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Realizzazione della Basilica

Il Santuario
“Nel 1934 ho iniziato a lavorare, quale scalpellino in architettura, nella Basilica di Pompei, fino al 1939. Ho trattato pietre provenienti da tutto il mondo: dal Belgio, dalla Francia, dall’Australia, dal Canada, dalla Russia, da Trani, da Carrara e dal Piemonte con il suo granito cipollino o rosso”.
È la viva testimonianza del sig. Marino Machetti, anni 76, che venne a lavorare per l’ampliamento del Santuario di Pompei, un anno dopo l’inizio dei lavori e che ancora oggi, quando entra in Chiesa, tutte le sere per la Messa prova “una grande emozione nel vedere le colonne” che egli stesso ha contribuito a mettere in opera (30 tonnellate ciascuna), con una fatica certamente improba, se si pensa che i mezzi tecnici non erano quelli attuali. Dinanzi allo straordinario, crescente, - forse anche inatteso nella consistenza – coinvolgimento dei fedeli, dinanzi all’interesse del mondo per Pompei, l’originario disegno del luogo di preghiera formulato da B. Longo si rivelava ormai inadeguato, insufficiente: di qui il dilemma se optare per una nuova Chiesa o ampliare quella già officiante. Non si trattava, infatti, di semplice problema di spazio, ma anche di rispetto verso l’esistente, e cioè verso quella struttura eretta da B. Longo e consacrata nel 1891, che era costata sudore, sacrifici, impegni, entrata a far parte ormai della memoria della marianità del popolo, costituita oggi dalla navata centrale fino alla crociera. Prevalse così la seconda ipotesi: l’architetto archepito fi Mons. Spirito Chiappetta, delegato espressamente dal Vaticano. “Con me, prosegue Marino Machetti, hanno lavorato i geometri Rossi e Bellone, proveniente quest’ultimo da Milano, c’erano Masto Michele (Capo ferraiolo), l’assistente Giardini, che curava la muratura ed Erminio, che curava la carpenteria, c’era Pietro Vitiello che ha fornito puzzolame, breccia, arena e che trasportava tutto il materiale con traini e carrette”.
Dietro tutto questo, il Prelato Mons. Anastasio Rossi, Patriarca con la sua fermezza, la piena consapevolezza di dover dare alla preghiera del Rosario e della Supplica un’atmosfera di più ampio respiro, più preziosa persino nei particolari, generosa nei marmi delle colonne, nelle pitture. “I meravigliosi affreschi dell’abside, della cupola e di quant’altro pertinente la lunghezza della Basilica, furono eseguiti in gran parte dall’emerito pittore prof. Landi. Il rivestimento in rame della cupola centrale e di quelle laterali più piccole, fu eseguito dalla ditta Ascolese da Sarno. Per ampliare fu eliminata la vecchia sacrestia, il corridoio che immetteva nella canonica dei sacerdoti e un ampio giardinetto… anche la scala di accesso per salire in Prelatura fu abbattuta…”.
È il prof. G. Clemente che parla con i suoi ricordi, la voce emozionata dei suoi 78 anni. I tempi di attesa i pompeiani li trascorrevano seguendo le trasformazioni che i lavori creavano nel monumento, mentre raccoglievano e ricevevano i contributi che la Provvidenza non aveva mai lesinato. Dall’inizio dei lavori, il 2 ottobre 1933 ultimo dei 15 sabati in preparazione alla festa del S. Rosario, alla consacrazione del 6 maggio 1939, sarebbero passati quasi 6 anni.
“La nuova Chiesa che viene a coprire una superficie di circa 2.000 metri quadrati è cinque volte più grande della precedente che misurava solo 421 mq. La cupola si spingeva a soli 29 metri di altezza, mentre l’attuale innalza la sua croce a 57 metri dalla piazza”; è quanto si legge in una monografia del 6 maggio 1939, quando il Cardinale Luigi Miglione, segretario di Stato di Pio XI, il Papa dei progetti arditi, compie la consacrazione.
Dalle pagine del periodico, nel numero maggio/giugno 1939, parte la descrizione del grande avvenimento, ripreso, peraltro, dai giornali del tempo, diffuso radiofonicamente. Si trattò di un momento edificante, perché l'ampliamento dell’a Basilica, al di là della sua valenza architettonica e della sua preziosità estetica, costituiva la prova tangibile che il messaggio mariano affacciatosi quasi immediatamente nella realtà locale, per essere ascoltato aveva richiesto una casa più grande, un maggior numero di confessionali, una schiera più fitta di sacerdoti per celebrare, per ascoltare, per diffondere la parola di Dio. Si trattava del miracolo della preghiera, dell’arte, dell’ascolto, della generosità, tutti aspetti che a dieci lustri di distanza si inseriscono in una realtà mariana immutata nello spirito, anche se al passo con i tempi.
