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L'attività musicale nelle Opere

Bartolo Longo

*Anno Europeo della Musica - 1985
L'attività musicale nell'Opera Pompeiana
Una geniale intuizione pedagogica del nostro Fondatore, ha promosso l'amore per la musica nei nostri Istituti

Il 1985 è stato proclamato l'Anno Europeo della musica, secondo la proposta fatta dal Parlamento di Strasburgo già nel 1980 e accolta successivamente dalla CEE e dal Consiglio D’Europa.
L’importante proclamazione, è stata suggerita dalla straordinaria concentrazione di ricorrenze centenarie di sommi compositori. Le manifestazioni celebrative sono state aperte ufficialmente
il 1° gennaio 1985 con il tradizionale Concerto di Capodanno dei Wiener Philarmoniker diretti dal bravo Lorin Maazel e si stanno diffondendo in tutte le grandi e piccole città dei 24 Paesi Europei che hanno aderito all’iniziativa. La CEE ha anche messo a disposizione dei fondi per finanziare alcuni progetti, ma la maggior parte delle iniziative le hanno programmate e le stanno finanziando le singole nazioni. E, da quanto è dato sapere, esse riguardano tutti i settori della musica popolare. Due date vedranno infine celebrazioni contemporanee in tutta Europa: il 21 giugno, "Festa della Musica" e il 28 settembre, quando ci sarà un grande raduno di ben 20.000 coristi in Piazza S. Pietro per la S. Messa celebrata da Giovanni Paolo II.

Il complesso bandistico dell’Istituto Bartolo Longo
L’altra impegnativa attività musicale che è andata di pari passo con quella liturgica della Basilica è rivolta ai ragazzi dell’Istituto maschile ed al Complesso Bandistico da loro formato. Purtroppo esso è come la fenice, destinato a continua rinascita perché ogni anno escono i migliori elementi ed entrano i piccoli alle prime armi, in una perenne ricostruzione. Ma ciò non impedisce il raggiungimento dello scopo educativo, che è la meta primaria, non disgiunta, tuttavia, da apprezzabili risultati suscitatori di ammirazione e compiacimenti lusinghieri.
Gli artefici principali di tali traguardi sono sicuramente i Maestri preposti a questo delicato settore.
Primo fra tutti in ordine di tempo fu Giovan Battista Tortolano. Egli riuscì a portare negli anni Venti il Complesso Bandistico ad una fierezza invidiabile, testimoniata da un repertorio ricchissimo e quanto mai vario, che andava dalle sinfonie delle più celebrate opere di Rossini, Verdi, Bellini, Dinizzetti, alle fantasie da lui stesso tratte e orchestrate dalle Opere.
Altri Maestri eccellenti sono stati Francesco D’Andria, Antonio Capasso fino all’attuale, Giuseppe De Honestis, cui spetta il compito arduo di perpetuare gli allori dei suoi predecessori, ma con ragazzi sempre più piccoli. I successi però, lo ripagano ampiamente delle fatiche che affronta con disponibilità totale, con competenza indiscussa e stile signorile.
Accanto ai Maestri non possono essere dimenticati i pazienti ed appassionati istruttori religiosi che si sono succeduti negli anni ed hanno affiancato l’opera dei Maestri Direttori. Parliamo qui di Fratel Ottavio Rinaldi, del fine violinista Fratel Silvano Tommasi, divenuto religioso quando aveva già assaporato i successi dell’Arena della sua Verona e suonato con i più celebri direttori d’orchestra del suo tempo. E giù, giù, fino all’attuale Fratel Silvestro Deodati, Al quale chiediamo:
- Come è possibile costituire un complesso bandistico apprezzabile di circa 70 ragazzi costretti come siete ad inserire ogni anno elementi nuovi ed inesperti?
- È un miracolo possibile solo con tanta passione, tanto amore, tanta pazienza e costanza da
parte mia e degli altri istruttori, il M° Carmine Artone, i Signori Bezzeccheri e Coppola. Ci sorregge molto anche la convinzione di fare un’opera altamente meritoria ed utile a questi ragazzi.
- A che età li fate entrare propriamente nella Banda, sicuri che rechino un apporto positivo?
- I ragazzi iniziano in prima media lo studio basilare della teoria; poi, a seconda delle loro inclinazioni, ma soprattutto della loro costituzione fisica e delle capacità dimostrate, si affida loro uno strumento in modo tale che, più o meno, siano ricoperti tutti i ruoli necessari.
Dopo circa un anno di esercizio quotidiano di un’ora tutti sono in grado di unirsi agli altri e di contribuire alla buona riuscita delle esecuzioni.
- E dove avvengono queste esecuzioni?
- La maggior parte di esse avvengono qui a Pompei, nelle diverse manifestazioni dell’Istituto e nelle principali feste del Santuario. Ma non mancano occasioni per andare fuori. Ultimamente, per esempio, siamo andati a Lamezia Terme per un concorso di carattere scolastico (e, debbo dire senza falsa modestia, che siamo andati molto bene, tanto da partecipare alla finale nazionale che si è tenuta nello scorso marzo a Chiusi); come pure, nello scorso dicembre, fummo invitati e partecipammo ad uno spettacolo della TV di Napoli "Canale 21". Riceviamo poi tanti inviti che purtroppo non possiamo accettare sia perché i ragazzi debbono pensare alla scuola, e sia perché il più delle volte si riferiscono a date in cui essi sono in vacanza presso le rispettive famiglie.
Un pensiero coro, ancora una volta, a Bartolo Longo, può servirci ottimamente per concludere e far riflettere tutti, musicisti e non, intonati e stonati…
Lo riassumiamo così:
Il piccolo flauto fa certamente meno rumore della grancassa, ma, senza di esso, il concerto sarebbe incompleto. Allora quello che conta non è suonare più o meno forte, ma nel miglior modo possibile. Questo è il dovere di tutti.
Questa è la nostra "partitura"!
(Fr. Rodolfo Meoli)

