguardo di Maria SS.ma me la fa amare sempre di più ed accresce in me il desiderio, già espresso nell’omelia del 12 gennaio scorso, di prendere Maria, come l’Apostolo Giovanni, nella mia casa, nel più profondo di me stesso (Gv 19,27), perché Ella possa riempire tutto lo spazio della mia vita interiore, il mio io umano e cristiano, come ci ha insegnato il Beato Giovanni Paolo II, nell’Enciclica Redemptoris Mater (RM,45).
Nella stessa Enciclica leggiamo anche: “Maria è presente nella Chiesa come Madre di Cristo, ed insieme come quella madre che Cristo, nel mistero della redenzione, ha dato all’uomo nella persona di Giovanni apostolo. Perciò, Maria abbraccia, con la sua nuova maternità nello Spirito, tutti e ciascuno nella Chiesa, abbraccia anche tutti e ciascuno mediante la Chiesa. In questo senso Maria, Madre della Chiesa, ne è anche modello” (RM, 47).
Queste affermazioni del Magistero trovano una sintesi mirabile nel Catechismo della Chiesa Cattolica: “Maria è l’orante perfetta, figura della Chiesa. Quando la preghiamo, con lei aderiamo al disegno del Padre, che manda il Figlio suo per salvare tutti gli uomini. Come il discepolo amato, prendiamo con noi la Madre di Gesù, diventata Madre di tutti i viventi. Possiamo pregare con lei e pregarla.
La preghiera della Chiesa è come sostenuta dalla preghiera di Maria, alla quale è unita nella speranza” (n. 2679).
Ognuno di noi, dunque, dovrebbe portare Maria a casa, vivere con Maria, andare a Cristo con Maria e per Maria, perché Lei, come diceva sant’Agostino (Sermone 291) è madre spirituale che nutre i cristiani della salvezza che viene dal suo grembo.
Quando Gesù sulla croce ha lasciato a Giovanni, ed in lui a tutta l’umanità, Maria come madre, ci ha indicato la strada; prendere con noi Maria e, attraverso lei, arrivare a Gesù.
Quindi è nostro preciso dovere prenderla nella nostra casa, proprio come Giovanni e abitare con Lei, perché la nostra fede, debole, prenda forza dalla sua maternità, riceva luce dai suoi consigli e sia guidata da Lei, esempio perfetto di cristiana. È quello che vi invito a fare e che desidero fare assieme a voi, in particolare in questo mese di maggio!
† Tommaso Caputo Arcivescovo-Prelato di Pompei
e Delegato Pontificio
La Cronaca
Pompei e San Pietro due piazze della stessa fede
Due piazze unite nel nome di Maria, San Pietro e Pompei, che diventano un’unica agorà elevando al cielo un’intensa preghiera alla Vergine. Lo scorso 8 maggio, mentre decine di migliaia di persone radunate davanti al Santuario della Madonna del Rosario di Pompei partecipavano alla Santa Messa e alla Supplica alla vergine, Papa Francesco, in Vaticano, così si rivolgeva agli oltre centomila fedeli riuniti per l’Udienza generale del mercoledì: “Oggi, 8 maggio, si eleva l’intensa preghiera della “Supplica alla Madonna del Rosario” di Pompei, composta dal Beato Bartolo Longo.
Ci uniamo spiritualmente a questo popolare atto di fede e di devozione, affinché per intercessione di Maria, il Signore conceda misericordia e pace alla Chiesa e al mondo intero”. Queste parole, riportate al popolo di Maria dall’Arcivescovo-Prelato e Delegato Pontificio, Mons.
Tommaso Caputo, che per la prima volta presiedeva il solenne rito della Supplica, sono state accolte con profonda gioia e sottolineate da un lungo applauso. Sull’altare, posto davanti alla facciata del Santuario, dedicata alla Pace Universale, anche l’arcivescovo metropolita di Benevento, Andrea Mugione; l’Arcivescovo eletto a Capua, Salvatore Visco; il Vescovo eletto di Ischia, Pietro Lagnese; gli emeriti di Aversa, Mario Milano, e di Nocera-Sarno, Gioacchino Illiano; il Vicario Apostolico Emerito di Aleppo, in Siria, Giuseppe Nazzaro, e il Padre Abate Giordano Rota, Amministratore Apostolico della Badia di Cava de’ Tirreni.
La piazza gremita ha seguito con partecipazione ogni momento della celebrazione, animata dai canti liturgici eseguiti dal Coro Pompeiano, diretto dal maestro don Francesco Di Fuccia, con all’organo il maestro Francesco Federico.
Nelle prime file, accanto alle numerose autorità civili e militari, ai malati e ai diversamente abili, i bambini e i ragazzi accolti nei Centri Educativi del santuario, che da oltre cento anni, secondo il carisma e l’esempio del fondatore di Pompei, il Beato Bartolo Longo, vengono amorevolmente seguiti nel loro cammino di crescita fisica, spirituale e culturale dalle Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario di Pompei e dai Fratelli delle Scuole Cristiane di San Giovanni Battista de La Salle.
Nell’omelia, che riporterò integralmente in basso, Mons. Caputo ha indicato ai presenti Maria come modello di vita, soprattutto in quell’Anno della fede, durante il quale la Chiesa invita i credenti a fare un decisivo scatto in avanti nel proprio cammino spirituale.
Forte anche il richiamo a riprendere in mano la corona del Rosario, vera forza di Pompei, per la sua fisionomia mariana e la valenza cristologica.
Anche quest’anno, come accade a partire dal 1979, l’emittente privata “Napoli Canale 21” ha trasmesso in diretta la Supplica e la santa Messa che l’ha preceduta in tutta la Campania e nelle regioni limitrofe, permettendo, così, a milioni di persone, soprattutto malati, anziani, carcerati ad unirsi spiritualmente in preghiera con la piazza di Pompei.
La sola Supplica è stata trasmessa anche da TV 2000, la TV dei cattolici italiani, che dalle 9.00 alle 10.00, ha dato vita anche ad uno speciale del suo programma “Nel cuore dei giorni, dedicato proprio alla Madonna di Pompei.
Numerose le Associazioni di Volontariato che, assieme alle forze dell’ordine ed al personale del Santuario, hanno contribuito all’organizzazione ed allo svolgimento della celebrazione: Associazione “San Giuseppe Moscati”, Associazione Nazionale Carabinieri, CISOM, Croce Rossa, Croce del Sud, Misericordia, Ospitalità di Pompei, Pompei Tourist Tutors, UNITALSI. (Autore: Loreta Somma)
L’Omelia del Prelato Mons. Caputo:
“da Maria impariamo lo stile della contemplazione cristiana, che non è fuga dal mondo, ma allenamento a conservare nel cuore le parole di Gesù”.
La realtà di una fede viva per una società più giusta e solidale
Cari Pellegrini presenti qui a Pompei, benvenuti!
Cari fratelli vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose, autorità civili e militari, carissimi fedeli che ci seguite grazie ai mezzi di comunicazione sociale: ammalati, anziani, carcerati, vi giunga il mio più affettuoso saluto, vi sentiamo presentissimi insieme a noi, in questa magnifica piazza.
Siamo radunati davanti alla facciata del santuario della Beata Vergine del Rosario, dedicata alla pace e sulla cui sommità svetta la statua della Madonna.
Al termine della Santa Eucaristia, reciteremo la Supplica alla Madonna del Rosario, che il nostro Fondatore, il Beato Bartolo Longo, definiva “l’Ora del Mondo” e che lui stesso ha composto giusto centotrenta anni fa.
È una splendida preghiera che racchiude in sé tutti i dolori e le speranze dell’umanità e dà voce all’amore che dalla terra si leva verso il cielo. È stata tradotta in decine di lingue e recitata, oggi e la prima domenica di ottobre, da milioni di fedeli in tante parti del mondo.
Questa preghiera di Bartolo Longo è anche un grande aiuto per il conseguimento della nostra più piena maturità cristiana. Recitare la Supplica alla Madonna di Pompei significa manifestare la nostra figliolanza verso “la Madre”, che Gesù ci ha donato dall’alto della Croce, diventare intimi e familiari con Lei e con Dio.
Come l’apostolo Giovanni la prese nella sua casa, anche noi abbiamo il dovere di prenderla nella “nostra”, nel “più profondo di noi stessi” (Gv 19,27), perché Ella possa riempire tutto lo spazio della nostra vita interiore, il nostro io umano e cristiano, secondo una felice espressione del Beato Giovanni Paolo II (RM,45).
Abitando con Maria, la nostra fede debole prenderà forza dalla sua maternità, riceverà luce dai suoi consigli.
Sabato scorso, Papa Francesco, nella Basilica di Santa Maria Maggiore in Roma, dove si è recato per recitare il Santo Rosario ha affermato: “Gesù dalla croce dice a Maria, Indicando Giovanni: - Donna, ecco tuo figlio! – e a Giovanni: - Ecco tua madre” – (cfr Gv 19,26-27). In quel discepolo tutti noi siamo rappresentati: il Signore ci affida nelle mani piene di amore e di tenerezza della madre, perché sentiamo il suo sostegno nell’affrontare e vincere le difficoltà del nostro cammino umano e cristiano; non avere paura delle difficoltà, affrontarle con l’aiuto della mamma”.
Ha anche chiesto di pregare per lui, perché ne ha bisogno, recitando tre Ave Maria. E noi, accogliendo la sua richiesta, certamente ci impegniamo a farlo!
Il Rosario è la vera forza di Pompei! È commovente vedere, qui a Pompei, con quale fede tante persone, anche giovani, recitano il Rosario: preghiera antica e sempre nuova, preghiera dalla “fisionomia mariana, dal cuore cristologico”, secondo la bella espressione del Beato Giovanni Paolo II nella Rosarium Virginis Mariae. Attraverso i misteri del Rosario ci immergiamo, alla scuola e con occhi di Maria, in un mistico pellegrinaggio, verso Gesù, vero Dio e vero uomo, compiendo così il passo essenziale della nostra identità cristiana.
Ritorna in mente, in proposito, l’insegnamento che, nell’Anno della Fede, il Papa emerito Benedetto XVI ha indicato per il Rosario, chiamato a diventare la forza dei fedeli di tutto il mondo. Una conferma in tal senso viene anche da Papa Francesco, che proprio in questi giorni, continuamente ci invita a pregare il Rosario, soprattutto in famiglia,
Qui a Pompei apprendiamo che il Rosario è una pedagogia inventata da Maria, con il suo amore di Madre, per aiutarci a “imparare” Gesù. Non meditiamo forse, nei misteri del rosario, gli eventi principali della vita di Lui? E non li imitiamo imprimendoli nella mente e nel cuore per rivestirci dei suoi stessi sentimenti?
È così che si diventa “amici” di Gesù: frequentandolo assiduamente. Lo diceva il Beato Bartolo Longo, fondatore del Santuario, delle opere di carità e della nuova città di Pompei.
Questa preghiera, così semplice da poter essere la preghiera di tutti e in tutte le circostanze, “batte il ritmo della vita umana, per armonizzarla col ritmo della vita divina”, nella gioiosa comunione della Santa Trinità, come ricordava Papa Giovanni Paolo II (RVM 25), che amava dire che il Rosario era la sua “preghiera prediletta”.
Ma perché, viene da chiedersi, per sintonizzare il ritmo della nostra vita sul ritmo della vita d’amore della Trinità, occorre pregare con Maria?
La risposta la troviamo nel Vangelo dell’Annunciazione che abbiamo appena ascoltato (Lc 1, 26-38).
Guardare a Gesù con gli occhi di Maria c’insegna come deve essere il nostro cuore: aperto, pienamente affidato, quasi un calice vuoto pronto ad accogliere il dono di Dio.
Così come è stata Maria nel “fiat”, nel “si”, nella risposta all’angelo: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”.
E Maria il suo “fiat” lo ha ripetuto ogni giorno, nella gioia e nel dolore, nella luce e nell’oscurità, sino ai piedi della croce e all’effusione dello Spirito del Cenacolo.
Maria, dunque, è il modello del discepolo che segue passo passo Gesù, affinché Egli possa rivivere il lui.
Da Maria impariamo lo stile della contemplazione cristiana, che non è fuga dal mondo, ma allenamento a conservare nel cuore le parole di Gesù (cf Lc 2,19) perché, al momento opportuno diano frutto nella vita.
Contemplare è, quindi, specchiarsi in Colui che si contempla, Gesù, per poterlo poi rispecchiare a propria volta.
Maria, poi, non è soltanto un modello, sia pure il più alto e trasparente, del nostro cammino di immedesimazione con Gesù. È molto di più. È la madre di Gesù ed è, spiritualmente ma realmente, la “madre nostra”. Maria esercita dal cielo la sua maternità verso di noi. Se ci avvicianiamo a lei con fiducia e disponibilità, ci nutre di quel latte spirituale che genera in noi la vita di Dio.
E concludiamo. Il fondatore della nuova Pompei, l’Avv. Bartolo Longo, ha unito in questo luogo, per un provvidenziale disegno, fede e carità.
Egli diceva che: “Carità senza Fede sarebbe la suprema delle menzogne. Fede senza Carità sarebbe la suprema delle incongruenze”. Le opere di carità da lui iniziate, continuano ancora oggi, adattandosi ai bisogni odierni.
La nostra società, pur così avanzata in molti campi, non riesce a sottrarsi al peso di ritardi e ingiustizie sociali. Queste opere – per i figli dei carcerati, per la gioventù in difficoltà, per i bambini, per gli anziani, per i tossicodipendenti, per le ragazze madri – vengono portate avanti anche con la generosa presenza delle Suore Domenicane del Santo Rosario, fondate dallo stesso Beato, dei benemeriti Fratelli delle Scuole Cristiane e di tanti altri.
Si tratta di opere di carità che si sostengono con l’aiuto generoso di fedeli di tutto il mondo.
Ed in questo, il Santuario di Pompei vuole continuare ad essere l’avamposto di un modello di amore solidale, l’altro nome, potremmo dire, della carità, nella fedeltà alla vocazione stessa della città di Bartolo Longo.
In un tempo di crisi, che preoccupa e crea disagi nella società e in molti nuclei familiari, specie nel Meridione, per mancanza di lavoro, soprattutto tra i giovani.
Pompei, ripensando alle sue origini e all’ispirazione di Bartolo Longo, vuole oggi offrire la realtà di una fede viva che rigenera e che forma cittadini impegnati giorno per giorno nel costruire una società giusta e solidale.
Tutto questo sotto lo sguardo di Maria, Vergine del Rosario. Qui tutto sembra convergere in una spinta delicata ma decisa, proviene dallo Spirito Santo. Divino artista della storia di Dio con gli uomini, affinché ci mettiamo alla scuola di Maria per “imparare” Gesù.
Il Gesù di sempre e il Gesù che, anche attraverso di noi, vuol vivere nel nostro tempo come Luce e salvezza per tutti.
Apriamogli il nostro cuore e portiamolo, così nel mondo!
Tommaso Caputo
Arcivescovo-Prelato di Pompei
E Delegato Pontificio
La Veglia
“Qui a Pompei, la salvezza di Dio, la misericordia di Dio, la riceviamo anche attraverso un’icona, questo Quadro della Beata Vergine del Santo Rosario di Pompei, quadro famoso in tutto il mondo, in cui ammiriamo la Madonna in trono con Gesù in braccio e con, nella mano sinistra, la corona del Rosario che porge a Santa Caterina, mentre Gesù, appoggiato sulla sua gamba destra, la porge a San Domenico”.
Così, Mons. Caputo, durante la Messa d’intronizzazione del Quadro della vergine, ha sottolineato l’importanza di questa tela, il cui arrivo a Pompei ha sancito la data di nascita della città.
Quest’anno, infatti, in preparazione alla Supplica dell’8 maggio e nell’ambito degli interventi di restauro della basilica, anche il Presbiterio e il Trono sono stati sottoposti a una delicata azione di risanamento conservativo.
L’Icona, dunque, rimossa dal Trono, vi è stata nuovamente ricollocata il 6 maggio scorso.
La presenza della sacra Immagine della Vergine permette ai fedeli di sentirne quasi fisicamente la vicinanza, hanno bisogno di guardare Maria negli occhi, perché , come ha spiegato l’Arcivescovo di Pompei, durante la Veglia del 7 maggio, la Madonna “madre di Gesù, è spiritualmente, ma realmente, madre nostra”.
Il pellegrinaggio
Nella notte del 7 maggio si sono messi in cammino e per circa 90 chilometri hanno marciato verso Pompei in nome di una tradizione che dura da oltre 70 anni.
Sono i devoti di Pignataro Maggiore, in provincia di Caserta, che dal 1945, ogni anno, giungono pellegrini a Pompei nel giorno della Supplica.
Questo atto di omaggio che i pignataresi compiono per amore della Madonna di Pompei, nasce durante la Seconda Guerra Mondiale. Gli uomini di Pignataro, come tanti altri connazionali, furono chiamati al fronte per difendere la Patria.
E a chi affidarsi se non a Maria, “onnipotente per grazia”? Le promisero che, se fossero tornati a casa sani e salvi, ogni anno sarebbero arrivati a piedi a Pompei. La vergine li esaudì e loro, ancora oggi, onorano il voto fatto.
Giovani, donne, anziani e bambini marciano, alternando canti e preghiere, fino a giungere sul sagrato della basilica mariana.
L’ultima parte del tragitto, la lunga navata centrale del Santuario, i pellegrini di Pignataro la percorrono in ginocchio. Dopo la lunga veglia di preghiera, attendono il momento in cui reciteranno nuovamente la Supplica con la certezza che la Madonna ascolterà ed esaudirà ancora le loro preghiere. (Autore: Loreta Somma)
Supplica 6 ottobre 2013
Il 6 ottobre, torna l’appuntamento con la Supplica, la preghiera composta dal Beato Bartolo Longo nel 1883. Sono decine di migliaia i fedeli che ogni anno (l’8 maggio e la prima domenica di ottobre) si ritrovano a Pompei, in unione spirituale con i milioni di fedeli che in tutto il mondo recitano con fervore questa preghiera, per invocare grazie e protezione, in un crescendo di espressioni ardenti d’amore e d’implorazione. Quest’anno a presiedere la santa Messa e a guidare, poi, la recita della Supplica, sarà mons. Giovanni Angelo Becciu, Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato.
L’Arcivescovo Giovanni Angelo Becciu è nato a Pattada, in provincia di Sassari, il 2 giugno 1948. Formatosi nel seminario
vescovile di Ozieri, laureato in diritto canonico, ha svolto una lunga carriera diplomatica. Ordinato sacerdote il 27 agosto 1972, è entrato nel Servizio apostolico della Santa Sede nel 1984, svolgendo incarichi diplomatici presso le Nunziature della Repubblica Centrafricana, della Nuova Zelanda, del Regno Unito, della Francia e degli Stati Uniti. Il 15 ottobre 2001, Papa Giovanni Paolo II lo nomina Nunzio apostolico in Angola e Arcivescovo di Roselle.
Il 15 novembre successivo è nominato Nunzio anche dello Stato africano di São Tomé e Principe. Monsignor Becciu riceve la consacrazione episcopale il 1° dicembre 2001 dalle mani del Cardinale Angelo Sodano. Nel 2009, Papa Benedetto XVI lo nomina Nunzio Apostolico a Cuba. Il 10 maggio 2011, lo stesso Pontefice lo nomina Sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato.
Il 31 agosto scorso, Papa Francesco lo ha confermato nel medesimo incarico. Milioni di fedeli avranno la possibilità di ascoltare e di unirsi alle voci che si leveranno da Pompei per supplicare la Vergine. L’intera funzione religiosa e la Supplica saranno, infatti, trasmesse, in diretta televisiva, da Napoli-Canale 21 e TV2000, a partire dalle 10.15. L’emittente televisiva della Conferenza Episcopale Italiana è visibile sul canale 28 del digitale terrestre e sul canale 142 di Sky. Alle 12, infine, ci sarà un collegamento con Piazza San Pietro per ascoltare l’Angelus di Papa Francesco.
Lunedì 7, infine, solennità della Beata Vergine del Rosario, l’Arcivescovo di Pompei presiederà la santa Messa delle 19. In questo giorno si ricorda anche il decimo anniversario della visita di Papa Giovanni Paolo II, pellegrino nella città mariana il 7 ottobre 2003, a conclusione dell’Anno del Rosario.
Nel frattempo, sabato 5, ricorrenza del Beato Bartolo Longo, il Santuario di Pompei festeggerà il proprio amato fondatore, inaugurando anche la Cappella a lui dedicata, recentemente sottoposta ad alcuni interventi di restauro.
La giornata avrà inizio alle 6.30 con il “Buongiorno a Maria”. Più tardi, alle 10.30, mons. Tommaso Caputo, Arcivescovo-Prelato di Pompei, presiederà la santa Messa. Alla funzione religiosa prenderanno parte gli studenti delle scuole del Santuario che, al termine, offriranno un omaggio floreale al monumento del Beato in Piazza Bartolo Longo.
Ad arricchire la cerimonia, sarà la musica del Complesso Bandistico intitolato al Fondatore. Alle 19, mons. Giuseppe Adamo, Vicario Generale della Diocesi di Pompei, presiederà la solenne concelebrazione Eucaristica, al termine della quale ci sarà la processione con l’Urna del Beato Bartolo Longo attraverso via Roma, via San Michele e percorrendo, infine, piazza Bartolo Longo.
"Ottobre 2013" L'Ora del Mondo
Presiede Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Giovanni Angelo Becciu, Arcivescovo titolare di Roselle, Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato
Prelatura di Pompei – Ufficio Liturgico
Celebrazione Eucaristica e Recita della Supplica alla B.V.M.
Notificazione
Domenica 6.10.2013 alle ore 10.30 in Piazza Bartolo Longo, Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Giovanni Angelo Becciu, Arciv. titolare di Roselle, Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, presiederà la Celebrazione dell’Eucaristia e la recita della Supplica alla B.V. M.
Indicazioni per i concelebranti
Gli Ecc. mi Vescovi, portando con sé la mitra, il Vicario Generale della Prelatura e il Rettore del Santuario si riuniranno per le 10 nella cappella della Prelatura per indossare i paramenti liturgici. I Presbiteri che desiderano concelebrare si troveranno per le ore 9.45 nella sacrestia della Basilica per indossare i paramenti liturgici. Alle 10.15 saranno accompagnati nel corridoio della Cappella di San Giuseppe Moscati per prendere parte alla processione d’ingresso.
Indicazioni Rituali
Si celebra la Messa votiva della Beata Vergine Maria del Rosario. A conclusione dell’Anno della Fede i fedeli sono invitati in questa festa a rispecchiarsi in Colei che è beata perché ha creduto (cf. Lc 1, 45), ed in questa fede ha accolto nel suo grembo il Verbo di Dio per donarlo al mondo.
Alla scuola di Maria Vergine, i fedeli imparano ad ascoltare con fede la Parola di Dio, a contemplarla nei misteri del Santo Rosario e a trasformarla in carità ardente verso i più deboli.
In questa festa si trova quindi racchiusa tutta la missione della Chiesa di Pompei e il messaggio a tutti i devoti della Vergine del Rosario di Pompei.
Schema della Celebrazione
Riti d’introduzione
- Processione verso la Piazza Bartolo Longo (attraverso il corridoio Cappella San Giuseppe Moscati con uscita dalla sala vendita libri). Canto d’ingresso (incensazione altare-croce)
- Segno di croce e saluto liturgico
- S.E. Mons. Tommaso Caputo, Arcivescovo Prelato di Pompei rivolge all’Ecc.mo Arcivescovo un indirizzo di benvenuto
- Atto penitenziale: Signore pietà con tropi recitati; Dio onnipotente abbia misericordia di noi, ecc.
- Gloria (recitato)
- Orazione colletta (Messale Romano, formulario di Messa BVM del Rosario, 7 ottobre)
Liturgia della Parola
- 1° lettura (Atti degli Apostoli 1, 12-14) – salmo cantato (Magnificat: Luca 1, 46-55) – 2° lettura (Romani 12, 1-2.9-18) – canto al Vangelo (Luca 1, 28.42) – Vangelo (Luca 1, 26-38) – benedizione con evangeliario
- Omelia dell’Ecc.mo Arcivescovo
- Credo (recitato)
- Preghiera dei fedeli
Liturgia Eucaristica
- Canto d’offertorio e presentazione dei doni
- Prefazio e preghiera eucaristica II o III a seconda del tempo
- Santo (cantato)
- Dossologia in canto
- Padre nostro recitato
- Canto dell’Agnello di Dio
- Canti di comunione
- Orazione dopo la comunione
Riti di conclusione
- Supplica alla B.V.M.
- Benedizione solenne – congedo
- Ascolto dell’Angelus del Santo Padre Francesco in diretta da Piazza San Pietro
- Canto e processione finale (ingresso dalla sala offerte e corridoi del Santuario).
(Don Giuseppe Ruggiero)
Domenica 6 ottobre
Ore 10.15 Solenne Concelebrazione Eucaristica presieduta da S.E. Mons. Giovanni Angelo Becciu, Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato. (Diretta su TV 2000 e Napoli Canale 21)
Ore 11.45 Supplica alla Beata Vergine del Santo Rosario. (Diretta su TV 2000 e Napoli Canale 21)
Ore 12.00 In collega mento con Piazza San Pietro, Angelus di Papa Francesco
Lunedi 7 ottobre - Solennità della Madonna del Rosario
Ore 19.00 Concelebrazione Eucaristica presieduta da S. E. Mons. Tommaso Caputo, Arcivescovo - Prelato di Pompei.
Supplica 6 Ottobre 2013
Il 6 ottobre, torna l’appuntamento con la Supplica, la preghiera composta dal Beato Bartolo Longo nel 1883. Sono decine di migliaia i fedeli che ogni anno (l’8 maggio e la prima domenica di ottobre) si ritrovano a Pompei, in unione spirituale con i milioni di fedeli che in tutto il mondo recitano con fervore questa preghiera, per invocare grazie e protezione, in un crescendo di espressioni ardenti d’amore e d’implorazione. Quest’anno a presiedere la santa Messa e a guidare, poi, la recita della Supplica, sarà Mons. Giovanni Angelo Becciu, Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato. L’Arcivescovo Giovanni Angelo Becciu è nato a Pattada, in provincia di Sassari, il 2 giugno 1948.
Ai piedi di Maria con Papa Francesco pregando il Rosario
Il 6 ottobre, il popolo di Maria si è ritrovato sul sagrato della Basilica di Pompei per recitare la preghiera d’invocazione alla Vergine, opera del Beato Bartolo Longo. L’inizio della celebrazione e della Supplica è stato anticipato di un quarto d’ora per consentire ai fedeli di ascoltare l’Angelus di Papa Francesco. Nelle sue parole, il Santo Padre si è unito spiritualmente ai devoti pompeiani e ha chiesto di accogliere da Maria il Santo Rosario, scuola di preghiera e di fede.
La preghiera avvicina e unisce, anche quando le distanze separano. Il 6 ottobre, la prima domenica del mese per tradizione dedicato a Maria, piazza Bartolo Longo e piazza San Pietro sono diventate un unico luogo e i fedeli giunti a Pompei per la recita della Supplica hanno potuto pregare insieme alle centomila persone arrivate a Roma per ascoltare l’Angelus di Papa Francesco.
A mezzogiorno, le parole del Santo Padre, grazie all’installazione di un maxischermo collegato dalla capitale, hanno entusiasmato le migliaia di persone accorse sul sagrato innanzi al santuario.
I devoti pompeiani e romani, nell’unità di una fede comune, erano quasi gomito a gomito, in silenzioso ascolto dell’esortazione di Papa Francesco: "Ognuno di noi – ha detto il Pontefice – nella propria vita di ogni giorno, può dare testimonianza a Cristo, con la forza di Dio, la forza della fede. E come attingiamo questa forza? L’attingiamo da Dio nella preghiera. Ottobre è anche il mese del Rosario, e in questa prima domenica è tradizione recitare la Supplica alla Madonna di Pompei, la Beata Vergine Maria del Santo Rosario. Ci uniamo spiritualmente a questo atto di fiducia nella nostra Madre, e riceviamo dalle sue mani la corona del Rosario: è una scuola di preghiera, una scuola di fede". I cristiani devono dunque essere testimoni di Gesù e del Vangelo, ma perché questo accada occorre una forza speciale, che non può venire da se stessi, ma solo dalla preghiera e, in modo speciale, dalla recita del Santo Rosario, preghiera dolce che ci unisce a Dio come ci unisce ai fratelli.
La celebrazione della Santa Messa, presieduta dall’Arcivescovo Monsignor Giovanni Angelo Becciu, sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, ha presieduto la Supplica alla Regina del Santo Rosario di Pompei, recitata quest’anno con un quarto d’ora d’anticipo proprio per consentire la diretta dell’Angelus.
Nella sua omelia, il Presule ha riflettuto sul tema della santità: nessuno ne è escluso, tutti sono stati chiamati a viverla in pienezza: "Sembrerebbe – ha tra l’altro spiegato il celebrante – una vocazione troppo grande, essere santi e immacolati, come Maria.
Eppure possiamo attuare la nostra vocazione, basterà fare come lei: metterci in ascolto del Signore e rispondere alla sua chiamata". Ad accogliere l’Arcivescovo Becciu. Monsignor Tommaso Caputo, Arcivescovo di Pompei, che nel suo saluto, ha ribadito la vocazione di Pompei, "città della carità, carità operosa e sempre nuova, attenta alle nuove povertà e pronta a rinnovare attività ed iniziative, seguendo i bisogni della società, ma sempre uguale nello spirito e nella dedizione che, aprendo le porte di casa, spalanca quelle del cuore, secondo il carisma di Bartolo Longo".