(Autore: Luigi Leone)
50° anniversario dell’ampliamento del Santuario
Cinquant’anni fa il Santuario della Vergine del Rosario era cinque volte più piccolo di quello attuale.
Il tempio che lo stesso Fondatore, il Beato Bartolo Longo († 1926), aveva costruito dal 1876, posa della prima pietra, al 1891, si era rivelato insufficiente ad accogliere i devoti che a migliaia affluivano a Pompei. Si rendeva necessaria una soluzione. All’ipotesi di un nuovo Santuario, si preferì, per ragioni affettive, procedere all’ampliamento di quello già esistente. Il progetto dell’architetto, sac. Spirito M. Chiappetta, conciliò le varie esigenze. Occorsero sei anni di duro lavoro (1934-1939), ma i risultati furono estremamente lusinghieri. Il 7 maggio 1939, il nuovo tempio fu consacrato e dedicato da Sua Eminenza il Cardinale Luigi Maglione, Segretario di Stato di Pio XII.
Cinquant’anni, da allora, sono trascorsi e milioni di pellegrini e visitatori hanno con diversità di accenti espresso il loro amore alla vergine ed hanno imparato, guidati da Lei, ad essere “pietre vive” dell’edificio spirituale che è la Chiesa di Cristo. È quanto ha voluto sottolineare il Cardinale Opilio Rossi, Presidente della Commissione cardinalizia per i Santuari di Loreto, Bari e Pompei, intervenuto alla celebrazione dell’anniversario: “Quello dunque che noi ammiriamo qui costruito materialmente deve richiamarci ad una ben più alta realtà, che pulsa all’interno dell’anima nostra; quello che vediamo qui fatto con pietre, deve avvenire, mediante la divina grazia, nei nostri cuori. Dobbiamo essere consapevoli di appartenere all’unica Chiesa di Cristo e di sentire di conseguenza il dovere di essere pietre viventi sviluppando in noi quelle virtù che ci qualificano veri cristiani di fronte al mondo, forti nella fede, consolidati nella speranza, compaginati nella carità. Saremo così pietre inserite nel mirabile edificio di Dio, di cui questa nostra sontuosa basilica è immagine”.
(Autore: Pasquale Mocerino)
Ě costruita a doppio ordine, con portico a tre arcate, sul modello delle basiliche romane, tutta in travertino del monte Tifana, in S. Angelo in Formis (Caserta): la stessa pietra servì a Masuccio Secondo per la torre di S. Chiara in Napoli (1328) ed a Luigi Vanvitelli per il palazzo reale di Caserta (1752). Su progetto del prof. Arch. Giovanni Rispoli, di Napoli, la costruzione fu iniziata il 15 maggio 1893, ed inaugurata il 5 maggio 1901.
Il costo di £. 1.700.000 fu coperto da raccolte, anche minime, tra 4.000.000 persone che da ogni paese risposero all’iniziativa di Bartolo Longo. Nelle intenzioni del Beato doveva essere, e realmente fu, il plebiscito del mondo per la pace universale.
Essa fu cominciata prima che lo Czar di Russia convocasse le potenze al Congresso dell’Aia. Bartolo Longo fu anche invitato a partecipare al Congresso Internazionale di Glasgow ed i promotori di esso ne proposero la candidatura al premio Nobel per la Pace.
La proposta fu accantonata perchè avversata da alcuni di ispirazione laicista, ma il Longo fu eletto membro della celebre Howard Association di Londra e socio onorario di molte società filantropiche in Europa ed in America.
L’ordine inferiore del monumento è di stile ionico, decorato da quattro colonne binate di granito rosa, lucidate a specchio nel corpo centrale, e di capitelli marmorei sui pilastri delle arcate. Tra i due ordini corre un fregio di granito con la scritta in lettere cubitali di bronzo:
VIRGINI – SS. ROSARII – DICATUM
L’ordine superiore è di ricco stile corinzio con colonne binate di granito grigio, cornicione e timpano di mensole scolpite.
Al centro si apre la Loggia Papale, ornata da due preziose colonne in granito di Finlandia, adoperate per la prima volta in Italia e provenienti dall’esposizione di S. Pietroburgo. Il prezzo delle due colonnine, pattuite all’ordinazione in dollari, fu di fatto pagato, per imposizione dello Czar, in “oro”.
Bartolo Longo non si perse in commenti, non recriminò, ma non rinunziò alle colonnine, ormai della Madonna. E pagò quanto e come venne richiesto, annotando: pagammo con l’oro della Madonna.
Il 21 ottobre 1979, il Papa Giovanni Paolo II, in visita a Pompei, si affacciò dalla Loggia per la recita dell’Angelus e per impartire la benedizione alla folla presente ed al mondo intero.