Il Coro Polifonico Pompeiano
Svolge la sua attività artistica presso il Santuario anche il Coro Polifonico Pompeiano, costituitosi in quest’ultimo decennio e diretto attualmente dal M° D. Franco Di Fuccia.
Il Coro Pompeiano canta nella Basilica di San Pietro (29.12.2015)
Misericordes sicut Pater… in aeternum misericordia eius.
Il 13 novembre 2015, l’Arcivescovo Tommaso Caputo ha aperto la Porta Santa del Santuario "accompagnato" dal canto orante del Coro Pompeiano che ha intonato l’Inno del Giubileo della Misericordia con le parole del Figlio che ci indica come modello Dio Padre. La gioia della rivelazione della infinita misericordia di Dio, che Papa Francesco ci invita a sperimentare con la proclamazione dell’anno giubilare straordinario, ci immerge in un’atmosfera intensa di comunione spirituale con i fratelli e ci introduce alla contemplazione del Mistero dell’Incarnazione.
La preghiera si scioglie in canto di lode a Dio Amore e unisce i cuori in accenti di esultanza.
Con queste emozioni, ripetendo l’esperienza già vissuta del Giubileo del 2000, il Coro Pompeiano, dopo aver animato le celebrazioni natalizie, il 28 dicembre ha iniziato il pellegrinaggio verso la porta Santa della Basilica di San Pietro e delle Basiliche maggiori di Roma, cantando e pregando lungo i percorsi penitenziali insieme ai pellegrini provenienti da ogni parte del mondo e partecipando alla celebrazione eucaristica nella Basilica di Santa Maria in Vallicella.
Nel cammino verso San Pietro, partendo da Castel Sant’Angelo e percorrendo in meditazione e preghiera cantata le tappe lungo Via della Conciliazione, il gruppo è stato accolto dall’abbraccio del Colonnato del Bernini e ha attraversato la Porta Santa, intonando l’inno giubilare. Percorrendo la navata centrale, si gustano la serenità e la pace che invadono l’intimo nell’avvicinarsi a Gesù Crocifisso.
L’esortazione "Siate dunque misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso" acquista una forza ed una pregnanza tali da trasformare e convertire il cuore e riempire di senso le proprie scelte esistenziali.
Inaspettato è giunto l’invito ad animare, il giorno 29 dicembre, con i canti natalizi, la Celebrazione Eucaristica delle ore 17 nella Basilica di San Pietro. Per i coristi e il loro direttore ha rivestito il significato speciale di un rinnovamento della "chiamata" particolare alla preghiera in canto e di una richiesta di confermare la disponibilità e l’impegno nel servizio per la Liturgia che da decenni caratterizza questo gruppo corale.
La benedizione del Papa all’udienza di mercoledì 30 dicembre, con l’esortazione ai cori presenti a non stancarsi mai di innalzare canti di gioia al Signore, ha infuso rinnovato entusiasmo e ha donato a questo pellegrinaggio il senso della conferma di una vocazione.

(Autore: Giovanna Giordano)

*Bartolo Longo e la Musica

Il lettore abituale de “Il Rosario e la Nuova Pompei” si chiederà cosa possano significare tali notizie su un bollettino come questo.

La risposta è semplice e deriva dal fatto che qui a Pompei, all’ombra del Santuario, la musica è stata sempre amata, insegnata, coltivata, eseguita e privilegiata. E, come vedremo, non c’è stato bisogno di aspettare l’Anno Europeo per spronare a fare quello che da sempre si è fatto.
Il primo a volere in auge l’arte musicale fu lo stesso Bartolo Longo, se è vero, come è vero, che Egli la privilegiò fino al punto di inserirla tra le attività più importanti degli Istituti da lui fondati.
“Il sentimento estetico viene coltivato mediante la musica sia vocale che strumentale – egli scriveva -. In essa i fanciulli e le fanciulle non solo trovano distrazione alla monotonia dello studio e dei lavori cui attendono, ma soprattutto un validissimo mezzo per educare ed ingentilire il cuore”. Nella sua intuizione educativa il Beato precorreva di un buon mezzo secolo i programmi statali della scuola dell’obbligo, che hanno inserito l’Educazione Musicale nell’orario scolastico soltanto nel 1962.

Egli inoltre fu ammiratore devoto della Patrona della musica, S. Cecilia, alla quale dedicò il suo primo lavoro letterario pubblicandone la Vita. Egli fece anche erigere un altare in suo onore nella basilica, ne fece affrescare le sembianze sotto la volta della cantoria dal pittore Paliotti.
Infine egli la pose a protettrice e modello sia delle fanciulle che giornalmente cantano nella basilica, sia dei ragazzi che coltivano in modo speciale quest’arte; protettrice e modello nell’arte e nella via verso la santità.

*Centenario del Complesso Bandistico "Bartolo Longo" 1894-1994
Il 27 maggio del 1894 nasceva il primo nucleo della Banda musicale dell’Istituto "Bartolo Longo".
Una ventina di piccoli suonatori, alcuni così che a stento sollevavano i propri strumenti, sotto la guida del bravo e paziente Maestro G.B. Tortolano, si esercitavano in un’ampia e luminosa sala appositamente allestita.
Più tardi, il Fondatore avrebbe così motivato l’iniziativa: "Ho prescelto mezzi ausiliari di educazione per siffatti monelli lo svolgimento delle forze fisiche e muscolari, come la ginnastica
e gli esercizi militari, il salto, la corsa e i bagni.
Il pianetto militare quindi, ossia l’ampia spianata che è al settentrione dell’Ospizio, è stata per me una soluzione di ogni problema per ottenere che i ragazzi non stiano mai in ozio, o sedersi appartati per raccontarsi le proprie vicende, o sollazzarsi in ricreazione libera: ma sempre occupati e in movimenti, ora a correre e ora a saltar barriere, ora a salir le pertiche, ora a suonare in concerto.
Nel mio metodo educativo è di grandissimo momento il frammezzare la fatica del mestiere, o l’esercizio delle arti meccaniche, con lo studio della Musica, e con l’apprendere l’arte degli strumenti musicali, e col sonare in concerto.
In generale la Musica è per me un elemento dei più rilevanti per la educazione di questa classe di fanciulli.
E perciò la Musica, nella quale questi già cominciano a progredire notevolmente, è entrata nel vasto complesso educativo, onde è frutto il singolare buon andamento dell’Ospizio, perché così
suggerivano la Pedagogia e l’esperienza.
La Pedagogia mi insegnava quali frutti di disciplina, di ordine, di armonia nel volere e nell’operare derivano dall’affiatamento e dalla simultaneità che sono necessari in una Banda musicale.
E m’insegnava altresì che lo sforzo mentale non lieve che gli si deve accompagnare per suonar bene o dividere il tempo, costituiscono l’espediente più sicuro per dare uno sfogo regolato e, diciamo così, ufficiale alla instancabile attività, alla inesauribile vivacità fanciullesca, le quali, senza questa potente valvola di sicurezza, non potrebbero essere in alcun modo infrenate".
Attualmente su cento alunni ben 90 fanno parte della Banda dell’Istituto.
Il Maestro, Franco Federico, è coadiuvato da Rosario Senatore, Amico Morelli, Mauro Caturano istruttori, e dal tecnico Leandro Bezzeccheri, Fratel Silvestro Deodati è, invece, l’"Anima della Banda".