A dare ulteriore prova del legame tra la Chiesa e Maria Santissima, la presenza di cinque Arcivescovi concelebranti: Monsignor Orazio Piazza di Sessa Aurunca, Monsignor Mario Milano emerito di Aversa, Monsignor Felice Cece, emerito di Sorrento-Castellammare, e i Nunzi Apostolici Monsignor Luigi Travaglino e Monsignor Antonio Franco.
(Autore: Giuseppe Pecorelli)
Presiede il Cardinale Pietro Parolin - Segretario di Stato di Sua Santità
In preghiera per la Chiesa, per il Papa, per il Mondo
L'8 maggio, festa della Madonna del Rosario di Pompei, una folla straordinaria ha gremito piazza Bartolo Longo tanto che lo sguardo si perdeva ad osservare il popolo di Dio assiepato lungo la via Sacra, via Lepanto e via Roma.
Erano migliaia i fedeli presenti, ma ancora di più erano coloro che si univano alla preghiera in ogni parte del mondo, come se la piazza estendesse i suoi confini a chiunque volesse raggiungerla. E milioni di voci sono diventate una soltanto, in un prodigio di fraternità nella fede e nella speranza, alle prime parole della Supplica: "O Augusta Regina delle Vittorie, o Sovrana del Cielo e della Terra".
Quest’anno l’intero rito è stato presieduto dal Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato di Sua Santità, ed è stato concelebrato dall’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, da numerosi Arcivescovi e Vescovi delle diocesi campane e da tutto il clero pompeiano.
Nelle parole del Cardinale il senso pieno del grande carisma pompeiano: "Siamo in un luogo dove la carità ha posto le tende – ha detto – si è insediata come elemento costitutivo di una storia di fede che continua a guardare avanti sospinta dalla forza poderosa e umile della sua origine: qui la preghiera, la corona del Rosario di cui si è fatto apostolo il Fondatore Bartolo Longo, si è calata in una realtà che parlava d’altro. Parlava di miseria e di abbandono, di ingiustizia e di sopraffazione".
I tempi moderni non sono purtroppo privi di difficoltà e angustie e, per questo, i credenti sono chiamati ad "essere luce per il mondo" e a professare la fede mettendola "in pratica con l’amore al prossimo".
Ad accogliere il Cardinale nella città di Maria, l’Arcivescovo Caputo, il quale nel suo saluto ha ricordato commosso le parole che Papa Francesco aveva pronunciato nell’udienza generale del 7 maggio e ha spiegato quale sia la bellezza che risiede nella preghiera della Supplica, "specchio dell’anima e della spiritualità del Fondatore: una tenera invocazione che, in questo giorno, unisce in unico coro milioni di fedeli in ogni parte del mondo.
Questa preghiera, nella quale sono raccolti i desideri e le speranze di tutti gli uomini, è un inno alla fede ed alla pace".
(Autore: Giuseppe Pecorelli)
Omelia del Cardinale Pietro Parolin
Qui la Carità ha spalancato le porte alla speranza
Cari fratelli e sorelle,
Sono grato a Sua Eccellenza Mons. Tommaso Caputo Arcivescovo Prelato di Pompei per il suo cortese invito a presiedere questa celebrazione nella giornata della Supplica alla Beata Vergine Maria di Pompei.
Ringrazio le Autorità civili e militari per la loro gradita presenza, a testimonianza del loro affetto verso il Santuario e dell’importanza che esso riveste per la città e per la Regione, oltre che per la devozione di tutti i fedeli cattolici, che qui provengono numerosi da ogni parte del mondo per ringraziare la Madre di Gesù per le tante grazie di cui si fa benevola mediatrice e per impetrarne sempre di nuove. Sono lieto di farmi pellegrino, insieme a voi, nella città di Maria. Saluto i fratelli Vescovi della Campania, venuti numerosi a condividere questo momento. E saluto i sacerdoti della Prelatura di Pompei, i religiosi e le religiose.
Ascoltare le letture nella "città di Maria", l’altro nome di questa terra meravigliosa e così ricca di storia, offre suggestioni che la vicinanza al tempo pasquale rende ancora più intense e significative.
La liturgia di oggi ci presenta innanzitutto la Chiesa nascente. Gli Apostoli, rinvigoriti dal dono dello Spirito Santo, iniziano la loro missione di annunciatori della buona novella. Pietro, indicato da Gesù come pastore del piccolo gregge, proclama la sua fede in Cristo crocifisso e risorto ed invita i presenti a pentirsi dei propri peccati e a lavare nell’acqua del battesimo le proprie colpe per rinascere a vita nuova.
Si fa strada una prima domanda: in che cosa consiste questa vita nuova? Per i cristiani non può esserci una sola risposta: essa consiste nell’amore e si manifesta nella carità.
Siamo in un luogo dove la carità ha posto le tende, si è insediata come elemento costitutivo di una storia di fede che continua a guardare avanti sospinta dalla forza poderosa e umile della sua origine: qui la preghiera, la corona del Rosario di cui si è fatto apostolo il fondatore Bartolo Longo, si è calata in una realtà che parlava d’altro. Parlava di miseria e di abbandono, di ingiustizia e di sopraffazione. L’uomo era calpestato nella sua dignità e i poveri, gli ultimi della fila, non erano quasi considerati.
La carità ha aperto le porte, anzi le ha spalancate alla speranza, dando vita e un’era nuova. Nessun problema, nessuna apprensione, per quanto forte e motivata, può tenere lontana una speranza che, proprio in questo luogo si manifesta come concreta, fatta di opere che parlano il linguaggio di una carità che trasforma, costruisce e fa nuove le cose. Questo rimane vero anche se oggi ciò che viviamo non ci mette al riparo da difficoltà e angustie, come l’insidia di una violenza sempre in agguato, o le scarse e incerte prospettive di lavoro per i nostri giovani, ai quali non solo la crisi economica di questi tempi, ma ritardi antichi e strutturali rendono difficile guardare al futuro con serenità e fiducia.
"Siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli", dice Giovanni nella prima Lettera.
Quali riflessioni, dunque, possiamo ricavare da queste letture? Cosa ci vuole dire oggi il Signore? Vorrei soffermarmi, assieme a voi, su tre concetti in particolare: professare la nostra fede, metterla in pratica con l’amore al prossimo, essere luce per il mondo.
Professare la nostra fede
Pensiamo a Pietro, povero pescatore di Galilea, trascinato da Gesù in un’avventura più grande di lui. Il Signore gli dà le chiavi del Regno, lo mette a capo degli Apostoli, gli dà fiducia. E lui che fa? Nel momento del bisogno, lo rinnega per tre volte. Ma la fede in Cristo è più forte! Pietro "pianse amaramente", si pentì di quello che aveva fatto e, dopo la Risurrezione di Gesù riunì i suoi fratelli. Ma era ancora timoroso. La sua umanità era molto molto fragile. Ecco allora che Dio manda lo Spirito Santo che dà agli Apostoli, riuniti con Maria nel Cenacolo, la grazia, la forza per annunciare e costruire il Regno di Dio.
Come non notare la presenza di Maria nel cenacolo? Accanto agli Apostoli, vicina ad ognuno di essi nel momento in cui lo Spirito Santo li spingeva sulla via della testimonianza e della missione, Maria, in un certo senso, replicava il "s’" dell’Annunciazione, facendosi presente come prima evangelizzatrice.
Maria si poneva così al servizio di Gesù e del Vangelo. Umile ancella del Signore, ma anche madre della nostra fede. È questa innanzitutto la dimensione che essa ci offre, particolarmente in questa sua "bella casa" di Pompei, un Santuario posto nel cuore di una città cresciuta alla sua ombra e sotto la sua protezione. Nessuna delle ansie, delle preoccupazioni, come pure delle gioie e delle speranze di questa comunità può esserle estranea. Essa veglia come madre amorevole e premurosa non solo sulle vicende della nostra vita quotidiana, ma sulla saldezza della nostra fede. É lei che ci invita a rivolgere lo sguardo al Suo Figlio. È Lei che continua ad assistere gli apostoli dei nostri giorni, per i quali non è mutato il dovere della testimonianza e della missione. Tutti noi siamo battezzati ed abbiamo ricevuto, nella Confermazione, il dono dello Spirito Santo. Facciamo fruttare questo dono. Professiamo la nostra fede come San Pietro e gli altri Apostoli. Anche se ciò dovesse costarci, come è accaduto a lui. Pensiamo alle migliaia di cristiani che, ancora oggi, nel XXI secolo, soffrono a causa della loro fede, sono perseguitati, vedono i propri diritti calpestati. Preghiamo per loro e, soprattutto, agiamo come loro, senza scendere a compromessi, ma vivendo e professando in pienezza la nostra fede.
Mettere in pratica la nostra fede, cioè amare il prossimo
È proprio qui il cuore della nostra fede. È questa la rivoluzione portata da Gesù. L’amore vicendevole è il comandamento che egli ha dato ai suoi, prima di morire, definendolo suo e nuovo. È, quindi, l’essenza stessa del suo insegnamento. Solo attraverso l’amore al fratello, infatti, ci dice San Giovanni, "passiamo dalla morte alla vita". Rinasciamo, cioè, a vita nuova.
Esempio di vita nuova è la terra che oggi vi accoglie, e sulla quale oggi ho potuto sperimentare la gioia della celebrazione eucaristica. Quel "nuova", che precede il nome proprio di Pompei, non indica solo la grande distanza di epoche con l’antica e splendida città degli scavi, tramandata a noi da un complesso monumentale unico al mondo. La distanza della "Nuova Pompei" è invece in rapporto al territorio della Valle desolata che si presentò agli occhi di un evangelizzatore come Bartolo Longo. Un laico, con esperienze di vita piuttosto difficili e tormentate, che vide in quella terra abbandonata e infestata da degrado e malavita, non un luogo al quale voltare le spalle, ma il punto di partenza per un "nuovo inizio". C’era innanzitutto una speranza da ricostruire. Bartolo Longo considerò necessario mettere in pratica la fede, ossia amare il prossimo, confidare nella Provvidenza e nella misericordia di Dio.
A trovarsi al centro del progetto della "Nuova Pompei" fu così la preghiera. I grani del Rosario, di cui fu instancabile propagatore, diventarono i veri e più saldi "mattoni" per l’edificazione di questo santuario, cosa comune della fede e della speranza di un popolo nuovo. La fede vissuta, testimonia l’esperienza di Pompei, diventa la nostra forza, unisce e comprende tutte le nostre azioni e ci porta a Dio. L’amore fra gli esseri umani è ciò che sta più a cuore a Dio, ciò che Lui vuole per noi, perché è Padre di tutti. Amandoci gli uni gli altri, dunque, siamo più vicini a Dio. È l’unione con Lui è sorgente inesauribile di luce interiore, è fonte di vita, di fecondità spirituale, di rinnovamento continuo.
Essere luce per il mondo (missione)
Forti della nostra fede, decisi ad amare il fratello, ogni fratello, possiamo quindi, essere, davvero luce per il mondo, come Gesù. Questa luce, questa verità dobbiamo portarla al mondo, testimoniarla ed annunciarla a tutti. E farlo con gioia, come esorta Papa Francesco: "Non siate mai uomini, donne tristi: un cristiano non può mai esserlo! Non lasciatevi prendere mai dallo scoraggiamento! La nostra non è una gioia che nasce dal possedere tante cose, ma dall’aver incontrato una Persona, una persona che riempie il nostro cuore, la nostra vita e dà senso alla nostra esistenza: Gesù, dal sapere che con Lui non siamo mai soli, anche nei momenti difficili, anche quando il cammino della vita si scontra con problemi e ostacoli che sembrano insormontabili, e ce ne sono tanti"!.
Aiutare gli uomini di questo nostro difficile tempo a credere in Gesù e in Colui che lo ha inviato; ridare la speranza all’umanità, perché Egli non è venuto per condannarci, ma per salvarci: non può essere questo il nostro impegno di cristiani maturi e coraggiosi. Non possiamo tenere per noi questa gioiosa certezza, ma dobbiamo comunicarla agli altri, perché – avverte Papa Francesco nella Evangelii Gaudium – "giungiamo ad essere pienamente umani quando siamo più che umani, quando permettiamo a Dio di condurci al di là di noi stessi perché raggiungiamo il nostro essere più vero" (n. 8). Pensiamo a Maria, che qui a Pompei veneriamo con il titolo di Vergine del Rosario. Lei ha accolto il dono che Dio le ha fatto e lo ha portato al mondo. Nel Magnificat, ha professato la sua fede, vivendo allo stesso tempo l’amore concreto al fratello. Ha seguito Gesù fino alla fine, sotto la croce, essendo testimonianza viva della luce della fede, ed ancora oggi si dona ai suoi figli. Anche il Fondatore del Santuario di Pompei, il Beato Bartolo Longo, ha vissuto in pieno questi fondamenti della vita cristiana. Dopo la sua conversione, non esitò a professare la propria fede, usando tutti i mezzi a disposizione nella sua epoca. Fece dell’amore ai fratelli, soprattutto gli ultimi e gli emarginati, lo scopo della sua vita. Irradiò la luce della fede in tutto il mondo, con un’instancabile azione evangelizzatrice, che continua nel presente grazie all’impegno del Santuario. Affidiamo, dunque, fratelli e sorelle, a Maria, Sovrana del Cielo e della Terra, ma soprattutto nostra dolcissima Madre, la "più tenera fra le madri", tutte le nostre preoccupazioni, le nostre ansie, le nostre necessità. Preghiamo per la Chiesa, preghiamo per il Papa Francesco – il Quale mi ha chiesto che lo ricordiamo in modo particolare in questo giorno e in questo luogo – preghiamo per il mondo intero, preghiamo per la pace. Il Bambino che vediamo sulle ginocchia di Maria e la mistica corona che miriamo nella sua mano ci ispirano fiducia che saremo esauditi. E così sia.
† Card. Pietro Parolin
Segretario di Stato di Sua Santità
Omelia dell’Arcivesco Tommaso Caputo-Prelato di Pompei e Delegato Pontificio
Un inno corale alla fede ed alla pace
Eminenza, siamo pieni di cristiana letizia nel momento in cui le diciamo: "benvenuto a Pompei!", città di Maria e terra legata, fin dalla fondazione, alla Santa Sede. Lei, primo e più diretto collaboratore di Papa Francesco, viene a rinnovare il legame tutto speciale con i Pontefici e ad aprire idealmente anche al papa "venuto dall’altra parte del mondo", la strada che ha già condotto San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI in pellegrinaggio al Santuario della Vergine del Rosario.
In questo giorno solennissimo, vogliamo esprimere – con più forza che mai – l’amore che Pompei prova per la Chiesa e per il Papa. Ieri Papa Francesco ci ha commosso col suo invito alla Chiesa tutta ad elevare la preghiera della "Supplica" alla Madonna del Rosario di Pompei e con l’annuncio della venuta tra noi di Vostra Eminenza.
Le mie parole sono l’eco di una comunità ecclesiale che sente di vivere, pur tra tante difficoltà, un momento importante della propria vita e della propria storia. Sono l’eco di tutti i presenti: dei carissimi fratelli Vescovi della Campania che oggi, numerosi, hanno voluto accogliere Vostra Eminenza; le mie parole sono l’eco delle distinte Autorità civili e militari, a cui porgo un deferente saluto; dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose, dei fedeli tutti.
Siamo raccolti davanti a questo a questo santuario, del quale due giorni fa, il 6 maggio, abbiamo ricordato il 75° anniversario della solenne riconsacrazione, dopo i lavori di ampliamento degli anni Trenta del XX secolo. Il 6 maggio 1939, il Card. Luigi Maglione, Segretario di Stato di Papa Pio XII, benedisse il nuove Santuario, voluto da Maria, costruito grazie alla fede del Beato Bartolo Longo ed ampliato per poter accogliere il sempre più crescente numero di fedeli. Siamo riuniti qui per la celebrazione della Santa Messa e per la recita della Supplica, la preghiera che potremmo definire specchio dell’anima e della spiritualità del Fondatore: una tenera invocazione che, in questo giorno, unisce in unico coro milioni di fedeli in ogni parte del mondo. Questa preghiera, nella quale sono raccolti i desideri e le speranze di tutti gli uomini, è un inno alla fede ed alla pace, alla quale è consacrata anche la facciata stessa del nostro santuario.
Oggi, 8 maggio, come nella prima domenica di ottobre, decine di migliaia di pellegrini sono giunti qui da tutta Italia e dall’estero. Molti di loro, in segno di devozione, sono arrivati a piedi Li accogliamo e salutiamo con calore.
Un saluto cordiale va a coloro – in particolare, agli ammalati, agli anziani e ai detenuti. – che ci seguono attraverso TV 2000 e Napoli Canale 21, emittenti che ringrazio per la preziosa collaborazione. E poi, il Santuario di Pompei, centro della spiritualità del Santo Rosario, "catena dolce che rannoda a Dio" e che ci fa fratelli, è anche una realtà pulsante di carità verso gli ultimi e gli emarginati. Il nostro fondatore, il Beato Bartolo Longo volle, infatti, fare a Pompei la cittadella dell’amore fraterno, il luogo per offrire solidarietà e riparo agli esclusi e agli "ultimi della fila".
Oggi, dopo 130 anni, continuiamo ad accogliere orfani, figli di detenuti, vittime del disagio familiare e sociale, ragazzi sfruttati o provenienti da nazioni in guerra o in grave sottosviluppo. Nel pomeriggio, Lei avrà modo di visitare alcune delle nostre opere di carità.
Eminenza, grazie ancora per essere qui! Dica al santo Padre Francesco che lo amiamo, che preghiamo ogni giorno per lui e che lo aspettiamo al più presto qui a Pompei!
† Tommaso Caputo
Arcivescovo-Prelato di Pompei
e Delegato Pontificio
"Ottobre 2014" L'Ora del Mondo
Presiede Sua Eminenza Monsignor Nunzio Galantino - Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana
A Pompei come a Roma in preghiera per la famiglia
Pompei si è unita a Roma e a Papa Francesco, piazza Bartolo Longo a piazza San Pietro, elevando un’unica preghiera d’intercessione a Dio perché sostenesse i Padri impegnati nella III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema "Le sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione". La Supplica della prima domenica di ottobre, che quest’anno è stata recitata il 5, ha coinciso con l’inizio di questo grande evento di grazia per la Chiesa universale, ma anche con la festa del Beato Bartolo Longo, anticipata di un giorno per evitare la concomitanza.
A presiedere la solenne celebrazione Eucaristica e la recita della Supplica, è stato Monsignor Nunzio Galantino, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana e vescovo di Cassano allo Jonio (CS), che nella sua omelia, ha parlato proprio del Sinodo: «La Messa che stiamo celebrando, qui oggi, in onore di santa Maria di Nazareth – ha detto – ci aiuta a metterci in sintonia con questo delicato ed entusiasmante momento che, come Chiesa, stiamo vivendo.
La famiglia di Nazareth, infatti, non costituisce solo un punto di riferimento per tutte le nostre famiglie, ma è anche culla della Chiesa, luogo del silenzio operoso con il quale si edifica quotidianamente il regno di Dio».
La famiglia dunque è nel cuore di Papa Francesco e di tutta la Chiesa. E tante famiglie erano in Piazza Bartolo Longo a partecipare all’Eucarestia e a ripetere la preghiera che il fondatore del Santuario volle rivolgere a Maria Santissima, "la più tenera fra le madri". Quel vento incessante che soffiava sulla piazza sembrava quasi voler portare al Cielo le invocazioni dei fedeli. Monsignor Galantino ha invitato tutti a rendersi docili alla volontà di Dio, ma più ancora a guardarne con meraviglia l'agire nella storia dell’uomo, guardando anche all’esempio di Bartolo Longo.
Ed anche la carità è frutto della meraviglia rispetto all'opera divina. Nel saluto introduttivo, l’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, ha ricordato tutte le Opere di carità ancora oggi presenti nella città di Maria: «Dopo 131 anni questa terra benedetta da Maria, attraverso l’opera del suo apostolo, il Beato Bartolo Longo, è ancora un centro pulsante di amore a Dio e agli uomini. Una fucina di preghiera e di carità dove all’incessante apostolato si affiancano numerose opere sociali». A concelebrare erano presenti anche Monsignor Giovanni D’Alise, Vescovo di Caserta, Monsignor Luigi Travaglino, Nunzio Apostolico, e i Vescovi emeriti, di Nocera-Sarno, Monsignor Gioacchino Illiano, e di Aversa, Mons. Mario Milano.
(Autore: Giuseppe Pecorelli)
Il saluto dell’Arcivescovo di Pompei Tommaso Caputo
Pompei è città dalla fede autentica dove la carità si fa sempre nuova
«Nell’accogliere Lei, Segretario Generale della CEI, accogliamo idealmente tutta la Chiesa italiana, della quale siamo parte e i cui fedeli accogliamo quotidianamente nei loro pellegrinaggi a Pompei».
L’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, ha salutato così il Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana Monsignor Nunzio Galantino all’inizio della celebrazione Eucaristica che ha preceduto la recita della Supplica di ottobre. Pompei è ancora oggi centrale vitale della fede e della spiritualità mariana: «Il nostro, infatti – ha proseguito il presule – è uno dei maggiori Santuari mariani d’Italia e del mondo, visitato ogni anno da milioni di pellegrini. Edificato, alla fine dell’Ottocento, dall’avvocato pugliese Bartolo Longo, divenne subito un importante centro di diffusione della devozione mariana, anche grazie all’impegno pubblicistico del suo fondatore che, oltre a dare origine ad una rivista, scrisse numerosi libri di preghiere ed inviava milioni di immaginette in tutto il mondo. La più famosa delle sue preghiere è, appunto, la Supplica, composta nel 1883, in risposta
all’Enciclica di Papa Leone XIII "Supremi Apostolatus" (1° settembre 1883), con la quale il Pontefice indicava la preghiera del Rosario come rimedio ai mali della società. Questa preghiera, tradotta in centinaia di lingue, viene recitata in tutto il mondo, nelle centinaia di chiese dedicate alla Madonna di Pompei sorte nei vari continenti, dall’Australia, all’Africa, dal Nord al Sud America, e negli ancor più numerosi gruppi di preghiera.
Milioni di devoti s’incontrano, in questo giorno solennissimo, per recitare, in comunione con noi presenti qui a Pompei, la Supplica all’Augusta Regina delle Vittorie, alla Sovrana del cielo e della terra». A mezzogiorno della prima domenica di ottobre e dell’8 maggio di ogni anno è come se tutto il mondo si ritrovasse a Pompei per elevare a Maria la Supplica, una preghiera, ma anche un abbandono alle braccia amorevoli della Madonna.
La città mariana è luogo dunque della fede, ma anche della carità. Fede e carità sono strettamente legate. «Dopo 131 anni – ha detto l’arcivescovo Caputo – questa terra benedetta da Maria, attraverso l’opera del suo apostolo, il Beato Bartolo Longo, è ancora un centro pulsante di amore a Dio e agli uomini.
Una fucina di preghiera e di carità dove all’incessante apostolato si affiancano numerose opere sociali: due centri diurni che accolgono in semiconvitto circa duecento ragazze e ragazzi, tra i sei ed i diciotto anni, una casa per ragazze madri e donne sfuggite a situazioni di violenza familiare; gli ambulatori materno e infantile per famiglie disagiate: il Centro di Aiuto alla Vita e Movimento per la Vita, il Consultorio Familiare "San Giuseppe Moscati"; il Centro per il Bambino e la Famiglia Giovanni Paolo II, finora con quattro case famiglia. È proprio di ieri l’arrivo di una bambina di quattro mesi, creduta morta a causa di un aborto, invece è viva e sta qua con noi. E ancora un centro per il recupero dei tossicodipendenti e una mensa per poveri». La carità dunque muta nelle forme, che si adeguano ai tempi, ma resta la vocazione di Pompei, il suo carisma. Eppure non ci sarebbero opere di carità senza l’intercessione di Maria Santissima, l’onnipotente per grazia: «Adesso siamo qui – ha concluso il presule – per vivere questa giornata speciale nella quale tutti insieme e singolarmente desideriamo affidarci nuovamente a Maria, Madre della Chiesa e Madre nostra, promettendole di essere suoi seguaci e di imitarla nella vita di ogni giorno».
L'omelia di Monsignor Galantino
Il segreto della famiglia di Nazareth guardare con stupore l'opera di Dio
Una preghiera ininterrotta. Nella sera precedente, il 4 ottobre, si era pregato in piazza San Pietro, con Papa Francesco, per il buon esito dei lavori dell’Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, che ha avuto come tema "Le sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione". La mattina successiva il popolo di Maria si è ritrovato in piazza Bartolo Longo a Pompei per il tradizionale appuntamento con la Supplica.
A presiedere la celebrazione e la recita della preghiera più amata di Bartolo Longo è stato Monsignor Nunzio Galantino, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana e vescovo di Cassano allo Jonio: «Nel giro di poche ore sono passato, e so di non essere il solo, da Piazza San Pietro a questa piazza - ha detto - per celebrare con voi questa Eucaristia e per dire a Maria, con voi, tutto il mio affetto filiale.
Due piazze per due eventi certamente in continuità tra loro».
La famiglia è stata al centro della riflessione del presule, che ha esortato a guardare a quella di Nazareth che «non costituisce solo un punto di riferimento per tutte le nostre famiglie, ma è anche culla della Chiesa, luogo del silenzio operoso con il quale si edifica quotidianamente il regno di Dio». Spunti di riflessione sono proposti dalla lettura domenicale del Vangelo: Maria e Giuseppe ritrovano Gesù tra i maestri del tempio, mentre li ascoltava e li interrogava: «Maria, sua Madre e prima discepola – ha spiegato monsignor Galantino – riprende questo stile di Gesù. Il suo discreto rimprovero è formulato con una domanda: Figlio, perché ci hai fatto questo?
Anche così ella offre a noi un prezioso insegnamento di vita. Maria, Madre e immagine della Chiesa, ci invita a diventare discepoli del Figlio accogliendo e facendo nostro lo stile del Maestro. È lo stile di una Chiesa in uscita, come spesso ci esorta ad essere Papa Francesco. Una Chiesa in uscita si coglie non tanto nelle roboanti iniziative o nelle accattivanti proposte, ma nel rispondere, in modo adeguato a ciascuna generazione, ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura. La Chiesa in uscita è la Chiesa che va per le strade e ascolta e accoglie ciò che viene dalla strada, come la bambina accolta ieri nelle opere di carità di Pompei, come le ragazze madri, come i poveri.
Questa è la Chiesa in uscita. L’ascolto, il farsi carico dell’interlocutore è, dunque, parte integrante dell’annuncio e della missione della Chiesa. È lo stile che il Papa ha scelto per il Sinodo dei Vescovi sulla famiglia». Si deve inoltre uscire dalla consuetudine di parlare dell’istituzione che fonda la stessa società solo in termini negativi o osservandola nella sua crisi. La famiglia è altro: «In molti si sono scatenati in questi giorni: giornali, siti internet, autorevoli uomini di Chiesa, sacerdoti, fedeli.
Si fanno previsioni, si sollevano timori, si suscitano speranze – ha detto il segretario della CEI facendo ancora riferimento al Sinodo – c’è chi si mostra paladino della dottrina, chi interpreta l’appello alla misericordia come una debolezza o come un necessario superamento di discipline considerate non più in sintonia con questa stagione ecclesiale. A volte questi dibattiti suscitano un po’ di tristezza.
Soprattutto, quando per parlare della realtà della famiglia e del matrimonio si parte dal loro fallimento. Penso che nel Sinodo debba emergere innanzitutto la bellezza della famiglia, testimoniata dal fatto che Dio ha voluto che il suo Figlio unigenito, per essere veramente uomo in tutto, nascesse in una famiglia umana, semplice, umile, povera, ricca di amore, ma nello stesso momento umanamente provata, sin dal suo nascere: il dramma di Giuseppe quando ha saputo che Maria attendeva un figlio, il faticoso viaggio verso Betlemme, il rifiuto all’accoglienza, l’esilio, lo smarrimento durante il viaggio di ritorno da Gerusalemme, e sono solo i primi passi». Qual era il "segreto" della famiglia di Nazareth, cosa la rendeva così speciale, esempio di perfezione? Monsignor Galantino trova questo segreto nel continuo "riferimento a Dio e al suo progetto", osservato con gli occhi dello stupore. Così dovrebbero vivere i cristiani, fedeli alla volontà di Dio, meravigliati dalla grandezza della sua opera: «Lo stupore e la meraviglia – ha proseguito ancora il presule – rappresentano due atteggiamenti interiori decisivi per la vita del singolo e, ancor più, per la vita della famiglia. Sapersi stupire ed essere capaci di meravigliarsi, come Maria, è il contrario del dare tutto per scontato, del leggere tutto secondo i propri criteri, atteggiamenti negativi che portano alla fine delle relazioni. La capacità di stupirsi apre alla comprensione dell’altro, anche e soprattutto, quando l’altro dice e fa cose apparentemente incomprensibili».
La meraviglia al cospetto della sorprendente opera di Dio è tratto distintivo anche dei santi. Non c’è santo che non sia custode e testimone dello stupore. A Pompei, il presule ha proposto l’esempio del Beato Bartolo Longo: «Nei suoi scritti – ha spiegato – il fondatore di questo Santuario mostra spesso la sua meraviglia rispetto alla chiamata di Dio alla mirabile opera di divulgazione del Santo Rosario. Difficilissima, forse eccessiva rispetto alle sue forze, gli doveva apparire anche la costruzione della Basilica, così come la fondazione delle Opere di carità, ancora oggi in piena attività, pur con forme diverse per il mutare dei tempi e delle esigenze.