Si avverava una profezia del Beato: un giorno, da questa loggia vedremo la bianca figura del rappresentante di Cristo benedire le genti accolte in questa piazza, acclamanti la Pace Universale (discorso di Bartolo Longo per lo scoprimento della facciata).
A coronamento del finestrone della loggia, un angelo di bronzo, e più in alto lo stemma marmoreo di Leone XIII. La facciata culmina con la colossale statua della Vergine del Rosario, opera dello scultore Gaetano Chiaramente, ricavata da un solo blocco di marmo di Carrara, del peso di 180 quintali.
In corrispondenza dei due finestroni laterali, in due tondi, sono posti un orologio elettrico a sinistra ed una meridiana sulla destra.
Alle spalle della “Loggia Papale”, in un vastissimo salone, è sistemato l’Archivio Storico Bartolo Longo dove sono custoditi innumerevoli documenti storici.
Nel pronao della Basilica si aprono quattro nicchie con le statue del beato Luigi Guanella, (Arnaldo Gelli – 1970) del beato P. Ludovico da Caloria (Arnaldo Gelli – 1970) di Santa Francesca Saverio Cabrini (Domenico Ponzi – 1970) e S. Leonardo Murialdo, fondatore dei Giuseppini (Domenico Ponzi – 1970).
Proseguendo sul lato destro si può ammirare l’imponente mole dell’edificio.
L’esterno, tutto in travertino di Tivoli lavorato a massi, poggia sopra una fascia di granito che corre tutt’intorno alla Basilica.
Sono di granito rosa le colonne a sostegno del cornicione e quelle binate della cupola (del peso di 85 quintali ciascuna) e dei cupolini.
La cubatura totale è di 40.000 metri,
La copertura metallica della grande cupola, dei cupolini, dei tetti e delle semicalotte sulle cappelle, richiese kg. 55.000 di rame fornito e messo in opera dalla ditta di Saverio Ascolese della vicina città di Sarno.
La fornitura dei marmi e la loro lavorazione furono affidate alla ditta Paolo Medici e figlio di Roma.
Intorno, a destra, un ampio giardino di circa 1.500 mq. Che crea un comodo accesso alla Basilica ed alla Cripta.
In questo giardino, trovasi il monumento a San Massimiliano Maria Kolbe, opera di Tarcisio Musto, frate minore conventuale, inaugurato il 16 ottobre 1976, ed uno dei cinque angeli (opera del Cepparulo) che erano sul trono originario della Madonna nel 1887.
Da: Il Rosario e la Nuova Pompei del 1886 di Bartolo Longo
*La consacrazione dell’Altare Maggiore dedicato alla Regina del SS. Rosario
È antico, per quanto vero, il noto adagio: “L’uomo propone, e Dio dispone”. Noi avevamo disposto non solo in cuor nostro e con i divisamenti e con i progetti, ma nei fatti e con convinzioni e con patti con tutti gli artisti ed intraprenditori e marmorai ed incisori, che poi di 8 di maggio 1886 dovesse essere levato e compiuto il Trono e l’Altare della Regina del Rosario di Pompei per farsi la più solenne funzione, la Consacrazione dell’Altare di Maria. La parte grezza del lavoro in fatti e tutta la consegna dei marmi e dei bronzi lavorati si troverà in questo Santuario in tale giorno; ma le cinque statue di bronzo del Cepparulo e le due marmoree del Comm. Maldarelli e la custodia formata di fini marmi e di bronzo e di oro, ed i grandi candelieri dell’altare, e tutt’altro occorrente per celebrare la prima Messa sull’altare di Maria, non potranno essere pronti prima del Mese di Settembre; poiché l’arte non sopporta costrizione fisica, massime quando si vogliono capolavori destinati al culto del vero Dio, come saranno le statue dell’uno e dell’altro artista.
Quindi il giorno 8 del prossimo Maggio, in cui si compirà il primo decennio delle fondazioni del Santuario di Pompei, questa Chiesa presenterà allo sguardo dei devoti pellegrini un grande Museo di arte cristiana, per tanti lavori di marmo, di bronzo, di gesso e di mosaico che dovranno servire per il Trono e per l’Altare della venerata nostra Regina.
Però facciamo anche qui notare ai nostri cari fratelli, come ogni giorno si avvera in questa opera santa quel passo Apostolico: A chi ama Dio, tutto si rivolge in bene, anche il male che noi reputiamo dannevole. In questo fatto dunque, per noi al sommo rincrescevole, di una contrarietà per cagione degli artisti, del non vedere cioè adempiuti i nostri desideri di consacrare l’Altare del Rosario nel giorno di S. Michele Arcangelo, osserviamo una mirabile disposizione di quella infinita intelligenza, che sotto il nome di Provvidenza divina governa il mondo e gli eletti di Dio.