(Autore: Fr. Armando Rapuan)

*Don Francesco Di Fuccia - Per tutti don Franco

Nato a Marcianise (CE) il 12 marzo 1942, entrò in seminario a Pompei all’età di 11 anni.
Ha studiato al Seminario regionale di Salerno dove è stato allievo del Maestro Padre Enrico Buondonno sotto la cui guida ha compiuto gli studi musicali.
Docente di religione fin da giovane, ha educato generazioni di giovani pompeiani nelle scuole statali di Pompei.
È stato Direttore della Caritas diocesana per lunghi anni.
Nel 1977 l’allora Arcivescovo di Pompei, Monsignor Aurelio Signora, chiese a don Franco di organizzare un coro per le esigenze liturgiche del Santuario durante le celebrazioni più importanti.
Don Franco raccolse intorno a sé un gruppo di giovani provenienti principalmente dalla Parrocchia del Santissimo Salvatore e del Centro giovanile San Paolo che lui aveva organizzato come centro di aggregazione per i giovani che trovavano occasione di praticare sport (amava il calcio) e di imparare la musica.
Il Coro Pompeiano cantò per la prima volta il 25 aprile del 1977 in occasione del ventesimo anniversario dell’ordinazione episcopale di Monsignor Signora.
Da allora don Franco è stato impegnato nella direzione del Coro Pompeiano ininterrottamente per 46 anni nel Santuario di Pompei, specialmente per le celebrazioni natalizie e pasquali, per le ordinazioni sacerdotali, per la Supplica, per le celebrazioni in diretta televisiva dal Santuario di Pompei e in occasione delle visite pastorali dei Pontefici Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco.
I funerali sono stati celebrati alle 18, in Santuario dall'l'Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo.

*E Bartolo Longo scrisse a Giuseppe Verdi

Una piccola lettera ingiallita dal tempo, custodita con cura presso l’Archivio del Santuario di Pompei, è uno straordinario documento storico. La missiva, inviata da Genova il 23 dicembre 1886, è firmata Giuseppe Verdi, il più grande compositore italiano d’ogni tempo.
Il celebre autore del Rigoletto e dell’Aida risponde all’avvocato Bartolo Longo: “Signore! Non so fare, qualunque siasi la circostanza, pezzi di occasione. In questo momento poi mi mancherebbe assolutamente il tempo. Prego di accettare le mie scuse. Nel ringraziarla dell’opuscolo sugli Asili, ho l’onore di dirmi devotissimo”. Pochi giorni prima Verdi aveva ricevuto una lettera da Valle di Pompei. Nella missiva, Bartolo Longo dimostrava ancora una volta di aver sempre desiderato il meglio per onorare la Madonna celeste, la Madonna del Santo Rosario. Aveva pensato di dedicare a Maria un inno da cantare l’8 maggio successivo, giorno della Supplica, quando l’Icona prodigiosa sarebbe stata innalzata sul trono che i suoi fedeli avevano permesso di erigere in Santuario. E, quando si trattò di riflettere sul compositore cui affidare l’opera, non ebbe alcun dubbio.
In un numero de “Il Rosario e la Nuova Pompei” del 1887 scriverà: “Trattandosi di un inno per sì straordinaria ed unica occasione al mondo, qual è l’inaugurazione di un monumento cristiano a Pompei in onore della Regina delle Vittorie, stabilimmo dapprima in cuor nostro che la musica non dovesse comporsi da altri che dal primo maestro del mondo.
Il 20 dicembre del 1886 noi scrivemmo a Verdi: gli esponemmo rapidamente i dieci anni dei portentosi avvenimenti; gli facemmo balenare la nostra speranza di una Nuova Pompei; toccammo le fibre del suo cuore accennando agli Asili, alle opere di carità, che qui sorgono spontanee, come pianta naturale in proprio terreno; e gli ricordammo che il più grande maestro d’Italia è pure il fondatore di un grande Ospedale, ed è celebre compositore delle melodie ecclesiastiche nella Messa da requiem per Alessandro Manzoni”. L’intenzione del futuro Beato era senz’altro nobile, ma di certo coraggiosa. Giuseppe Verdi era notoriamente ateo e, nelle sue opere, la mancanza della fede cristiana è evidente. Si consideri per esempio la Messa da requiem del 1874, apparentemente opera religiosa, in realtà celebrativa della vita e della grandezza terrena, straordinaria composizione di un genio musicale, ma priva della speranza cristiana nell’aldilà.
Prima ancora, nel 1845, compose la Giovanna D’Arco, ma anche qui una figura di santità, canonizzata nel 1920 da Papa Benedetto XV, è raccontata attraverso una vicenda d’amore, senza alcuna relazione con l’Altissimo. Appare, però, probabile che Bartolo Longo vedesse in Verdi non solo il grande compositore, ma anche l’uomo del dubbio, del combattimento interiore tra un ateismo modernista e intransigente e una fede che si propone come piccolo lume, eppure persistente, mai del tutto spento. Verdi, infatti, vive una giovinezza da cattolico.
Nella sua piccola chiesa di Le Roncole, frazione di Busseto, in provincia di Parma, dove nacque nel 1813, suona l’organo. Lo farà anche più tardi nella splendida Santa Maria degli Angeli a Busseto, dove frequentò la biblioteca della Scuola dei gesuiti.
Il 4 maggio 1836 sposa in chiesa Margherita Barezzi per trasferirsi subito a Milano, capitale del Lombardo-Veneto, dove respira il clima anticlericale, tra gli elementi caratterizzanti del Risorgimento italiano. Lo smarrimento, che lo porta alla perdita della fede, è provocato da una serie di gravi vicende personali: la morte dei due figli, Virginia Maria Luigia e Icilio Romano, scomparsi ancora bambini, e la morte della moglie Margherita.
Anche dal punto di vista professionale, gli inizi di Verdi son complessi: dopo il successo della prima opera, “l’Oberto”, ottiene una totale stroncatura per la seconda opera, “Un giorno di regno”. Grazie alla lettura critica delle sue opere è possibile anche ipotizzare che il periodo di smarrimento verdiano sia da inserire nel periodo tra il 1844 e il 1847. L’ateismo di Giuseppe Verdi è però inquieto.
Lo si capisce, in particolare, in un’opera: “La forza del destino”, portata in scena a san Pietroburgo nel 1862. Qui si descrivono religiosi con caratteri da macchietta mentre i protagonisti si uccidono senza alcuna remora religiosa, non solo contro la volontà divina, ma come se Dio non esistesse nemmeno. Sette anni più tardi, la stessa opera fu rappresentata alla Scala di Milano fortemente rimaneggiata.
Sul finire, il padre guardiano confessa uno dei protagonisti, morente, e lo esorta: “Non imprecare, umiliati!”. E il penitente lascia questo mondo con queste parole: “Dal ciel son perdonato”.
Non possiamo certo affermare che Verdi sia tornato sulla strada della fede, ma che almeno l’inquietudine del suo cuore si sia resa più viva. L’ateismo è evidente anche in Aida e in Otello, opere successive, ma il tormento, mosso dal dubbio, sembra diventato quasi intollerabile.
Nell’inquietudine di Verdi, Bartolo Longo avrebbe potuto rivedere la propria inquietudine, i propri errori del passato. Lo spirito modernista dell’uomo che può fare da solo aveva contagiato anche lui. Ma poi arrivò la luce.
(Autore: Giuseppe Pecorelli)

