Ex Case del Santuario
*Aggiornamento sulle Ex Case del Santuario *Assunta Ponzo 1965 *Atelier *Bartolo Longo - 1961 *Belvedere Marittimo 1918 *Casa Albergo Marianna De Fusco *Casa Famiglia - 1934 *Cattori - Torre Annunziata (NA) *I.P.S.I. - Istituto per la Socializzazione Industriale *La Casina *Orfanotrofio *Roma - Casa Madonna di Pompei *Parrelle *Sacro Cuore *Seminario *Strangolagalli - Caserta *Tre Ponti - Pompei (Na) *Villa Filangieri/La Tenda - Torre Annunziata (NA)
Singolare corona al Santuario formano gli Istituti Pompeiani. Sono i fiori della carità cresciuti alla luce della fede e della devozione a Maria e offrono una prova convincente della vitalità di Pompei. Fondati da Bartolo Longo hanno avuto uno sviluppo straordinario e sono la manifestazione della inesauribile fecondità della Chiesa e della sua ansia di elevare la condizione della vita umana a livelli sempre più alti.
Lo sanno tutti che dalla carità degli oranti a Pompei vivono le orfane della natura e della legge, gli abbandonato, i poveri, i bisognosi e per provvedere a tutti costoro si conta unicamente sulla Provvidenza. A Pompei, infatti, la preghiera si tramuta in carità.
Infatti, quando Bartolo Longo fondò l’Orfanotrofio pensò che per tale istituzione si richiedevano donne attente, cuori generosi, sostituti di mamme, Suore ben preparate alla loro delicata missione tra i fanciulli emarginati.
Si mise in giro per l’Italia per conoscere i migliori Istituti; studiò gli statuti e lo spirito di molte famiglie religiose e, per assicurare cure materne alle sue orfanelle, fondò una Congregazione di Suore "con statuti speciali, opportuni ai loro ministeri di carità, secondo i bisogni di questo luogo, di questo Santuario, di questo popolo" (B. Longo al Card. Mazzella).
Il 7 settembre, nella sede pompeiana della Comunità Incontro, si è tenuto l'incontro annuale di operatori, volontari e religiosi che lavorano ogni giorno portando avanti il carisma del Beato Bartolo Longo. La relazione è stata affidata a don Giuseppe Esposito, parroco del "Santissimo Salvatore" e studioso della figura del Fondatore. L'Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, ha presieduto i lavori.
Persone, parole, immagini e luoghi per raccontare tutta la ricchezza umana e spirituale delle Opere di Carità fondate dal Beato Bartolo Longo. Un incontro, quello del 7 settembre, che ha messo insieme responsabili, operatori, volontari e religiosi che vivono l’impegno di solidarietà volto a cambiare la prospettiva di vita di chi vive nel disagio e non vede speranza nel futuro. Quello scelto per la mattinata di riflessione e di confronto è stato un luogo simbolo: la sede della Comunità Incontro, la struttura per il recupero di chi vive il dramma della dipendenza dalla droga che, il 12 agosto 2004, don Pierino Gelmini avviò nella Fattoria concessa dal Santuario mariano. «Questo incontro – ha detto monsignor Tommaso Caputo, Arcivescovo di Pompei – è un prezioso motivo di crescita per la nostra Chiesa e per tutti voi che ogni giorno operate per il bene del prossimo meno fortunato». Le Opere di carità di Pompei, infatti, continuano a portare avanti il carisma del Fondatore Bartolo Longo e si aggiornano, anno per anno, nel comprendere e nell'affrontare le emergenze nuove che coinvolgono gli uomini del nostro tempo. E proprio di quel carisma, dopo il saluto introduttivo di monsignor Salvatore Acampora, responsabile delle Opere, ha parlato il relatore, don Giuseppe Esposito, parroco del "Santissimo Salvatore" e studioso della figura del Fondatore, cui ha dedicato alcune pubblicazioni. «Longo – ha spiegato il sacerdote – era stato istruito spiritualmente da san Ludovico da Casoria e, come quest’ultimo, propugnava una carità attiva: non un semplice filantropismo,
Il Convegno delle Opere, occasione di confronto per continuare sulla via del bene e della carità
Il 7 settembre, nella sede pompeiana della Comunità Incontro, si è tenuto l'incontro annuale di operatori, volontari e religiosi che lavorano ogni giorno portando avanti il carisma del Beato Bartolo Longo. La relazione è stata affidata a don Giuseppe Esposito, parroco del "Santissimo Salvatore" e studioso della figura del Fondatore. L'Arcivescovo di Pompei, Monsignor Tommaso Caputo, ha presieduto i lavori. Non una semplice serie di atti per far del bene sic et simpliciter, ma un vero e proprio modo di pensare e dunque di operare nel mondo. E ciò non solo riguardo al mondo degli adulti, ma forse e soprattutto verso l’infanzia e l’adolescenza, periodi della vita delicatissimi e maggiormente esposti a traumi». Non solo dunque rendeva concreta la carità, ma la insegnava perché potesse trasmettersi nel tempo. Don Esposito ha ricordato, poi, la premurosa opera delle Suore domenicane "Figlie del Santo Rosario di Pompei", la cui congregazione fu fondata dallo stesso Longo, e ha descritto il metodo educativo utilizzato. Era racchiuso in tre parole: preghiera, studio, lavoro. «Questo – ha concluso il sacerdote – è il carisma longhiano: amore per il prossimo senza scadere nel sentimentalismo fine a se stesso, slancio e fermezza nel raggiungere gli obbiettivi prefissati senza lasciare nessuno indietro o nel rancore». Sono le direttrici ancora oggi seguite a Pompei e lo evidenziano le testimonianze intervenute
dopo la relazione e i racconti commossi e grati di chi è stato accolto nei Centri educativi per i bambini e i giovani "Bartolo Longo" e "Beata Vergine" o nelle Case famiglia del Centro "Giovanni Paolo II", di chi ha trovato ascolto al Consultorio familiare o al Centro di aiuto alla vita, di chi è uscito dal dramma della dipendenza dalla droga, di chi ha trovato un pasto caldo alla Mensa per i poveri "Papa Francesco", di chi ha potuto sottoporsi ad una visita negli studi medici pediatrico e materno-infantile, di chi si è formato al lavoro grazie ai laboratori del progetto "Un mestiere per il futuro". «Questo incontro – ha concluso monsignor Tommaso Caputo, Arcivescovo di Pompei, che qualche anno fa pensò a quest’appuntamento annuale perché gli operatori delle Opere potessero confrontarsi, sostenendosi a vicenda – è stato ancora una volta un prezioso motivo di crescita per la nostra Chiesa e per tutti voi che ogni giorno operate per il bene del prossimo meno fortunato».