La Regina delle Vittorie voleva che non in un’altra epoca si dovesse consacrare il suo Altare ed il suo Trono, che nel giorno, solenne per tutto il mondo, della festa del suo Rosario, in questo anno appunto, in cui tutto il mondo solennizza l’universale Giubileo del Rosario.
Nella prima Domenica di Ottobre dunque di questo anno 1886, che cadrà il giorno 3 di Ottobre di detto mese, la storia ecclesiastica e civile scriverà nei suoi eterni volumi queste solenni ricordanze:
NELL’ANNO SANTO DEL GIUBILEO DEL ROSARIO
NEL GIORNO SOLENNE DELLA FESTA 3 DI OTTOBRE 1886
IN CUI TUTTO IL MONDO S’INCHINAVA SUPPLICHEVOLE
A RACCOGLIERE DALLE MANI DI MARIA PROFUMI DI GRAZIE E DI MISERICORDIE
REGNANTE SUL SEGGIO DI PIETRO
LEONE PAPA XIII
NOVELLO PONTEFICE DEL ROSARIO
SI CONSACRAVA NELLA VALLE DI POMPEI
IL PRIMO ALTARE E IL TRONO
ALLA REGINA DELLE VITTORIE
O Fratelli e Sorelle dolcissimi al cuor nostro, oh qual sarà l’esultanza di quel giorno! Qual pianto soavissimo non bagnerà quel giorno le nostre gote in considerando tanti misteri di provvidenza che saranno per svelarsi ed adempiersi sotto i nostri sguardi, nel pieno meriggio della nostra vita. Oh, chi avrà la ventura di trovarsi in quel santo giorno, proverà nel suo spirito dolcezza di cielo, che altri hanno già gustato, ineffabili emozioni dell’animo, che saranno un saggio o un preludio di quegli arcani godimenti che fruiscono i beati nel cielo!
Allora si, noi tutti Centoventimila Fratelli e Sorelle del Rosario di Pompei, che abbiamo posto la nostra pietra ad elevare il monumento e l’altare della nostra Regina; in quel giorno, lieti di santo orgoglio, rivolgeremo la nostra parola all’augusto Capo di tutta la Cristianità, al grande pontefice Leone XIII, e gli diremo con voce franca per filiale confidenza:
“Padre Santo, di duecento sessanta milioni di figli che voi numerate nel mondo, noi, formanti una schiera di Centoventimila Fratelli e Sorelle del Rosario di Pompei, abbiamo meglio che gli altri osservata la vostra ispirata parola, di onorare ed esaltare con tutte le forze la Madre di Dio con il suo Rosario, poiché nessun’altro al mondo, in questo anno del Giubileo del Rosario da Voi indetto, consacrerà un monumento ed un altare sotto si glorioso, e spenderà per esso la somma di Centoventimila franchi!” (Bartolo Longo)
Ě costruita a doppio ordine, con portico a tre arcate, sul modello delle basiliche romane, tutta in travertino del monte Tifana, in S. Angelo in Formis (Caserta): la stessa pietra servì a Masuccio Secondo per la torre di S. Chiara in Napoli (1328) ed a Luigi Vanvitelli per il palazzo reale di Caserta (1752). Su progetto del prof. Arch. Giovanni Rispoli, di Napoli, la costruzione fu iniziata il 15 maggio 1893, ed inaugurata il 5 maggio 1901.
Il costo di £. 1.700.000 fu coperto da raccolte, anche minime, tra 4.000.000 persone che da ogni paese risposero all’iniziativa di Bartolo Longo. Nelle intenzioni del Beato doveva essere, e realmente fu, il plebiscito del mondo per la pace universale.
Essa fu cominciata prima che lo Czar di Russia convocasse le potenze al Congresso dell’Aia. Bartolo Longo fu anche invitato a partecipare al Congresso Internazionale di Glasgow ed i promotori di esso ne proposero la candidatura al premio Nobel per la Pace.
La proposta fu accantonata perchè avversata da alcuni di ispirazione laicista, ma il Longo fu eletto membro della celebre Howard Association di Londra e socio onorario di molte società filantropiche in Europa ed in America.
L’ordine inferiore del monumento è di stile ionico, decorato da quattro colonne binate di granito rosa, lucidate a specchio nel corpo centrale, e di capitelli marmorei sui pilastri delle arcate. Tra i due ordini corre un fregio di granito con la scritta in lettere cubitali di bronzo:
VIRGINI – SS. ROSARII – DICATUM
L’ordine superiore è di ricco stile corinzio con colonne binate di granito grigio, cornicione e timpano di mensole scolpite.