*Gli ex alunni celebrano il 120° anniversario della Banda
«Centoventi anni sono un grande traguardo. Soprattutto per una compagine musicale composta da giovani. Viene da chiedersi come siate riusciti a raggiungerlo. E la risposta non può che essere questa: si tratta di una delle intuizioni profetiche del nostro grande fondatore, il Beato Bartolo Longo, che, seguendo la strada indicatagli dal Signore attraverso la Madre Sua, ha dato vita al nostro Santuario ed alla città di
Pompei». Queste parole, tratte dal saluto dell’Arcivescovo-
Prelato di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, per il testo celebrativo dell’importante anniversario, riassumono la straordinarietà dell’evento nell’ordinarietà delle Opere di Dio. Per celebrare questa ricorrenza gli ex alunni hanno dedicato proprio alla Banda il proprio convegno, svolto il 25 e il 26 ottobre, intitolandolo: "L’intuizione di Bartolo
Longo: la musica è una chance per i giovani". La storia è bene nota: Bartolo Longo appassionato di musica e strumentista lui stesso, fin da bambino, nel collegio dei Padri Scolopi a Francavilla Fontana, aveva provato a mettere su una banda musicale, comprendendone immediatamente la
forte valenza aggregativa. Infatti, come ha affermato, nella sua relazione, Monsignor Caputo «Secondo il Longo la musica può avere un ruolo significativo nello sviluppo dell’individuo: l’ascolto attivo e la pratica musicale sono di stimolo per le funzioni cognitive dei fanciulli.

La musica richiede, inoltre, uno studio serio e continuo ed un grande affiatamento per far sì che ogni strumento si esprima nel modo giusto. Così come succede nella vita, dove oltre alla formazione umana e culturale è indispensabile la capacità di relazionarsi con gli altri e di lavorare in team, partendo sempre dal rispetto per sé e per gli altri». Il rapporto di Bartolo Longo con la musica è sempre stato appassionato, come ha ben delineato Don
Francesco Di Fuccia, fondatore e direttore del "Coro Pompeiano" nella sua esaustiva relazione. Quando era studente a Lecce, il Longo, a costo di grandi sacrifici, riuscì a comperarsi un pianoforte che imparò a suonare, assieme a violino e flauto. Negli anni napoletani continuò, poi, a studiare affidandosi al musicista e compositore Giorgio Miceli. Da alcuni appunti rinvenuti nel suo archivio si desume che avesse cominciato anche gli studi di armonia per imparare l’arte della composizione. Arrivato a Pompei utilizzò il fascino indiscusso della musica per intrattenere i contadini, invitando varie bande musicali durante le feste religiose che organizzava. Una volta iniziata la costruzione del santuario ordinò due campane per chiamare i fedeli a raccolta. In previsione della consacrazione del Tempio (7 maggio 1891), comperò un pregiato organo presso la famosa ditta Inzoli di Crema. Ma è con la fondazione dell’Ospizio per i Figli dei Carcerati (1892) che riesce a dare alla musica il ruolo significativo che merita.

Dopo poco più di due anni, essendosi documentato sulle esperienze e sui metodi di San Giovanni Battista de La Salle e di San Giovanni Bosco, sempre più convinto dell’importanza dell’educazione musicale all’interno di un progetto pedagogico globale, dà vita alla Banda Musicale (1894). Del ruolo pedagogico della musica ha diffusamente parlato il Maestro Matteo Iannone, Docente di Conservatorio, Organista del santuario, Direttore di Coro.

Mentre Fratel Giovanni Decina, direttore del Centro Educativo Bartolo Longo dal 2010 al 2013, ha raccontato la sua speciale partecipazione alla Banda, non solo come direttore del Centro, ma come strumentista lui stesso, concludendo con queste belle parole: «Spero che tutti coloro che si sono avvicinati alla musica attraverso la Banda dell’Istituto conservino almeno il ricordo di quanto hanno appreso e, soprattutto, vissuto, respirando l’aria della Sala di Musica dell’ultimo piano. Spero che tutti possano tornare almeno con il pensiero a salire quelle scale. Bartolo Longo dall’alto della gloria di Dio, ci assista nel nostro cammino e ci guidi con le trombe degli angeli e di tutti coloro che ci hanno amati.

In questi 120 anni la Banda ha continuato a portare in Italia e nel mondo il suo messaggio di fede sconfinata, di carità concreta e di speranza realizzata. Numerosi i momenti rilevanti che l’attuale direttore, il Maestro Francesco Federico, ha ricordato nella sua relazione.

Dal Diploma in Clarinetto, conseguito nel 1905 dal giovane Emanuele De Carolis, i cui genitori erano condannati a vent’anni di carcere per omicidio; all’aver suonato in tre diverse Visite Papali a Pompei (1979, 2003 e 2008), oltre a numerose volte in Vaticano; ad aver svolto una trionfale tournée a Miami e New York.

Altro aspetto significativo evidenziato dal M° Federico, le varie innovazioni messe in atto durante i ben venticinque anni della sua direzione: l’abbassamento dell’età di entrata in Banda, l’azione di tutoraggio offerto dagli ex-alunni, l’ingresso delle ragazze, il progressivo aggiornamento del repertorio, arricchito anche da corali appositamente strumentati e da canti idonei al coinvolgimento popolare.

Il ricordo commosso di Fratel Nicolino Sicignano, un pensiero grato a Fratel Silvestro Deodati, la consegna di gagliardetti ricordo e l’esibizione della Banda hanno concluso in festa il pomeriggio.

(Autore: Loreta Somma)

*Il Canto liturgico e la Musica Organistica

Dopo Bartolo Longo è stata sempre somma cura dei responsabili del Santuario provvedere alla nomina di valenti organisti ed ottimi maestri per il canto sacro e di esperti istruttori e direttori del complesso Bandistico dell’Istituto maschile.