Queste opere vivono grazie a chi ama Maria e seriamente porta avanti questo impegno. Dunque, chi gira alla larga da queste opere non ascolta Dio, perché Dio, ancora oggi, ci chiede questo. Eppure il Beato si affidò completamente a Dio, ne divenne strumento e non poté che guardare con meraviglia la potenza del Padre, che è Amore senza fine». Lo sguardo fisso a Dio è strumento attraverso cui la Sacra Famiglia supera anche i momenti della difficoltà: «È una famiglia santa, quella di Nazareth – continua monsignor Galantino – eppure non le è risparmiata l’angoscia: Angosciati ti cercavamo.
Comunque, nella concitazione dello smarrimento di Gesù, non viene meno il dialogo e non c’è spazio per accuse e risentimenti tra Maria e Giuseppe, soprattutto perché quanta fatica c’è nel dialogo. Per anni, mi sono occupato di tossicodipendenti. Di fronte al problema di un figlio tossicodipendente i genitori si sono sempre accusati reciprocamente. Quella di Nazareth è una famiglia santa, eppure genitori e figlio non si capiscono: ... perché mi cercavate, non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio? Faticano a capirsi, nonostante si tratti di persone collegate direttamente con il Signore, nonostante siano inserite chiaramente in un progetto, che è progetto di Dio.
La liturgia ci invita oggi a fissare il nostro sguardo su Maria, mentre vive la sua relazione con Dio dentro e assieme alla sua famiglia! È una famiglia alla quale le nostre famiglie possono guardare per ricavarne idee-forza, utili per non fare affondare le nostre famiglie in mezzo a ideologie di comodo e a soluzioni di corto respiro che, ai nostri giorni, trovano ossessiva pubblicità e facili consensi, come vorrebbe chi parla tanto di famiglia e non fa niente di concreto per aiutare le famiglie in difficoltà».
La famiglia dunque è davvero essenziale per l’umanità stessa. Per questo monsignor Galantino ha chiesto a Dio di sostenerla, ma si è anche rivolto agli amministratori pubblici chiedendo loro di pensare alla famiglia "in maniera meno distratta e più concreta".
"Maggio 2015" L'Ora del Mondo
Presiede il Cardinale Beniamino Stella - Prefetto della Congregazione per il Clero
La preghiera di Pompei che parla al mondo
A mezzogiorno dell'8 maggio milioni di fedeli di tante nazioni hanno recitato la Supplica alla Beata Vergine del Santo Rosario unendosi ai devoti che a migliaia hanno raggiunto il sagrato della Basilica. La celebrazione della Santa Messa è stata presieduta dal Cardinale Beniamino Stella, Prefetto della Congregazione per il clero
Decine di migliaia di fedeli, con lo sguardo rivolto al cielo e il cuore pieno di speranza, hanno affollato il sagrato della Basilica mariana per partecipare alla santa Messa e alla Supplica. Tantissimi gli anziani e i disabili che hanno preso parte al rito, nonostante il caldo e il sole cocente. Ognuno aveva un pensiero da affidare alla Vergine. In un commuovente raccoglimento ogni fedeli ha "dialogato" con Maria. Ma in Piazza Bartolo Longo, erano presenti, idealmente, anche i milioni di fedeli che, nel mondo, hanno recitato la Supplica alla Beata Vergine del Santo Rosario in ogni luogo: nelle scuole, sui posti di lavoro, nelle strade, nelle chiese di ogni nazione. Le dirette televisive e in streaming, assicurate da Napoli Canale 21 e Tv2000, hanno permesso, infatti, a milioni di fedeli di sentirsi davvero a Pompei, per quanto distanti anche migliaia di chilometri.
Numerosi i pellegrini venuti da lontano, moltissimi a piedi, come i fedeli di Pignataro Maggiore (CE) che, come ogni anno, l’8 maggio, raggiungono la città mariana percorrendo ben 85 km per un voto fatto alla Madonna durante la Seconda Guerra Mondiale. A presiedere il rito solenne il Cardinale Beniamino Stella, Prefetto della Congregazione per il clero, accolto dal saluto dell’Arcivescovo di Pompei, Mons. Tommaso Caputo. Hanno concelebrato Mons. Pietro Lagnese, Vescovo di Ischia, Mons. Armando Dini, Arcivescovo emerito di Campobasso-Bojani, Mons. Mario Milano, Vescovo emerito di Aversa, Mons. Silvio Padoin, Vescovo emerito di Pozzuoli, Mons. Gioacchino Illiano, Vescovo emerito di Nocera Inferiore-Sarno, Don Michele Petruzzelli, Abate della Badia della Santissima Trinità di Cava de’ Tirreni. Da più lontano, Mons. Enemesio Lazzaris, Vescovo di Balsan, in Brasile. La giornata è poi proseguita con la visita del Cardinale Stella ed alcune opere di carità del Santuario. Accompagnato dall’Arcivescovo Caputo, ha avuto modo di conoscere e apprezzare il profondo impegno che laici e religiosi assicurano ogni giorno per la cura e l’assistenza di chi viene accolto.
(Autore: Marida D'Amora)
*Il saluto del Prelato: vivere la fede e la carità, il carisma di Pompei
Il Cardinale Stella è stato accolto dall’Arcivescovo Caputo, che ha ricordato la speciale vocazione della Chiesa mariana. Il Santuario è tempio della preghiera, ma anche luogo dove ci si prende cura dei fratelli più bisognosi.
Eminenza Reverendissima, grazie per la sua presenza qui a Pompei!
Oggi, 8 maggio, giorno solennissimo per la nostra chiesa e per gli innumerevoli devoti della Madonna del Rosario presenti in tutto il mondo. Lei presiede questa Concelebrazione, nella quale rinnoviamo il sacrificio eucaristico di Gesù, apice e culmine della vita di ogni cristiano. Al termine, poi, ci guiderà nella recita della Supplica, la famosa preghiera composta dal nostro fondatore, il Beato Avvocato Bartolo Longo, nel 1883. Qui, in piazza, assieme ai confratelli Vescovi, alle distinte autorità civili e militari, che saluto e ringrazio per la loro presenza, ci sono decine di migliaia di pellegrini, alcuni giunti qui fin da ieri. Grazie, poi, alle emittenti televisive Napoli Canale 21 e Tv2000, milioni di fedeli in Italia e nel mondo sono uniti a noi in comunione spirituale. A loro, soprattutto agli ammalati, agli anziani, ai diversamente abili, ai detenuti va il nostro pensiero.
Lei, Eminenza, come Prefetto della Congregazione del Clero, è uno dei più stretti collaboratori del Santo Padre Francesco che, poco più di un mese fa, abbiamo avuto la gioia di accogliere qui a Pompei. La visita del Papa, breve ma intensa, ha dato nuovo slancio alla nostra preghiera e ha rafforzato il nostro impegno di carità verso gli ultimi e gli emarginati. È duplice, infatti, secondo il carisma di Bartolo Longo, la missione di Pompei. Il Beato non solo costruì questo splendido santuario, ma diede vita a diverse opere di carità per l’accoglienza degli orfani, dei figli e delle figlie dei carcerati.
Opere che, ancora oggi, rinnovate nelle strutture e nelle modalità, continuano ad accogliere minori, madri e adolescenti sottratti e situazioni di violenza, poveri, senzatetto, anziani, ex tossicodipendenti, diversamente abili. Due giorni fa sono arrivate nove donne migranti e i loro bambini, stremati dalla traversata sui barconi. Nel pomeriggio, lei stesso potrà visitare alcune nostre opere, constatando di persona l’impegno che laici e religiosi profondono nell’accogliere questi nostri fratelli e sorelle meno fortunati.
Ma l’accoglienza qui a Pompei è rivolta a tutti ed è, in primo luogo, conforto spirituale. I nostri sacerdoti vivono il proprio ministero al servizio dei pellegrini, con l’accoglienza dei gruppi, la celebrazione delle Sante Messe e degli altri sacramenti e, soprattutto, donando la misericordia di Dio nel sacramento della riconciliazione.
La nostra sala confessioni, il "cuore del santuario", come ho avuto la gioia di raccontare anche a Papa Francesco, che l’ha visitata, accoglie ogni giorno centinaia di persone, desiderose di ricevere il perdono di Dio e ricominciare con nuovo impulso la propria vita di credenti.
Non potrebbe essere diversamente, in un santuario fondato da un convertito che, per primo, ha sperimentato su se stesso l’immenso amore misericordioso del Padre. Un santuario dedicato alla Madre della Misericordia, l’Avvocata nostra, come Longo amava chiamarla e come anche noi, tra poco, nella Supplica, ci rivolgeremo a Lei.
Ci ha riempito, dunque, di gioia l’indizione, da parte di Papa Francesco, del Giubileo Straordinario della Misericordia, che desideriamo vivere in maniera particolarmente intensa, donando lo stesso amore misericordioso di Dio a tutti i fratelli che si prostreranno ai piedi della nostra amata Vergine Maria.
E proprio a Lei, alla Madonna del Rosario, affidiamo la sua persona ed il suo impegnativo ministero in favore di tutti i sacerdoti del mondo, ringraziandola ancora di cuore per essere qui oggi con noi.
† Tommaso Caputo
Arcivescovo-Prelato di Pompei e
Delegato Pontificio
*L'Omelia del Cardinale Beniamino Stella
Il Santo Rosario per una Chiesa in uscita
Desidero rivolgere il mio deferente saluto a sua Eccellenza Reverendissima Mons. Tommaso Caputo, Arcivescovo Prelato di Pompei, che ringrazio vivamente per avermi invitato a presiedere la Santa Messa in un giorno così speciale per questo Santuario e per i devoti della Madonna di Pompei. E con lui anche gli altri Vescovi della Regione Campania, qui presenti, le Autorità civili e militari, i Sacerdoti, i diaconi, i Religiosi e le Religiose, i seminaristi e tutti voi, cari fratelli e sorelle, qui convenuti numerosi, come sempre, e quanti si uniscono a noi da casa attraverso la diretta televisiva, per elevare insieme la Supplica alla Madonna del Santo Rosario,
Con gioia siamo riuniti alla presenza al Signore nella memoria della sua Santissima Madre, alla quale tra poco rivolgeremo la nostra Supplica, ricordando la scena descritta nella prima lettura: "Tutti erano assidui e concordi nella preghiera, con Maria, la Madre di Gesù".
Infatti, oggi come allora, Maria è in mezzo al popolo di Dio, come Madre e modello per tutti i credenti, a Lei affidati da Cristo, suo Figlio. E, come ogni buona madre, Maria cura e protegge coloro che a Lei si rivolgono, raccogliendoci sotto il suo manto e accompagnandoci nel cammino terreno di discepoli del Signore.
Pensando a Maria e respirando le suggestioni di questo Santuario, desidero soffermarmi insieme a voi su due temi di speciale utilità per la vita cristiana di noi tutti: la conversione e la conoscenza di Gesù.
In questa terra di Maria, tutto ci invita alla conversione, a ritornare a Cristo, in ogni momento della nostra vita, anche attraverso momenti di sofferto ripensamento. Infatti, dall’ateismo e dallo spiritismo si è convertito il Beato Bartolo Longo, a partire dall’incontro con l’amore misericordioso di Dio, donatogli in confessione da uno di quei Padri domenicani, da lui in precedenza tanto avversati. Ma "convertito", in un certo senso, è lo stesso sito di Pompei, mèta di continui pellegrinaggi mariani e luogo di preghiera e di devozione. Potremmo dire che convertirsi è un lasciarsi alle spalle le macerie che ogni tanto accumuliamo nel corso della vita e che restano lì, a ricordarci la nostra storia e il nostro cammino, fatto di scelte indovinate ma anche di cadute, per rivolgere finalmente e definitivamente lo sguardo a cristo, quale punto di riferimento e di sicuro orientamento.
Con altre parole, convertirsi è il cogliere nella vita quotidiana la certezza che c’è una parola fra tutte che vale la pena di ascoltare, anche a prezzo di qualche sacrificio, quella di Gesù, che ci fa entrare nella sua "famiglia", secondo quanto abbiamo udito nel Vangelo, dandoci Maria come madre e gli altri discepoli come fratelli. La conversione a cristo, dunque, apre alla vita una mèta verso la quale camminare, convogliando verso questa i nostri "talenti" e le energie sino ad allora disperse nei rivoli di tanti sentieri, sentieri che spesso deludono le aspettative e causano sofferenza, come è accaduto al Beato Bartolo Longo. Così ci accorgiamo di non essere soli, ma di poter percorrere la nuova via dietro all’unico Buon Pastore, insieme ai tanti fratelli ricevuti in dono.
È esperienza di tanti che il fare strada insieme ai fratelli nella fede, oltre a procurare un senso di sicurezza, ha anche il benefico effetto di aumentare la conoscenza fra le persone. Quel Gesù che abbiamo incontrato nel pellegrinaggio, della vita e che ci ha chiamati oggi in questo luogo scelto da sua Madre, desidera essere da noi conosciuto a amato, dello stesso amore con cui lui ama noi. Non dimentichiamolo mai: Gesù attende sempre una risposta d’amore da ciascuno di noi, anche quando ci sentiamo indegni, miseri e peccatori, e pensiamo di non valere nulla, perché la società ci fa sentire scartati; egli ci farà ricordare che ognuno di noi vale il prezzo del sangue versato sulla Croce ed è, per questo, molto prezioso ai suoi occhi. Così, per poter amare e seguire Gesù, è necessario che impariamo a conoscerlo, a conoscerlo sempre meglio, chiedendo a sua Madre, nella preghiera, che ci parli di Lui, che ci avvicini a Lui e ci accompagni lungo il nostro cammino come suoi discepoli.
Nulla emozione e coinvolge una madre tanto quanto il parlare del proprio figlio; quindi la grazia che vogliamo ogni giorno chiedere a Maria è quella di prestarci i suoi occhi e il suo cuore per aiutarci a conoscere sempre più e sempre meglio Gesù, ogni volta che preghiamo il Santo Rosario. Esso è infatti la "Bibbia dei semplici", quello "studio" della Sacra Scrittura che non è praticato solo dagli addetti ai lavori e che non si porta avanti nelle aule universitarie…
Mi piace pensare alla preghiera del Rosario come a un sereno colloquio con Maria, incontrato sulla persona di Gesù, sulla sua vita, sul suo ministero terreno e sulla sua "sorte" eterna, della quale ci ha fatti partecipi. È un dialogo d’amore tra la Madre di Dio e colui che prega il Rosario, nel quale ogni "Ave Maria" porta con sé il desiderio di conoscere meglio Cristo e contiene una richiesta a Maria, perché lo esaudisca.
Pregare il Rosario, allora, è studiare i misteri della vita di Gesù con l’intelligenza della fede, con quella umile sensibilità cristiana che appartiene al popolo di Dio. Secondo le parole di Papa Francesco, al quale è assai cara la fede e la devozione del popolo, si tratta di una delle forme della "spiritualità popolare", la quale costituisce "una vera spiritualità incarnata nella cultura dei semplici" (Evangelii gaudium, n. 124).
In questo senso, la preghiera del Rosario è la chiave per raggiungere e portare alla luce quel tesoro di fede, che riposa nel cuore del nostro popolo e che ne costituisce la ricchezza più grande; tale tesoro di spiritualità, infatti, "manifesta una sete di Dio che solo i semplici e i poveri possono conoscere", secondo le parole del Papa, e che "rende capaci di generosità e di sacrificio fino all’eroismo, quando si tratta di manifestare la fede" (Evangelii nuntiandi, n. 48). Sono le parole del Beato Paolo VI, riprese da Papa Francesco nella Evangelii gaudium (n. 123).
Ascoltando queste parole del Santo Padre e del suo Beato Predecessore, diviene immediatamente chiaro che non si tratta di un cammino spirituale in tono minore, per coloro che non possono servirsi di mezzi di preghiera più "alti" o "sofisticati", ma di una via maestra accessibile a tutti, sulla quale seguire il nostro fratello Gesù, condotti per mano da Maria, nostra madre.
Il Gesù che impariamo a conoscere e amare alla "scuola" di Maria, attraverso la preghiera quotidiana del Rosario, è il dono più prezioso che abbiamo da portare al mondo, soprattutto alle nostre famiglie, nelle quali ognuno di noi è chiamato a seminare il Vangelo. Infatti, la spiritualità popolare, che tanto bene è sintetizzata nella preghiera del Rosario, oltre ad essere "un modo legittimo di vivere la fede", è anche "un modo di sentirsi parte della Chiesa, e di essere missionari: porta con sé la grazia della missionarietà, dell’uscire da sé stessi e dall’essere pellegrini", secondo la felice intuizione di Papa Francesco (Evangelii gaudium, n. 124).
Con il Rosario, quindi, anche chi resta a casa propria, può partecipare alla missione evangelizzatrice della Chiesa, essere missionario e visitare nella preghiera ogni angolo del mondo, farsi prossimo con essa alle sofferenze di ogni uomo, perché ogni ferita sia fasciata dall’amore misericordioso di Dio.
La Chiesa in uscita, desiderata e testimoniata dal Santo Padre, ci riguarda tutti e può efficacemente realizzarsi anche tramite la preghiera del Rosario, alla quale perciò è bello restare fedeli, tanto più che essa alimenta e sostiene la carità, della quale Pompei è cittadella luminosa, e che costituisce il futuro della Chiesa, come ha ricordato il Santo Padre nella sua recente Visita a questo Santuario.
Affidiamoci all’intercessione del Beato Bartolo Longo, perché il Signore ci guidi sempre sulle sue vie e non permetta che ci allontaniamo da lui, e, soprattutto, alla materna protezione di Maria, perché faccia ardere il nostro cuore di sincero amore per Gesù e ci renda credibili testimoni del suo Vangelo, missionari per le vie del mondo. Con le parole tratte dalla "Piccola Supplica", che Papa Francesco ha rivolto a Maria il 21 marzo scorso, diciamo: "A te ci affidiamo, Madre di misericordia; ottienici il perdono di Dio, aiutaci a costruire un mondo secondo il tuo cuore". Amen.
† Card. Beniamino Stella
Prefetto della Congregazione per il clero
"Ottobre 2015" L'Ora del Mondo
Presiede Sua Eminenza il Cardinale Crescenzio Sepe
Maria, sguardo di madre su tutte le famiglie
La piazza gremita di gente così come le strade adiacenti. Nella prima domenica di ottobre, quest’anno il 4 del mese, il popolo di Maria affolla il sagrato del Santuario per recitare ancora una volta la Supplica: Il colpo d’occhio impressiona e conforta. C’è ancora bisogno di Maria in un mondo che solo in apparenza sembra del tutto secolarizzato, c’è ancora bisogno di Cristo e delle sue parole di vita eterna, parole definitive in un tempo provvisorio. C’è un po’ di ressa agli ingressi laterali, sui balconi dei palazzi che danno sulla piazza ci si contende la visuale migliore per osservare il Quadro di Maria, che è sulla destra del palco-presbiterio. Si vuole guardare la Madonna di Pompei, ancora di più i pellegrini vogliono essere guardati da Maria. Sguardo di misericordia, sguardo di amore perfetto, sguardo di Madre.
È l’ora del mondo, così come la definiva il Beato Bartolo Longo, fondatore della Basilica e delle Opere di carità annesse. Un’ora che "scocca" due volte all’anno: in questo mese, così come l’8 maggio. E ancora una volta la città mariana ha parlato al mondo, attraverso la preghiera, un dialogo con Dio che, nella solennità della Supplica, parla agli uomini del tempo nel ripetersi dei versi dell’orazione. Il cielo che si apre al sole e si libera dalle nuvole del primo mattino è quasi simbolo del dialogo tra Dio e l’uomo, un dialogo che nella preghiera diventa diretto.
La barriera delle preoccupazioni quotidiane è dissolta: il Padre parla ai suoi figli.
La Supplica, in questo senso, è un evento di grazia mai ripetitivo. La preghiera composta dal Beato ha il carattere evangelico dell’apertura, mai chiusa in se stessa, limitata al tempo in cui fu scritta o recitata per la prima volta. Bartolo Longo sembra un nostro contemporaneo, capace di parlarci nell’attualità. Non a caso la Supplica parla anche di famiglia: "O Madre buona – si recita tra l’altro – abbi pietà di noi, delle anime nostre, delle nostre famiglie […]". E quest’anno a Pompei, la sua piazza Bartolo Longo affollata da migliaia di pellegrini, ha rivolto lo sguardo, il cuore e la mente a Roma e alla XIV Assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi che, contemporaneamente, Papa Francesco inaugurava in Piazza san Pietro.
Lo sguardo è stato reciproco. Anche Roma ha guardato Pompei. Nell’Angelus domenicale, Papa Francesco si è reso vicino ai pellegrini della città mariana: "invochiamo la materna intercessione della Vergine Maria – ha detto il Santo Padre – unendoci spiritualmente a quanti, in questo momento, nel Santuario di Pompei recitano la Supplica alla Madonna del Rosario".
La famiglia, tema sinodale, è stata al centro della riflessione dell’Arcivescovo di Napoli, il Cardinale Crescenzio Sepe, che ha guidato la recita della Supplica, ricordando anche il particolare legame che l’unisce, sin dai tempi della formazione, alla Madonna di Pompei. "Dire un "sì" all’altare è facile – ha detto Sepe -, ripeterlo per tutta la vita è più complicato e difficile. Anche l’Amore ha i suoi nemici, il primo di questi nemici è l’egoismo, che diventa l’assassino dell’amore perché distrugge il disegno di Dio che fonda l’unità e l’indissolubilità dell’amore nel matrimonio". Occorre riaffermare il valore sacramentale delle nozze, che fanno di due persone una cosa soltanto.
Il Cardinale ha pregato la Madonna per gli sposi cristiani, ma anche per tutte le persone cui non è concessa di vivere con dignità l’esistenza: i disoccupati, gli ammalati lasciati soli, i poveri che non hanno né un vestito, né un tetto, né cibo.
La conferma dell’impegno della città mariana in favore degli ultimi è arrivata anche dalle parole dell’Arcivescovo Prelato di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, che nel suo saluto di benvenuto ha ricordato come "Pompei, oltre ad essere un centro internazionale di spiritualità mariana, è la casa della carità. Qui il nostro Fondatore, il Beato Avvocato Bartolo Longo, volle costruire, accanto al tempio della fede, il tempio della carità, per accogliere gli ultimi e gli emarginati.
Dopo 130 anni, il nostro impegno non è diminuito". A concelebrare, l’Arcivescovo Monsignor Luigi Travaglino, Nunzio Apostolico nel Principato di Monaco. L’Arcivescovo emerito di Aversa, Monsignor Mario Milano, il Vescovo emerito di Nocera Inferiore-Sarno, Monsignor Gioacchino Illiano.
Tra le autorità presenti, il sindaco di Pompei, Ferdinando Uliano, l’Ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, Daniele Mancini, il Presidente de3ll’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone; il Generale dei carabinieri Giovanni Nistri, Direttore generale del Grande Progetto Pompei.
(Autore: Giuseppe Pecorelli)
*Il saluto del Prelato
Chiamati ad avere un cuore misericordioso
Eminenza Reverendissima, benvenuto!
La ringrazio per aver accettato il mio invito a presiedere la celebrazione della santa Messa e la recita della Supplica, in questa prima domenica di ottobre.
In Lei e con Lei, è presente in mezzo a noi la Chiesa e la città stessa di Napoli, dalla quale, come tutti sanno, proveniva il nostro venerato quadro, custodito nel Convento del Rosariello a Porta Medina e donato al Beato Bartolo Longo il 13 novembre del 1875.
Ma Lei, come Presidente della Conferenza Episcopale Campania, ci fa sentire qui oggi la presenza di tutta la Chiesa della nostra regione, di cui Pompei è "il cuore mariano".
Grazie vivissime!
Oggi quattro ottobre, Festa di San Francesco, il nostro pensiero non può non andare al nostro amato Santo Padre Francesco.
Raccolti tutti insieme ai piedi della Vergine del Santo Rosario, preghiamo intensamente per il Papa, chiedendo per Lui luce, forza e salute, affinché possa continuare con vigore il suo Ministero.
Mentre noi siamo qui riuniti, in Vaticano prende il via la 14ª Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema "La Vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo".
Invochiamo lo Spirito Santo sui Padri Sinodali affinché possano comprendere e realizzare ciò che Dio e l’umanità chiedono loro, per il bene della famiglia, cellula fondamentale della società.
Oggi sono qui con noi, assieme ai confratelli Vescovi, numerose e distinte autorità civili e militari, tra loro S. Ecc.za l’Ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede. A tutti va un deferente saluto. La presenza di tanti sacerdoti, religiosi e religiose esprime la loro profonda devozione mariana.
Così come i numerosissimi pellegrini, molti dei quali giunti fin da ieri, che ringrazio per la loro fedeltà. Sono, altresì, presenti tra noi fedeli dell’Ucraina e della Polonia. La Vergine del Rosario ascolti le vostre preghiere ed esaudisca le vostre richieste. Ma Pompei, oltre ad essere un centro internazionale di spiritualità mariana, è la casa della carità.
Qui il nostro Fondatore, il Beato Bartolo Longo, volle costruire, accanto al tempio della fede, il tempio della carità, per accogliere gli ultimi e gli emarginati. Dopo 130 anni, il nostro impegno non è diminuito.
Sono operativi due Centri Diurni per circa 200 ragazzi e ragazze dai 6 ai 18 anni; la "Casa Emanuel", dove in questo momento sono accolte donne migranti africane; il Consultorio Familiare; gli ambulatori materno e infantile per famiglie disagiate; il Centro di Aiuto alla Vita e Movimento per la Vita, una casa di riposo per anziane; la Fattoria per il recupero degli ex tossicodipendenti.
Il Centro per il Bambino e la Famiglia "Giovanni Paolo II" ospita quattro Case Famiglia, con bambini, giovani donne con problemi, adolescenti, anziani, disabili. Nella Casa del Pellegrino è in funzione la Mensa quotidiana per i Poveri.
Molti sono qui in piazza stamattina per esprimere il proprio grazie alla Madonna del Rosario ed al nostro Beato Bartolo Longo.
Uniamoci a loro nel rendere grazie a Dio per averci donato questa bellissima vocazione e continuiamo nel nostro impegno di diffondere la devozione al Santo Rosario e di aiutare i prossimi, soprattutto quelli più bisognosi.
Tra circa due mesi, inizierà il Giubileo Straordinario della Misericordia che anche qui a Pompei vivremo con molta intensità. Sentiamoci chiamati ad avere un cuore misericordioso verso tutti.
Affidiamo alla Vergine Maria, Regina del Santo Rosario di Pompei, i nostri propositi di bene, certi che Lei, dal cielo, ci aiuterà a realizzarli!
Benvenuto, Eminenza!
† Tommaso Caputo
Arcivescovo-Prelato di Pompei
e Delegato Pontificio
*L'Omelia del Cardinale Crescenzio Sepe
Quel "sì" che è per tutta la vita
Un cordiale saluto ai cari confratelli nell’episcopato, nel sacerdozio ministeriale, ai religiosi e alle religiose, al signor Sindaco, all’Ambasciatore, a tutti voi, pellegrini e devoti della Madonna di Pompei, provenienti dalle Diocesi della Campania e di altre regioni, giunti in questo Santuario per rispondere all’invito della Madre e stare con Lei in questa domenica di ottobre e a vivere, come una famiglia, un momento di fede e di comunione ecclesiale.
Ringrazio l’amico S. E. Mons. Tommaso Caputo, Arcivescovo Prelato, per l’invito rivoltomi che ho accolto ben volentieri perché è sempre una gioia ritornare in questa Casa di Maria dove ho vissuto momenti indimenticabili di grazia per la mia vocazione sacerdotale, ma anche per il mio ministero sacerdotale ed episcopale.
Siamo tutti qui per testimoniare il nostro amore di figli, per chiedere perdono per le offese arrecate al suo Figlio divino, che pure hanno rattristato il suo dolcissimo cuore di madre per supplicarla perché ci sostenga nella fede e nella speranza in questo nostro difficile pellegrinaggio che ci deve portare e ci conduce all’incontro con Gesù Cristo, nostro Signore.
Le letture bibliche di questa domenica (27ª del T.O.) ci invitano a meditare su un tema particolarmente delicato e attuale: la famiglia fondata sull’amore indissolubile tra un uomo e una donna, così come Dio, fin dalle origini, ci ha comandato e Gesù Cristo ci ha insegnato. Nell’amore tra l’uomo e la donna Dio ha posto il pieno compimento di entrambi e Gesù ha reso sacramento questa unione, per cui l’uomo riconosce un altro se stesso nella donna, che è "osso delle mia ossa e carne della mia carne".
Alla domanda dei farisei se fosse lecito ripudiare la moglie, Gesù risponde: "L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto". Così, come ci insegna il Concilio Vaticano II, "il matrimonio è intima comunione di vita e di amore per cui i coniugi si danno e si ricevono". Due persone, libere e responsabili, che si donano completamente a vicenda e creano una nuova realtà: fanno "uno" cioè formano una cosa sola che dura per sempre. Quando all’altare uno dice "sì" all’altro e tutti e due dicono "sì" a Gesù Cristo, proclamano che accettano di vivere l’amore come l’ha voluto Dio, che è Amore e che è l’autore del matrimonio che, quindi, nessuna autorità civile o ecclesiastica potrà mai sciogliere. Anche ecclesiastica, anche il Papa. Il Papa può dichiarare nullo un matrimonio che non è mai esistito.