*Assunta Ponzo - 1965 (Pompei - NA)
Fondazione del Centro Educativo "Assunta Ponzo"
Opera aperta il 2 ottobre 1965 per accogliere, sotto la guida delle suore, bambini della scuola primaria, prima ospitati in un'ala del Seminario "B. Longo", voluta dal Prelato Mons. Aurelio Signora (12,12,1965) sul colle Sant'Abbondio, ora presso il "Centro Educativo Sacro Cuore".
News dal Centro Educativo "Assunta Ponzo"
Centenario dell’Orfanotrofio Femminile
Alle radici della Speranza
Il Cardinale Opilio Rossi ricorda che la speranza cristiana esige l’impegno di tutti a favore dei poveri e degli emarginati
Nel Vangelo proclamato in questa celebrazione eucaristica in onore della Vergine Maria, abbiamo ascoltato con devozione l’inno del Magnificat, che è l’Inno del Magnificat, che è l’inno che canta la speranza di Maria.
L’umile fanciulla di Nazareth, promessa sposa ad un povero operaio, sperava la venuta del Salvatore annunciato dai profeti, come la speravano molti in Israele. Gabriele, il messaggero celeste le annunciò il compimento della sua speranza, ma in un modo impensato. Essa sarà la donna prescelta da Dio: "da te nascerà il Salvatore sperato. Nulla è impossibile a Dio".
La risposta di Maria fu di abbandono totale e senza riserva alla parola di Dio, parola di speranza per lei e per il mondo: così il destino suo e di tutta l’umanità veniva segnato per sempre dalla venuta del Salvatore nel suo senso verginale.
Nel Magnificat, Maria esprime la sua gioiosa gratitudine per il privilegio della maternità divina; canta la misericordia di Dio verso coloro che lo temono, proclama l’amore di Dio per gli umili. Maria esalta anche la fedeltà di Dio alle sue promesse di salvezza. Ed anche la Chiesa, ed anche noi, che siamo Chiesa, celebriamo le grandezze e meraviglie che Dio ha operato in Maria, lodiamo l’azione di Dio, padre dei poveri e dei derelitti. Nel Magnificat, Maria riconosce poi la sua pochezza ed umiltà; tutto attribuisce alla gratuità della grazia di Dio, che ha fatto in lei grandi cose. È sorretta dalla speranza nel sentirsi e sapersi salvata; non si compiace in se stessa, ma unicamente nella misericordia e nella potenza di Dio: tutto ha ricevuto come puro dono. "L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata".
Se tutte le generazioni la chiameranno beata, è unicamente perché Dio, nel suo amore, ha posto i suoi occhi sulla umiltà, sulla piccolezza della sua ancella. Forte richiamo per noi: l’uomo per salvarsi non può far affidamento sulle sue proprie forze e gloriarsene; non ha nulla di suo, ma deve unicamente sperare dalla grazia del Signore. Questo è ciò che vale, soprattutto se si pensa che le cose di questo mondo sono effimere, passano. Veramente, alla gratuità assoluta della salvezza, dobbiamo corrispondere con un’attitudine di speranza e di riconoscenza del dono amoroso e gratuito di Dio che salva.
Nel Magnificat, in questo inno che canta la gioia e il giubilo della speranza di Maria, risalta anche la situazione di stridente contrasto tra i potenti del mondo e del denaro e i poveri e gli ultimi della società; e questa discriminazione è contro la volontà di Dio, la giustizia del suo regno, l’annuncio di salvezza e di speranza per tutti. Questo è il significato delle parole del Magnificat:
"Ha dispiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi".
Maria è segno di speranza per la Chiesa e per l’uomo contemporaneo; in preda della paura. Nella Enciclica di Giovanni Paolo II "Redemptor hominis" c’è un paragrafo intitolato: "Di che cosa ha paura l’uomo contemporaneo?". E vi si legge: "L’uomo di oggi sembra di essere minacciato da ciò che produce. I frutti della multiforme attività dell’uomo si rivolgono contro l’uomo stesso. L’uomo pertanto vive sempre più nella paura. Egli teme che i suoi prodotti possano diventare mezzi e strumenti di una inimmaginabile autodistruzione" (n° 15).