Il primo organista della basilica fu il M° Giacinto Liucci. Era molto caro a Bartolo Longo. La sua scuola di canto cominciava con le bambine dell’asilo e terminava con le giovani delle ultime classi delle scuole superiori. Scrisse musica adatta alla sua scuola ed alle necessità del nascente Santuario ed arricchì man mano il repertorio seguendo i desideri del "Signor Commendatore".
La piccola Amalia Serena, una delle prime alunne accolte nelle Opere Pompeiane e che a tre anni aveva cantato già degli assolo, rimase nella scuola di canto fino a quando ebbe 80 anni e più, finché, ritiratasi nell’infermeria, nel suo 85° anno passò a cantare in cielo le glorie della SS. Vergine.
Il M° Liucci morì nel 1908. Ora una lapide marmorea lo ricorda ai posteri.
Altro celebre organista e direttore del Coro è stato il M° Luigi Ferrari Trecate. Buon compositore ed eccellente pianista, usava organizzare anche le feste onomastiche del "Commendatore". Rimasero celebri alcune sue tarantelle e serenate, ripetute più volte durante il suo soggiorno pompeiano. Breve, purtroppo, perché, toccati più ambiziosi traguardi, dovette recarsi a Parma a dirigere il locale Conservatorio.
Passò per Pompei anche il M° Marziano Perosi, fratello del più celebre Lorenzo, l’indimenticabile direttore della Cappella Pontificia Sistina in Roma. Memorabile, durante la sua permanenza, è rimasta l’esecuzione della Messa a quattro voci dispari "Benedicamus Domino" del fratello Lorenzo, avvenuta nella chiesa del Gesù Nuovo di Napoli ed accompagnata dall’orchestra del teatro S. Carlo.
Poi ci fu il M° Egisto Giovannetti, organista sensibile e fine compositore. Durante il suo soggiorno il Coro raggiunse, forse, le vette più alte. Accettando poi l’incarico di professore di organo al Conservatorio di Bogotà in Colombia, egli fu costretto, non senza rimpianti, a lasciare la direzione musicale del Santuario e l’Italia.
Gli subentrò il M° Giuseppe Fugazzola, altro valente organista, compositore e direttore. Durante la sua permanenza fu inaugurata la cupola e, per questa solenne circostanza, egli scrisse delle eccellenti musiche.
Arriviamo così all’attuale organista, il M° Fratel Nicolino Sicignano, dei Fratelli delle Scuole Cristiane. Egli è al servizio liturgico del Santuario fin dal 1975. Sono quindi ben 28 anni che dispensa la sua arte e fa sentire la sua valentia alle innumerevoli schiere di fedeli che giornalmente frequentano il Santuario. A lui dobbiamo le notizie qui riportate.
Egli ha vissuto, si può dire, tutta la storia del Santuario, sia perché pompeiano di nascita, sia perché ha svolto molta parte del suo apostolato scolastico presso il locale Istituto Bartolo Longo, dove risiede ed esercita ancora la sua attività artistica alla bella età di 82 primavere, portate con buona salute e francescana semplicità. Mitezza e semplicità che sembrano improvvisamente scomparire quando, seduto alla tastiera del monumentale organo, fa vibrare in tutta la sua potenza le 8.000 canne disposte nei due corpi che costituiscono l’attuale grandiosa struttura e situata sul portale e nella cupola.
L’organo odierno è quello rinnovato ed ampliato nel 1950, in occasione del 3° Giubileo della venuta della prodigiosa immagine della Madonna a Pompei (1875 – 1950), opera della fabbrica Mascioni di Cuvio (VA).
La cantoria con il davanzale barocco sormontato da una gelosia ricca di artistici intagli e dorature, non fu toccata ed è quella primitiva dovuta ai celebri ebanisti fratelli Rispoli di Castellammare di Stabia.



*Il Complesso Bandistico dell'Istituto Bartolo Longo

L’altra impegnativa attività musicale che è andata di pari passo con quella liturgica della Basilica è rivolta ai ragazzi dell’Istituto maschile ed al Complesso Bandistico da loro formato. Purtroppo esso è come la fenice, destinato a continua rinascita perché ogni anno escono i migliori elementi ed entrano i piccoli alle prime armi, in una perenne ricostruzione. Ma ciò non impedisce il raggiungimento dello scopo educativo, che è la meta primaria, non disgiunta, tuttavia, da apprezzabili risultati suscitatori di ammirazione e compiacimenti lusinghieri.
Gli artefici principali di tali traguardi sono sicuramente i Maestri preposti a questo delicato settore.
Primo fra tutti in ordine di tempo fu Giovan Battista Tortolano. Egli riuscì a portare negli anni Venti il Complesso Bandistico ad una fierezza invidiabile, testimoniata da un repertorio ricchissimo e quanto mai vario, che andava dalle sinfonie delle più celebrate opere di Rossini, Verdi, Bellini, Dinizzetti, alle fantasie da lui stesso tratte e orchestrate dalle Opere.
Altri Maestri eccellenti sono stati Francesco D’Andria, Antonio Capasso fino all’attuale, Giuseppe De Honestis, cui spetta il compito arduo di perpetuare gli allori dei suoi predecessori, ma con ragazzi sempre più piccoli. I successi però, lo ripagano ampiamente delle fatiche che affronta con disponibilità totale, con competenza indiscussa e stile signorile.
Accanto ai Maestri non possono essere dimenticati i pazienti ed appassionati istruttori religiosi che si sono succeduti negli anni ed hanno affiancato l’opera dei Maestri Direttori. Parliamo qui di Fratel Ottavio Rinaldi, del fine violinista Fratel Silvano Tommasi, divenuto religioso quando aveva già assaporato i successi dell’Arena della sua Verona e suonato con i più celebri direttori d’orchestra del suo tempo. E giù, giù, fino all’attuale Fratel Silvestro Deodati, Al quale chiediamo:
- Come è possibile costituire un complesso bandistico apprezzabile di circa 70 ragazzi costretti come siete ad inserire ogni anno elementi nuovi ed inesperti?
- È un miracolo possibile solo con tanta passione, tanto amore, tanta pazienza e costanza da parte mia e degli altri istruttori, il M° Carmine Artone, i Signori Bezzeccheri e Coppola. Ci sorregge molto anche la convinzione di fare un’opera altamente meritoria ed utile a questi ragazzi.
- A che età li fate entrare propriamente nella Banda, sicuri che rechino un apporto positivo?
- I ragazzi iniziano in prima media lo studio basilare della teoria; poi, a seconda delle loro inclinazioni, ma soprattutto della loro costituzione fisica e delle capacità dimostrate, si affida loro uno strumento in modo tale che, più o meno, siano ricoperti tutti i ruoli necessari.
Dopo circa un anno di esercizio quotidiano di un’ora tutti sono in grado di unirsi agli altri e di contribuire alla buona riuscita delle esecuzioni.
- E dove avvengono queste esecuzioni?
- La maggior parte di esse avvengono qui a Pompei, nelle diverse manifestazioni dell’Istituto e nelle principali feste del Santuario. Ma non mancano occasioni per andare fuori. Ultimamente, per esempio, siamo andati a Lamezia Terme per un concorso di carattere scolastico (e, debbo dire senza falsa modestia, che siamo andati molto bene, tanto da partecipare alla finale nazionale che si è tenuta nello scorso marzo a Chiusi); come pure, nello scorso dicembre, fummo invitati e partecipammo ad uno spettacolo della TV di Napoli “Canale 21”. Riceviamo poi tanti inviti che purtroppo non possiamo accettare sia perché i ragazzi debbono pensare alla scuola, e sia perché il più delle volte si riferiscono a date in cui essi sono in vacanza presso le rispettive famiglie.
Un pensiero coro, ancora una volta, a Bartolo Longo, può servirci ottimamente per concludere e far riflettere tutti, musicisti e non, intonati e stonati…
Lo riassumiamo così:
Il piccolo flauto fa certamente meno rumore della grancassa, ma, senza di esso, il concerto sarebbe incompleto. Allora quello che conta non è suonare più o meno forte, ma nel miglior modo possibile. Questo è il dovere di tutti.
Questa è la nostra “partitura”!

                                 

(Fr. Rodolfo Meoli)

*Il Coro Polifonico Pompeiano

Svolge la sua attività artistica presso il Santuario anche il Coro Polifonico Pompeiano, costituitosi in quest’ultimo decennio e diretto attualmente dal M° Don Franco Di Fuccia.

*Il Coro Pompeiano canta nella Basilica di San Pietro - 29.12.2015

Misericordes sicut Pater… in aeternum misericordia eius.