Dire un "s^" all’altare è facile, ripeterlo per tutta la vita è più complicato e difficile. Anche l’Amore ha i suoi nemici. Il primo di questi nemici è l’egoismo, che diventa l’assassino dell’amore perché distrugge il disegno di Dio che fonda l’unità e l’indissolubilità dell’amore nel matrimonio. Tutti conosciamo le numerose situazioni di conflitto, di odio e di separazioni in cui si trovano tante famiglie. E allora come si fa a superare questo dramma? C’è uno solo che può risolvere: Gesù Cristo, che dà la grazia perché i coniugi possano aiutarsi facendo della famiglia una scuola di umanità, una scuola di pace.
Ma noi, oggi, siamo venuti ai piedi della Madre di Pompei per chiedere la sua intercessione perché il Figlio suo divino ascolti le nostre suppliche e ci aiuti a non arrenderci di fronte alle tante e numerose difficoltà che dobbiamo affrontare ogni giorno.
E, allora, rivolgiamoci a Lei:
O Maria che, nella casa di Nazareth e già prima a Betlemme, ti sei mostrata sposa e madre che si prodiga perché, nonostante le difficoltà regni nella tua famiglia amore e pace, aiuta le nostre famiglie in difficoltà, a non cedere alle tentazioni dell’egoismo e a non rompere il vincolo perenne della fedeltà e dell’unità.
O vergine Santissima, insegna alle nostre famiglie il perdono e la misericordia che sono le risposte efficaci al dramma e alla fatica di un amore coniugale che, spesso, si può trasformare in odio e violenza, dividendo gli sposi e separandoli anche dai loro innocenti figli.
O Regina di Pompei, che conosci le sofferenze di tante mamme, proteggi i nostri giovani che spesso, non trovando nelle proprie famiglie una adeguata formazione, si lasciano irretire dalle organizzazioni malavitose che distruggono la loro giovinezza. Fa’ che quanti sono preposti a realizzare il bene comune, il bene di tutti, sappiano offrire ai giovani lavoro, sicurezza e dignità.
O Madre misericordiosa, fa’ che a tutti siano concesse opportunità di vivere con dignità la propria esistenza: ai disoccupati, che attendono un impiego; agli ammalati, che attendono una visita; agli ignudi, che attendono un vestito; ai senza tetto e agli emigranti che chiedono un rifugio dove abitare; ai poveri, che chiedono di sfamarsi. Ascolta l’urlo di dolore di questi nostri fratelli e non venga mai meno il senso di responsabilità di noi tutti verso di loro, consapevoli che solo la carità verso i fratelli e sorelle più poveri potrà contribuire alla crescita umana e spirituale delle nostre comunità. Questa cittadella della carità di Pompei, sull’esempio di Bartolo Longo, diventi modello di una carità veramente incarnata.
O Madre di Dio e Madre nostra, fa che quel "sì" che Tu hai detto a Dio e che ti ha resa madre Sua e madre della nostra umanità, dia forza e coraggio a tutti gli sposi affinché il loro "sì" di ogni giorno rafforzi il loro amore e li aiuti a realizzare il disegno di amore di Dio nella loro vita.
Benedici, infine, o Maria, il Papa e quanti parteciperanno al prossimo Sinodo sulla famiglia. Lo Spirito Santo, Tuo Sposo divino, li illumini perché possano prendere decisioni per il solo bene della Chiesa e dell’umanità.
Dio vi benedica e ‘A Maronna di Pompei v’accumpagna.
† Card. Crescenzio Sepe
Arcivescovo Metropolita di Napoli
Presiede il Cardinale Gianfranco Ravasi - Presidente del Pontificio Commissione di Archeologia Sacra
La Supplica a Maria: il mondo ritrovi la speranza
La Cronaca
Mezzogiorno dell'8 maggio. Sono migliaia i fedeli che hanno gremito piazza Bartolo Longo per recitare la Supplica a Maria, quest’anno guidata dal Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.
La loro voce è arrivata alla "Sovrana del Cielo e della Terra" unendosi alle voci dei fedeli che in centinaia di chiese, cappelle, luoghi pubblici, case private di tanti paesi diversi hanno ripetuto le parole composte dal Fondatore del Santuario nel 1883.
Quella preghiera avvicina, accomuna, unisce, rende fratelli, tutti bisognosi dell’intercessione di Maria Santissima, del suo "sguardo pietoso" su ogni uomo, sulle "famiglie, sull’Italia, sull’Europa, sul mondo".
Un mondo che vive un tempo difficile segnato dalla guerra, dalla violenza, dalla sopraffazione sistematica del più debole. Vi ha fatto riferimento l’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, nel saluto al Cardinale Ravasi, parlando però anche delle tante Opere di carità del Santuario, che portano avanti il carisma di Bartolo Longo con passione e impegno. Un modo per dire che la speranza, salda in Cristo, è più viva che mai nell’amore per i fratelli.
Alla speranza ha fatto riferimento anche il Cardinale nella sua omelia, in cui si è servito dell’immagine dello "sguardo" per chiedere ai fedeli di saper guardare sia Dio, rivolgendo il volto verso l’alto, sia i propri fratelli e ogni loro bisogno, indirizzando gli occhi verso il basso. Alla preghiera di Pompei si è unito ancora una volta anche Papa Francesco.
Al termine della funzione religiosa, Monsignor Caputo ha annunciato che, pochi minuti prima, il Santo Padre, nel Regina Coeli, aveva chiesto ai fedeli in piazza San Pietro di entrare spiritualmente nel Cenacolo per attendere il dono dello Spirito Santo a Pentecoste "in comunione con i fedeli radunati al santuario di Pompei per la tradizionale Supplica".
La Messa dell8 maggio è stata concelebrata dall’Arcivescovo Monsignor Luigi Travaglino, Nunzio Apostolico emerito, e dall’Arcivescovo emerito di Aversa, Monsignor Mario Milano. Tra le autorità presenti, il sindaco di Pompei, Ferdinando Uliano, l’Ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, Daniele Mancini, il Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone.
(Autore: G. P.)
*La Supplica di maggio al tempo del Giubileo
Il linguaggio della speranza in tempi d’inquietudine
Il mese e la Supplica di Maggio al tempo del Giubileo. Resterà vivo per molto il ricordo di questi giorni e di queste folle cosi straordinarie da segnare ogni volta di più un rinnovato momento di fede in un luogo che dalla fede e sorto e da essa continua a trarre ogni sua motivazione. La vita del Santuario ha sempre più il tono e il significato di una storia in incessante "corso d’opera".
Il grande capitolo del Giubileo straordinario sulla misericordia e come il punto esclamativo posto a fine frase per sottolineare uno stupore lieto che rinfranca. E aperta la Porta santa, ma sono spalancati, allo stesso tempo, tutti i varchi che portano al contatto con una realtà che parla il linguaggio della fiducia e della speranza.
In tempi come questi, dominati da smarrimento e inquietudine e segnati da una crisi mai così diffusa e invasiva, l’immagine di un Santuario mai lasciato solo, l’eco di preghiere tanto accorate quanto incessanti, vale come la più efficace delle contro testimonianze a un mondo che appare sempre più chiuso in se stesso, preoccupato di nutrire i propri egoismi e farli valere senza farsi scrupolo di niente.
La cronaca quotidiana continua a immalinconire gli animi con tragedie tanto usuali da non essere più considerate tali. Quasi non fa più notizia, in termini giornalistici, l’impressionante quota d’immigrati che lasciano la vita sulle diverse rotte di una tormentata ricerca di liberta.
E l’ipocrisia di insistere a parlare di emergenza di fronte a un fenomeno ormai del tutto strutturale, non fa che aggravare una situazione già drammatica.
Cosa significhi davvero emergenza si può leggere invece con chiarezza nell’ alfabeto costitutivo di realtà come quelle di Pompei; realtà che danno risposte e si pongono ancora oggi come chiave di lettura di tempi difficili che richiedono svolte.
Le folle richiamate dal miracolo della carità di un laico, Bartolo Longo, e raccolte in preghiera per rivolgere la propria Supplica a Maria, non rappresentano un'immagine sociologica, magari da studiare perché fuori registro rispetto alle "regole" correnti di una società sempre più secolarizzata. Pompei e chiamata proprio per questo ad essere sempre più viva, a porsi come modello ed essere segno di contraddizione.
Da Pompei, l’ha detto con la maestria della sua parola, il cardinale Ravasi nell’omelia della celebrazione per la Supplica di maggio, e facile alzare lo sguardo al cielo, considerare che "il fiume della nostra vita, dopo aver percorso varie anse, dove magari si e anche impaludato, alla fine non ha un abisso di vuoto, non ha un gorgo oscuro in cui si perde. Ha invece una meta, una luce". Una casa di preghiera oggi può, e deve essere, il tetto di un mondo nuovo e diverso. E Pompei non e altro che la casa di Maria, di colei che e "tutta preghiera".
Alla Vergine del Rosario, tra i tanti, proprio in un sabato di maggio, e venuto a rendere omaggio un pellegrino tanto discreto quanto rappresentativo, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Si e trattato di un ritorno poiché il capo dello Stato già conosceva Pompei e le opere del Beato Bartolo Longo.
Con devozione si e unito, per alcuni momenti, alle preghiere dei fedeli, portando la sua personale testimonianza di devozione alla Vergine del Rosario. I privilegi offerti a chi abita la casa di Maria sono molteplici. E Lei al centro di ogni attenzione spirituale. E lei che attira e "parla" per Pompei. In questo senso va considerato anche il delicato gesto di Papa Francesco di tenere a colloquio, durante una pausa dall’assemblea dei vescovi italiani, in Vaticano, il nostro Prelato, Mons. Caputo.
È stato come un seguito della visita compiuta lo scorso anno. Il Papa ha chiesto delle attività del Santuario. Di molte era al corrente e non ha mancato di raccomandare che l’esercizio della Misericordia continui ad essere il centro della vita di fede e di carità di Pompei. Un altro segno forte della vitalità della Nuova Pompei di Bartolo.
(Autore: Angelo Scelzo)
*Il saluto del Prelato
Nel dare il benvenuto al cardinale Gianfranco Ravasi, l’Arcivescovo di Pompei Monsignor Tommaso Caputo ha ricordato che il Santuario è stato fondato sulla fede e sulla carità. Qui, ogni giorno, si prega per il mondo intero, minacciato da "gravi calamità", oggi come ai tempi del Beato Bartolo Longo.
Eminenza rev.ma,
è con gioia che l’accolgo qui a Pompei, nella casa di Maria. Assieme a lei, saluto calorosamente i confratelli vescovi, i sacerdoti, i religiosi, le religiose, il nostro primo cittadino, l’ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede e le altre numerose distinte autorità civili e militari, a tutti i fedeli che, chiamati da Maria, non hanno voluto mancare all’appuntamento con la Supplica.
Accogliamo in Lei il maestro della fede, che spezza con sapienza il pane della Parola di Dio a beneficio di innumerevoli persone che si dissetano ai suoi scritti o la seguono attraverso i mezzi di comunicazione sociale.
Personalmente, ricordo con emozione e gratitudine a Dio il 29 settembre del 2007, quando, in Vaticano, nella Basilica di San Pietro, Papa Benedetto XVI conferiva a Lei ed a me il dono dell’episcopato. In qualità di Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, vostra Eminenza saprà apprezzare la bellezza del nostro Santuario, da poco riportato al suo originario splendore, grazie ad un sapiente e accurato lavoro di restauro.
Centoquaranta anni fa, in questo giorno – era l’8 maggio del 1876 – il Vescovo di Nola benediceva la prima pietra dell’erigendo Santuario, che, da allora, ha accolto milioni e milioni di pellegrini attratti dalla Vergine del Santo Rosario.
In questo Anno Santo straordinario della Misericordia, ogni giorno il Santuario è méta incessante di migliaia di pellegrini. È la Madre della Misericordia ad accoglierli e a condurli a Gesù, volto misericordioso del Padre.
Ma, accanto al tempio della fede, il nostro Fondatore, il Beato Bartolo Longo, volle realizzare anche il tempio della carità, quel complesso di opere sociali che, come una corona di rose, circondano il trono della Vergine per renderle lode e ringraziarla per aver scelto questa terra per spargere il suo amore.
Sono attualmente operativi due Centri Diurni per circa 200 ragazze e ragazzi dai 6 ai 18 anni; la "Casa Emanuel" per ragazze madri e donne sfuggite a situazioni di violenza familiare; il Consultorio Familiare; gli ambulatori materno e infantile per famiglie disagiate; il Centro di Aiuto alla Vita e Movimento per la Vita, una casa di riposo per anziane; un Centro per il recupero di ex tossicodipendenti. Ed anche un Centro dove, dal mese di aprile, si accolgono donne migranti con i loro bambini. E poi il Centro per il Bambino e la Famiglia "Giovanni Paolo II" sorto all’interno delle ex-case operaie, ospita cinque Case Famiglia, che accolgono bambini, giovani donne con problemi, adolescenti, anziani, diversamente abili. Nella Casa del pellegrino è in funzione la Mensa quotidiana per i poveri.
Fede e carità, dunque, preghiere ed opere, ma sempre nel solco della devozione mariana, realizzata con la diffusione del Rosario. Fu proprio il desiderio di propagare questa preghiera mariana dal cuore cristologico che portò il nostro Beato a scrivere la Supplica, che reciteremo al termine della Santa Messa, da lei presieduta.
L’Avvocato Bartolo Longo compose questo testo in adesione filiale al magistero di Papa Leone XIII, che nel 1883 proponeva il Rosario come strumento per rispondere ai mali della società e della Chiesa, afflitta da "gravi calamità".
Anche oggi viviamo situazioni simili: pensiamo alla "terza guerra mondiale a pezzi", secondo l’efficace definizione di Papa Francesco, ai cristiani perseguitati e uccisi in tante nazioni, alla libertà di fede messa a rischio.
È necessario, quindi, pregare con maggiore intensità ed offrire con l’esempio una testimonianza coerente e credibile di vita cristiana.
Maria, Madre di Gesù e nostra, modello del credente, interceda per noi le grazie necessarie per giungere alla méta: Cristo Gesù, Salvatore nostro, che ci apprestiamo ad incontrare ora nella Santa Eucaristia, che Vostra Eminenza ha accettato di presiedere per noi.
Benvenuto, Eminenza!
† Tommaso Caputo
Arcivescovo-Prelato di Pompei e
Delegato Pontificio
*L’Omelia del Cardinale Gianfranco Ravasi
Lo sguardo di Pompei verso Dio e verso gli uomini
Il Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ha presieduto la recita della Supplica nella città mariana, invasa da migliaia di pellegrini. Nell’Omelia, ha esortato i credenti a saper guardare verso l’alto del cielo per ritrovare la speranza, ma anche a guardare verso il basso della terra per non restare indifferenti alla sofferenza dell’uomo.
È con emozione che mi rivolgo a voi, a distanza di forse più di trent’anni, quando anch’io ero uno dei pellegrini in mezzo a voi. Con emozione anche perché sono stato accolto dalle parole così affettuose dell’Arcivescovo Monsignor Caputo, che ha ricordato anche il legame di amicizia che ci unisce; accolto dai Vescovi e da tutti i sacerdoti che sono qui presenti, e da tutti voi. Ed è proprio in questa atmosfera di familiarità, di semplicità, di simpatia, che vorrei fare con voi una riflessione molto semplice legata a questa grande festa pasquale, perché l’ascensione di cristo altro non è che la rappresentazione della gloria del Cristo risorto che abbandona l’orizzonte terreno entro cui noi siamo immersi, ed entra nel cielo che è per eccellenza il simbolo dell’eterno, dell’infinito, del trascendente, del divino.
Eppure proprio per questo, perché nell’infinito continua ancora la sua ad essere una presenza, una presenza assente paradossalmente, ebbene io vorrei soffermarmi sulla parola di Dio che abbiamo ascoltato. Avete sentito i due racconti che Luca ci offre di questo evento pasquale finale, alla fine del suo Vangelo e all’inizio della sua seconda opera gli Atti degli Apostoli. Io vorrei con voi fermarmi soltanto su un simbolo, un simbolo che è fondamentale all’interno della nostra esistenza: l’occhio.
Lo vedremo apparire anche all’interno di queste Scritture. In questo momento infatti i nostri occhi s’incrociano, s’intrecciano; io non conosco i vostri volti né i vostri occhi, migliaia, così come non riesco evidentemente a conoscere gli occhi di coloro che attraverso la televisione, nelle varie regioni d’Italia, ci stanno seguendo e guardando qui, a Pompei e alla madre di Dio qui presente.
Gli occhi sono uno degli strumenti fondamentali per la nostra comunicazione oltre e dopo la parola: sono più importanti per certi versi. Due innamorati autentici, quando hanno esaurito tutta la scorta delle loro parole, magari ripetute, se sono innamorati davvero si guardano negli occhi e tacciono. E quel linguaggio muto, silenzioso, e molto più intenso delle parole che prima si pronunciavano.
Non per nulla un grande pensatore francese, il grande Pascal, ha detto che "nella fede, come nell’amore i silenzi sono molto più eloquenti delle parole".
Ebbene io vorrei ora idealmente immaginare due sguardi di questi occhi: i nostri occhi. Il primo sguardo è verso l’alto.
Avete sentito come si ripete ininterrottamente: lo guardavano, fu elevato in alto, una nube lo sottrasse ai loro occhi, essi stavano fissando il cielo. Poi ancora si dice "guardate il cielo poi alla fine verrà ancora quello stesso Gesù nel modo in cui l’avete visto andare al cielo". C’è quindi uno sguardo verso l’alto. Siamo invitati a rivolgere uno sguardo verso l’alto, verso l’infinito, appunto. Vedete, questo sguardo rivolto sopra l’orizzonte concreto in cui siamo immersi, ci insegna una cosa: che noi, il fiume della nostra vita, dopo aver percorso le varie anse, dove magari si è anche impaludato, alla fine non ha un abisso di vuoto, non ha un gorgo oscuro in cui si perde. Ha invece una meta, una luce. È stato detto giustamente che la morte per il credente è come l’altra faccia della vita rispetto a quella rivolta verso di noi. Questa liturgia ci invita a pensare e a guardare che questo itinerario della nostra esistenza ha un oltre che è nella luce, non nella tenebra e nel vuoto. Ed è per questo che il libro dell’Apocalisse, se ricordate, finisce con una scena bellissima: quando si descrive appunto la Gerusalemme celeste, quella che scende dal cielo, cioè la residenza di Dio, l’infinito di Dio. Ebbene c’è una scena che l’autore dell’Apocalisse prende dal profeta Isaia. Dio scende, idealmente come in questa piazza, scende per la piazza di Gerusalemme, per le vie di Gerusalemme e fa un atto che è straordinariamente intenso: cancella dalle guance le lacrime che scendono dagli occhi degli uomini e delle donne. È questo il segno simbolico e, poi, subito dopo, si dice non ci saranno più presenti in questa città quei cittadini, che sono qui a Pompei, che sono in tutte le metropoli del mondo, nei piccoli villaggi, nella morte, nel lutto, nel lamento, nell’affanno. Ecco perché la parola che io vorrei lasciare, e che voi cercate direttamente o indirettamente qui a Pompei, è proprio la parola della speranza.
La speranza. Un poeta francese diceva che le tre grandi virtù – voi tutti le conoscete le virtù teologali: la fede, la speranza e la carità – diceva che fede e carità sono le due sorelle maggiori; sono quelle solenni, grandiose. Però c’è anche la sorella minore, questa ragazzina, la speranza. L’avete provato voi genitori quando avevate i figli piccoli. Tante volte i figli piccoli vi strattonano, vi fanno andare avanti, vogliono andare oltre. Ebbene, diceva questo poeta, la speranza ci conduce, prende per mano la fede e la carità e le fa andare avanti. Andare avanti oltre la fatica della vita, e non so, forse vi è sfuggito, ma quando è stato letto quel brano solenne di quella omelia che è la Lettera agli ebrei, la seconda Lettura, c’era alla fine questa frase: "Voi dovete non vacillare nella professione della vostra speranza". Non c’è solo il Credo che diremo tra poco, c’è anche una professione di speranza. E qui a Pompei io credo che tendenzialmente tutti i pellegrini vengono e vogliono sentirsi dire quella parola. Pensate che quella parola che avete sentito tante volte, cara anche a San Giovanni Paolo II, "non abbiate paura, non temete" risuona nella Bibbia 365 volte! È un po’ come il buongiorno che Dio vi rivolge. Ogni mattina, anche quando la mattina è tenebrosa e non è come questa giornata, anche quando dentro di voi c’è la desolazione, non abbiate paura! La speranza vi indica la meta ultima che l’ascensione di Cristo ci rappresenta.
La seconda riflessione che voglio fare con voi è quella dello sguardo, ancora. Se voi vedete, c’è una frase nell’interno del brano che avete sentito, che vi invita a guardare in un’altra maniera: non più verso l’alto, ma verso il basso. Infatti dicono gli angeli che rappresentano il mistero di Dio che si comunica: "uomini di Galilea perché state a guardare il cielo?" e, subito dopo, - si era detto prima e so dice nel Vangelo anche di Luca – voi invece ritornate in città, non allontanatevi da Gerusalemme; andate casomai sulla terra, su questo orizzonte terrestre, andate in Giudea, in Samaria, andate fino ai confini estremi della terra, ma qui con i piedi nella polvere della terra, lo sguardo verso il basso. E questo sguardo verso il basso naturalmente noi lo rivolgiamo alle pietre, alle strade, molto spesso. Ed è la voce anche questa di un altro poeta – i poeti spesso ci insegnano i segreti della realtà – questo poeta diceva "guardate le pietre che sono nella terra: esse portano ancora le orme insanguinate del Cristo che sta passando per le nostre strade". E qui, vedete, alla speranza si unisce invece il realismo. Qui voi venite e sapete che le strade, tante volte realisticamente le strade del mondo, pensiamo alla Siria, le pietre sono tutte striate di sangue. Città che io conosco bene, per esempio come Aleppo, sono tutte segnate dal sangue. Ma tante volte anche nella vostra, nella nostra terra, il sangue è lasciato dalla violenza. C’è, nell’interno poi della nostra esistenza, lo sguardo verso il basso. C’è per esempio questa piazza. Ora è un luogo di preghiera. Ma noi sappiamo bene che le piazze sono il luogo dei commerci anche, sono il luogo del riso e delle lacrime, sono il luogo delle liti, sono il luogo della corruzione, sono il luogo tante volte anche della bestemmia. Pensiamo alle case, le vostre case, alla festa, la festa di oggi. Lo sguardo verso il basso. E se ritornate ancora a guardare, pensiamo in quante case, anche momento, c’è per esempio la solitudine assoluta, il silenzio, il non avere più una persona che si ricorda di te, che ti dia uno squillo di telefono, che ti faccia una carezza. Oppure c’è la separazione, la divisione, la lacerazione! Oppure ci sono per esempio dei genitori che vivono nel terrore per i figli che hanno imboccato delle strade di perversione, travolti dalla droga, dalla violenza, dalla disperazione o anche dall’impossibilità di trovare lavoro. Ecco perché l’invito del cristianesimo è un invito alla carne! Il Verbo si è fatto carne è un invito a entrare nella storia, e c’è questa parola che viene ripetuta continuamente. Siate testimoni della vostra speranza e della vostra fede lì. Vorrei ricordare in questo momento una frase di un giudice che come sapete tutti è stato ucciso dalla mafia, Rosario Livatino. È in corso la causa di beatificazione di questo giovane giudice. Lui amava una frase che probabilmente non era sua, ma che era diventata come il suo motto di credente, di uomo anche nella sua professione: "non basta essere credenti bisogna essere anche credibili". Ecco perché bisogna ogni giorno rinnovare, ripetere la nostra fede. La parola "credenti" è un participio presente, non si crede una volta per sempre! Bisogna però anche che questa fede non sia pallida, non sia un luogo comune, non sia soltanto un’invocazione, ma sia anche credibilità, presenza di seme, di fuoco, di speranza all’interno del groviglio del mondo in cui siamo immersi. Io ho concluso e vorrei salutarvi ora, in questo momento vorrei salutarvi con due altri sguardi, due occhi, in questo caso quattro occhi. Gli occhi di Cristo che sono in pratica presenti nell’interno del brano del Vangelo di Luca. Perché si dice che Gesù prende i suoi amici, i discepoli, e per salutarli li porta a Betania, verso Betania, dove ancora adesso c’è, su questa propaggine meridionale del Monte degli Ulivi, il Santuario della Ascensione. Va lì e ha davanti la sua città, "la città amata".
È bellissima questa connotazione perché possiamo immaginare che gli occhi di Gesù, il Gesù carnale, i suoi occhi fisici di cui non sappiamo il colore, la forma, si fissano per l’ultima colta con un ultimo fotogramma sulla sua città. Su questa città segnata dal sangue, e anche nei suoi confronti dall’odio, ecco ancora una volta ci invita a guardare la nostra città. E da ultimo l’altro sguardo, gli altri occhi sono naturalmente quelli di Maria. Oggi che celebriamo la festa della mamma, la figura di una madre i cui occhi sono carichi di intensità. Per me è un ricordo. Mia madre è morta quarant’anni fa proprio in questo mese. Ricordo ormai di lei solo gli occhi, che mi seguivano, gli occhi chiari che aveva mia mamma, occhi carichi d’intensità come sono gli occhi di tutte le madri che sono oggi qui.
Ebbene io finisco con queste parole. Noi diciamo nella preghiera della Salve Regina, ripetiamo e ripeteremo anche oggi: "Rivolgi a noi i tuoi occhi misericordiosi!".
† Card. Gianfranco Ravasi
Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura
e della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra
"Ottobre 2016" L'Ora del Mondo
Presiede L’Arcivescovo Beniamino De Palma - Vescovo di Nola
Fede e speranza per un mondo più giusto
Domenica 2 ottobre, l’Arcivescovo Beniamino De Palma, Vescovo di Nola, ha presieduto la santa Messa e la recita della Supplica nella Basilica di Pompei. La pioggia non ha permesso di celebrare il rito sul sagrato del Santuario, ma migliaia di persone non hanno voluto mancare all’appuntamento con "l’ora del mondo" tanto che il tempio non ha potuto accogliere tutti e molti hanno seguito il rito dall’esterno. Anche questa è stata una grande testimonianza di amore per la vergine.
La pioggia non ferma i devoti della Madonna di Pompei, che il 2 ottobre, prima domenica del mese del Santo Rosario, hanno affollato ogni spazio di una Basilica gremita per recitare, insieme, la Supplica alla beata Vergine. La devozione ha portato i tanti, che non sono riusciti ad entrare in chiesa, a rimanere fuori sotto il temporale. Un atto d’amore che racconta la profonda devozione dei fedeli a Maria. Ma ogni popolo, ogni nazione era a Pompei, almeno nello spirito. Mezzogiorno è l’ora che il Fondatore del Santuario, il Beato Bartolo Longo, definiva "del mondo". E proprio tutto il mondo si è unito alla città mariana allo scoccare di quell’ora: migliaia le chiese, i conventi, le piazze, dove si è recitata la preghiera d’invocazione a Maria, che lo stesso Longo compose nel 1883.
La Supplica e la celebrazione della Santa Messa che l’ha preceduta sono state presiedute dal Vescovo di Nola, l’Arcivescovo Beniamino De Palma. Nell’omelia, tenuta nel corso della funzione religiosa, concelebrata dall’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, e dall’Arcivescovo emerito di Aversa, Monsignor Mario Milano, il presule è partito da un’analisi amara della comunità umana nel tempo attuale: "Com’è difficile vivere – ha detto – in un mondo sconvolto come il nostro, com’è difficile vivere in un’Europa disperata, com’ è difficile vivere in una regione,, la nostra, nella quale si continua a spargere sangue e si ripetono attentati alla vita, attentati alla salute, attentati alla bellezza del territorio. Com’è difficile vivere e credere". In un contesto dalle tinte fosche, Monsignor De Palma si è posto una domanda inevitabile per la coscienza di ogni credente: "Signore, fino a quando tacerai? Fino a quando ci nasconderai il tuo volto? Fino a quando darai l’impressione di essere assente dalla nostra storia? Fino a quando sembrerai indifferente alle tragedie umane? Fino a quando il malvagio avrà l’impressione di vincere sempre? Fino a quando il giusto, il povero, avrà l’impressione di essere sempre calpestato". La risposta è nella speranza, che accompagna la fede. "In questi tempi difficili – ha continuato l’Arcivescovo – com’è facile cadere nella trappola della paura, della rassegnazione, della mafia, della violenza. Com’è facile rifuggire dalla realtà per rifugiarsi in un mondo virtuale. Com’è difficile sperare in questo nostro tempo, in questo nostro territorio. Eppure è la speranza la virtù che ci sostiene in questi tempi difficili. Noi credenti abbiamo bisogno di speranza per annunciare il Vangelo con audacia e con coraggio. Hanno bisogno di speranza anche gli uomini laici se vogliono non rassegnarsi. O la speranza o la rassegnazione. O la speranza o il rifiuto della vita. O la speranza o il nulla. Tocca a noi scegliere".