Al centro si apre la Loggia Papale, ornata da due preziose colonne in granito di Finlandia, adoperate per la prima volta in Italia e provenienti dall’esposizione di S. Pietroburgo. Il prezzo delle due colonnine, pattuite all’ordinazione in dollari, fu di fatto pagato, per imposizione dello Czar, in “oro”.
Bartolo Longo non si perse in commenti, non recriminò, ma non rinunziò alle colonnine, ormai della Madonna. E pagò quanto e come venne richiesto, annotando: pagammo con l’oro della Madonna.
Il 21 ottobre 1979, il Papa Giovanni Paolo II, in visita a Pompei, si affacciò dalla Loggia per la recita dell’Angelus e per impartire la benedizione alla folla presente ed al mondo intero.
Si avverava una profezia del Beato: un giorno, da questa loggia vedremo la bianca figura del rappresentante di Cristo benedire le genti accolte in questa piazza, acclamanti la Pace Universale (discorso di Bartolo Longo per lo scoprimento della facciata).
A coronamento del finestrone della loggia, un angelo di bronzo, e più in alto lo stemma marmoreo di Leone XIII. La facciata culmina con la colossale statua della Vergine del Rosario, opera dello scultore Gaetano Chiaramente, ricavata da un solo blocco di marmo di Carrara, del peso di 180 quintali.
In corrispondenza dei due finestroni laterali, in due tondi, sono posti un orologio elettrico a sinistra ed una meridiana sulla destra.
Alle spalle della “Loggia Papale”, in un vastissimo salone, è sistemato l’Archivio Storico Bartolo Longo dove sono custoditi innumerevoli documenti storici.
Nel pronao della Basilica si aprono quattro nicchie con le statue del beato Luigi Guanella, (Arnaldo Gelli – 1970) del beato P. Ludovico da Caloria (Arnaldo Gelli – 1970) di Santa Francesca Saverio Cabrini (Domenico Ponzi – 1970) e S. Leonardo Murialdo, fondatore dei Giuseppini (Domenico Ponzi – 1970).
Proseguendo sul lato destro si può ammirare l’imponente mole dell’edificio.
L’esterno, tutto in travertino di Tivoli lavorato a massi, poggia sopra una fascia di granito che corre tutt’intorno alla Basilica.
Sono di granito rosa le colonne a sostegno del cornicione e quelle binate della cupola (del peso di 85 quintali ciascuna) e dei cupolini.
La cubatura totale è di 40.000 metri,
La copertura metallica della grande cupola, dei cupolini, dei tetti e delle semicalotte sulle cappelle, richiese kg. 55.000 di rame fornito e messo in opera dalla ditta di Saverio Ascolese della vicina città di Sarno.
La fornitura dei marmi e la loro lavorazione furono affidate alla ditta Paolo Medici e figlio di Roma.
Intorno, a destra, un ampio giardino di circa 1.500 mq. Che crea un comodo accesso alla Basilica ed alla Cripta.
In questo giardino, trovasi il monumento a San Massimiliano Maria Kolbe, opera di Tarcisio Musto, frate minore conventuale, inaugurato il 16 ottobre 1976, ed uno dei cinque angeli (opera del Cepparulo) che erano sul trono originario della Madonna nel 1887.
Quel 5 Maggio del 1901
“La Sposa dalla faccia bella”
Con queste parole Bartolo Longo indica l’inaugurazione della facciata della Chiesa di Pompei. Il monumento fu costruito con offerte raccolte in tutto il mondo mediante moduli di sottoscrizione ricoperti da oltre 4 milioni di firme.
"Fratelli e sorelle sparse per l’orbe, il Monumento promesso è già innalzato: io vi aspetto il 5 Maggio, prima domenica del mese sacro alla regina del Rosario di Pompei di questo anno giubilare del Santuario pompeiano (1876-1901).
L’invito, o fratelli, è per voi. Il voto, per me. L’augurio per tutti. Vorrei che la mia lingua sapesse tradurvi tutta la foga dei sentimenti, di speranza, di conforto, di giubilo, di vittorie, che si avvicendano nella mia mente e nel mio cuore ogni volta che mi pongo a pensare quel giorno solenne e memorabile, quando si mostrerà la “bella faccia” di questa novella sposa di Cristo.
Io amo la Chiesa di Pompei come sposa dell’animo mio a cui ho consacrato tutti gli aneliti e gli affetti più vivi del mio cuore. Essa è l’oggetto dei desideri per tanti anni nutriti, tra le ansie e le trepidazioni di un cammino arduo e difficile; ed essa sarà la corona della mia vita” (B.L.).