Il 13 novembre 2015, l’Arcivescovo Tommaso Caputo ha aperto la Porta Santa del Santuario “accompagnato” dal canto orante del Coro Pompeiano che ha intonato l’Inno del Giubileo della Misericordia con le parole del Figlio che ci indica come modello Dio Padre. La gioia della rivelazione della infinita misericordia di Dio, che Papa Francesco ci invita a sperimentare con la proclamazione dell’anno giubilare straordinario, ci immerge in un’atmosfera intensa di comunione spirituale con i fratelli e ci introduce alla contemplazione del Mistero dell’Incarnazione.
La preghiera si scioglie in canto di lode a Dio Amore e unisce i cuori in accenti di esultanza.
Con queste emozioni, ripetendo l’esperienza già vissuta del Giubileo del 2000, il Coro Pompeiano, dopo aver animato le celebrazioni natalizie, il 28 dicembre ha iniziato il pellegrinaggio verso la porta Santa della Basilica di San Pietro e delle Basiliche maggiori di Roma, cantando e pregando lungo i percorsi penitenziali insieme ai pellegrini provenienti da ogni parte del mondo e partecipando alla celebrazione eucaristica nella Basilica di Santa Maria in Vallicella.
Nel cammino verso San Pietro, partendo da Castel Sant’Angelo e percorrendo in meditazione e preghiera cantata le tappe lungo Via della Conciliazione, il gruppo è stato accolto dall’abbraccio del Colonnato del Bernini e ha attraversato la Porta Santa, intonando l’inno giubilare. Percorrendo la navata centrale, si gustano la serenità e la pace che invadono l’intimo nell’avvicinarsi a Gesù Crocifisso.
L’esortazione “Siate dunque misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso” acquista una forza ed una pregnanza tali da trasformare e convertire il cuore e riempire di senso le proprie scelte esistenziali.
Inaspettato è giunto l’invito ad animare, il giorno 29 dicembre, con i canti natalizi, la Celebrazione Eucaristica delle ore 17 nella Basilica di San Pietro.
Per i coristi e il loro direttore ha rivestito il significato speciale di un rinnovamento della “chiamata” particolare alla preghiera in canto e di una richiesta di confermare la disponibilità e l’impegno nel servizio per la Liturgia che da decenni caratterizza questo gruppo corale.
La benedizione del Papa all’udienza di mercoledì 30 dicembre, con l’esortazione ai cori presenti a non stancarsi mai di innalzare canti di gioia al Signore, ha infuso rinnovato entusiasmo e ha donato a questo pellegrinaggio il senso della conferma di una vocazione.
(Autore: Giovanna Giordano)

*Il Monumentale Organo del Santuario

Ricorre il 1990 il centenario

"L'organo del Santuario di Pompei dev’essere degno del Santuario e, se il Santuario è già monumentale, anche l’organo dev’essere un monumento di arte da fare onore all’Italia che lo crea ed a questa Chiesa che sarà mondiale”. Così Bartolo Longo scrive nel gennaio 1890, annunziando la grande festa per il primo suono del grandioso organo fissata nel primo mese di maggio.
“Il giorno da noi designato – continua – per questa novella gloria del Santuario di Pompei, è il gran giorno anniversario dei grandi avvenimento succedutesi in questa Valle, vale a dire il dì 8 maggio del presente anno 1890. In quella notte, il silenzio sepolcrale di questa valle sarà rotto da onde inusitate di suono melodico, che dal monumentale Organo del Santuario si spanderanno di fuori sulla addormentata campagna”.
Qui comincia un racconto quasi fantastico: La valle deserta viene “vivificata” dalle note musicali di un organo grande per la sua mole e grandioso per le sue caratteristiche strumentali.
Non più il silenzio, definito da Bartolo Longo, sepolcrale, addormenterà la campagna, ma “quelle onde inusitate di suono melodico” si spanderanno e, filtrando attraverso una cupa atmosfera, concilieranno un dolce abbandono, un necessario riposo ai contadini spossati dalle fatiche nei campi. E dentro e fuori il Tempio si stabilirà un mistico stato di silenzio, necessario raccoglimento per godere all’ascolto di un suono in corale compartecipazione e non in triste solitudine.
Diamo qualche cenno più dettagliato di cronaca. È la mezzanotte dell’8 maggio 1890. “All’interno delle Basilica cento animi erano sospesi, cento orecchie erano intente ad accogliere quei primi suoni, che pareva avessero a parlare preannunziando i trionfi dell’avvenire. L’organo del Santuario di Pompei apre i fianchi poderosi, e versa per le ampie volte del tempio le melodiose onde sonore che sono percosse negli animi di quel popolo eletto, e ne suscita potentissimi effetti di tenerezza e di compunzione religiosa”.
Questo fu solo il primo suono, quasi dedicato alla folla che, prostrata in veglia di preghiera, si preparava al gran giorno della Supplica.
In pratica, però, l’inaugurazione ufficiale si tenne con un concerto il 29 maggio, giovedì. Il noto M° Cav. Marco Enrico Bossi, professore al R. Conservatorio di Musica di Napoli, suonò pezzi di Golinelli, Bach, Mendelshon, Frank, Hendel e composizioni di sua creazione. Il rituale per il gran giorno ricalcava un iter ormai classico per l’Avv. Longo. Tra gli ospiti illustri erano presenti i più noti organisti e maestri di cappella dell’epoca; anche per quella occasione l’Avvocato chiese ed ottenne che ai visitatori del Santuario di Valle di Pompei e per i 20 giorni successivi al 29 maggio, si praticasse una riduzione sul prezzo del biglietto ferroviario.
La meraviglia per quella operazione mirabilmente riuscita colse quanti si ponevano all’ascolto del “meraviglioso strumento”: le note vibravano all’unisono nelle fulgide canne e nel petto del Beato. Il superiore generale dei frati Bigi, fratel Bonaventura (successore di P. Ludovico da Casoria), disse a Bartolo Longo, leggendogli nell’intimo: “quest’organo è l’organo dell’anima tua, tu vorresti in una voce ed in una parola manifestare al mondo tutti i portenti di questa Onnipotente Regina; l’Organo di questo Santuario manifesta, nella dolce unità di tanti suoni diversi, le meraviglie che qui ha operato la Celeste Sovrana delle armonie”.
Qualche giorno dopo, il 12 giugno, l’atto di collaudo. Tra i vari maestri che si offrirono gratuitamente per il “varo tecnico” dello strumento fu scelto il Cav. Giuseppe Galimberti, all’epoca organista della Consolata di S. Massimo e di altre insigni chiese. A lui fu affiancato il m° Roberto Remondi di Brescia. Nell’atto di collaudo si accenna ad un completamento necessario da attuare, consistente nel montaggio di “quei necessari congegni per ottenere istantaneamente il mezzoforte, il forte ed il fortissimo”.
Dettagli tecnici previsti e da provvedervi anche se la mancanza di essi non recava pregiudizi alla valutazione positiva del lavoro eseguito. Vi si provvide con relativa sollecitudine, entro il 30 settembre di quello stesso anno, come si ricava da un contratto con certo G. Tamburini da Bagnacavallo e il Costruttore dello stesso Organo.
Bartolo Longo era solito promuovere sempre un’attenta “ricerca di mercato” prima di affidare l’incarico per la realizzazione di una qualsiasi opera. E così puntualmente accadde. Esperite approfondite ricerche si optò per dare l’incarico al cav. Pacifico Inzoli, organario, in Crema. Nel contratto si legge: “6 giugno del 1887. Il signor Avvocato B. Longo intende costruire per suo conto un monumentale organo acustico-sinfonico, del tipo ed esecuzione come quello costruito dal cav. Inzoli nella chiesa di S. Ignazio in Roma…”.
Il lavoro doveva essere completato entro il 30 aprile nel 1889 ed essere collaudato nello stesso anno, a maggio. Le date però vanno così modificate: Aprile ’89 la consegna dei pezzi; aprile ’90 la consegna dell’opera; il collaudo nel maggio del 1890.
Diverse vicende si alternarono nel corso della realizzazione del progetto; la storia di tutte le grandi opere, spesso si colora di accadimenti con sfondi svariati e tra loro contrastanti al punto di assumere perfino il tono della polemica. Bartolo Longo non si arrese a nessun ostacolo, Lui, dalla parte sua aveva la “Madre bella” la Vergine del Rosario che lo sosteneva donandogli una carica sempre crescente, di fede e di entusiasmo, riconosciuti e ratificati dal costante impegno dei numerosi fedeli del Santuario. La vicenda si concluse felicemente.
Bartolo Longo non tralascia occasione per pubblicare, magnificandoli, gli effetti mirabili del grandioso Organo del Santuario. Leggiamo lo stralcio di un suo scritto (1905): “Nel grande silenzio del Santuario stivato dalla folla strabocchevole si diffondono ad un tratto le note solenni e dolcissime dell’Organo Monumentale.
L’Organo plurifonico profonde i tesori delle sue armonie, e nella varietà degli strumenti imitati fino alla perfezione, in quelle meste e flebili melodie di voci lontane, in quegli arpeggi delicatissimi, in quegli scoppi degli ottoni, nella dolcezza grande dei violoncelli e degli oboe dà l’illusione di una orchestra completa e perfetta. Molti non sanno persuadersi che tanta ricchezza di voci sia contenuta nell’Organo, e con grande stento si volgono, per quanto è possibile, indietro, e guardano la Cantoria, dove non vedono punto gli strumenti che si pensavano, ma invece la folta fila dei capi di coloro che a fatica hanno potuto penetrarvi.
E la mirabile musica si diffonde per la vastità della Chiesa, rapisce le menti in una dolcezza, in una soavità nuova; e l’uditorio attentissimo non ascolta solo la musica, la sente, e così si prepara e si dispone all’augusta cerimonia, che deve aver luogo.
Accresce l’incanto e la commozione indicibile dell’ora il canto delle Orfanelle. Sono centotrentacinque vocine soavi, immateriali quasi, che si fondono insieme in un accordo perfetto e trovano, più presto che non si pensi, la via di scendere al cuore.
Il coro esegue il mottetto: O Salutaris Hostia, la Preghiera delle Orfanelle per i loro benefattori e l’Inno della carità. Nel mottetto è un a solo, delicato, gentile, tenerissimo.
Lo canta un’Orfanella napoletana. Coloro che ne conoscono le sventure, palpitano di una singolare emozione, e sentono nel canto dolcissimo della piccola napoletana, come il fremito lieve di un cuore che trabocca di gratitudine. Ieri ancora i più atroci pericoli, le più strazianti torture che abbiano mai minacciato la infanzia innocente ed abbandonata, la circondavano, l’avviluppavano, erano per travolgerla…”.
(Autore: Nicola Avellino)