La speranza accompagna la fede, quasi per mano. Credere però non è una scelta d’opportunità. "Dio – ha spiegato ancora il Presule – non ci promette una vita facile. Dio non ci promette garanzie. Dio ci promette la sua parola: ci sono io, non abbiate paura. Fede significa aggrapparsi alla promessa di Dio che non viene mai meno. Siamo saldi nella sua parola. Chi costruisce su di me, dice Gesù, costruisce sulla roccia. Anche se vengono le tempeste, la costruzione resta in piedi. Chi non costruisce su di me, costruisce sulla sabbia. Essere uomini attaccati alla fede significa lasciarsi prendere in braccio da Dio, sentirsi al sicuro nel cuore di Dio, fare l’esperienza che siamo importanti per Dio, sapere che i nostri nomi sono scritti nel palmo della sua mamo. Fede significa sentirsi amati e, se ci si sente amati, non si è mai soli". La speranza e la fede portano all’azione concreta: "Siamo chiamati a fare storia", ha esortato Monsignor De Palma, che ha anche invitato a "risvegliare la coscienza sociale". L’impegno concreto nella società si vive nel servizio per gli altri: "La compassione – ha concluso il celebrante – salverà il mondo, risolverà tutti i problemi. La compassione creerà un mondo più fraterno, un mondo più vivibile, un mondo nel quale tutti stanno bene. Nessuno viva la vita per se stesso, la vita si vive per gli altri, ci è stata data per gli altri. Un servizio senza interessi, gratificazioni, consensi, vissuto nella gratuità e nella concretezza. Servizio concreto significa che siamo chiamati a rimettere in piedi tutti gli uomini, nessuno escluso. Il mondo è fatto per tutti. Dio non ha creato gli emarginati e gli esclusi. Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza".
E proprio a Pompei si vive l’impegno quotidiano nell’azione di contrasto ad ogni forma di disagio. Nel saluto a Monsignor De Palma, l’Arcivescovo Tommaso Caputo ha ricordato che il Santuario mariano è "una casa costruita da Bartolo Longo con i mattoni della fede e con quelli della carità, in un binomio inscindibile tra spiritualità e amore concreto verso gli ultimi e gli emarginati che lo ha portato a dare vita a numerose opere sociali attive ancora oggi per l’accoglienza di bambini, anziani, madri ed adolescenti in difficoltà, diversamente abili, ex tossicodipendenti, poveri, migranti". Le opere di carità continuano, lungo il solco tracciato dal Beato Bartolo Longo, pur mutando nelle forme che sono state adeguate ai tempi diversi. Non mancano gli ostacoli da superare ogni giorno, grazie dell’intercessione della Vergine Maria e del Fondatore: "Ringraziamo Dio – ha affermato ancora Monsignor Caputo – perché ci sostiene nel portare avanti, non senza difficoltà, la preziosa e pesante e, al tempo stesso, eredità di Bartolo Longo e affidiamo tutte le nostre vite e le nostre azioni alla Madonna del Rosario".
Il Prelato ha anche sottolineato il profondo legame tra le Chiese di Nola e Pompei, ricordando la presenza, nella città mariana, "di ben tre Vescovi originari proprio dalla diocesi di Nola: Monsignor Domenico Vacchiano; il servo di Dio, Monsignor Francesco Saverio Toppi, di cui è in corso la causa di beatificazione e canonizzazione e di cui si concluderà l’inchiesta diocesana proprio nei prossimi giorni, il 13 ottobre; e Monsignor Domenico Sorrentino, attuale Vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino".
L’intero rito, cui erano presenti, tra gli altri, il Commissario prefettizio di Pompei, Dottor Donato Cafagna, e l’ambasciatore d’Italia presso la santa Sede, Dottor Daniele Mancini, è stato trasmesso, in diretta televisiva, da Canale 21, l’emittente televisiva campana che, da anni, segue le celebrazioni e gli eventi più importanti che si tengono in Santuario.
(Autore: Giuseppe Pecorelli)
Presiede Sua Eminenza il Cardinale Francesco Montenegro - Arcivescovo di Agrigento e Presidente della Caritas Italiana
A Pompei e nel mondo la Supplica alla Madonna
A mezzogiorno in punto, sul sagrato della Basilica mariana, nelle case e in tanti luoghi pubblici d'Italia e d'ogni nazione, si è ripetuto l'appuntamento con "L'Ora del mondo".
Quest'anno è stato il Cardinale Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento e Presidente della Caritas Italiana, a presiedere la Santa Messa e la recita della preghiera composta da Bartolo Longo nel 1883. Nella sua omelia, ha esortato i credenti a vivere la fedeltà a Cristo in modo autentico facendosi carico del dolore dei poveri, dei disagiati, degli ultimi.
"Come figli tra le braccia della più tenera fra le madri" decine di migliaia di fedeli provenienti dall’Italia e dall’Estero, si sono raccolti, lunedì 8 maggio 2017, davanti al santuario di Pompei, per partecipare alla santa Messa e alla Supplica, presiedute dal Cardinale Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento e Presidente della Caritas Italiana. La città e la basilica hanno cominciato a riempirsi fin da sabato 6 maggio, per la discesa e venerazione del Quadro, in occasione del 78° anniversario della dedicazione della nuova basilica, dopo, dopo i lavori di ampliamento degli anni Trenta del XX secolo.
Il grande amore per la Vergine del Rosario ha spinto migliaia di fedeli davanti al suo Quadro, sceso eccezionalmente in mezzo ai suoi figli, che hanno, così, potuto sentire più vicina la Madonna, venerarla e renderle grazie per il suo immenso amore. Domenica 7 maggio la giornata è trascorsa tra celebrazioni, arrivi di pellegrinaggi, tra cui alcuni a piedi, come quello proveniente da Pignataro Maggiore, e momenti di preghiera. La veglia in preparazione alla Supplica, cominciata alle 21.00, ha avuto il suo momento di preghiera. La veglia in preparazione alla supplica, cominciata alle 21.00, ha avuto il suo momento centrale nella santa Messa di Mezzanotte, presieduta dall’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo.
Nell’omelia il Presule, commentando il Vangelo dell’Annunciazione, ha invitato i fedeli a imitare Maria, a "cercare di essere come lei. Imitare le sue virtù: la mitezza, la perseveranza, la pazienza, l’umiltà, la purezza. Imitare la sua carità, il suo spirito di servizio, il suo donarsi senza risparmio, come ha fatto andando ad aiutare l’anziana cugina Elisabetta. Se proveremo ad essere come Lei, ad ispirare a Lei le nostre azioni e tutta la nostra vita, saremo certi di darle tanta gioia e potremo degnamente chiamarci sui figli. In questa notte di preghiera, in attesa della Supplica di domani, chiediamo proprio a Maria di aiutarci ad essere come Lei".
Per tutta la notte, in migliaia hanno continuato a pregare incessantemente per predisporsi all’importante appuntamento dell’8 maggio. Il giorno solenne del quale, ad ogni latitudine, milioni di fedeli, uniti tra loro, pur senza conoscersi, alla devozione alla Madonna di Pompei e dallo sconfinato amore per il suo Figlio Gesù, in comunione con le migliaia di devoti raccolti in santuario, proclamato le antiche e sempre nuove parole che suonano così care al cuore: "O, Augusta Regina delle Vittorie, o Sovrana del Cielo e della terra…". La Supplica, composta dal Beato Bartolo Longo nel 1883, è una preghiera corale che racchiude i pensieri, le ansie e gli auspici comuni a tutti gli uomini e le donne di questo difficile presente.
Tutti si ritrovano nelle parole del Longo, nelle richieste accorate che fa alla Madonna; tutti condividono la dolcezza delle espressioni di amore che egli usa per la Madre celeste. Anche Papa Francesco, durante il "Regina Coeli" domenicale del 7 maggio, ha ricordato l’appuntamento con la Supplica alla Madonna del Rosario di Pompei ed ha esortato i fedeli, nel mese di maggio, a pregare il Rosario, in particolare per la pace. Al sorgere del sole, la piazza cominciava a riempirsi sempre più. Accanto gli stendardi delle confraternite e delle associazioni mariane d’Italia, ecco spuntare le bandiere della Polonia, portate non solo da fedeli residenti in Italia per lavoro, ma anche da numerosi gruppi provenienti appositamente dalla terra di San Giovanni Paolo II, dove si sta diffondendo sempre più la devozione alla Madonna di Pompei ed al suo apostolo, il Beato Bartolo Longo. Significativa anche la presenza di cattolici della Corea del Sud, mentre la partecipazione degli ucraini, accompagnati da numerosi sacerdoti, è ormai consolidata, devota, assidua.
Nel saluto iniziale, l’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, ha ricordato l’impegno del Santuario per gli ultimi; impegno che accomuna Pompei a Lampedusa, isola di frontiera, che rientra nel territorio della diocesi di Agrigento, dove sbarcano le carrette del mare stipate di uomini, di donne e bambini soccorsi con premura immediata dalla chiesa guidata dal Cardinale Francesco Montenegro. Nell’omelia, il Porporato ha invitato i fedeli ad imitare Gesù nel servizio, prendendo dalle sue mani il grembiule che si toglie dopo aver lavato i piedi ai discepoli, durante l’Ultima Cena.
Le sue sono state parole forti, capaci di aprire riflessioni personali e comunitarie. Tra le migliaia di persone presenti, numerose autorità civili e militari ed alcuni Vescovi della Campania, che hanno concelebrato il sacro rito: l’Arcivescovo metropolita di Benevento, Monsignor Felice Accrocca; il Vescovo di Ischia, Monsignor Pietro Lagnese; l’Abate dell’Abbazia della santissima Trinità di cava de’ Tirreni, Don Michele Petruzzelli; l’Arcivescovo emerito di Aversa, Monsignor Mario Milano; e il Vescovo emerito di Nocera Inferiore-Sarno, Monsignor Gioacchino Illiano.
(Autore: Loreta Somma)
Il saluto dell’Arcivesco Tommaso Caputo-Prelato di Pompei e Delegato Pontificio
Nell'accogliere il Cardinale Montenegro, l'Arcivescovo di Pompei
Eminenza Reverendissima, benvenuto a Pompei!
La ringrazio di cuore per aver accettato l’invito a presiedere la celebrazione della Santa Messa e la recita della Supplica alla Vergine del Rosario.
Questa preghiera, composta dal Fondatore di Pompei, il Beato Bartolo Longo, nel 1883, viene recitata, "in questo giorno solenne", in tutto il mondo, da New York a Sydney, da Buenos Aia New Delhi, da Asmara a San Paolo del Brasile. Ed anche in Vaticano, Papa Francesco, ieri, dopo il "Regina Coeli", ha ricordato ai fedeli che oggi "rivolgeremo la Supplica alla Madonna del Rosario di Pompei" e ci ha invitato, in questo mese di maggio, a pregare il Rosario per la pace.
San Giovanni Paolo II scelse, nel 2000, Vostra Eminenza come Vescovo ausiliare della diocesi di Messina e Papa Benedetto XVI, nel 2008. La destinò ad Arcivescovo Metropolita di Agrigento, una chiesa di frontiera, dove si sperimentano ogni giorno le sofferenze dei migranti, accogliendoli nel miglior modo possibile. Da vari anni Ella è, inoltre, Presidente della Caritas, un avamposto della Chiesa italiana nell’aiuto degli ultimi e nel sostegno agli emarginati. Due anni fa, il Santo Padre Francesco l’ha creata Cardinale.
Proprio di ritorno dal Concistorio del 14 febbraio 2015, assieme alle diverse centinaia di fedeli e a decine di sacerdoti che l’avevano accompagnata a Roma, ha voluto fermarsi qui a Pompei per celebrare una santa Messa di ringraziamento ed affidare alla Vergine il nuovo servizio ecclesiale al quale lo aveva chiamato il Papa.
La sua personale devozione alla Madonna di Pompei è condivisa da tantissimi fedeli nella sua regione. Numerosissimi sono, infatti, i pellegrini che ogni anno giungono qui dalla Sicilia e diverse sono state le Missioni Mariane del Rosario svolte in tante città dell’isola. Lei, Eminenza, incarna quella Chiesa "in uscita" di cui ci parla Papa Francesco e questo La rende vicino anche al carisma della nostra Città mariana, dove le periferie esistenziali diventano centro, ai poveri è restituita la dignità, i bisognosi sono visti come immagine di cristo. Gli sguardi smarriti di chi fugge da guerre e povertà, che Lei incrocia spesso a Lampedusa, somigliano agli sguardi carichi di dolore delle sorelle e dei fratelli ospitanti nelle nostre opere di carità.
Come lei stesso ha detto di recente, la fede in Dio e la scelta dei poveri sono indissolubili.
Fede, preghiera e carità sono vissute ogni giorno a Pompei, dove l’accoglienza è modo di vivere e di essere, secondo gli insegnamenti e l’esempio concreto del nostro Fondatore, il Santo Avvocato Bartolo Longo.
Egli, seguendo la chiamata della Vergine del Santo Rosario, trasformò questa valle desolata nella città della fede e della carità, costruendo lo splendido santuario, davanti al quale ci accingiamo a celebrare la santa Messa, dando vita a numerose opere sociali e creando una nuova città, che si avvia a celebrare il 90° anniversario di fondazione.
Ancora oggi, non senza difficoltà, continuiamo a portare avanti la duplice missione del nostro Beato, con l’impegno pastorale, lo zelo nelle celebrazioni, l’accoglienza di milioni di pellegrini, tra cui le centinaia di persone che ogni giorno affollano la Sala delle Confessioni per l’incontro con il Padre Misericordioso; e, soprattutto, dando ospitalità a centinaia di bambini, giovani, anziani, donne e mamme in difficoltà, ex tossicodipendenti, diversamente abili, migranti, accolti nelle nostre opere di carità.
Molti di loro sono presenti qui a piazza, assieme alle migliaia di pellegrini, provenienti dall’Italia e dall’estero, che non hanno voluto mancare all’appuntamento con "l’Ora del Mondo". Tra essi, un saluto particolare ai fedeli di Pignataro Maggiore, ai fedeli che vengono dall’Ucraina, dalla Polonia, dalla Corea.
Il mio saluto va anche ai fratelli Vescovi, ai sacerdoti e alle religiose presenti, alle distinte autorità civili e militari e alle migliaia di persone, soprattutto ammalati, anziani, diversamente abili, detenuti che ci seguono attraverso la televisione.
La partecipazione possa essere per tutti un momento di progresso spirituale e accrescere la comunicazione con Dio e con i fratelli.
Grazie ancora, Eminenza, per essere qui oggi. La Madonna di Pompei guidi i suoi passi ogni giorno e la protegga sempre!
† Tommaso Caputo
Arcivescovo-Prelato di Pompei e
Delegato Pontificio
*L’Omelia del Cardinale Francesco Montenegro
La carità è il termometro della fede
Il Signore ci ha donato la sua Parola, ora ci tocca farla nostra, trasformarla cioè in gesti concreti. Mi piace sottolineare un aspetto: la devozione a Maria è vera non perché si recitano formule o si è fedeli a tradizioni che arrivano da lontano, ma solo se essa – la tradizione – si fa limitazione e sceglie Maria come modello di fede e di vita cristiana. Mettiamo, perciò, insieme il messaggio delle letture ascoltate e l'esempio che ci viene da Maria. Lo facciamo in questo Santuario a Lei dedicato, al quale guardano tanti cristiani sparsi nel mondo, che oggi saranno in comunione con noi attraverso la recita della Supplica.
Mi sembra che il cuore del messaggio delle letture siano la fede e le opere. Il brano del Vangelo si è aperto con un grido di Gesù: "Chi crede in me crede in Colui che mi ha mandato; chi vede me vede Colui che mi ha mandato"; e san Pietro, nella prima lettura, ha ribadito il motivo centrale della fede cristiana. Ha detto: "Sappia con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso".
Accogliamo quest’invito e chiediamo al Signore di rafforzare la nostra fede e di renderla sempre più autentica. Una fede che sia esperienza dell’incontro personale con Lui; che – come ci ha ricordato il Salmo – ci porti a "gustare e vedere quanto è buono il Signore"; che orienti a una relazione costante con Lui nell’Eucarestia, nella Parola, nella Chiesa e nei fratelli, soprattutto gli umiliati. È la fede che fa sperimentare la vicinanza di Dio a noi e insieme fa sentire a noi il desiderio di essere vicini a Lui. È questa la fede di Maria che si è sempre fidata di Dio.
Gli ha fatto sempre spazio, particolarmente dall’annunciazione in poi non ha mai smesso di fare riferimento a Lui; nel Magnificat ha riletto la presenza di Dio nella sua storia e in quella della dell’umanità; si è aggrappata a Lui quando il Figlio moriva sulla Croce e ha toccato con mano la forza dello Spirito a Pentecoste. La vita di Maria è stata una vita affidata a Colui che, chiamandola, certamente non l’avrebbe mai lasciata da sola.
La lettura di oggi, oltre a indicarci il contenuto centrale della fede – "Cristo e questi crocifisso" – ci invitano a tradurre la fede in opere. Appena Pietro finisce di parlare ai presenti, i presenti gli chiedono: "Che cosa dobbiamo fare?". L’annuncio dell’apostolo li porta a interrogarsi sul da fare perché entrino in sintonia tra loro la Parola e la vita.
Il cuore dell’annuncio e il cuore di chi ascolta. "Che cosa dobbiamo fare?" ce lo chiediamo anche noi. Cosa fare perché la nostra fede non rimanga soltanto devozione esterna, non si limiti a qualche celebrazione e non finisca con il canto finale di qualche Messa? Gesù nel Vangelo ci ricorda che chi rifiuta le sue parole si condanna da solo, perché rimane tagliato fuori da quella vita piena che Lui ha realizzato morendo in croce e risorgendo il terzo giorno.
Per dare una risposta alla domanda "Cosa dobbiamo fare?", mi rifaccio alle parole scritte da Giovanni. Giovanni scrive: "Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli; ma se uno ha ricchezze e, vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come rimane in Lui l’amore di Dio? Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità". Alla domanda su cosa fare per rendere autentica la nostra fede la risposta è: amare sino a dare tutto noi stessi per i fratelli. La fede è dono di Dio e il modo migliore per viverla è farci dono ai fratelli, soprattutto ai più poveri, ai più disagiati, agli ultimi.
Una fede che guardi solo il cielo, dimenticandosi della terra, è una fede morta; la fede c’è quando c’è la carità. Anzi la carità è il termometro della fede. San Paolo scrive ai Corinzi che senza la carità niente ha valore; né il dono delle lingue, né la fede che sposta le montagne, né la generosità che serve solo per mettersi in mostra.
Senza la carità – dice ancora – siamo come delle campane stonate o, peggio ancora, come campane senza battacchio, inutili perciò. La carità, al contrario, rende luminosa la fede; ci rende credibili e fa diventare concretezza la verità che professiamo nel credo. Se la fede è accogliere il dono di Dio, la carità è farci noi dono per gli altri. Giovanni, poi, fa presente il pericolo che come la fede anche la carità può essere generica! È facile, infatti, affermare; "Io amo tutti!".
Ma il Signore non si accontenta di belle, vuote e gratuite dichiarazioni d’amore, richiede una carità concreta, "con i fatti e nella verità"; capace di riconoscere le situazioni di necessità, per soccorrere chi è senza tetto o senza pane, sia che sia nostro connazionale sia che sia immigrato. L’amore vero non è mai approssimativo; è preciso, pieno di gesti concreti. Così deve essere l’amore del cristiano. Oggi, purtroppo, assistiamo a una certa "filosofia della carità", piena di tanti "ma" e "se". Non raramente capita infatti di voler essere noi a scegliere i poveri che ci piacciono, escludendo senza alcun imbarazzo tutti gli altri, dimenticando che in tutti, ma in tutti, quindi anche negli immigrati, Lui c’è. Riusciamo a pregare con fervore il Signore Gesù e nello stesso tempo, senza sentirci in colpa, a cacciarLo, per esempio, perché è immigrato, con la motivazione che ogni straniero – per noi Gesù – è un terrorista, un poco di buono o qualcuno da cui guardarsi. La carità vera ce la insegna Gesù, che nell’ultima cena, indossa il grembiule, lava i piedi ma si toglie il grembiule perché lo consegna ai cristiani di ogni tempo affinché continuino il Suo gesto. La negazione della carità è rinnegamento della fede. Ogni gesto di carità è un atto di fede, ma non sempre un atto di fede è gesto di carità.
Lo insegna la parabola del Samaritano. Sollecitati dall’evangelista Giovanni, interroghiamoci: se chiudiamo il cuore al fratello bisognoso rimane in noi l’amore di Dio? Se chiudiamo il cuore a chi è povero possiamo partecipare indenni all’Eucarestia? Senza la carità rischiamo di far diventare la partecipazione ai sacramenti una pura formalità senza vita. Il contesto sociale nel quale viviamo ci mette quotidianamente a contatto con molte forme di povertà e di disagio sociale. Non è raro incrociare persone che non hanno nulla con cui vivere e che sono costrette a rovistare nei cassonetti della spazzatura pur di trovare qualcosa. Intanto in Italia si butta nelle pattumiere cibo per 8,7 miliardi di euro.
È vero che non possiamo risolvere i problemi di tutti ma è anche vero che non possiamo rimanere inerti e indifferenti davanti al grido di dolore e di sofferenza dei nostri fratelli. La carità, come una molla, ci spinge incontro all’altro per regalargli ciò che siamo e quello che abbiamo; per condividere quanto la provvidenza ci fa arrivare ogni giorno, per far sentire meno solo chi è privo di lavoro e di speranza. Pensate a quanto bene verrebbe fuori se quanti oggi reciteremo la Supplica alla Madonna di Pompei decidessimo di fare un’opera concreta di carità! Sarebbe già una rivoluzione! Tante persone riuscirebbero a sorridere un po’!
Tra poco nella Supplica diremo che il Rosario è la catena dolce che ci rannoda a Dio. Ma a Dio non piace pure un’altra catena, quella che ci unisce a chi ci sta accanto? Catena formata da persone che, vogliamo o no, ci sono fratelli. Anche in questo l’esempio di Maria è illuminante. Dopo il suo eccomi all’Angelo, in fretta, è andata a casa dell’anziana cugina ed è rimasta con lei per un tempo prolungato di servizio, di compagnia, di vicinanza caritatevole. Lasciamoci guidare da Maria perché anche la nostra fede, il nostro quotidiano "eccomi" a Dio, diventi servizio concreto ai fratelli.
Continuiamo la nostra celebrazione invocando l’intercessione del Beato Bartolo Longo e della Vergine Maria. A Lei rivolgiamoci con le parole di Papa Francesco:
Vergine e Madre Maria, aiutaci a risplendere nella testimonianza della comunione, del servizio, della fede ardente e generosa, della giustizia e dell’amore verso i poveri, perché la gioia del Vangelo giunga sino ai confini della terra e nessuna periferia sia priva della sua luce. Madre del Vangelo vivente, prega per noi, Amen. Alleluia.
† Card. Francesco Montenegro
Arcivescovo di Agrigento
e Presidente della Caritas Italiana
"Ottobre 2017" L'Ora del Mondo
Presiede Sua Eminenza il Cardinale Gualtiero Bassetti, Arcivescovo Metropolita di Perugia-Città della Pieve e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana.
(La Supplica a Maria nel mese del Rosario)
Piazza Bartolo Longo, a Pompei, è gremita di gente ed il colpo d’occhio è straordinario e dà subito la dimensione della devozione alla Madonna di Pompei, alla quale, il 1° ottobre, decine di migliaia di persone hanno elevato la Supplica. La celebra preghiera che il Fondatore del Santuario, il Beato Bartolo Longo, compose nel 1883.
È un appuntamento caro ai devoti, che nella prima domenica del mese del Rosario, così come l’8 maggio, accorrono nella città mariana per partecipare alla celebrazione della Messa, alle 10.30, e per invocare la Vergine a mezzogiorno in punto, "l’Ora del mondo".
Quest’anno, a presiedere la celebrazione Eucaristica e a guidare la preghiera, è stato il Cardinale Gualtiero Bassetti, Arcivescovo Metropolita di Perugia-Città della Pieve e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana. La funzione religiosa è stata concelebrata dall’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo; dal Nunzio Apostolico emerito, l’Arcivescovo Monsignor Luigi Travaglino; dagli Arcivescovi emeriti, Monsignor Mario Milano, di Aversa, e Gioacchino Illiano, di Nocera Inferiore-Sarno. Da Bologna, Papa Francesco, al termine dell’Angelus, ha ricordato la Supplica, con queste parole: "Ci uniamo spiritualmente ai fedeli convenuti presso il Santuario di Pompei per la tradizionale Supplica presieduta oggi dal Presidente della Conferenza Episcopale Italiana Cardinale Bassetti".
Nell’omelia l’Arcivescovo di Perugia ha spiegato l’unicità di Pompei, non solo per la presenza degli Scavi, "ricordo di gesta lontane", ma perché nella città mariana la carità incontra la fede.
In particolare, il Cardinale ha ricordato di aver visitato, il giorno precedente, le Opere di Carità del Santuario, sorte "per l’intuizione del Beato Bartolo Longo, anch’egli salvato dalla misericordia divina". Qui ha incontrato "bisognosi, profughi, bambini e malati". "I poveri, i malati, i bimbi che non hanno famiglia – ha detto, citando anche le parole di Papa Francesco, in visita all’Istituto Serafico per bambini disabili di Assisi – sono la carne straziata di Gesù". Pompei è una città non priva di problemi, anche gravi, ma da cui si può guardare al futuro con fiducia.
Terra dunque di speranza, da cui si torna cambiati, soprattutto dopo essere rinati nel sacramento della Riconciliazione, cui tanti si accostano come testimoniano le lunghe file nella Cappella delle confessioni, dove pure sono a disposizione dei fedeli ben trenta confessioni. Si fa rientro a casa, dopo aver fatto esperienza della misericordia di Dio e averne ascoltato la Parola, non si può davvero tornare a fare il male. Anzi, si comincia a fare il bene, a rendere concreto il Vangelo nella vita di tutti i giorni.
Ai cristiani è chiesta coerenza, conseguenzialità tra ciò che si professa e le proprie opere. Solo così si dà testimonianza.
Ad ascoltare questo passaggio dell’omelia del Cardinale Bassetti vengono alla mente le parole del Beato Paoli VI: "L’uomo contemporaneo – scrive il Pontefice nell’esortazione "Evangelii Nuntiandi", riprendono quanto aveva detto nel discorso ai membri del "Consilium de Laicis" il 2 ottobre 1974 – ascolta più volentieri i testimoni che i maestri o, se ascolta i maestri, è perché sono dei testimoni".
Nella città mariana, i frutti di una vita coerente nella fedeltà al vangelo sono le Opere di carità del Santuario, come ha ricordato, nel saluto d’accoglienza al Cardinale, l’Arcivescovo Tommaso Caputo. Da un lato, il Santuario di pietra, tempio della preghiera cui guardano i fedeli di tutto il mondo, dall’altro il Santuario della Carità concreta.
Al rito erano presenti, il Sindaco di Pompei, Pietro Amitrano; il Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone; il Luogotenente di Gran Maestro del Sovrano Militare Ordine di Malta, Fra’ Giacomo Dalla Torre del tempio di Sanguinetto; e l’ex Ambasciatore d’Italia presso la santa Sede, Daniele Mancini.
La celebrazione è stata trasmessa in diretta televisiva e in streaming da Canale 21, l’emittente televisiva campana che, da oltre venticinque anni, segue le celebrazioni e gli eventi più importanti del Santuario mariano.
I fedeli lontani da Pompei hanno inoltre potuto assistere alla trasmissione attraverso la diretta streaming, realizzata sulla pagina Facebook del Santuario.
(Autore: Giuseppe Pecorelli)
*Il saluto del Prelato
Eminenza Reverendissima, benvenuto a Pompei!
È con grande gioia che la accogliamo qui, nella città di Maria, assieme ai confratelli Vescovi, a S. E. il Luogotenente di Gran Maestro dell’Ordine di malta e altri dignitari, alle distinte autorità civili e militari, ai sacerdoti, alle religiose, ai religiosi, e alle migliaia di pellegrini che, rispondendo all’invito della Vergine, sono arrivati a Pompei, anche dall’estero, per vivere tutti insieme questo giorno solennissimo!
Saluto affettuosamente anche tutti i fedeli, in particolare gli anziani, gli ammalati, i diversamente abili e detenuti, che ci seguono attraverso la diretta televisiva.
Eminenza, Lei da circa quattro mesi guida l’episcopato italiano in grande sintonia con Papa Francesco ed in continuità con il suo ministero precedente, da suo apostolato a Firenze, passando per le sedi episcopali di massa Marittima-Piombino, Arezzo-Cortona-Sansepolcro, fino all’attuale arcidiocesi di Perugia-Città delle Pieve.
Meno di una settimana fa, nell’aprire i lavori del Consiglio Permanente della C.E.I., Lei, Eminenza, ha pronunciato parole molto incisive sulla necessità dell’unità nella Chiesa, dicendo che: "Siamo chiamati a dare vita non ad una Chiesa uniforme ma ad una Chiesa solidale e unita nella sua complessa pluralità. Si tratta dunque di un’autentica vocazione alla collegialità, tra i vescovi e tutto il corpo della Chiesa e al dialogo". Parole che, personalmente ed anche a nome della Chiesa di Pompei, sento di sottoscrivere in pieno.
Vostra Eminenza ha, poi, rivolto un forte invito all’accoglienza dei poveri che "ci lasciano intravedere il volto di Cristo": "Andare verso i poveri – ha affermato – è inequivocabilmente una questione che investe la fede e che si riflette nel modo di vivere la Chiesa. La cultura della carità è anche sinonimo della cultura di una vita, che va difesa sempre".