Abbiamo raccolto qua e là degli scritti di Bartolo Longo, pubblicati al cadere del secolo scorso e, di proposito ci asteniamo ad ogni commento per evitare di materializzare espressioni così preziose di intensa spiritualità: l’incanto mistico di un cuore così ardente di fede.
Autore del progetto della facciata, fu il Cav. Giovanni Rispoli, napoletano, “ormai per Lui il Tempio di Pompei è la cosa più cara che abbia al mondo. Che i risultati ottenuti gli siano di sprone a raggiungere quella meta che tanto agogna, e che formar dovrà la pagina più preziosa della sua vita artistica” (B.L.). Il Rispoli, professore onorario del Regio Istituto delle Belle Arti di Napoli, architetto di valore, artista geniale, concepì la grande facciata del Santuario Pontificio Pompeiano con amore infinito; sorretto da fede profonda ne diresse magistralmente i lavori alla guida di uomini di fatica, di operai, di artisti.
“Con sentimenti di ammirazione e di gratitudine segnaliamo i nomi della gloriosa falange di artisti, impresari, capi d’arte e fornitori della Facciata Monumentale del Santuario di Pompei.
Uomini valorosi, cui tributiamo il nostro reverente saluto e quello degli innumerevoli devoti di questo Santuario” (B.L.).
Il materiale per la costruzione, era tutto di origine italiana. Bartolo Longo, con orgoglio quasi campanilistico, in un appunto aveva scritto: “Tutto materiale italiano e lavorato da operai italiani in maggior parte della provincia di Napoli e Salerno”. Per la facciata in prevalenza fu impegnato il travertino. Il calcare fu estratto dai fianchi del Monte Tifata, della catena degli Appennini, presso Capua. È uno dei migliori travertini: basti pensare che di esso si servirono Masuccio II, nel 1328, per la costruzione della famosa torre campanaria di S. Chiara in Napoli e, nel 1752, il Vanvitelli per la famosissima Reggia di Caserta. Le cave però erano state abbandonate; B. Longo, con enorme dispendio, le rinnovò affinché la facciata del Santuario di Pompei fosse costruita con gli stessi materiali già adoperati per il Campanile così famoso e per una Reggia così splendida. Al travertino si aggiunse il granito di Gravellona-Toce, ed il bianchissimo marmo di Carrara. Solo per le due piccole colonne che decorano la loggia papale, fu impiegato, per la prima volta in Italia, il granito rosso di Finlandia. Gli unici due pezzi stranieri sulla facciata del Tempio.
A tale proposito B. Longo scrisse: “Anche la Russia ha avuto il suo contingente di benefici: pochi benefici spirituali invero, poiché il suo governo non permette la diffusione di stampe cattoliche, ma la Russia ha mandato le colonne preziosissime di granito rosso della Finlandia che adornano la loggia papale della facciata ed ha ricevuto in cambio l’oro di questo Santuario”. “L’opera pompeiana è l’opera della pace universale, 1900).
La spesa complessiva sostenuta per la costruzione dell’intero Monumento ammontò ad un milione e settecentomila lire; era costruita dalle generose offerte raccolte in tutte le parti del mondo mediante moduli di sottoscrizione ricoperti da oltre quattro milioni di firme. I moduli, rilegati, formano una serie di otto grossi volumi e rappresentano il plebiscito dei popoli per la pace universale, secondo il concetto espresso dal promotore del plebiscito stesso: l’Avvocato Bartolo Longo.
La cerimonia dello scoprimento della facciata era stata fissata per il 5 Maggio del 1901 alle ore 12. Il programma della solenne inaugurazione del Monumento, pubblicato in marzo dello stesso anno, prevedeva, tra l’altro, a grandi linee: L’esecuzione dell’inno della pace universale ed il discorso di Bartolo Longo incentrato sul ringraziamento solenne delle persone che con la fiducia in Lui, con l’offerta e la fede, avevano consentita la realizzazione di un’opera oltremodo ardimentosa.
Alle ultime parole dovevano cadere gli ampi velari che coprivano la novella facciata mentre echeggiavano le note della marcia trionfale eseguita dalle bende musicali riunite; in concomitanza, le campane del Santuario, suonando a distesa, avrebbero annunziato a tutta la Valle del Sarno l’inaugurazione del Monumento alla Pace. Non sarebbero mancati i rituali spari di mortaretti e l’accensione di una miriade di bengali. A chiusura, nutriti stormi di colombi viaggiatori, sprigionati dalle arcate della loggia, avrebbero raggiunto, forieri della lieta novella, le città lontane.
Il programma fu rispettato con meticolosa puntualità. Il 5 Maggio alle ore 12 precise, gli ampi velari che coprivano la facciata caddero; immenso fu lo stupore della folla che si accalcava sulla piazzetta antistante, sui balconi, sui terrazzi dei caseggiati; quelli più lontani si erano persino muniti di binocolo. Il discorso di Bartolo Longo commosse tutti; a noi piace riportare testualmente un passo, forse il più accorato.