Maria è segno di speranza perché "piena di grazia". Maria, segno di speranza vuol dire: segno che orienta verso il futuro, verso il Dio che verrà, verso Colui che ha detto: "Non abbiate paura, io ho vinto il mondo". Maria ci indica il cammino della vera speranza cristiana, impegnandoci al tempo stesso per il regno di Dio e la giustizia nel mondo.
Chiesa siamo tutti noi che formiamo il popolo di Dio. Ciascuno di noi, tutti i credenti, siamo tenuti a costruire ogni giorno la Chiesa come segno di speranza per il mondo. Un mondo segnato dal peccato, dal peccato che è il sommo male e la causa di ogni altro male, anche delle guerre, degli odi, delle ingiustizie, del sottosviluppo. E se, nonostante la redenzione del Nostro Signore, questi mali rimangono, è solo perché l’uomo non vuole lasciare il peccato, abusando della libertà di cui Dio gli fa dono.
Si perpetua così anche la situazione di stridente contrasto fra ricchezza e miseria. Da una parte ingenti beni accumulati e dall’altra popoli sprovvisti dei mezzi necessari per condurre una vita degna dell’uomo e indispensabili per sopravvivere.
Al tempo stesso però il mondo prende sempre più coscienza della fratellanza universale e della urgenza di cambi nelle istituzioni onde superare le discriminazioni oppressive i instaurare la compartecipazione umana.
Nell’attuale concreta situazione del mondo, la Chiesa deve compiere la sua missione di salvezza e di speranza per tutti, con le opere e con l’annuncio del vangelo per l’avvento del regno di Dio e la giustizia nel mondo.
Chiesa siamo tutti noi che formiamo al popolo di Dio. Ciascuno di noi, tutti i credenti, siamo tenuti a costruire ogni giorno la Chiesa come segno di speranza per il mondo. Un mondo segnato dal peccato che è il sommo male e la causa di ogni altro male, anche nelle guerre, degli idoli, delle ingiustizie, del sottosviluppo. E se, nonostante la redenzione del Nostro Signore, questi mali rimangono, e solo perché l’uomo non vuole lasciare il peccato, abusando della libertà di cui Dio gli fa dono.
Si perpetua così anche la situazione di stridente contrasto fra ricchezza e miseria. Da una parte ingenti beni accumulati e dall’altra popoli sprovvisti dei mezzi necessari per condurre una vita degna dell’uomo e indispensabili per sopravvivere.
Al tempo stesso però il mondo prende sempre più coscienza della fratellanza universale e della urgenza di cambi nelle istituzioni onde superare le discriminazioni oppressive e instaurare la compartecipazione umana.
Nell’attuale concreta situazione del mondo, la Chiesa deve compiere la sua missione di salvezza e di speranza per tutti, con le opere e con l’annuncio del vangelo per l’avvento del regno di Dio. Ma, la proclamazione della speranza cristiana senza le opere rimarrebbe sterile.
Questa speranza esige oggi dalla Chiesa e da ciascuno di noi un atteggiamento fraterno e l’impegno a favore dei poveri, degli emarginati, dei diseredati e abbandonati dalla società. Se non sentiamo questo assillo, vuol dire che non abbiamo compreso la verità semplice e radicale del messaggio cristiano o che non conosciamo per esperienza la reale situazione di quelli che soffrono. Sì, la speranza cristiana appare vera quando vi è l’impegno per i fratelli, vissuto con amore e per la giustizia: cioè nel dare compimento al precetto del vangelo: l’amore al prossimo.
Oggi, il messaggio di speranza di Maria e della Chiesa ci trova riuniti nella Basilica di Nostra Signora del Rosario di Pompei, per celebrare solennemente il centenario della fondazione dell’Orfanotrofio femminile, opera del Beato Bartolo Longo.
Fanciulle povere ed abbandonate, e più tardi figli di divorziati, hanno trovato ospitalità nella casa sorta all’ombra del santuario, sotto la protezione della Madonna; casa, frutto della fede e dell’amore di un fervente figlio della Chiesa.
Fanciulle prive di affetto e calore materno, abbandonate a se stesse, esposte ai pericoli della seduzione del vizio, hanno ricevuto e ricevono accoglienza amorosa dalla Chiesa ed in particolare dalle buone religiose dell’Istituto fondato dallo stesso Beato Bartolo Longo. Così, la città di Pompei si è aperta a sentimenti di fede e di amore al prossimo, sapendo che fede e carità sono il fondamento della vita cristiana.
Il Beato Bartolo Longo ha così mostrato quanto importante e feconda di opere può essere la santità dei laici per il mondo contemporaneo.
Nella omelia della sua Beatificazione, il 26 ottobre 1980, il Papa Giovanni Paolo II ha definito Bartolo Longo "un laico che ha vissuto totalmente l’impegno ecclesiale".
Il Beato Bartolo Longo possiamo considerarlo il primo testimone della nuova Pompei e qui egli è passato con il fuoco della carità, con la corona del rosario, seminando speranza e consolazione. Devoto e imitatore di Maria, ha aderito a lei, la Vergine orante, pellegrino nella fede, compassionevole e in tutto solidale con Gesù nell’opera della salvezza.