Queste due parole trovano riscontro in ciò che, da circa 130 anni, cerchiamo di fare qui a Pompei, città della fede e della carità. Accanto a questa magnifica basilica, innalzata quasi come un ex-voto per ringraziare Dio della fede ritrovata, il nostro Fondatore, il Beato Bartolo Longo, convinto che l’amore verso Dio non possa e non debba mai essere disgiunto dall’amore, reale e concreto, verso i fratelli, soprattutto quelli più poveri e in difficoltà, costruì "il santuario della carità", una corona di opere che ancora oggi circonda questa magnifica basilica e canta la gloria di Dio.
Seguendo il suo esempio, ancora oggi, non senza difficoltà, ma confidando sempre nella Provvidenza e con la collaborazione di sacerdoti, religiose, religiosi e laici, accogliamo centinaia di fratelli e sorelle bisognosi: bambini provenienti da situazioni a rischio, madri e donne in difficoltà, poveri, diversamente abili, anziani, migranti, ex tossicodipendenti, figli e figlie di detenuti, molti dei quali oggi sono qui in questa piazza. Ci sorreggono il carisma del nostro Fondatore e la preghiera del Rosario, fondamento del nostro santuario e di questa città, che si eleva quattro volte al giorno dalla nostra Basilica. Questa preghiera mariana, dal cuore cristologico, guida alla contemplazione di Gesù con gli occhi di Maria e rafforza nella fede e nello slancio di carità le migliaia di fedeli e di pellegrini che ogni giorno incorrono ai piedi della Vergine ed affollano la sala delle confessioni per ricevere la misericordia di Dio Padre.
Grazie, Eminenza, per aver accettato il nostro invito, nonostante i numerosi impegni. Lei è arrivato a Pompei al termine di una settimana molto carica di impegni: dopo il Consiglio Permanente della CEI a Roma, è stato in Bielorussia per l’Assemblea plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa.
Ed ora è qui con noi. Le assicuriamo preghiere per la sua missione e siamo lieti di celebrare con lei la Santa Eucarestia e recitare insieme la Supplica, la preghiera scritta da Bartolo Longo nel 1883 ed ancora attualissima nel suo richiamarci alla necessità della pace e del perdono, nel suo esortarci a sentirci tutti fratelli, figli di un’unica Madre. A mezzogiorno, "Ora del Mondo", milioni di persone di ogni continente eleveranno questa preghiera, in comunione spirituale con noi riuniti qui a Pompei. La Madonna interceda tutte le grazie che il suo cuore desidera, La benedica e La protegga sempre!
† Tommaso Caputo
Arcivescovo-Prelato di Pompei
e Delegato Pontificio
*L'Omelia del Cardinale Gualtiero Bassetti
Radicati nella fede operosi nella carità
Ringrazio di vero cuore il caro fratello Arcivescovo Tommaso Caputo per l’invito che mi ha rivolto a presiedere quest’Eucarestia, dinanzi allo stupendo Santuario di Pompei, proprio nel giorno della Supplica alla beata Vergine del Rosario. E lo ringrazio anche per la sua premurosa accoglienza.
Saluto gli arcivescovi e vescovi presenti, tutti i sacerdoti, i religiosi, i malati, i pellegrini qui convenuti, tutti i fedeli. Un deferente omaggio rivolgo alle autorità civili, militari e istituzionali, con speciale pensiero per Sua Eccellenza Fra’ Giacomo Dalla Torre, luogotenente di Gran Maestro del Sovrano Militare Ordine di Malta.
Cari fratelli e sorelle, vi stringo tutti nell’abbraccio di pace e vi saluto nel nome del Signore, che qui ha voluto manifestare la sua misericordia verso i poveri e i peccatori. La Santissima Vergine, con la sua materna protezione e con la sua potente intercessione, ci invita a rivolgerci al Padre con il cuore pieno di speranza, sicuri di poter gettare in Lui ogni nostra pena e sofferenza. E tutti ne abbiamo tante di pene, nella vita.
Il pensiero non può non andare in questo momento a quanti sono accolti presso le opere di carità e le case famiglia del santuario. Ieri sera ho potuto visitarne alcune: bisognosi, profughi, bambini e malati, "La forza della Carità – come ebbe a dire Benedetto XVI, visitando Pompei – è irresistibile: è l’amore che veramente manda avanti il mondo!". E i poveri, i malati, i bimbi che non hanno famiglia, come ha detto più volte Papa Francesco (ho ascoltato le sue parole in proposito al Serafico di Assisi) sono la carne straziata di Gesù.
Per l’intuizione del Beato Bartolo Longo, anch’egli salvato dalla misericordia divina, questo luogo non evoca soltanto il ricordo di gesta lontane, che si perdono nella storia dell’antichità – l’antica Pompei – ma emana il soave profumo della carità di Cristo e della pietà verso la Santissima Madre, che qui, in special modo, ha voluto manifestare l’affetto per i suoi figli pellegrini nel tempo. Preghiera e carità, come sottolineava all’inizio l’Arcivescovo, sono il messaggio della Pompei di oggi.
Mentre dalla cenere antica ritornano lentamente in superficie i monumenti della città romana, che fanno di questo luogo un centro culturale ormai noto in tutto il mondo, per altro verso, da sotto le coltre del peccato e delle miserie umane, per la grazia di Dio e l’intercessione della Beata Vergine, tantissime anime tornano alla luce e alla bellezza della vita cristiana.
Qui i confessionali non hanno le ragnatele, come da qualche altra parte, perché sono sempre pieni e attivi.
La "Nuova Pompei" è un affascinante e concreto racconto dal vivo di come l’amore per Dio non può essere che amore per il prossimo. Questa è una terra che parla del Vangelo e nel linguaggio che il Vangelo predilige: quello delle opere.
La "Nuova Pompei", però, come tante altre nostre città è anche un luogo di problemi reali, di lavoro che manca, di giovani che lo cercano e fanno fatica a trovarlo; di tensioni sociali che stentano a comporsi. È un posto, purtroppo - come ce ne sono tanti altri – dove soprusi e violenza non sono ospiti sporadici. Ma anche un luogo di conversione. Ci consolano le parole del profeta Ezechiele: "Se il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere se stesso: egli certo vivrà e non morrà". Per grazia di Dio, questa terra, più di ogni altra, è terra di speranza, perché è la casa di Maria. E il Santuario a lei dedicato è ritrovo amato di un popolo che ha la preghiera e la fiducia in Dio ben radicate nel cuore.
La pietà popolare, lungi dall’essere banale, la vita di fede, ne rafforza le fibre e ne irrora le radici, lasciando alla maturità del cristiano di educarsi sempre più alla scuola del Vangelo della misericordia che, come ci ha ricordato Papa Francesco nella sua bellissima esortazione Evangelii Gaudium, distoglie lo sguardo del nostro tornaconto e ci invita ad aprirci ai fratelli, con la consapevolezza di essere uomini e donne salvati dall’Amore Misericordioso del Signore, anche se bisognosi di perdono.
La "Lettera ai Filippesi", che abbiamo appena ascoltato, è molto significativa perché in questa pagina è come ritratta l’immagine di Maria: quando si legge l’esortazione a "non fare nulla per rivalità o vanagloria" e, umilmente, a "considerare gli altri superiori a noi stessi", non cercando l’interesse proprio, ma quello altrui, ci sembra di leggere la descrizione di ciò che ha fatto la madre del Signore.
La giovane Vergine di Nazareth, infatti, nel Magnificat, si mette dalla parte degli umili e, se Dio ha potuto fare "grandi cose" in lei, è perché è stata docile alla sua Parola. È sua cugina Elisabetta ha potuto dire: "Beata te che hai creduto". Fratelli e sorelle, la prima cosa da cui liberarsi è la doppiezza, la simulazione. Non possiamo presentarci al Signore con belle intenzioni e poi comportarci nella vita di tutti i giorni come se Dio non ci fosse. Non è possibile venire qui al santuario carichi di promesse e poi tornare in famiglia, al lavoro, per le strade e comportarsi in modo totalmente diverso. Dopo aver sperimentato il suo perdono e la sua misericordia, non possiamo tornare a "fare il male".
Consapevoli della fragilità umana che ci portiamo dentro, dobbiamo cercare con tutte le forze di trasformarci in uomini e donne che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica: che vanno davvero a lavorare nella sua "vigna" non facciamo difficoltà a scorgere l’immenso campo della vita di fede, che richiede un lavoro continuo di purificazione interiore, perché a tempo debito nascano davvero frutti abbondanti.
La vigna nella parola di Gesù rappresenta il popolo d’Israele, e oggi potrebbe rappresentare la Chiesa ma anche il mondo. Non è giusto ritirarsi da questo impegno comune, oppure fare come quel figlio che a parole promette di collaborare, ma alla fine si tira indietro… E nessuno deve presumere di essere migliore degli altri se non si converte dal male. Il Signore ci chiede di fare sul serio, perché allontanarsi dalla giustizia e fare il male vuole dire davvero "Morire". Dio invece desidera che tutti i suoi figli vivano e possano portare frutto.
I frutti spirituali, il rinnovamento interiore e la disponibilità ad aprirsi alla volontà di Dio si acquistano soprattutto con la preghiera, intensa e profonda.
E il Sato Rosario, con la sua semplicità, ci aiuta grandemente ad aprire il nostro cuore al mistero della salvezza.
Papa Paolo VI in una bellissima esortazione, la Marialis Cultus, raccomanda il Santo Rosario e dice che è la preghiera più vicina alla preghiera liturgica, di cui porta ritmi e contenuti. Il Santo Rosario va allora proclamato non come una preghiera ripetitiva, ma ogni Ave Maria sia come il saluto dell’Angelo. Torniamo a proclamare il santo Rosario nelle nostre famiglia.
Cari fratelli e sorelle, da questo luogo santo facciamo salire al Cielo l’invocazione possente, la supplica incessante alla Beata Vergine Maria, la Madre di Dio e Madre nostra, perché interceda per noi presso il Padre della misericordia. Maria ci ottenga le grazie necessarie alla nostra vita di fede; ci doni la stessa fiducia in Dio che ella ebbe all’annuncio dell’Angelo; ci disponga all’ascolto della Sua parola; ci doni la forza di resistere nell’ora del dolore, come essa fece sotto la croce sul Calvario; ci doni la gioia infinita che provò avvolta dalla luce del Figlio risorto!
Supplichiamo la Beata Vergine Maria perché doni a noi, alla Chiesa e a tutta l’umanità di poter vivere, per grazia di Dio, in un mondo pacificato, con lo sguardo fisso al Cielo da dove verranno "cieli nuovi e terra nuova". Così sia!
† Card. Gualtiero Bassetti
Arcivescovo Metropolita di Perugia-Città della Pieve
e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana
"Maggio 2018" L'Ora del Mondo
Presiede l'Arcivescovo Emil Pail Tscherrig, Nunzio Apostolico in Italia e nella repubblica di San Marino
La Supplica di Pompei, Pace sul mondo!
L'8 maggio,l'Arcivescovo Emil Paul Tscherrig ha presieduto la Santa Messa e la recita della Supplica nella Basilica della Beata Vergine del Santo Rosario di Pompei. Nella sua omelia, ha chiesto ai fedeli di accogliere l'invito costante di Papa Francesco a pregare per l'amicizia e la fratellanza tra tutti i popoli e le nazioni. Pompi, nelle sue tante opere di carità di ogni giorno, è esempio di premura e amore per l'altro, avamposto di un mondo nuovo, finalmente in pace.
Ha ricordato l’invito di Papa Francesco a pregare per la pace, in particolare attraverso il Rosario, stamattina, il nunzio apostolico in Italia, Mons. Emil Pail Tscherrig, durante la messa, che ha preceduto la Supplica della Madonna di Pompei.
"Molte volte non sappiamo cosa chiedere nella nostra preghiera. Maria ci invita a domandare sempre, con insistenza e perseveranza, che il Signore ci invii il Suo Spirito affinché sia rinnovata la faccia della terra", ha osservato, sottolineando come "in comunione con lo Spirito di Dio spariranno tra noi l’odio e le contese, la divisione e il disprezzo dell’altro, la diffamazione e le parole che feriscono, i sentimenti che uccidono".
Affinché ciò avvenga, "dobbiamo essere discepoli missionari" e, come ci invita Papa Francesco, nell’Evangelii Gaudium, "evangelizzatori con Spirito, cioè evangelizzatori che pregano e lavorano". In questo contesto "il Santo Padre ricorda soprattutto la forza missionaria dell’intercessione, cioè di quella preghiera che è un atto di somma carità, nel quale noi ci presentiamo davanti a Dio per implorare, sull’esempio di Maria, una grazia per un fratello o una sorella.
Tutti gli uomini e le donne sante, rammenta il Papa, sono stati grandi intercessori". Tuttavia, "per essere intercessori efficaci in favore degli altri, dobbiamo metterci all’ascolto della Parola di Dio e praticarla nella vita di ogni giorno".
Ricordando le opere realizzate dal Beato Bartolo Longo, il presule ha evidenziato: "Vi sono esempi bellissimi in questa "città della fede e della carità concreta". Ho avuto modo di visitare ieri sera con grande soddisfazione e gioia alcune delle opere di carità che nascono all’ombra di questo santuario e che possono vivere anche grazie alla vostra generosità.
Ho visitato alcune famiglie che non si sono chiuse in un amore egoistico, ma che, aperte alla vita, hanno saputo accogliere nuovi figli, fidandosi ogni giorno della Provvidenza di Dio. Ho anche visitato il Centro educativo e ho apprezzato l’entusiasmo e l’impegno degli alunni e degli educatori che ogni giorno costruiscono prospettive di vita nuova, lì dove talvolta l’umanità con la sua debolezza lascia delle macerie".
A tutti, ha concluso, "vorrei esprimere la gratitudine del Santo Padre per quanto generosamente ogni giorno e con non pochi sacrifici fanno per la realizzazione del regno di Dio".
Il saluto dell’Arcivescovo Tommaso Caputo-Prelato di Pompei e Delegato Pontificio
L'amore e la gratitudine di Pompei per Papa Francesco si fanno preghiera
Eccellenza Rev.ma, Mons. Emil Tscherrig, Nunzio Apostolico in Italia, benvenuto a Pompei! La ringrazio di cuore per aver accettato l’invito a presiedere la celebrazione della Santa Messa e la recita della Supplica, in questo giorno "solennissimo" che vede raccolti qui migliaia di pellegrini, giunti da tutta Italia e dall’Estero, tra cui anche molti arrivati a piedi.
Li saluto tutti e li ringrazio per la loro presenza, assieme ai confratelli Vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e alle distinte autorità civili e militari presenti. Lei, Eccellenza, da circa cinque mesi, rappresenta il Santo Padre presso la nostra nazione italiana, dopo aver svolto il medesimo incarico a Burundi, in diverse nazioni dei Caraibi, in Corea e Mongolia, nei Paesi scandinavi e, fino poco tempo fa, in Argentina. Accogliendo Lei accogliamo, dunque, il Papa e ci permettiamo di chiederle di riferirgli tutto il nostro amore e la nostra gratitudine.
Dica a Papa Francesco che i devoti della Madonna di Pompei lo amano e pregano ogni giorno per lui, per il suo ministero e per tutta la Chiesa e, come lui stesso ha chiesto esplicitamente più volte, per la Pace, soprattutto nelle nazioni più martoriate da guerre, lotte fratricide, povertà, sfruttamento. Proprio alla Pace è dedicato, infatti, questo Santuario, come si legge sulla Monumentale Facciata, eretta nel 1901, con il contributo di fedeli di tutto il mondo.
La nuova città di Pompei, che quest’anno festeggia il 90° anniversario della fondazione, dove la sua origine alla prontezza con la quale Bartolo Longo rispose alla chiamata della Vergine che lo esortava a diffondere il Rosario. Sostenuto dal Vescovo di Nola, Mons. Giuseppe Formisano, e grazie alla collaborazione della Contessa, sua consorte, Marianna De Fusco, egli fondò non solo questo magnifico Santuario ma anche la città che lo circonda e numerose opere di carità, nelle quali, oggi come allora, sono accolti gli ultimi e gli emarginati: ragazzi e ragazze provenienti da contesti sociali difficili, mamme e donne sottratte a situazioni di sfruttamento o violenza, figli e figlie di detenuti, anziani, poveri, ex tossicodipendenti, ragazze madri, diversamente abili, migranti.
Coniugando, dunque, fede e carità, egli diffuse in tutto il mondo la devozione alla Vergine del santo Rosario di Pompei, la cui Icona è cara ai cristiani di ogni nazione, come Lei certamente avrà potuto constatare personalmente nei tanti Paesi dove ha prestato servizio per la santa Sede. E penso anche al bellissimo Santuario di Buenos Aires, intitolato alla "Nuestra Señora de Pompeya", che lì avrà sicuramente visitato.
Allo stesso tempo, l’Avvocato Bartolo Longo diede una speranza ad un futuro a centinaia di migliaia di persone sole e abbandonate. È quello che, pur tra le difficoltà che non mancano, cerchiamo di continuare a fare anche noi oggi, in un presente afflitto da problematiche, contrasti, preoccupazioni e nuove povertà. Sacerdoti, religiose, religiosi e laici, nel proprio impegno quotidiano a favore di questi fratelli e sorelle bisognosi, sono sostenuti dalla preghiera del Santo Rosario, fondamento stesso di questo Santuario e dalla fedeltà al carisma del nostro Fondatore, il Beato Bartolo Longo, che speriamo di vedere presto Santo.
Eccellenza, ancora grazie per la sua presenza! Assicuriamo la nostra preghiera per lei e per il suo delicato compito al servizio del Papa nella nostra cara nazione italiana. La Vergine di Pompei la benedica e la protegga sempre!
† Tommaso Caputo
Arcivescovo-Prelato di Pompei e
Delegato Pontificio
*L’Omelia dell'Arcivescovo Tscherrig
Lo Spirito Santo farà scomparire tra noi odio e contese
Eccellenza,
caro Monsignor Tommaso Caputo, Arcivescovo Prelato e delegato Pontificio di questo Santuario di Pompei, stimati fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio, distinte Autorità civili e militari, cari Diaconi, Religiosi e Religiose, sorelle e fratelli in Cristo, ringrazio il Signore Risorto e la Nostra Vergine Madre Maria per avermi dato l’opportunità di celebrare con Voi questa Eucaristia, nella tradizionale giornata a lei dedicata. Festa della Supplica della B. V. del Rosario.
Desidero esprimere la mia gratitudine anche a S. E. Mons. Tommaso che gentilmente mi ha invitato a presiedere questa celebrazione e a tutti voi, cari fedeli e pellegrini, che siete giunti sin qui, anche da terre lontane, per onorare la Madre di Dio, che è anche Madre della Chiesa e Madre nostra.
Vi saluto tutti a nome del santo Padre Francesco, che ho il privilegio di rappresentare nella bella Italia e che ci accompagna sempre con la Sua vicinanza paterna e la Sua Apostolica Benedizione. Come sempre, Egli ci chiede di pregare per la Sua persona e la Sua missione; per questo riuniti intorno all’altare e vicini alla nostra Madre celeste raccomandiamo il Papa e tutta la Chiesa pellegrina nel tempo, in Italia e nel mondo intero, alla sua materna intercessione e protezione.
In questi giorni, in particolare il Papa ci ha raccomandato di pregare per la Pace, indicando il proprio Santo Rosario, fondamento stesso di questo Santuario, come preghiera per implorare la concordia su tutta la terra. Accogliamo l’invito del Santo Padre e preghiamo ogni giorno la corona del Rosario in modo particolare per la pace.
Cari fratelli e sorelle, nella prima lettura, abbiamo incontrato gli Apostoli ancora pieni di stupore per ciò che hanno visto e vissuto: prima per il terrore della morte di Gesù e poi per la Sua gloriosa Risurrezione dai morti. Gesù appare ai discepoli e chiede loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di aspettare il compimento della promessa del Padre. Difatti ora dovrà realizzarsi ciò che Gesù stesso aveva annunciato quando aveva detto: Giovanni ha battezzato con acqua, ma voi sarete battezzati nello Spirito Santo (cfr. Atti 1, 5).
Con queste parole il Risorto ha rivelato ai discepoli che la manifestazione dello Spirito santo è la svolta determinante nella storia della salvezza.
Lo Spirito Santo inviato dal Padre e dal Figlio è la forza creatrice del nuovo Israele che è la Chiesa. Infatti, è questa stessa forza dello Spirito che ha fatto muovere gli Apostoli dal piano superiore, dove si nascondevano per timore dei Giudei, trasformandoli in messaggeri gioiosi e coraggiosi della morte e della Risurrezione di Gesù: Assieme a loro si trovava anche Maria, che ha aspettato e ha implorato la venuta dello Spirito Santo. Lei, che era piena dello Spirito Santo, come canta il Magnificat, prega affinché lo stesso dono divino sia effuso sugli Apostoli. Maria come nessun altro essere umano ha vissuto e sperimentato la potenza dello Spirito Santo, Ora il tempo è compiuto e questa forza misteriosa di Dio darà vita alla Chiesa nascente e agli uomini e alle donne di tutti i tempi che, grazie alla missione evangelizzatrice della Chiesa, diventeranno nuovi discepoli di Gesù.
Cristo Risorto ha affidato la Chiesa nelle mani dello Spirito Santo affinché la guidasse attraverso le vicissitudini della storia umana, secondo la volontà del padre.
È proprio il dono dello Spirito divino che Maria chiede anche per ciascuno di noi, perché senza di Lui non possiamo fare nulla! Maria ci insegna anche l’importanza da riservare allo Spirito di Dio nella vita della Chiesa e in quella di ogni fedele. Lo Spirito è la vita e dà la vita, soprattutto attraverso la Parola di Dio e i sacramenti della Chiesa. Molte volte non sappiamo cosa chiedere nella nostra preghiera. Maria ci invita a domandare sempre, con insistenza e perseveranza, che il Signore ci invii il Suo Spirito affinché sia rinnovata la faccia della terra. In questo Spirito siamo stati battezzati, nel battesimo siamo diventati il Suo tempio. Egli ci ha fatti figli e figlie di Dio e ci rende capaci di entrare in comunione con la santissima Trinità, dove ogni cosa incontra e trova la sua unità. In comunione con lo Spirito di Dio spariranno tra noi l’odio e le contese, la divisione e il disprezzo dell’altro, la diffamazione e le parole che feriscono, i sentimenti che uccidono.
Cari fratelli, affinché ciò avvenga, dobbiamo essere discepoli missionari. Papa Francesco, nell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, ci invita a essere evangelizzatori con lo Spirito, cioè evangelizzatori che pregano e lavorano (EG, 262). In questo contesto il Santo Padre ricorda soprattutto la forza missionaria dell’intercessione, cioè di quella preghiera che è un atto di somma carità, nel quale noi ci presentiamo davanti a Dio per implorare, sull’esempio di Maria, una grazia per un fratello o una sorella.
Tutti gli uomini e le donne sante, rammenta il Papa, sono stati grandi intercessori. Anzi, l’intercessione è come "lievito" nel seno della Trinità… Possiamo dire – continua Papa Francesco – che il cuore di Dio si commuove per l’intercessione, ma in realtà Egli sempre ci anticipa quello che possiamo fare con la nostra intercessione (EG, 283). Tuttavia, per essere intercessori efficaci in favore degli altri, dobbiamo metterci all’ascolto della Parola di Dio e praticarla nella vita di ogni giorno.
Questo è il cammino che Gesù nel Vangelo di oggi propone alla folla che è venuta per incontrarLo (CFR. 8, 19-21). Gesù indica che la condizione per diventare membri della sua famiglia è quella di fare la volontà di Dio. Perciò, la questione importante è: qual è la volontà di Dio su di me, per la mia vita? E ciò non soltanto per i giovani, ma per ogni persona di qualsiasi età. – Per rispondere abbiamo bisogno anche di chiederci; perché sono qui? Vale la pena vivere? Cioè, io devo capire quale sia la mia vocazione e missione come uomo, donna, come cristiano, oggi e in questo mondo. Questi interrogativi somigliano a quelli che agitavano la mente e l’animo del Beato Bartolo Longo quando, nel 1872, venne per la prima volta qui a Pompei. Il Fondatore di questo Santuario, nella Nuova Pompei, e delle Opere di Carità si chiedeva quale fosse la sua strada, come fare per salvarsi. E la Madonna gli indicò il cammino: propagare il Rosario. Egli aderì alla chiamata di Dio e dedicò tutta la sua lunga esistenza a Dio e al prossimo.
Ognuno di noi, anche il più peccatore dunque, può trovare il suo posto nella costruzione del regno di Dio, nella misura in cui accoglie e mette in pratica la volontà di Dio su di lui. Vi sono esempi bellissimi in questa "città della fede e della carità concreta". Ho avuto modo di visitare ieri sera con grande soddisfazione e gioia alcune delle opere di carità che nascono all’ombra di questo Santuario e che possono vivere anche grazie alla vostra generosità.
Ho visitato alcune famiglie che non si sono chiuse in un amore egoistico, ma che, aperte alla vita, hanno saputo accogliere nuovi figli, fidandosi ogni giorno della provvidenza di Dio. Ho anche visitato il Centro Educativo r ho apprezzato l’entusiasmo e l’energia e l’impegno degli alunni e degli educatori che ogni giorno costruiscono prospettive di vita nuova, lì dove talvolta l’umanità con la sua debolezza lascia delle macerie. A tutti vorrei esprimere la gratitudine del Santo Padre per quanto generosamente ogni giorno e con non pochi sacrifici fanno per la realizzazione del regno di Dio.
Carissimi fratelli e carissime sorelle, oggi, riuniti in questo Santuario, chiediamo alla nostra Madre celeste che interceda per noi affinché il Signore ci conceda una nuova Pentecoste. Ci ottenga la grazia per una nuova evangelizzazione e la forza di seguire il Suo cammino di fede. Lei si è lasciata condurre dallo Spirito attraverso un itinerario di fede verso un destino di servizio e fecondità (cfr. EG, 287).
Maria, allora, ci afferri per mano per condurci al Figlio, chieda per noi la forza di "prendere la decisione di lasciarci incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta" (cfr. EG, 3).
Chiediamo fratelli e sorelle, radunati in questo Santuario di Pompei, casa di Maria, il dono della fede per noi e per il mondo, affinché anche noi possiamo essere chiamati beati, perché, come Lei, abbiamo creduto.
Maria, nostra Madre, per intercessione del Beato Bartolo Longo, ci aiuti a essere discepoli missionari, testimoni gioiosi del Vangelo della vita e della Risurrezione, che in ogni circostanza della vita cercano di realizzare sempre la volontà di Dio. "Madre del Vangelo vivente, sorgente di gioia per i piccoli, prega per noi. Amen. Alleluia" (EG, 288).
† Emil Paul Tscherrig
Nunzio Apostolivo in Italia
e nella Repubblica di San Marino
"Ottobre 2018" L'Ora del Mondo
Presiede il Cardinale Mario Zenari - Nunzio apostolico in Siria
La Chiesa e la Madonna custodi di speranza
Nella prima domenica del mese di ottobre dedicato al Rosario, il Cardinale Mario Zenari, Nunzio apostolico in Siria, ha presieduto la Santa Messa e la recita della Supplica. Nell’Omelia, ha commosso tutti ricordando la tragedia del conflitto siriano e invocando l’intercessione di Maria.
E a mezzogiorno, Papa Francesco, durante l’Angelus, ha rivolto il suo pensiero a Pompei rinnovando l’invito "a pregare il Rosario ogni giorno del mese di ottobre". Il rito è stato concelebrato dall’Arcivescovo di Pompei, Tommaso Caputo, che ha rinnovato l’impegno di Pompei a portare avanti le tante Opere sociali, a pregare per la pace nel mondo e in particolare in Siria, paese dall’antica devozione a Maria, ad accogliere l’invito del Papa a recitare il Rosario per l’unità della Chiesa contro ogni divisione.
La pioggia del 7 ottobre non ha fermato i devoti di Maria, che a decine di migliaia, molti a piedi, hanno raggiunto la Basilica della Beata Vergine del Santo Rosario, per la tradizionale recita della Supplica, che come sempre è rivolta alla Madonna nella prima domenica del mese dedicato al Santo Rosario.
E, da Pompei, si è levato un appello alla pace universale, alla fraternità, alla condivisione della gioia come della sofferenza. Il maltempo non ha consentito l’usuale celebrazione sul sagrato del Santuario, ma la Messa solenne è stata officiata all’interno del tempio, gremito oltremodo. Ma anche all’esterno, in piazza, una grande folla ha atteso mezzogiorno, l’ora del mondo. A presiedere l’Eucarestia e poi a guidare la recita della preghiera è stato il Cardinale Mario Zenari, Nunzio Apostolico in Siria.
La funzione religiosa è stata concelebrata dall’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo; da Monsignor Lazzaro You Heung-Sik, Vescovo di Daejeon (Corea del Sud); da monsignor Luigi Travaglino, Arcivescovo e Nunzio apostolico; da Monsignor Mario Milano, Arcivescovo emerito di Aversa; da Monsignor Gioacchino Illiano, Vescovo emerito di Nocera Inferiore-Sarno. E proprio mentre si recitava la Supplica a Maria, anche Papa Francesco, nel corso dell’Angelus a piazza San Pietro, ha voluto rivolgere il suo pensiero ai fedeli di Pompei: "Oggi, festa della Madonna del Rosario – ha detto – rivolgo uno speciale saluto ai fedeli radunati presso il santuario di Pompei per la tradizionale Supplica, presieduta in questa occasione dal Cardinale Mario Zenari, Nunzio Apostolico in Siria.
Rinnovo l’invito a tutti a pregare il Rosario ogni giorno del mese di ottobre, concludendolo con l’antifona "Sotto la tua protezione" e la preghiera a San Michele Arcangelo, per respingere agli attacchi del diavolo che vuole dividere la Chiesa".