L’oratore si rivolge agli operai. “Operai, fratelli miei che per venticinque anni siete stati a me vicini ed insieme abbiamo lavorato, voi con le braccia ed io con la mente, tutti con amore. Fratelli operai, oggi il nostro lavoro è compiuto. Noi ci dovremmo separare, ma i nostri cuori non saranno giammai separati, tra noi ci sarà un perpetuo legame: Gesù Cristo, il primo operaio che è pure la nostra comune aspettazione. E quando io scenderò da questo luogo e mi avvicinerò a quel Monumento, che voi con tanto amore avete lavorato, io bacerò il piedistallo della prima colonna, e baciandolo intendo baciare ed abbracciare tutti gli operai che hanno messo mano a questo Monumento” (B.L.).      
Il Maggio del 1901 compendiava i primi 25 anni di storia dell’opera religiosa e sociale in Valle di Pompei; un’impresa singolare sorta nel mezzogiorno d’Italia tramite l’erezione di un Santuario redimito di prestigiose istituzioni sociali, caritative, educative. Si concludeva il primo grande ciclo dell’avventura pompeiana di Bartolo Longo. Un quarto di secolo storicamente più importante, essenziale, più fruttuoso perché ispirato e guidato dalla Provvidenza.
(Autore: Nicola Avellino)
Un altro lavoro, anche di gran lena, ci sta dinanzi, e ora solo in parte compiuto, vogliamo dire la Sagrestia, degna del Santuario e consona alla rimanente ricchezza d’arte. Il nostro tempio è già fornito di spaziose sale destinate a quest’uso: Vi è un ampio salone, che viene sfarzosamente decorato in guisa, da un cedere al paragone delle più lodate Sagrestie delle grandi città, massime di quelle di Firenze.
Nelle altre parti le dorature sono terminate, e vi si lavora in pittura. Le volte soni già compiute.
Possiamo fin da ora accennare all’esito felice di tre fra i principali dipinti: essi sono la Cena, l’Assunzione di Maria e la Nascita di Gesù Bambino, Di pari pregio, sebbene di importanza minore per il posto assegnato loro fra gli spazi delle decorazioni, sono le pitture che rappresentano Gesù che calma la tempesta, la Samaritana al pozzo, Gesù fra i dottori, il Calvario: ed, in altre parti, i fatti della Storia di Giuseppe, ove è fedelmente riprodotta la scena orientale.
Da questo breve cenno i nostri lettori vedono sommariamente quel che si è eseguito nel Santuario di Pompei nello scorso anno 1886, e quel che ci proponiamo di menare a termine prossimamente. Piaccia alla Vergine del SS. Rosario, che coronò, sempre pietosa, i nostri sforzi, di benedirci anche per l’avvenire, e far paghi i voti di quanti zelano per la sua Casa e per la sua gloria.

(Autore: Bartolo Longo)

*Misure del Santuario di Pompei

L’attuale tempio è il risultato dei lavori di ampliamento dell’originario Santuario (anno 1891) effettuati dal 1934 al 1939. In realtà la Facciata fu inaugurata nel 1901 ed il Campanile nel 1925. Perciò il complesso è sorto in vari tempi e fasi.
Il primitivo Santuario (mq. 420), costruito su disegni del prof. Antonio Cua e del prof. Giovanni Rispoli, era a croce latina, con una sola navata culminante con una cupola di 29 metri d’altezza.
Dimensioni della Basilica prima dell’ampliamento:
Lunghezza dall’ingresso all’abside mt. 55.50
Larghezza della navata mt. 13
Larghezza della crociera mt. 20
Dimensioni della Basilica dopo l’ampliamento:
Lunghezza dall’ingresso all’abside mt. 85.50
Larghezza complessiva delle tre navate mt. 32
Lunghezza della crociera mt. 54
Altezza della cupola (compresa la croce) mt.57
Superficie della Basilica mq 2.000, capace di accogliere circa 6000 persone.
Colonne di granito n. 21 da ml. 6.30 diam. 0.75
Colonne di granito n. 16 da ml. 5.00 diam. 0.66
Colonne di granito n. 32 da ml. 2.88 diam. 0.42
Colonne di granito n. 8   da ml. 2.08 diam. 0.32
Colonne di marmo n. 2   da ml. 6.40 diam. 0.85
Colonne di marmo n. 8   da ml. 3.66 diam. 0.54
Nel 1931 il Prelato di Pompei Mons. Antonio Anastasio Rossi ne deliberò l’ampliamento, esponendo i concetti fondamentali all’arch. Mons. Spirito Chiappetta presidente della commissione d’Arte Sacra della città del Vaticano.