Parlare di Bartolo Longo, come laico impegnato nella società, campione della fede e della carità, e di forte stimolo per i fedeli che oggi si preparano al prossimo Sinodo dei vescovi, che ha per tema: "Vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo a venti anni dal Concilio Vaticano II", che si celebrerà dal 1° al 30 ottobre di quest’anno (1987).
Una vocazione e missione laicale così pienamente realizzata nella fede e nella carità come quella di Bartolo Longo, è una testimonianza capace di muovere e trascinare tante anime. Dev’essere un appello ed incitamento alla coscienza cristiana di tanti battezzati specialmente laici, a penetrare di fede, di amore, di speranza, di giustizia, di fraternità e di pace le realtà temporali: il mondo dell’economia, della politica, della famiglia e della scuola, della università e della vita professionale.
Raccogliere fanciulle abbandonate e trasformarle in modelli di rettitudine morale e di vita cristiana, è la risposta della fede, dell’amore e della giustizia – fondamento della società. È la risposta di un figlio della Chiesa, esempio per i laici che oggi desiderano vivere intensamente la chiamata di Dio alla santità e all’impegno a favore dei necessitati e dei più poveri.
In Maria, Madre della speranza, troviamo la forza e l’incentivo per percorrere ed avanzare in questo cammino di santità
(† Card. Opilio Rossi)
(Da: Il Rosario e la Nuova Pompei - Luglio/Agosto 1987)
*Atelier del Santuario per un matrimonio speciale
Grazie alla generosità di tante spose, le abili mani di due sarte e di una religiosa riadattano e arricchiscono i vestiti donati alla Vergine per la gioia di altre giovani donne.
Siamo a due passi dalla Basilica, in uno dei tanti edifici del complesso religioso, in cui, giorno per giorno, il lavoro instancabile di tanti rinnova il miracolo di carità e amore che è l’essenza del Santuario della Beata Vergine di Pompei.
In questo meraviglioso laboratorio, le nostre sarte Lucia Palomba e Lucia cesarano, assieme a Suor Maria Egidia Di Palma, ridanno vita agli abiti donati e vestono le spose di nuovi sogni e progetti.
Sono ormai tantissimi anni che, con grande dedizione ed esperienza, selezionano con cura, lavorano, rinnovano e impreziosiscono gli abiti portati in dono dalle spose che, alla polvere dell’armadio che inevitabilmente ricoprirebbe il ricordo del loro giorno più bello, generosamente preferiscono la gioia di regalare un sorriso. Ed è proprio qui, in questo laboratorio, che, in un circuito virtuoso, altre promesse spose potranno coronare il proprio sogno d’amore e trovare l’abito giusto per il giorno del "sì", senza spendere cifre da capogiro.
Attualmente gli abiti disponibili sono ben 174. A questi vanno aggiunti i 33 vestiti per prima comunione e qualcuno anche per il battesimo. Ogni mese sono tanti i capi che vengono donati per essere poi acquistati da spose di tutta Italia. Il ricavato contribuisce a finanziare le tante opere di Carità del Santuario.
Se una ragazza lo desidera, con l’assistenza delle esperte addette, l’abito può anche essere modificato e arricchito con nuove stoffe o dettagli scelti dalla futura sposa.
La creatività e la fantasia che anima il laboratorio è a disposizione di chi si affaccia ad ammirare i suoi stand ricchi di abiti. Negli anni, sono tante le ragazze giunte da regioni anche lontane per vestire l’abito portato in dono alla Madonna del Rosario di Pompei. Alcune seguono la tradizione di famiglia, tramandata di madre in figlia, che le ha viste per generazioni giungere all’altare con l’abito dell’Atelier del Santuario.
"Non è solo una questione economica, che certo conta nella scelta dell’abito, ma molte ragazze – ci raccontano le nostre esperte all’opera – scelgono gli abiti del nostro laboratorio per amore verso la Madonna. Altre – ci dicono – semplicemente scelgono di non spendere cifre esagerate per un giorno in cui conta, più dello sfarzo, il vero amore e la gioia di ricevere un sacramento così importante".
Spesso gli abiti acquistati al laboratorio vengono, a loro volta, donati nuovamente al santuario, regalando.
In questo modo, anche ad altre spose, la possibilità di indossare l’abito dei sogni nonostante le difficoltà economiche.
Donare l’abito da sposa al Santuario è, dunque, un atto di grande generosità, non solo perché tante giovani spose non potrebbero altrimenti indossare un abito che rispecchi i loro desideri ma, soprattutto, perché ciò significa regalare una speranza e un futuro ai tanti bambini e ragazzi e alle numerose giovani mamme che vengono accolti al santuario, contribuisce alla costruzione di una vita più serena e piena di luce per tutti loro.
(Autore: Daria Gentile)
È l’11 giugno 2016. Oggi festeggio sette anni di matrimonio, sette anni di amore consacrato innanzi a Dio Voglio con-dividere quest’amore con te, che indosserai il mio abito da sposa. Non so dirti perché non abbia donato prima questo vestito. So solo che ho pregato la Madonna di illuminarmi su quando e dove lasciarlo in dono. Così, un sabato mattina di maggio 2016, durante il "Buongiorno a Maria", mentre ero raccolta in preghiera dinanzi alla Madonna di Pompei, ho sentito che una fiamma fervente d’amore bruciava il mio cuore.