*La Banda Musicale: una tradizione ininterrotta
Ancora oggi i nostri ragazzi vengono avviati allo studio della musica strumentale
"Tanto nomini nullum par elogium"; sì, proprio così bisogna dire del Beato Bartolo Longo, perché la sua grande Anima, come un vulcano, ha saputo dare alla Chiesa ed al mondo civile delle Istituzioni tali da superare ogni umana aspettativa: il Santuario, le Scuole, i laboratori, la tipografia, gli asili… la "Banda Musicale", quella che formerà l’oggetto del presente articolo.
Parlare della Banda dell’Istituto Bartolo Longo di Pompei, è come ricordare le glorie della grande
Famiglia Pompeiana, e le tante gioie delle numerose cittadine campane e pugliesi che hanno ascoltato i giovani e giovanissimi suonatori dell’Istituto.
Quando Bartolo Longo mise mano alla fondazione di un istituto per ragazzi, superando le non poche difficoltà di locali, attrezzature, maestri d’arte, educatori… volle allinearsi ai grandi esemplari della storia ecclesiastica, quali S. Giuseppe Calasanzio, S. Giovanni Battista de la Salle, S. Giovanni Bosco, e, come loro, intese dar vita a delle istituzioni che avessero, come programma, l’<<Ora et labora>> del grande S. Benedetto.
Dopo l’adempimento dei doveri religiosi del mattino, i ragazzi trascorrevano molte ore della giornata nei laboratori, dove imparavano un mestiere per affrontare dignitosamente la vita di domani. Affinché l’educazione dei giovani avesse un tutto armonico, e la crescita morale e civile fosse armonizzata con quella professionale, Bartolo Longo volle inserire nell’orario l’educazione fisica, il gioco, le competizioni sportive, il saggio ginnico.
Ma ciò che forse ha dato più spicco e risalto all’Istituto, è precisamente la "Banda Musicale" che il Fondatore volle e curò fin dal primo inizio dell’Opera. Sono 20/25 frugoletti della 4/5 elementare che costituiscono il "Primo Complesso Musicale" di Pompei, complesso che via via, negli anni, ha raggiunto la ottantina di elementi. Gli alunni, stando nell’Istituto fino all’apprendimento del mestiere, giovani maturi e robusti, potevano dar fiato ad ogni tipo di strumento, e dedicare allo studio della musica, ben due ore al giorno.
Per questo fatto, e soprattutto per la presenza del valente maestro Tortolano, la Banda ha raggiunto una bravura tale, da meravigliare valenti professionisti in materia. Ne è evidente prova l’archivio musicale, ricchissimo, e quanto mai vario di musica dei più noti compositori.
La Banda rallegrava e completava le varie feste nell’interno dell’Istituto; nei giorni della Supplica, di buon mattino, faceva il giro della Città, per dare inizio festoso al "grande giorno"; richiesta, dava concerti nelle città vicine, lasciando, ovunque, un ottimo ricordo e tanta meraviglia, come, dei "giovanissimi" potessero fondersi in un tutto armonico e di alta classe.
Come un valente pittore, per dare risalto e completezza alla sua opera, sceglie una cornice adatta; come lo scultore studia il piedistallo confacente alla statua di sua creazione, così, il nostro Beato, pensava della Musica in un complesso educativo, tanto eterogeneo, e "sui generis" quale poteva essere la raccolta, qui a Pompei di gioventù carente di affetto familiare, traumatizzata, forse, da fatti di violenza, privi di sostegno paterno e forse, anche materno.
E proprio all’insegnamento musicale, ed alla pratica dei vari strumenti, il geniale Bartolo Longo ricorre, onde ammorbidire i lineamenti duri ed incivili dei giovani accolti nel Suo Istituto.
Egli, abile suonatore e cultore di musica, precorre di diversi lustri gli attuali programmi ministeriali che vogliono l’educazione musicale nell’orario scolastico, e, da santo geniale e volitivo, non bada a
spese, pur di attrezzare la ben capiente "Sala di Musica", ricca di un centinaio di strumenti, tutti in piena efficienza.
Anche oggi, sull’esempio del Fondatore, lo studio della musica strumentale si inizia in tenera età, e le primissime leve della Scuola Media si esercitano, giornalmente, sotto la guida del caro Maestro De Honestis, tanto che per la prossima Pasqua, qualche elemento più bravino avrà la gioia di far parte della "Grande Banda" dell’Istituto che oggi, conta una sessantina di elementi. Certo le nuove "reclute", muovono i primi passi, non hanno al loro attivo l’esperienza dei veterani; però la sostanza, l’impegno e l’assiduità potranno dar presto i loro buoni frutti.
Suonare nella Banda, dare concerti, essere ascoltato ed applaudito… quante belle emozioni, soprattutto, quante sane ed umane aspirazioni di questa nostra Gioventù che "mira ed è mirata" – e in cor s’allegra".
Studiare ed eseguire le "Opere" dei grandi musicisti, di cui è ricchissima la nostra Patria, e quindi gustare le belle soavi melodie, è come un balsamo gustoso per le giovanissime anime, oggi, tanto insidiate da mode perverse ed avvilenti. La musica, quella che costituisce uno dei maggiori vanti dell’Italia nostra, la musica classica e sacra, quella che aveva nell’animo il nostro Beato Fondatore, quella che nel corso dei secoli ha rallegrato ed educato innumerevoli generazioni, quella, e non altra, entra nel piccolo repertorio della Banda dell’Istituto.
La musica è compostezza, eleganza, armonia; la musica è capace di commuovere, di esaltare; la musica deve educare l’animo all’equilibrio, all’ardimento; la musica riposa, distende, e tutto deve portare a buon fine.
Proprio per questo, Bartolo Longo ha voluto che dirimpetto al trono della Vergine SS. Vi fosse un maestoso organo, monumentale, per la forma e per il contenuto numerico dei registri, per cantare le lodi del Signore e della Sua e nostra Madre carissima; ed un campanile tale, che potesse avere un concerto di campane per spandere il suono armonioso nella vasta Valle di Pompei.