Nella sua Omelia, il Cardinale Zenari ha commosso i presenti ricordando la propria esperienza nella Siria martoriata da un conflitto terribile, che dura ormai da quasi otto anni e, dinanzi al trono della Madonna, ha pregato per il popolo siriano nel santuario, la cui facciata è monumento alla pace universale, per volontà del fondatore, il Beato Bartolo Longo.
Ma al dramma della Siria, si aggiungono anche l’Italia e ogni nazione del mondo. In questo contesto, la Chiesa e i cristiani tutti devono essere segno di contraddizione e testimoniare al mondo le ragioni di una speranza che non muore. Sull’esempio della Madonna, modello della "Chiesa in uscita" voluta da Papa Francesco. Lo strumento potente per chiedere l’intercessione di Maria è il Santo Rosario, recitato per la pace, ma anche per la famiglia, delle cui gioie e sofferenze la Chiesa deve essere partecipe.
Il mondo ha bisogno di ritrovare il cuore e il senso dell’umanità, si vedono i segni concreti della speranza, i segni di una fede autentica perché si fa carità. "Nonostante tanta indifferenza – ha detto il Cardinale – quante Veroniche, quanti Cirenei, quanti Buoni Samaritani, presenti ovunque c’è sofferenza e lacrime da asciugare! Alcuni, in luoghi pericolosi, come in Paesi in guerra, hanno rischiato e perso anche la vita nel portare soccorso ai bisognosi".
Pompei, con le sue opere sociali, diventa custode di speranza, segno vivente che un altro mondo, più umano, più giusto, è possibile. Ed il Cardinale Zenari ha avuto modo di conoscere la realtà delle Opere sociali pompeiane, visitando, alla vigilia della Supplica, il Centro diurno oratoriale "Crescere insieme" e, nel pomeriggio del 7, le case d’accoglienza del Centro per il bambino e la famiglia "Giovanni Paolo II".
Nel suo saluto al celebrante, l’Arcivescovo Tommaso Caputo ha ricordato come, ancora oggi, Pompei si proponga come "città della carità" per chiunque viva il disagio, in ogni sua forma, e ha assicurato la vicinanza alla Siria. Attraverso la preghiera incessante e l’aiuto concreto.
La celebrazione è stata trasmessa, in diretta televisiva e in diretta streaming sul sito ufficiale, da Canale 21, la tv campana che, da oltre venticinque anni, seguono le celebrazioni e gli eventi più importanti che si tengono in Santuario, e da Tv2000, l’emittente dei cattolici italiani.
Anche la pagina Facebook del Santuario ha trasmesso la celebrazione in streaming. Le moderne tecnologie hanno così permesso a decine di migliaia di persone di seguire la preghiera, anche se impossibilitati, per lontananza o condizioni di salute, ad essere presenti in Basilica.
(Autore: Giuseppe Pecorelli)
*Le parole dell’Arcivescovo Tommaso Caputo-Prelato di Pompei e Delegato Pontificio
Pompei prega per la pace, il Sinodo e l'unità della Chiesa
Eminenza Rev.ma,
Signor Cardinale Mario Zenari, Nunzio Apostolico in Siria, benvenuto a Pompei!
Grazie di cuore per aver accettato di presiedere questa celebrazione in onore della nostra Madre Celeste!
Con grande gioia La accolgo qui, Eminenza, nella Casa di Maria. Sono presenti alcuni confratelli nell’episcopato, distinte autorità civili e militari col Sig. Sindaco di Pompei, numerosi sacerdoti, religiose, religiosi e tanti pellegrini giunti a Pompei non solo dall’Italia, ma da diverse nazioni europee. Ho visto in questi giorni pellegrini provenienti dalla Polonia, dalla Slovacchia, dalla Norvegia, ma anche dall’estremo Oriente: la Cina e la Corea. È con noi anche Monsignor LazzaroYou Heung-Sik, Vescovo di Daejeon, in Corea del Sud, con alcuni sacerdoti. Assieme a Lei, Eminenza, accogliamo l’intero popolo siriano, martoriato da anni di guerra, eppure ancora saldo nella fede.
In questa nazione, tra le più belle del Medio Oriente, ricca di bellezze artistiche e naturali, il culto alla Madonna di Pompei è presente da oltre un secolo. Tra il 1923 e il 1924, la Vergine del Santo Rosario di Pompei, invocata con suppliche e novene incessanti, accolse la preghiera di un intero popolo, intercedendo una grazia a lungo invocata. Don Rabbath, un sacerdote arabo di Aleppo, inviò una sentita testimonianza da parte dei cristiani di Aleppo, testimonianza che noi abbiamo ritrovato sulle pagine della rivista del nostro santuario, "Il Rosario e la Nuova Pompei", nell’edizione del 1924.
Assieme a Lei, Eminenza, vogliamo pregare oggi ancora più intensamente la Vergine del santo Rosario di Pompei perché conceda all’amato popolo siriano la pace ed il ritorno a casa alle migliaia di profughi che hanno perso tutto.
E lo facciamo qui, in questo santuario, che ha la sua monumentale facciata dedicata alla pace Universale e fu costruita dal nostro Fondatore, il Beato Bartolo Longo, che all’alba del XX secolo indisse un plebiscito universale al quale parteciparono milioni di fedeli di ogni parte del mondo, dall’India alla Cina, dal Nord al Sud America, inviando offerte di adesioni, affinché il nuovo secolo nascesse sotto la protezione della Regina della Pace!
Faremo un’invocazione alla pace soprattutto con le parole scritte dallo stesso Fondatore, quando alla fine della Messa, Lei, Eminenza, ci guiderà nella recita della Supplica, la famosa preghiera – di cui proprio ieri è stato esposto il manoscritto nella Sala Offerte del santuario – composta dal Beato Bartolo Longo nel 1883, e da allora tradotta in centinaia di lingue e diffusa in tutto il mondo. Assieme a noi, in unione spirituale, le decine di migliaia di persone che ci seguono attraverso la tv e i milioni di devoti della Madonna di Pompei, che, in questa che è giustamente definita "L’ora del mondo", la reciteranno ad ogni latitudine.
Sappiamo che, assieme a Papa Francesco, Lei si sta impegnando moltissimo per la fine della guerra in Siria.
Conti sempre su di noi, sulle nostre preghiere e sul nostro sostegno, anche concreto!
Pompei è la città della carità, città nella quale, grazie a Bartolo Longo, fioriscono, come un giardino di rose, tante opere sociali, a favore di bambini, ragazzi, donne e mamme in difficoltà, anziani, poveri, ex tossicodipendenti, migranti, diversamente abili. È la carità non avrà mai fine!
Due giorni fa, in occasione della festa del nostro Beato, sono venuti qui in Santuario gli alunni delle scuole, statali e paritarie, di ogni ordine e grado, e sapendo che sarebbe venuta vostra Eminenza, hanno portato cesti colmi di materiale scolastico per i loro coetanei in Siria.
Durante questa celebrazione siamo in comunione spirituale con il nostro amato Papa Francesco, impegnato in questi giorni nella 15ª Assemblea del Sinodo dei Vescovi, su "I giovani, la fede, il discernimento vocazionale", alla quale non facciamo mancare la nostra preghiera. È importante che i nostri sentano di essere protagonisti nella Chiesa e nell’umanità!
Abbiamo anche aderito subito all’invito di Papa Francesco a concludere la preghiera del Rosario, che qui recitiamo quattro volte al giorno, con l’antica preghiera mariana "Sub tuum praesidium" e quella a San Michele Arcangelo, che ci protegge ed aiuta nella lotta contro il male.
Eminenza, affidiamo il suo ministero e tutto il popolo siriano alla Vergine del Santo Rosario, al cui cospetto partecipiamo a questa celebrazione da lei presieduta.
Possa la santa Madre di Dio intercedere le grazie che ognuno di noi ha nel suo cuore e condurci sulla via della santità!
† Tommaso Caputo
Arcivescovo-Prelato di Pompei e
Delegato Pontificio
*L’Omelia del Cardinale Mario Zenari
Maria è modello della Chiesa in uscita in un mondo bisognoso d'umanità
Carissimi fedeli,
ho accolto con molto piacere l’invito rivoltomi dall’Arcivescovo Prelato e Delegato Pontificio, S.E. Monsignor Tommaso Caputo, a presiedere la celebrazione dell’Eucarestia e la recita della Supplica alla Beata Vergine del Santo Rosario. A lui mi legano, da lunga data, una sincera amicizia e anni di comune servizio ecclesiale. Saluto con piacere i Vescovi concelebranti, i presbiteri del clero pompeiano e i sacerdoti direttori di pellegrinaggi provenienti dall’Italia e dall’estero. Ringrazio cordialmente le autorità civili e militari della loro onorata presenza.
Venendo dalla martoriata Siria, sono qui ad intercedere assieme a voi la Vergine del Santo Rosario per la pace e la riconciliazione in quel caro Paese, per il Medio-Oriente, per tutte le popolazioni tormentate dalla guerra e da calamità naturali. Già la facciata di questa splendida chiesa è intitolata alla pace universale, e la "Antica Pompei", uno dei monumenti a cielo aperto più prestigiosi e visitati al mondo, porta i segni di una delle più terrificanti calamità naturali avvenuta circa 2.000 anni fa.
Se la "Antica Pompei" può essere considerata come uno dei più significativi luoghi d’arte esistenti al mondo, la "Nuova Pompei", sorta per il carisma del Beato Bartolo Longo, è diventata a sua volta un centro di umanità e di carità e la forma di un nuovo umanesimo, fondato saldamente sui pilastri della fede e della carità, dell’amore di Dio e del prossimo. Fede e testimonianza che devono essere praticate assieme, ci ricorda Papa Francesco. "La Chiesa senza testimonianza è soltanto fumo", diceva ai giovani italiani convenuti a Roma in preparazione del Sinodo dei Vescovi nel mese di agosto. E il Beato Bartolo Longo ci insegna che la fede senza la carità è una menzogna.
Sin dall’inizio, assieme alla costruzione della Basilica, Bartolo Longo diede, infatti, inizio alle Opere di carità, in particolare a favore dei bambini e degli adolescenti abbandonati o con gravi disagi sociali. Le Opere, nel corso degli anni, hanno continuato nelle loro attività adeguandosi ai bisogni dei tempi, in particolare col Centro diurni "Crescere insieme", con quello di accoglienza oratoriale "Bartolo Longo", con il Centro per il bambino e la famiglia "Giovanni Paolo II", con una mensa per i poveri.
"Se propaghi il Rosario, sarai salvo!", sentì forte nel suo animo un giorno di ottobre del 1872, verso mezzogiorno, il giovane Bartolo Longo, Rosario, "Catena dolce – come egli la definì - che ci rannodi a Dio". Ed il 14 ottobre del 1883 compose la "Supplica" alla Vergine del Rosario, che divenne in breve tempo nota in tutto il mondo.
La recita del Santo Rosario ricevette rinnovato impulso da vari Pontefici, in particolare in questi ultimi 50 anni, da Papa Paolo VI, con l’Esortazione Apostolica "Marialis cultus", con la Lettera Apostolica di Papa Giovanni Paolo II "Rosarium Virgins Mariae", che aggiunse la meditazione dei "Misteri della luce", e con Papa Francesco, il quale ci chiede in questo mese mariano di concludere la recita del S. Rosario con l’antica invocazione a Maria "Sotto la tua protezione ci rifugiamo S. Madre di Dio…", e con la preghiera a San Michele Arcangelo, a protezione della Chiesa in questi tempi difficili.
Santo Rosario: contemplazione dei momenti più salienti della vita di Gesù con gli occhi e il cuore di Maria, modello di contemplazione: conformandoci poco a poco a Cristo dietro il suo esempio, fino a dire con S. Paolo: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Gal 2, 20): Ripetizione meditativa del saluto dell’Arcangelo Gabriele, che abbiamo sentito or ora nel Vangelo, "Ave, piena di grazia", e del saluto della cugina S. Elisabetta, "Benedetta sei tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù".
"Piena di grazia", perché tabernacolo della Seconda Persona della santissima Trinità, e "Sede della sapienza". E, per questo, mediatrice e distributrice di grazie: "Io, come un canale che esce da un fiume e come un acquedotto che entra in un giardino, ho detto: "Innaffierò il mio giardino e irrigherò la mia aiuola". Ma ecco, il mio canale è diventato un fiume e il mio fiume è diventato un mare", secondo il Libro profetico del Siracide (24, 30-31). E per dirla col sommo poeta: "Donna, se’ tanto grande e tanto vali / che qual vuol grazia e a te non ricorre, / sua disianza vuol volar senz’ali".
Portatrice di grazia e di gioia, la vergine Maria, nella visita alla cugina S. Elisabetta, subito dopo l’annuncio dell’Angelo. Modello della Chiesa, Maria, che, come ci ricorda Papa Francesco, deve essere "Chiesa in uscita" verso le periferie esistenziali del mondo: sofferenze di ogni specie, fisiche e morali; bambini abbandonati, giovani ridotti in schiavitù dalla droga; famiglie senza lavoro o disgregate; anziani soli; degrado morale e ambientale…". "Chiesa in uscita", o, ancora "Chiesa ospedale da campo", ci ricorda spesso Papa Francesco. Portatrice di speranza e di consolazione, come ci ricordano i misteri della gioia, soprattutto quello della nascita di Gesù: in lui, Dio ha assunto un "cuore di carne". In Gesù, egli non ha soltanto un cuore divino, ricco di misericordia e di perdono, ma ha anche un cuore umano, capace di tutte le vibrazioni dell’affetto (Rosarium Virginis Mariae, n. 26).
Chiesa presente e partecipe delle gioie e delle sofferenze della famiglia: come Gesù alle nozze di Cana, che si contempla nel secondo mistero della luce. Anche oggi la Chiesa è in ascolto dello Spirito, come durante i due Sinodi per la famiglia. Nel Rosario, oltre che per la pace, preghiamo anche per la famiglia. Misteri della gioia; misteri della luce. E che dire dei misteri dolorosi, che meditiamo il martedì e il venerdì? Due volte la settimana. Solamente? No, in realtà ci imbattiamo in essi, lo vogliamo o no, molto più spesso!
I misteri della passione e della morte di Gesù in croce non li possiamo saltare, anche se, come diceva S. Paolo, la croce è scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani (I Cor 1,23). E non solo per loro, ma talvolta rischia di essere sentita così anche da noi. Tuttavia, per coloro che sono chiamati, la croce è potenza e sapienza di Dio (I Cor 1,24). La sofferenza del Giusto, la sofferenza degli innocenti, la sofferenza dei bambini. Qui è veramente messa a dura prova la nostra comprensione. "Noi giustamente soffriamo, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male" (Lc 23,41) diceva il buon Ladrone all’altro crocifisso con lui.
Vengo da un conflitto, quello siriano, che dura ormai da quasi 8 anni. Un conflitto – io dico spesso – che si può definire, come la strage degli innocenti, tanti sono i bambini estratti morti o feriti dalle macerie, dilaniati da esplosioni, abusati, torturati, arruolati, che hanno patito la fame. Quanti ne ho visti nei due ospedali cattolici di Damasco, con gli arti trapassati da schegge mentre andavano o tornavano da scuola. Il sabato santo del 2014 nei visitai una sessantina. Laurine, 9 anni, quinta elementare, era assistita dai suoi genitori senza parole. Quel giorno era particolarmente nervosa, mi disse la Suora infermiera, perché si era resa conto di quello che le era capitato il giorno prima: avevano dovuto amputarle ambedue le gambe. Ripeteva in lacrime: "O Signore, perché è capitato a me tutto questo?". Non c’è risposta, ha detto Papa Francesco, alla sofferenza dei bambini.
"Cristo è in agonia fino alla fine del mondo", ha scritto il filosofo francese Blaise Pascal. La sua salita al Calvario continua anche oggi. Siamo invitati ad asciugargli il volto, come la Veronica, o a dargli una mano, come il Cireneo, a portare la croce. Nonostante tanta indifferenza, quante Veroniche, quanti Cirenei, quanti Buoni Samaritani, presenti ovunque c’è sofferenza e lacrime da asciugare! Alcuni, in luoghi pericolosi, come in Paesi in guerra, hanno rischiato e perso anche la vita nel portare soccorso ai bisognosi.
"Sotto la croce stava sua madre" (Gv 19, 25). Ogni volta che entro nella Basilica di S. Pietro, in Vaticano, mi soffermo a lungo in preghiera davanti al capolavoro di Michelangelo, la pietà. Quante mamme trasfigurate nella "Pietà di Michelangelo" si possono vedere! Tutte le mamme che tengono in braccio i loro figli morti: morti di morte prematura, morti a causa della violenza, della guerra e di calamità naturali. Le mamme della Siria, che tengono in braccio mezzo milione di morti e un milione e mezzo di feriti. "Considerate e osservate se c’è un dolore simile al mio dolore" (Lam 1, 13).
E quale misterioso significato contiene l’affermazione di S. Paolo: "Completo nella mia carne ciò che manca ai patimenti di Cristo a favore del suo corpo che è la chiesa" (Col 1,24)? La sofferenza dei cristiani perseguitati, le nostre sofferenze, la sofferenza di tutto il mondo, assunta e valorizzata, per vie misteriose, dal Redentore.
I misteri del Rosario si chiudono con i misteri gloriosi: la Risurrezione di Gesù, l’invio del Consolatore, l’Assunzione di Maria in anima e corpo in cielo e la sua glorificazione.
Maria perseverante in preghiera, con gli Apostoli, nel cenacolo il giorno di Pentecoste, come abbiamo ascoltato nella prima Lettura. Maria che continua la sua missione affidatale da Gesù morente in croce: Madre della Chiesa. Alla sua materna intercessione, affidiamo, in questo mese, lo svolgimento del Sinodo dei Vescovi su "Giovanni, fede e discernimento vocazionale" e, come in ogni santo Rosario, affidiamo a lei le intenzioni del Papa, Pastore universale della Chiesa.
L’Assunzione di Maria in anima e corpo in cielo e la sua glorificazione, sono per la Chiesa e per tutta l’umanità, un segno di consolazione e di sicura speranza. Ella è anticipazione e vertice della condizione escatologica della Chiesa. Dopo il venerdì santo viene la domenica, il giorno della Risurrezione; dopo la morte, la vita!
"Non possiamo vivere la domenica!", dicevano al giudice i martiri di Abitene, del nord-Africa, nell’anno 304. Domenica, giorno della speranza, domenica giorno della gioia,
"Non possiamo vivere senza domenica!", anticipazione della domenica senza fine. Potessimo dirlo anche noi con profonda gioia e convinzione, ascoltando il suono festoso delle nostre campane, radunati in preghiera con Maria nei cenacoli delle nostre chiese! Amen!
† Card. Mario Zenari
Nunzio Apostolico in Siria
Presiede l'Arcivescovo Edgar Péna Parra - Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato
Vicino ai poveri nelle periferie esistenziali
Qui la preghiera nasce e sorge dal cuore della carità
A maggio, il buongiorno di Pompei è il coro di una preghiera. La recita insieme a una folla che, nell’alba che fa luce al suo primo cammino, non sembra conoscere altre vie che quella della casa di Maria, il Santuario che, di prim’ora spalanca le porte come i fedeli spalancano i cuori. Nelle città di Bartolo Longo il giorno nasce con questo saluto – il "Buongiorno a Maria" – che è come un segno di croce "guidato" dalle mani della Vergine, per aprire non un giorno come un altro, ma l’orizzonte della speranza.
Forse anche l’anima, al sorgere del mattino, ha energie fresche e le preghiere e i canti che si levano con lo sguardo fisso, rivolto al Quadro che lentamente si svela dall’altare, hanno l’intensità di un’invocazione forte e struggente. È forse la notte che si sente alle spalle, diradata fino al chiarore di un’alba che annuncia sempre un nuovo inizio.
La Vergine prende per mano i suoi figli – si ascolta nelle devozioni che a lei si rivolgono – ma in queste mattine di maggio, a Pompei, è come se i fedeli andassero loro a cercare Maria e a prenderla a sé per farne tenera compagnia e guida non solo del giorno ma dei momenti della vita di cui ogni giorno è sintesi.
Questo "buongiorno" è tutto un canto. È la voce del mattino di un Santuario dove la preghiera si recita in tutti i toni e si canta in ogni spartito; lode e rendimento di grazia, professione di fede e richieste di perdono.
Tutti segni di un affidamento totale, come una "Supplica" senza fine.
È proprio la Supplica l’altro grande foglio di calendario del maggio mese di Maria. La preghiera di Bartolo Longo "racconta" Pompei come non potrebbe nessun manuale di storico di erudizione. "Pompei, bella e unica nel suo genere, continui a essere un affascinante e concreto racconto di come l’amore di Dio non può essere disgiunto dall’amore al prossimo", ha detto nell’omelia della Messa dell’otto maggio, il celebrante, l’Arcivescovo Edgar Peňa Parra, uno dei più stretti collaboratori di Papa Francesco. Un auspicio, ma non solo, perché Pompei continua a essere la preghiera che sa farsi carità.
Anche per questo, la Supplica, preghiera di Pompei, è preghiera del mondo: nella duplice dimensione, locale e allo stesso tempo globale, è possibile rintracciare il senso più profondo di un’invocazione che nasce e sorge dal cuore della carità.
A Pompei la fede non parla per suggestioni, ma attraverso il linguaggio delle opere concrete. In questo senso anche la Supplica va considerata un’Opera: il fondamento di tutto ciò che nasce e si muove intorno alla carità. "La grandezza di Pompei – ha detto ancora il Sostituto della Segreteria di Stato – sta in questa duplice prospettiva: la preghiera e la carità, uno stigma che resta nitido e incisivo di fronte al mutare dei tempi".
A questo straordinario maggio mariano, Pompei è arrivata sulla scia di un evento pastorale di tutto rilievo, come la conclusione della Visita pastorale dell’Arcivescovo Tommaso Caputo. "Una chiesa presa per mano da Maria e condotta a Cristo sulla via della carità" è stato il titolo del messaggio finale in cui sono state sintetizzate le diverse fasi dell’incontro tra il pastore e le cinque comunità cittadine, guidate dai rispettivi parroci. Un messaggio consegnato dal vescovo durante la messa crismale anticipata al mercoledì Santo: anche questa una scelta significativa che pone l’accento sulla particolare responsabilità di una chiesa locale chiamata a dare conto in ogni momento della propria vocazione alla carità.
Non c’è segno, allargando lo sguardo alla sfera sociale, di un "buongiorno", o almeno di un cenno di cordiale saluto, alla carità; verso la quale, anzi, aumentano gli sguardi torvi e le intolleranze. Carità sembra un termine perfino improprio e senza diritto di cittadinanza in un contesto in cui già il richiamo a un minimo di solidarietà appare fuori tono.
Il clima elettorale che 28 Paesi d’Europa hanno appena messo alle spalle non ha certamente aiutato a dare risalto a valori un po’ più significativi, ma certo meno pressanti, del voto. In Italia come altrove, perché mai come in questo caso, tutto il mondo è paese.
(Autore: Angelo Scelzo)
*Pompei, oasi e casa della speranza
Nel giorno della festa della Madonna del Santo Rosario di Pompei, l’Arcivescovo Edgar Peňa Parra, Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, ha presieduto la celebrazione della Messa e la recita della Supplica, cui si è unito spiritualmente anche Papa Francesco come egli stesso ha detto nell’udienza generale del mercoledì. Nell’omelia, Monsignor Peňa Parra ha ricordato che a Pompei si vive l’amore per Dio e per il prossimo nell’imitazione di Maria Vergine e alla scuola di Bartolo Longo.
Nel saluto introduttivo l’Arcivescovo di Pompei, Monsignoe Tommaso Caputo, ha ricordato come il Fondatore abbia vissuto nella certezza "che l’amore al prossimo fosse la logica conseguenza dell’amore per il Padre".
Oggi ricorre la Supplica alla Madonna di Pompei. Siamo in spirituale unione con quanti in quel Santuario Mariano, come altrove, si ritroveranno a mezzogiorno a recitare con fede la Supplica alla madonna, affinché Ella volga il suo sguardo sul mondo e interceda per la Chiesa intera e per quanti soffrono nel corpo e nello spirito
(Papa Francesco – Udienza generale – mercoledì 8 maggio 2019)
L’8 maggio, nella città di Pompei, simbolo di pace, carità e misericordia, sono giunti sin dal primo mattino migliaia di fedeli. Tanti altri avevano trascorso la notte in Basilica vegliando e pregando in attesa di quella che il Beato Bartolo Longo definiva "l’ora del mondo", mezzogiorno in punto, quando dal sagrato del Santuario si è elevata la Supplica alla Beata Vergine del Santo Rosario, composta dal Fondatore nel 1883. Pochi minuti prima dell’inizio del rito, presieduto dall’Arcivescovo Edgar Peňa Parra, Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, Papa Francesco ha ricordato la Supplica nel corso dell’udienza generale del mercoledì, in Piazza San Pietro.
Ancora una volta da Pompei, in questo giorno di festa, è arrivato un messaggio di speranza, davvero controcorrente in un mondo segnato da lacerazioni e conflitti, violenza ed emarginazione, opulenza smodata e miseria. Un altro mondo è possibile nell’ascolto del Vangelo e, ancora di più, nella sua concretizzazione. La Parola di Dio segna una strada nuova e, nella Città mariana, questo è evidente ogni giorno nelle opere di bene, capaci di trasformare le periferie esistenziali, di cui spesso parla Papa Francesco, in un unico centro in cui si riconosca la dignità di ogni uomo.
Nell’omelia Monsignor Edgar Peňa Parra ha ricordato sia l’esempio della Madonna e il suo "sì" senza condizioni sia quello del Beato Bartolo Longo, apostolo della misericordia che ha operato "con generosità al recupero morale e sociale degli emarginati" così da trasformare Pompei in un’oasi di speranza per il Mezzogiorno d’Italia, ancora segnato da non poche problematiche e sfide".
Carità e fede, i due pilastri del Santuario, sono stati anche il centro del saluto dell’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, che ha introdotto il rito, ricordando tra l’altro quanto sia diffusa nel mondo la devozione alla Madonna di Pompei, molto amata anche a Caracas, nel Venezuela dell’Arcivescovo Peňa Parra, dove le è dedicata una parrocchia retta dai Padri Scalabriniani. La celebrazione, concelebrata da Monsignor Luigi Travaglino, Arcivescovo e Nunzio apostolico, e da Monsignor Mario Milano, Arcivescovo emerito di Aversa, è stata trasmessa in diretta televisiva e in diretta Streaming da Canale 21, la Tv campana che, da oltre venticinque anni, segue le celebrazioni e gli eventi più importanti che si tengono in Santuario, e da Tv 2000, l’emittente dei cattolici italiani.
I fedeli hanno seguito la celebrazione anche sulla pagina Facebook del Santuario. E la Radio Vaticana ha trasmesso la Supplica in diretta. E la Radio Vaticana ha trasmesso la Supplica in diretta. Le moderne tecnologie hanno così permesso ai fedeli di tutto il mondo di seguire la preghiera a distanza.
(Autore: Giuseppe Pecorelli)
*Le parole dell'Arcivescovo di Pompei
Nel tempio della carità e della fede la preghiera costante per il Papa
Eccellenza Reverendissima,
è con grande gioia che Le do il benvenuto a Pompei, nella Casa di Maria!
Nell’accogliere Lei accogliamo il Santo Padre, del quale Lei è uno dei più stretti collaboratori e che qui rappresenta. Ci permettiamo, quindi, di chiederle di trasmettere a Papa Francesco la nostra gratitudine e il nostro amore, assieme all’assicurazione della nostra costante preghiera per Lui e per il Suo ministero.
E vogliamo ringraziare in modo speciale Papa Francesco anche perché alcuni minuti fa, durante l’udienza generale in piazza San Pietro, ha voluto ricordare la nostra celebrazione con queste parole: "Oggi ricorre la Supplica alla Madonna di Pompei. Siamo in spirituale unione con quanti in quel Santuario Mariano, come altrove, si ritroveranno a mezzogiorno a recitare con fede la Supplica alla Madonna, affinché Ella volga il suo sguardo sul mondo e interceda per la Chiesa intera e per quanti soffrono nel corpo e nello spirito".
Eccellenza, La ringrazio vivamente per essere qui a presiedere la celebrazione della Santa Messa e la recita della Supplica alla Vergine del Rosario, in questo giorno "solenne", al quale non hanno voluto mancare migliaia di pellegrini, provenienti da tutta Italia e dall’estero, tra essi la Polonia, dall’Ungheria e dalla Corea del Sud. Molti sono qui dai giorni scorsi e tanti hanno trascorso la notte d’attesa in preghiera.
Li saluto tutti e li ringrazio per la loro presenza, assieme ai confratelli Vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, ai diaconi, al Sindaco di questa città e alle distinte autorità civili e militari presenti.
Lei, Eccellenza, da alcuni mesi svolge il delegato ed importante compito di Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, dopo essere stato Nunzio Apostolico in Pakistan e Mozambico.
Proprio ieri sera, è tornato dal Viaggio Apostolico in Bulgaria e Macedonia del Nord, dove Papa Francesco, sulle orme di San Giovanni XXIII e Santa Teresa di Calcutta, si è recato come messaggero di pace e di unità. Grazie in modo speciale, perché, nonostante i gravosi impegni, ha voluto accettare il nostro invito ed ora è qui con noi.