In quel momento, ho promesso che sarei ritornata nel giorno del mio anniversario per donare l’abito, che da questo momento sarà il tuo vestito da sposa. Voglio condividere con te quest’amore e credimi se ti dico che sono felice di vederti sorridere. T’immagino arrivare all’altare radiosa. Quel giorno sarò con te perché il mio cuore e il mio amore saranno una sola cosa con la tua gioia. Pregherò per te, "sorellina mia", perché il Signore ti benedica e renda feconda la tua famiglia.
Ti auguro tutto il bene e l’amore del mondo e, anche se, forse, nella vita non c’incontreremo mai, anche se non potrò darti un nome o un volto, so di amarti e so che avevi bisogno di sentire quest’amore. Saremo sempre unite nell’amore di Dio e nella preghiera reciproca.
Una devota di Napoli.
(Autore: Katia Di Ruocco)
*Bartolo Longo - 1961 (Pompei - NA)
(Suore Domenicane "Centro Educativo Bartolo Longo" - Via Sacra,39 80045 Pompei (NA) "Campania"
Fondazione del "Centro Educativo Bartolo Longo"
Le Suore iniziarono a prestare la loro opera in cucina, nella lavanderia, nella stireria, il 25 gennaio del 1961.
Il Centro è diretto dai "Fratelli delle Scuole Cristiane" voluti da Bartolo Longo come educatori dei Figli dei Carcerati fin dal 13 agosto del 1907.
Cala la notte d’improvviso, e la paura
I giorni mesti filtrano miseria
Giace la donna, giovane,
E fugge quel padre
È notte intorno
Eco di Dio che al misero si abbraccia
S’ode d’allora un’armonia
È un cinguettio di bimbi
Ferve la prece qui insieme col lavoro,
Mira, mio spirito, e ragiona:
un verde manto bacerà la primavera…
Già con l’inizio della novena si possono notare i fervidi preparativi per l’allestimento del presepe e dell’albero e per l’addobbo delle sale e dei corridoi con angeli, rami di abete, festoni ecc.
La sala da pranzo assume il tono delle feste natalizie: tovaglie, fiori, musiche, ornamenti adeguati alle circostanze.
Ciò che caratterizza però la vita del Pensionato è proprio il clima religioso che vi domina.
Infatti, durante questo periodo non manca la visita del nostro Arcivescovo che ci porta i suoi auguri, la sua benedizione e quella degli altri Superiori.
Fondazione "Casa Famiglia"
Accoglienza ai minori
“L’amore, deve essere la base e il fondamento di ogni sistema educativo che voglia pervenire a sicuri e lodevoli risultati” (Bartolo Longo).
Luogo privilegiato dove l’ amore si esprime e si concretizza è la famiglia, piccola Chiesa domestica in cui “la paternità e la maternità umana hanno in sé in modo essenziale ed esclusivo una somiglianza con Dio, sulla quale si fonda la famiglia, intesa come comunità di persone unite nell’amore” (Lettera del Papa alle famiglie).
Purtroppo questo luogo privilegiato per molti bambini è inesistente e tutti sappiamo quanto siano devastanti le conseguenze per la loro vita.
Ed ecco finalmente una nuova legge quadro (328 dell’8 novembre 2000) che tutela il diritto dei minori ad avere una famiglia. Questa legge prevede, per le famiglie in difficoltà, come intervento prioritario aiuti economici e prestazioni sociali; là dove per inadeguatezza genitoriale o altri motivi si rende necessario l’allontanamento dei minori dalla famiglia di origine è previsto l’ affido familiare e/o l’ adozione; per i casi in cui i due precedenti interventi non sono possibili, è consentita l’ accoglienza dei minori in strutture comunitarie di tipo famiglia.
Le Opere educative di Pompei, già avviate alla riconversione dal 1997 con la ristrutturazione dell’ ex Orfanotrofio formando gruppi con non oltre 13 minori, si incamminano ora verso una completa conversione. A spingerci non sono solo le nuove norme legislative ma anche la presa di coscienza di quanto sia fondamentale per la crescita e lo sviluppo armonico del bambino crescere in un contesto familiare.
È chiaro che anche la comunità di tipo familiare non può sostituirsi alla famiglia., ma è comprovato che una comunità fondata sull’amore, sul rispetto della persona in quanto tale, può avere gli strumenti necessari che aiutano il bambino a soddisfare i suoi bisogni emotivi-affettivi che gli consentono di crescere armonicamente. (Continua...)
*Cattori - 1935 (Torre Annunziata - NA)
Fondazione "Cattori"
Richiesta del 23 ottobre del 1935 per opera d’assistenza e apostolato fra bambini, gioventù femminile, villici ed operai in Rione Cattori.
Casa S. Michele Arcangelo in Torre Annunziata.
Le Suore si ritirarono nel 1975.
*I.P.S.I. - Istituto per la Socializzazione Industriale
Fondazione IPSI
Suore Domenicane Centro Educativo Beata Vergine - Piazza Bartolo Longo, 1 - 80045 Pompei (NA) "Campania"
Non possiamo alla fine di questo primo secolo di vita e all’inizio del secondo, dimenticare gli innumerevoli benefattori che nel tempo hanno reso possibile, con le loro premure ed offerte, ad alcune migliaia di ragazze di poter aspirare ad una vita dignitosa.
Ad essi il grazie della Famiglia Pompeiana e quello particolare delle orfanelle.