(Da: Il Rosario e la Nuova Pompei – Anno 97 – n. 3 – Marzo 1981 – Autore: Silvestro Deodati)

*La Musica del Maestro Lezzi nel 02.10.1887

Per la musica del solenne giorno del Rosario ci rivolgemmo ad un pio ed illustre sacerdote napoletano, che fu discepolo dell’incomparabile Maestro Gennaro Parisi.

Il Sac. Prof. Alfonso Lezzi, maestro di musica nel Seminario Arcivescovile di Napoli, all’anima nobile e candida, all’indole placida e soave, accoppia un genio artistico che si rivela in ogni nota delle sue dolcissime melodie. Egli nelle cose pensa con profonda pietà religiosa, ed a questo suo sentimento sposa il canto ed il suono. In lui la musica è una espressione altamente cristiana.
Ebbe principio la musica di quel giorno con un pezzo scritto ed eseguito per l’occasione, ricavato dai principali motivi dell’Inno “La Carità”, Musica che fu dettata dal P. Ludovico da Casoria e posta in armonia da Filippo Parisi, e concertato per Violino e Violoncello con accompagnamento di Quartetto ed Harmonium.
Alla comunione fu cantato a più voci “Ecce panis Angelorum” dell’Inno al Sacramento dell’Angelico Dottore S. Tommaso. Ed essendo stato straordinario il numero dei fedeli, che si accostarono alla partecipazione del Pane degli Angeli, per dar tempo, l’esimio Prof. Errico Guarnieri, anch’esso discepolo dell’illustro Parisi, con la sua voce armoniosa e pieghevole, cantò l’Ave Maris Stella, che fu l’eco della preghiera che tante anime fervorose innalzavano al trono della Madre di Dio. Quindi venne eseguita una melodia del Prof. Sac. Lezzi, scritta per Violoncello con accompagnamento di quartetto; ed in quelle note si rivelava sempre più il cuore semplice e gentile del Sacerdote amante di Maria.
Oh, come son cari gli affetti di un’anima sacerdotale esprimenti la gloria della Vergine benedetta!
E che diremo della Salve Regina, scritta dal Maestro Filippo Parisi, che veniva rapito all’arte musicale nella giovane età di 25 anni, e che oggi Napoli piange ancora? Il Maestro Lezzi, che pone suo studio nella scelta di esimi professori, affidò la riuscita di quel componimento sublime all’arte ed alla voce del dolcissimo tenore Bellucci Sessa. A chi non corse per le vene un sacro entusiasmo al suono di quelle note meravigliose?
Il Bellucci Sessa sentiva in cuore l’armonia che doveva esprimere con la sua voce delicata e soavissima, e riuscì ad apparecchiare gli animi alla commuovente preghiera della Supplica, che si doveva recitare a mezzogiorno. Quel tenore era sensibilmente commosso, e la sua commozione si trasfuse anche in tutti, che già fin dalle prime ore del mattino erano inclinati a tenerezza nel vedere tanto popolo accorso al Trono della regina di Pompei.
Poi fu che cantata la Salve Regina si eseguì un Tantum ergo con armonia che specchiava in ogni nota tutta la gravità delle funzioni ecclesiastiche.
Cosifatto stile grave, maschio, severo, nel canto del Tantum Ergo e massime del Genitori, eseguito già in Pompei dal Maestro Comm. Giorgio Miceli nelle feste del passato Maggio, e dal Maestro Sac. Lezzi nel passato Ottobre, noi brameremmo sentire in tutte le musiche di chiesa; soprattutto nel canto del Genitori, il quale deve assolutamente aver luogo innanzi al Santissimo esposto all’adorazione dei fedeli: ove ti accade il più delle volte udire una gabaletta, o un balletto, o un rondò finale con ripetizione noiosa di frasi e dell’amen, e con un punto coronato, che distrae l’anima all’adorazione, per chiamarla invece alla voce del cantante che si sforza di emettere, dopo un lungo gorgheggio, un grido acuto come nota finale, scambiando così dolorosamente la Chiesa in teatro.
La musica della prima Domenica di Ottobre in Pompei riuscì, qual doveva aspettarsi in un giorno tanto solenne e da un tanto Maestro.

                   (Da: Il Rosario e la Nuova Pompei – Quad. XI – 15.11.1887 – Autore: B.L.)

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