In Sua presenza non possiamo non pensare alla sua amata nazione, il Venezuela, per il quale pregheremo durante questa celebrazione, invocando concordia e prosperità per i suoi abitanti. Nel suo splendido Paese è molto viva la devozione alla Madonna di Pompei. A Caracas ho potuto celebrare più volte l’Eucarestia nella parrocchia, retta dagli Scalabriniani, dedicata alla madonna di Pompei, alla quale è intitolata la vicina Casa di Riposo.
Proprio la diffusione del culto alla Madonna di Pompei è stato uno dei cardini della vita del Beato Bartolo Longo che fondò il Santuario dedicato alla Madonna del Rosario, questa nuova città di Pompei e le diverse opere di carità che ancora oggi, dopo i 130 anni, ospitano persone in difficoltà. Convinto che l’amore al prossimo fosse la logica conseguenza dell’amore a Dio, il Beato realizzò il tempio della carità accanto a quello della fede, come amava dire lui stesso.
Sulle sue orme, i Centri Educativi affidati alle Suore Domenicane Figlie del Santo Rosario e ai Fratelli delle Scuole Cristiane e le altre opere sociali sorte grazie alla collaborazione con diversi movimenti ecclesiali ed associazioni, accolgono ragazzi e ragazze provenienti da contesti sociali difficili, mamme e donne sottratte a situazioni di sfruttamento o violenza, figli e figlie di detenuti, anziani, poveri, ex tossicodipendenti, ragazze madri, diversamente abili, migranti.
La preghiera del Santo Rosario, fondamento stesso del nostro Santuario, ci sostiene in questo impegno di carità e nella cura pastorale dei circa due milioni di pellegrini che ogni anno visitano la nostra Basilica, consacrata alla Pace Universale, per la quale pregheremo in modo particolare oggi. Eccellenza, ancora grazie per la sua presenza! Conti sulle nostre preghiere per la Sua persona e per il Suo delicato servizio al Santo Padre e alla Chiesa universale.
La Vergine di Pompei la benedica e la protegga sempre!
† Tommaso Caputo
Arcivescovo-Prelato di Pompei e
Delegato Pontificio
*L'Omelia dell'Arcivescovo Edgar Peňa Parra
Non si può amare Dio senza amate i fratelli
Eccellenza, caro Monsignor Tommaso Caputo, Arcivescovo Prelato e Delegato Pontificio di questo Santuario, stimati fratelli nell’Episcopato e nel sacerdozio, distinte Autorità civili e militari, cari diaconi, religiosi e religiose, cari fratelli e sorelle in Cristo!
Sono lieto di trovarmi in questo suggestivo centro di spiritualità e di carità mariana e presiedere la Santa Messa; a tutti voi porto il saluto paterno e la Benedizione del santo Padre Francesco, che ricorda con animo grato la Sua visita a Pompei del 21 marzo 2015. Saluto i fratelli nel sacerdozio, le persone consacrate, con un pensiero particolare per il caro Mons. Tommaso Caputo, Arcivescovo Prelato di Pompei, che ringrazio per l’invito ed anche per le cortesi e fraterne parole che mi ha rivolto.
Un deferente pensiero rivolgo alle Autorità qui presenti e a tutti voi, fedeli e pellegrini che siete qui convenuti in un’occasione tanto singolare come quella dell’odierna tradizionale "Supplica". Essa rappresenta uno degli appuntamenti più significativi per i numerosi devoti della Madonna di Pompei, città conosciuta dappertutto per i due grandi comparti della storia che la caratterizzano: "L’antica Pompei", con gli scavi, testimonianza vivente del passato, e la "nuova Pompei", il cui simbolo è certamente questo Santuario.
"Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato" (Gv 12,44). Con queste parole si apre il brano del Vangelo di Giovanni che è stato proclamato. Sono le parole pronunciate da Gesù nel tempio, mentre parla apertamente della sua missione. Egli si presenta non solo come l’inviato del Padre, ma come una cosa sola con Lui. Con questa affermazione rivela il mistero di Dio stesso. Gesù è venuto nel mondo come la luce vera che svela il mistero d’amore nascosto in Dio. Finalmente il Figlio ce lo ha rivelato: "Io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire" (v. 49). Gesù, esegeta di Dio, ci spiega l’amore del Padre. Il Creatore del cielo e della terra vuole la salvezza di tutti gli uomini e di tutte le donne: tutti sono figli suoi.
Chi ascolta le parole del Figlio si salva, mentre chi non le ascolta o le rifiuta sarà condannato (cfr v. 48). Si tratta di ascoltare e custodire la parola evangelica, che esprime la volontà di Dio, accogliendola e mettendola in pratica.
È quanto ha fatto la Vergine Maria che, docile alla volontà dell’Altissimo, fa suo il progetto misterioso della Salvezza. Accoglie le parole dell’Arcangelo Gabriele che le preannunciano la missione, affidatale da Dio, da diventare la Madre del Verbo eterno fatto uomo per la salvezza di tutti gli uomini (cfr Lc 1,26 – 31). Dio si fa uomo nel grembo di una Vergine; si fa uno di noi per dare a noi la possibilità di ricevere in dono la sua vita, la vita divina. È un imperscrutabile mistero di amore e di misericordia! Maria è la prima persona che ha creduto con tutta se stessa alla Parabola: "Avvenga per me secondo la tua parola" (v. 38). Le fu chiesto la maternità divina, qualcosa che sembrava andare contro ogni tipo di logica e giustamente chiese: "Come è possibile?" (v. 34). Ma "nulla è impossibile a Dio", si affretta a dire l’angelo (v. 37). Maria si è fidata di Dio ed è diventata la Madre di Dio. Anche per ognuno di noi c’è un disegno di Dio, un progetto pensato da tutta l’eternità dalla sapienza divina. Che altro possiamo pensare e volere di più bello che attuarlo nella più profonda fedeltà? Basta arrendersi a Dio, aderire in tutto alla sua volontà e ripetere con Maria: "Avvenga per me secondo la tua parola".
Dal momento in cui Maria aderisce a Dio, dicendo il suo "eccomi", tutta la sua vita è segnata dalla sottomissione amorosa al progetto del Signore, fino a fare di Lei la discepola perfetta: "Ecco la serva del Signore" (v. 38). Quando, rispondendo alla donna che esaltava sua madre, Gesù dice: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica" (Lc 11, 28), esalta ancor più Maria, riconoscendola non soltanto madre nella carne, ma nell’accoglienza della Parola, così come quando la dice veramente madre sua perché fa la sua volontà del Padre che è nei cieli (cfr Mt 12,50). Maria è beata perché "ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore" (Lc 1, 45), è stata la prima ad accogliere la parola. Non è questa anche la nostra vocazione? Anche noi, come Lei, per grazia, siamo stati resi capaci di accogliere la Parola di Dio. Come Maria, possiamo ripetere: "Avvenga per me secondo la tua parola" e diventare discepoli della Parola.
Pompei ci addita un mezzo semplice, ma efficace, per accogliere e mettere in pratica la Parola di Dio: la recita del Rosario. Questa indicazione è simboleggiata dal famoso quadro della Vergine ubicato in questo Santuario, che è qui con noi e ci accompagna e che il Pontefice San Paolo VI ha descritto con queste toccanti parole: "La dolce e attraente impressione della figura materna e regale della Madre di Cristo, assiso sulle ginocchia di Lei, mentre Gesù e Maria offrono ai Santi, prostrati lì presso, Domenico e Caterina, le corone del Santo Rosario, quasi per invitarli a farne oggetto di devozione e di fiducia. La pia e popolare corona di salvezza, che pende dalle mani del Salvatore e della sua beatissima Madre, e che indica donde scende a noi ogni grazia, e per dove deve da noi salire ogni speranza" (Omelia, 23, IV. 1965; Insegnamenti, III, 1965, 236).
In questo Santuario accorrono pellegrini e devoti d’ogni parte d’Italia e, come ci ha detto oggi Monsignor Caputo, anche di altre nazioni del mondo, stringendo tra le mani la corona e attirati dalla Vergine del Rosario che ci chiama ad essere dei contemplativi, come lo era Maria; ci chiama ad accogliere e "custodire" la Parola di Dio (cf Lc 2, 19), a "meditarla" (cf Lc 2, 19), così da approfondirla e tradurla in vita. Questo è il senso del pellegrinaggio a Pompei: uno stimolo a vivere in una contemplazione costante, mettendoci in sincero ascolto della parola di Gesù, sempre viva e nuova; e insieme un appello a seguire il Maestro, rispondendo con generosità al suo invito a dirigerci, con Lui, verso quanti hanno bisogno della sua salvezza.
L’alto campanile che domina non solo la città, ma il vasto territorio che si estende ai piedi del Vesuvio, chiama a raccolta tutti i devoti nella casa della Madre per apprendere da lei la perenne lezione dell’amore: amore per Dio e amore per il prossimo. Dinanzi alle calamità e ai pericoli che segnavano la vita della Chiesa e dell’umanità del suo tempo, il Beato Bartolo Longo, fondatore di questo luogo Mariano, diffuse la devozione del Rosario, perché vedeva in questa preghiera mariana uno strumento sicuro per conseguire il bene della società e della Chiesa mediante le opere di carità.
La grandezza di Pompei sta in questa duplice prospettiva: la preghiera e la carità, come l’ha ideata Bartolo Longo. Si tratta di uno stigma che resta nitido ed incisivo pur di fronte al mutare dei tempi. Nessuna forma di povertà o di emarginazione sociale ha trovato insensibile questo fedele laico che agiva nel sociale testimoniando la carità evangelica, supportato da una intensa vita di preghiera dal singolare timbro mariano. Ci si trova dinanzi ad un apostolo della misericordia che ha rivolto lo sguardo a quelle che il Santo Padre Francesco ama chiamare le "periferie esistenziali", adoperandosi con generosità al recupero morale e sociale degli emarginati. Pompei è diventata, ed è tuttora, un’oasi di speranza per il Mezzogiorno d’Italia, ancora segnato da non poche problematiche e sfide. Attorno alla venerata Icona della Madonna del Rosario è venuto a formarsi un mirabile centro spirituale che, da una parte, irradia devozione mariana e dall’altra, tramite un complesso di opere sociali, traduce l’amore verso Maria nell’amore per i fratelli, rispondendo ai bisogni della società campana, specialmente alle attese dei più poveri e di quanti sono segnati da fragilità.
Cari fratelli e sorelle, auspico che Pompei, bella e unica nel suo genere, continui ad essere un affascinante e concreto racconto di come l’amore per Dio non può essere disgiunto dall’amore al prossimo. Infatti, come ci ha ricordato l’apostolo Giovanni nella seconda lettura di oggi, se chiudiamo il cuore alle necessità dei fratelli, non può rimanere in noi l’amore di Dio (cfr Gv 3,17). Si diffonda sempre in questo luogo benedetto la testimonianza luminosa che la fede senza le opere è morta. Pompei continui ad essere la "casa della speranza", "la casa della misericordia", focolare comune di un territorio segnato da difficoltà, illegalità e tensioni sociali, ma la cui popolazione ha la preghiera nel cuore. A conclusione della Santa Messa, tutti insieme, eleveremo alla Regina gloriosa del Rosario, la solenne "Supplica", che costituisce un vero "atti di amore", come ebbe a definire il Beato Bartolo Longo questa dolce e forte invocazione mariana. Volgiamo il cuore a Maria, guardiamo a Lei sempre, in ogni circostanza, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia. Nel suo cuore di madre siamo sicuri di trovare rifugio, comprensione e conforto, sostegno e luce nel nostro pellegrinaggio terreno.
† Edgar Peňa Parra
Sostituto per gli Affari Generali
della Segreteria di Stato
"Ottobre 2019" L'Ora del Mondo
Presiede Sua Eminenza Monsignor Stefano Russo
(Vescovo emerito di Fabriano-Matelica e Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana)
La fede che unisce i fedeli del mondo in una sola voce
La recita della Supplica d’ottobre è un rito antico, ma capace, ogni volta, di rivolgersi all’uomo di oggi con parole nuove, attuali. Il 6 ottobre, prima domenica del mese, decine di migliaia di persone hanno raggiunto Pompei con ogni mezzo per partecipare, in piazza Bartolo Longo, all’Eucarestia e alla recita della preghiera, cara ai fedeli di tutto il mondo, presiedute da Monsignor Stefano Russo, Vescovo emerito di Fabriano-Matelica e Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, e concelebrate dall’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, dall’Arcivescovo e Nunzio Apostolico in Polonia, Monsignor Salvatore Pennacchio, dall’Arcivescovo e Nunzio apostolico, Monsignor Luigi Travaglino, da Monsignor Mario Milano, Arcivescovo emerito di Aversa, e da Monsignor Gioacchino Illiano, Vescovo emerito di Nocera Inferiore-Sarno. E, mentre nella città mariana ci si è ritrovati intorno a Maria Santissima, come gli apostoli nel Cenacolo, Papa Francesco ha presieduto, nella Basilica di San Pietro, la celebrazione per l’apertura dell’Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi dedicata al tema "Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale". Nell’Angelus di mezzogiorno, in piazza San Pietro, il Santo Padre ha espresso la sua vicinanza ai devoti giunti a Pompei. «Siamo servi inutili – ha detto il Santo Padre riferendosi al Vangelo di Luca (Lc 17, 5-10) poco prima proclamato durante la Messa – è un’espressione di umiltà, di disponibilità che fa tanto bene alla Chiesa, richiama l’atteggiamento giusto per operare in essa. Il servizio umile di cui ci ha dato l’esempio Gesù lavando i piedi ai discepoli. La Vergine Maria ci aiuti ad andare su questa strada.
Donna di fede, ci rivolgiamo a lei alla vigilia della festa della Madonna del Rosario, in comunione con i fedeli radunati a Pompei per la tradizionale Supplica». In queste pagine, come sempre, si potranno leggere i testi integrali del saluto che l’Arcivescovo Caputo ha rivolto al celebrante, ricordando l’impegno del Santuario per la carità nel solco del carisma del Beato Bartolo Longo, e l’omelia di Monsignor Russo dedicata al tema della fede, di cui fu autentico testimone il Beato Bartolo Longo. È dal suo mettersi in ascolto di Dio, dalla sua umiltà che accoglie la volontà divina "tutta intera", dal suo sentirsi sempre servo del Padre che è scaturita la fondazione del Santuario, l’apertura delle Opere di carità, la stessa presenza quotidiana di un numero eccezionale di pellegrini.
Ma la Supplica coinvolge davvero tutto il mondo, anche chi non può essere presente a Pompei. La celebrazione è stata trasmessa, in diretta televisiva e in diretta streaming, da Canale 21, la tv campana che, da oltre venticinque anni, segue le celebrazioni e gli eventi più importanti che si tengono in Santuario mentre i fedeli hanno potuto seguire il rito anche sulla pagina Facebook del Santuario. E nelle case, nelle piazze, nei luoghi pubblici e privati di ogni nazione, a mezzogiorno in punto, ci si è uniti ai fedeli giunti nella città mariana.
A conferma di quanto avesse ragione il Beato Bartolo Longo nel definire la Supplica "l’Ora del mondo". Ma Pompei è stata meta di pellegrinaggi per l’intero mese di ottobre. La Basilica era gremitissima sin dal primo mattino quando, in migliaia, hanno partecipato, dal 1° al 31 ottobre, al rito del "Buongiorno a Maria".
Monsignor Stefano Russo
Monsignor Stefano Russo, Vescovo emerito di Fabriano Matelica e Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, ha presieduto il rito nella prima domenica del mese dedicato al Rosario. Ad accogliere il celebrante, il saluto dell’Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, che ha ricordato l’impegno del Santuario per la carità. In contemporanea, nell’Angelus in piazza San Pietro, anche Papa Francesco, ha invocato l’intercessione di Maria "donna di fede", "in comunione con i fedeli radunati a Pompei per la tradizionale Supplica".
Pompei, dove i piccoli del Vangelo trovano sempre ascolto e accoglienza
Eccellenza, con grande gioia la accogliamo a Pompei e la ringraziamo per aver accettato di presiedere la Santa Messa e la recita della Supplica, in questa prima domenica di ottobre. Assieme a lei, saluto i confratelli Vescovi, i sacerdoti, i religiosi, i diaconi, il Signor Sindaco, le altre distinte autorità civili e militari, i numerosi gruppi di pellegrini che sono giunti dall’estero. In Lei, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, accogliamo tutta la Chiesa in Italia, della quale ci sentiamo pienamente parte.
Il pensiero e la preghiera vanno oggi, in modo speciale, al Santo Padre Francesco che proprio adesso, in Vaticano, sta celebrando la Santa Messa per l’apertura dell’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi sul tema: "Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale".
Il nostro Santuario, edificato alla fine dell’Ottocento dall’avvocato pugliese Bartolo Longo, beatificato nel 1980 da San Giovanni Paolo II, in poco tempo è diventato uno dei santuari mariani più amati e visitati non solo dell’Italia, ma del mondo.
Stiamo vivendo il mese di ottobre, dedicato al Santo Rosario. Questa preghiera, mariana e cristocentrica, su cui è fondato il Santuario di Pompei, ci guida anche nel mettere in pratica il mese missionario straordinario, dal titolo "Battezzati e inviati: la Chiesa di Cristo in missione nel mondo", indetto da Papa Francesco per sensibilizzare tutti i fedeli alla necessità di annunciare e testimoniare Cristo e il suo Vangelo. La Supplica, che reciteremo al termine della santa Messa, è una delle preghiere più conosciute e recitate al mondo. Scritta dal Beato Bartolo Longo nel 1883, è una preghiera universale, nella quale tutti si sentono compresi perché esprime gli affanni del cuore di ogni uomo e tocca le corde più profonde dell’animo umano.
È per questo, che oggi, così come l’8 maggio, assieme a noi raccolti qui, centinaia di migliaia, milioni di persone in tutta Italia e nel mondo, si ritrovano per recitare coralmente questa preghiera che lo stesso Longo definiva "l’Ora del Mondo". E non sono pochi quelli che la conoscono interamente a memoria. In questa città dell’amore e dell’accoglienza, edificata attorno al Santuario dal Beato Bartolo Longo, del quale ieri abbiamo celebrato la festa liturgica, vi è posto per numerose strutture di ospitalità, gestite dal Santuario, per bambini, ragazzi, donne e madri in difficoltà, anziani, diversamente abili, migranti, ex tossicodipendenti, poveri. Sono i centri diurni e le case-famiglia che, proprio ieri sera, Lei, Eccellenza, ha voluto visitare, incontrando i nostri ospiti e chi si prende cura di loro. Ha potuto sperimentare personalmente come sia ancora viva ed attiva l’eredità del Beato Bartolo Longo che, mettendo in pratica la pedagogia dell’amore, diede una casa, una famiglia ed un futuro a migliaia di ragazzi e ragazze abbandonati.
Non senza sacrifici, ma con enorme dedizione, sacerdoti, religiose, religiosi e laici portano avanti questo impegno per sostenere le vecchie e nuove povertà, rendendo attuali e concrete le parole di Gesù: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 40). Nella società di oggi sembra che non ci sia più spazio per l’imperfezione, per chi è ammalato, sofferente, anziano, povero, solo, per chi è affaticato ed oppresso.
Si va affermando quella cultura dell’indifferenza e dello scarto di cui tante volte ci ha parlato Papa Francesco. Maria Santissima ci aiuti a cambiare i nostri occhi, a dissolvere quella nebbia che non ci permette di vedere l’altro come un fratello, facendoci chiudere nei recinti angusti e senza speranza dell’egoismo. La Vergine ci doni il suo stesso cuore e ci renda apostoli dell’amore di Cristo verso tutti i nostri fratelli. Eccellenza, grazie ancora per la sua presenza qui.
La Madonna di Pompei, alla quale affidiamo la sua persona e il suo ministero, la consoli, le dia gioia e l’accompagni sempre!
✠Tommaso Caputo
Arcivescovo-Prelato e Delegato Pontificio
L’Omelia di Monsignor Stefano Russo
Bartolo Longo, testimone della carità contro la cultura dell’indifferenza
Carissimi fratelli e sorelle in Cristo, è con gioia che ho accolto l’invito dell’Arcivescovo Prelato e Delegato pontificio, Monsignor Tommaso Caputo, ad essere qui oggi per condividere con voi l’Eucarestia e la recita della Supplica nella prima domenica di ottobre, mese che la Chiesa dedica al Santo Rosario. La ringrazio, Eccellenza, soprattutto per avermi voluto affidare alla Madonna di Pompei, Madre della gioia e della consolazione. Saluto i confratelli Vescovi, i sacerdoti del clero pompeiano, tutti i presbiteri qui presenti, i diaconi, i religiosi e le religiose. Saluto le Autorità civili e militari. Saluto ciascuno di voi. Ognuno è caro a Dio, che ci è accanto e ci chiama sempre per nome. In modo speciale, saluto gli ammalati, gli anziani, chi è sofferente nello spirito, chi è qui a Pompei, ma anche chi segue questa celebrazione in televisione o attraverso ogni altro strumento della comunicazione. A chi è nel dolore, dico: coraggio!
Il paragone proposto da Gesù, dopo che gli apostoli gli dicono: accresci la nostra fede (un po’ anche la domanda che è nel nostro cuore), è eloquente. Un briciolo di fede può far sradicare un gelso e farlo crescere in mare; se abbiamo fede quanto un granellino di senape, il gelso della nostra vita può crescere anche in luoghi impossibili, può crescere nel mare della storia, che tante volte è burrascoso e pericoloso. La fede è affidarsi a Dio, sentire che i nostri passi – più che le nostre forze – poggiano su di Lui: Lui è la via. Quando, nel 1872, il Beato Bartolo Longo vi giunse, la Valle di Pompei era una terra desolata, abitata da uno sparuto gruppo di contadini, finanche pericolosa per la presenza di briganti e per la scarsa salubrità. Nell’ottobre di quell’anno, camminando lungo i sentieri sterrati di quella piana, il Fondatore sentì un moto dello spirito, una voce interiore che gli diceva: "Se propaghi il Rosario, sarai salvo". Quel giorno, cominciò per il Beato una vita nuova. Comprese quale fosse la sua missione, soprattutto si affidò a Dio e all’intercessione della Vergine Maria. Non aveva un piano ben chiaro, non avrebbe mai potuto nemmeno immaginare la grandezza di quello che, oggi, ci circonda: un Santuario di mirabile bellezza; le Opere di carità, dove nell’aiuto agli altri, il Signore si fa presente con il suo amore premuroso; e poi tutti voi, devoti della Vergine del Rosario, che siete accorsi qui ed affollate la piazza e le strade adiacenti per recitare, a mezzogiorno, tutti insieme, la Supplica. Tutto questo non è solo opera di uomo, non può essere opera di un uomo. Qui c’è la mano di Dio e la presenza continua di Maria, spirituale, ma anche fisica. Possiamo sentire il suo abbraccio di Madre. Bartolo Longo, però, ebbe la fede di quel granello di senape di cui, oggi, ci parla il Vangelo e, per questo, avrebbe potuto dire al gelso di sradicarsi per piantarsi nel mare. Misura della fede sono le opere, quindi la vita; una vita improntata al servizio, senza che questo diventi motivo per poter vantare alcunché: "Siamo servi inutili". "Inutili". È una parola che colpisce, ci appare dura, irritante, pungente, provocante. Ma con l’invito a sentirci tali, il Vangelo vuol portarci ad ammettere che non possiamo pensarci padroni della nostra vita. Riconoscerci servi inutili non significa ritenere che il nostro servizio sia inutile, ma che si muove, che sgorga e si sviluppa all’interno della gratuità di Dio: quello che siamo, quello che facciamo, la nostra stessa esistenza è dono Suo. Il riconoscerci servi ci libera dalla tentazione di identificarci con i risultati, di abbatterci per i fallimenti, di sentirci indispensabili, di cercare conferme; ci libera dal peso insopportabile di dover rispondere a ogni costo a tutte le attese, di dover essere sempre all’altezza di tutte le sfide, di pensare di doverci caricare tutto il peso del mondo sulle nostre spalle. Bartolo Longo, che pure compì opere straordinarie, non si sentì mai un uomo superiore agli altri, anzi. Si sentì, per tutta la sua esistenza, un servo di Dio, un "matita" nelle mani del Padre, come amava definirsi Santa Teresa di Calcutta. Non pensò mai d’aver compiuto un’impresa, già nella sola edificazione della Basilica, ma ritenne sempre di essere stato solo uno strumento del Signore. Il suo merito, la ragione per la quale desideriamo di vederlo presto canonizzato, è in quel "sì" a Dio, chiaro, espresso non una volta tanto, ma ogni giorno, ogni istante della propria vita, con una perseveranza straordinaria, nell’esempio di Maria Santissima. Nulla, per Longo, veniva dalla sua sola persona. Anche la Supplica, che tra poco reciteremo, era per lui ispirata dal Cielo. Qualcuno gli suggeriva di cambiare questa o quell’altra parola, ma lui si opponeva fiero perché proprio in quella forma, in quel lessico, piaceva a Maria Santissima. Quanta umiltà nei versi della preghiera che eleveremo a mezzogiorno, l’Ora del Mondo. Diremo, tra l’altro: "Tu dunque, come Madre nostra, sei la nostra Avvocata, la nostra speranza. E noi, gementi, stendiamo a te le mani supplichevoli, gridando: Misericordia!". Quando i risultati che ci aspettavamo non ci sono, quando le situazioni in cui ci dibattiamo ci sembrano perdute, riconoscerci servi inutili significa affermare il primato di Dio, significa dire: "Sei tu l’unico Signore, a cui affido quanto mi sta a cuore, sapendo che sei fedele. Sei tu solo che salva. Sei tu solo che assicura la pace". Questa fiducia – e la libertà che genera – ci rendono umili, disponibili a fare quanto sta in noi con semplicità e senza pretese. Ci dà serenità e fiducia. Ci fa riconoscere che, pur nella nostra debolezza, Dio ispira il nostro cuore e opera attraverso le nostre mani, ci sostiene nel compito di promuovere una civiltà a misura d’uomo. Possiamo farlo davvero tutti. Nessuno escluso. Bartolo Longo non nacque santo, ma ebbe le sue cadute – lo sappiamo – più di ogni altro ebbe bisogno della misericordia di Dio. Anzi, della misericordia che è Dio. Negli anni universitari a Napoli si perse dietro correnti di pensiero sbagliate e nemiche della fede cristiana, ma oggi noi lo veneriamo come apostolo del Santo Rosario, come testimone di carità e di speranza. La vita del Beato ci insegna che non c’è caduta da cui non ci si possa rialzare, non c’è baratro da cui non si possa uscire, non c’è buio così nero da non poter vedere la luce. È un grande grido di speranza quello di Bartolo Longo. "Alzatevi, andiamo!", dice Gesù agli apostoli nell’orto degli ulivi. Alziamoci, andiamo anche noi verso la gioia con la benedizione di Maria. Apriamo le porte a Cristo, come disse San Giovanni Paolo II. Spalanchiamo le porte a Cristo! Qui a Pompei diventa visibile ed esemplare la promozione di una civiltà davvero umana. La Pompei che ho potuto visitare in questi giorni testimonia, infatti, i frutti del servizio: lo fa nei 250 bambini e adolescenti con problematiche sociali accolti nel Centro diurno "Crescere insieme" e nel Centro oratoriale "Bartolo Longo"; lo fa con la mensa per i poveri "Papa Francesco", che assicura un pasto caldo a circa 150 persone ogni giorno; lo fa con le sue cinque case famiglia; lo fa offrendo un ambiente sereno per gestanti, mamme e piccoli che vivono a "Casa Emanuel"; lo fa con il suo rendersi rifugio sicuro per decine di donne migranti e i loro bambini; lo fa lavorando per il recupero di chi è finito nel dramma della dipendenza da alcol e droga. Queste opere di carità, che rendono questo luogo un racconto d’amore vivo, affascinante e concreto – parabola di un’umanità riportata alla sua bellezza – hanno un’unica radice: la fede, richiamata dal Vangelo e sostanziata dalla preghiera, che fa di questo Santuario un cenacolo orante, meta di decine di migliaia di fedeli alla ricerca della misericordia di Dio, della sua Parola e del Pane di vita eterna. Non è stato, del resto, proprio questo il segreto di Bartolo Longo, questo laico controcorrente che – animato dalla fede – seppe intraprendere un’azione di ripristino di un’umanità perduta e assuefatta, anche moralmente, a un contesto desolato e segnato dalla miseria e dal degrado? Non è forse stato questo il respiro che ha reso Pompei la casa della speranza, dove ritrovarsi accolti e custoditi dall’intercessione materna della Vergine Maria? La "Supplica" composta da Bartolo Longo è divenuta una preghiera nota in tutto il mondo; San Giovanni Paolo II vi ha attinto per la sua Lettera Apostolica "Rosarium Virginis Mariae". Noi stessi oggi siamo qui animati dalla stessa volontà di affidarci a Maria, discepola e madre nella fede, serva per eccellenza. Al suo cuore affidiamo quanto ci angustia: il cammino educativo dei nostri ragazzi; il lavoro che manca, i giovani che lo cercano e faticano a trovarlo; le tensioni familiari e sociali che stentano a comporsi; la sofferenza e la solitudine di tanti malati. Lo facciamo con la fiducia di chi, nel rinnovare il "sì" della fede, sa di ritrovare ragioni di vita. Ripartiremo allora da questo Santuario con la gratitudine che nasce dal sentirsi partecipi di un’esperienza di Chiesa, che ci rende missionari nel nostro tempo, portatori dell’amore gratuito di Dio, dispensatori di carità tra i fratelli.
✠Stefano Russo
Vescovo emerito di Fabriano-Matelica Segretario generale della CEI