Auguriamo infine, all’inizio di questo secondo secolo di vita, che la protezione della Vergine Santissima, unita a quella del Beato Fondatore possa far fruttificare ogni bene possibile non solo alle assistite ma anche a tutti quelli che collaborano a questa istituzione provvidenziale.
(Autore: Aniello Cicalese)
"Da il Rosario e la Nuova Pompei di gennaio – febbraio del 1987"
Non guarda ove esse sieno nate, sia in Italia, sia in Francia, sia in Germania, ma le accoglie tutte purché bambine, orfane di ambo i genitori ed abbandonate.
L’Orfanotrofio della Vergine di Pompei deve la sua origine, il suo ampliarsi, il suo crescere, il suo perfezionarsi alla carità universale e alla fratellanza dei popoli, che con amore veramente fraterno, da tutti i luoghi del mondo hanno mandato qui il loro obolo. Ma il più meraviglioso si è che questo Orfanotrofio, inaugurato l’8 Maggio 1887, in meno di 15 anni ha potuto, senza alcuna rendita e senza alcuna sovvenzione certa di Municipi, di Provincie, e di Ministeri, salvare 360 orfanelle misere ed abbandonate di ogni Paese. Ed in che modo ha potuto accoglierne un sì gran numero?
Senza di queste offerte giornaliere, spontanee, costanti, affluenti, come se una folla di Angeli ogni giorno scotesse i cuori degli uomini a spedirle qui, esse morrebbero di fame e di freddo. E l’offerta spontanea, aspettata da queste povere innocenti creaturine, perviene quotidianamente in guisa da potere dare ad esse il pane tre volte al giorno, nonché il vestito e l’educazione. E questo pane quotidiano, questo sostentamento e vestito non vengono solamente dall’Italia, non solamente dalle Nazioni d’Europa, ma persino dalle Americhe, dalle Indie, e perfino dalla Cina. Questo fatto nuovo di una carità mondiale dura costante da 15 anni; e non vi è stato mai un giorno solo in cui le nostre Orfanelle siano rimaste digiune. Inoltre questa Opera è nuova anche nel suo esplica mento, perché per essa tante infelici e miserabili creature diventano figlie di famiglie agiate e talvolta ricche; e ciò costituisce una caratteristica tutta speciale dell’Orfanotrofio pompeiano che spesso rende le misere orfanelle da diseredate ereditiere, e da rifiuto della società oggetto di tenerezza e di amore per tante famiglie che le adottano.
Onde è avvenuto che nel corso di pochi anni ben 196 di queste Orfanelle sono state adottate per figlie da agiate ed oneste persone.
Ora non direte che il sentimento della fratellanza, dell’amore, della concordia è istillato diffusamente negli animi per mezzo di quest’Opera pompeiana, e che per essa si sperimentano i benefici effetti della pace?
Similmente tutte le altre Opere educatrici che abbiamo qui fondate per il novello popolo pompeiano, e la vita materiale e civile di tante famiglie di operai sono un prodotto e si sostengono per la carità del mondo che non guarda a Paesi, ma ha per origine un medesimo amore, un medesimo desiderio, la Carità, la Fratellanza, la Pace.
Gli Istituti che ospitano gli alunni sono maestosi e belli, ma quello che c’è dentro è qualcosa che mi ha lasciato commossa e pensosa. Un allegro vociare mi ha attirato verso l’Orfanotrofio femminile: come in un mondo di sogno ho visto le piccole della Scuola dell’Infanzia, simili a fiori delicati, allegre, curate, pulite, serene, giocare con la loro Suora.
Poi un atrio immenso, luminoso e accanto la Cappella dove ho trovato tante Suore in preghiera. Sono le Suore fondate dal Beato Bartolo Longo che assistono, educano, istruiscono, formano le ospiti.
Candide nell’abito, angeliche nella voce e nell’atteggiamento mi hanno incantato! Il grande edificio è caldo, allegro, vivo.
Ho incontrato alcune ragazze con le quali mi sono soffermata a parlare.
Sono tutte ragazze provate dal dolore, con un’angoscia immensa; ma sono serene e contente perché vivono con le loro Suore. Così si sono espresse: “Le Suore sono come le mamme: vivono con noi; ci educano, ci fanno crescere, ci curano, ci consolano, ci vogliono molto bene. Ci preparano per la società, per la famiglia, per il lavoro. Come avremmo fatto se non avessimo avuto la fortuna di incontrare queste anime generose, che dimenticano se stesse per noi? Molte volte siamo irriconoscenti, nervose, infastidite dai loro buoni consigli, annoiate dalla vita monotona, ma esse, sempre buone, pazienti, gentili, fanno di tutto per renderci felici. Pregano, lavorano, soffrono senza umana ricompensa, liete di aiutare tutti quelli che soffrono o hanno bisogno di aiuto”.
Alcuni hanno un concetto sbagliato della “Suora” e azzardano giudizi sballati.
Solo conoscendole, osservandole mentre lavorano, pregano; mentre vivono le loro giornate nel silenzio, nell’umiltà, nel sacrificio, si può capire qual è la loro alta missione e che “cuore d’oro” esse hanno.
Quelle che io ho avvicinato mi hanno fatto vivere, per un po’, in un mondo bello, buono, generoso. Molta parte dell’umanità dovrebbe essere riconoscente e grata a queste “Anime Consacrate”.