Approvati i progetti e i modelli e sottoposti all’esame del Papa Pio XI, nel 1933 iniziarono i lavori di demolizione delle vecchie costruzioni; il 7 maggio 1934 venne posta la prima pietra.
Per non interrompere nemmeno un giorno l’afflusso dei fedeli e lo svolgimento delle sacre funzioni, si dovettero superare particolari difficoltà nella esecuzione dei lavori.
L’insieme delle costruzioni è armonizzato da strutture contrastanti, in perfetto equilibrio di masse, studiato in modo da non subire effetti di spostamento per qualsiasi causa.
L’attuale Santuario è a croce latina con tre navate.
Le due navate minori che hanno tre altari per ogni lato, si prolungano sin dietro l’abside in un ambulacro arricchito da quattro cappelline semicircolari.
Su disegno del Cav. Professore ANTONIO CUA
La Chiesa del SS. Rosario di Pompei si trova sulla Consolare che da Torre Annunziata mena a Scafati – alla distanza di circa mezzo chilometro dall'anfiteatro di Pompei.
È preceduta da ampia area di forma rettangolare, che serve di accesso dalla Via pubblica alla Chiesa.
Il fronte della Chiesa è ripartito in tre sezioni. Quella a sinistra di chi guarda, serve d’ingresso alla provvisoria Cappella della SS. Vergine del Rosario. La porta centrale che ne è la principale, ha l’ingresso con breve scala che immette nella Chiesa. Ed infine la parte destra con altro ingresso in corrispondenza del primo dà adito alla Parrocchia del SS. Salvatore di Valle di Pompei.
Il Sacro Tempio occupa da sé solo uno spazio rappresentato dall’area di metri quadrati 450. Presenta la forma di croce latina ad una sola navata.
Subito varcato l’ingresso, vi è la tribuna dell’organo con a sinistra una scala di ascesa, ed a destra la torre dell’orologio. Nei due lati della navata principale vi sono quattro cappelle tutte incassate, oltre la navata stessa, comunicanti fra loro fino alla crociera, la quale ha i due bracci lunghi al di là del fondato delle cappelle. In continuazione della navata è ricacciata la cona, con la parete di fronte a squadro.
La copertura della navata, i bracci della croce e cona, sono a volta in muratura, la figura a botte lunetta con ampi finestroni a luce libera. Nell’intersezione dei due bracci della Chiesa si erge al cupola, un tamburo a finestroni o su tutta sormonta il torrino con cupolino.
L’esperienza dello scorso anno ha dimostrato che la cona attuale, per la concorrenza di fedeli nella crociera, non può essere servita con speditezza e comodità tanto che al presente è già inoltrata la prostrazione della medesima, in modo da soddisfare completamente le esigenze del sacro culto nei momenti di folla maggiore nella Chiesa, la quale, a lavoro compiuto presenterà la forma del tipo che ci pregiamo presentare. L’opera, com’è di presente, è completa di rustico e di copertura al cielo.
Le fondamenta furono iniziate nell’8 di Maggio del 1876.
Il lavoro è stato diretto per la parte costruttoria dall’egregio Ingegnere Professore Cavaliere Antonio Cua, a cui tributare si debbono i dovuti encomi pel modo come ha ideato e condotto i lavori al suo termine, e per il raro disinteresse mostrato a rinunciare ogni compenso, e spendendo anche del proprio per accedere continuamente sui lavori.
Ora comincia un secondo periodo per la Chiesa di Pompei, La decorazione. Il concetto informatore di questo è di ottenere il massimo decoro per la “Casa della Nostra Signora”; tutto deve ispirare devozione, ed ogni parte collegata al tutto formare deve la magnificenza del Tempio Cristiano votato alla Regina dei Cieli.
Il compito è arduo, se si ponga mente alle difficoltà artistiche, in relazione dei mezzi a disporre, tenendo a fronte l’antica Pompei, ove il lustro dei tempi pagani con i loro avanzi ci additano quale esser doveva la loro magnificenza e splendore. Nulla sarà risparmiato a che la Chiesa raggiunga il suo perfetto e completo risultato.
Animati da santo entusiasmo, sapremo cavar profitto da ogni cosa, e speriamo che i già iniziati lavori in breve volger di tempo basteranno in una prossima festività ed additare il genere prescelto a compiere un’opera tanto bellamente cominciata. Il punto culminante di tutto sarà la collocazione della Vergine insieme col suo altare, e di ciò fin da ora promettiamo fra non molto darne conoscenza ai nostri lettori con l’illustrazione, ove occorra.
(Autore: Ing. Giovanni Rispoli)
(Da: Il Rosario e la Nuova Pompei – Anno I - 1884)
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