*Roma - Casa "Madonna di Pompei"
(Suore Domenicane - Via dei Maffei, 50 - 00165 Roma "Lazio" - Tel. 06/66416745)
Fondazione della Casa di Roma
Casa "Madonna di Pompei" a Roma, aperta il 3 ottobre del 1961 come casa di studio per preparare le giovani suore e sacerdoti del Santuario di Pompei, impegnati in corsi di formazione e studi, oltre che per motivi di lavoro.
La Casa di Roma svolge l’importante ruolo di “Casa d’accoglienza” sia per i Superiori e i Sacerdoti della Prelatura di Pompei sia per le nostre Suore che, per motivi vari, si recano nella capitale per brevi soggiorni.
Chi si reca a Roma è sicuro di trovare un’ospitalità fatta di calore umano e di fraterna disponibilità per tutto quanto occorre.
Nessun segno di noia o di stanchezza, ma volti gioviali e sorridenti che ti danno carica per soggiorni piacevoli.
Vi esprimiamo, dunque, carissime sorelle romane, un grazie sentito ed affettuoso per il vostro delicato lavoro.
Regione - Lazio
Il Latium, territorio originariamente abitato dai Latini, con l'ampliarsi delle conquiste romane, incluse anche i paesi degli Ernici, degli Equi, degli Aurunci e dei Volsci, così che i suoi confini vennero estesi fino ai Marsi, ai Sanniti e alla Campania.
Questo nuovo e più ampio territorio prese il nome di Latium novum in contrasto con il Latium vetus, che indicava il Lazio nella sua primitiva estensione. Nell'ordinamento amministrativo dell'Italia, ad opera di Augusto, il Lazio, costituì insieme con la Campania la I regione, divenendo di fatto estensione di Roma.
Questa regione tornò ad avere una storia autonoma solo dopo la guerra gotica (535-553) e la conquista bizantina, poiché il "ducato romano" divenne dominio dell'imperatore d'Oriente.
Ma presto, a causa delle lunghe guerre combattute contro i Longobardi, il territorio venne lasciato privo di difese, e venne conquistato dal vescovo di Roma, che possedeva già nella regione ampi possedimenti.
La Chiesa fu quindi fu in grado di rafforzare il suo potere politico territoriale, grazie anche alla consegna di Sutri da parte del re longobardo Liutprando a papa Gregorio II (728) e di Bomarzo, Amelia e Orte a papa Zaccaria (742). Parallelamente però il rafforzarsi dell'aristocrazia laica ed ecclesiastica, che aveva la sua base in questa regione, diede vita ad una pluralità di poteri in costante concorrenza tra loro, portando i vari signori ed il vescovo di Roma a contendersi continuamente porzioni di territorio laziale, sino alla metà del XVI sec.
Molti papi, come Innocenzo III (1198-1216), tentarono, inoltre, di rafforzare il loro potere territoriale, cercando di affermare la propria autorità sulle province della Tuscia, Campagna e Marittima attraverso funzionari della Chiesa (rettori), al fine di abbattere la potenza dei Colonna.
Durante il periodo avignonese (1309-1376), però, la lontananza del papa da Roma favorì il potere dei signori feudali, ai quali si opposero le vivaci resistenze dei Comuni minori e, soprattutto di Roma, che con Cola di Rienzo provarono a proporsi come antagonisti del potere ecclesiastico.
Ma la restaurazione dell'autorità pontificia, tra il 1353 ed il 1367, portò ad un totale recupero del Lazio e del resto degli Stati Pontifici, provvedendo anche al riordinamento sia amministrativo che legislativo delle terre riconquistate.
Dalla metà del XVI sec., con la vittoria definitiva del potere pontificio, la storia del Lazio perdette la sua autonomia, confondendosi con quella degli Stati Pontifici, nel quale formava le province del Patrimonio di San Pietro (con un governatore a Viterbo) e di Marittima e Campagna (con un governatore a Frosinone).
Dopo le parentesi della Repubblica Romana del 1798-1799 e dell'annessione della regione alla Francia, da parte di Napoleone I, in qualità di dipartimento di Roma (1808-1814), il Lazio tornò nuovamente a far parte degli Stati Pontifici, con un nuovo ordinamento amministrativo, che divideva il territorio nella "comarca di Roma" (distretti di Roma, Tivoli e Subiaco) e nelle delegazioni di Velletri, Viterbo, Civitavecchia e Frosinone.
La regione fu riunita al regno d'Italia nel 1870 quando, dopo l'abbandono di Roma da parte delle truppe francesi, il generale Cadorna entrò in territorio pontificio (12 settembre), occupando Roma il 20 settembre.
Suore Domenicane - Via Nolana, 448 - 80045 Pompei (NA) "Campania"
Da oltre 50 anni le Suore nella Comunità di Parrelle
Comunità di Parrelle
Attualmente le Suore appartenenti alla comunità sono:
*L'Istituto per i figli dei Carcerati
Singolare corona al Santuario formano gli Istituti Pompeiani. Sono i fiori della carità cresciuti alla luce della fede e della devozione a Maria e offrono una prova convincente della vitalità di Pompei. Fondati da Bartolo Longo hanno avuto uno sviluppo straordinario e sono la manifestazione della inesauribile fecondità della Chiesa e della sua ansia di elevare la condizione della vita umana a livelli sempre più alti.
Lo sanno tutti che dalla carità degli oranti a Pompei vivono le orfane della natura e della legge, gli abbandonato, i poveri, i bisognosi e per provvedere a tutti costoro si conta unicamente sulla Provvidenza.
Finché i genitori o i parenti non le richiedono, le orfane rimangono a spese della carità: si istruiscono, si preparano ad affrontare la vita, si dedicano con interesse ai lavori femminili e quando trovano un impiego o vanno spose lasciano l’Istituto e, lontane, il ricordo gioioso d’essere cresciute nella casa della Madonna, le anima nella loro vita.
Ma chi dedica le assidue cure ai piccoli bisognosi e alle ragazze? Chi dà ad essi calore, conforto, aiuto, incoraggiamento, amore? Ci sono le Suore "Figlie del Rosario", volute qui a Pompei da Bartolo Longo, che incessantemente e instancabili sostituiscono in parte le mamme e seguono attimo per attimo la vita delle assistite. Infatti, quando Bartolo Longo fondò l’Orfanotrofio pensò che per tale istituzione si richiedevano donne attente, cuori generosi, sostituti di mamme, Suore ben preparate alla loro delicata missione tra i fanciulli emarginati.
Si mise in giro per l’Italia per conoscere i migliori Istituti; studiò gli statuti e lo spirito di molte famiglie religiose e, per assicurare cure materne alle sue orfanelle, fondò una Congregazione di Suore "con statuti speciali, opportuni ai loro ministeri di carità, secondo i bisogni di questo luogo, di questo Santuario, di questo popolo" (B. Longo al Card. Mazzella).
Sono tante le Suore che svolgono amorevolmente la loro opera a favore dei fanciulli e fanciulle dei nostri Istituti Pompeiani. Esse pregano molto e guardano le Opere con gli occhi e con il cuore di Bartolo Longo: si commuovono alla vista di tanti ragazzi bisognosi e si sforzano di trasformare, come il Fondatore, tutto e tutti in un’immensa famiglia dove ci si sente sicuri, protetti, amati.
Le Suore Domenicane al Seminario
Il Seminario "B. Longo", un'opera voluta dal Prelato Mons. Aurelio Signora (12.12.1965),che ha ospitato l'Istituto "Assunta Ponzo" con i maschietti più piccoli delle classi elementari fin dal 1973.
Pensando a questo Istituto la mente si riposa, il cuore sussulta di gioia. Perché? Qui si educavano e si formavano i Sacerdoti del Santuario.
Essi ne assicuravano il culto, la perennità.
Essi erano le lampade sempre accese, come gli Orfani, dinanzi alla immagine miracolosa della Madonna.
Le Messe che celebravano, le preghiere che facevano avevano un punto di incontro: il Rosario Benedetto di Maria trionfi nei cuori, nelle famiglie, nel mondo intero, recando conforto e pace e bene a tutti.
Questo auguravano ogni giorno i cari Seminaristi ed i sacerdoti del Santuario che vivevano al Seminario.
Fondazione dell'Istituto "Strangolagalli - Caserta"
Diocesi di Caiazzo, frazione di Castel di Sasso. Primi arrivi il 23 luglio 1936. Vi era un asilo infantile, laboratorio femminile, catechismo, azione cattolica etc.
La chiusura della casa fu ratificata nella relazione del V Capitolo Generale (1959).
Agosto 1941. Era il periodo bellico; a piccoli gruppi, per motivi di sicurezza le ragazze raggiungevano la casa di villeggiatura e vi restavano per i mesi di luglio e agosto.
Scuola Materna "San Domenico" in località Tre Ponti (23.03.1957)
Le Suore Domenicane a Tre Ponti
“A Tre Ponti, periferia Nord di Pompei, per più di quarantanni c’è stata una presenza importante: le Suore “Figlie del S. Rosario di Pompei”.
Una presenza discreta, silenziosa, laboriosa; di quel lavoro che non fa rumore, che non fa e non cerca echi, ma che va in profondità come quello del contadino che, silenziosamente dissoda e semina la terra, perché nella profondità di essa germogli il seme.
Un lavoro costante e rifinito, delicato e prezioso, come quello della ricamatrice che, con molti fili di colori diversi e tanta pazienza, tira fuori fiori e disegni che fanno incantare.
Il lavoro delle Suore a Tre Ponti è stato di accoglienza amorosa di tanti bimbi che per generazioni si sono succeduti nei minuscoli banchi della Scuola Materna “Santa Caterina da Siena”, ai quali hanno insegnato ad amare la vita, a rispettare le cose, ad amare Dio Padre buono, a seguire Gesù, a guardare alla Madonna come la Mamma amorosa.
La loro azione educatrice è diventata trasmissione di Dottrina chiara e sicura, sempre aggiornata alle indicazioni della Chiesa.
Le Suore erano diventate le consigliere discrete e sagge di tante mamme e di tante giovani, hanno lenito dolori umani, hanno dato coraggio nei momenti difficili.
La Suora è stata presenza di una Fede vissuta gioiosamente e serenamente, vero segno di una vita libera dalle pastoie della materia, e, tante volte,, è diventata canto vero, canto sereno e ricreativo, fatto di note sonore, di passi di danza per i piccoli.
Tante feste si sono susseguite durante questi quarantanni a Tre Ponti e, tutti, punteggiati da iniziative ricreative: teatro, recitals ecc.
La suora ha cambiato più volte nome, ma è rimasta sempre la stessa: una presenza che è stata testimonianza di fede e promozione umana.
E che altro c’è da fare di meglio nella vita?
*Villa Filangieri/La Tenda - Torre Annunziata (NA)